L'eroico e saggio Timoleonte
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Timoleonte (o Timoleone), contemporaneo di Timeo come abbiamo visto,
è figura emblematica dell'eroe "garibaldino" (sbarcò in Sicilia con circa
mille e duecento uomini), forte e vittorioso e incline solo agli interessi della nazione.
Avendo la sua fama varcato il mare, venne invitato dal popolo avverso alla tirannide, a
liberare Siracusa dal tiranno Dionisio il Giovane, già una volta
cacciato da Dione (357). Tra il 344 a.C. ed il 338, con i non molti
uomini, riuscì a conquistare una dopo l'altra varie città dell'isola: tra le quali
Siracusa, Catania, Messina, Leontini. Fece fuggire pure i cartaginesi dopo la battaglia
presso il fiume Crimiso, e per prevenire altre tirannidi, prese parte attiva nella
costituzione di una Lega tra le città Siceliote.
Dopo la conquista di Siracusa e delle altre città scampò per caso ad un attentato
ordito dal tiranno Iceta; così lo racconta Plutarco:
"I sicari mandati per ucciderlo vennero a sapere casualmente che egli doveva
celebrare un sacrificio e si recarono al santuario portando dei pugnali sotto le vesti;
là si mescolarono alle persone che stavano intorno all'altare e a poco a poco cercarono
di avvicinarsi alla loro vittima. Ma nell'istante preciso in cui si incoraggiano l'un
l'altro a eseguire l'impresa, un tale ne colpisce uno sulla testa con la spada. Né chi
aveva vibrato il colpo, né chi era giunto con chi l'aveva ricevuto rimasero fermi, appena
quest'ultimo cadde al suolo: l'uccisore, tenendo ancora la spada in mano, fuggì verso
un'alta roccia e vi saltò sopra; l'altro abbracciò l'altare e chiese a Timoleonte
l'immunità, promettendo di svelare tutto il complotto. Timoleonte gliela concesse, e il
forestiero rivelò come sia lui che il morto fossero stati mandati ad ucciderlo. Frattanto
altre persone tiravano giù dalla roccia l'uccisore, che gridava ad alta voce di non aver
commesso alcuna ingiustizia: aveva ammazzato a buon diritto la vittima per vendicare la
morte del padre, uccisò già da quel tale a Leontini. Alcuni dei presenti testimoniarono
che era vero e insieme ammirarono l'ingegnosa macchinazione della Fortuna, la quale porta
a compimento alcune cose con l'aiuto di altre, raduna tutte le sue trame da lontane vie,
intreccia eventi quasi completamente divergenti che paiono non avere nulla in comune fra
loro, ed usa sempre la fine degli uni come principio degli altri". (Vita di
Timoleonte,; a cura di C. Carena, Einaudi, 1958).
Timoleonte, malato alfine di cataratta, forse cieco, si ritirò
conducendo una semplice esistenza fino alla morte, in occasione della quale il popolo gli
tributò ancora solenni onori; era l'anno 336 a. C. circa. Timoleonte era nato nel 400
a.C. a Corinto, ed odiò sempre la tirannide, sino al punto di partecipare alla congiura
per uccidere il proprio fratello, Timofane, nel 366 a.C. per amor di
patria.
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