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Violante: seduta 60

Violante: seduta 60
Precedente ] [ Copertina ] [ Indice ]

 

         PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          indi
             DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                         indice
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente           2657, 2658, 2659
                           2660, 2661, 2665, 2666, 2667
Brutti Massimo                               2658, 2666
Buttitta Antonino                                  2663
Cabras Paolo                                 2661, 2666
D'Amato Carlo                                      2666
Frasca  Salvatore        2659,  2660,  2661, 2666, 2667
Matteoli Altero                                    2661
Sorice Vincenzo                                    2664
Tripodi Girolamo                                   2664
Discussione  della  relazione  sulla  criminalità  in
Puglia:
Violante  Luciano,  Presidente   2667, 2670, 2673, 2674
                                 2675, 2676, 2677, 2678
Brutti Massimo                               2677, 2678
Cafarelli Francesco  2670, 2672, 2673, 2674, 2675, 2676
D'Amato  Carlo                                     2676
Frasca Salvatore                             2677, 2678
Matteoli Altero                                    2668
Robol Alberto, Relatore                2667, 2668, 2675
Sorice   Vincenzo                            2672, 2676
Allegati:
Documenti   prodotti   dall'onorevole    Francesco
Cafarelli                                          2679
Pag.2656
Pag.2657
La seduta comincia alle19.
 (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
 Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE.  Onorevoli colleghi,  vorrei  dare  una
informativa    riguardante    sia    le    date     e
l'organizzazione dei nostri lavori, sia il  prosieguo
della  nostra  attività in seguito all'audizione  del
dottor Parisi e del generale Mei.
In  ordine alle date, avverto che esiste un  problema
per la
missione a Bologna della prossima settima. Il  dottor
Latini,  procuratore  della  Repubblica  di  Bologna,
dovendosi  presentare dinanzi al Consiglio  superiore
della  magistratura il 21 settembre avrebbe preferito
partire  un  giorno  prima. Personalmente  il  dottor
Latini  non mi ha detto nulla, tanto che il  problema
è stato sottolineato dal prefetto.
Tra l'altro, anche il collega Cabras ha segnalato  la
sua
impossibilità  ad assicurare la sua presenza  per  il
20  settembre.  Se i colleghi fossero  d'accordo,  si
potrebbe  spostare  il sopralluogo in  Emilia-Romagna
al  27  e  28  settembre,  anticipando  la  visita  a
Barcellona  Pozzo  di  Gotto  al  20  settembre:  ciò
consentirebbe  al  dottor  Latini  di   superare   le
difficoltà  incontrate. Ricordo che il  29  settembre
una delegazione della Commissione partirà per Bonn  -
i   tedeschi   propongono  che  la  delegazione   sia
composta  di sei persone, che verranno designate  dai
rispettivi gruppi politici -, ma questo non  inciderà
sulle altre missioni programmate.
Se   non  vi  sono  obiezioni,  rimane  stabilito  di
spostare il
sopralluogo in Emilia-Romagna al 27 e 28 settembre  e
di  anticipare al 20 settembre la visita a Barcellona
Pozzo di Gotto.
(Così rimane stabilito) .
   Quanto  all'audizione  del  dottor  Parisi  e  del
generale
Mei  sul  caso  Cirillo, ricordo  che  della  vicenda
Cutolo-Cirillo ci occupammo per il ruolo  che  questa
ha avuto in relazione
alla  evoluzione della camorra. Del resto,  tanto  la
Direzione distrettuale antimafia di Napoli quanto  il
collaboratore  Galasso (oltre ai documenti  acquisiti
dalla  Commissione)  hanno  sottolineato  che  si   è
trattato  di  una  fase  cruciale.  Sul  caso   hanno
lavorato   sia   l'autorità   giudiziaria,   per   le
responsabilità  penali,  sia  la  Commissione  stragi
nella  scorsa legislatura, per le questioni attinenti
al  terrorismo,  dal momento che  quel  sequestro  di
persona fu effettuato dalle Brigate rosse.
Oggi   ho   parlato   con   il  senatore   Gualtieri,
presidente
della  Commissione stragi, vuoi perché  il  materiale
fondamentale  è  tratto dal lavoro svolto  da  quella
Commissione, vuoi per informarlo dei caratteri e  dei
limiti  del nostro intervento, il quale concorda  sul
fatto  che  la nostra Commissione vada avanti  (spero
che  il  collega  Frasca legga il verbale  perché  ha
sollevato  dei problemi sulla vicenda). Non  esistono
difficoltà  nei  rapporti tra le due  Commissioni  ma
occorre  decidere il da fare. Personalmente  eviterei
di    ripetere    l'indagine   svolta   dall'autorità
giudiziaria,  è sufficiente leggere i  documenti;  su
un  punto vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi
e  riguarda il ministro Rognoni, il quale,  dopo  che
il    dottor    Parisi   aveva   fatto    riferimento
all'avvenuta   informativa  all'autorità   politiche,
affermò che in realtà lui non era stato informato.
Pag.2658
A  questo  si  aggiunge  la  vicenda  della  "polizia
mandata"  e della "polizia ritirata". Dopo il  ritiro
della   polizia,   nei  due  giorni  successivi,   si
registra  il  caso  Siola  oltre  ad  una  serie   di
regolamenti   di   conti  all'interno   delle   bande
camorristiche  ed  alle  interpretazioni  malevole  -
diciamo  così  -           sullo stesso ritiro  della
polizia, che coincide con l'ultima
fase del caso Cutolo.
   Per  tale  motivo  proporrei  che  la  Commissione
proceda  all'audizione del ministro Rognoni.  Non  mi
sembra  che vi siano altre cose da fare, anche perché
il   materiale  raccolto  offre  numerosi   elementi.
Gradirei conoscere l'opinione dei colleghi.
MASSIMO BRUTTI. Desidero anzitutto dichiararmi
pienamente  d'accordo con la proposta del presidente.
Ciò  premesso,  sulla  base del resoconto  delle  due
audizioni precedenti e di alcune carte relative  alla
vicenda  Cirillo  che ho scorso  durante  il  periodo
feriale  -,  vorrei  avanzare  la  proposta  che   la
Commissione    proceda   all'audizione    di    altri
personaggi  che  hanno svolto un  ruolo  determinante
nella vicenda suddetta.
  PRESIDENTE.  Ritiene che una  decisione  in  merito
possa  essere  assunta dopo l'audizione del  ministro
Rognoni?
MASSIMO   BRUTTI.  Sarei  dell'avviso  di   delineare
subito il
quadro  dei  lavori, perché il rischio  è  quello  di
protrarre il momento delle decisioni dilungandoci  su
una   serie  di  questioni.  Dopo  avere  sentito   i
soggetti  che  oggi  riterremo  opportuno  ascoltare,
prenderemo   atto   dei  risultati  delle   audizioni
svolte. Credo sia questo l'itinerario più lineare  da
seguire,  perché ci consentirebbe di  non  trascinare
troppo a lungo la questione.
   Al di là di quanto ci dirà il ministro Rognoni, le
cui  dichiarazioni è senz'altro importante acquisire,
ritengo  che  la  Commissione  antimafia  debba   far
chiarezza  su una vicenda che per la prima  volta  mi
sembra   sia   stata   ammessa   e   dichiarata    da
responsabili dei servizi e da fonti istituzionali  di
alto  livello: mi riferisco al fatto che  nei  giorni
della  primavera e dell'estate del 1981  vi  è  stata
una  trattativa caratterizzata, con ogni probabilità,
da  due  linee che, sviluppandosi contemporaneamente,
si  sono  intrecciate tra loro: una  con  coloro  che
avevano  sequestrato Cirillo - quindi in rapporto  ai
terroristi  e alle Brigate rosse -; l'altra,  un  po'
diagonale,  con  la camorra e, tramite  quest'ultima,
con gli
ambienti  della fazione terroristica che  gestiva  il
sequestro   Cirillo.  Sappiamo  che  da   tutto   ciò
conseguì un finanziamento alle Brigate rosse  e,  più
precisamente, all'ala militarista delle medesime.
   In  questa trattativa è intervenuto qualcuno  che,
in  qualche  modo, poteva considerarsi rappresentante
delle  istituzioni.  I due responsabili  dei  servizi
che  sono  stati sentiti dalla Commissione  antimafia
hanno detto che, mentre
per  un certo periodo - i primi dieci giorni,  se  ho
capito  bene - della questione si occupava il  SISDE,
in  seguito  se  ne occupò il SISMI e successivamente
intervenne un terzo soggetto, a proposito  del  quale
non   abbiamo  notizie  sufficienti,  che  riuscì   a
condurre    in   porto   l'operazione,   in    quanto
considerato  autorevole dalla camorra. Credo  che  la
nostra Commissione sia particolarmente interessata  a
conoscere  questo terzo soggetto e a capire  come  si
sono  svolti  i  fatti.  In particolare,  ritengo  si
debba  chiarire  in  che  modo  si  è  stabilito   il
rapporto con le organizzazioni camorristiche e  come,
tramite   queste,  è  stata  condotta  la  trattativa
avente,  come altri referenti, Senzani e  le  Brigate
rosse.
   Ripeto,  a mio parere è importante sentire  ancora
sia   i  personaggi  che  ci  hanno  già  detto  cose
rilevanti, sia quelli che nella vicenda hanno  svolto
un   ruolo  essenziale,  ma  non  ancora  del   tutto
chiarito. Il primo di questi personaggi, credo  debba
essere  il generale Pietro Musumeci, all'epoca figura
importante  del  SISMI, condannato  in  relazione  ad
un'azione  di  depistaggio  per  le  indagini   sulla
strage   del  2  agosto  alla  stazione  di  Bologna.
Musumeci  è  uomo  della P2 ed è  colui  che  per  un
tratto  gestisce  la trattativa;  anzi,  se  dobbiamo
stare  a  ciò  che ci è stato detto, è colui  che  in
qualche modo
Pag.2659
preclude   al   SISDE   ogni  ulteriore   intervento,
sottolineando che la pista che egli ha nelle  mani  è
quella  giusta. Credo sarebbe opportuno  chiedere  al
generale  Musumeci  se  ha qualcosa  da  dirci  sulla
trattativa  condotta  per il  sequestro  Cirillo,  in
quanto  egli rappresenta una fonte diretta, di  prima
mano.
Ritengo  anche  che sarebbe utile sentire  l'avvocato
di Cutolo,  Francesco Cangemi,  secondo il quale   il
problema  di  una eventuale raccolta di  informazioni
non interessava Cutolo, essendo questi interessato  a
stabilire  un rapporto sinallagmatico di  dare  e  di
avere.  Sentire  l'avvocato Cangemi ci  consentirebbe
di  chiarire  il senso di quelle parole e  di  sapere
ciò  di  cui  è  a  conoscenza  in  merito  a  questa
vicenda.
Prima  di  concludere,  vorrei  avanzare  altre   due
proposte
che  considero rilevanti perché riferite a personaggi
che per motivi diversi possono dire molto.
   Su  tutta la vicenda che finora abbiamo  preso  in
esame,  manca il versante dell'ambiente terroristico,
nonostante vi sia un uomo, Pasquale Notarnicola,  che
ha   svolto  un  ruolo  di  raccordo  e  che  non   è
propriamente  un  brigatista  o  un  terrorista,   in
quanto  è un detenuto comune politicizzato adesso  in
libertà.  Credo  sia  opportuno  per  la  Commissione
antimafia   acquisire  le  dichiarazioni  di   questo
personaggio.
Sono  dell'avviso,  infine,  che  dobbiamo  fare   il
possibile
per  mettere  a fuoco la natura e la composizione  di
quel  terzo soggetto occulto di cui si è parlato,  il
quale, soppiantando i due servizi, almeno nelle  loro
forme  istituzionali,  entra in  gioco  con  successo
perché  ha  autorevolezza sia  nel  rapporto  con  la
camorra,  sia  nella  trattativa  che  tramite   essa
riesce  a stabilire con i terroristi. Quando parliamo
di  un soggetto occulto in quell'epoca, in quei mesi,
viene  alla mente un dato già emerso in una serie  di
processi,  cioè l'esistenza, all'interno  del  SISMI,
del  cosiddetto  Supersismi, una  struttura  che,  in
qualche  modo,  riusciva  a  condizionare,  anzi,   a
soppiantare   lo  stesso  Santovito,  direttore   del
SISMI. Si
trattava di una struttura di comando facente  capo  a
Francesco   Pazienza.   Sono   dell'avviso   che   la
Commissione   debba  ascoltare  anche   quest'ultimo,
oltre  a  Musumeci,  Notarnicola -  per  il  versante
riguardante   i  rapporti  con  i  brigatisti   -   e
Francesco Cangemi, avvocato di Cutolo.
  SALVATORE FRASCA. Signor presidente, premesso che a
Presidente, altrimenti è difficile andare avanti.  Di
fronte  alle minacce nessuno deve fare l'eroe  ma  la
gente  deve  essere  aiutata  nella  misura  in   cui
sostiene  la  battaglia: diversamente la  Commissione
si  limita  a  registrare dati,  che  potranno  anche
essere interessanti ma non servono a nulla.
Chiedo scusa, ma pago da otto anni, dal 1985, quando
Presidente    della   Commissione    Antimafia    era
l'onorevole  Alinovi! Pago pesantemente e  non  credo
sia  giusto. Se ho sbagliato, è giusto che paghi;  ma
se  sollevo  dubbi su determinate questioni  o  avvio
un'azione    per    l'accertamento    di    eventuali
responsabilità   non   è   giusto   che   mi    trovi
puntualmente dinanzi dei magistrati che mi  bloccano,
e  in malo modo. Consegnerò alla Commissione la copia
dei  documenti  cui  ho  fatto  riferimento  nel  mio
intervento.
   Signor Presidente, visto che questo mio intervento
a  braccio  può  risultare non del tutto  chiaro,  la
prego  di  autorizzarmi a consegnare alla Commissione
una memoria scritta sugli argomenti che ho trattato.
 PRESIDENTE. D'accordo, onorevole Cafarelli: la sua
memoria   sarà  allegata  al  resoconto  stenografico
della seduta odierna.
   SALVATORE  FRASCA.  Ritengo  che  alla  situazione
pugliese  debba essere dedicata una seduta  apposita.
Desidero congratularmi con il senatore Robol  per  la
relazione,  anche  se  per  la  semplicità   che   lo
contraddistingue ama definirsi neofita, ed  esprimere
apprezzamento    per    il    coraggio     dimostrato
dall'onorevole  Cafarelli.  A  parte  la  vicenda  di
sapore boccaccesco ed i risvolti personali che  forse
potevano   essere  evitati,  penso  che  il   collega
Cafarelli  abbia presentato una precisa denuncia  sul
funzionamento dei pubblici poteri in Puglia.
 PRESIDENTE. Nel foggiano, più che in Puglia.
   SALVATORE  FRASCA.  Anche  Foggia  è   Puglia.   A
proposito
dello   spaccato  illustrato  dal  collega  Cafarelli
chiedo  di  acquisire gli atti relativi  al  processo
Muto,  celebrato  presso la corte d'assise  di  Bari.
Muto  è  un  capo  mafia  di livello  internazionale,
tant'è  che attualmente è detenuto in quanto imputato
di traffico di cocaina.
  MASSIMO  BRUTTI.  Il processo  si  celebra  a  Bari
perché  è  coinvolto  anche un sostituto  procuratore
della Repubblica.
SALVATORE FRASCA. Muto era imputato anche
dell'assassinio   di   Giannino  Losardo,   assessore
comunista impegnato sul fronte della mafia. Lui e  la
sua  banda  vennero assolti per il reato di omicidio,
ma   quest'ultima  condannata  per   associazione   a
delinquere   semplice,   non   di   stampo   mafioso.
Comunque,  dai rapporti della Guardia  di  finanza  e
dei  carabinieri emerge l'esistenza di  un  mondo  di
complicità  rispetto  al  quale  il  procuratore,  in
udienza, avrebbe dovuto promuovere un'azione  penale,
mentre invece nulla è stato fatto.
Poiché  vi  è  un  collegamento tra  la  camorra,  la
'ndrangheta
ela  SCU credo che quel fascicolo - che, tra l'altro,
ci
consentirà  di  riprendere una vicenda processuale  -
sia  utile  per capire ciò che si sta verificando  da
qualche  anno  a  questa  parte.  Chiedo  formalmente
l'acquisizione degli atti del processo.
  PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Frasca,  lei  chiede
l'acquisizione della decisione finale o  degli  atti?
Gli atti di quel processo saranno tonnellate!
  SALVATORE  FRASCA. Non chiedo la sentenza,  ma  gli
atti
processuali ai quali
Pag.2660
dovrebbero    essere   allegati   i   rapporti    dei
carabinieri e della Guardia di finanza.
PRESIDENTE.  Chiedo  scusa, ma gli  atti  processuali
sono
tutto.
 SALVATORE FRASCA. Allora diciamo tutto.
PRESIDENTE.  Quindi, lei chiede gli atti complessivi.
SALVATORE FRASCA. Sì. Ritengo che il senatore Robol
prevalente   sulla   quale  si  attestò   lo   Stato.
Successivamente,  per  una  personalità  rispettabile
sul  piano  umano (Marx diceva che l'uomo  è  la  più
alta   creatura  per  l'uomo,  che  io   non   voglio
sottovalutare), per un uomo che aveva  una  rilevanza
politica  non  pari a quella dell'onorevole  Moro  ci
sono  state delle trattative. Quello che è  emerso  è
che  lo  Stato  ha pagato anche delle ingenti  somme.
Allora  vogliamo  sapere  di  più  intorno  a  questo
argomento e se non ha risposte il capo della  polizia
(che  forse  non poteva rispondere),  mi  auguro  che
venga  a                   rispondere  quantomeno  il
ministro dell'interno del tempo.
Quindi,   sono   d'accordo   sull'audizione   dell'ex
ministro  Rognoni, però a tale nominativo aggiungerei
quello   del  senatore  Mazzola  che  allora,   quale
sottosegretario  alla Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri,  sovraintendeva ai servizi.  Anche  Mazzola
dovrebbe  essere ascoltato. Condivido  poi  tutte  le
altre proposte testé avanzate dal senatore Brutti.
   Vorrei  poi  dire  che, poiché  abbiamo  ascoltato
"pezzi da novanta" della mafia e della camorra  e  da
molti  di questi abbiamo sentito anche l'elenco degli
omicidi  che hanno commesso (uno ha detto  di  averne
consumati  quantomeno  cento),  penso  che  a  questo
punto  dovremmo  ascoltare  anche  Cutolo  -  e   non
soltanto   Cangemi   -  magari  in   forma   privata.
(Commenti del senatore Brutti ).
   D'accordo,  però  se abbiamo ascoltato  Galasso  e
tutto  quell'altro  "ben  di  Dio"  di  pentiti,  non
capisco perché non dovremmo ascoltare anche Cutolo.
   Quindi, oltre alle richieste che integrano  quelle
del  collega  Brutti, ne faccio  una  fondamentale  e
cioè che la
Commissione si mobiliti per appurare chi siano  stati
coloro  i  quali  hanno trasformato la  teoria  della
fermazza  in  teoria della trattativa a proposito  di
Cirillo.
   Sono  membro, anche se non meritevole,  di  questa
Commissione,  visto e considerato  che  spesse  volte
sono in
Pag.2661
minoranza,   ma  vengo  anche  da  grossi  insuccessi
parlamentari:  ad esempio, in materia di  appalti  ho
visto   formarsi  una  larga  maggioranza  pronta   a
soffocare  l'autonomia dei comuni  ed  ho  scelto  di
rimanere   in   minoranza  non   ritirando   i   miei
emendamenti  e  lasciandoli bocciare. D'altronde,  la
storia è sempre scritta dalla minoranza. Mi sento  un
uomo libero; sono un radical-socialista.
   Come  dicevo, sono membro di questa Commissione  e
della  Commissione  stragi e ritengo  che  occorrebbe
prevedere un incontro tra i due presidenti.
PRESIDENTE.  Ho  già detto che ho avuto  un  incontro
con
Gualtieri.
SALVATORE   FRASCA.  Ne  prendo  atto  con   piacere.
Bisogna
vedere  come  agire  per  evitare  di  duplicare  gli
sforzi,  perché chi vuole lavorare ed essere presente
nell'una  e  nell'altra Commissione, deve cercare  di
equilibrare  molto bene il tempo. Mi  pare  che  allo
stachanovismo  di questo presidente  corrisponda  una
certa  abulia da parte dell'altro (dico cose  che  ho
detto anche in quella Commissione).
PAOLO CABRAS. Stimolalo, sei lì; pungolalo; fungi da
stimolo.
SALVATORE FRASCA. Gliel'ho detto; se leggi i verbali
puoi   vedere  che  queste  cose  sono  state  dette.
Dovremmo cercare di creare un equilibrio fra  le  due
Commissioni.
  Mi riservo di intervenire sul programma dei lavori.
ALTERO MATTEOLI. Non ho ancora avuto modo, per mia
colpa,    di    leggere    il   testo    stenografico
dell'audizione Parisi; ho letto però  i  giornali  ed
ho  ascoltato quello che la televisione ha mandato in
onda   la  sera  stessa.  Ho  tratto  da  ciò  alcune
considerazioni  che  ho  sentito  ripetere  qui   dai
colleghi.  Parisi o si rifiuta di venire a rispondere
alla  Commissione  antimafia, oppure,  se  ci  viene,
deve  rispondere  alle  domande  che  vengono  poste.
Poiché  non è la prima volta che lo fa e altre  volte
ha  promesso di inviare risposte e documenti che  poi
non ha mai mandato e non ha mai risposto...
PRESIDENTE. Ha presente qualche caso specifico?
  ALTERO MATTEOLI. Non l'ho qui, ma a me, ad esempio,
che  avevo posto una domanda alcuni mesi fa,  non  ha
risposto;  comunque  ve la farò avere.  E'  opportuno
chiarire  questo  aspetto,  altrimenti  rischiamo  di
farci  prendere  in giro da Parisi,  cosa  che  credo
nessuno di noi gradisca.
   Per  quanto  attiene  alla  proposta  del  collega
Brutti,  non sono contrario però ritengo che dovremmo
trovare  un  modo  per far venire  queste  persone  a
rispondere.  L'ufficio  di  presidenza  allargato  ai
rappresentanti  dei  gruppi o un comitato  potrebbero
individuare le domande da porre. Dico cio perché  chi
è  dal  qualche  anno  in questo  Parlamento  sa  che
questi  personaggi  sono  stati  sentiti  decine   di
volte:  sono  stati  sentiti  dalla  Commissione  P2,
dalla  Commissione  stragi; vi sono  stati  confronti
sia  nell'una  sia nell'altra Commissione.  Dobbiamo,
quindi,   stabilire   cosa   domandare,   perché   se
chiediamo loro le cose già chieste dieci anni  fa  in
Commissione  P2  o  più recentemente  in  Commissione
stragi,  rischiamo  di  far  avvitare  su  se  stessa
questa  Commissione. Stabiliamo il  tipo  di  domande
che  intendiamo porre; verifichiamo, controllando gli
atti,  se  a  quelle domande abbiano già risposto  in
passato;  dopo ciò, non sono assolutamente  contrario
a  procedere  alle audizioni, purché siano  operative
per la Commissione.
  PAOLO  CABRAS.  La  vicenda della  trattativa,  del
ruolo
della  camorra,  del contatto SISMI o SISMI  deviato,
Senzani  e  Brigate rosse è stata oggetto  -  come  è
stato  ricordato dal presidente e dai colleghi  -  di
un'accurata  indagine  e di una  serie  di  audizioni
della  Commissioni stragi nella passata  legislatura.
Molti   dei   personaggi  che  sono  stati   evocati,
compresi i responsabili del SISMI, oltre che
Pag.2662
del   SISDE  e  della  direzione  affari  penali  del
Ministero   di   grazia  e  giustizia,   ministri   e
politici,  sono  stati  ascoltati  dalla  Commissione
stragi.
   Mi permetto di dissentire da chi ritiene (ho letto
i   verbali)   che   nella  passata  riunione   della
Commissione    Parisi   abbia   fatto    sconvolgenti
rivelazioni   o  dichiarazioni.  Non  ho  riscontrato
nessuna dissonanza tra quanto affermato dinanzi  alla
Commissione  dal dottor Parisi e le  cose  dette  nel
corso  dei vari dibattimenti giudiziari e durante  la
deposizione   davanti   alla   Commissione    stragi.
Tuttavia  il  quesito da noi posto, nonostante  fosse
più  limitato  e rappresentasse il motivo  della  sua
convocazione,   ha   avuto  un   obiettivo   risalto,
soprattutto per chi non aveva memoria delle  ripetute
volte in cui ciò era stato detto.
   La vicenda Cirillo è stata giustamente qualificata
allarmante  e inquietante soprattutto in ordine  alle
trattative   con  i  terroristi.  A  differenza   del
senatore  Frasca, all'epoca della prigionia  di  Moro
fui   sostenitore   -  con  immaginabile   sofferenza
personale,  come tutti quelli che furono  interessati
d'altra  parte  - della linea della fermezza,  perciò
ritengo   che  le  trattative  che  coinvolsero   non
soltanto la camorra, ma
anche  "pezzi" di istituzioni, rappresentino un fatto
grave.  Ciò,  non  tanto per la comparazione  tra  la
persona  di  Aldo Moro ed altre che hanno  costituito
l'oggetto  di un sequestro, quanto perché i  princìpi
e  il rigore nell'affrontare la minaccia terroristica
debbono  avere  coerenza di applicazione,  altrimenti
non  sono  più princìpi, ma convenienze piegate  alla
congiuntura  o  all'interesse  politico.  Sono  molto
sensibile a questo.
   Questo  è  il punto fondamentale da cui scaturisce
la  competenza  della Commissione  stragi,  la  quale
avendo  attribuzioni  sul  fenomeno  terroristico  in
tutte le sue implicazioni politiche, istituzionali  e
di  condotta delle istituzioni medesime nei confronti
del   fenomeno,   ha   inteso,  fin   dalla   passata
legislatura,  approfondire il tema, e lo  stesso  può
fare oggi.
    L'aver  eretto  la  camorra  a  mediatrice  nella
trattativa  con un'organizzazione terroristica  -  il
che   costituisce   una  violazione   del   principio
regolatore    dei    rapporti    delle    istituzioni
repubblicane  -  è  un fatto grave  ed  incide  anche
sulle    nostre   competenze.   In   argomento,    le
acquisizioni    della    Commissione    stragi,    le
dichiarazioni  di  Scotti  (che  hanno   indotto   le
audizioni   successive  del  dottor  Parisi   e   del
generale  Mei),  le cose dette dal  dottor  Parisi  e
quello che si dovrà chiedere al ministro Rognoni  per
le  contraddizioni rilevate, ritengo sia  sufficiente
per  stabilire  che  un  ruolo  ed  una  funzione  di
mediazione  da  parte della camorra  c'è  stato.  Del
resto, stiamo svolgendo un'indagine su di essa.
Rispetto  alla  necessità  di  puntualizzazione,  che
dovremo
trasferire  nelle  valutazioni sui  rapporti  che  la
camorra  ha  sviluppato con  la  politica  e  con  le
istituzioni,   mi  sembra  che  il  senatore   Brutti
proponga  una  cosa diversa, legittima e discutibile,
sulla  quale  mi permetto di avanzare delle  riserve.
L'elenco di audizioni proposto dal senatore Brutti  è
discutibile  non  tanto per lo  squallore  di  alcuni
personaggi    evocati,   che   però   si   incrociano
obbligatoriamente nella vicenda, quanto  per  la  sua
limitatezza, tant'è che sia il senatore  Frasca,  sia
altri colleghi intervenuti lo hanno ampliato.
   Qualora  ci  facessimo carico del  complesso  caso
Cirillo  che  riguarda  la  camorra,  ma  anche   (in
qualche   modo)   i   cedimenti   di   politici,   di
istituzioni,   di   "pezzi"   di   istituzioni,    di
rappresentanti  di  istituzioni  e  il  brigatismo  -
nascerebbe   un  problema,  accennato   dal   collega
Frasca,  di  interferenza  e  di  collisione  con  la
Commissione  stragi,  che non so  fino  a  che  punto
potrà  essere  regolamentato tramite incontri  tra  i
due presidenti.
   E' difficile procedere all'audizione di personaggi
come Pazienza, il quale è il crocevia di questa e  di
tante    altre    vicende,    senza    allargare    a
rappresentanti  politici  e  istituzionali  e   senza
predisporre  un programma di lavoro per  approfondire
il  caso Cirillo-Brigate rosse-Senzani-camorra, i cui
aspetti  prevalenti sono altri, ossia il  significato
del   cedimento,  dell'incoerenza  rispetto   ad   un
principio applicato in una delle più grandi tragedie
Pag.2663
nazionali   quale  è  stata  quella  di  Aldo   Moro.
Personalmente   sono   contrario   all'audizione   di
Cutolo,   anche   perché  costui   utilizzerebbe   la
Commissione parlamentare allo stesso modo in  cui  ha
utilizzato  le aule di giustizia, facendone  cioè  un
uso  strumentale, legato alla sua vicenda processuale
e  personale. Possiamo parlarne ma personalmente  non
sono   d'accordo.  Non  vedo  come  questo   potrebbe
arricchire  le  nostre conoscenze  sul  ruolo  svolto
dalla  camorra  in questo caso, che purtroppo  è  già
chiaro. Comunque dovremmo caricarci di un esame e  di
un  programma di lavoro: il senatore Brutti chiede di
concludere,  ma  non lo si può fare con  l'elenco  di
audizioni da lui
proposto,  in quanto occorre svolgere un'istruttoria,
sia  pur  minima, il che comporterebbe  l'ampliamento
dell'elencazione,  trasformandola  in  una   vera   e
propria  indagine  che  implicherebbe  una  serie  di
altre testimonianze.
Per  il  momento mi limiterei alla proposta  iniziale
del
presidente,   ossia   all'audizione   del    ministro
Rognoni,  che tra l'altro è necessaria; verificheremo
successivamente   l'opportunità   -    sulla    quale
ribadisco   le   mie   perplessità   -   di   avviare
un'inchiesta  sul caso Cirillo nella sua  complessità
e   complementarietà,  sulle  vicende  della  camorra
nonché   sulle  vicende  politico-istituzionali   che
esulano da quelle di camorra.
    Ricollegandomi   alla   iniziale   proposta   del
presidente  Violante, ripeto, suggerirei di  fare  il
punto  della situazione dopo l'audizione del ministro
Rognoni. Valuteremo se questo incontro consentirà  di
avere  un  quadro esatto della situazione, stabilendo
le  responsabilità e le conoscenze istituzionali  sul
ruolo  della camorra oppure se sia opportuno  avviare
un'altra  indagine: non è uno scandalo, si può  fare,
ma  in  questo caso avremo dinanzi un compito  ed  un
obiettivo che finora non ci eravamo posti, in  quanto
il  nostro  interesse  aveva riguardato  un  aspetto,
ossia il ruolo della criminalità organizzata.
ANTONINO    BUTTITTA.    Signor    presidente,     la
criminalità, e
in  particolare  quella organizzata,  è  un  fenomeno
fisiologico,  anzi  epidemico  di  società  complesse
come  la  nostra.  Al contrario  non  è  un  fenomeno
epidemico,  né  fisiologico,  il  rapporto,  anzi  la
connessione,  tra  criminalità e  Stato.  Nel  nostro
paese  purtroppo  da alcuni anni a  questa  parte  il
rapporto,  la  connessione  o  meglio  la  complicità
risultano  di tutta evidenza. Poiché stiamo  parlando
di   un   rapporto,  di  una  connessione,   di   una
complicità  tra due soggetti, abbiamo  il  dovere  di
chiarire   la   natura  e  l'identità  dei   soggetti
medesimi.   La  natura  e  l'identità  del   soggetto
"criminalità" (mafia o camorra) la stiamo  chiarendo,
lo  fanno soprattutto i magistrati, mentre la  natura
e  l'identità  del  soggetto che denominiamo  "Stato"
risulta  assai  vaga  e  indefinita.  Quando  diciamo
"Stato"  di  che  cosa stiamo parlando?  Lo  Stato  è
Parisi!  Ma Stato siamo anche noi; lo Stato è  questa
Commissione!   Stato  sono  tutte  le   articolazioni
istituzionali della società civile.
Se  vogliamo  chiarire, come dobbiamo - è  un  nostro
dovere,
non  siamo  qui per fare letteratura o sociologia!  -
questo  rapporto, si deve individuare di quale Stato,
o   meglio  di  quale  "pezzo"  dello  Stato  si  sta
parlando in ordine al rapporto con la criminalità.
Ecco  perché  mi  trovano  pienamente  d'accordo   le
proposte, i
suggerimenti  e  le  richieste  fatti  dal   senatore
Brutti e ribaditi dal collega Frasca.
    Da  qui,  una  considerazione  di  carattere  più
generale.  Proprio  perché non facciamo  letteratura,
sociologia  o  politica  del politichese  ma  abbiamo
doveri  di  carattere istituzionale  oltreché  morale
nei  confronti  della  società civile,  non  possiamo
affrontare tutta la materia che ci sta di fronte.  Il
fenomeno  della criminalità organizzata, della  mafia
e  della  'ndrangheta  è  assai  vasto,  dai  confini
indefiniti, tale da coinvolgere, soprattutto nel  Sud
del  nostro  paese,  ampi strati sociali.  Rischiamo,
quindi,  di  non esaurire mai lo studio,  il  governo
critico  ed  il controllo di questo fenomeno.  Se  ci
limiteremo a trattare tutto o un po' di tutto
Pag.2664
-come  in  qualche  caso, ahimé,  ho  visto  fare  in
Commissione
-,  finiremo per fermarci all'epidermide del fenomeno
stesso.  Dobbiamo individuare alcuni fatti essenziali
e
fondamentali, quale quello di cui stiamo  parlando  e
quale,  ancora,  quello  relativo  al  rapporto   tra
mafia, appalti e
politica,  su cui insisterò perché credo che  abbiamo
il  dovere di parlarne. Dobbiamo affrontare due o tre
temi  essenziali  e  approfondirli  andando  fino  in
fondo,  altrimenti il nostro lavoro resterà pregevole
e  nobile  per la memoria delle generazioni a  venire
ma  non conseguirà risultati decisivi in ordine  alla
eliminazione del fenomeno in questione.
   Pur  rendendomi  conto che si tratta  di  indagini
complesse  e  che  dovremo riascoltare  o  auscultare
molti  personaggi  che  abbiamo  finora  sentito,  mi
permetterei  di insistere affinché il  nostro  lavoro
abbia  i  reali connotati dell'indagine, cioè  quelli
di  una  ricerca  diretta  ad  assumere,  come  fatto
conoscitivo  e  giudicativo, tutti gli  elementi  del
fenomeno  o  di  quella parte  di  esso  che  abbiamo
inteso  osservare, considerare, studiare e giudicare.
A  mio  avviso, la proposta del senatore Brutti  deve
considerarsi ineludibile.
GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che per la Commissione  sia
un
dovere  quello  di  prendere  in  considerazione   le
preoccupazioni  espresse sia dal presidente  sia  dai
colleghi  che  hanno  sottolineato  la  necessità  di
individuare   ciò  che  è  avvenuto   nel   sequestro
Cirillo.  Da  questo punto di vista, è innegabile  la
necessità   di  individuare  i  soggetti  che   hanno
offerto  il  loro contributo allo svolgersi  di  tale
vicenda, la quale ha rappresentato uno degli  episodi
più  terribili dell'intreccio tra le forze  politiche
e  la  criminalità organizzata. Infatti,  proprio  la
collusione  tra personaggi politici e camorra  quella
a  suo  tempo capeggiata da Cutolo - ha rappresentato
un  elemento di sostegno alla criminalità organizzata
e,   sostanzialmente,  il  riconoscimento  del  ruolo
della  camorra  negli affari dello Stato.  Anzi,  per
certi  aspetti, si può dire che tale intreccio  abbia
legittimato la camorra stessa, la quale,  tramite  il
successo  ottenuto,  ha  influito  sulle  scelte  che
hanno  contribuito a devastare l'assetto democratico,
oltre  a      penetrare nelle istituzioni. Credo  sia
stata questa
collusione    a    consentire,   in   Campania,    la
penetrazione  della camorra nelle istituzioni  locali
e  di  altro tipo. Mi chiedo se il sequestro Cirillo,
che  ha interessato la camorra della Campania,  abbia
avuto  un riflesso positivo nei confronti delle altre
organizzazioni criminali.
             PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PAOLO CABRAS
  GIROLAMO  TRIPODI. Rispetto alla proposta  avanzata
dal  presidente  a nome dell'ufficio  di  presidenza,
non  credo che dovremmo escludere quelle tendenti  ad
ampliare  i nostri lavori. Ritengo pertanto  che  non
dovrebbero   esservi  difficoltà   ad   ascoltare   i
personaggi  indicati  dal senatore  Brutti,  i  quali
potrebbero  fornire  elementi  utili  ai  fini  della
conoscenza  complessiva della vicenda. A  prescindere
dai  risultati  che  potremo  conseguire,  credo  sia
nostro  dovere  compiere  tutti  gli  sforzi  che  ci
avvicinino    alla    verità   e    che,    comunque,
contribuiscano    alla    rottura    dei     rapporti
instauratisi tra mafia e politica.
   Concordo  con  la richiesta di sentire  l'avvocato
Ciccio   Cangemi,  un  noto  personaggio  di   Reggio
Calabria,  che è stato anche in galera e  che,  oltre
al  rapporto  di cui si è parlato tra lui  e  Cutolo,
con  quest'ultimo  ne  aveva comunque  un  altro,  in
quanto  era  stato compare d'anello  o  testimone  al
matrimonio  di  Cutolo  stesso.  Certamente,  se  poi
riteniamo  che possano esservi anche altri  elementi,
ritengo che dovremmo premere affinché si faccia  luce
su  questa  terribile vicenda che pesa  sulla  storia
della  nostra democrazia. Per queste ragioni concordo
sulle proposte avanzate.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
LUCIANO VIOLANTE
VINCENZO  SORICE. Gradirei che in questa  discussione
non
perdessimo di
                         Pag.2665
vista   l'obiettivo  della  Commissione  e   non   ci
incamminassimo   verso   sentieri   che   anche    se
porteranno,  come ci auguriamo, a determinate  verità
rischiano  di essere ostacolati. Vogliamo cercare  di
acquisire  degli elementi certi ed una  serenità  per
tutti noi.
   Le  audizioni, come giustamente è stato osservato,
non
hanno  posto  problemi nuovi, se non una  riflessione
maggiore su quello che si era determinato durante  il
sequestro  Cirillo.  Ribadiamo ancora  una  volta  in
questa  sede la necessità di evitare ogni  collusione
tra  pezzi  dello  Stato  e criminalità  organizzata.
Siamo  anche noi alla ricerca di una verità  definita
per  tutti,  che tenga presente il quadro generale  e
non   fatti  particolari;  non  vorrei  infatti   che
l'attività  di questa Commissione, per tanti  aspetti
meritoria,  finisse  per  dirigersi  verso  fatti   e
avvenimenti  che non hanno incidenza  con  l'attività
della  Commissione stessa ma che, in  un  determinato
momento  politico,  hanno una  valenza  completamente
differente.
   Dobbiamo  decidere se svolgere le  audizioni  così
come  proposto;  indubbiamente ciò può  essere  utile
per   la  Commissione,  però  tale  attività  non   è
esaustiva.  Quindi, vi è la necessità di  inquadrarla
in  un  ventaglio  più  ampio:  occorre  definire  le
connessioni  con  la Commissione stragi  e  -  se  mi
consentite  -  impegnare questa  Commissione  in  uno
sforzo  di  elaborazione e penetrazione non  so  come
coincidente con le proposte di lavoro avanzate e  con
i tempi più o meno definiti di questa legislatura.
   Non  sono  convinto che la vicenda giudiziaria  di
cui  parliamo sia ormai definita. D'altronde dobbiamo
ipotizzare una richiesta per aprire un processo  alla
luce  delle recenti dichiarazioni e degli avvenimenti
che  si  stanno  verificando.  E'  evidente  che   ci
troveremo  a dover lavorare in parallelo  con  quella
che  potrebbe  essere  la nuova attività  istruttoria
dell'autorità  giudiziaria  su  un  fatto  specifico.
Quindi, il nostro rischia di diventare un lavoro  non
dico  inutile  ma  perlomeno  contrapposto  a  quello
della     Commissione    stragi    e    dell'autorità
giudiziaria. Ciononostante, non dobbiamo  eludere  il
problema  per cui credo che vada accolta la  proposta
di  ascoltare  il  ministro Rognoni,  alla  luce  del
fatto  nuovo  che  lui ha evidenziato  (cioè  di  non
essere   stato  informato).  Successivamente   avremo
bisogno  di  un  attimo di riflessione  per  decidere
come procedere.
   In  conclusione, il problema esiste e noi  non  lo
vogliamo  eludere; vi è un fatto nuovo  rappresentato
dalle  dichiarazioni del ministro Rognoni, che  credo
tutti   riteniamo  di  dover  ascoltare;  una   volta
ascoltato il ministro potremo affrontare il tema  con
maggiore specificità e tranquillità.
  PRESIDENTE.  Ci troviamo di fronte a  due  proposte
principali:  la  prima  è  di  sentire  il   ministro
Rognoni  e  successivamente fare  il  punto  -  senza
contestare     la     possibilità     di     svolgere
successivamente indagini - in relazione a quanto  già
è  agli  atti  e  a quello che riferirà  il  ministro
Rognoni;  la seconda proposta, avanzata dal  senatore
Brutti,  alla quale si sono associati altri  colleghi
(Frasca,  Tripodi ed altri), è quella di  determinare
fin  da  ora un orientamento che chiuda su  Musumeci,
Cangemi, Notarnicola e Pazienza.
   Poiché non siamo di fronte all'opposizione di  una
parte di questa Commissione, il problema è quello  di
decidere se stabilire ora o successivamente  il  modo
in cui procedere.
Su una vicenda di questa delicatezza e politicità,
attenendo alle citate questioni prima del rapporto
Stato-criminalità, mi permetto di pregare i  colleghi
che   hanno  ragionevolmente  avanzato  la   proposta
relativa  ad  una  serie di nomi di valutare  se  sia
possibile procedere in quell'ordine, cioè sentire  il
ministro Rognoni il più presto possibile e,
subito  dopo,  fare il punto e rivedere l'ampliamento
delle  indagini. Poiché la proposta  non  esclude  la
possibilità di ampliamento, essa ci consentirebbe  di
lavorare  il più omogeneamente possibile su  un  tema
tanto complesso.
Questa  non  è  una  proposta e  neanche  un  invito.
Pag.2666
MASSIMO  BRUTTI. Prendo la parola perché ho  avanzato
io la
proposta.
   Ho  ascoltato con molta attenzione le  parole  del
collega  Cabras e quelle del collega Sorice e  voglio
dire  francamente  che ritengo che  la  decisione  di
sentire  le  persone  da me indicate  -  sulla  quale
erano  d'accordo  i colleghi - ha una  sua  autonomia
logica,  se  così  si  può dire,  cioè  prescinde  da
quello  che  potrà dirci l'ex ministro Rognoni  e  si
fonda  su quello che emerge oggi dalle carte e  dalla
documentazione. Poiché ha, ripeto, una sua  autonomia
e  validità, potremmo assumere una decisione  subito.
La  possibilità  di  ottenere il più  ampio  consenso
sulla  proposta  credo sia degna di tutela:  affinché
possa  maturare un orientamento favorevole  da  parte
dei   colleghi  che  oggi  hanno  avanzato   riserve,
accetto la soluzione accennata dal presidente,  ossia
di  ascoltare  immediatamente l'ex ministro  Rognoni.
In  un  momento successivo riproporremo la questione.
Ho  fiducia che da parte dei colleghi intervenuti nel
dibattito    odierno   maturerà   un    atteggiamento
favorevole.
  SALVATORE FRASCA. Siamo d'accordo. Ciò non  intacca
il ventaglio delle proposte.
 PRESIDENTE. Certo.
    SALVATORE   FRASCA.   Ritengo   utile   procedere
all'audizione  anche del senatore Mazzola,  all'epoca
sottosegretario  alla Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri con delega per i servizi segreti.
 MASSIMO BRUTTI. Sono d'accordo.
 PAOLO CABRAS. Anch'io concordo.
  CARLO D'AMATO. Se ascoltiamo l'ex ministro Rognoni,
è giusto procedere all'audizione di Mazzola.
  PRESIDENTE.  Si tratterebbe quindi di ascoltare  le
due  autorità  politiche.  Tra  l'altro,  Rognoni  si
troverebbe  non  dico in conflitto,  ma  ...  Mazzola
dice di essere stato informato.
   Proporrei di incontrare subito l'onorevole Rognoni
e  il  senatore Mazzola; successivamente si  farà  il
punto  della situazione. La proposta avanzata rimane,
in  quanto  non è stata ritirata. Avendo avuto  dalla
Commissione  il compito di redigere la relazione,  mi
sono  letto  la  documentazione.  La  conoscenza   di
quanto  hanno sostenuto, sui vari punti politici,  le
diverse   persone   durante  gli  interrogatori   può
aiutare  a  stabilire - se i colleghi  lo  riterranno
utile   -   una   rosa  di  eventuali,  possibili   e
successive audizioni.
Se   non  vi  sono  obiezioni,  rimane  stabilito  di
procedere
alle   audizioni  dell'ex  ministro  Rognoni  e   del
senatore Mazzola.
(Così rimane stabilito) .
  SALVATORE  FRASCA. Signor presidente,  intervenendo
sull'ordine  dei  lavori,  ricordo  che  prima  della
pausa  estiva dei lavori concordammo sulla  necessità
di prevedere una seduta tra di noi...
PRESIDENTE.  Senatore  Frasca,  tutte  le  sedute  si
svolgono
tra di noi!
  SALVATORE  FRASCA.  Intendevo,  signor  presidente,
senza  ospiti né collegamenti con l'esterno.  Dicevo,
che  concordammo  sulla necessità  di  prevedere  una
seduta  per esaminare i lavori compiuti e selezionare
gli   obiettivi,  dal  momento  che   la   vita   del
Parlamento  si accorcia sempre di più e noi  dobbiamo
consegnare  le  risultanze  della  nostra   attività.
Ancora non è stato programmato...
  PRESIDENTE.  Senatore  Frasca,  le  sono  grato  in
quanto  i  suoi interventi rafforzano la mia  fiducia
negli   uomini.  L'argomento  è  stato  discusso   ed
approvato, l'ho ripetuto...
SALVATORE FRASCA. Quando?
Pag.2667
  PRESIDENTE.  Mentre lei discuteva con  il  senatore
Brutti,  ho  aggiunto  l'auspicio  che  lei  legga  i
verbali. Dicevo che
l'argomento è stato discusso ed approvato  tanto  che
la  seduta  è  programmata per il  24  settembre.  In
quell'occasione vi sarà una mia bozza di relazione.
SALVATORE  FRASCA.  Ne  prendo  atto,  con   piacere.
PRESIDENTE.  Lei  ha svolto una funzione  di  stimolo
per la
decisione.
SALVATORE  FRASCA.  Lei  sa  che  sono  calabrese   e
testardo.
              Discussione della relazione
   sulla  criminalità in Puglia. PRESIDENTE. L'ordine
del giorno reca la discussione
della  relazione  sulla  criminalità  in  Puglia.  Il
senatore Robol ha facoltà di svolgere la relazione.
 ALBERTO ROBOL, Relatore . Signor presidente, a
pagina  22  del  documento del ROS intitolato  "Cenni
storici  sulla criminalità organizzata in Puglia"  si
rinviene  la ragione dell'importanza della  relazione
che  mi  accingo ad illustrare. In esso si legge  che
"nell'anno  1989,  a  seguito  di  più  rapporti   di
denunzia  dell'Arma  e  della  polizia  di  Stato  di
Lecce, furono inquisiti e rinviati a giudizio per  il
reato  di cui all'articolo 416-bis oltre un centinaio
di  affiliati alla SCU, tra i quali tutti i  maggiori
esponenti.  A conclusione di laboriosi maxi-processi,
celebratisi in primo grado dall'ottobre  1990  al  23
maggio  1991,  e in secondo grado dal gennaio  al  17
aprile    1992,    venne   definitivamente    sancita
l'esistenza  della cosiddetta quarta mafia  e  furono
irrogate   severe  condanne".  Ritengo   che   questo
passaggio  del  documento  distribuito  dal  ROS  sia
importantissimo  sul piano storico  perché  racchiude
il  decennio  di vita della SCU, oltre  a  contenere,
ripeto,  la ragione della relazione. Chi ha letto  la
prima  stesura della relazione e l'ultima - ossia  la
bozza  distribuita oggi - avrà notato l'esistenza  di
numerose    differenze   e   compreso    il    motivo
dell'accoglimento     della     proposta     avanzata
dall'onorevole  Bargone  nel  mese  di  giugno.   Del
resto,  una situazione come quella pugliese è di  per
sé  in  evoluzione: è sufficiente leggere i  giornali
per capire il significato delle mie affermazioni.
     L'accettazione   della   richiesta   di   rinvio
dell'esame della relazione dell'onorevole  Bargone  è
risultata  quanto  mai positiva, perché  ha  permesso
alla Commissione...
  PRESIDENTE. L'onorevole Bargone avrebbe con piacere
partecipato  alla riunione odierna, ma purtroppo  gli
è  stato constatato il distacco della retina, a cui è
seguito  un  ricovero urgente. Si scusa, per  il  mio
tramite, con i colleghi della Commissione.
 ALBERTO ROBOL, Relatore . Dicevo, che l'aver
accettato  la  richiesta di rinvio ha  permesso  alla
Commissione di tornare in Puglia nel mese  di  luglio
e  di  registrare talune differenze tra la situazione
di   gennaio   e   quella  della  fine   di   luglio,
soprattutto  nella città e nella provincia  di  Bari.
Nell'ultimo   sopralluogo   abbiamo   incontrato   il
prefetto,  il quale non era lo stesso che incontrammo
nell'occasione  precedente,  il  sindaco   ed   altre
autorità.
   All'origine delle notevoli differenze  riscontrate
nella  realtà  barese vi sono alcuni  fatti.  Chi  ha
letto  la relazione avrà compreso le ragioni,  alcune
delle  quali  sono  relative  all'impegno  di  queste
persone.  Il  prefetto  Catenacci  ha  esplicitamente
affermato   che   l'utilità   della   Commissione   è
straordinaria, in quanto funge da pungolo  e  stimolo
continuo  soprattutto per alcune amministrazioni  che
in quella zona sono
abbastanza  prigioniere di logiche  mafiose,  su  cui
credo si stia indagando attualmente.
   Dal punto di vista del coordinamento dei lavori  e
del rafforzamento degli organici sono stati posti  in
essere antidoti estremamente efficaci.
Accanto agli eventi che hanno riguardato i soggetti
preposti alla vita politica
Pag.2668
ed   amministrativa  di  Bari,  si  sono   registrati
fenomeni   concernenti  i  cosiddetti   collaboratori
della   giustizia,  ossia  i  pentiti.   A   gennaio,
all'epoca cioè del precedente
sopralluogo,  l'idea  di poter utilizzare  i  pentiti
(soprattutto  Annacondia) era piuttosto  lontana;  in
luglio  invece  ci è stata offerta la possibilità  di
confrontare   dal  vivo  la  veridicità   di   alcune
affermazioni.  Le  dichiarazioni  dei  pentiti   sono
dunque    sicuramente   all'origine   del    profondo
mutamento riscontrato.
   A  ciò  si  aggiunge l'evoluzione  delle  indagini
sull'incendio  del  Petruzzelli  che  ha  avviato  un
supplemento  di  inchiesta,  e  l'incriminazione  del
procuratore   della  Repubblica   presso   la   Corte
d'appello di Bari che ha coinvolto a livello  emotivo
oltreché  politico il mondo pugliese (già in  gennaio
se ne parlò in termini drammatici).
   Inoltre,  a  pagina  37 della relazione  troverete
alcune   dichiarazioni  di  Pasquale   Galasso,   che
abbiamo  avuto  occasione di sentire  a  Roma  e  che
viene citato in maniera esplicita. Quest'ultimo è  il
pentito  di  cui  non  si è parlato  solo  in  questi
giorni, ma anche in precedenza.
  Premesso che nella stesura di questa relazione si è
rivelato    quanto    mai   necessario    l'ulteriore
sopralluogo   in   Puglia,  il  secondo   ordine   di
considerazioni  che  desidero  svolgere  attiene   al
fatto  che  i  rapporti con il  mondo  politico  econ
quello amministrativo, così come emergono dalla
relazione,  hanno indubbiamente creato situazioni  di
conflitto.  Non  solo ultimamente, ma  addirittura  a
giugno, cioè quando
sembrava   che   dovesse  essere  presentata   questa
relazione,   ho  cercato  di  parlare   con   diversi
colleghi  commissari perché, per me,  che  non  avevo
molte   esperienze  come  relatore,  era   importante
capire  cosa fosse opportuno sottolineare e anche  il
modo  in  cui farlo. Credo che ciò sia comprensibile,
considerato che soprattutto nei rapporti politici  le
novità  possano creare situazioni piuttosto delicate.
Il  fatto stesso che la stampa pugliese abbia parlato
di  questa  relazione  prima della  sua  discussione,
ritengo sia indice non solo della curiosità ma  anche
dell'attenzione  e forse anche della  paura  con  cui
essa era attesa dal mondo pugliese.
   Ai  colleghi  commissari  i  quali  ritengono  che
questa  relazione  sia  un po' troppo  morbida,  devo
dire  che  la  mia  impressione è che  non  l'abbiano
letta  completamente, in quanto vi sono  affermazioni
piuttosto forti, soprattutto quelle riferite a  certi
rapporti  con  gli  amministratori  e  con  il  mondo
politico  in  senso  lato. Credo  che  la  situazione
pugliese  debba essere vista in quest'ottica,  al  di
là  di  quelle  che  potranno essere  le  conseguenze
derivanti  da eventuali provvedimenti di scioglimento
dei consigli comunali.
Viceversa,  altri commissari hanno già  fatto  sapere
di
ritenere  questa relazione piuttosto dura, in  alcuni
passi    addirittura   violenta,   non    rispettosa.
Personalmente,  credo che il nostro compito  non  sia
solo  quello  di  registrare ciò che è  stato  detto,
anche  se  abbiamo  avuto la  fortuna  di  avere  uno
spaccato  della  vita pugliese ascoltando  tutti  gli
organi  responsabili della regione. Tuttavia, essendo
questa  una  Commissione anche politica, ritengo  sia
giusto  mettere in rilievo soprattutto il  senso  del
processo  che è in atto in Puglia. Quindi, al  di  là
della   registrazione   della   fenomenologia   della
malavita, dei reati e di tutto quello che
la  Puglia  rappresenta  anche  in  virtù  della  sua
posizione   geografica,  un  aspetto   che   non   va
dimenticato...
ALTERO MATTEOLI. Che intendeva dire quando ha
sottolineato il processo in atto in Puglia?
 ALBERTO ROBOL, Relatore. Glielo spiegherò tra un
attimo, onorevole Matteoli.
   Dicevo  che  bisogna tener conto  non  solo  della
posizione geografica della Puglia, ma anche dei  suoi
collegamenti con la ex Jugoslavia, dei suoi  rapporti
con  il  mare (tutto ciò viene messo ben in  evidenza
nel documento ROS) e del fatto
Pag.2669
che   è   venuto   ad   aprirsi   un   processo    di
coscientizzazione della società civile (è questo  che
intendevo  dire prima, onorevole Matteoli) che,  come
Commissione,   non  possiamo  non   aver   registrato
durante le nostre visite, per esempio a Mesagne  e  a
Montescaglioso,  o  nella  giornata   passata   nella
scuola di Taranto.
Credo  che come politici e legislatori spetti  a  noi
vedere
se  in  questa  situazione, che per  alcuni  versi  è
esasperatamente lacerante, vi siano anche  motivi  di
speranza.  In  fondo, il recupero della politica  non
può  non avere una sua dimensione pedagogica, per cui
non  può considerarsi illuso, utopista o sentimentale
chi  mette  in  luce  anche questi  aspetti.  E'  per
questo  che  nella  relazione  ho  voluto  porre   in
rilievo  che  accanto alla presenza  tradizionalmente
negativa  della criminalità organizzata  si  registra
una  interessante  fase di presa di  coscienza  della
società   nella  sua  interezza,  soprattutto   della
società generazionalmente interessante perché  nuova:
i   350  studenti  delle  scuole  di  Taranto,  i  50
interventi   da  essi  svolti  assieme   ai   docenti
rappresentano la testimonianza di una società che  si
muove  verso il recupero della politica. Quest'ultima
non  può  limitarsi  a  registrare  passivamente   la
disperazione  e  nemmeno può fare  il  gioco  di  una
contrapposizione  statica; anche  la  politica  della
nostra  Commissione, quindi, non deve essere bloccata
o   esasperatamente  pessimista,  quasi  essa   fosse
chiamata  a registrare solo il negativo da attribuire
ad un ceto dirigente anziché ad un altro.
    E'  in  atto  un  processo  politico  sul  quale,
ovviamente,   il   giudizio  deve  essere   espresso.
Quindi,  dopo  la discussione che in continuazione  e
dal  vivo  abbiamo portato avanti in questi mesi  con
chi  è  stato  con noi in Commissione, la conclusione
che  ho  tratto è stata che il processo di  Lecce  ha
determinato una grossissima sconfitta della  violenza
organizzata;  conseguentemente,  il  decennio   degli
anni  ottanta,  che appare come quello della  nascita
di   questa   criminalità  e   dell'ufficialità   dei
collegamenti   della   Sacra   corona   unita    alla
'ndrangheta  e alla camorra, viene anche  visto  come
quello  in  cui  ha  avuto  termine  questo  tipo  di
violenza  organizzata.  Ma  se  questo  è   un   dato
estremamente  positivo,  va chiarito  che  il  crollo
della   violenza  organizzata  non  è   assolutamente
ascrivibile,   in   termini   esclusivi,   all'azione
giudiziaria,   bensì  anche  a  quella   politica   e
culturale.
   Dunque,  non  vi  sono  solo  fenomeni  di  grande
disoccupazione  e          di vuoto delle  strutture,
ma anche fenomeni di cultura
politica,  i quali tendono a riempire le devastazioni
di  tutti  questi  anni.  Vorrei  porre  maggiormente
l'attenzione su questo, perché credo che  sia  giusto
esprimere  una parola di incoraggiamento, di  vita  e
di  speranza, senza con ciò voler mettere in  secondo
piano i dati negativi che emergono dalla relazione  e
che   per   certi   aspetti  risultano   estremamente
allarmanti,  anche se oggi, forse, lo  sono  di  meno
rispetto  a  qualche  anno fa. Prima  del  luglio  di
quest'anno,  la Commissione si era recata  in  Puglia
ben  cinque  volte,  per  cui  ha  potuto  constatare
quanto  la situazione fosse grave. Tuttavia,  accanto
a questo dato negativo, credo che sia
importante  mettere in luce anche il  cambiamento  in
atto,  inteso  come  risposta ad un  bisogno  e  come
volontà di vita.
Se    consideriamo   che   accanto   al   mondo   del
volontariato e
della   cultura,  che  rappresenta  un   investimento
generazionale per il futuro, vi è anche  la  risposta
del  mondo  dell'antiracket, risposta che in  termini
generici possiamo
chiamare  corporativa ma che in termini produttivi  e
politici  è  di  grande  peso,  comprendiamo  che  la
società  si  è svegliata. E questo dato emerge  nella
relazione,   anche   se  nella   stessa   le   parole
dedicategli  sono  sicuramente  minori   rispetto   a
quelle  usate  per  evidenziare i dati  negativi.  In
pratica,  anche se nella relazione vi è  un  rapporto
in   fondo  sproporzionato  tra  le  citazioni  e   i
riferimenti  di  carattere giudiziario  e  quelli  di
carattere  politico, culturale e sociale,  credo  che
il suo taglio sia giusto.
Credo   che  la  Commissione  -  almeno  per   quanto
riguarda me -
abbia  potuto vedere in Puglia non solo  i  colpi  di
coda, Pag.2670
che  sono  i più pericolosi per certi versi,  di  una
violenza  e di una criminalità organizzate, ma  anche
le contraddizioni che nella società si sono aperte  e
quindi  la  voglia  di  testimonianza  di  un   altro
modello  di  vita.  Vorrei che si  ponesse  l'accento
sulle  assemblee pubbliche: prima ho citato  Taranto,
ora  cito  quella  svoltasi in consiglio  comunale  a
Mesagne  con la popolazione che ha seguito  i  lavori
della  Commissione e che ha visto in essa un  momento
di   liberazione;   quella  di  Montescaglioso,   nel
sopralluogo  di  fine luglio, dove  vi  è  stata  una
chiara  presa  di  posizione, e dove  ha  partecipato
tutta  la  popolazione. Questi sono segni, oltre  che
segnali,  di  un'inversione di rotta. Allora,  se  la
Commissione  (chiudo con quanto ha detto Catenacci  a
Bari    in    un   colloquio   privato   alla    fine
dell'audizione)  ha  un  senso,  lo  ha  perché   sul
territorio riesce ad essere e non può non  essere  un
momento    di   pungolo   continuo   e    anche    di
gratificazione  per  gli elementi  di  contraddizione
che  vi  sono  sul territorio. La Commissione  ha  un
compito  politico  che  è quello  di  risvegliare  il
senso  di un vivere civile che altrimenti rischia  di
vanificarsi.
   Prima si è fatto riferimento alle grandi questioni
dello  Stato e della criminalità: io credo che al  di
là  e  forse  anche  al  di sopra,  nel  senso  della
trascendenza, dello Stato vi sia la persona;  intendo
dire   che  lo  Stato  è  l'espressione  anche  della
persona  e  della società, quindi il compito  di  una
Commissione  politica, nel suo viaggio attraverso  le
situazioni  di criminalità organizzata, è  quello  di
recuperare  il  senso dello Stato  come  senso  della
società nelle sue articolazioni.
Questo  mi  premeva  dire come avvio  del  dibattito.
Credo che
ciascuno,  in  base  ai  dati contenuti  nella  lunga
relazione  che consta di 70 pagine, potrà  sviluppare
una serie di ragionamenti.
   Per  concludere desidero dire, se mi è consentito,
che  fin  dall'inizio ho avuto un certo imbarazzo  ad
occuparmi  di  un  campo per me  assolutamente  nuovo
(credo  di dover pagare il prezzo di questa sorta  di
noviziato  di  ricerca). Però  da  gennaio  ho  avuto
occasione di visitare oltre alla Puglia, la  Sicilia,
la  Campania, la Calabria ed ho potuto constatare che
anche in queste zone del nostro paese nelle quali  in
apparenza  il  momento della violenza è  fondamentale
ed  essenziale  vi  è  una società  civile  in  forte
movimento:  questo a mio parere è un  fatto  politico
del  quale  forse  si parla poco ma che  deve  essere
evidenziato.
PRESIDENTE.  Grazie, onorevole Robol,  anche  per  il
lavoro
svolto.
  FRANCESCO CAFARELLI. Credo che si possa con  onestà
dare  atto al collega Robol di aver svolto un  ottimo
lavoro,  come credo si possa dire che la  Commissione
ha raggiunto un buon
risultato,  in  quanto della Puglia è  ora  possibile
avere  uno  spaccato  utile a formulare  suggerimenti
validi  per  chi oggi possa trovarsi nelle condizioni
in  cui  si è trovata la Puglia dieci anni fa;  e  ad
impostare  così - come abbiamo fatto per le audizioni
-  un  metodo  che possa servire ad  operare  in  via
preventiva,   nelle  regioni   che   si   trovano   a
registrare il fenomeno ancora nella fase iniziale.
    Signor   presidente,  considerate  l'ora   e   la
stanchezza  (anche  io  ho  seguito  i  colleghi   in
Sardegna),  cercherò di attenermi ai documenti  e  di
evitare  commenti personali, anche se seguo dal  1985
la  vicenda dello sviluppo e della penetrazione della
criminalità in Puglia.
   Desidero  dire  al collega Robol che  abbiamo  già
ottenuto  un  risultato: questa volta abbiamo  potuto
scrivere   la   relazione  senza  dovervi   apportare
modifiche,  cioè  senza subire, come  è  avvenuto  in
precedenza,   pressioni  per  "pulirla",  soprattutto
quando  essa  faceva riferimento a  personaggi  molto
noti  (facciamo una volta per sempre questo  nome:  i
Casillo!)  dei  quali  oggi  abbiamo  potuto  parlare
ufficialmente  grazie a quello che ci hanno  detto  i
collaboratori  di giustizia. Lo stesso  Robol,  però,
ha  citato la pagina ma non ha fatto il cognome della
famiglia   alla  quale  si  riferiva:  vi  è   questa
difficoltà,  che ci portiamo appresso fin  dal  1986.
Del  resto  anche questa Commissione si è trovata  in
difficoltà   fin  dall'inizio,  fin  da   quando   la
delegazione è partita per la
Pag.2671
Puglia  la prima volta (gennaio 1993). La Commissione
era  già  in  possesso di alcuni  elementi  circa  la
presenza  della criminalità a Foggia.  Chiedo  scusa,
signor  Presidente, se parlo della  situazione  della
Capitanata  (conosco quella zona che  è  legata  alla
provincia  di Bari), ma credo - lo hanno detto  Robol
ed  anche il senatore Frasca - che essa possa  essere
emblematica   anche   per  altre   regioni.   Facendo
l'analisi   di   tutti  gli  elementi  accertati   ed
ufficialmente a nostra disposizione, si può  giungere
ad  uno  spaccato  della situazione,  non  solo  alla
formulazione  di una relazione (facendo  solo  questo
faremmo  una  cosa monca) ma anche all'individuazione
di  ipotesi  e proposte (mi richiamo ad  una  battuta
felice di Robol relativa al processo di Lecce).
   A  Lecce  si è svolto un processo alla criminalità
organizzata  che  ha  fatto registrare  una  vittoria
della  parte  sana dello Stato che si è  contrapposta
alla  criminalità organizzata. La situazione di Lecce
è  simile  a  quella  di  altre  realtà:  se  fossimo
intervenuti per tempo su di esse, probabilmente  oggi
avremmo  comunque parlato della presenza del fenomeno
della  camorra  pugliese ma con minore preoccupazione
perché  esso  sarebbe  stato  di  entità  sicuramente
diversa da quella che l'onorevole Robol dice di  aver
registrato e della quale è preoccupato.
    Sempre   in   riferimento  ai   dati   a   nostra
disposizione,   emerge   la  tipicità   dell'omicidio
Sciorio: la polizia e soprattutto i carabinieri  (qui
non  si  citano mai i carabinieri: manca Boso!),  nel
corso  dell'indagine, trovarono un libro e un'agenda;
il  primo conteneva le regole per l'affiliazione alla
nuova camorra e la seconda conteneva dei nomi.
   Abbiamo  inoltre  avuto a disposizione  l'indagine
della  UIGOS  di Foggia e - sempre per  citare  fatti
oggettivi  - le dichiarazioni di un altro uomo  della
camorra  molto noto allora, Pasquale Barra, il  quale
parlò  con  il dottor Apperti, sostituto  procuratore
della  Repubblica di Foggia. In sostanza,  riferì  di
situazioni che poi sono state confermate, a  distanza
di   anni,   dalle   dichiarazioni   di   Galasso   e
Annacondia.   Ripeto,  sono  fatti  riportati   nella
sentenza Maritati, che consegnerò alla Commissione  -
anche  se dovrebbe già averla: se Maritati non avesse
incontrato difficoltà e avesse potuto continuare le
indagini  riguardanti il troncone  della  Capitanata,
avremmo  potuto registrare una vittoria  non  solo  a
Lecce,  ma  anche a Foggia, a Bari e nella Puglia  in
generale.
   Dunque,  a  disposizione delle  autorità  preposte
alla   lotta  contro  la  criminalità  erano  i  dati
concernenti l'omicidio Sciorio e le risultanze  delle
indagini  sull'omicidio stesso  e  di  quelle  svolte
dalla  UIGOS  e  dalla Guardia  di  finanza,  su  cui
dovremmo    fare   chiarezza,   signor    Presidente.
Occorrerebbe  soprattutto fare  chiarezza  sulle  due
indagini  avviate  dalla  Guardia  di  finanza   che,
quando  giungono  a riscontri oggettivi,  stranamente
si  interrompono.  In  altri termini  accade  che  la
verifica   della  Guardia  di  finanza   sul   gruppo
Casillo,  allorché  riscontra  dati  oggettivi  viene
sospesa   con  la  motivazione  che  i  Casillo,   su
suggerimento  di  un  loro amico magistrato,  avevano
spostato  le  loro attività da Foggia a San  Giuseppe
Vesuviano.  Non  so se sia possibile  sospendere  una
verifica  e  non saperne più nulla!  E'  come  se  la
Guardia  di finanza interrompesse la sua attività  ai
confini  della  provincia  di  Foggia,  senza  andare
oltre:   la  Guardia  di  finanza  può  o  no  andare
dappertutto? E' necessario un accertamento.
L'altra  questione  riguarda la  relazione  dell'Arma
dei
carabinieri  risalente all'ottobre 1985, anch'essa  a
disposizione delle autorità preposte. Che cosa  si  è
verificato,  onorevole Robol? Perché  non  si  è  mai
arrivati  alla  celebrazione  di  un  processo  sulla
criminalità  organizzata  del  troncone  di   Foggia?
Anche  in  questo  caso  bisogna  accertare  e   fare
chiarezza:  non solo fu trasferito il  dottor  Gigli,
responsabile  dell'ufficio UIGOS  -  prima  fu  anche
demolito  moralmente,  con  la  rivelazione  di   sue
presunte  collusioni  con la delinquenza  locale  (si
disse che aveva ricevuto in regalo un'autovettura)  -
ma  fu  attaccato anche il questore, dottor Rosa:  si
disse che poiché il figlio era un drogato,
Pag.2672
il  padre  non aveva titolo per condurre  un'indagine
nei   confronti  della  presenza  della   criminalità
organizzata,  a  Foggia. Furono anche  trasferiti  un
capitano  della Guardia di finanza ed un  maresciallo
si dimise.
   Né  va  perso di vista il ruolo svolto  dal  mondo
politico  (allego  documentazione),  attraversato  da
contrasti  e  vuoti, così come non  va  sottovalutato
l'atteggiamento  di  una parte della  stampa  che  ha
svolto  una funzione non secondaria: mi riferisco  ad
alcune fonti d'informazione ed emittenti che sin  dal
1985   risultavano   soggiogate   da   capitali    di
provenienza illecita.
   Sull'altro  fronte,  chi  erano  i  preposti  alla
verifica  dei  fatti  che  sto  ricordando  (che,  lo
ripeto    sono   agli   atti)?   Chi   era   preposto
all'accertamento  della giustezza o  della  erroneità
dei  fatti,  delle  responsabilità o  della  presenza
della  camorra pugliese? Vi sono denunce al Consiglio
superiore   della  magistratura  nei  confronti   del
procuratore   della  Repubblica  di  Foggia,   dottor
Cudillo;  del sostituto procuratore, dottor  Apperti;
del   giudice  istruttore  di  allora  dottor  Baldi,
nonché  di altri due magistrati, il dottor Monaco  di
Foggia   e  il  giudice  istruttore  dottor   Picardi
(trasferitosi successivamente a Napoli).
   Queste  persone sono intervenute pesantemente  non
solo   per  minacciare  e  trasferire  chi   si   era
interessato   alle  indagini  sulla  presenza   della
camorra  in  Capitanata, ma anche per  manipolare  le
risultanze   delle  indagini  a  disposizione   della
magistratura.  Tutto  questo risulta  agli  atti  del
Consiglio  superiore  della  magistratura  oltre   ad
essere  stato registrato dagli ispettori che, su  mia
denuncia,  hanno aperto il caso Foggia.  Cudillo,  da
parte   sua,   aveva  partecipato  alla   commissione
aggiudicatrice    dell'appalto-concorso    per     la
realizzazione del tribunale di Foggia,  vinto  -  già
allora,  senatore  Brutti - dalla  FEAL,  attualmente
COGEFAR-Impresit:
non  solo  un procuratore della Repubblica  partecipò
alla  procedura  di aggiudicazione  dell'appalto,  ma
l'appalto   fu   concesso  ad  una   ditta   il   cui
amministratore  delegato unico era  stato  condannato
ai  sensi  dell'articolo 416-bis! La  circostanza  fu
fatta  rilevare dalla Commissione, ma il  procuratore
rispose  che lui non era tenuto a leggere i giornali!
Su questo non è stata mai fatta chiarezza!
Ancora: nel corso dell'inchiesta Maritati vengono
minacciati due appartenenti alla Criminalpol  inviati
da  Maritati e che, provenendo da Bari, non  potevano
essere  "avvicinati" a Foggia; - e lo stesso  giudice
Maritati  fu minacciato, fino ad essere derubato  del
suo lavoro.
Che  cosa è avvenuto? Come è successo? Fatto  strano:
ogni
qualvolta   si   è   richiamata  l'attenzione   sulla
criminalità  foggiana,  è intervenuto  un  magistrato
risultato comunque coinvolto in rapporti di  amicizia
con  i Casillo! In questo caso lo ha fatto Baldi  che
ha   presentato   richiesta   di   autorizzazione   a
procedere  nei  miei confronti. Del resto,  il  ruolo
dei  Casillo  (Pasquale, Aniello e  prima  ancora  il
padre)  era  quello  di  aggiustare  i  processi,  di
mantenere  rapporti con i magistrati, riuscendo  così
ad essere al di sopra delle
fazioni  di Cutolo e di Alfieri. Gennaro Casillo  non
veniva  mai  toccato  perché aggiustava  i  processi,
dice Galasso.
  VINCENZO  SORICE. Scusi, onorevole  Cafarelli,  che
rapporto  di parentela esiste tra Gennaro e  Pasquale
Casillo?
FRANCESCO CAFARELLI. Sono padre e figlio.
VINCENZO  SORICE.  Il  figlio è  Pasquale?  FRANCESCO
CAFARELLI. Certo. Mi sono sempre dovuto
muovere senza farmi notare: se avessi sottoposto
all'attenzione  della  Commissione  il  rapporto   di
parentela tra Gennaro e Pasquale, non saremmo  andati
oltre una certa data.
Dirò di più. Dirò di strane coincidenze. Quando la
Commissione  decise di affrontare la relazione  sulla
Puglia   è  giunta  immediatamente  una  lettera   di
Casillo   alla   Commissione  -    è   un   documento
ufficiale della Commissione -. In essa
Casillo sostiene di non essere parente
Pag.2673
di  Vincenzo Casillo; sappiamo invece che è cugino di
Vincenzo Casillo, braccio destro di Cutolo e  saltato
in  aria  a  Roma.  Inoltre, dice  di  non  conoscere
Sciorio  e  che  lo aveva incontrato  occasionalmente
con  altri  commercianti. Invece, risulta  agli  atti
che  Sciorio era stato assunto come uomo  di  fiducia
dei  Casillo  (chiedo  di  acquisire  agli  atti   la
lettera  di assunzione); ma questo era solo il  ruolo
ufficiale perché in realtà era il rappresentante  non
solo  della camorra ma anche della mafia,  visto  che
altrimenti  i Casillo non avrebbero potuto  manovrare
nell'ambito siciliano.
   Ma  c'è  di  più (e oggi nei processi  ne  abbiamo
avuto  riscontro),  a proposito dei  magistrati  che,
sia  come  tribunale della libertà sia  come  giudice
istruttore,  avevano  riesaminato  due   mandati   di
cattura  emessi  dal  dottor Russetti  (il  quale  fu
definito  un folle per essersi permesso di farlo):  è
risultato  che  il sostituto Picardi,  era  inquilino
dei  Casillo,  il  genero dell'altro  magistrato,  il
giudice istruttore Baldi, che mi ha querelato  perché
ho  detto  queste  cose al Consiglio superiore  della
magistratura,    era    tecnico    di    fiducia    e
rappresentante  politico  di  Casillo  al  Comune  di
Foggia.  Inoltre,  il procuratore legale  di  Casillo
aveva  sposato  la  sorella del  genero  del  giudice
Baldi.   Quindi,   quest'ultimo,  che  obiettivamente
avrebbe   dovuto  ammettere  di  non   essere   nelle
condizioni  di giudicare, non solo non si è  astenuto
dal  farlo,  ma  lo  ha fatto a  favore  di  Casillo.
Quando  Apperti,  altro sostituto  della  procura  di
Foggia,  ha avuto in mano le dichiarazioni del  Barra
-  questo  risulta dalle dichiarazioni  rese  da  due
sostituti  procuratori di Foggia, cioè da D'Amelio  e
Cea  -  non  ha proseguito le indagini, anzi,  le  ha
chiuse ed
ha prosciolto Casillo da qualsiasi imputazione.
   La  situazione  in  cui ci siamo  mossi,  senatore
Robol,  è  questa:  tutti quelli che  erano  preposti
all'attività  di  contrasto  non  solo  non  si  sono
impegnati  in tal senso ma hanno minacciato  chi,  al
contrario, lo stava facendo; inoltre, nel momento  in
cui  come  magistrati hanno richiesto ed ottenuto  di
giudicare quel personaggio, hanno fatto in  modo  che
venisse  prosciolto  prima  che  fossero  avviati   i
processi.  L'unico filone ancora in  piedi  è  quello
della Guardia di finanza di Napoli, ma dal 1989  sono
trascorsi  quattro  anni e non  sappiamo  ancora  che
verifiche  abbia  attuato e  a  quali  riscontri  sia
pervenuta.  Per memoria storica, comunque,  va  detto
che  nel rapporto della Guardia di finanza di  Foggia
e  di quella di Bari veniva riscontrato che i bilanci
erano  manipolati  per potere ottenere  i  contributi
AIMA  e  che  il  grano  era oggetto  di  spostamenti
inutili  anziché  essere  conservato.  Inoltre,   era
stato  scoperto un fatto molto strano, che la procura
di  Foggia non si è mai preoccupata di accertare: per
quale   ragione   un   imprenditore   trasferiva   da
un'azienda all'altra - sempre appartenente  alla  sua
holding - merci inesistenti, nel
senso  che  i mezzi che avrebbero dovuto trasportarle
in  realtà  non contenevano nulla? Mi spiego  meglio:
c'era  solo il trasferimento materiale dei  camion  e
dei  TIR, c'erano le bollette di accompagnamento,  le
quali attestavano che la merce veniva trasferita  dal
soggetto A a quello B, ma non é mai stata trovata  la
merce.
 PRESIDENTE. La famosa merce virtuale!
  FRANCESCO  CAFARELLI. Sì,  e  non  é  mai  successo
nulla,
anche se si trattava di fatti a conoscenza di tutti.
   Quindi,  vi  è  questa  grossa  questione,  signor
Presidente,   che   credo  dovremmo   affrontare   in
Commissione,  magari  con  qualche  suggerimento   al
Consiglio  superiore della magistratura:  se  è  vero
che  quando  il  politico sbaglia deve essere  punito
due  volte  rispetto  al  comune  cittadino,  proprio
perché  si  trova in una situazione privilegiata,  mi
chiedo  se  sia giusto, nel caso in cui  a  sbagliare
sia  un  magistrato, che a quest'ultimo  si  contesti
soltanto il trasferimento da Foggia
aNapoli  o  da  Foggia a Bari.  Eppure  questo  si  è
verificato
perché,  nonostante li abbiano colti con le mani  nel
sacco, come
Pag.2674
si  suol dire, la punizione massima a cui sono andati
incontro  è  stata  quella del trasferimento  da  una
sede all'altra.
Premesso  che  questi sono già fatti che  conoscevamo
prima
che  la  nostra Commissione compisse l'ultima  visita
in  Puglia,  nel  gennaio  di  quest'anno,  mi  siano
consentite,  per  dovere morale,  alcune  spiegazioni
relative alla mia vicenda. Posso ora finalmente  dare
i  chiarimenti sull'articolo scandalistico pubblicato
dal Roma .
   Il  26  gennaio eravamo in aereo diretti  a  Bari,
come  delegazione della Commissione, parlavo  con  il
senatore  Robol quando fummo informati dal Presidente
che,  tramite  il collega D'Amato, era  pervenuta  la
richiesta di Sasso di ascoltare Casillo, pena  quello
che tutti sappiamo accadde.
PRESIDENTE. Sarà bene che chiarisca chi sia Sasso.
 FRANCESCO CAFARELLI. Sasso è il direttore del Roma
einsiste   perché  Casillo,  che   è   azionista   di
maggioranza di
quel giornale, venisse ascoltato.
PRESIDENTE.  Ma  noi  avevamo  già  deciso   di   non
ascoltarlo.  FRANCESCO  CAFARELLI.  Lo  avevamo   già
deciso prima e in
aereo si decise di riconfermare la decisione assunta.
Iniziò   in  questo  modo  l'ultima  missione   della
Commissione
antimafia in Puglia.
    Do   ora   chiarimenti  su  quanto  accadde.   Il
giornalista D'Angelo è stato chiamato dal  magistrato
Carofiglio, sostituto procuratore di Foggia  (ho  già
inviato gli atti alla
Commissione),  il  quale  ha  chiesto  spiegazioni  a
questo  sedicente  giornalista circa  l'articolo  che
aveva  scritto:  ebbene, questo signore  ha  risposto
che  non  sapeva spiegare ciò che aveva firmato,  che
non comprendeva quello che aveva scritto.
PRESIDENTE. Si riferisce all'articolo contro di  lei?
FRANCESCO  CAFARELLI. Sì, signor Presidente,  è  agli
atti.
Mi  riferisco  all'articolo del 29 gennaio,  dove  si
parla  di  assegni, di cambiali e cose  simili,  e  a
seguito del quale ho sporto denunzia.
PRESIDENTE.   Quindi,   l'autore   dell'articolo   ne
ignorava
il contenuto!
  FRANCESCO  CAFARELLI. Sì. A domanda del magistrato,
ha  risposto che non sapeva spiegare quello che aveva
scritto.  Se una persona scrive una cosa,  può  anche
dargli  un  significato  diverso,  ma  deve  comunque
essere in grado di spiegare ciò che ha inteso dire!
   Senatore Robol, ogni volta che la Commissione si è
recata  in  Puglia  ha avuto di  questi  attacchi  (e
questo   è  accaduto  stranamente  solo  in   Puglia,
neanche   in  Sicilia).  Il  primo  attacco  l'avemmo
quando il presidente della Commissione antimafia  era
l'onorevole  Alinovi. E' dal 1987, signor Presidente,
che  non  riesco a far celebrare la prima udienza,  a
causa dei continui rinvii disposti dal presidente  Di
Taranto,  del  processo contro un  altro  giornalista
che  mi  attaccò  pubblicamente  perché  responsabile
della  visita  della Commissione Antimafia  a  Foggia
(durante  la quale si parlò di Casillo). Ricordo  che
alcune    amministrazioni   ci   sollevarono   contro
l'opinione  pubblica perché le avevamo infangate,  in
quanto   la  presenza  della  Commissione  a   Foggia
significava  il  riconoscimento della presenza  della
camorra,  mentre  gli amministratori  sostenevano  il
contrario.  Secondo loro, erano tutti  sani,  l'unico
pazzo  ero  io che mi ero permesso di dire che  avevo
avuto  sentore di qualcosa che non quadrava, per  cui
invitavo a verificare certi fatti, proprio perché  se
si  fosse fatta chiarezza all'inizio avremmo avuto la
speranza   di   arginarli,  se  non  di   eliminarli.
Tornando all'ultima visita.
La  sera  stessa della nostra partenza per la Puglia,
la mia
segreteria  di  Bari è stata aperta e tutto  è  stato
distrutto. Inoltre, ho ricevuto minacce mentre ero  a
Gela,  successivamente messe in atto con un tentativo
d'incendio del mio studio di
Pag.2675
Foggia. Dunque, tutta una serie di piccoli fatti  che
non  interessano,  perché non  sono  una  persona  da
tutelare  ma  una  persona che deve comunque  subire,
che  deve  spaventarsi e fermarsi al punto in  cui  è
arrivata,  che  non  deve  mai  andare  oltre   nella
denunzia. Tutto questo non mi ha spaventato,  e  sono
andato  oltre,  portando  avanti  la  mia  battaglia,
cercando, nel limite delle mie possibilità, di  tirar
fuori tutto quello che era possibile.
   Cosa  è venuto fuori? Dai due pentiti si è appreso
che   nell'ambito  della  procura  di  Foggia,  della
procura  presso la pretura e a livello  di  tribunale
vi  sono  dei  contrasti, non perché  gli  uni  siano
amici  e  gli altri nemici del nostro comune  "amico"
(Casillo),  ma  perché probabilmente gli  uni  e  gli
altri   si   dividono  o  cercano  di  dividersi   il
territorio  di Foggia. Lo dico ufficialmente,  signor
Presidente,  qualcuno  già  ha  avanzato  ipotesi  di
candidatura   a  sindaco  di  Foggia   -   parlo   di
magistrati   e  non  di  politici  -   e   altri   di
candidature al Senato o alla Camera.
 Che cosa abbiamo sentito a Foggia? Io mi sono
volutamente  astenuto  dal  partecipare  quel  giorno
all'audizione,    però    avevo     già     informato
informalmente di questo il Presidente  mi  deve  dare
atto:  dopo l'omicidio Panunzio si era giunti, grazie
a due pentiti (se così si
possono  chiamare)  e  comunque  a  due  imputati,  a
sapere  che  i  Casillo  erano quelli  che  aiutavano
economicamente  e  per l'assistenza  legale  tutti  i
familiari   dei  detenuti,  soprattutto   di   quelli
collegati   all'omicidio  Panunzio.  Questo   abbiamo
saputo  anche da un cittadino né indagato nè  pentito
(probabilmente  anche lui non ne può  più  di  questa
situazione   così   pesante),   che   ha   messo    a
disposizione  del magistrato Carofiglio tutto  quello
che  era  a sua conoscenza. Da queste persone abbiamo
saputo  cose  che  poi ci ha detto  Galasso:  abbiamo
saputo  tutto, della Sicilia, dei rapporti del gruppo
Casillo  con Riina e non solo con Bontate e  con  gli
altri,  di altri magistrati dei quali faccio  i  nomi
(è   giusto  accertare  la  responsabilità):  la  GIP
D'Alessandro,  la  quale, secondo  Carofiglio,  aveva
permesso,  grazie ad una banalità tecnica,  a  questi
imputati  detenuti  da 48 ore  di  fare  appello  per
essere     scarcerati,    non    avendo    confermato
l'isolamento;  tanto è vero che è dovuta  intervenire
successivamente  la Direzione distrettuale  antimafia
di  Bari  per  riarrestarli, dichiarando  la  propria
competenza  in  quanto  si  trattava  di   fatti   di
delinquenza  organizzata di  stampo  camorristico.  E
questo è niente.
   Risulta  agli atti, sempre a sentire il  sostituto
Carofiglio,  che  la D'Alessandro,  tra  l'altro  una
bella  donna,  abbia  avuto rapporti  intimi  con  il
fratello di Pasquale Casillo. Quindi noi abbiamo  due
GIP  a  Foggia, uno si chiama Baldi (oggi  trasferito
grazie  alla  mia denunzia nonostante le querele  che
ho  avuto)  e  i  cui  parenti  sono  dipendenti  del
Casillo; l'altro va a letto - non ne ho le prove,  lo
dice Carofiglio - con il fratello di Casillo.
 PRESIDENTE. In auto, non a letto.
 FRANCESCO CAFARELLI. No, a letto.
 PRESIDENTE. Sapevo in auto.
  FRANCESCO  CAFARELLI. In un'auto  la  cui  targa  è
stata  rilevata  dalla scorta  (questo  GIP  è  sotto
scorta)   e   risulta  di  proprietà   di   un   noto
delinquente. Questo è un altro episodio.
ALBERTO ROBOL, Relatore  . A letto o in auto il
problema interessa poco.
 FRANCESCO CAFARELLI. Presidente, credo che la gente
debba  sapere  per  intero come  vadano  le  cose  in
questo  campo a Foggia. Abbiamo sostituti procuratori
che  litigano  fra  di  loro e    GIP  che,  comunque
vadano i fatti, sono coinvolti in rapporti
di  tipo  diverso con Casillo. Non credo  che  questo
sia  un  fatto  che debba solo restare  agli  atti  o
rappresentare  uno sfogo: ritengo che la  Commissione
debba   intervenire.  Qualcosa   bisogna   fare.   Ho
avanzato  le  mie  denunzie  al  Consiglio  superiore
della   magistratura,  dove  sembra  vi  siano  degli
ispettori   che   si  occupano  di  tali   questioni;
speriamo che essi
Pag.2676
arrivino a dei riscontri e producano qualcosa di  più
del  semplice spostamento di sede tra Foggia e  Bari.
Altrimenti perderemo di credibilità.
Ma  non  è  solo  questo, signor presidente.  L'altra
questione
sulla  quale vorrei soffermarmi riguarda  un  aspetto
molto    delicato   dei   rapporti   tra    politici,
imprenditori  e alcuni magistrati. Vi darò  copia  di
una  lettera  che  ho inviato in  data  31  marzo  al
presidente  della  Giunta  per  le  autorizzazioni  a
procedere (allora non vi era alcuna richiesta di
autorizzazione a procedere nei miei confronti). Vi  è
poi  un'altra lettera (che è già agli atti perché  ho
denunciato  il  giornale  e  coloro  che   mi   hanno
diffamato)  con la quale evidenzio che l'articolo  in
questione mi preannuncia ciò che è successo da  marzo
ad   aprile.   Dispongo  poi  di  una  testimonianza,
scritta  che  allego agli atti, dalla  quale  risulta
che  Casillo sapeva, stranamente, con vari giorni  di
anticipo cosa mi sarebbe accaduto. Ecco i fatti:  una
persona   viene  chiamata  ed  allettata  a   fornire
elementi: mi riferisco a
un  certo  Fiano  Domenico che  viene  portato  negli
uffici  dei Casillo dove Pasquale Casillo  gli  offre
fidi   facili  e  lavori  a  condizione  che  produca
documenti  che  possano  compromettermi,   i   famosi
documenti  richiamati il 29 gennaio  dal  Roma  .  Ho
saputo  solo  ad agosto per la prima  volta  di  cosa
venissi  accusato  e  da chi:  un  certo  Di  Corato,
titolare  di una grossa enota impresa di  Trani,  che
mi ha presentato a cena Mele,
procuratore   della  Repubblica   di   Roma.   Questo
imprenditore mi ha mostrato telegrammi  a  firma  del
procuratore di Bari De Marinis perché anche io  quale
parlamentare  della  zona  sostenessi  l'urgenza  dei
lavori  della  Foggia-Cerignola, presso il  Ministero
dei  lavori pubblici, il ministro e l'ANAS.  Io  l'ho
fatto.
 PRESIDENTE. Quali lavori?
FRANCESCO  CAFARELLI.  Parlo della  Foggia-Cerignola.
PRESIDENTE. Cos'è, una strada?
FRANCESCO   CAFARELLI.  Sì,   una   strada   la   cui
realizzazione
era   per  metà  già  affidata  e  quasi  completata.
Mancava  l'altra metà. Per l'amor di Dio, era giusto!
Ho  avuto anche sollecitazioni da parte del direttore
del  santuario Incoronata. C'erano problemi seri,  il
telegramma  aveva  la firma che  ho  detto.  Io  sono
stato  a  cena con Mele ed altri, che mi hanno  detto
che  Di  Corato era una bravissima persona che andava
comunque sostenuta. Questa è la situazione.
VINCENZO SORICE. Chi ti accusa direttamente?
FRANCESCO CAFARELLI. E' Di Corato che dice di avermi
conosciuto  nel  1992, mentre mi  conosce  dal  1987.
Comunque,  questi fatti troveranno  sbocco  in  altra
sede competente.
Vi  è un altro fatto da accertare, signor Presidente.
Il
collega  D'Amato ha fatto una battuta, che  io  posso
anche
condividere,  sulla questione del  Banco  di  Napoli,
non tanto sugli interessi che pratica...
CARLO  D'AMATO.  La  feci  all'epoca.  Non  era   una
battuta ma
una constatazione.
  FRANCESCO CAFARELLI. Sì, era una constatazione.  Ho
comunque  registrato questo dato. Ho anche denunciato
al   Consiglio   superiore   della   magistratura   e
all'ispettorato del Ministero di grazia  e  giustizia
un altro fatto: a Foggia
bisogna  affrontare la questione della  politica  del
credito  non solo in termini di costo del  denaro  ma
anche  di  verifica a chi esso venga dato  e  tramite
chi.   Vi   sono   aziende  che  vengono   messe   in
difficoltà; poi vi è sempre il gruppo che dà loro  la
possibilità   di  avvicinare  il  tale  direttore   o
l'altro;  questi  promettono il  mutuo  e  nel  tempo
necessario  per la sua concretizzazione  intervengono
loro  con dei soldi; poi il mutuo non si concretizza;
loro  hanno dato dei soldi e rientrano non certo  con
la  restituzione di contante ma con la cessione della
proprietà delle aziende.
Pag.2677
    Anche   questo  è  un  argomento  da   affrontare
seriamente.    Risultano   coinvolti    imprenditori,
politici,  partiti, sindacati, magistrati, poliziotti
e  rappresentanti di altre forze dell'ordine: ci sono
dentro   tutti,   anche  il  sistema   bancario.   E'
importante   però  individuare  un   metodo,   signor
Presidente, altrimenti è difficile andare avanti.  Di
fronte  alle minacce nessuno deve fare l'eroe  ma  la
gente  deve  essere  aiutata  nella  misura  in   cui
sostiene  la  battaglia: diversamente la  Commissione
si  limita  a  registrare dati,  che  potranno  anche
essere interessanti ma non servono a nulla.
Chiedo scusa, ma pago da otto anni, dal 1985, quando
Presidente    della   Commissione    Antimafia    era
l'onorevole  Alinovi! Pago pesantemente e  non  credo
sia  giusto. Se ho sbagliato, è giusto che paghi;  ma
se  sollevo  dubbi su determinate questioni  o  avvio
un'azione    per    l'accertamento    di    eventuali
responsabilità   non   è   giusto   che   mi    trovi
puntualmente dinanzi dei magistrati che mi  bloccano,
e in malo
modo.  Consegnerò  alla  Commissione  la  copia   dei
documenti   cui   ho   fatto  riferimento   nel   mio
intervento.
   Signor Presidente, visto che questo mio intervento
a  braccio  può  risultare non del tutto  chiaro,  la
prego  di  autorizzarmi a consegnare alla Commissione
una memoria scritta sugli argomenti che ho trattato.
 PRESIDENTE. D'accordo, onorevole Cafarelli: la sua
memoria   sarà  allegata  al  resoconto  stenografico
della seduta odierna.
   SALVATORE  FRASCA.  Ritengo  che  alla  situazione
pugliese  debba essere dedicata una seduta  apposita.
Desidero congratularmi con il senatore Robol  per  la
relazione,  anche  se  per  la  semplicità   che   lo
contraddistingue ama definirsi neofita, ed  esprimere
apprezzamento    per    il    coraggio     dimostrato
dall'onorevole  Cafarelli.  A  parte  la  vicenda  di
sapore boccaccesco ed i risvolti personali che  forse
potevano   essere  evitati,  penso  che  il   collega
Cafarelli  abbia presentato una precisa denuncia  sul
funzionamento dei pubblici poteri in Puglia.
 PRESIDENTE. Nel foggiano, più che in Puglia.
   SALVATORE  FRASCA.  Anche  Foggia  è   Puglia.   A
proposito
dello   spaccato  illustrato  dal  collega  Cafarelli
chiedo  di  acquisire gli atti relativi  al  processo
Muto,  celebrato  presso la corte d'assise  di  Bari.
Muto  è  un  capo  mafia  di livello  internazionale,
tant'è  che attualmente è detenuto in quanto imputato
di traffico di cocaina.
  MASSIMO  BRUTTI.  Il processo  si  celebra  a  Bari
perché  è  coinvolto  anche un sostituto  procuratore
della Repubblica.
SALVATORE FRASCA. Muto era imputato anche
dell'assassinio   di   Giannino  Losardo,   assessore
comunista impegnato sul fronte della mafia. Lui e  la
sua  banda  vennero assolti per il reato di omicidio,
ma   quest'ultima  condannata  per   associazione   a
delinquere   semplice,   non   di   stampo   mafioso.
Comunque,  dai rapporti della Guardia  di  finanza  e
dei  carabinieri emerge l'esistenza di  un  mondo  di
complicità  rispetto  al  quale  il  procuratore,  in
udienza, avrebbe dovuto promuovere un'azione  penale,
mentre invece nulla è stato fatto.
Poiché  vi  è  un  collegamento tra  la  camorra,  la
'ndrangheta
ela  SCU credo che quel fascicolo - che, tra l'altro,
ci
consentirà  di  riprendere una vicenda processuale  -
sia  utile  per capire ciò che si sta verificando  da
qualche  anno  a  questa  parte.  Chiedo  formalmente
l'acquisizione degli atti del processo.
  PRESIDENTE. Mi scusi, senatore Frasca,  lei  chiede
l'acquisizione della decisione finale o  degli  atti?
Gli atti di quel processo saranno tonnellate!
  SALVATORE  FRASCA. Non chiedo la sentenza,  ma  gli
atti processuali ai quali
Pag.2678
dovrebbero    essere   allegati   i   rapporti    dei
carabinieri e della Guardia di finanza.
PRESIDENTE.  Chiedo  scusa, ma gli  atti  processuali
sono
tutto.
 SALVATORE FRASCA. Allora diciamo tutto.
PRESIDENTE.  Quindi, lei chiede gli atti complessivi.
SALVATORE FRASCA. Sì. Ritengo che il senatore Robol
debba  leggere tali atti, e farli leggere  ai  nostri
consulenti, perché la nostra Commissione  deve  avere
il  coraggio di alzare l'albero della libertà,  della
democrazia  e  della verità, costi  quel  che  costi,
anche  se  dobbiamo mettere sul tavolo degli imputati
qualche magistrato!
  MASSIMO  BRUTTI.  Concordo con  tale  proposta,  in
quanto  da quella vicenda processuale vi è  molto  da
imparare,   posto   che   esistono   problemi   nella
magistratura di Paola oltre a rapporti  con  il  clan
Muto. Se la proposta avanzata dal senatore Frasca
è  finalizzata all'arricchimento della relazione  del
senatore  Robol,  va bene; non vorrei  però  che  ciò
costituisse  un  fatto  dilatorio.  Sarei   dell'idea
perciò   di  accogliere  la  proposta  del   senatore
Frasca, lavorando sugli atti che acquisiremo e  senza
bloccare il relatore, senatore Robol.
  SALVATORE FRASCA. Signor presidente, alcuni di  noi
conoscono a memoria talune pagine di quel processo  e
sono  in  grado  perciò  di  richiamare  l'attenzione
della Commissione.
PRESIDENTE. Vista l'ora tarda, come si dice in  gergo
non
parlamentare, e considerato il numero degli  iscritti
a  parlare,  propongo  di  rinviare  il  seguito  del
dibattito  al  pomeriggio di  martedì  21  settembre,
mentre  nella mattina dello stesso giorno procederemo
alle  audizioni del ministro Rognoni e  del  senatore
Mazzola in merito alla vicenda Cirillo.
  Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito) .
   Ricordo,  infine,  che  giovedì  16  settembre   i
parlamentari  che  si  sono  recati  in  missione   a
Bovalino  avranno un incontro con alcune persone  che
non sono state ascoltate nel corso del sopralluogo  e
che  sempre  nello stesso giorno, alle ore  18  -  ma
l'orario  potrebbe essere anticipato  -  si  svolgerà
l'audizione  del  ministro Jervolino  Russo  relativa
allo  sviluppo  di un'azione antimafia nelle  scuole.
Il  senatore  Robol ricorderà che durante  la  nostra
visita  in  Puglia indicammo in Taranto la  sede  per
l'avvio di quell'iniziativa.
La seduta termina alle 21,20.
                         Pag.2679
A L L E G A T I Pag.2680
                         Pag.2681
MEMORIA PRODOTTA DALL'ONOREVOLE FRANCESCO CAFARELLI
    Credo  che  si  possa  con onestà  dare  atto  al
collega  Robol dell'ottimo lavoro svolto, come  credo
si  possa  dire  che la Commissione ha  raggiunto  un
ottimo risultato: in Puglia è possibile ora fare  uno
spaccato che ci deve servire ad andare avanti,  oltre
le   analisi,  fino  ad  individuare  da  una   parte
suggerimenti validi ed indicazioni operative da  dare
a  chi  oggi è preposto alla lotta contro il  crimine
organizzato, dall'altra a studiare, come abbiamo  già
cominciato  a  fare  nel corso  delle  audizioni,  un
metodo  di intervento preventivo per le regioni  che,
come  la  Puglia  dieci  anni fa,  si  trovano  nella
condizione  di  registrare  il  fenomeno  nella  fase
iniziale.
Mi  atterrò  ai documenti, perché seguo dal  1985  la
vicenda
della penetrazione della camorra in Puglia.
    Desidero  dire  al relatore, collega  Robol,  che
abbiamo  già  ottenuto  un  risultato:  questa  volta
abbiamo  potuto scrivere la relazione  senza  dovervi
apportare  modifiche, senza subire, come  è  avvenuto
in  precedenza, pressioni per "pulirla",  soprattutto
quando  essa  faceva riferimento a  personaggi  molto
noti  (facciamo una volta per sempre questo  nome:  i
Casillo).   Di  essi  oggi  abbiamo  potuto   parlare
ufficialmente  grazie  alle gravi  rivelazioni  fatte
dai collaboratori di giustizia.
Fin  dal  1986  abbiamo  avuto  simili  problemi   in
Commissione
antimafia.
     Questa  stessa  Commissione  si  è  trovata   in
difficoltà,   come   le   precedenti,    quando    la
delegazione è andata in Puglia nel gennaio 1993.
    Infatti, in provincia di Foggia, sono stati fatti
gravi  e  ripetuti  tentativi  per  condizionarne   e
delegittimarne  l'azione.  Ma  di  questo   dirò   in
seguito.
    Come  affermavo prima, gli elementi accertati  ed
ufficiali  a  nostra disposizione ci consentono  oggi
di fare un preciso
spaccato  della  situazione e di  arrivare  non  solo
alla  stesura di una relazione analitica del fenomeno
criminale  ma anche all'individuazione di  ipotesi  e
proposte, come opportunamente
afferma Robol.
    Per  raggiungere questo risultato,  dobbiamo  con
coraggio  calarci  sino  in fondo  nelle  vicende  ed
esaminarne tutti i dati acquisiti; ma con ancora  più
coraggio  dobbiamo  porci tutte le domande  possibili
per   individuare   le   cause   e   soprattutto    i
responsabili della crescita del fenomeno  malavitoso.
Io  lo  farò per la provincia di Foggia, che  da  una
parte   è  strettamente  legata  a  quella  di  Bari,
dall'altra, come
Pag.2682
hanno  detto  Robol  ed  il  senatore  Frasca,  molto
pragmatico,  è  emblematica  e  quindi  consente   di
risalire  a  considerazioni di carattere  generale  e
trarne le conseguenze.
    Questo  metodo di lavoro che si propone obiettivi
concreti  ci  impone come premessa  una  domanda:  la
Commissione antimafia possiede oggi elementi nuovi  e
diversi   da  quelli  a  disposizione  degli   organi
istituzionali preposti alla lotta contro  il  crimine
già dieci anni fa?
Ebbene.  No!  I dati sono gli stessi noti  già  dieci
anni
fa.
E  allora:  perché  non si arrestò  il  fenomeno  sul
nascere,
quando   era   molto  più  facile?   Chi   furono   i
responsabili? Insomma cosa accadde?
    Accadde  quello che sistematicamente  accade  nel
processo  di  penetrazione e sviluppo della  malavita
organizzata:  quanti  si oppongono  ad  essa,  se  si
riesce  ad  isolarli  e  ad  emarginarli  vengono   o
"pensionati"   o   deruolizzati   o   declassati    o
trasferiti  o  infangati o uccisi,  a  seconda  della
tenacia,  delle  circostanze, delle occasioni,  della
pericolosità della loro lotta; quanti fingono di  non
vedere  e  tacciono, o per pavidità o per la speranza
di  ricavarne un tornaconto o perché collusi o perché
dentro  l'organizzazione, vengono comunque  premiati,
a  livello istituzionale con la promozione  o  con  i
trasferimenti  (ritorno  alla  sede  di  origine),  a
livello  sociale  con il potere e  il  prestigio,  in
ogni caso con il successo economico.
   Veniamo ai fatti.
I  segnali  della  presenza della  camorra  a  Foggia
emergono
sin  dal 1983, immediatamente, numerosi e importanti,
con  l'omicidio Sciorio, cutoliano confinato a Foggia
(oggi  sappiamo anche rappresentante della  mafia  in
Campania). In seguito alle indagini, la polizia  e  i
carabinieri  mettono a disposizione un libro  ed  una
agenda  sequestrati  durante  le  perquisizioni:   il
primo  contenente  le regole per l'affiliazione  alla
camorra  pugliese, la seconda alcuni nomi e  relativi
numeri   di  telefono.  Anche  la  UIGOS  di  Foggia,
guidata  dal  dottor Gigli, scopre la presenza  della
camorra   e   denuncia   incontri   ed   affari   tra
rappresentanti    della    camorra,    politici    ed
imprenditori,  fra  i  quali  i  Casillo;  su   altro
fronte,  il  camorrista  Barra,  detenuto  a  Foggia,
parla   al   sostituto  procuratore   Apperti   della
presenza  della  camorra a Foggia  e  del  ruolo  dei
Casillo:  insomma, polizia e carabinieri,  la  UIGOS,
il  questore Rosa, il camorrista Barra sostengono nel
1983   quello  che  oggi  hanno  dichiarato  Galasso,
Annacondia ed altri!
    Ma  non  basta:  un magistrato di  Bari,  Alberto
Maritati, riesce ad individuare il fenomeno in  tutta
la   sua   portata,  sia  riguardo  alla   estensione
pugliese  sia riguardo ai responsabili.  Se  Maritati
non fosse stato ostacolato con paraventi "tecnici"  e
"giuridici"   da   parte   del   procuratore    della
Repubblica  Cudillo (vedi le dichiarazioni rilasciate
da  Maritati  al  CSM), anche in  Capitanata  avremmo
registrato, come a Lecce, una vittoria sulla  camorra
che   ne   avrebbe  certamente  rallentato,  se   non
bloccato,  la penetrazione. Il fenomeno  infatti  era
meno  capillare che nelle altre province perché si  è
sviluppato  ai vertici, legato al riciclaggio  ed  ai
colletti    bianchi   (banche,   enti,   ispettorati,
magistratura, partiti).
Pag.2683
Su  questa  vicenda sarebbe bene fare  chiarezza,  ma
sarebbe
bene  fare  chiarezza soprattutto sulle due  indagini
avviate  dalla  Guardia  di  finanza  che,  giunte  a
riscontri oggettivi, stranamente si interrompono.
    In  altri termini accade che la verifica da parte
della   Guardia   di  finanza  sul  gruppo   Casillo,
allorché si riscontrano dati oggettivi viene  sospesa
con  la  motivazione che i Casillo (forse consigliati
da  un  loro  amico magistrato), avevano spostato  la
residenza legale della loro azienda da Foggia  a  San
Giuseppe  Vesuviano. Non so se questo sia  possibile.
Certamente è contro ogni logica.
    E' come se la Guardia di finanza interrompesse la
sua  attività ai confini della provincia  di  Foggia:
la  Guardia di finanza ha forse per legge  limiti  di
intervento?  E'  necessario un  accertamento:  se  le
cose  stanno in questi termini, è opportuno si faccia
una legge che le modifichi.
    Ma  vediamo cosa accade agli altri che  parlavano
della   camorra  e  dei  Casillo:  il  dottor  Gigli,
responsabile  della UIGOS, non solo venne  trasferito
ma   venne   demolito  moralmente  con  l'accusa   di
presunte   collusioni  con  la   delinquenza   locale
(avrebbe ricevuto in regalo un'autovettura).
    Anche  il  questore Rosa fu diffamato:  si  disse
che,  essendo  il  figlio un drogato,  il  padre  non
aveva  la  credibilità necessaria  per  condurre  una
indagine sulla criminalità organizzata.
Un  capitano  della Guardia di finanza fu trasferito,
un
maresciallo,  il signor Palma, si dovette  dimettere.
Maritati,  come ho già detto prima, si vide  derubare
del
suo lavoro.
    Non  solo: nel corso dell'inchiesta, minacciarono
due
esponenti  della  Criminalpol  inviati  a  Foggia  da
Maritati,  che  evidentemente non erano  riusciti  ad
"avvicinare" (dichiarazioni di Maritati al CSM).
Per  quel  che mi riguarda, avendo "osato" denunciare
il
fenomeno  ed  attirare l'attenzione della Commissione
antimafia, non solo giunsero minacce a me e alla  mia
famiglia,  direttamente e per interposta persona,  ma
mi  piovvero  addosso due richieste di autorizzazione
a  procedere da parte dei magistrati Picardi e  Baldi
da   me   denunciati  al  Consiglio  superiore  della
magistratura riguardo ai quali risulteranno  vere  le
accuse:  il  primo  abitava in  un  appartamento  del
Casillo  (come  il  camorrista Sciorio),  il  secondo
aveva,   ed   ha   l'intera  famiglia   in   rapporti
"amichevoli" con i Casillo (il marito della figlia  -
ingegnere Pippo Cavaliere - è stato eletto  e  voluto
assessore  dai  Casillo  al  comune  di  Foggia,   la
cognata   della  figlia  ha  sposato  il  procuratore
legale di Casillo).
     I  fatti  che  mi  venivano  addebitati  non  mi
riguardavano   affatto:  venivo  accusato   di   aver
partecipato all'assunzione di provvedimenti  adottati
quando   ero   persino  fisicamente   assente,   come
constaterà   la   Giunta  per  le  autorizzazioni   a
procedere negando l'autorizzazione (allego memoria).
     Fui  pubblicamente  attaccato  dalla  segreteria
provinciale della DC, dai rappresentanti  degli  enti
locali  e  dai  cinque  sostituti  della  procura  di
Foggia.  Fui attaccato con accuse gravi, infamanti  e
false  da  un'emittente locale compiacente  che,  tra
l'altro, mi chiamava
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sistematicamente onorevole antimafia (la mia  querela
giace   da   anni   senza   nemmeno   arrivare   alla
conclusione della prima udienza perché il giudice  Di
Taranto  è stato abilissimo a trovare ogni  volta  un
pretesto  di  rinvio). Fui definito da  certa  stampa
disonesto  perché  per  fini  personali  e  scorretti
infangavo  il  territorio  (il  segretario   liberale
Melillo,   secondo  un  ben  noto  copione,  dichiarò
pubblicamente che se le
imprese  non  investivano a Foggia la colpa  era  mia
perché avevo denunciato la presenza della camorra).
    E quanto più mi sono impegnato nella lotta, tanto
più  violenta è stata la reazione. Sino a  quando,  a
marzo,  dopo lo scontro sulla vicenda dell'esclusione
dell'audizione di Pasquale Casillo (che  intanto,  in
prossimità  dell'adozione del  piano  regolatore,  si
era  fatto  eleggere con i soliti metodi alla  carica
strategica     di     Presidente    dell'Associazione
Industriale di Capitanata), approfittando  di  quanto
stava  accadendo  a  livello  nazionale,  mi  cuciono
addosso  un'accusa  infamante  di  tangenti  il   cui
itinerario  giudiziario è una somma di stranezze,  di
torbide  coincidenze e di prevaricazioni.  Su  questo
dirò più ampiamente.
Ma  intanto  cosa  facevano coloro che  per  il  loro
ruolo
istituzionale avrebbero dovuto accertare i  fatti  ed
impedire   la   penetrazione  della   camorra?   Cosa
facevano  i Cudillo, i Baldi, gli Apperti, i Picardi,
i Monaco, i Prefetti che si sono succeduti a Foggia?
    Riguardo  ai magistrati, la risposta la  troviamo
nelle  numerose  denunce al CSM, tra cui  molte  sono
mie,  altre  di  sostituti della procura  di  Foggia.
Questi  tutori della legalità non solo  non  si  sono
impegnati  per  porre un argine, ma sono  intervenuti
pesantemente per minacciare, trasferire  o  attaccare
chi  si  era interessato alle indagini o aveva  osato
denunciare    il   fenomeno;   e   sono   intervenuti
pesantemente  per  manipolare  le  risultanze   delle
indagini a disposizione della magistratura.
    Significativi  due  casi,  quello  del  sostituto
Apperti e quello del procuratore Cudillo: il primo  è
stato denunciato al CSM dai sostituti D'Amelio e  Cea
per   non  aver  verbalizzato  le  dichiarazioni  del
camorrista Barra sui rapporti tra camorra e  politici
e  per  aver chiuso precipitosamente le indagini  (in
seguito  sarà denunciato da me per fatti meno dannosi
socialmente ma più squallidi).
Il secondo, il procuratore della Repubblica Cudillo,
sovrintendente a tutte queste vicende, è stato da  me
denunciato  al Consiglio superiore della magistratura
per    aver    fatto    parte    della    commissione
aggiudicatrice    dell'appalto-concorso    per     la
realizzazione del nuovo tribunale di Foggia, vinto  -
già  allora senatore Brutti! - dalla FEAL attualmente
IMPRESIT-COGEFAR:  non  solo  un  procuratore   della
Repubblica    partecipava    alla    procedura     di
aggiudicazione  di  un appalto, ma  l'appalto  veniva
concesso  ad  una  ditta che non  risultava  iscritta
all'albo   nazionale   delle   imprese   e   il   cui
amministratore  delegato  era  stato  condannato  per
associazione    di    stampo   mafioso    ai    sensi
dell'articolo 416- bis !
    La  circostanza fu fatta rilevare a Cudillo dalla
Commissione   antimafia  che  l'aveva   appresa   dai
giornali, ma il procuratore Cudillo rispose  che  non
era tenuto a leggere i giornali!
    Anche  su  queste vicende non è mai  stata  fatta
chiarezza,  come  non  è  mai stata  fatta  chiarezza
sulla strana coincidenza che ogni
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qualvolta    ho    richiamato   l'attenzione    sulla
criminalità  foggiana, un magistrato,  risultante  in
un  modo  o nell'altro in rapporti con i Casillo,  ha
presentato  richiesta di autorizzazione  a  procedere
nei  miei confronti. D'altra parte Galasso ha  detto:
il  potere dei Casillo, la loro capacità contrattuale
sia  con  i cutoliani che con gli alfieriani poggiava
e  poggia  sulla loro capacità di fare  aggiustare  i
processi,  di  mantenere rapporti con  i  magistrati.
Questo  ha  consentito loro di restare  al  di  sopra
delle  due fazioni rispettati da tutti, camorristi  e
non!  "A Foggia i malavitosi sanno bene che i Casillo
sono   associati   ad  Alfieri...  su   Foggia...   i
Casillo... fanno i porci comodi loro".
    Gennaro Casillo, padre di Pasquale, attraverso il
magistrato  Nicola  Damiano,  di  Vico  del   Gargano
(Foggia),  aveva  fatto aggiustare  un  processo  per
omicidio  a  carico di Carmine Alfieri.  A  proposito
della parentela tra Gennaro e Pasquale Casillo,  devo
dire  che  a  livello istituzionale  mi  sono  sempre
dovuto   muovere  senza  farmi  notare:   se   avessi
sottoposto   all'attenzione  della   Commissione   il
rapporto  di  parentela tra Gennaro e  Pasquale,  non
saremmo  andati oltre una certa data. Basta dire  che
quando  l'Antimafia decise di discutere la  relazione
sulla  Puglia,  nel  maggio  scorso,  Casillo,   come
sempre   stranamente  informatissimo   della   nostra
attività,   fece   pervenire   tempestivamente    una
lettera,  che  è  agli  atti.  In  essa  il   Casillo
affermava  che non solo non era cugino del camorrista
Vincenzo  Casillo  (come invece  risulta  anche  agli
atti  del processo contro la moglie di quest'ultimo),
ma   anche  di  non  conoscere  Sciorio,  che   aveva
incontrato  occasionalmente con  altri  commercianti.
Risulta  invece  agli  atti  del  processo  contro  i
funzionari della UIGOS, intentato da Casillo  stesso,
la  lettera  di assunzione di Sciorio quale  uomo  di
fiducia  dei  Casillo  (chiedo  che  venga  acquisita
dalla Commissione), che lo stesso Sciorio abitava  in
un  appartamento di proprietà dei Casillo, che il suo
nome  era  scritto nel libro paga dei  Casillo.  Oggi
sappiamo anche che proprio grazie a Sciorio il  padre
di  Pasquale e Aniello, Gennaro, otteneva in  Sicilia
dal  boss Bontade il permesso di operare con le  navi
nel porto di Palermo.
    Ma  un'altra lettera Pasquale Casillo, amico  del
senatore  Patriarca, aveva scritto tempo  prima:  una
lettera   indirizzata  a  Forlani,  quale  segretario
della  DC, a Gava, quale ministro dell'interno,  e  a
Vassalli,  quale  ministro  di  grazia  e  giustizia,
nella quale, dichiarandosi vittima ingiustificata  di
persecuzioni  da parte mia per una mia interrogazione
sull'  escalation della criminalità a  Foggia,  sulla
vertiginosa  crescita delle ricchezze dei  Casillo  e
sullo  strano modo in cui erano stati gestiti  alcuni
processi,
invocava  giustizia di partito e punizioni  nei  miei
confronti!  Capite  allora quali e quante  difficoltà
ho   incontrato.  Perché,  io  nonostante  ciò,  sono
andato avanti.
      Le    capirete   meglio   se   prenderete    in
considerazione  due  fatti:  il  primo   relativo   a
provvedimenti di un sostituto di Foggia,  il  secondo
relativo a quanto sta accadendo dal 26 gennaio a me.
    Il primo: il sostituto Russetti ha osato emettere
mandato  di  cattura nei confronti  dei  Casillo  per
truffa;  il provvedimento è stato cambiato  nel  giro
di  poche ore; ne è stato emesso un secondo, ma anche
questo è stato precipitosamente ritirato.
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    Veniamo  al  secondo fatto, quello  che  mi  vede
purtroppo   oggetto   della  più   ignobile   e   ben
congegnata  manovra  di  eliminazione  che  si  possa
realizzare.
    La storia comincia il 26 gennaio 1993, quando  al
Vicepresidente  dell'Antimafia,  onorevole   D'Amato,
giunge  una  telefonata di Sasso  (il  direttore  del
giornale Roma , di
cui  Casillo  è  socio  di  maggioranza)  perché   la
Commissione,   che  aveva  escluso  dalle   audizioni
Casillo,  torni  sui  suoi passi e  ascolti  Casillo,
pena  quello  che poi tutti sappiamo è  accaduto:  la
pubblicazione di notizie scandalose sul mio conto.
    Ricordo  che  eravamo in aereo  diretti  a  Bari.
Parlavo  con  il  senatore  Robol  quando  ne   fummo
informati dal Presidente.
La Commissione aveva già deciso in precedenza di non
sentire   Casillo   e  sull'aereo   riconfermò   tale
decisione.   Iniziò  così  la  missione  dell'attuale
Commissione in Puglia.
    Vi  fu  un  altro tentativo a favore di  Casillo,
guarda  caso  fatto dal prefetto (ma a proposito  dei
prefetti di Foggia dirò
in seguito).
Fallito ogni tentativo, puntualmente il Roma mette
in  atto  la minaccia. L'articolo viene pubblicato  a
firma del giornalista D'Angelo da me citato per  anni
(ormai  rinuncio a ricorrere alla querela  perché  le
mie   precedenti  querele  sono  state   puntualmente
rinviate  dai giudici fino all'immancabile amnistia).
Ma  D'Angelo, poco tempo dopo ascoltato dal sostituto
Carofiglio,  alla  domanda  perché  notizie  di   sua
conoscenza da tempo fossero state pubblicate solo  il
29   gennaio,   risponde  "per   pure   esigenze   di
programmazione".  E quando il magistrato  gli  chiede
anche  spiegazioni  circa alcuni  punti  fondamentali
dell'articolo che egli aveva scritto, questo  signore
risponde  che  non li sa spiegare o meglio,  che  non
capisce   quello   che   ha   scritto.   Alla    fine
dell'interrogatorio  quando, dopo  aver  detto  tante
altre     balordaggini,    il     D'Angelo     stesso
spontaneamente   ne  prende  atto  e   si   riconosce
colpevole  di aver dichiarato il falso, il magistrato
Carofiglio   gli  contesta  la  falsa  testimonianza,
articolo 371- bis, ma non lo arresta. Forse perché  è
un  giornalista  del Roma ? (e agli atti  la  lettera
spedita da
me  al  Presidente  per informare la  Commissione  di
questi fatti).
   Mi riferisco all'articolo del Roma del 29 gennaio
dove  si  parla di assegni, cambiali e simili falsità
infamanti  (da me denunciati da tempo, per le  quali,
come dicevo, dopo sei anni il giudice Di Taranto  non
ha  ancora  concluso  la prima inchiesta!).  Articolo
per  il  quale, come dicevo, ho denunciato  D'Angelo.
Allego   agli   atti  anche  il   verbale   del   suo
interrogatorio  da cui risulta che ha dichiarato  che
non  sapeva  spiegare quello che ha scritto:  se  uno
scrive  qualcosa  può anche erroneamente  attribuirle
un  significato diverso, ma deve comunque  essere  in
grado di spiegare ciò che intendeva dire.
Tornando  alle ultime vicende, la sera  stessa  della
nostra
presenza  in Puglia, la mia segreteria di Bari  viene
aperta; tutto viene rovistato e distrutto. Avevo  già
ricevuto  minacce  mentre ero a  Gela,  pochi  giorni
dopo messe in atto con un tentativo di incendiare  la
mia  segreteria di Foggia. Le indagini vengono svolte
(con  ritardo) guarda caso dal giudice Baldi! Quindi,
una   serie  di  segnali  che  le  forze  dell'ordine
minimizzano. Il responsabile dei fatti, subito  preso
dopo   il  clamore  suscitato  dalla  notizia,  viene
immediatamente liquidato
Pag.2687
come  un  handicappato disoccupato, mentre da  facili
indagini  da  me condotte è risultato che  non  lo  è
affatto.  Evidentemente non ero uno  da  tutelare  ma
uno  che  doveva spaventarsi, fermarsi e tacere.  Non
mi  sono  spaventato: vado oltre nella mia battaglia,
cercando,  nel  limite  delle  mie  possibilità,   di
portare alla luce la verità.
    Cosa viene fuori? Dall'audizione dell'Antimafia a
Foggia  si  evince che nell'ambito della  procura  di
Foggia,  della pretura presso la procura e a  livello
di  tribunale vi sono gravi contrasti, non perché gli
uni  siano  amici e gli altri nemici del  Casillo  ma
per   desiderio   di  potere,  di   protagonismo   e,
probabilmente,   perché  cercano  di   dividersi   il
territorio  di  Foggia. Le dico,  signor  presidente,
che  a  Foggia qualche magistrato ha già avanzato  la
candidatura a sindaco, qualcuno al Senato e  qualcuno
alla Camera.
    Tornando  ai fatti venuti ultimamente alla  luce,
dopo  l'omicidio Panunzio si giunge a sapere,  grazie
a  due  imputati del racket pentiti,  che  i  Casillo
provvedono  economicamente ed  all'assistenza  legale
dei  familiari dei detenuti, in particolare di quelli
collegati    all'omicidio   Panunzio.    Le    stesse
rivelazioni  vengono  fatte  a  me  e  al   sostituto
procuratore  Carofiglio da altri che non  conoscevano
né  le  dichiarazioni né l'esistenza  dei  pentiti  a
Foggia, già nel
dicembre  1992. Questi hanno detto in mia presenza  a
Carofiglio,  dopo  aver  illustrato  il   ruolo   dei
Casillo   "quali  assistenti"  delle   famiglie   del
racket,  altre cose gravi, confermate in  seguito  da
Galasso:  abbiamo  saputo tutto, della  Sicilia,  dei
rapporti del gruppo Casillo con Riina e non solo  con
Bontade  e  con  altri. Cosa ha  fatto  il  sostituto
Carofiglio? Quali provvedimenti ha preso? E quali  ha
preso  il  procuratore della Repubblica  di  Bari  De
Marinis  subentrato all'inchiesta? Una cosa è  certa,
che   Carofiglio  ha  detto  a  me  e  al  presidente
Violante  che  se non potevano procedere  velocemente
era  responsabilità di De Marinis che  rallentava  le
indagini.
    Carofiglio  è  venuto  a sapere  anche  di  altri
magistrati dei quali ha avuto la conferma  di  quanto
lui  già  sapeva,  dei rapporti del GIP  D'Alessandro
con  i  Casillo. E c'è un'altra questione di  cui  il
sostituto  Carofiglio  ha  riferito  a   me   ed   al
presidente:  un giorno la D'Alessandro ha allontanato
i  poliziotti della scorta. Questi l'hanno ugualmente
seguita  e  l'hanno vista salire su  un'auto  la  cui
targa  viene annotata dalla scorta. L'auto  risulterà
di  un pregiudicato. Carofiglio ed ha detto altro: la
D'Alessandro, con una furbizia tecnica,  stava  quasi
facendo   scarcerare   gli   imputati   dell'omicidio
Panunzio,  se  non  fosse  intervenuta  la  Direzione
distrettuale  antimafia  di  Bari,  sollecitata   dai
sostituti    D'Amelio    e    Lucianetti,    titolari
dell'inchiesta.
Su  questi  altri  fatti gravi  quali  iniziative  ha
preso
Carofiglio?  E  quali  il  procuratore  di  Bari   De
Marinis?
Come vedete il mio lavoro aveva raggiunto notevoli
risultati.  Ma  proprio quando  gli  obiettivi  erano
vicini,  ecco che mi cade addosso un colpo terribile,
molto   ben  orchestrato:  due  avvisi  di   garanzia
relativi  all'inchiesta ANAS per fatti ai quali  sono
ancora una volta assolutamente estraneo.
    Ad accusarmi sono un certo Lalli ed il cognato Di
Corato,  titolare  di una grossa e  nota  impresa  di
Trani,  che  è  amico  del dottor  Mele,  procuratore
della Repubblica di Roma, che Di Corato stesso
Pag.2688
mi  ha  presentato  ad  una cena,  alla  quale  hanno
partecipato    due   sostituti   procuratori    della
Repubblica  di Roma, il generale dei C.C. Pisani  (ai
carabinieri Di Corato ha fatto per la prima volta  il
mio   nome   che  in  precedenti  interrogatori   non
eisteva) ed altri; ad accusarmi è Di Corato,  che  mi
ha  caldamente  pregato di sostenere (febbraio  1993)
le  aspirazioni ad aggiunto alla Procura di Roma  del
sostituto  Armati, responsabile del pool  che  indaga
sull'ANAS che interrogava l'imprenditore; Di  Corato,
dicevo,  che, come il cognato Lalli, è  amico  di  De
Marinis,   procuratore  della  Repubblica  di   Bari,
direttore  della procura distrettuale antimafia,  che
si  stava  occupando dell'omicidio Panunzio, accusato
in seguito dal pentito Annacondia, ma già noto per  i
suoi rapporti di amicizia con grossi imprenditori.
    Di  Corato  mi  mostrò  copia  di  un  telegramma
inviato  al  Ministero  dei  lavori  pubblici  da  De
Marinis,  nella veste di procuratore della Repubblica
di  Bari,  per  sollecitare i  lavori  della  Foggia-
Cerignola.  Anche  a  me chiese,  quale  parlamentare
della  zona,  di  sollecitare l'affidamento  di  tali
lavori.  Io  lo  feci. Si tratta  di  una  strada  di
grande  traffico  i  cui lavori di ampliamento  erano
stati  già  per  metà affidati e quasi  ultimati.  La
necessità    era    reale,   tanto    che    ripetute
sollecitazioni erano state fatte a me  dal  direttore
del Santuario dell'Incoronata (che si trova lungo  la
strada  e  che  è  meta di un intenso pellegrinaggio,
persino  a piedi e dalla Lucania) ed al Ministero  da
parte  del  Prefetto di Foggia. E comunque  i  lavori
non   furono  affidati.  Ripeto:  Di  Corato  mi   ha
mostrato quel telegramma.
Vari  sono  i  fatti  strani in  questa  vicenda:  Di
Corato,
sin  dal  primo interrogatorio nel corso  del  quale,
non  menzionandomi, indica non solo chi ha pagato  ma
quanto,  descrivendo un sistema del quale comunque  è
compartecipe  e beneficiario per appalti truffaldini,
Di  Corato, l'amico di Mele e Pisani, che chiede a me
favori per
miglioramenti  di  carriera per il magistrato  Armati
che  lo interroga, risulta parte lesa, sebbene  abbia
ricavato   dal   sistema  utili  altissimi   che   il
magistrato  avrebbe potuto agevolmente e  rapidamente
accertare; nell'inchiesta ANAS si parla di decine  di
miliardi,     Prandini    aveva    numerosi     amici
parlamentari,  in tutta Italia: Armati  e  Martellino
trovano  solo me, da tempo non più vicino a Prandini,
su  indicazione  del loro amico Di Corato  e  di  suo
cognato  Lalli.  Di Corato aveva rapporti  tangentizi
consolidati   con   Crespo,  il  direttore   generale
dell'ANAS,  per l'affidamento dei lavori, da  sempre,
come    ambedue    ammettono    nel    corso    degli
interrogatori:  che necessità aveva di  rivolgersi  a
me,  che  da  anni mi ero schierato  con  Segni,  non
conoscevo  il  direttore generale come Crespo  stesso
ha  dichiarato  -  né  ero membro  della  Commissione
lavori pubblici?
    Come  poteva  darmi miliardi  e  non  sentire  il
bisogno di garantirsi avvertendo il "compare",  visto
che  Crespo, quale direttore generale sarebbe  venuto
comunque   a  sapere  dell'affidamento  dei   lavori.
Insisto:  poteva mai Di Corato scavalcare l'uomo  più
potente  del  Ministero al quale  era  legato  da  un
patto  rodatissimo di do ut des che  scorreva  liscio
come l'olio, al quale poi sarebbe toccato il
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compito  di  deliberare  i lavori  e  che  lo  stesso
ministro  non  poteva ignorare, visto che  toccava  a
Crespo   proporre  al  Consiglio  di  amministrazione
l'affidamento?
    Altra  strana  vicenda: prima  che  mi  giungesse
l'avviso  di garanzia, una persona che si trovava  in
difficoltà   economiche,  sollecitata   varie   volte
dall'autista  di Pasquale Casillo, si  reca  nel  suo
ufficio  e si vede offrire dal Casillo fidi facili  e
lavoro   se  gli  fornisce  prove  compromettenti   a
supporti  delle  notizie scandalose fatte  pubblicare
contro di me dal D'Angelo sul Roma del 29 gennaio.
    Di fronte al rifiuto, Casillo fa una telefonata e
chiede  di  una  certa persona,  facendone  il  nome:
Imperato.  Dopo  un breve colloquio,  soddisfatto  si
rivolge  alla  persona  che  aveva  respinto  le  sue
proposte  disoneste  dicendogli:  "Il  tuo  amico   è
servito".  Pochi giorni dopo giunge l'avviso.  Allego
agli  atti  della  Commissione la  testimonianza  del
protagonista   di   questa   vicenda,   autografa   e
sottoscritta.
    Ora  io chiedo: è possibile arrestare il fenomeno
malavitoso  se  quelli  che  lo  combattono   vengono
lasciati  soli  mentre  quelli  preposti  alla  lotta
collaborano   con  la  malavita  ed   eliminano   gli
ostacoli e gli uomini che costituiscono ostacolo?
    Fatto  sta che a Foggia hanno fatto in  modo  che
Pasquale   Casillo  venisse  prosciolto   prima   che
fossero  avviati  i  processi.  L'unico  troncone  di
indagine  ancora in piedi è quello della  Guardia  di
finanza  di  Napoli; ma sono trascorsi circa  quattro
anni  e  non  sappiamo ancora a quali  risultati  sia
pervenuta.
    E'  giusto  però  dire che in un  rapporto  della
Guardia  di finanza è stato scritto che nei depositi,
di grano, i Casillo non ne avevano nemmeno l'ombra  e
che  (in  altri rapporti della guardia di finanza  di
Foggia  e  di  Bari)  i bilanci delle  aziende  erano
manipolati  al fine di ottenere i contributi  AIMA  e
che  il  grano  dei  Casillo era  oggetto  di  strani
spostamenti. Per la verità, l'idea del grano,  perché
a  spostarsi  erano  i  TIR  vuoti.  Ma,  per  quanto
strani,  questi viaggi non insospettivano la  procura
di  Foggia,  che  non  riteneva di  doversi  chiedere
perché mai degli imprenditori trasferiscono
da  un'azienda  all'altra della stessa holding  merce
inesistente     con    tanto    di    bolletta     di
accompagnamento!   Si  tratta  della   famosa   merce
virtuale,  per  la  quale non è mai  successo  nulla,
anche  se a saperlo erano proprio in tanti e non  era
difficile   trovarne   la   spiegazione.       Signor
Presidente  credo  che  la  gente  debba  sapere  per
intero   come   siamo  gestiti  a   Foggia.   Abbiamo
sostituti procuratori che si sbranano tra di  loro  e
GIP  coinvolti in rapporti inquietanti. Non credo che
quanto  sto  dicendo debba solo restare agli  atti  e
rappresentare  uno sfogo. I fatti  da  me  denunciati
sono  gravissimi;  ritengo che la  Commissione  debba
intervenire. Qualcosa bisogna fare. Ho fatto  le  mie
denunce  al  CSM,  dove degli ispettori  si  occupano
proprio   di  queste  vicende;  speriamo   che   tale
intervento   produca   più   di   un   trasferimento.
Altrimenti perderemmo ogni credibilità.
    Qualche  altra  considerazione a proposito  delle
responsabilità:  va preso in serio esame,  una  volta
per   tutte,   l'atteggiamento   degli   organi    di
informazione.  A  Foggia,  per  dieci  anni,  per  la
maggior  parte hanno svolto (e continuano a svolgere)
un  ruolo  di  cassa di risonanza della  volontà  del
potente di turno.
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Bisogna inoltre dire, sebbene oggi possa risultare
banale,  che maggiore attenzione va rivolta  anche  e
soprattutto  al  ruolo svolto dal mondo  politico.  A
Foggia  è  quasi interamente asservito,  attraversato
da contrasti e vuoti di potere. Eppure, è riuscito  a
far    tacere    parte    della    magistratura,    o
coinvolgendola  nella gestione  della  cosa  pubblica
(con  incarichi di varia natura, sia prestigiosi  sia
ben remunerati) o assecondandone le richieste.
    E  i  prefetti? Alcuni erano "inguaiatissimi"  in
cene  sociali, feste da ballo e balli di beneficenza;
non hanno avuto il tempo per pensare alla camorra  e,
all'antimafia, hanno sistematicamente dichiarato  che
quel  poco  che  accadeva era  legato  alla  malavita
locale.   Altri   hanno  fatto  di   più.   L'attuale
prefetto,  appena ricevuta da Roma la  notizia  delle
audizioni  preordinate dall'antimafia,  si  precipita
ad  avvertire il grande escluso, Pasquale Casillo, ed
a     consigliargli    di    indire    la    riunione
dell'Associazione Industriale e di  far  perorare  la
sua causa dall'Associazione stessa.
   Di fronte a tutto questo che fare?
    Molto  è  già  stato fatto ed ha  prodotto  buoni
risultati:     la     creazione     di      organismi
sovrarregionali,    un    maggiore     e     migliore
coordinamento  degli  interventi,  una   maggiore   e
migliore    collaborazione   tra   i   vari    organi
istituzionali,   tra   gli   uomini.   Anche   questa
Commissione  può  dire  di avere  lavorato  molto  e,
diciamolo  pure, bene; coordinandosi  con  gli  altri
organi e collaborando con le scuole.
Ma  non  basta. Dicevo all'inizio che siamo  oggi  in
grado
di procedere più concretamente ed incisivamente!
    Bisogna  chiedere  al Consiglio  superiore  della
magistratura  che  si riesaminino  i  processi  e  le
sentenze su fatti e persone su cui sono emersi  altri
dati nel corso del nostro lavoro. Bisogna che il  CSM
non   interrompa  l'inchiesta  quando  un  magistrato
indagato   chiede   -  ed  ottiene!   -   di   essere
trasferito. Bisogna che il Consiglio superiore  della
magistratura    non   smetta    di    accertare    le
responsabilità  quando un magistrato indagato  va  in
pensione!
    Bisogna  proporre al Parlamento di  produrre  una
legge  per  la  quale quanti preposti alla  lotta  al
crimine,  per  paura o per collusione, non  fanno  il
loro   dovere,  qualunque  ruolo  svolgano,   vengano
mandati a casa.
Altro  che  trasferiti ad inquinare altri  territori!
Bisogna trovare il modo per estendere a tappeto i
controlli patrimoniali.
    Bisogna  affrontare la questione  della  politica
bancaria  dei  crediti; ma intanto si  controlli  non
solo  il costo del denaro, come ha detto D'Amato,  ma
anche  se  i mutui sono concessi in eccesso  rispetto
alle  garanzie,  a chi vengono concessi  e  grazie  a
quali   intermediari.   Quante   imprese   spariscono
assorbite    dalla   grande   impresa    mafiosa    e
camorristica  che  "aiuta" il piccolo  in  difficoltà
prestandogli denaro in attesa del mutuo promesso  dal
direttore    di   banca   compiacente!    Il    mutuo
puntualmente   non   arriva  e  l'imprenditore,   non
essendo  in grado di restituire la somma, è costretto
ovviamente a cedere l'azienda al mafioso.
Bisogna  intensificare  il rapporto  con  la  scuola,
offrendo
ai   giovani   informazioni  adeguate  e   punti   di
riferimento   morale  perché  essi  scelgano   giusti
modelli di comportamento. Bisogna non stancarsi
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mai  di andare in mezzo a loro a portare un messaggio
forte   di   esperienza   e   di   fiducia;   bisogna
istituzionalizzare il rapporto con i docenti.
     Bisogna  incoraggiare  e  sostenere  con  azioni
concrete  quanti  hanno il coraggio  di  lottare,  di
denunciare, di collaborare.
Il  testimone oculare dell'omicidio Panunzio che, per
aver
parlato,   fiducioso  nella  giustizia,   ha   dovuto
cambiare  identità, lasciare la sua terra, i parenti,
gli  amici, il lavoro, la casa realizzata  con  tanti
sacrifici,  è stato abbandonato al punto che,  quando
disperato  mi  ha chiesto aiuto mi ha confessato  che
con la moglie era sull'orlo del suicidio.
Di  fronte alle minacce non possiamo pretendere  eroi
e
quando  gli  eroi  vi  sono, non  possiamo  lasciarli
ammazzare: la gente deve essere aiutata nella  misura
in cui sostiene la battaglia.
    Chiedo  scusa se non riesco a restare freddo,  ma
pago da otto anni, dal 1985. Pago pesantemente e  non
credo  che  sia giusto! Se avessi sbagliato,  sarebbe
giusto  pagare, ma se non ho sbagliato,  responsabili
delle  mie sofferenze non sono solo quelli che stanno
tentando di liberarsi di me perché ho colpito i  loro
interessi,  ma  anche quelli che, sapendo  della  mia
innocenza e della mia lotta, mi lasciano solo.
Di  tutto  quanto ho detto consegnerò prove  ed  atti
alla
Commissione.
   Grazie.
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DOCUMENTI CONSEGNATI
            DALL'ONOREVOLE FRANCESCO CAFARELLI
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Lettera  autografa  inviata  all'onorevole  Francesco
Cafarelli dal signor Domenico Fiano
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Lettera inviata dall'onorevole Francesco Cafarelli
al  presidente  della Giunta per le autorizzazioni  a
procedere
della Camera dei deputati
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