Il nome di Erice ci riporta e ci fa rivivere una antichissima
leggenda, legata alle gesta di Eracle, e ricordata con intensa e sempre viva semplicità
anche da Diodoro Siculo.
"Dopo di che desiderando (Eracle; n.d.A.) di girare intorno tutta l'isola, prese la
strada da Peleriade ad Erice; e mentre scorrea il lido, dicesi, che le Ninfe stesse
vennero ad aprir bagni di acque calde, affinché potesse alleviare la stanchezza contratta
dal viaggio. Due di questi bagni, detti dai luoghi, gli uni imerj, e gli altri egestani,
sussistono anche presentemente (i riferimenti a Segesta ed Imera sono evidenti; n.d.A.).
Poiché Ercole fu giunto alle campagne sottoposte a Erice, Erice, figliuolo di Venere e di
Buta, signor del luogo, sfidò l'Eroe alla lotta: onde depositato dall'una e dall'altra
parte il pegno della sfida, che per Erice furono le campagne, e per Ercole le vacche (che
aveva con sé durante il suo vagare per il mondo, con le quali raggiunse anche la Sicilia,
essendo vacche sacre conquistate in altra impresa; n.d.A.), Erice sul bel principio andò
in collera pretendendo, che fosse ingiusta cosa il voler mettere quelle vacche a paragone
colle sue terre. Ma Ercole all'opposto dichiarò di tal pregio essere quelle vacche, che
quando venisse a perderle, verrebbe a perdere l'immortalità. Laonde finalmente Erice
acquietatosi a tal condizione, scese alla prova; e vinto da Ercole perdette il possesso
del suo paese, il quale Ercole intanto consegnò come un deposito agli abitanti in
usufrutto, fino a tanto che alcuno de' nati (nativi; n.d.A.) da sé venisse a domandarlo.
Il che infatti di poi si verificò".
(Libro IV, cap. XII; Biblioteca, op. cit.).E sempre Erice ha legato il suo nome e la
sua storia, che quando troppo antica inevitabilmente sfuma nel mito, a quello del primo
mortale che realizzò il sogno del volo. Parliamo di Dedalo e del suo genio
ingegneristico.
"Dedalo volgendo indietro la prora, andò in Sicilia (in fuga da Creta, dopo la
costruzione del labirinto a Cnosso, per conto del re Minosse; n.d.A.); e prese terra nel
luogo, ove regnava Cocalo (il re sicano, figlio del ciclope Briareo; n.d.A.) il quale lo
accolse benignamente, e dall'ingegno, e dalla celebrità dell'uomo colpito, se gli fece
grande amico.
Da alcuni viene raccontata la favola seguente. Standosi Dedalo tutt'ora in Creta, e
tenutovi da Parsifae nascosto, Minosse che di lui cercava per farlo morire, promise un
grosso premio a chi glielo indicasse.Ora perduta il valentuomo la speranza di avere una
nave, con cui salvarsi, ebbe ricorso al suo ingegno, e si fabbricò due ale meravigliose,
e due ne fece a suo figlio, e queste e quelle ben composte di penne e cera, ed attaccatele
a' suoi òmeri, e a quelli dell'altro, prese volo, e passò il mar cretico. Ma Icaro, con
giovanil leggerezza volò troppo alto, sicché pel calor del sole liquefattosi la cera
delle ale cadde nelle onde sottoposte; laddove il padre volando poco al di sopra del mare,
e di tratto in tratto coll'acqua le ale inumidendo, sano e salvo arrivò in Sicilia. Noi
credemmo di dover accennare questa favola, quantunque essa sia strana e assurda. Dedalo
visse molto tempo presso Cocalo, e i Sicani; e per la eccellenza dell'arte sua v'ebbe
credito grande, e vi fu assai onorato. Ivi fece alcune opere, che rimangono fino al giorno
d'oggi. Perciocché nel territorio di Megaride con molta acutezza d'ingegno costrusse
quella che chiamano Colimbetra (significa 'grande bacino'; n.d.A.), dalla quale un grosso
fiume, che dicesi Alabone, va a gittarsi nel mare. (...) Inoltre essendo in Erice una rupe
troppo scoscesa ed alta, la quale anche per la somma angustia del sito non permetteva che
si fabbricasse un tempio a Venere se non tra precipizj, Dedalo intorno a questi tirando un
muro, e colmandone tutto il vuoto, venne a preparare alla sommità stessa della rupe un
superbo campo, su cui piantar l'edificio".
(Libro IV, cap.XXX; Biblioteca, op. cit.). |