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Parenti: seduta 03

Parenti: seduta 03
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Pagina 33
       PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI
                          INDICE
                                                        Pag.
Comunicazioni del ministro dell'interno, onorevole Roberto
Maroni, sullo stato attuale della lotta alla criminalità
organizzata, sulle prospettive e sul coordinamento dei mezzi e
delle strutture di contrasto a ciò dedicati:
  Parenti Tiziana, Presidente ................... 35, 42, 43
                                      48, 49, 51, 54, 55, 57
                                      58, 60, 61, 69, 72, 73
  Arlacchi Giuseppe ................................. 43, 66
  Ayala Giuseppe ........................ 60, 61, 73, 74, 75
  Bargone Antonio ............................... 49, 59, 69
  Bertoni Raffaele .......................... 45, 46, 64, 69
  Bertucci Maurizio ..................................... 56
  Bonsanti Alessandra ............................... 53, 73
  Caccavale Michele ..................................... 51
  Del Prete Antonio ................................. 56, 77
  Di Bella Saverio ...................... 53, 54, 55, 71, 72
  Grasso Tano ....................................... 50, 51
  Grimaldi Tullio ....................................... 46
  Imposimato Ferdinando ................................. 42
  Manconi Luigi ......................................... 58
  Maroni Roberto, Ministro dell'interno ............. 35, 43
                              46, 48, 53, 61, 64, 66, 69, 70
                              71, 72, 73, 74, 75, 76, 77, 78
  Mattarella Sergio ..................................... 49
  Meduri Renato ..................................... 56, 57
  Ramponi Luigi ......................................... 55
  Scivoletto Concetto ............................... 58, 76
  Scozzari Giuseppe ................................. 52, 73
  Stajano Corrado ....................................... 43
  Tripodi Girolamo .............................. 47, 48, 69
  Vendola Nichi ..................................... 59, 78
  Violante Luciano ...................... 43, 61, 64, 73, 74
Sulla pubblicità dei lavori:
  Parenti Tiziana, Presidente ........................... 35
Pagina 34
Pagina 35
   La seduta comincia alle 11,10.
     (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
               Sulla pubblicità dei lavori.
  PRESIDENTE. Informo la Commissione che, ai sensi
dell'articolo 13 del regolamento interno provvisorio - e
fintanto che la Commissione non procederà all'approvazione del
regolamento definitivo -, la pubblicità delle sedute sarà di
norma assicurata anche mediante l'impianto audiovisivo a
circuito chiuso, salvo che non si faccia richiesta di seduta
segreta.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
     (Così rimane stabilito).
Comunicazioni del ministro dell'interno, onorevole Roberto
Maroni, sullo stato attuale della lotta alla criminalità
organizzata, sulle prospettive e sul coordinamento dei mezzi e
delle strutture di contrasto a ciò dedicati.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del
ministro dell'interno, onorevole Roberto Maroni, sullo stato
attuale della lotta alla criminalità organizzata, sulle
prospettive e sul coordinamento dei mezzi e delle strutture di
contrasto a ciò dedicati.
   L'audizione odierna fa riferimento, in particolare, ai
seguenti temi specifici: strumenti a disposizione delle
strutture operanti nel campo della lotta alla criminalità
organizzata e possibilità di loro evoluzione e miglioramento;
coordinamento delle strutture, con riferimento alla necessità
di opportuni collegamenti a livello internazionale; sistema di
protezione dei collaboratori di giustizia, con particolare
riferimento all'adozione del relativo regolamento; situazione
dei testimoni e delle vittime di mafia; amministrazioni locali
ed infiltrazioni mafiose; repressione dei reati legati
all'attività di società finanziarie colluse con la criminalità
organizzata.
   Dopo che il ministro Maroni avrà svolto la sua relazione,
i commissari potranno rivolgergli domande attinenti
all'oggetto della presente audizione ed il ministro deciderà
se rispondere ad esse singolarmente oppure complessivamente,
al termine degli interventi.
   Do senz'altro la parola al ministro Maroni, che ringrazio
per aver corrisposto all'invito della Commissione.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor
presidente, onorevoli commissari, mi accingo, nella veste di
responsabile nazionale dell'ordine e della sicurezza, ad
esporre innanzi a questo autorevole consesso una relazione
volta ad offrire un quadro sintetico delle linee evolutive del
fenomeno criminale nel nostro paese, prestando particolare
attenzione agli aspetti correlati alla malavita organizzata di
tipo mafioso.
   E' questa la prima occasione, per il ministro dell'interno
di questo Governo, di incontrarsi con i componenti della
Commissione antimafia del nuovo Parlamento. Voglio
approfittare di questo significativo momento non solo per
riaffermare che la lotta alla mafia - e, più in generale, alla
criminalità - rappresenta una delle priorità del programma di
azione del mio ministero, ma anche per esporre le direttrici
della strategia anticrimine, offrendo quindi gli elementi
conoscitivi necessari
Pagina 36
per operare congiuntamente riflessioni su tematiche di tale
rilevanza.
   Va preliminarmente osservato che fattori come la
pericolosità della malavita organizzata, il traffico e lo
spaccio di droga e la delinquenza urbana, rilevabili del resto
nei livelli delinquenziali tipici delle società avanzate,
incidono in modo notevole sull'andamento della delittuosità.
La realtà nazionale non si presta, tuttavia, ad un giudizio di
generale negatività, se si considera che il totale dei delitti
rilevati dalle forze dell'ordine nel corso dei primi sette
mesi di quest'anno, rapportato all'analogo periodo del 1993,
ha subito una flessione del 4,24 per cento.
   Tale valutazione è confortata dai dati relativi alla
tenace azione di contrasto svolta dagli apparati di tutela,
che ha prodotto un incremento di produttività dell'apparato
quantificabile nell'aumento, nello stesso arco temporale, del
numero delle persone deferite all'autorità giudiziaria e di
quelle tratte in arresto, rispettivamente del 6,44 e dell'8,36
per cento. Dalla data del mio insediamento, in particolare,
sono state arrestate più di 32 mila persone, su un totale di
circa 165 mila denunciati alla magistratura. Sono state
inoltre disarticolate, nello stesso periodo, 65 associazioni
per delinquere di stampo mafioso, con il coinvolgimento
giudiziario di 1.292 soggetti e sono stati catturati 114
pericolosi latitanti. Dal mercato illecito della droga sono
stati sottratti quasi 2.200 chilogrammi di sostanze
stupefacenti. In questo contesto si inserisce il positivo
trend degli omicidi volontari che, alla fine dello
scorso agosto, ha posto in luce un decremento del 10,28 per
cento.
   Una compiuta esposizione dell'andamento dei fenomeni
deliquenziali non può peraltro prescindere da una, sia pur
breve, analisi della strategia, dei profili strutturali e
della valenza delle organizzazioni mafiose. Queste
costituiscono sicuramente la più potente e pericolosa
componente della grande criminalità del nostro paese. La loro
superiorità su ogni altra entità illecita deriva dalla
capacità economica della loro attività, dal numero e dalla
qualità dei loro affiliati, dalle loro capacità di
manipolazione delle istituzioni pubbliche, nonché dalla
complessità della loro formula organizzativa.
   Sottoposti negli ultimi anni ad un'azione di contrasto
particolarmente incisiva, che ha prodotto l'arresto e la
condanna di centinaia di capi e di gregari, i gruppi mafiosi
hanno reagito con l'adozione di una strategia di tipo
terroristico. La dimensione eversiva non è, di per sé,
estranea alla storia ed alle tradizioni della mafia: già in
passato ci sono stati momenti in cui essa ha partecipato a
cospirazioni, ha compiuto attentati ed ha ucciso uomini di
legge. Le pratiche eversive delle formazioni mafiose,
tuttavia, sono rimaste storicamente in una posizione
subordinata e di ultima istanza rispetto alle tattiche
collusive: i cosiddetti uomini d'onore hanno spesso mostrato
di preferire la strategia della corruzione e della
manipolazione silenziosa al clamore delle stragi e degli
omicidi eccellenti.
   La recente fase eversiva - che ha avuto un significativo
episodio prodromico con l'omicidio di Salvo Lima - è iniziata
con le stragi del 23 maggio e del 19 luglio 1992 ed è
proseguita con gli attentati avvenuti, a partire dal maggio
1993, a Roma, Firenze e Milano. In particolare, con l'eccidio
di via dei Georgofili a Firenze e con gli attentati del luglio
1993 Cosa nostra e gli altri consorzi criminali hanno optato
per una fase terroristica pura: il perseguimento di scopi di
tipo strategico è diventato la motivazione fondamentale del
delitto, travalicando la valenza tattica dell'evento,
rappresentata dalla volontà di eliminare obiettivi mirati, che
costituivano comunque concreto ostacolo alla vitalità della
stessa organizzazione. Alla citata attività terroristica è
infatti attribuibile l'intento di provocare, in termini più
ampi, la caduta del consenso sociale verso l'azione repressiva
dello Stato, inducendo l'opinione pubblica a ritenere troppo
elevato il costo della lotta alla mafia.
   Tale valutazione in ordine al significato ed alla portata
del disegno criminale ha, del resto, trovato puntuale conferma
sia nelle risultanze investigative - tuttora in corso di
acquisizione e coperte da doveroso
Pagina 37
riserbo -, sia nella natura eminentemente simbolica
degli obiettivi degli attentati, selezionati con lo scopo di
rendere facilmente intelligibile il messaggio intimidatorio.
Funzione non secondaria degli attentati era, altresì, quella
di riaffermare la capacità decisionale dei principali capi di
Cosa nostra, oggi detenuti, attraverso l'azione di altri
esponenti mafiosi di vertice, non ancora tratti in arresto. A
tale proposito, è opportuno sottolineare come l'articolo
41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario abbia
raggiunto il suo primario obiettivo di garantire l'effettivo
isolamento dal mondo esterno dei principali capimafia, nonché
di incidere, nel contempo, sulla loro posizione carismatica e
sulla loro funzione di leader, che garantiva la
compattezza dell'organizzazione. Tale risultato ha contribuito
a realizzare un forte deterrente ed un sicuro ostacolo per
ulteriori analoghi episodi delittuosi.
   E', perciò, mia ferma intenzione sollecitare il Parlamento
affinché venga mantenuta questa linea di fermezza, la cui
efficacia viene testimoniata anche dagli elementi conoscitivi
raccolti nell'ambito di recenti attività investigative. Sono i
risultati conseguiti nelle indagini sulle stragi a confermare
la validità del complessivo sistema di contrasto e ad
evidenziare come l'azione repressiva contro la criminalità
mafiosa non abbia mai conosciuto rallentamenti.
   E' il caso, infatti, di rammentare che l'attività
investigativa, attualmente ancora in pieno svolgimento, ha
comunque già fatto conseguire importanti esiti.
   Le indagini svolte hanno permesso alla magistratura
inquirente di ricostruire nel dettaglio le dinamiche delle
varie fasi degli attentati e di individuare assassini,
complici e mandanti. A poco più di due anni dal delitto,
proprio oggi infatti prende il via il processo per la strage
di Capaci ed è ad uno stato avanzato di definizione la fase
istruttoria del procedimento per la strage di via D'Amelio. Il
risultato più saliente è costituito dalla conferma
dell'unicità del disegno criminoso e dalla verifica della sua
diretta riconducibilità alla volontà dei vertici di Cosa
nostra, che emerge chiaramente anche dalle indagini, ancora in
via di completamento, sulle altre stragi consumate nel
continente nell'arco del 1993.
   L'azione repressiva dello Stato non si è limitata,
comunque, all'individuazione degli autori di tali attentati,
bensì si è estesa al fenomeno mafioso nel suo complesso, con
lo sviluppo di articolate e sofisticate indagini, su tutto il
territorio nazionale ed anche fuori dai confini italiani, da
parte delle strutture investigative delle forze di polizia.
Una menzione in tal senso merita l'ultima operazione, conclusa
nei giorni scorsi in stretta intesa con le autorità
statunitensi, che ha portato all'arresto di un centinaio di
criminali italiani ed americani che operavano, in simbiosi tra
loro ed in collegamento con la mafia colombiana, nel traffico
internazionale di stupefacenti.
   Altra specifica menzione merita, altresì, l'incisiva
attività di sequestro e di confisca dei patrimoni mafiosi,
finalizzata al duplice obiettivo di ridurre il potere
criminale della malavita organizzata e di tutelare il circuito
dell'economia e della finanza legale. Nei soli quattro mesi
della mia azione di Governo sono stati attuati interventi di
sequestro di patrimoni di sospetta pertinenza della
criminalità organizzata per un valore di 1.594 miliardi di
lire. Questa cifra, se paragonata con il business
complessivo della criminalità organizzata, è poca cosa, però
sono significative la determinazione che l'apparato di
sicurezza mostra nel compiere queste azioni e soprattutto la
consapevolezza sempre maggiore che quello economico è il
versante su cui si può con grande efficacia colpire la
criminalità organizzata.
   E' innegabile che le attuali strategie anticrimine abbiano
prodotto un indebolimento della compattezza delle
organizzazioni criminali e favorito le defezioni, anche a
livello di vertice, dalle compagini mafiose. Tutto ciò, oltre
ad una rinnovata fiducia nei confronti dell'azione statuale,
ha favorito l'incremento del numero di quanti hanno deciso di
avviarsi sulla strada della collaborazione con la giustizia.
L'ampliarsi di tale fenomeno ha stimolato l'elevazione del
livello di attenzione
Pagina 38
degli investigatori specializzati nel settore, imponendo loro
una preventiva verifica della genuinità delle intenzioni di
coloro che decidono di collaborare. In tale ottica vengono
costantemente effettuate mirate indagini che consentono di
prevenire possibili tentativi di inquinamento delle prove,
come mi riferiscono i tecnici del settore.
   Dopo la descritta stagione di aperta conflittualità con le
istituzioni, sembra che la criminalità organizzata di tipo
mafioso abbia avviato una più sofisticata strategia con il
ricorso, accanto ai tradizionali strumenti delle violenza e
delle intimidazioni, a quello più subdolo della corruttela.
Parallelamente, in ambito locale, le formazioni criminali
stanno tentando di fiaccare l'attenzione morale o di
screditare quanti (amministratori, imprenditori, religiosi)
siano impegnati in primo piano nella lotta antimafia, mediante
il ricorso ai già sperimentati mezzi della diffamazione e
dell'attentato dimostrativo. Peraltro, gli investigatori hanno
raccolto da più parti segnali inquietanti di una possibile
ripresa della strategia terroristica che, in occasione della
celebrazione dei processi per le stragi ai quali sopra ho
fatto cenno, comporterebbe la esecuzione di azioni cruente
volte a riaffermare in maniera eclatante la forza
intimidatrice della mafia.
   Oltre ad adottare tutte le misure necessarie per prevenire
simili aggressioni alla sicurezza della collettività e per
evitare qualsiasi turbativa al sereno svolgimento di tali
processi, ritengo di dover assicurare idonea protezione ai
testimoni dell'accusa che, chiamati ad assolvere una delicata
funzione in questi procedimenti, sono particolarmente esposti
ad attacchi di varia natura.
   La strategia e la valenza criminale delle organizzazioni
mafiose le differenziano dalla criminalità organizzata comune
e conferiscono loro una cultura ed una dimensione del tutto
peculiari, in considerazione del loro obiettivo primario
costituito da un costante accumulo di potere criminale. E' in
conseguenza di ciò che alla criminalità organizzata vengono
attribuite una spiccata capacità di penetrazione nei settori
dell'imprenditoria commerciale ed industriale, una
disponibilità di rilevanti risorse finanziarie ed una continua
ricerca di contatti con esponenti del mondo delle professioni,
dei mass media e delle amministrazioni pubbliche.
   E' chiaro che ci troviamo di fronte ad entità criminali
polivalenti che agiscono come veri e propri centri di potere
illecito, con il preciso intento di esercitare un controllo
del territorio ove sono originate e maggiormente radicate,
attraverso un condizionamento della vita
politico-amministrativa e dello stesso sviluppo civile e
produttivo. Il dato più preoccupante è costituito dalla loro
progressiva ricerca di estendersi in zone e spazi sempre più
ampi, proiettandosi a livello internazionale, soprattutto
verso quei paesi dove meno solide sono le strutture portanti
dello Stato, più permissive le legislazioni, meno rigidi i
controlli istituzionali, più rare le relazioni
intergovernative, più deboli le economie e quindi più
remunerativi gli investimenti. L'adozione di tali strategie
delinquenziali ha sempre più radicato la tendenza verso una
stretta interazione tra realtà criminali diverse, ha favorito
il collegamento tra differenti settori dello scambio illegale
e la loro interconnessione con segmenti legali dell'economia,
ha allargato su scala internazionale il già fitto reticolo
delle comunicazioni e ha creato un punto di sintesi con
sistemi criminali nazionali e sovranazionali.
   La progressiva globalizzazione dell'economia e il graduale
superamento delle frontiere rischiano quindi di condurre ad
una crescente unificazione ed interdipendenza delle economie e
dei soggetti criminali, tanto più oggi allorché, dopo la
caduta del muro di Berlino, tale processo ha subito una brusca
accelerazione con la comparsa sullo scenario criminale
internazionale di nuovi protagonisti, che si sono affiancati a
quelli tradizionali, quali le organizzazioni turche, quelle
asiatiche e, da ultimo, quelle originarie dell'est europeo.
   Ad espressioni delinquenziali siffatte, che interagiscono
tra loro proponendosi come un sistema complesso ed unitario,
Pagina 39
non può che contrapporsi un sistema di contrasto altrettanto
complesso ed unitario in cui, analogamente a quello criminale,
l'interconnessione dei singoli elementi costitutivi sia
funzionale ad un unico obiettivo, un sistema che sappia
aggredire efficacemente ed in modo permanente il crimine
organizzato, attraverso mirate strategie, apparati repressivi
specializzati ed apposite metodologie operative, sia in ambito
nazionale sia, e direi soprattutto, in ambito
internazionale.
   Sto valutando l'opportunità e la possibilità di
riorganizzare l'intero comparto della sicurezza sul duplice
binario del decentramento e della specializzazione, avendo
cura nel contempo di valorizzare al meglio le strutture
esistenti, non solo in funzione di un'efficace lotta alla
mafia ma anche in un'ottica più generale che possa garantire
la sicurezza dei cittadini.
   La metodologia di contrasto delineata dalla legge n. 410
del 1991, che si ispira ai principi della specializzazione e
della predeterminazione degli obiettivi, ha già prefigurato,
sia pure nel circoscritto ambito dell'azione antimafia, un
quadro di raccordo tra il momento della valutazione strategica
del fenomeno criminale e quello della definizione dei
conseguenti interventi operativi. Per tale finalità, efficace
strumento potrà rivelarsi una migliore e più completa
utilizzazione del Consiglio generale per la lotta alla
criminalità organizzata, che rappresenta un quadro di comando
unificato affidato alla responsabilità politica del ministro
dell'interno. Potrò in quella sede procedere, come peraltro
previsto dal legislatore, ad un'effettiva elaborazione
congiunta di strategie unitarie e all'individuazione di
responsabilità specifiche ai compiti operativi
predeterminati.
   Il quadro ordinamentale esistente prevede un raccordo
immediato tra Consiglio generale e strutture di contrasto: si
tratterà di dargli migliore attuazione per una compiuta
realizzazione del progetto legislativo. Potrò conseguire tale
finalità anche attraverso la più concreta attuazione
dell'articolo 4 della legge n. 410, che affida al
vicedirettore generale della pubblica sicurezza, direttore
centrale delle polizia criminale, uno specifico compito di
raccordo delle risorse investigative. Confortato anche da
concordi sollecitazioni di autorevoli esponenti della
magistratura inquirente, sto esaminando la necessità di
impartire ulteriori direttive in tal senso.
   Come ministro dell'interno ho già accolto comunque i
positivi riscontri della strada tracciata; nonostante le
difficoltà, si è infatti riusciti a prefigurare un più ampio
sistema investigativo integrato, in cui organi centrali,
articolati verticalmente per competenze e composti da
personale specializzato, si affiancano ed interagiscono con le
strutture tradizionali di polizia a competenza generale. In
altre parole, sono state confermate le possibilità di successo
nella ricerca di strategie innovative che realizzino una
sempre migliore organizzazione delle indagini. E' pertanto mia
intenzione sfruttare al meglio in proiezioni più ampie tali
positive esperienze, senza dover ricorrere a nuove e
artificiose sperimentazioni o ad astratte ipotesi di lavoro.
Non più quindi parcellizzazione di energie investigative e
nocivi antagonismi sui medesimi settori di competenza, ma un
sistema che adotti una metodologia operativa in virtù della
quale gli specialisti possano affiancarsi ed integrarsi
nell'azione svolta dagli altri organismi investigativi
territoriali che devono essere resi sempre più efficienti,
affinché svolgano il loro fondamentale ruolo di garanti del
controllo effettivo del territorio e di fonti primarie ed
autentiche di utili informazioni, derivanti dalla loro
conoscenza dell'ambiente.
   E' mia intenzione che sia la lotta alla grande criminalità
sia quella ai fenomeni delinquenziali cosidetti minori vengano
affrontate non più in maniera episodica ed emergenziale ma con
ampie risposte istituzionali di tipo strategico che,
nell'assoluto rispetto delle positive tradizioni esistenti,
possano razionalizzare al meglio le risorse. Potranno in tal
modo affermarsi nuove metodologie di indagine che, fondandosi
su nuovi modelli, promuovano una cultura investigativa che
privilegi l'organizzazione, la razionalità e la sistematicità
del lavoro e siano finalizzate al perseguimento di obiettivi
strategici complessi attraverso
Pagina 40
una costante interazione tra il momento dell'acquisizione
conoscitiva e quello prettamente operativo.
   Sarà cura del rinnovato vertice della pubblica sicurezza
attuare le mie direttive che, come già detto in altra sede,
sono finalizzate alla razionalizzazione dell'azione e delle
risorse degli organi investigativi, anche nell'ambito del
dipartimento della pubblica sicurezza, affinché siano
sfruttate al massimo le sinergie e siano orientate tutte
insieme verso obiettivi di ampio respiro, senza alcuna
dispersione o sovrapposizione.
   Nella medesima prospettiva, volta ad evitare interventi
eccezionali e a valorizzare gli elementi positivi già
disponibili, è mia intenzione non ricorrere a provvedimenti
normativi di carattere emergenziale, né incidere negativamente
sugli strumenti legislativi esistenti, ma piuttosto
utilizzarli al meglio e modificarli, insieme ai miei colleghi
di Governo ed al Parlamento, per renderli più efficaci.
   In tale ordine di idee ci si sta muovendo in materia di
collaboratori di giustizia, ambito in cui il mio dicastero, di
concerto con quello di grazia e giustizia, è in procinto di
adottare provvedimenti che, in linea con i suggerimenti
forniti dall'apposito gruppo interministeriale di lavoro,
fissano aggiornate modalità di attuazione della disciplina
relativa alla protezione dei collaboratori e dei loro
congiunti. Ciò con l'intendimento di assicurare il pieno e
corretto funzionamento del meccanismo legislativamente
previsto e di garantire efficienza all'apparato di tutela,
formalizzando la posizione di terzietà rispetto agli
investigatori di coloro che sono addetti alla protezione e
all'assistenza dei collaboratori.
   Nella stessa ottica, tendendo verso una sempre maggiore
separazione delle funzioni di chi investiga e di chi si occupa
della tutela del collaboratore, procederò ad una valutazione
dell'esperienza del servizio centrale di protezione, per
metterlo sempre più in grado di attuare al meglio le
metodologie e le tecniche di sicurezza e di reinserimento
nella società civile di chi ha pagato il suo debito
collaborando con la giustizia.
   Nel campo delle innovazioni normative ritengo che il mio
dicastero abbia ampiamente dimostrato sensibilità ed
attenzione alle specifiche esigenze manifestate dagli
operatori di giustizia, curando che venissero emanate, entro i
termini fissati dalla legge delega, chiare ed incisive norme
in materia di certificazioni antimafia, in totale sintonia con
gli orientamenti del precedente Parlamento.
   Sono poi tuttora sottoposte all'esame degli esperti
giuridici del Ministero dell'interno e di quello di grazia e
giustizia altre iniziative di legge con le quali ci si propone
di affrontare nuove emergenze criminali.
   In tema di usura, si è definita una proposta volta a
rendere più snella ed incisiva l'azione dello Stato. Per altro
verso, parallelamente alla sempre più frequente costituzione
di associazioni antiracket, è stato avviato - ed è in fase di
avanzata elaborazione - un programma d'intervento il quale
prevede, tra l'altro, l'adozione, di concerto con il ministro
di grazia e giustizia, di una normativa che darà attuazione al
principio, già presente nella legislazione vigente, secondo
cui queste organizzazioni possono svolgere un ruolo attivo nel
procedimento a carico dei presunti estorsori.
   In tale prospettiva, e per garantire la migliore sinergia
degli interventi, il Governo, su mia proposta, ha attribuito
ad un prefetto di provata esperienza, nominato alto
commissario antiracket, il compito di armonizzare le
iniziative che sono espressione di quei settori della società
più esposti alla specifica fenomenologia con quelle tipiche
delle strutture istituzionalmente deputate a combattere le
manifestazioni criminali.
   Altra prova concreta dell'azione di Governo in questo
senso è costituita dall'impegno profuso affinché si addivenga
ad un rapido esame della proposta di istituzione dei tribunali
distrettuali antimafia. Alcuni magistrati mi avevano
ripetutamente segnalato la necessità di portare rapidamente a
compimento l'iter legislativo della norma che prevede
l'istituzione dei citati
Pagina 41
uffici giudiziari: ho recepito la proposta, ne ho discusso in
più occasioni con il ministro di grazia e giustizia e l'ho
sottoposta al vaglio del Comitato nazionale per l'ordine e la
sicurezza pubblica, in presenza di autorevoli rappresentanti
delle amministrazioni interessate. E' stato così possibile
riconoscere la validità del progetto legislativo ed inviarlo
per l'esame al Consiglio superiore della magistratura, che
l'ha ricevuto il 1^ settembre.
   Analogamente, nella medesima prospettiva volta a
valorizzare gli efficaci strumenti già disponibili, intendo
proseguire sulla strada della cooperazione internazionale,
moltiplicando le iniziative che sviluppino con incisività
forme di collaborazione e di coordinamento multilaterale e
bilaterale allo scopo di affinare ulteriormente le esistenti
forme di assistenza internazionale.
   Il polo di attrazione prevalente di questi sforzi è
rappresentato dall'esigenza di contrastare efficacemente il
traffico illecito di sostanze stupefacenti, attorno al quale,
com'è noto, si sviluppano vari indotti criminali di rilevanza
internazionale, come il riciclaggio di proventi illeciti, i
reati economici ed il traffico di armi.
   Tra le organizzazioni impegnate a vario titolo
nell'individuazione di mezzi operativi di assistenza l'ONU ha
sempre occupato una posizione trainante di rilievo,
provvedendo tra l'altro all'istituzione di speciali agenzie
quali la Crime prevention and criminal justice branch e
la Drug central program che, con sede a Vienna,
costituiscono la principale fonte mondiale di informazioni ed
assistono i governi nelle strategie nazionali e
nell'applicazione dei trattati internazionali.
   Né va trascurato il ruolo delle Nazioni Unite
nell'organizzazione delle grandi conferenze internazionali che
consentono, con cadenza quinquennale, di stilare bilanci in
ordine alla situazione mondiale, alle tendenze ed agli
orientamenti della comunità internazionale circa le priorità
d'intervento e di scelta dei metodi di lotta al crimine
organizzato.
   A tale proposito rammento che nel prossimo mese di ottobre
si svolgerà a Napoli una nuova conferenza mondiale, il cui
obiettivo è la stipula di una carta politica destinata a
contenere precisi orientamenti in tema di cooperazione
internazionale. In questo contesto, come ministro
dell'interno, mi sto adoperando per la stipula di nuovi
accordi internazionali e per il perfezionamento di quelli già
esistenti, al fine di assicurare un più elevato livello di
cooperazione tra gli organismi di polizia impegnati nella
prevenzione e nel contrasto al crimine organizzato, al
terrorismo e al traffico di sostanze stupefacenti.
   In tale prospettiva mi sono recentemente recato in
Israele, ove ho provveduto a rinnovare e perfezionare il
trattato che prevede forme di assistenza e di scambio
informativo con le autorità di polizia di quel paese.
   Nel medesimo ordine di idee sono in procinto di
partecipare alle sedute del Comitato bilaterale, costituito in
attuazione dell'accordo Italia-USA siglato nel 1984. Com'è
noto tale organo, presieduto congiuntamente dal ministro
dell'interno italiano e dall'attorney general
statunitense, è riuscito a conseguire in questi anni, con il
supporto di due sottocomitati, positivi risultati,
istituzionalizzando innumerevoli forme di collaborazione in
sede più propriamente preventiva e repressiva.
   In ambito comunitario ho altresì intenzione di farmi
promotore di iniziative volte ad accelerare la realizzazione
dei programmi di cooperazione contemplati nel trattato di
Maastricht e, in particolare, del sistema di scambio di
informazioni destinato ad operare in seno all'Ufficio europeo
di polizia criminale, il cosiddetto Europol.
   A tale proposito mi preme anzi sottolineare che al forte
impulso fornito dai rappresentanti italiani in tutte le fasi
costitutive di Europol e dell'Unità europea antidroga (EDU) -
istituita nel suo ambito -, si è recentemente aggiunta la mia
personale e diretta attivazione allo scopo di ottenere la
presenza di un funzionario di polizia del nostro paese ai
vertici della struttura EDU. Particolare menzione, nel quadro
delle iniziative italiane nel contesto internazionale, merita
l'organizzazione
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dell'imminente assemblea generale dell'Interpol che per la
prima volta dalla data di istituzione di questo organismo sarà
nei prossimi giorni ospitata nel nostro paese e vedrà la
partecipazione di delegazioni di altissimo livello provenienti
da 150 nazioni. L'inaugurazione dell'importante consesso avrà
luogo alla presenza del Capo dello Stato il prossimo 28
settembre.
   In termini più ampi è mio impegno favorire lo sviluppo di
iniziative di collaborazione anche tra paesi extracomunitari,
specie laddove questi si aprono alle realtà criminali dell'est
europeo.
   Ritengo pertanto particolarmente apprezzabili le forme di
cooperazione internazionale qual è quella denominata Teledrug,
il cui impianto, ideato e delineato da funzionari della
polizia del nostro paese, prevede il coinvolgimento e la
fattiva collaborazione degli organismi di polizia dell'Europa
orientale.
   Da ultimo, approfitto di questa occasione per
preannunciare che intendo avviare, in un prossimo futuro, un
programma di interventi volto a promuovere e realizzare una
organica collaborazione di carattere operativo tra gli
organismi investigativi attivi nell'area del Mediterraneo,
superando ostacoli e conflittualità di natura politica che il
processo di pace, in atto nel Medio Oriente, rende oggi
possibile.
   E' infatti mia precisa opinione che quanto più i singoli
Stati saranno in grado di dar vita ad una cultura della
collaborazione ed a trovare nuove forme di intesa per l'avvio
di coordinate strategie anticrimine, tanto più sarà garantita
la sicurezza dei cittadini e la difesa dall'aggressione
mafiosa. Grazie.
  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Maroni e do la parola
ai colleghi che hanno chiesto di intervenire.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Ringrazio il ministro per l'ampia
e dettagliata relazione, che affronta diversi problemi
fondamentali per la lotta al crimine organizzato di stampo
mafioso: per motivi temporali, mi soffermerò soltanto su
alcuni di essi. Una prima questione riguarda la parte di
relazione che tratta del tentativo operato dalla mafia per
manipolare le pubbliche istituzioni. Su tale affermazione
sarebbe forse opportuno che il ministro in sede di replica -
che non deve ovviamente e necessariamente svolgersi oggi -
chiarisse come si manifesta questa particolare attività della
mafia.
   A me personalmente interessa sapere se la mafia continui
ad avere rapporti con le pubbliche amministrazioni, gli enti
pubblici, i comuni, le provincie, le regioni e gli esponenti
del mondo politico, anche con riferimento al fatto che in
provincia di Caserta - dove io vivo - si registra il maggior
numero di scioglimenti di comuni per infiltrazioni mafiose.
Sarebbe opportuno sapere se la mafia, secondo le informazioni
del ministero, continui ad essere presente e se vi siano
contatti con il mondo politico, tenendo presente che anche
nella regione Campania si sono avuti arresti per appartenenza
ad associazioni mafiose da parte di pubblici ufficiali.
   Vorrei ricordare che in provincia di Caserta si è
verificato un fatto grave, ossia l'incendio del ghetto di
Villa Literno: da notizie di stampa si è appreso che esistono
tentativi di utilizzare elementi extracomunitari per attività
di stampo mafioso. Vi è stata un'affermazione, abbastanza
preoccupante, del ministro Guidi circa la chiusura del ghetto
di Villa Literno, senza la prospettazione di soluzioni
immediate per quanto riguarda gli extracomunitari.
   Dunque, a fronte di questi fenomeni, specie in provincia
di Caserta che ha il più alto tasso di criminalità d'Europa ed
un elevato numero di delitti, non si hanno segnali
rassicuranti per quanto riguarda l'attività di prevenzione.
   Un'altra questione concerne le scelte operate dal ministro
Maroni in ordine ai vertici del Ministero dell'interno per la
lotta al crimine organizzato. Non intendo interferire su tali
scelte, vorrei però dire che la sostituzione del capo della
DIA, ossia del dottor Gianni De Gennaro, con un generale della
Guardia di finanza è un fatto che a mio avviso ha provocato un
notevole grado di allarme in chi conosce
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l'attività finora svolta dallo stesso dottor De Gennaro.
   Credo che la cooperazione e il rafforzamento di questi
organismi sia rilevante dal punto di vista organizzativo, così
come è fondamentale la scelta delle persone. Se dopo un anno
si cambia il vertice di una organizzazione come la DIA - che
ha dato risultati straordinari nella lotta alla mafia,
riuscendo ad ottenere la collaborazione dei vertici di Cosa
nostra - si compie un'operazione che obiettivamente
costituisce un segnale positivo per Cosa nostra medesima.
Conosco bene l'impegno del ministro dell'interno contro la
mafia e quindi queste affermazioni non riguardano minimamente
la lealtà e l'impegno dell'onorevole Maroni, devo dire però
che il capo della DIA rappresenta uno degli obiettivi
principali di Cosa nostra.
   Per queste ragioni ritengo opportuno che il ministro
spieghi i motivi in base ai quali ha ritenuto di dover
sostituire una persona che fino a quel momento ha
rappresentato un punto di riferimento molto importante per chi
ha collaborato con la giustizia e per tutto il mondo
dell'anticrimine.
  PRESIDENTE. Il ministro sceglie di rispondere volta per
volta?
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Come
preferisce la Commissione.
  PRESIDENTE. Penso sia meglio risponda al termine delle
domande.
  CORRADO STAJANO. Signor ministro, lei ha parlato di
ripresa della strategia terroristico-mafiosa in occasione dei
processi. Nonostante si possa affermare che questo periodo sia
stato relativamente tranquillo, qual è il suo giudizio
sull'apparente silenzio-assenso di Cosa nostra dopo le
dichiarazioni rilasciate da Riina a Reggio Calabria, dopo gli
attentati agli amministratori e ai politici progressisti?
Pensa che tutto questo, anzi meglio possa, essere messo in
relazione con la trattativa e la ricerca dei nuovi
interlocutori politici? Che preoccupazioni ha il signor
ministro sui cambiamenti avvenuti in seno a Cosa nostra prima
e dopo le elezioni politiche?
  GIUSEPPE ARLACCHI. Desidero porre al ministro tre brevi
domande connesse ai temi affrontati nella sua ampia ed
articolata relazione.
   La prima riguarda la fisionomia dell'Europol,
un'iniziativa molto importante e di grande rilievo nel
panorama dell'innovazione legislativa in materia di contrasto
internazionale alla criminalità, della quale però si hanno
scarse notizie. Gradirei qualche informazione più dettagliata
e precisa su come sia strutturato il progetto di polizia
europea.
   La seconda domanda riguarda i passi che il ministro sta
intraprendendo per attuare una più efficace divisione dei
compiti tra polizia e carabinieri. Come tutti sappiamo, si
tratta di uno degli aspetti più rilevanti in materia di
strategia di attacco alla criminalità organizzata ed alle
altri grandi forme di criminalità.
   Infine, vorrei chiedere l'opinione del ministro
dell'interno su una questione connessa al riciclaggio del
denaro sporco ed ai cosiddetti paradisi fiscali internazionali
e nazionali; mi riferisco alle case da gioco. Nell'opinione
pubblica si sta dibattendo - credo che siano state già
avanzate alcune proposte in tal senso - l'ipotesi di crearne
una decina di nuove. Poiché un'esperienza internazionale
abbastanza solida, analizzata da parlamenti, da governi e da
studiosi, dimostra l'effetto di queste strutture sul fenomeno
del riciclaggio, sullo stimolo alla microcriminalità ed alla
malavita e sul mercato dell'usura, vorrei conoscere la
posizione del ministro sull'argomento.
  LUCIANO VIOLANTE. Il signor ministro ha accennato alla
sua intenzione di rendere permanente il secondo comma
dell'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento
penitenziario. I deputati progressisti alla Camera ed i
senatori progressisti al Senato hanno presentato proposte di
legge che vanno in questa direzione. Le parole del ministro
significano che il Governo
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sarà favorevole all'approvazione di tali proposte di
legge?
   Il ministro, affrontando il tema dei pentiti, ha parlato
del regolamento, rispetto al quale circolano varie voci. Di
recente il sottosegretario per l'interno ha reso un'intervista
non del tutto convincente. Vorrei chiedere al ministro se
ritenga utile ed opportuno esporre, in questo o in altro
momento, le linee fondamentali del regolamento prima che il
testo venga approvato. Formulo questa ipotesi non in un quadro
di cogestione ma considerando che la Commissione antimafia ha,
tra i suoi compiti, quello di verificare che tutte le
pubbliche amministrazioni, compresi i ministeri, svolgano
un'azione congrua nella lotta contro la mafia. Valuti perciò
il ministro, al fine di evitare polemiche o critiche
successive, in che termini possa essere opportuno investire
delle linee di fondo del regolamento, non del testo, la
Commissione, sempre che i colleghi e il presidente lo
ritengano.
   Il ministro ha giustamente posto l'attenzione sul fronte
finanziario. Per quanto riguarda i latitanti, le cifre
indicate sono positive; quanto alla celebrazione dei processi,
se riusciremo a far approvare la legge sui tribunali
distrettuali, avremo un grosso incentivo; il Senato sta
lavorando su altri versanti, elaborando un piano di interventi
di riforma nel settore della giustizia. Resta non
sufficientemente aggredito il versante finanziario.
   A questo proposito, il dato citato dal ministro è
confortante in sé ma sconfortante se riferito al giro di
affari. Avendo valutato tale giro intorno a 170 mila miliardi
- forse questa cifra è un pochino esagerata, ma possiamo anche
considerarla la metà - e tenendo conto che sulla base di
analisi puntuali svolte dal Ministero dell'interno risulta che
sono stati sequestrati beni per circa 4 mila miliardi in
dodici anni (se moltiplichiamo, ad esempio, 100 mila miliardi
per dodici otteniamo una cifra incredibile!), vuol dire che i
beni sequestrati sono pari a circa lo 0,3-0,4 per cento;
infatti, i beni confiscati in questi dodici anni valgono circa
700 miliardi, cioè il 16 per cento di 4 mila miliardi. Dunque,
lo Stato da questo punto di vista acquisisce pochissimo. Per
quanto riguarda le confische ed i sequestri di droghe, la
percentuale ruota invece intorno al 10 per cento, così come
per i tabacchi lavorati esteri. Se riuscissimo ad acquisire il
10 per cento anche dei beni che costituiscono le ricchezze
mafiose arriveremmo a cifre favolose, pari a circa 120 mila
miliardi.
   Occorre dunque varare una strategia di attacco innovativa.
Quando il collega Ramponi era comandante della Guardia di
finanza si impegnò fortemente e positivamente su questo
terreno. Oggi quello che rende debole l'attacco alla ricchezza
mafiosa è il fatto che tale attacco sia subordinato
all'individuazione della persona: prima si individua il
soggetto, poi si valutano le sue ricchezze e quindi si
attaccano le medesime. Recentemente è stata compiuta in
Calabria un'azione che tende a modificare tale meccanismo:
individuate le organizzazioni industriali illegali che operano
sul territorio, il passo è stato da queste all'individuazione
della criminalità.
   Vorrei chiedere al ministro se ritenga possibile varare
una strategia di attacco diretto alle ricchezze mafiose
laddove si manifestano segnali patologici; mi riferisco, per
esempio, all'alta circolazione di licenze commerciali non
corrispondente alla ricchezza circolante, al numero di
sportelli bancari e di agenzie finanziarie non corrispondente
alla ricchezza della zona (la provincia di Prato è un caso
classico, ma non è la sola). Esistono alcuni indici, che la
polizia conosce perfettamente e che sono evidenziati negli
atti della Commissione antimafia, in base ai quali può essere
condotta un'azione di questo genere. Credo che la Procura
nazionale antimafia, coordinata con il Ministero di grazia e
giustizia, abbia cercato di varare tempo fa un'azione
specifica su questo versante, trovando però degli ostacoli
all'interno di alcuni uffici giudiziari. Non so se sia
possibile su questo versante un raccordo tra le esperienze di
alta professionalità dei vari uffici (DIA, SCO, ROS),
unificando un'azione oggi dispersa tra i vari corpi,
specializzando l'intervento giudiziario
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prescindendo dalle persone e attaccando i sintomi della
ricchezza criminale. Se riuscissimo ad affrontare il fenomeno
su questo versante, integreremmo con maggior efficacia
l'azione antimafia.
   A quest'ambito fa capo anche la cooperazione
internazionale, perché il grande riciclaggio è di livello
internazionale. Mi chiedo se il ministro non ritenga opportuno
varare una conferenza, subito dopo lo svolgimento delle
elezioni in Germania, tra i quattro o cinque paesi interessati
al fenomeno - la Germania è tra questi - per verificare in
quale modo si possa lavorare sul versante specifico del
riciclaggio.
  RAFFAELE BERTONI. Ho una grande ammirazione personale
per il ministro Maroni e credo che egli lo sappia. Purtroppo
il suo intervento - credo che ciò derivi dal fatto che siede
da breve tempo al Viminale - è coniugato al futuro e fatto di
propositi, sia pure buoni. Vorrei per ciò porre alcune domande
sui propositi che si possono realizzare subito e su fatti che
sono di attualità, affinché il discorso, coniugato al futuro,
abbia almeno la possibilità di trasformarsi non in promesse ed
in intenzioni ma in azioni immediate.
   Il ministro ed il collega Violante hanno fatto riferimento
all'articolo 41-bis, oggetto di grandi e fuorvianti
polemiche. Il collega Violante, insieme ad altri deputati
progressisti, ha presentato alla Camera, ed oggi l'ho fatto
anch'io al Senato, una proposta di legge che tende ad
eliminare la provvisorietà di quell'articolo ed a prevedere
come definitiva, salva l'ipotesi di rivedere la materia quando
i tempi saranno cambiati, la sospensione delle normali regole
di trattamento penitenziario per i detenuti mafiosi. Il
ministro Maroni assume personalmente l'impegno, al di là di
quello che sarà l'orientamento del Governo, di portare
quest'istanza in sede governativa e di fare proprie tali
proposte di legge?
   Credo che una simile posizione debba essere assunta
immediatamente prima della scadenza, per evitare ulteriori
polemiche e soprattutto per togliere ai mafiosi ingiustificate
aspettative che molte persone, anche di altissimo livello,
hanno fatto nascere in questi mesi. A questa domanda precisa
vorrei una risposta altrettanto precisa.
   Ricollegandomi a quanto detto al termine del suo
intervento dal collega Violante circa l'opportunità di
aggredire prima le ricchezze e poi le persone, o comunque di
avere maggiore attenzione alle prime, vorrei far presente che
esiste un ostacolo normativo permanente, cioè l'impossibilità
di applicare le misure patrimoniali a chi non sia soggetto ad
una misura personale. Vi è un'indicazione anche da parte della
Corte costituzionale e di molti giudici ad eliminare
quest'ostacolo. Vorrei che il ministro Maroni fornisse a tale
proposito una risposta precisa, poiché ritengo che si tratti
di un passo necessario: ci sono casi di mafiosi deceduti
rispetto ai quali i giudici incontrano gravissime difficoltà a
mantenere in piedi le misure di prevenzione patrimoniale già
applicate, così come ci sono soggetti ai quali non è possibile
applicare le misure di prevenzione personale e per i quali
invece sarebbe possibile e necessario applicare quelle di
carattere patrimoniale.
   Con riferimento a quanto detto dal collega Arlacchi,
vorrei ricordare al ministro Maroni, che certo ne è
perfettamente a conoscenza, che la metà delle caserme dei
carabinieri fa otto ore di servizio e resta chiusa per il
resto della giornata; ciò avviene anche in territori molto
esposti alla criminalità mafiosa. Come si intende risolvere
questo problema, che si riallaccia all'opportunità di
mantenere in Italia cinque o, quanto meno, tre polizie?
Dovrebbe esservi la possibilità per lo meno di creare un
coordinamento diverso da quello attuale. Certamente il
ministro avrà sentito parlare di una proposta tendente a
lasciare ai carabinieri la presenza sul territorio non urbano
ed alla polizia quella sul territorio urbano. Il ministro
dovrebbe farci sapere se ritenga che l'attuale presenza di più
polizie giovi alla lotta contro la criminalità e se non
ritenga preferibile avere un organismo unico - qui torna il
problema della DIA - invece della situazione attuale.
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   Ho posto domande brevissime perché vorrei che si uscisse
dalla generalità dei propositi.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Sì, ma
presuppongono risposte lunghe!
  RAFFAELE BERTONI. A meno che non siano tradotte in
fatti, ed allora sono brevissime.
   Poste le domande, vorrei chiedere al ministro due giudizi.
In primo luogo, egli ha parlato delle ultime stragi come di
messaggi simbolici. Per la verità, considerando che
l'obiettivo di una di esse era una persona e che negli altri
casi sono state provocate morti, mi sembra azzardato parlare
di messaggi simbolici. Comunque, anche accettata questa
interpretazione, vorrei chiedere al ministro se in questi
episodi sia ravvisabile soltanto la mano della mafia ovvero se
vi sia qualcos'altro. Quando i giudici di Caltanissetta
parlano di indagini dirette ad individuare oltre che gli
esecutori e i mandanti (come è stato fatto) altri soggetti,
quali sono a giudizio del ministro questi altri soggetti?
   Il ministro dell'interno concorda con il presidente
Berlusconi, che parlando a Bari dedica un solo rigo della sua
relazione alla criminalità mafiosa, o pensa che la Puglia sia
il terreno di un nuovo ma forte attacco da parte di una
criminalità mafiosa diversa da quelle tradizionali ma non per
questo meno pericolosa?
   Il ministro dell'interno è a conoscenza della nuova mappa
del potere camorristico in Campania? Egli sa certamente che la
camorra si caratterizza per essere formata da una pluralità di
entità, per non essere verticistica come la mafia siciliana;
ha ricevuto, grazie alle forze di polizia e alla magistratura,
colpi non indifferenti e tuttavia insorge un nuovo potere
camorristico. Gli organi di polizia ne sono a conoscenza?
Visto che la camorra si caratterizza per essere stata inserita
da settori della politica nel mondo delle istituzioni,
specialmente locali, questo fenomeno continua con le nuove
amministrazioni locali, caso mai attraverso i soggetti eletti
nei mesi scorsi?
  TULLIO GRIMALDI. Signor ministro, lei ha parlato
prevalentemente dell'organizzazione del suo ministero e
soprattutto del modo con cui attuare una sorta di
specializzazione da una parte e coordinamento dall'altra delle
forze di polizia. Ha anche accennato - questo era ormai un
dato acquisito - alla penetrazione della criminalità
organizzata nell'economia e all'internazionalizzazione del
fenomeno.
   Ho l'impressione che finora nella strategia di lotta alla
criminalità organizzata si sia fatto leva prevalentemente
sulla possibilità di rompere il fronte dell'omertà, di avere
quindi una penetrazione, dal punto di vista investigativo,
nelle strutture delle varie organizzazioni criminali
attraverso i cosiddetti collaboratori di giustizia.
Naturalmente occorre proseguire in tal senso visto che sono
stati raggiunti buoni risultati, anche se è stato prodotto -
non possiamo nasconderlo - un effetto devastante sulla cultura
del processo, essendovi stato un imbarbarimento da questo
punto di vista; ritengo dunque che forse, in proposito,
bisognerebbe fare ancora una riflessione.
   Una volta realizzato il coordinamento e la
specializzazione delle forze di polizia, sarebbe necessario
precisare maggiormente - non ho trovato questo aspetto nella
relazione, forse per ragioni di brevità - la strategia di
attacco ai flussi di capitale. Mi pare che il collega Violante
accennasse proprio a questo nel suo intervento precedente. Il
sequestro dei patrimoni che siano profitto di attività
criminali prevede l'individuazione del soggetto che li
possiede attraverso una procedura certamente non agevole;
forse proprio per questo registriamo una valenza molto bassa
da questo punto di vista. Sarebbe invece molto più proficuo
cominciare ad investigare sui flussi di patrimonio, di
capitale. Anche l'uomo della strada comincia a percepire che
alle spalle di molte attività finanziarie - gli sportelli
bancari aperti senza corrispondenza con attività vere e
proprie, le finanziarie quasi al limite dell'attività usuraia,
le grandi catene di distribuzione,
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i grandi supermercati, le palestre, gli istituti di
bellezza - c'è il riciclaggio dei patrimoni della criminalità
organizzata. Il primo attacco investigativo, a mio avviso,
dovrebbe essere rivolto a questo, naturalmente ricorrendo a
strutture specializzate.
   Mi pare non si sia sufficientemente accennato al controllo
sul territorio. Si diceva che, indubbiamente per carenze di
personale, le stazioni dei carabinieri osservano un orario
ridotto; è inconcepibile! Non soltanto: in molte grandi città
tra cui Napoli, nei centri dove è presente un hinterland
criminale, dopo la chiusura dei negozi è come se chiudesse
anche l'intero centro: non vi sono forze di polizia, né vigili
urbani, non funziona più niente e naturalmente il comune
diventa preda delle bande criminali. La microcriminalità
certamente non ha un rapporto diretto con la criminalità
organizzata, ma ne costituisce l'humus, la base di
reclutamento. L'ordine sul territorio è il primo aspetto di
una strategia di lotta.
   Un altro aspetto rispetto al quale, per lo meno negli
ultimi tempi, mi sembra vi sia una carenza, riguarda le
amministrazioni locali. Non riceviamo più notizie, ad esempio,
di scioglimenti di consigli comunali, sebbene vengano
denunciati fatti in cui è certamente presente una collusione
tra amministrazioni locali e forze mafiose. In che modo
intervengono i prefetti, anche dal punto di vista delle
segnalazioni al ministro dell'interno?
   Credo che queste siano prevalentemente le strategie.
Possiamo mettere tanti organi investigativi quanti vogliamo,
ma se non viene perseguita una strategia mirata in tal senso
avremo soltanto, così come è avvenuto fino ad oggi, successi
parziali, in quanto purtroppo il fenomeno mafioso resta
inalterato.
   GIROLAMO TRIPODI. Ho ascoltato la relazione del ministro
con molta attenzione, ma non mi pare sia stata data
un'informazione sullo stato attuale della criminalità
organizzata, fatta eccezione per l'annuncio di una
pericolosità crescente dovuta ad eventuali atti terroristici
connessi alla celebrazione dei grandi processi contro la
mafia.
   La situazione è molto grave, come emerge da quanto è
avvenuto negli ultimi mesi. Essendo proprio delle parti in cui
la mafia esiste, è potente e si muove, devo dire che negli
ultimi tempi la sua pericolosità si è accresciuta, ha ripreso
la sua attività su larga scala, in tutti i campi, sul piano
economico, su quello del controllo del territorio, rispetto
allo spaccio della droga, ai grandi traffici internazionali,
compreso quello delle armi; sono state segnalate attività
della 'ndrangheta calabrese.
   Sono stati compiuti - lo ricordava qualche collega negli
interventi iniziali - attacchi ai centri di resistenza: alcuni
amministratori sono stati oggetto di pressioni. Posso citare i
casi di Stefanaconi - un comune il cui consiglio è stato
sciolto per due volte per penetrazione mafiosa e dove il
gruppo di giovani che ora amministra è stato preso di mira,
impedendo loro di governare nella trasparenza e nella civiltà
- di Melicucco, di Taurianova, Seminara, Cessaniti e via
dicendo. Ricordo poi l'episodio - che non è unico - di Platì,
dove la caserma dei carabinieri è stata assediata dagli amici
dei mafiosi a seguito dell'arresto di un latitante
(naturalmente mafioso).
   Ci troviamo quindi di fronte ad una realtà che vede la
mafia presente, più baldanzosa - debbo dirlo - sotto il
profilo del controllo sul territorio, della sopraffazione
sulla popolazione e sull'attività economica.
   Come ministro dell'interno, lei ha espresso molte volte la
sua opinione in dichiarazioni pubbliche, ha manifestato la sua
volontà, di cui prendo atto; tuttavia quest'ultima non è
sufficiente nel momento in cui vi sono stati da parte del
Governo ambiguità e cedimenti sul piano della lotta alla
criminalità organizzata. Quando si attacca l'articolo
41-bis si accetta quello che Riina ed altri richiedono
rispetto alla possibilità di godere dello stesso trattamento
carcerario dei delinquenti comuni; quando si attacca la
legislazione sui collaboratori di giustizia e
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vengono lasciati indifesi molti familiari (alcuni sono stati
uccisi in Sicilia) si compiono atti di cedimento...
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. E'
informato su questo?
  GIROLAMO TRIPODI. Sono informato, stia tranquillo. Ho
fatto una distinzione tra la sua volontà e l'azione
complessiva del Governo.
   Un altro aspetto riguarda gli appalti e i subappalti, che
hanno costituito in certe zone il veicolo principale
dell'espansione del potere criminale mafioso. La sospensione
della nuova legge sugli appalti è un'altra dimostrazione di
questo cedimento; questa legge, pur non essendo il massimo, in
qualche modo limitava la possibilità di intervenire
massicciamente sugli appalti e sui subappalti, consentiva di
controllare i flussi nel settore delle opere pubbliche.
   Vi è stato anche, caro ministro, il complesso delle
modifiche intervenute sulla direzione dei delicati assetti
delle forze dell'ordine. Mi riferisco soprattutto alla
sostituzione, direi alla rimozione del dottor De Gennaro dalla
direzione della DIA, dopo che questo funzionario si era
esposto, aveva ben lavorato per quattordici mesi. Questi
segnali certamente non aiutano nella lotta alla mafia, non
danno l'impressione di quell' impegno sincero, vero e forte
che si è tentato di fare negli ultimi anni.
   Sorge inoltre un interrogativo: visto che certamente la
mafia si è orientata verso una forza politica, il ministro
dell'interno ha colto negli ultimi tempi qualche elemento in
base al quale si possa dire che la mafia ha scelto, ha
instaurato rapporti nuovi con un potere politico e con
quale?
   Vorrei inoltre sapere se il ministro ha svolto un'indagine
per appurare il modo in cui la mafia nelle ultime elezioni, da
marzo in poi, ha votato. Sarebbe un fatto importante; se
Piromalli il 24 febbraio, durante la celebrazione di un
processo, annuncia in un bunker di Palmi il suo voto per
forza Italia, bisogna indagare per verificare che cosa ci sia
di vero, quali effetti abbia prodotto questa solenne presa di
posizione pubblica.
   Non mi pare, inoltre, che nella sua relazione vi sia alcun
accenno ai comuni. Negli anni passati sono stati sciolti
decine di consigli comunali per penetrazione mafiosa, ma poi
non abbiamo più avuto notizie del genere. Sono stati fatti
accertamenti? Si è forse riscontrato che non vi è più
penetrazione mafiosa nei comuni? Credo che non sia così perché
la mafia non è stata sradicata e fino a quando non lo sarà non
vi è dubbio che continuerà a penetrare, controllare e tentare
di gestire le attività comunali.
  PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, non vorrei interromperla,
ma la prego di concludere il suo intervento. Le ho lasciato il
massimo spazio, ma anche gli altri colleghi hanno diritto di
porre domande al ministro.
  GIROLAMO TRIPODI. Signor presidente, ho avvertito
l'esigenza di fare alcune sottolineature e porre talune
domande, credo ne abbia tutto il diritto...
  PRESIDENTE. Ed io gliele ho lasciate fare, ma adesso la
prego di concludere.
  GIROLAMO TRIPODI. Vorrei solo porre altre due domande.
Il ministro Maroni sa che nella provincia di Reggio
Calabria...
  PRESIDENTE. La prego di limitarsi a porre la domanda,
onorevole Tripodi. Se il ministro lo sa, è inutile
ripeterglielo.
  GIROLAMO TRIPODI. Se non lo sa, gli dico che in quella
zona da molti anni vi è un pascolo abusivo di migliaia di
vacche, definite adesso "vacche sacre". Vorrei sapere cosa
farà il Governo per eliminare questo insulto alle
popolazioni.
   Quale indagine, infine il ministro ritiene di dover
promuovere per l'accertamento di attività mafiose nei casi di
esproprio dei proprietari terrieri, soprattutto nella
provincia di Reggio Calabria ma credo anche in altre zone?
Proprio in questi
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giorni questa situazione è oggetto di una clamorosa
denuncia da parte di una coraggiosa proprietaria terriera, la
baronessa Cordopatri, che in questo momento sta facendo lo
sciopero della fame di fronte al tribunale di Reggio Calabria.
Chiedo quindi al ministro come intenda affrontare questo caso,
che denuncia fatti ancora più gravi.
  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al prossimo
iscritto, faccio presente che vi sono ancora undici colleghi
che hanno chiesto la parola. Prego pertanto tutti di essere il
più possibile sintetici e di non accompagnare le proprie
domande, se non quando sia indispensabile, con commenti;
diversamente, il ministro Maroni non avrà il tempo di
rispondere adeguatamente a tutti i quesiti posti.
  SERGIO MATTARELLA. Signor presidente, desidero
soffermarmi soltanto su tre aspetti, sia perché il ministro è
stato piuttosto chiaro nel suo intervento (considerato che
doveva dare un quadro d'insieme), sia perché ritengo inutile
ripetere le questioni già poste dai colleghi che mi hanno
preceduto.
   Su un aspetto, però, desidero anch'io soffermarmi. Non
ritiene, il ministro Maroni, che vi sia una particolare
urgenza di provvedere nella direzione da lui stesso e da altri
colleghi richiamata, al fine di evitare sia difficoltà di
prove tempestive, sia tentazioni di pressioni criminali in
prossimità della scadenza dell'articolo 41-bis? Non
ritiene, cioè, di dover provvedere con urgenza alla definitiva
inserzione di quell'articolo nell'ordinamento a regime?
   In secondo luogo, il ministro ha fatto riferimento
all'esigenza di coordinamento in generale (problema già posto
da altri) e alle influenze, ai rapporti, pericolosamente in
estensione, tra economia e criminalità. Un problema di
coordinamento specifico attiene proprio all'approfondimento
degli aspetti economici. Si tratta di una particolare esigenza
di coordinamento, che immagino richieda una particolare
risposta, e non so se esso debba essere incentrato sulla
Guardia di finanza o su altri, comunque richiede una
definizione specifica e mezzi sufficienti. A questo proposito
vorrei anche sapere se vi siano mezzi sufficienti per svolgere
un compito così decisivo nella lotta alla criminalità.
   La terza questione che desidero porre riguarda le case da
gioco. Poiché sono state presentate in Parlamento alcune
proposte di istituzione delle medesime, vorrei sapere se il
ministro non ritenga opportuno uno studio, un'analisi, sulle
possibili conseguenze, in un paese come il nostro, di
iniziative di questo genere.
  ANTONIO BARGONE. Cercherò di essere brevissimo. Il
ministro ha disegnato una strategia di rafforzamento e di
potenziamento delle forze dell'ordine soprattutto in tema
investigativo. Questo è senz'altro apprezzabile; però,
all'interno di questo quadro, vorrei sapere quale ruolo
svolgerà la DIA, in particolare se si ha l'intenzione di
completare il disegno previsto dalla legge. La normativa
prevedeva, per esempio, che il 1^ gennaio 1994 lo SCO, il ROS
e il GICO, sarebbero confluiti nella DIA: questo non è
avvenuto, pertanto chiedo al ministro se la legge sarà
applicata oppure se si dovrà provvedere in altro modo.
   Inoltre, accanto al potenziamento qualitativo di
Criminalpol, squadra mobile e polizia giudiziaria, vi è
sicuramente bisogno di un potenziamento quantitativo
(Caltanissetta, per esempio, ha lo stesso organico di tante
tranquillissime cittadine del nord con pari popolazione).
Rispetto alla strategia complessiva delineata, l'attività
investigativa, soprattutto per quanto riguarda le attività
economiche, prevede una ricognizione delle professionalità?
Prevede, per esempio, l'istituzione di un centro di formazione
che in qualche modo consenta un salto di qualità, dal punto di
vista investigativo, anche alle forze dell'ordine? E i nuovi
commissari (per esempio quelli antiracket, o che si occupano
del fenomeno dell'usura) costituiranno una fuga in avanti
rispetto ad una ordinarietà che non funziona, oppure questa
strategia dovrà essere coordinata con una ordinarietà,
soprattutto dal punto di vista della qualità
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investigativa, che possa in qualche modo tranquillizzare?
   Per quanto riguarda la proposta del gruppo Trevi, esprimo
anch'io, come ha già fatto l'onorevole Arlacchi,
preoccupazione per il ritardo registrato in direzione
dell'Europol e chiedo al ministro quale sia al momento lo
stato del progetto. Vorrei inoltre sapere se in esso sia
prevista la banca internazionale dati che credo rappresenti
l'aspetto più importante, tenuto conto, soprattutto, del
fenomeno del riciclaggio e dell'economia criminale
internazionale.
   Per quanto riguarda le amministrazioni locali, ricordo che
ci sono stati molti attentati (negli ultimi giorni si sono
intensificati oltre che in Sicilia anche in Calabria) e che
questi hanno riguardato soprattutto le amministrazioni dove si
è votato e si è insediata una nuova amministrazione. Si
tratta, infatti, in gran parte dei comuni nei quali vi è stato
lo scioglimento dei consigli per motivi di mafia. Vi è,
quindi, una ripresa dell'attività mafiosa di intimidazione,
del tentativo di penetrazione nelle amministrazioni comunali,
i cui amministratori si sentono generalmente non protetti. Mi
sembra vi sia una sottovalutazione di questo fenomeno e si
corra il rischio di non garantire a questi amministratori
l'agibilità democratica, vale a dire la possibilità di poter
governare al meglio. Cosa farà il ministro per risolvere
questo problema? C'è bisogno di un intervento immediato ed
incisivo perché si corre il rischio che questo fenomeno possa
innescare un meccanismo di degenerazione della situazione.
   Desidero anch'io richiamare la vicenda della baronessa
Cordopatri. Come lei sa, signor ministro, da molti giorni la
baronessa Cordopatri sta facendo lo sciopero della fame. Siamo
molto preoccupati per le sue condizioni fisiche, ormai gravi,
e temiamo non possa reggere ancora per molto. Tuttavia, non vi
è stata ancora alcuna risposta da parte dello Stato,
nonostante la baronessa abbia avanzato richieste alle quali si
potrebbe facilmente rispondere. Ella ha condizionato la
sospensione dello sciopero della fame ad una dichiarazione
formale da parte del ministro delle finanze che le consenta di
pagare i suoi debiti fiscali soltanto dopo l'annata olearia
1995-1996. Bisogna peraltro tenere conto del fatto che tre
anni fa gli è stato ucciso il fratello e che gli sono stati
tolti con la violenza i terreni. Le organizzazioni mafiose,
oltre al guadagno ricavato dai prodotti dei terreni
espropriati, hanno anche beneficiato dei contributi agricoli
unificati da parte dell'AIMA, lucrando, in sostanza, su
terreni espropriati - ripeto - con violenza alla legittima
proprietaria. Nel frattempo la baronessa ha presentato denunce
alle forze dell'ordine senza tuttavia riuscire ad ottenere
nulla, inoltre è sottoposta ad azione giudiziaria esecutiva da
parte del Ministero delle finanze per il pagamento di debiti
fiscali attinenti ai terreni dei quali è stata spossessata.
Sono ormai trascorsi diversi giorni dall'inizio dello sciopero
della fame ma, nonostante le nostre sollecitazioni, non vi è
stata alcuna reazione. Chiedo pertanto al ministro di
intervenire immediatamente considerato - ripeto - che quanto
viene richiesto è ciò che spetta, niente di più (la baronessa
dovrebbe anzi essere risarcita per le azioni perpetrate con
l'indifferenza e spesso la connivenza degli apparati dello
Stato). Chiedo al ministro di compiere, intanto, un gesto che
faccia sospendere lo sciopero della fame alla baronessa
Cordopatri e di accertare, successivamente, le gravissime
responsabilità che vi sono state nella vicenda.
   Per completare il quadro, aggiungo che recentemente ho
sentito dire dal dottor Pennisi della procura di Reggio
Calabria che la 'ndrangheta in questo momento è ancora in
grado di controllare il territorio, tanto che ci si affida a
questa organizzazione, che appare da questo punto di vista la
più affidabile, per il traffico della droga. Vorrei sapere dal
ministro se condivide questo giudizio e, in caso affermativo,
cosa pensa di fare per rompere il dominio territoriale della
'ndrangheta sul territorio calabrese.
  TANO GRASSO. Esprimo innanzi tutto apprezzamento per la
scelta di istituire la
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figura del superprefetto antiracket, richiesta che era stata
formulata già negli anni scorsi da parte delle associazioni
antiracket. Tuttavia permetta, signor ministro, di segnalarle
che, da un lato, è necessario procedere ad una definizione dei
compiti (penso soprattutto ai compiti istituzionali e
politici, quindi ad una figura che diventi l'interlocutore
diretto, in luogo del ministro, di tutte le realtà che si
realizzano nel paese); dall'altro, si pone l'esigenza di
riuscire ad attivare un'attività investigativa autonoma per
una serie di questioni, che non sono solo quelle del racket ma
anche quelle dell'usura. Nel nostro paese - per svolgere una
riflessione più generale anche rispetto a quanto detto
poc'anzi dall'onorevole Violante - l'attività investigativa
nell'azione di contrasto alla mafia avviene in riferimento a
due input: la dichiarazione dei pentiti, oppure la
dichiarazione della parte offesa. Al di là di queste due
sollecitazioni vi è il vuoto. Spesso la polizia giudiziaria è
totalmente bloccata, per mesi, a cercare riscontro alle
dichiarazioni dei pentiti. Non si riesce ad avere una
impostazione strategica per cui si scelgano i settori su cui
lavorare indipendentemente dalle denunce e dalle dichiarazioni
dei pentiti. E' un problema serio, secondo me. Penso, per
esempio, che sul fronte...
  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Grasso, ma devo
richiamarla alla sintesi, altrimenti non riusciremo a
rispettare i tempi.
  TANO GRASSO. Sul fronte delle estorsioni, penso, per
esempio, che qualcosa possa essere fatto. La prima domanda è
la seguente: qual è il suo giudizio sull'attuale legge
antiracket? Ritiene che questa legge, così com'è stata
modificata nello scorso novembre, possa funzionare? Se ritiene
che possa funzionare, per quale motivo non si riescono ad
evadere le poche decine di pratiche tuttora giacenti - ed io
ritengo che ciò potrebbe avvenire in tempi brevi - la cui
soluzione sarebbe un segnale politico forte per incoraggiare
altri imprenditori alla denuncia?
   In secondo luogo, come si pensa di intervenire nel settore
dei testimoni? Il presidente stesso conosce bene alcuni casi
di imprenditori che hanno testimoniato e le cui deposizioni
sono state decisive, i quali sono stati assimilati ai
collaboratori di giustizia, mentre vi è l'esigenza di operare
una distinzione.
   Da ultimo, non so come sia stato concepito l'articolo 5
del disegno di legge sull'usura; mi permetto di segnalarle,
per un ulteriore approfondimento, il rischio di gravi pericoli
sul terreno sia della gestione del problema sia del segnale
che può essere dato alle vittime dell'usura, con il rischio
che si ottenga un risultato di segno contrario a quello che ci
si prefiggeva. Tra l'altro, io stesso già due anni fa avevo
lanciato la proposta di istituire un fondo per le vittime
dell'usura, ma il modo in cui è stato congegnato mi lascia
terribilmente perplesso.
  MICHELE CACCAVALE. Desidero innanzitutto esprimere il
mio compiacimento per l'azione di repressione condotta dal
ministero, per i risultati ottenuti, nonché per l'indicazione
fornita dal ministro per il prossimo futuro. Provengo da un
territorio molto vicino a Roma in cui la parola mafia evocava
soltanto Frank Coppola, che era stato inviato a domicilio
coatto ad Ardea. Questo territorio si compone di quattro paesi
- Ardea, Anzio, Nettuno e Pomezia - definiti tranquilli,
talmente tranquilli che le forze dell'ordine soltanto alla
luce degli ultimi episodi criminali avvenuti a Nettuno si sono
accorte che quella cittadina era stata occupata da famiglie
malavitose provenienti dal napoletano (gli Abbate e i
Dell'Isola), dalla Calabria (i Malagesi) e dalla Sicilia (i
Cangemi), che hanno sviluppato la loro presenza rilevando una
serie di attività economiche e favorendo l'elezione di uomini
politici a livello amministrativo.
   Sarebbe, a suo avviso, possibile che i comuni situati in
zone definite a rischio segnalassero alle forze di polizia le
richieste di residenza che vengono loro avanzate, che gli
uffici comunali inoltrassero per conoscenza agli uffici di
polizia le richieste
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di residenza sospette; è possibile che nei
commissariati e nelle stazioni periferiche dei carabinieri le
squadre di investigazione non possano essere distolte da altri
incarichi al fine di continuare la loro opera di
investigazione verso questi fenomeni? E' possibile che i
prefetti intervengano sciogliendo i consigli comunali che non
amministrano? A Nettuno, per esempio, il consiglio comunale
non si riunisce da mesi, la giunta da mesi non riesce a
deliberare ed il sindaco, nonostante sia dimissionario, compie
atti di ordinaria e straordinaria amministrazione: questo
penalizza le persone corrette, gli onesti e favorisce chi
vuole inserirsi per svolgere attività criminose.
  GIUSEPPE SCOZZARI. Signor ministro, prima di rivolgerle
alcune domande farò una brevissima premessa. Ritengo che
quest'audizione darà i suoi frutti se quanto verrà
successivamente detto da lei nella replica avrà una visibilità
nel territorio. Sostengo, infatti, che l'efficienza dello
Stato in un territorio sia direttamente legata alla velocità
con la quale lo Stato riesce a far sentire la propria
presenza. In Sicilia vi sono molteplici comuni sciolti per
mafia. E' successo che la vecchia classe politica sia andata a
casa e che si sia insediata una nuova classe politica: fin qui
tutto bene, ma il problema è un altro: la burocrazia, in
particolare il segretario generale, che ha condiviso le idee
ed i comportamenti dei vecchi amministratori, rimane invece al
suo posto; non ritiene, signor ministro, che sia necessario
introdurre un criterio oggettivo di rotazione dei funzionari
dello Stato, ed in particolare dei segretari comunali, in
tutti i comuni del meridione e soprattutto della Sicilia?
   Il secondo problema è quello della confisca dei beni e
della loro assegnazione agli enti locali: vi è, infatti, il
rischio che dal sequestro alla confisca (che richiede un tempo
ordinario di almeno quattro anni) vengano nominati custodi gli
stessi familiari dei mafiosi. Allora, il cittadino non
capisce: prima i beni vengono confiscati, ma poi vengono usati
dai familiari dei mafiosi! Secono me, è necessario che intanto
la burocrazia diminuisca i tempi fra la confisca e
l'assegnazione; mi rendo conto che nel frattempo il processo
penale deve fare il suo corso, però l'assegnazione immediata
può avvenire nei confronti dei comuni. Cosa intende fare il
ministro in tal senso? Peraltro, vi è un dato sconfortante:
purtroppo soltanto il 12 per cento dei beni sequestrati viene
confiscato.
   Condivido quanto ha detto il collega Grasso a proposito
dell'usura: mi chiedo perché il Governo abbia presentato un
disegno di legge in materia visto che in Parlamento, organo
legittimato a legiferare, erano state già presentate tre o
quattro proposte di legge di parlamentari. Sarebbe stato forse
meglio iniziare subito ad esaminare i progetti di legge che
sono non solo dell'opposizione, ma anche della maggioranza.
   Vorrei, inoltre, conoscere l'atteggiamento del Governo nei
confronti delle finanziarie, molte delle quali sono false -
non esiste un registro sul quale vengono annotate - e svolgono
una funzione pubblica di raccolta dei risparmi e di
elargizione del credito. Com'è noto, per le banche è
necessaria la preventiva autorizzazione della Banca d'Italia,
mentre queste finanziarie sfuggono a qualsiasi tipo di
controllo da parte dello Stato, se non in casi estremamente
rari.
   Sull'usura voglio fare un'altra precisazione. L'usura, il
cui meccanismo è diventato ormai perverso, è figlia delle
banche: invito il ministro affinché si adoperi presso la Banca
d'italia per disporre controlli ispettivi ancora più
penetranti nelle banche non solo del sud, ma anche del nord.
Molte volte il funzionario di banca presta i soldi
all'usuraio, il quale tiene i rapporti con le famiglie
disperate; molte volte, invece, il funzionario di banca è il
segnalatore dei cosiddetti cravattari, che elargiscono
successivamente il credito. Chiedo, pertanto, al ministro di
sollecitare la Banca d'Italia oppure il Ministero del tesoro a
svolgere accurate ispezioni che accertino i tassi effettivi
praticati dalle banche.
   Diceva, inoltre, il collega Grasso che esiste una fascia
particolare di collaboratori,
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cioè i commercianti che cooperano con lo Stato e poi si
vedono proiettati in un mondo che certamente non è loro
confacente, quello degli ex mafiosi pentiti; la situazione di
questa fascia di collaboratori, molti dei quali hanno chiuso
le proprie attività perché le banche non concedevano loro
credito o perché i clienti non si recavano più presso le loro
filiali, è terribile; molti di essi hanno addirittura cambiato
regione, perché vi era rischio per la loro vita e per quella
delle loro famiglie, con il magro risultato di essere
equiparati a semplici collaboratori della giustizia. Spesso
essi non riescono neppure a vivere con i proventi che lo Stato
tante volte nemmeno elargisce. Signor ministro, lo Stato deve
assolutamente evitare che attecchisca la cultura del "ma chi
me l'ha fatto fare", che oggi è la migliore alleata della
mafia.
   In ultimo, vorrei sapere se esista o se si intenda fare un
elenco dei beni confiscati e non ancora venduti: mi riferisco
alla collocazione dei beni immobili a fini di utilizzazione
sociale.
  ALESSANDRA BONSANTI. Alle cose dette dall'onorevole
Bargone vorrei aggiungere il fatto che la baronessa Cordopatri
è "il testimone" del processo contro i Mammoliti che sta per
cominciare, quindi è la donna che in questo momento tiene in
carcere Saro Mammoliti; pertanto, oltre a tutto quello che
abbiamo sollecitato, ha bisogno anche di una protezione
adeguata, essendo la testimone chiave in quel processo.
   Signor ministro, per quanto riguarda le stragi lei ha
detto che sono state ricostruite le fasi degli attentati ed
individuati assassini, complici e mandanti: vorrei che ci
dicesse qualcosa di più sui mandanti, che non sono al vertice
di Cosa nostra, perché ormai da tempo si sente dire "Cosa
nostra e non solo". A questo proposito, le ricordo quello che
ha detto a Firenze - faceva molto caldo - il giorno di
Ferragosto, e cioè che la bomba alla Standa era stata messa
anche per impedirle di fare quello che stava facendo.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Lei non era
alla conferenza stampa!
  ALESSANDRA BONSANTI. Allora, forse è stata una sua
interpretazione della bomba alla Standa.
   Per quanto riguarda i soggetti deboli, lei ha parlato di
minacce a sacerdoti ed ad altri che svolgono un lavoro molto
importante dal punto di vista sociale sul territorio: esiste
un'iniziativa volta ad individuare quali siano i soggetti più
a rischio e le misure preventive che si possono mettere in
atto?
   Un altro problema riguarda la possibilità dei parenti
delle vittime di assistere ai processi. I processi di mafia in
corso a Palermo sono molto lunghi e queste persone non sono in
grado di sostenere le spese economiche: lei si sente di
appoggiare una proposta di legge che assicurasse, in casi
specifici, soprattutto per quanto riguarda i servitori dello
Stato uccisi dalla mafia, un sostegno dello Stato a queste
famiglie?
   Infine, il processo Contrada sta andando avanti con
risvolti molto inquietanti. Vorrei sapere quali certezze il
ministro dell'interno possa fornire ai cittadini sul fatto che
situazioni del genere (cioè di una persona responsabile a quel
livello oppure di una persona soltanto sospettata di
complicità con la mafia) oggi non esistano.
  SAVERIO DI BELLA. Ringrazio l'onorevole ministro. Credo
che nessuno di noi addebiti a lui eventuali lacune per quanto
riguarda il passato; però, vorrei anche che la consapevolezza
della gravità della situazione emergesse con un po' più di
coraggio.
   Cito un solo esempio e poi passerò alle domande. Noi
abbiamo nelle tre regioni a più alto tasso di criminalità
mafiosa - Campania, Calabria e Sicilia - decine di consiglieri
comunali inquisiti, che sono al loro posto, che naturalmente
fanno quello che hanno sempre fatto, incluso il mantenere i
legami con le organizzazioni di tipo criminale.
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   Sulla questione degli enti locali e dei commissari, sarei
curioso di sapere se lei intenda impegnarsi (prima non è stato
fatto) per fare un bilancio dell'azione dei commissari, perché
nella maggior parte dei comuni la presenza dei commissari non
ha cambiato assolutamente nulla, anzi, ha peggiorato la
situazione. Dico questo anche perché la burocrazia è rimasta
identica. Si verifica addirittura un caso strano, che non so
se sia stato rilevato: molti sindaci sono segretari in un
comune e sindaci in un altro (si tratta di comuni vicini) e a
volte sono entrambi sospettati di essere mafiosi. Sarei
curioso di sapere cosa vi sia dietro, qualora riuscissimo a
svolgere un'indagine di questo genere.
   Il primo dovere che lei ha in qualità di ministro
dell'interno - e mi auguro che riesca ad adempierlo - è quello
di garantire allo Stato il monopolio della violenza ed il
controllo del territorio, e non ci siamo affatto, non ultimo
per una ragione che è stata evidenziata in questa sede e che
vorrei riprendere. Sono tra gli ammiratori dei carabinieri,
sia ben chiaro; però, mi rendo conto che le condizioni nelle
quali essi sono chiamati ad adempiere il proprio dovere non
sono sempre delle migliori. In Calabria accade questo: se una
persona alle 8 di sera telefona ad una caserma dei carabinieri
si sente dire "chiami il 113". Quando riesce ad avere la
comunicazione con il 113...
  PRESIDENTE. Il 112, perché sarebbe veramente incredibile
che dicesse "il 113"...!
  SAVERIO DI BELLA. Il 112, mi scusi; ma capita anche
questo, non è casuale.
   Finalmente risponde la legione di Catanzaro. Non so se
conosciate le distanze e soprattutto le strade della Calabria:
il soccorso invocato arriva la mattina dopo.
   Ciò, tradotto in termini pratici, significa che la
popolazione ha la consapevolezza che la notte il controllo del
territorio è in mano alla malavita. E' una situazione
insostenibile, perché da questo punto di vista o riusciamo a
far capire che il controllo del territorio è in mano allo
Stato, oppure la popolazione si troverà oggi a chiedere
"caserma dei carabinieri". Per fortuna abbiamo decine di
realtà nelle quali la popolazione scende in piazza; si tratta
di migliaia di persone, anziani, donne, bambini (cito i comuni
di Acquaro, di Stefanaconi ed altri comuni) che chiedono che
lo Stato intervenga. Domani potrebbe essere Platì. I
carabinieri sono visti cioè come occupanti in territorio
nemico. Credo che ciò debba essere evitato. Da questo punto di
vista, chiedo che le misure, cui il ministro accennava, di
maggiore coordinamento tra le forze dell'ordine siano
accelerate e che effettivamente siano adottate con maggiore
decisione, incluso l'uso dell'esercito nel momento in cui
viene stabilito che l'esercito venga inviato, perché se poi in
Calabria la presenza dell'esercito, tradotta in numeri, è di
circa 200 soldati a provincia, francamente è meglio evitare
che si dica che l'esercito è presente in Calabria.
   Un altro aspetto è la questione degli appalti. Vorrei
sapere se lo Stato riesca almeno ad evitare che gli appalti
delle caserme, degli ospedali, delle stesse carceri finiscano
in mano alla malavita. Se volete degli esempi, vi cito quello
del supercarcere di Vibo Valentia in costruzione: la ditta
vincente è quella di Salabè, che alcuni di voi avranno sentito
nominare, subappaltata ad azienda che in loco si dice
essere di tipo mafioso. Chiedo se questo sia tollerabile.
   Altra questione riguarda il fatto che vengono estromesse
dal mercato tutte le ditte che non pagano il pizzo - e questo
è noto - ed anche le ditte appartenenti a famiglie che, avendo
avuto il coraggio di denunciare il racket ed avendo pagato
anche con la morte di alcuni dei propri esponenti (mi viene in
mente la famiglia Conocchiella), si vedono private del lavoro
da aziende statali o da aziende che sulla carta non dovrebbero
temere nulla dalla mafia perché sono abbastanza forti, sempre
sulla carta, per resistere. L'azienda Conocchiella lavora nel
settore degli scavi, movimento terra ed anche per quanto
riguarda...
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   PRESIDENTE. Senatore Di Bella, la prego di formulare la
domanda.
   SAVERIO DI BELLA. La domanda è se lo Stato su questo
terreno intenda almeno utilizzare la propria forza economica e
le proprie committenze per impedire che vengano economicamente
strozzati coloro i quali combattono la mafia.
   Un'altra domanda è la seguente. Per quanto riguarda la
questione della lotta all'economia mafiosa, chiedo se ci si
renda conto che alcune misure potrebbero essere adottate
subito. In un articolo apparso su Il Sole 24 ore ho
letto che molte delle finanziarie non sarebbero iscritte
all'albo; cominciamo con l'eliminare tutte le società non
iscritte all'albo, impedendo loro di agire sul mercato.
   Un'altra questione riguarda la sensibilità da una parte,
la consapevolezza dall'altra e la volontà dall'altra ancora di
combattere il fenomeno affrontando un nodo fondamentale. Se le
cifre fornite dal ministero sono esatte (superiamo i 100 mila
miliardi all'anno di affari mafiosi), mi domando se, senza
arrivare alla nominatività dei titoli, visto che secondo molti
studiosi le mafie investono anche in BOT e CCT, saremo mai in
grado di combattere la criminalità mafiosa. Siamo pronti, come
Governo, ad affrontare questo tema e a fare in modo (magari
garantendo al popolo italiano che i titoli non saranno
tassati) che almeno si sappia chi possiede queste
ricchezze?
   L'ultimo aspetto di questa battaglia (e l'esempio della
Cordopatri è lampante) è rappresentato dall'esistenza di una
proprietà legale, che al catasto risulta appartenere ad
alcuni, e di una proprietà reale che invece appartiene ad
altri, che la gestiscono. Questo avviene non soltanto in
ordine al possesso della terra, ma anche per quanto riguarda
le licenze, a cominciare da quelle dei bar, dalle più
infinitesimali, per finire a tutte le attività di tipo
economico. Ancora una volta, quando pensiamo...
  PRESIDENTE. Senatore Di Bella, mi scusi, ma lei deve
sintetizzare ed arrivare alla domanda.
  SAVERIO DI BELLA. La domanda è la seguente: naturalmente
d'accordo con i ministeri interessati, quando cominceremo a
guardare in faccia questa realtà, andando al di là
dell'apparenza?
  LUIGI RAMPONI. Signor presidente, rispettando il suo
appello, sarò brevissimo, ed è un grosso sacrificio, come
potete immaginare, perché effettivamente mi sono dedicato a
queste cose, come ricordava Violante (devo dire anche con più
amarezze che soddisfazioni, specie in termini di proposte per
interventi legislativi) per molti anni. Non mancherà occasione
in questa sede di dare risposta a tanti quesiti, anche per
fornire il mio contributo di esperienza vissuta, ad esempio in
tema di coordinamento, di chiusura delle caserme dei
carabinieri e via dicendo.
   Vorrei formulare una domanda precisa, dopo aver rilevato
con grande piacere che sembra ormai di dominio comune che la
lotta contro la componente economica della malavita è un
elemento assolutamente fondamentale.
   Allora, l'unica norma che era stata introdotta nella legge
n. 197 affinché si realizzasse un certo controllo
nell'immissione del contante nei circuiti finanziari (che è il
punto vulnerabile, veramente vulnerabile, e l'unico,
dell'economia mafiosa) prevede che tutti gli operatori
autorizzati a ricevere denaro contante (se ancora non abbiamo
nemmeno il registro, stiamo a posto), quindi dal bancario al
parabancario, alle finanziarie, alle fiduciarie, debbano
segnalare, al di là del limite dei 20 milioni o non (sapete
che non si possono effettuare operazioni al di sopra dei 20
milioni senza che siano correttamente registrate), in quale
maniera abbiano ottemperato al dettato della legge, che impone
di segnalare immediatamente alle questure immissioni di denaro
di sospetta provenienza. Ciò proprio affinché da parte nostra
si possa avere un'idea della validità di questa prima ed unica
piccola norma che ero riuscito ad ottenere. Tra l'altro, al di
là di tutte le domande e di tutte le critiche, credo che il
primo compito finale di questa Commissione sia quello di
formulare
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proposte normative, legislative per fornire un adeguato
strumento a coloro i quali debbono operare. Spero quindi che,
quando prenderemo in considerazione il discorso della lotta
alla componente economica, troveremo la stessa coesione che ho
visto oggi nell'individuare il problema.
  MAURIZIO BERTUCCI. La mia è una domanda flash,
rapidissima; vorrei tornare per un attimo sul riciclaggio. La
legge contro il riciclaggio è fallita; pare che questo sia
ormai assodato, lo riconoscono tutti, anche i tecnici della
Banca d'Italia. La parte peggiore riguarda comunque - lei lo
sa, signor ministro - le società finanziarie. La questione
delle finanziarie è fondamentale, perché riuscire a bloccare
il riciclaggio del denaro potrebbe essere un'arma micidiale
per combattere e sconfiggere la mafia. Nel sud i titolari
apparenti hanno i requisiti per chiedere licenze di vario
genere (perché è uno dei modi per riciclare il denaro) ma chi
sta veramente dietro i titolari certamente i requisiti non li
ha. Sarebbe forse necessario predisporre una nuova legge, una
nuova legislazione che combatta questi fenomeni.
   Un'altra cosa che si nota è la scarsa collaborazione da
parte di alcuni paesi che sono i paradisi, il rifugio dei
capitali provenienti dal riciclaggio del denaro sporco. In
particolare, uno di questi è l'Austria, oltre ad alcuni paesi
dell'est. Le chiedo: perché non pensare a qualcosa di molto
concreto, come l'embargo o sanzioni di carattere economico?
Sta avvenendo, in modo particolare ai confini dell'Italia e
vicino all'Austria, che interi alberghi vengano venduti ed
acquistati da gente che non si sa da dove provenga (magari
chissà da dove); scavalcando addirittura le leggi regionali,
che sono leggi particolari, dando la titolarità a persone che
sono sul posto, gli alberghi vengono completamente trasformati
in miniappartamenti per un valore di diverse centinaia di
milioni, quindi di miliardi. Questo è un modo di riciclare il
denaro. Le chiedo, quindi, perché non si faccia qualcosa
contro questi paesi, in modo particolare l'Austria, ripeto,
che sono rifugi di denaro sporco.
  ANTONIO DEL PRETE. Signor presidente, onorevole
ministro, sarò brevissimo e porrò una domanda articolata, come
l'odierna audizione richiede. La domanda sarà seguita da una
breve considerazione. Domanda e considerazione attengono al
controllo del territorio, e più specificatamente al flusso
dell'immigrazione clandestina, all'attività che in questo
settore svolge la criminalità organizzata, la quale da essa
trae enormi flussi di denaro.
   Parlo come pugliese: il ministro sa che la mia regione è
esposta. La domanda è la seguente: quale giudizio, quali
concludenti iniziative?
  RENATO MEDURI. Signor presidente, signor ministro,
cercherò di essere il più breve possibile, perché mi rendo
conto che è molto tardi e di solito è penalizzato chi parla
per ultimo.
   Desidero innanzitutto esprimerle, signor ministro, la
piena accettazione della sua relazione, anche per ciò che
attiene agli intendimenti futuri. Non le chiederò per chi
abbia votato la 'ndrangheta in Calabria, perché lei non
potrebbe dirmelo, né voglio invitarla semplicisticamente a
fare i conti e ad affermare che, poiché su 34 collegi 22 sono
andati - in controtendenza con la media nazionale - ai
progressisti ed ai popolari, vuol dire che la mafia ha votato
in quel modo. Non voglio neppure farle dire, altrettanto
semplicisticamente (io ed il collega Tripodi siamo i due
senatori eletti con il sistema maggioritario nei due collegi
della provincia di Reggio Calabria), che nel collegio di
Palmi-Locri - dove operano le cosche Piromalli, Cordì, Cataldo
e quant'altro - la mafia ha votato per Tripodi, mentre a
Reggio Calabria - dove operano i De Stefano, gli Imerti, gli
Iamonte e così via - la mafia ha votato per Meduri. Non credo
sarebbe un modo molto serio di porsi di fronte al rapporto tra
mafia e politica.
   Piuttosto, signor ministro, dal momento che nella sua
relazione ha fatto un accenno alla realtà che vede gli
interessi e le operazioni mafiose passare attraverso grossi
varchi aperti nella pubblica amministrazione - negli enti, nei
comuni, nelle
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province, nelle regioni -, ricollegandomi a quanto è stato
detto dal collega Di Bella, che come me è calabrese e
conoscitore della realtà di quella regione - che poi non è
soltanto di quella regione -, le domando se non sia il caso di
svolgere un'approfondita indagine patrimoniale soprattutto sui
maggiori burocrati, quelli che si occupano, per esempio, di
lavori pubblici, di urbanistica, di concessioni, di
convenzioni, e così via. E' vero, infatti, che spesso la
classe politica si è infangata le mani, ma è pur vero che
qualche volta ha pagato, mentre quasi mai accade di vedere che
opulenti funzionari, i quali mantengono un tenore di vita
assolutamente ingiustificato rispetto ai loro introiti
salariali, vengano perseguiti o quanto meno sottoposti ad
indagini per scoprire da dove traggano i loro proventi. Quindi
le domando, signor ministro, se non ritenga che nelle regioni
a rischio, dove più pesante è stata - per esempio, nelle opere
pubbliche - la presenza dell'imprenditoria mafiosa, sia il
caso di esaminare i patrimoni di politici, ma anche di
burocrati.
   Desidero poi fare una seconda osservazione, signor
ministro, anch'essa derivante dall'esperienza personale di
vita quotidiana vissuta sul territorio della mia regione e
della mia città. Ritengo che la mafia abbia un continuo
bisogno di ricambio nella sua manodopera, per esempio a
livello di sicari, di killer, insomma, di personaggi di
piccola e media portata. Parlo di piccola portata dal punto di
vista decisionale, anche quando...
  PRESIDENTE. Senatore Meduri, la prego di sintetizzare il
suo intervento; non voglio toglierle la parola, ma...
  RENATO MEDURI. Signor presidente, io posso anche
smettere subito di parlare, ma lei non può rivolgermi un
simile richiamo alle 13,15, dopo che ho pazientemente
ascoltato tutti: la prossima volta, allora, verrò direttamente
alle 13, così non ascolterò nessuno e svolgerò subito il mio
intervento.
  PRESIDENTE. Ha ragione, senatore Meduri, ma io auspicavo
soltanto che il suo intervento non si prolungasse troppo e che
lei giungesse senz'altro a formulare le domande.
  RENATO MEDURI. Se vuole, interrompo subito...
  PRESIDENTE. No, desidero semplicemente che arrivi un po'
più rapidamente a porre le domande, considerato che il
ministro ha degli impegni e diversamente non potrebbe
rispondere.
  RENATO MEDURI. Il ministro potrà risponderci in un'altra
occasione, anche perché non credo sia in possesso di tutto lo
scibile sulla materia, quindi è probabile che abbia bisogno di
svolgere riflessioni ed approfondimenti sulle domande che gli
sono state rivolte.
  PRESIDENTE. Penso che il ministro sarà in grado di dare
sul momento adeguate risposte, poi eventualmente concorderemo
un'altra occasione di incontro. Continui pure, senatore
Meduri.
  RENATO MEDURI. Intendevo dire che gran parte
dell'arruolamento avviene pescando a piene mani - o a piene
reti, trattandosi di pesca - nelle file della
microcriminalità, perché quest'ultima - che è poi il settore
criminoso che il cittadino sente di più sulla propria pelle -
rappresenta la scuola attraverso la quale si formano i grandi
criminali. Spesso avviene che la microcriminalità sia
pochissimo considerata da parte dello Stato e, soprattutto, da
parte della polizia. Voglio fare un esempio plastico: nella
mia città esiste un distaccamento di polizia allocato in una
vecchia caserma militare, un padiglione della quale è adibito
ad ospedale, un altro è usato dalla polizia ed un terzo
accoglie, invece, un gruppo di nomadi folto ed importante, nel
quale operano criminali piccoli e grandi di ogni genere.
Questi agiscono impuniti soprattutto dal momento in cui la
polizia non ha trovato di meglio da fare che alzare un alto
muro con su scritto "limite invalicabile", lasciando che
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all'interno dell'adiacente padiglione occupato dai nomadi la
gente vada a contrattare la restituzione delle auto rubate,
che sono poste lì, come il collega Tripodi sa. Intendo dire
che in questo senso lo Stato è del tutto carente e l'economia
di quella zona è completamente distrutta. Considerata anche
l'avvenuta depenalizzazione dei piccoli reati, vorrei sapere
se il ministro non ritenga che, invece, lo Stato debba
esercitare un maggior controllo, repressivo nei confronti
della microcriminalità, ma preventivo nei riguardi della
possibilità per la mafia di attingere alla microcriminalità
stessa.
   In conclusione, signor ministro, faccio mie le
considerazioni svolte dai colleghi Bargone e Bonsanti per
quanto riguarda la situazione della baronessa Cordopatri, che
rappresenta la dimostrazione plastica della resa dello Stato
davanti alla criminalità.
  PRESIDENTE. Comunico incidentalmente che oggi l'ufficio
di presidenza prenderà in considerazione anche
quest'argomento, per predisporre un primo intervento.
  CONCETTO SCIVOLETTO. Signor presidente, desidero
formulare brevissimamente una domanda di ordine tecnico. Il
ministro ha avviato la sua relazione con un riferimento ai
dati statistici relativi ai primi sette mesi del 1994:
suppongo che tali dati facciano riferimento anche ai delitti
collegati al fenomeno dell'usura. Dico questo perché leggendo,
nel mese di agosto, gli articoli pubblicati dai giornali sulla
materia, non ho trovato alcun riferimento a tale fenomeno, del
quale invece siamo tutti preoccupati.
   In secondo luogo, il ministro ha parlato della
penetrazione della criminalità ed ha fatto riferimento
all'imprenditoria commerciale, industriale, ai professionisti
e poi, se non erro, ha fatto cenno al settore
dell'informazione: ebbene, se possibile, vorrei sapere di più
su questo specifico aspetto, sugli elementi in possesso del
ministro e sul modo in cui è possibile combatterlo.
   Concludo con un'ultima questione. Tra i personaggi a
rischio nella lotta contro la mafia vi sono gli amministratori
schierati contro di essa (vi sono gli amministratori
progressisti in Sicilia, di cui abbiamo parlato) ed anche i
responsabili di alcune associazioni antiracket. Vorrei
conoscere la valutazione del ministro in proposito, ossia se
ritenga che le misure di protezione di tali persone a rischio
siano adeguate o, nel caso non lo fossero - come io credo -,
che misure intenda adottare.
  LUIGI MANCONI. Approfitto degli interventi già svolti
dai colleghi per limitare al minimo il mio e rivolgere al
ministro una sola domanda. Vorrei sapere se egli non ritenga
opportuno che si dedichi una nuova audizione - o comunque una
relazione dettagliata e circostanziata, con indicazioni
precise - all'indicazione delle strategie e dei mezzi volti a
combattere la mafia come grande sistema economico,
imprenditoriale e finanziario. Molti interventi hanno toccato
vari aspetti della criminalità organizzata come sistema
economico-finanziario, ma nell'esposizione del ministro alle
strategie di lotta contro questa dimensione della mafia è
stato dedicato - credo inevitabilmente - solo qualche accenno.
Si è parlato delle società finanziarie, ma esiste anche il
problema della rete degli sportelli bancari, nonché, com'è
noto, quello delle connessioni con settori della finanza
nazionale ed internazionale, che sappiamo quanto
contribuiscano a rendere la mafia un sistema internazionale.
Allora, ritengo che in proposito sarebbe molto importante
parlare, in termini dettagliati e circostanziati, ripeto, di
strategie e di mezzi, uomini, strumenti per combattere questo
aspetto, che non considero secondario, ma anzi credo
rappresenti il cuore stesso del fenomeno della criminalità
organizzata. Vorrei sapere, insisto, se sia possibile
ipotizzare un'audizione dedicata specificatamente a questo
tema, oppure una relazione puntuale sui termini delle
strategie che si intende adottare.
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   NICHI VENDOLA. Mi sarei aspettato di trovare, nella
relazione del ministro, anche una ricognizione sul tema del
rapporto fra mafia ed enti locali. In merito a quest'aspetto,
credo sia necessario compiere un bilancio sull'esperienza
dello scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni
della malavita organizzata. Il 20 novembre, signor ministro,
andrò a votare per il rinnovo del consiglio comunale del mio
paese...
  ANTONIO BARGONE. Se non sarà rinviato: lo chieda al
ministro...
  NICHI VENDOLA. A tutt'oggi, signor ministro, pur essendo
intervenuto un provvedimento di scioglimento del consiglio
comunale - che credo abbia avuto all'origine anche una mia
interrogazione parlamentare che, tanto tempo fa, richiedeva
quel tipo di intervento -, non sarei in grado di spiegare ai
miei concittadini perché sia stato sciolto il consiglio
comunale e perché si vada a votare. Il mio è il comune di
Terlizzi, ma si può fare l'esempio di Modugno e di tanti
altri. Mi sto riferendo alla provincia di Bari, ma credo che
il ragionamento sia generalizzabile: non soltanto abbiamo
individuato nella burocrazia comunale (che, come lei sa,
rappresenta un po' la memoria storica dei sistemi di potere)
un ostacolo straordinario ed insormontabile al tentativo delle
commissioni straordinarie di produrre un rilancio ed un
ripristino della legalità in quei comuni, ma a volte abbiamo
dovuto riscontrare il fallimento totale proprio delle
amministrazioni straordinarie. Se, per esempio, esaminiamo un
decreto di scioglimento - poniamo, quello del consiglio
comunale di Trani - e leggiamo che tra le motivazioni da cui
ha tratto origine un provvedimento così traumatico, come la
sospensione di un'assemblea democratica, vi è quella della
presenza sul territorio di una distilleria illegale, che si
trova in mano a tali Palma, probabilmente legati alla camorra
di Avellino, e se poi andiamo ad analizzare gli atti della
commissione straordinaria possiamo constatare che tra questi è
contenuto il permesso per tale distilleria di riprendere il
suo lavoro. Vi sono, poi, commissioni edilizie, insediate
dalle commissioni straordinarie, nelle quali siedono
personaggi inquisiti per corruzione, concussione e,
addirittura, per usura. Allora, vi è davvero bisogno di
compiere un bilancio. Perché dico di non saper spiegare?
Perché, dopo che è stato sciolto il consiglio comunale del mio
paese, la malavita organizzata ha risposto con un'autobomba,
con una tentata strage. Bene, nessuno è in carcere per quella
tentata strage. D'altronde, nel mio paese vi sono quattro
carabinieri, per cui nessuno svolge le indagini; ed il giudice
che a Bari dovrebbe farlo si sta occupando in questo momento
di 22 o 23 processi molto delicati. Nessuno degli
amministratori accusati di essere apertamente collusi con la
malavita è stato arrestato. Allora, non so perché torno a
votare. Si tratta di un problema delicato che dobbiamo
affrontare, perché noi abbiamo guardato ad uno strumento
traumatico, qual è lo scioglimento del consiglio comunale,
come ad un male necessario per poter ripristinare in alcuni
territori un minimo di legalità.
   Evito tutte le considerazioni politiche, che pure mi
interessava fare, e mi riferisco a fatti concreti. Per quanto
riguarda il condono edilizio motivato dal problema
dell'abusivismo di necessità, troviamo da un lato gli abusivi
di necessità che si sentono penalizzati e sostengono che il
condono non risponde al loro problema e dall'altro, ad
esempio, il sindaco di Napoli secondo il quale il condono
sarebbe un regalo alla camorra, cioè non a chi costruisce la
villetta con i soldi portati dalla Germania come emigrante, ma
a chi divora interi pezzi di costa pugliese o calabra. Il
ministro dell'interno cosa pensa in generale dell'attenuazione
della cultura vincolistica della verifica e del controllo del
patrimonio territoriale in Italia?
   Si sta per aprire presso la Commissione giustizia un
interessante dibattito - che, in realtà, è un bilancio -, che
credo attraversi tutte le forze politiche, sulla legislazione
punizionista e proibizionista a proposito di sostanze
stupefacenti; e la mafia è il grande monopolista della
raffinazione
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e commercializzazione di eroina in Italia. Anche su
questo il ministro, al di là delle sue opinioni personali, ha
tutti gli elementi per tracciare un quadro comparativo, visto
che si tratta di intervenire su una fonte di accumulazione di
capitali mafiosi.
   Per ultimo, vi è la questione delle banche. La Cassa di
risparmio di Puglia, che non dà una lira ai commercianti, agli
agricoltori e alle piccole imprese - lo chieda al suo collega
Tatarella - (trovare 8 miliardi per un'officina grande come
Calabrese è difficile) ed ha un patrimonio consolidato stimato
intorno ai 350 miliardi, oggi si trova ad avere crediti per
450 miliardi presso due gruppi che si chiamano Casillo a
Foggia (200 miliardi) e Cavallari a Bari (250 miliardi), in
aperta violazione da almeno 10 anni delle regole più
elementari della valutazione creditizia. Allora, per quella
situazione, in cui il presidente della Cassa di risparmio di
Puglia è uno dei tre padroni della Gazzetta del
Mezzogiorno, cosa si fa? Chi ci dice qualcosa? Oltre
all'ispezione segreta della Banca d'Italia, ho diritto di
sapere perché ha chiuso l'impresa in cui lavoravano 100
operai, costretta magari a rivolgersi allo strozzino, mentre
la banca ha potuto finanziare i principali gruppi mafiosi
presenti nel territorio della mia regione!
  PRESIDENTE. Rinuncio alle mie domande e propongo
semplicemente al ministro di inviare alla Commissione una
documentazione sul sistema attuale di protezione dei
collaboratori di giustizia, individuando in particolare le
regioni ed i tipi di reati dei collaboratori di giustizia, il
tipo di protezione offerto fino ad oggi e le problematiche che
si sono aperte nella tutela, nella gestione ed anche nel
mantenimento di tali collaboratori. Lo stesso in relazione ai
testimoni ed alle vittime della mafia, facendo riferimento
anche agli intralci - che attualmente sembra siano molto
numerosi - relativi al risarcimento, o comunque all'indennità,
anche se provvisoria, per i testimoni e le vittime della
mafia.
   Ancora, ci sarebbe utile una documentazione riguardante le
amministrazioni locali e le infiltrazioni mafiose, per avere
un quadro attuale della situazione ed una sui problemi
collegati alle finanziarie: quante ne esistono in Italia;
quali controlli sono stati effettuati; quali finanziarie sono
state chiuse e per quale motivo. Sulla base di tale
documentazione, la Commissione potrà lavorare; si riserva
comunque di risentire il ministro, se necessario.
   Prima di dare la parola al ministro Maroni, credo sia
giusto leggervi il seguente comunicato dell'agenzia Dire
inteso a motivare l'assenza dei componenti del gruppo della
lega nord (questa mattina, guardando i banchi, non vedevo
quasi nessuno): "Come già annunciato nei giorni scorsi" - non
so se fosse stato annunciato: a me no di sicuro - "i
parlamentari della lega nord non parteciperanno all'odierna
seduta della Commissione antimafia, pur confermando - si legge
in un comunicato del gruppo del carroccio a palazzo Madama -
la propria stima ai ministri Maroni e Biondi, la cui audizione
è prevista per oggi. (Si ride).
   I parlamentari della lega ritengono che, stante
l'atteggiamento della presidente Parenti, non sussistano le
condizioni per la loro partecipazione ai lavori della
Commissione. La Parenti - continua il comunicato - la smetta
di fare il giudice e faccia il presidente della Commissione,
accetti il confronto e le proposte dei parlamentari della lega
e non dimentichi che, se è arrivata in Parlamento, lo deve ai
fondamentali voti degli elettori leghisti. Comunque - conclude
il gruppo senatoriale leghista - non essendo consentito il
dialogo, i commissari della lega proporranno un emendamento al
regolamento della Commissione che istituisca il comitato per
la lotta alla mafia del nord".
  GIUSEPPE AYALA. "Del" o "nel nord"?
  PRESIDENTE. "Del nord. Torneranno in Commissione quando
la discussione e la votazione degli emendamenti saranno posti
all'ordine del giorno dei lavori della Commissione".
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   Ho capito la domanda. Non mi è stato fatto presente questo
problema se non dal capogruppo del Senato, al quale ho detto
che la mafia del nord sarà anche importante, ma il nostro
lavoro dovrà riguardare tutta l'Italia. Per quanto riguarda il
nord, affronteremo in particolare il riciclaggio ed i vari
problemi legati all'economia.
   Da questa breve conversazione avuta con il capogruppo del
Senato - rimandando poi la definizione della tematica ai vari
gruppi di studio -, è emerso il comunicato del quale vi ho
dato lettura, perché credo voglia costituire, nelle intenzioni
di chi lo ha elaborato, una giustificazione del fatto che i
parlamentari della lega non intendono essere presenti alle
sedute di questa Commissione.
  LUCIANO VIOLANTE. Non vi sono problemi perché sono
presenti 5 parlamentari su 26 della maggioranza, mentre per
l'opposizione ve ne sono 18 su 24.
  PRESIDENTE. I giustificati, o meglio i pretesi
giustificati, sono soltanto questi.
   Sospendo brevemente la seduta; riprenderemo con le
risposte del ministro.
  La seduta, sospesa alle 13,35, è ripresa alle
13,50.
  PRESIDENTE. Vorrei chiedere al ministro di inviare alla
Commissione antimafia lo schema di regolamento che è in fase
di elaborazione, in quanto ritengo che anche il nostro parere
potrebbe avere senso. Mi riferisco al regolamento sui pentiti,
i testimoni e le vittime della mafia.
  LUCIANO VIOLANTE. Un piccolo problema esiste. La sua
proposta di acquisire il testo o le linee fondamentali per
discutere è giustissima, ma va evitata la cogestione tra
Parlamento e Governo. Si tratta di un atto del Governo ed il
parere preventivo va chiesto soltanto agli organi demandati,
cioè al solo Consiglio superiore, se non sbaglio.
   Evitiamo dunque la cogestione, affinché domani il Governo
- lo dico in qualità di opposizione - non possa dire "anche la
Commissione antimafia era d'accordo".
  PRESIDENTE. Lo facciamo a fini di studio perché dobbiamo
affrontare il problema.
  LUCIANO VIOLANTE. Conosciamo le linee fondamentali, ma
valutiamo se esprimere un parere.
  PRESIDENTE. Non un parere formale; servirà per lo studio
del problema da parte della Commissione.
  LUCIANO VIOLANTE. Ripeto, l'importante è evitare la
cogestione.
  PRESIDENTE. Do la parola al ministro Maroni per la
replica.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Cercherò di
essere contenuto nei tempi, ma esauriente nelle risposte.
   Vorrei esordire dando una buona notizia, che forse
qualcuno di voi già conosce: in un'operazione conclusasi
stamani, la polizia ha arrestato a Gallipoli 17 persone
ritenute appartenenti ad un clan, affiliato alla Sacra corona
unita, capeggiato dal boss Luigi Padovano, soprannominato
"Gigi l'americano", il quale è tra gli arrestati. Le accuse
sono di associazione per delinquere di stampo mafioso,
traffico di stupefacenti e attentati dinamitardi. L'operazione
è collegata ad altre due, compiute dalla polizia, nei mesi di
agosto e novembre 1993, nelle quali vennero arrestati altri
componenti del clan Padovano.
   Speriamo che questo sia di buon auspicio affinché tutte le
volte che interverrò ai lavori della Commissione si compiano
operazioni del genere.
  GIUSEPPE AYALA. Venga qui tutti i giorni!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno.
Effettivamente ogni giorno vi sono notizie del genere, anche
senza che io venga qui.
   Numerose e pertinenti sono state le domande; alcune
riguardano iniziative e suggerimenti per eventuali iniziative
oppure dichiarazioni che impegnano il Governo: pertanto, anche
per non subire l'ira del
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mio amico Ferrara, credo sia opportuno che le risposte e le
precisazioni vengano date dal Presidente del Consiglio, che
sarà ospite della Commissione successivamente.
   Risponderò alle domande concernenti l'attività specifica
del mio ministero, facendo presente - riferendomi ad alcune
osservazioni sollevate, ivi comprese quelle del presidente
Parenti - che la mia relazione è stata incentrata soprattutto
sulle prospettive di azione della lotta contro la criminalità
organizzata piuttosto che su un resoconto dell'attività
svolta. Il resoconto, infatti, è contenuto in due precedenti
relazioni, l'una del dipartimento di pubblica sicurezza,
carabinieri e Guardia di finanza, l'altra specifica della
direzione investigativa antimafia, che nel mese di luglio ho
consegnato al Parlamento e che rappresentano la risposta a
molte domande formulate: esse contengono dati, statistiche ed
una relazione analitica dell'attività svolta dall'apparato di
sicurezza nel settore della criminalità organizzata ed in
quello della criminalità di altro tipo. Non ho voluto
appositamente appesantire questa relazione di dati e
informazioni già consegnati al Parlamento circa due mesi
fa.
   Fatte queste due precisazioni, passo a rispondere alle
domande formulate dai commissari. Il primo ad intervenire è
stato il collega Imposimato, che lamenta manipolazioni sulle
pubbliche istituzioni, soprattutto in Sicilia. Questo è vero;
devo precisare - in tal modo rispondo anche ai quesiti rivolti
sullo stesso argomento da altri colleghi, i quali
sollecitavano un mio intervento sulle burocrazie e sulla
struttura dei segretari comunali in Sicilia e fuori dell'isola
- che, come tutti voi certo ben sapete, l'intervento del
ministro dell'interno nella regione siciliana non è possibile
in questo settore, né in quello dell'organizzazione degli enti
locali né nel comparto dei segretari comunali, ossia delle
burocrazie. Certamente l'intervento è possibile quando i
comuni vengono sciolti per infiltrazioni mafiose, tant'è che
ho già disposto un'analisi della situazione.
   Uno dei punti deboli da me riscontrati, a cui presto
porremo rimedio, è quello che prevede che le funzioni di
commissario vengano svolte generalmente da un funzionario
della prefettura, alla quale appartiene il comune, il quale
può compiere questa attività quasi sempre e solo part
time, non a tempo pieno.
   Si tratta di un limite che va superato, e che intendo
superare inviando come commissari nei comuni sciolti per
infiltrazioni mafiose funzionari provenienti dal ministero -
coadiuvati localmente dalle prefetture - che abbiano la
possibilità di dedicarsi a tempo pieno all'amministrazione del
comune, ancorché piccolo. In questi comuni il problema non è
di organizzare al meglio l'amministrazione: si tratta di
svolgere un compito che va al di là dell'amministrazione
stessa, in quanto occorre individuare e recidere i legami
mafiosi tra la criminalità e la struttura che non sempre -
come ha dimostrato l'esperienza - si sono limitati alla
componente politica (diciamo così) dell'amministrazione.
Occorre un'investigazione e soprattutto un'attenzione che non
può essere part time, a tempo parziale.
   Sul ghetto di Villa Literno le indagini sono in corso, ma
sembra accertato che sia stato un incendio del tutto fortuito.
Si tratterà di trovare una sistemazione, di affrontare e
risolvere i problemi di questo ghetto - che non riguardano
solo questo - in termini di intervento generale. Per questi
motivi, è stato costituito un comitato di ministri, coordinati
dal collega Guidi, che deve affrontare in tutti i suoi aspetti
la tematica dell'immigrazione, una problematica che non
riguarda solo l'aspetto repressivo, in quanto coinvolge anche
l'accoglienza e la gestione dello "stare in Italia" in
condizioni decenti dal punto di vista igienico-sanitario, e
non solo da questo.
   Sui movimenti ai vertici della polizia, che secondo il
collega Imposimato hanno creato allarme, devo dire che ho
registrato allarme dalle colonne di qualche giornale, non
all'interno della struttura né tanto meno tra i diretti
interessati. Credo sia utile ed opportuno che la Commissione
svolga un'audizione del prefetto De Gennaro per fugare
qualsiasi dubbio. Il prefetto De Gennaro, il quale era a capo
della
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DIA, è diventato capo del capo della DIA; a lui ho affidato
il compito di riorganizzare tutto il settore investigativo
dell'apparato di sicurezza, non solo della polizia. Con questo
rispondo anche alla domanda dell'onorevole Bargone, il quale
ha chiesto notizie circa la mancata attuazione della normativa
secondo la quale i ROS e i GICO dovrebbero confluire nella
DIA.
   Il tema del coordinamento è annoso e voi conoscete i
problemi che esso comporta, oltre alle resistenze ed alle
gelosie esistenti. Credo che per fare una cosa utile - e per
utile intendo una razionalizzazione del sistema che non sia un
depotenziamento, uno svilimento, una demotivazione delle
strutture esistenti semplicemente per il gusto di averne
creata una sola - occorra valutare la situazione con calma ed
attenzione, facendolo fare agli esperti. Mi sembra che il
dottor De Gennaro, dopo aver costituito lo SCO ed averlo fatto
funzionare con successo (tra parentesi, lo SCO ha gestito per
due anni un'operazione Italia-USA con l'FBI che ha portato
all'arresto di oltre 100 mafiosi), ha organizzato la direzione
investigativa antimafia. Ritengo che con queste esperienze
abbia maturato una conoscenza approfondita dei sistemi di
investigazione; ho voluto attribuirgli la responsabilità di
valutare e riorganizzare tutto il sistema investigativo,
perché ho avvertito l'esigenza - come la sentono alcuni
colleghi e come peraltro prevede la legge - di unificare gli
sforzi e di coordinare meglio le strutture che nel corso degli
anni sono state costituite con lo scopo di operare nel settore
investigativo e che, qualche volta, purtroppo creano
sovrapposizioni e duplicazioni di funzioni.
   Non mi sembra, quindi, sia stato un siluramento; né mi
sembra vi sia allarme nelle strutture; mi sembra ingeneroso
dire queste cose perché si considerano la professionalità e la
dedizione al dovere del sostituto del prefetto De Gennaro, il
generale della Guardia di finanza Gianni Verdicchio, non
all'altezza della situazione. Credo che non sia così; sono
sicuro che non è così: il generale Verdicchio è certamente in
grado di gestire e di continuare a gestire la DIA com'è stato
fatto finora, avendo gli stessi successi e continuando
nell'azione di profondo attacco alla criminalità organizzata
che è avvenuta sotto la gestione De Gennaro. Peraltro, il
generale Verdicchio, lo sapete, era il vice del dottor De
Gennaro: anche questo è un segnale di continuità nella
gestione della direzione.
   Tra gli spostamenti che però non vengono quasi mai
sottolineati, ve ne sono stati alcuni che invece danno un
segnale estremamente forte nel senso dell'accanimento nella
lotta contro la criminalità organizzata. A Palermo abbiamo
mandato il capo della Criminalpol - la persona che De Gennaro
ha sostituito - cioé il prefetto Luigi Rossi, che oggi nel
settore investigativo credo sia l'uomo migliore. L'abbiamo
mandato a Palermo, non in pensione. Abbiamo mandato il
questore La Barbera e a detta di tutti la coppia Rossi-La
Barbera è una delle più efficaci nella lotta alla criminalità
organizzata.
   Abbiamo sostituito il prefetto di Reggio Calabria
inviandovi il prefetto Rapisarda che è stato questore a Reggio
Calabria, il quale ha un taglio più operativo: anche questo è
un segnale ben preciso che abbiamo voluto dare.
   Inoltre, abbiamo nominato alto commissario contro il
racket il prefetto Musio, proveniente da Palermo, dove ha
maturato una conoscenza specifica dei problemi oltre ad una
capacità di far cooperare le istituzioni governative e quelle
non governative, in primo luogo le associazioni antiracket, il
che rappresenta davvero la nuova frontiera - senza voler
enfatizzare - nella lotta contro la criminalità, il racket e
l'usura. Il compito del prefetto è proprio questo, non quello
- come qualcuno ha sostenuto - di avere una direzione politica
delle operazioni o di avere una sovrapposizione di ruoli. Il
suo compito è quello di coprire il vuoto che c'è stato finora,
cioè di occuparsi del coordinamento tra l'azione dello Stato e
quella svolta nella stessa direzione da associazioni ed enti
che sono fuori dalle istituzioni, in primo luogo dal mondo del
volontariato.
   Credo che la collaborazione tra questi due mondi, che
finora non si sono parlati, sia essenziale da una parte per
sviluppare
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la coscienza critica dei cittadini sul fenomeno mafioso,
dall'altra per consentire all'azione dello Stato di essere più
efficace. Abbiamo notato, per esempio, che in Puglia, dove le
associazioni antiracket hanno avuto uno sviluppo più forte che
in altre regioni, la vita della criminalità organizzata è più
difficile; non è solo questo il motivo, ma si tratta pur
sempre di un sintomo. I compiti dell'alto commissario contro
il racket sono proprio quelli di coordinare l'apparato
investigativo e repressivo dello Stato con l'attività di chi,
al di fuori delle istituzioni, mira ad ottenere lo stesso
risultato.
   Al collega Stajano vorrei dire che il silenzio di Cosa
nostra non è addebitabile ad una trattativa con i nuovi
politici; per lo meno per quanto mi riguarda non c'è nessuna
trattativa in corso né ci sarà mai.
  RAFFAELE BERTONI. Con lei non c'è dubbio!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Per quanto
mi risulta, non c'è nessuna trattativa in corso con i
politici. Credo che il silenzio di Cosa nostra sia relativo,
perché non scoppiano le bombe, ma la mafia i suoi affari li
sta facendo, eccome!
  LUCIANO VIOLANTE. E gli attentati anche!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Certo,
anche gli attentati, seppure non clamorosi. Il silenzio appare
tale forse perché non ci sono i titoli sui giornali ma, se
analizziamo la realtà locale, vediamo che la mafia ha solo
abbassato la voce, ma che non sta zitta. In parte ciò è dovuto
all'efficace azione dello Stato.
   Bollettini come quello che vi ho letto prima sono ormai
quotidiani e ricorderete che circa un mese fa la polizia e la
Guardia di finanza hanno effettuato una megaoperazione che ha
interessato quasi tutta l'Italia, soprattutto al nord, grazie
alla quale è stata decapitata la struttura della 'ndrangheta
al di fuori della Calabria: per la prima volta sono stati
catturati uomini di peso e di vertice. Voi tutti conoscete le
peculiarità della struttura della 'ndrangheta e sapete che è
ben diversa da quella della mafia, della camorra o della Sacra
corona unita; conoscete lo stretto legame familiare che rende
difficile l'azione dello Stato sul versante dell'acquisizione
di testimonianze o di rivelazioni da parte di appartenenti a
quest'associazione criminale. Crediamo, però, che questa possa
essere l'occasione giusta: le persone arrestate finora non
hanno parlato e sono in attesa di capire - questa la mia
impressione - se la risposta dello Stato sia di fermezza o se
vi sia qualche spiraglio che consentirà loro, dopo aver
scontato qualche anno di carcere, di tornare a fare quello che
facevano prima.
   In quest'ottica ritengo importante quanto diceva il
collega Violante a proposito dell'articolo 41-bis e più
in generale sulle misure restrittive della libertà personale
nei confronti dei mafiosi. Anch'io ritengo che dovremmo
anticipare i tempi, considerando che il periodo di vigenza di
tale articolo scade nel giugno 1995. Credo che abbiamo a
portata di mano una grande possibilità d'attacco, un attacco
che però resta sospeso in attesa che si sappia cosa accadrà di
quest'articolo, perché nei confronti della 'ndrangheta
possiamo avvalerci solo in misura limitata dei pentiti (su
oltre 700 soggetti, solo poche unità) proprio per il legame
fortissimo tra i suoi componenti. Oggi abbiamo la grande
occasione storica di fare con quest'associazione la stessa
esperienza che è stata fatta uno o due anni fa con Cosa
nostra. Però, dobbiamo dare un segnale di grande fermezza e
far capire ai boss che per loro non ci sarà speranza se non
cominceranno a collaborare con la giustizia.
   Credo perciò che sia utile anticipare i tempi ed
affronterò l'argomento in sede di comitato nazionale per
l'ordine e la sicurezza pubblica, che ho già convocato il 27
settembre, al mio ritorno dagli Stati Uniti. Sottoporrò la
questione al collega Biondi, al quale ho proposto in modo un
po' scherzoso di gestire la materia "in condominio"; infatti,
la competenza è del Ministero di grazia e giustizia, ma
l'applicazione
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della norma ha conseguenze dirette sulle vicende del
Ministero dell'interno, almeno per il 50 per cento. Porrò
all'attenzione del prossimo comitato nazionale per l'ordine e
la sicurezza pubblica l'esigenza di anticipare i tempi per la
proroga o comunque per la trasformazione in norma permanente
di quanto stabilito dall'articolo 41-bis.
   Il collega Arlacchi ha chiesto notizie sulla fisionomia
dell'Europol. Si tratta di una forma di collaborazione
sovrastatuale dell'attività investigativa nel settore del
traffico di stupefacenti ed è questo il livello al quale
dobbiamo portare tutta l'attività investigativa; non possiamo
più permetterci investigazioni non collegate a quelle degli
altri paesi europei e dobbiamo avvalerci di una struttura che
consenta di superare segreti e resistenze.
   Ho avuto modo di svolgere queste considerazioni nel corso
della riunione dei ministri dell'interno e della giustizia che
si è svolta a giugno a Lussemburgo. In quella sede è stato
dato il via alla fase operativa di Europol ed è stato
costituito l'ufficio di presidenza che entro la fine dell'anno
dovrà presentare una relazione sui tempi di implementazione
della struttura. Ce ne sarà una centrale ed una decentrata in
ogni Stato, direttamente collegata a quella centrale; per
quella costituita in Italia credo sia utile sfruttare
l'esperienza che il prefetto Sotgiu ha maturato in questi
anni, per cui vi sarà un avvicendamento al dipartimento
antidroga.
   Questa struttura rappresenta il livello al quale deve
attestarsi oggi l'attività investigativa dei vari Stati;
purtroppo, come ho avuto modo di dire in quell'occasione,
siamo in ritardo rispetto all'evoluzione della criminalità.
Questa, il giorno dopo la caduta del muro di Berlino, ha
immediatamente stabilito contatti con la cosiddetta mafia
russa. Sapete certamente che dieci giorni fa l'FBI ha deciso
di istituire nel proprio ambito una divisione speciale contro
la mafia russa presente negli Stati Uniti. Noi siamo ancora
qui a decidere chi dovrà diventare il vicepresidente o il
vicesegretario di Europol, se debba essere un tedesco, un
francese o un italiano. Purtroppo i tempi sono molto lenti e
prima della fine dell'anno avremo una riunione su questo tema:
mi auguro che si possano definire in fretta le nomine, perché
non credo si possa mantenere il ritardo solo per questioni di
sciovinismo nazionalistico.
   Quanto alla nuova organizzazione della polizia e dei
carabinieri, il collega Arlacchi conosce bene, come altri, i
termini della questione. Ci stiamo attrezzando per affrontare
il problema del coordinamento e in proposito esistono varie
teorie ed ipotesi. Rispondendo così anche ad un altro collega,
ricordo che viene ipotizzata una competenza territoriale, per
cui i carabinieri sarebbero presenti nei piccoli centri e la
polizia nelle grandi metropoli; viene anche prospettata una
competenza per materia, affidando certi reati ai carabinieri,
altri alla polizia ed altri ancora alla Guardia di finanza.
Esistono poi ulteriori ipotesi, meno drastiche, che stiamo
valutando. E' stato comunque costituito un gruppo di lavoro
tra le forze di polizia che presenterà entro la fine di
novembre una proposta operativa sul coordinamento.
   Parallelamente stiamo risolvendo l'annosa questione, che
solo apparentemente non ha legami con il coordinamento,
dell'equiparazione delle carriere: il termine previsto dalla
legge per approvare il provvedimento era fissato al 30 di
settembre, ma la legge stessa stabilisce che il testo debba
essere presentato tre mesi prima alla Commissione
parlamentare. Abbiamo perciò chiesto una proroga al 28
febbraio e ci siamo impegnati a presentare al Parlamento lo
schema di decreto del Presidente della Repubblica di
equiparazione delle carriere al più tardi entro la fine di
novembre, forse prima. Si tratta di provvedimenti che, se
attuati, produrranno un miglior coordinamento nei fatti perché
stempereranno quelle tensioni da collega a collega, da caserma
a caserma, da commissariato a commissariato: infatti, tra due
persone che svolgono le stesse funzioni, se ce n'è una che
guadagna di più o una che ha un migliore stato giuridico, si
creano con facilità attriti.
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   Non credo di poter rispondere a questa come a tante altre
grandi questioni che mi sono state poste, in parte perchè deve
essere il Governo a dare la risposta e quindi mi sembra
corretto consentire al Presidente del Consiglio di replicare,
in parte perché riguardano iniziative legislative che devono
essere esaminate dal Parlamento. La domanda rivolta al
ministro dell'interno e al Governo sulla volontà di assumere
queste iniziative può essere da me senz'altro recepita, ma
esse riguardano la modifica della legislazione vigente;
comunque, sono disposto a sostenerle in sede parlamentare. Non
voglio però che mi venga chiesto da una parte di assumere
un'iniziativa legislativa e dall'altra, come già è accaduto,
come mai il Governo abbia presentato una sua proposta di legge
sull'usura, con ciò censurando l'operato dell'Esecutivo.
   Il ministro dell'interno deve provvedere all'applicazione
della legge ed allo studio di strumenti normativi
regolamentari utili a tal fine; inoltre, può prendere in
considerazione favorevole strumenti legislativi, che però sono
di pertinenza del Parlamento e che quindi in quella sede
devono essere discussi. Tali strumenti possono essere
presentati da tutti i parlamentari, naturalmente oltre che dal
sottoscritto.
   Per quanto riguarda le case da gioco, nel corso di un
convegno tenutosi a Cernobbio ho avuto modo di indicare in
esse uno degli strumenti che la criminalità organizzata
utilizza ed ha utilizzato in passato per il riciclaggio del
denaro sporco. Un altro di questi strumenti è l'usura, che non
è semplicemente fonte di arricchimento: entrambi sono canali
attraverso i quali i proventi dell'economia illegale diventano
proventi dell'economia legale e, in quanto tali, se ne
appropriano. Queste nuove forme di criminalità sono gli
strumenti per l'aumento di proventi illeciti, non il fine,
strumenti di cui la criminalità si è dotata per utilizzare al
meglio le potenzialità del sistema di riciclaggio. Il problema
poi viene a valle: queste enormi somme di denaro pulite
vengono investite nell'economia legale. Il fenomeno, come è
stato evidenziato, deve essere certamente investigato; in
proposito per il 26 settembre - qualcuno è già informato - ho
organizzato alla Bocconi di Milano un incontro operativo, di
studio e di approfondimento su questi temi tra esperti del
ministero, della Bocconi (già da tempo si stanno occupando del
parallelismo economia legale-economia illegale) e di altra
università. Credo infatti che sia possibile vincere questa
battaglia solo se il mondo dell'economia e dell'imprenditorìa
si rende conto del rischio e si mobilita, insieme alle forze
di polizia, per evitare l'infiltrazione. Una volta, infatti,
che l'economia illegale è diventata legale non è facile
combatterla con i mezzi repressivi, il mafioso che diventa
manager è un manager, per cui è difficile
intervenire dopo, bisogna farlo prima.
   Il Parlamento è comunque sovrano, per cui se dovesse
decidere di istituire nuove case da gioco, il ministro
dell'interno non avrebbe... (Commenti). Sono un
giocatore di poker, quindi non dovrei esprimermi! Ho già
affermato pubblicamente che le case da gioco sono state uno
dei canali utilizzati per il riciclaggio; non voglio
criminalizzarle, forse si può trovare un sistema di controllo
così accurato da evitare che le nuove case da gioco che il
Parlamento dovesse decidere di istituire subiscano la stessa
sorte che hanno avuto alcune, in Italia e all'estero, in un
recente passato.
   A proposito dell'articolo 41-bis ho già risposto.
Sul regolamento dei pentiti...
  GIUSEPPE ARLACCHI. Scusi la battuta: è come cercare una
prostituta onesta!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Non so se
sia più disonesta la prostituta o chi va con lei, dipende dai
punti di vista.
   Sul regolamento dei pentiti concordo ancora una volta con
Violante; di questo atto informeremo certamente la
Commissione. Peraltro, avevo invitato il presidente della
Commissione antimafia, allora ancora non nominato, ai lavori
del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica in
occasione della discussione della bozza del regolamento; poi
qualcuno mi
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ha detto che non avrei dovuto farlo perché la Commissione
svolge un'attività di controllo sull'operato del Governo.
Tuttavia, estendo ancora l'invito al presidente ed anche
all'ufficio di presidenza per la prossima riunione del
Comitato, in cui si discuterà di questo regolamento, facendo
presente che si tratta di norme tecniche e di attuazione, di
norme che non devono essere rese note prima di essere
ufficialmente adottate. Per questo motivo, credo che qualche
anticipazione resa da alcuni membri del Governo sia stata e
sia inopportuna e contenga valutazioni che, peraltro, non sono
in linea con gli sviluppi contenuti nel testo che stiamo
studiando. In ogni caso, credo che su certe questioni sia
preferibile parlare il meno possibile; prendiamo il
provvedimento, dopodiché lo renderemo noto nelle parti che
devono essere diffuse, perché per le restanti meno
informazioni si danno al nemico e meglio è. Non è di alcuna
utilità rendere note intenzioni che non sono ancora decisioni,
quando ben conosciamo la sensibilità di Cosa nostra nel
decifrare o nel recepire messaggi, anche inconsapevoli, che
vengono lanciati. Ho rivolto e continuo a rivolgere l'appello
che le decisioni vengano annunciate dopo essere state prese e
non con largo anticipo.
   L'ipotesi, indicata da Violante, di attaccare le ricchezze
dei mafiosi non conseguentemente ad accertamenti su persone
può essere una strategia. Credo che, trattandosi di un settore
molto delicato - si metterebbe in atto un sistema di
presunzioni oggettive di criminalità, o qualcosa del genere,
sui flussi finanziari, sulla ricchezza oggettiva - si pongano
alcuni problemi di garanzia nei confronti di chi invece opera
lecitamente, sebbene tutto ciò che serve ad aumentare
l'efficacia nell'aggressione al patrimonio della criminalità
organizzata, dal mio punto di vista, sia certamente benvenuto.
L'argomento non può dunque essere oggetto di iniziativa da
parte del ministro, deve essere discusso in Parlamento.
   La conferenza europea sul riciclaggio è una delle
iniziative che avevo già pensato di assumere. Stiamo lavorando
d'intesa con il Ministero degli affari esteri, anche se
considero l'Unione europea una via di mezzo tra estero e
territorio nazionale (non è estera come gli Stati Uniti o
Israele, non è neppure territorio nazionale) per il motivo che
ho detto prima: ai fini dell'efficacia dell'azione contro la
criminalità organizzata, meno passaggi burocratici ci sono e
meglio è. Il fatto di aver costituito, di poter gestire,
partecipare direttamente all'azione di Europol, senza passare
attraverso il Ministero degli affari esteri e gli
ambasciatori, è in linea con l'orientamento volto a perseguire
una maggiore snellezza delle procedure.
   Oltre alla conferenza europea sul riciclaggio - l'ho
accennato nella relazione in un passaggio finale, ma non è
stato sottolineato a sufficienza - stiamo lavorando anche ad
un progetto riguardante un'assemblea, una conferenza, una
convention dei paesi del Mediterraneo (Unione europea e
non) con la partecipazione dei paesi arabi e di Israele -
questa prospettiva, come ho detto nella relazione, è resa
possibile dal processo di pace in atto in Medio Oriente -
perché il traffico di sostanze stupefacenti (questo sarebbe
l'argomento) passa inevitabilmente attraverso questi
territori. Sarebbe un'occasione importante per l'Italia, per
assumere un ruolo di protagonista nello scacchiere
mediterraneo come "ufficiale di collegamento" tra i paesi
dell'Unione europea e quelli non facenti parte della stessa
che si affacciano sul Mediterraneo, i quali possono vedere il
nostro paese come un punto di riferimento importante.
   Questo è anche il senso dell'iniziativa assunta dallo
Stato di Israele la scorsa settimana, invitando il ministro
dell'interno prima di quello degli affari esteri. Considerato
l'incontro che avrò a Washington, a partire da domani, sul
tema della lotta alla criminalità organizzata ed al terrorismo
internazionale, mi sembra sia stata un'importante apertura di
credito, quasi il riconoscimento - in queste vicende non vi è
mai nulla di casuale, soprattutto da parte di Israele - o la
proposta o la richiesta che l'Italia giochi in questa vicenda
un ruolo importante nel Mediterraneo. Credo
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che possa e debba farlo perché anche il suo ruolo geografico
e storico consente questa operazione.
   Ho già risposto al collega Bertoni sull'articolo
41-bis. Il fatto che le caserme dei carabinieri siano
aperte solo per otto ore rappresenta un problema serio, che
stiamo cercando di affrontare e di risolvere con il comandante
dell'Arma e che si può affrontare solo investendo risorse
umane, perché non si possono sostituire le forze dell'ordine
con apparecchiature elettroniche: bisogna investire. La
strategia si articola in alcune fasi: la prima consiste
nell'affidare tutte le funzioni di carattere burocratico -
soprattutto nella polizia - a personale proveniente
dall'apparato burocratico, liberando quindi le risorse umane
da impiegare sul territorio; la seconda riguarda un piano di
potenziamento quinquennale degli organici che presenterò al
Governo nei prossimi giorni e che mi auguro verrà inserito già
nella finanziaria per il 1995; la terza fase vedrà, a partire
dal gennaio 1996, il trasferimento delle funzioni di
traduzione dei detenuti dalla polizia e dai carabinieri alla
polizia penitenziaria. Ciò consentirà di utilizzare maggiori
mezzi ed uomini in quell'attività rispetto alla quale sono
state espresse lamentele e che, in alcuni casi, presenta
effettivamente aspetti sconcertanti, che tuttavia sono dovuti
alle carenze di organico e all'attuale organizzazione che va
certamente potenziata.
   Mi è stato chiesto se esista una mappa della nuova camorra
presente in Campania. Esiste, abbiamo tutte le mappe; starei
per dire che conosciamo uno per uno tutti i suoi componenti,
il problema è che non sempre è facile trovarli. Ricorderete
che qualche mese fa proprio in Campania è stato arrestato il
latitante pericolo pubblico numero uno della Campania e numero
cinque in Italia; quindi, devo dire con soddisfazione che è
stato ottenuto qualche successo anche sotto questo profilo.
   In realtà, i colpi dati alla struttura organizzata non
sono gli unici, non sono quelli che fanno più male. Il nuovo
versante, come molti hanno giustamente sostenuto, è quello
economico, per cui in questo ambito dobbiamo affinare le
tecniche ed agire con maggiore determinazione.
   Anche il problema dei beni sequestrati e confiscati
riguarda da una parte l'azione della magistratura, la velocità
e la rapidità dei tempi, dall'altra l'introduzione di nuove
norme, competenza questa spettante ancora una volta al
Parlamento.
   In merito alle società finanziarie e fiduciarie potrà
essere più preciso di me il Presidente del Consiglio, perché
l'argomento riguarda il rapporto tra Governo e settore del
credito, le funzioni e gli interventi della Banca d'Italia, i
collegamenti tra Tesoro, Banca d'Italia e settore del credito.
Posso dire che negli ultimi due anni l'azione investigativa ha
comportato la chiusura di più di 2 mila tra società
finanziarie e fiduciarie; siamo sempre nell'ordine di un 10
per cento, non so se le rimanenti siano in regola con la legge
e tuttavia l'incremento dell'attività investigativa in questo
settore - che pure necessita di una modifica legislativa -
dimostra che è questo uno dei nodi fondamentali del fenomeno,
il quale rientra sempre nella prospettiva dell'appropriazione
del mondo dell'economia legale da parte della criminalità.
   Ho già detto prima in merito allo scioglimento delle
amministrazioni comunali. Come ho precisato all'inizio,
onorevole Tripodi, la situazione attuale non è stata
illustrata perché si trova nelle relazioni che due mesi fa ho
depositato in Parlamento. Non mi sembra che vi siano cedimenti
da parte del Governo nella lotta alla criminalità mafiosa, per
lo meno da parte mia non ve ne sono. Parlando di familiari dei
pentiti lasciati indifesi, lei si è riferito ad un caso
particolare, in cui il pentito non era tale perché non aveva
accettato il programma di protezione ed i familiari avevano
rifiutato ogni tipo di protezione; non vi è stata dunque una
lacuna da parte dello Stato, ma una precisa volontà da parte
di questi soggetti di rifiutare l'aiuto e la protezione da
parte dello Stato.
   Le questioni relative agli appalti, ai subappalti ed alla
sospensione della legge
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in materia, esulano dall'attività specifica del mio
ministero.
   Mi è stato poi chiesto come ha votato la mafia nelle
ultime elezioni; anche a me piacerebbe dare una risposta a
questa domanda, ma non sono in grado di farlo.
   In merito ai comuni della Sicilia ho già detto che il
Ministero dell'interno non ha competenza in quella regione;
devo però far presente che, anche su sollecitazione delle
amministrazioni che ho incontrato nei mesi scorsi, ho assunto
al riguardo l'iniziativa politica, sollecitando l'Assemblea
regionale siciliana ad assumere taluni provvedimenti (che
purtroppo, però, non sono stati assunti), primo tra tutti la
revisione della legge che consente all'assessorato al governo
siciliano di sciogliere quei comuni che non abbiano adottato
entro un anno dalla costituzione il nuovo piano regolatore.
Chi è stato amministratore comunale, come il sottoscritto, sa
bene che per fare un piano regolatore serio, soprattutto in
situazioni critiche, occorre ben più di un anno. Tutti gli
amministratori che si lamentavano di questa norma hanno
ravvisato nella medesima una sorta di potere discrezionale
della regione siciliana, la quale avrebbe un vero e proprio
potere di vita o di morte sui comuni non allineati con certi
schieramenti, non solo politici. Non credo fossero queste le
intenzioni del legislatore siciliano, ma di fatto questo è il
rischio.
   L'Assemblea regionale siciliana ha deciso di non procedere
alla revisione della norma e, come ministro dell'interno, non
posso intervenire. So che è all'esame del Parlamento
un'iniziativa legislativa che consentirebbe di procedere allo
scioglimento dell'Assemblea regionale siciliana (mi sembra
addirittura che per questa iniziativa sia stata concessa la
procedura d'urgenza). Credo che in questo settore - può
apparire paradossale detto da un federalista ed autonomista
come me - la Regione autonoma Sicilia possa avere qualcosa da
imparare dallo Stato centrale.
   Ho preso nota, onorevole Tripodi, del problema del pascolo
abusivo in provincia di Reggio Calabria...
  GIROLAMO TRIPODI. Delle vacche sacre!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno....le saprò
poi dire in dettaglio cosa è accaduto.
   In merito alla vicenda della baronessa Cordopatri, appena
informato della questione, ho inviato a Reggio Calabria un
funzionario del dipartimento di pubblica sicurezza per
verificare cosa fosse opportuno fare e quale fosse in realtà
la situazione. La questione, però, se non ho capito male, è
nelle mani della magistratura...
  ANTONIO BARGONE. No, del ministro delle finanze.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. La
magistratura qualche giorno fa ha sospeso l'asta dei beni.
  ANTONIO BARGONE. L'ha sospesa il sovrintendente delle
finanze calabrese.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. In ogni
caso la questione, come è stato giustamente ribadito, è nelle
mani del ministro delle finanze. Posso informarmi presso di
lui...
  RAFFAELE BERTONI. Gli telefoni!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Oppure, se
volete convocarlo per una audizione...
  RAFFAELE BERTONI. Il ministro Tremonti è così timido!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Non posso
impegnarmi per i miei colleghi di Governo, mi impegno per me
stesso. Mi sono preso l'impegno di informare il ministro delle
finanze, ma credo lo sia già.
  RAFFAELE BERTONI. E' informato, ma deve agire!
  PRESIDENTE. Il ministro dell'interno non può impegnarsi
per il ministro delle finanze.
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   ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Si tratta di
un'iniziativa specifica che deve essere assunta dal ministro
delle finanze al quale, comunque, farò presente la
sollecitazione della Commissione.
   Ho già risposto al collega Mattarella in ordine
all'articolo 41-bis.
   Per quanto riguarda i rapporti tra economia e criminalità,
si tratta di un tema che egli ha centrato con esattezza. E'
questa la nuova frontiera sulla quale dobbiamo muoverci e non
riguarda soltanto - ripeto - una maggiore efficacia nel
sequestro di un patrimonio illecito, ma soprattutto la
definizione di strumenti adeguati per evitare che questo
patrimonio diventi lecito. Questo è il problema vero e su di
esso mi sembra ci sia stata sinora scarsa attenzione anche da
parte del Parlamento, mentre occorrono riflessioni rapide
perché più il tempo passa più questa permeabilità diventa
evidente. Da parte mia ho già annunciato l'iniziativa che
assumerò il 26 settembre, incontrando gli esperti e gli
imprenditori per sapere quale conoscenza abbiano del fenomeno
e soprattutto come intendano collaborare con lo Stato, con le
forze di polizia e con l'apparato di sicurezza per bloccare il
fenomeno.
   Sull'istituzione delle case da gioco ho già risposto; i
dati, poi, sono contenuti nella relazione che ho presentato in
Parlamento.
   Ho risposto all'onorevole Bargone sul ruolo che svolgerà
la DIA e mi riservo di rispondere in seguito in ordine alla
questione del potenziamento quantitativo e qualitativo
dell'apparato investigativo.
   All'onorevole Grasso, che ha posto la questione della
definizione dei compiti dell'alto commissario antiracket, ho
già risposto che bisogna creare un collegamento tra
istituzioni governative e istituzioni non governative. Si
tratta di una lacuna che va colmata, senza sovrapporsi
all'azione che altri organi devono svolgere nella loro
pienezza, quindi senza creare duplicazioni. Si tratta, ripeto,
di colmare un vuoto e questa esigenza è stata fortemente
sollevata anche dalle associazioni antiracket, che ora hanno
un punto di riferimento ben preciso.
   Il giudizio sulla legge antiracket è parzialmente
positivo; certamente occorre fare in modo che le domande di
contributo vengano evase in tempi rapidi (non si capisce
perché ciò non avvenga). Ad ogni modo la questione non è di
competenza esclusiva del mio ministero; vi è una procedura
molto complessa, che credo debba essere semplificata. Occorre
però porre attenzione a questi temi con serietà e rapidità
perché un mese o due di ritardo possono a volte significare
per il commerciante o l'imprenditore la sopravvivenza o meno
dell'azienda. In tre casi, i più gravi che mi sono stati
segnalati, sono intervenuto utilizzando i fondi riservati del
ministero (una volta tanto, spesi a fin di bene) per
anticipare un piccolo contributo economico, la cui richiesta
era ed è giacente, dal momento che mi era stato fatto presente
che si trattava di situazioni disperate, che non potevano più
attendere. Si tratta, in questo caso, di un intervento di
emergenza che non può però essere l'intervento ordinario dello
Stato.
   Insieme ai ministri dell'industria e di grazia e giustizia
stiamo valutando la possibilità di modificare le procedure per
rendere operativo al massimo, in tempi rapidissimi,
l'intervento, coordinandolo e collegandolo anche con il nuovo
fondo previsto dal progetto di legge sull'usura (che
ovviamente non sarà operativo fino a quando quel progetto
diventerà legge dello Stato).
   Anche la questione dei testimoni assimilati ai
collaboratori va risolta legislativamente e mi pare che
l'occasione stia per presentarsi se il Parlamento, come mi
auguro, discuterà presto il progetto di legge del Governo, ma
anche le altre proposte presentate sull'usura. Dovrà infatti
essere rivista complessivamente la normativa antiracket alla
luce dell'esperienza di questi anni (un conto è disegnare un
modello teorico, altra cosa è l'esperienza concreta). Stiamo
preparando una relazione molto analitica sul fenomeno proprio
per consentire al Parlamento (alla luce dell'esperienza e non
delle convinzioni personali, che nel caso dell'onorevole
Grasso sono certamente maturate sull'esperienza ma
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nel caso di altri credo si basino su intuizioni) di valutare
in concreto - ripeto - quanto è avvenuto, come la legge abbia
operato e quali siano le modifiche da apportare alla normativa
in vigore.
   E' stato detto che il meccanismo del fondo antiusura
lascia perplessi, ma mi sembra che esso sia stato definito
nelle linee generali e consenta al prefetto di intervenire
rapidamente. Certo, occorre che qualcuno compia valutazioni su
chi ha subito un'azione del racket, perché bisogna distinguere
il caso meritevole di tutela da quello che non lo è. Abbiamo
deciso che sia il prefetto a compiere questa valutazione
perché meglio di ogni altro ha la conoscenza diretta, sul suo
territorio, dei fatti, delle persone e delle vicende.
   L'onorevole Caccavale proponeva la segnalazione, da parte
dei comuni, agli uffici di polizia delle richieste di
residenza sospette. Tutto si può fare, ma ho qualche dubbio
sull'efficacia di questa misura perché essa trasformerebbe
un'attività investigativa mirata in un'attività investigativa
di massa, spostando quindi l'asse del problema dalla qualità
alla quantità dei fenomeni. Peraltro, la polizia ha già
accesso a queste notizie quando ritenga utile procurarsele, ma
se il collega vorrà formulare una proposta concreta sono
disposto a sostenerla qualora risultasse efficace.
   E' stato chiesto che le squadre di investigazione locale
non siano distratte da altri compiti. Certamente si tratta di
una sollecitazione che va accolta. Cercheremo di porre rimedio
all'attuale situazione, come ho già detto, impegnando in altri
compiti non gli investigatori ma personale proveniente dalla
carriera civile.
   In merito alla segnalazione su Nettuno, certamente farò
una verifica. Quasi sempre il prefetto non interviene perché
la legge non glielo consente, anche se oggettivamente ve ne
sarebbe la necessità. Anche in questo caso il problema si
sposta dall'applicazione della legge, quindi dall'efficacia
dell'azione del ministero, all'efficacia dei provvedimenti
legislativi, che devono essere modificati nel corso del tempo
perché la criminalità si adatta alle nuove strutture, alle
nuove disposizioni. Occorre monitorare continuamente la
situazione; per questo credo siano davvero importanti, al di
là del fatto che la legge lo imponga, le relazioni che
semestralmente o annualmente il Ministero dell'interno ed
altri ministeri presentano in Parlamento, che purtroppo
vengono lette molto poco. Esse consentirebbero veramente al
legislatore di rendersi conto dei fenomeni, delle realtà, di
come la criminalità modifichi il suo atteggiamento nei
confronti delle istituzioni in relazione all'efficacia o meno
delle norme di legge, rendendole progressivamente meno
efficaci perché vi si adatta e trova la via per eluderle. Le
norme - ripeto - devono essere continuamente modificate e
monitorate.
   Il collega Scozzari ha richiamato il problema dei comuni
sciolti per mafia in Sicilia ed il fatto che i funzionari, tra
cui il segretario comunale, rimangono al loro posto:
certamente il Governo manda un commissario, però la struttura
organizzativa e la burocrazia del comune non dipendono dal
Ministero dell'interno. In Calabria è diverso: per quanto
riguarda la possibilità di spostare i segretari comunali vi è
da rispettare il vincolo delle norme di legge. Essi hanno
vinto un concorso, hanno vinto la sede per concorso ed il
prefetto può chiedere la sostituzione solo se ci sono gravi
violazioni di legge e non perché abbia la sensazione che il
segretario stia bloccando l'attività amministrativa. Sono ben
lieto ...
  SAVERIO DI BELLA. Il fatto stesso che non si siano
accorti di quanto succedeva intorno a loro ...
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Le norme di
legge possiamo sempre modificarle.
   Sono ben lieto ogni volta che vengono introdotti elementi
di flessibilità nella gestione di queste cose; purtroppo oggi
la rigidità del sistema è tale che, salvo quando vi sia una
conclamata e ripetuta violazione di legge, l'intervento del
ministro al di fuori delle regioni a statuto speciale è
necessariamente molto limitato ed è nullo per quanto riguarda
la burocrazia, dal
Pagina 72
segretario comunale in giù, trattandosi di dipendenti del
comune e non del Ministero dell'interno.
  SAVERIO DI BELLA. Si dovrebbe verificare quanti
segretari comunali nei comuni sciolti per mafia abbiano
osservato l'obbligo imposto dalla legge comunale di segnalare
per iscritto, in piena seduta consiliare o di giunta,
eventuali decisioni che la giunta o il consiglio volessero
prendere che fossero in contrasto con la legge; oppure quanti
abbiano comunicato per altre vie al prefetto, alle autorità
superiori o alla magistratura le illegalità di cui non
potevano non essere testimoni ...
  PRESIDENTE. Lasciamo finire il signor ministro.
  SAVERIO DI BELLA. ... proprio perché denunziate dai
politici, dalla stampa, dalla magistratura e così via. Sono
forse ciechi, sordi e muti?
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Lei sa
meglio di me che la legge n. 142 del 1990 ha imposto al
segretario comunale di esprimere un parere preventivo di
legittimità su tutti gli atti della giunta e del consiglio
comunale. Pertanto, il caso che un segretario comunale non
abbia denunciato l'illegalità di una delibera non si pone,
perché comunque egli ha dovuto dare il suo parere di
legittimità. Se ha dato il proprio parere di legittimità,
quindi di conformità dell'atto alla legge, non può poi in
consiglio comunale affermare che un determinato atto è
contrario alla legge.
   Di fronte ad un segretario comunale che esprime un parere
di legittimità, poi confermato anche dal Coreco, che cosa può
fare il ministro dell'interno, se non ringraziarlo
dell'attività svolta? Anche quando il Coreco cassa l'atto non
è detto che ricorrano gli estremi che consentano al ministro
dell'interno di sostituire il segretario comunale. Ripeto, si
tratta di una struttura molto rigida. Come sapete ho
costituito una commissione costituita da sindaci,
amministratori, funzionari e professori che sta rivedendo la
normativa in materia di autonomia locale: uno dei tre
sottocomitati in cui si è organizzata prevede l'analisi del
sistema dei controlli sugli enti locali, quindi il ruolo del
segretario comunale, del Coreco, del prefetto, della giunta
provinciale amministrativa e così via. Questa commissione
studierà anche il futuro della figura del segretario comunale,
considerando che la richiesta proveniente da numerosi
amministratori è quella di avere una sorta di direttore
generale legato al sindaco da un rapporto fiduciario, il quale
sia assunto dal sindaco e non sia imposto da un concorso o dal
Ministero dell'interno (ma questa è una questione che riguarda
un altro tavolo). Tale commissione sta valutando anche un
criterio oggettivo di rotazione, richiamato dal collega
Scozzari; a questo tavolo partecipano anche i segretari
comunali, perché non vogliamo imporre niente a nessuno e
vogliamo che tutti siano convinti e d'accordo nel trovare una
soluzione ragionevole.
   Circa la necessità di abbreviare i tempi per la confisca
dei beni e l'assegnazione degli stessi agli enti locali, sono
d'accordo: gli attuali tempi dipendono tuttavia dai processi
penali e non dall'azione del ministro dell'interno; comunque
nel pomeriggio avrete occasione di incontrare il ministro
Biondi che vi potrà rispondere in proposito.
   Ho già esposto prima i motivi per i quali il Governo ha
presentato un disegno di legge sull'usura: il Governo viene
spesso sollecitato a prendere un'iniziativa legislativa ed in
questo caso, dietro pressione delle parti sociali, delle
associazioni antiracket e delle associazioni di categoria ha
presentato un disegno di legge che nei contenuti è
parzialmente difforme rispetto alle proposte di legge di
iniziativa parlamentare. Non pretendo certo che il progetto di
legge governativo venga discusso ed approvato così com'è, ma
soltanto che venga esaminato congiuntamente con le altre
proposte di legge, affinché si giunga rapidamente
all'approvazione di una legge in materia. Si tratta infatti di
uno strumento in più di cui sarà dotato l'apparato di
sicurezza che dipende da me, al fine di contrastare la
criminalità organizzata.
Pagina 73
   Sulla questione delle finanziarie e delle banche, come ho
già detto prima potrà essere più preciso il Presidente del
Consiglio, come per quanto riguarda la sollecitazione alla
Banca d'Italia a disporre ispezioni. Posso solo dire che dalle
indagini svolte dal ministero laddove erano stati acclarati
fenomeni di usura è risultato quasi sempre il coinvolgimento
di un funzionario di banca; questo dato di fatto non mi
consente tuttavia di arrestare nessuno, né di andare dal
presidente dell'ABI o presso la Banca d'Italia a sollecitare
un'iniziativa. Quest'ultima deve provenire dal Governo:
certamente potrò fare una segnalazione in proposito,
condividendo le preoccupazioni sulle finanziarie e sul sistema
del credito. Abbiamo infatti registrato molti casi di persone
che hanno fatto ricorso all'usuraio per pagare gli interessi
sul mutuo o su un finanziamento preso presso una banca, oltre
a casi di ricorso all'usuraio perché la banca non aveva
concesso un finanziamento. Il problema è dunque serio, ma è
una questione di rapporti fra Governo, Parlamento e sistema
bancario e non riguarda soltanto il Ministero dell'interno.
   Accetto la proposta di compilare un elenco dei beni
confiscati e non ancora venduti per utilizzarli a fini
sociali.
  LUCIANO VIOLANTE. Può fare avere alla Commissione un
elenco dei beni confiscati?
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Certamente,
almeno per quanto riguarda quelli che non siano coperti da
segreto. Debbo tuttavia far presente che le informazioni che
mi sono state chieste sulla dislocazione dei pentiti sono
notizie molto riservate e, poiché il riserbo garantisce la
sicurezza, voglio evitare al massimo di mettere in discussione
la sicurezza di queste persone. Possiamo studiare un metodo
per la trasmissione di queste informazioni, però devo avere la
garanzia assoluta che non escano dalla Commissione e non
compaiano il giorno dopo sui giornali, altrimenti si
vanificherà l'azione che stiamo facendo.
  PRESIDENTE. Allora è meglio non fare alcun nome e
fornire una documentazione suddivisa per tipi di reato e
dislocazione per territorio.
  GIUSEPPE SCOZZARI. Si può anche deliberare di riunirsi
in seduta segreta.
  PRESIDENTE. No, perché il segreto è sempre molto
relativo; comunque a noi interessa il tipo di reato e la sua
dislocazione sul territorio, senza alcuna indicazione di
procedimenti o di altro.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. La collega
Bonsanti ha parlato dei mandanti delle stragi: mi auguro che
saranno accertati dalla magistratura, che sta concludendo le
inchieste.
  ALESSANDRA BONSANTI. Lei ha detto che sono stati
individuati!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Dalla
magistratura.
   Per quanto riguarda la bomba alla Standa di Firenze ho
letto anch'io su un giornale che è stata messa contro di me:
io ho detto semplicemente che non mi sarei fatto intimidire
dalla bomba messa alla Standa di Firenze, tant'è vero che sono
voluto andare a piedi da via dei Georgofili alla
prefettura.
  ALESSANDRA BONSANTI. Non lo dica, signor ministro,
perché l'hanno imbrogliata e l'hanno portata da un'altra
parte!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Sono
passato davanti al luogo dell'attentato.
  ALESSANDRA BONSANTI. Non insista! Un'altra volta si
faccia accompagnare meglio!
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. La mia
intenzione era comunque quella!
  GIUSEPPE AYALA. Sulla bontà delle intenzioni non si può
dir nulla!
Pagina 74
   ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Mi hanno
anche indicato il cestino dove c'era la bomba! Comunque aprirò
un'inchiesta su questa cosa!
   La collega Bonsanti mi ha chiesto l'appoggio del Governo
su un progetto di legge per un sostegno dello Stato alle
famiglie delle vittime della mafia: prima di esprimere
un'opinione - a titolo personale perché la decisione sarà
collegiale del Governo - vorrei prima conoscere il testo.
   Per quanto riguarda le garanzie che non si ripeta la
vicenda Contrada, prima di dare un giudizio aspetto di sapere
come andrà a finire il relativo processo. Attualmente sto
ponendo in essere misure non affinché non si ripeta tale
vicenda, che è ancora sub iudice, ma perché non si
ripetano da parte dei servizi e della struttura ordinaria le
deviazioni a fini di collusione con la criminalità organizzata
che si sono verificate in passato. Ciò passa in primo luogo
attraverso una più attenta attuazione delle procedure ed una
sostituzione degli uomini, perché certamente non si può
imporre l'onestà per decreto. Per quante procedure si
stabiliscano, se un soggetto vuole comunque mantenere i
collegamenti con la criminalità, riesce a farlo. Si tratta di
scegliere le persone giuste e di metterle in posizione di
responsabilità, ma soprattutto si tratta di attivare un
sistema di controllo e di follow-up delle procedure che
qualche volta, per carenza di organico, di mezzi informativi
ed informatici o per cattiva volontà di qualche funzionario,
non è stato attuato così come doveva. Comunque - ripeto - la
capacità o la volontà di delinquere quando vuole essere
attuata fatalmente trova quasi sempre un suo canale. La scorsa
settimana sono stato in Israele alla frontiera con il Libano a
vedere gli hezbollah: si tratta di una frontiera che è
praticamente impossibile violare, munita di campi minati, reti
con i sensori elettronici, pattugliamenti continui,
avvistamento giorno e notte. Eppure da quella frontiera,
attraverso cui non vola nemmeno un uccello, passano ogni anno
stupefacenti per almeno due milioni di dollari. Il problema è
quindi di scegliere gli uomini giusti che decidano di
controllare, convinti che stare dalla parte della legalità
paga di più che non stare dall'altra parte. Mi sembra che a
seguito delle modifiche introdotte nei vertici del
dipartimento e del ministero questa garanzia oggi sia più
forte che in passato.
   Al collega Di Bella, che mi ha chiesto un bilancio
dell'azione dei commissari, devo dire che nella maggior parte
dei comuni la situazione è peggiorata anche per colpa della
burocrazia; tuttavia, il mio giudizio sull'azione dei
commissari nel complesso è positivo. Il problema non è solo
quello di garantire un'amministrazione corretta, ma di
individuare i legami con la criminalità organizzata e di
tentare di reciderli. Le resistenze e le rigidità ricordate
sono colpa della burocrazia; ci sono e sono evidenti. Su
questa struttura, che dipende dall'ente locale, il Ministero
dell'interno non può intervenire. Come ho già detto, la
modifica che abbiamo introdotto nella procedura è quella di
garantire la presenza di un funzionario a tempo pieno, che non
debba cioè svolgere i compiti di commissario straordinario
insieme con gli altri adempimenti che a lui spettano presso la
prefettura o in altre amministrazioni dello Stato.
   Il controllo del territorio è certamente essenziale e,
come ho annunciato, sto predisponendo un potenziamento delle
strutture di polizia per garantire un controllo sempre più
efficace. Bisogna però evitare il rischio di militarizzare
intere regioni: per esempio, la presenza in Calabria delle
forze di polizia è già ritenuta sufficiente...
  LUCIANO VIOLANTE. Quanti sono coloro che operano nelle
forze di polizia, in Calabria?
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Non ricordo
il numero esatto; posso informarmi, ma certamente è inferiore
soltanto a quello della Sicilia e superiore a quello di tutte
le altre regioni. Tuttavia ho citato l'esempio della Calabria
proprio per dimostrare che, purtroppo, pur essendoci una
presenza molto forte delle forze dell'ordine - ultimamente, i
carabinieri vi hanno aperto una scuola -, la criminalità
Pagina 75
organizzata in quella Regione non è stata certamente
debellata. E' però sempre necessario trovare un giusto
equilibrio tra la consistente presenza di forze dell'ordine e
l'esigenza di non militarizzare un'intera regione. Nella
soluzione di questo problema, poi, si deve sempre fare i conti
anche con le risorse e le disponibilità esistenti.
  GIUSEPPE AYALA. Allora, forse, sarebbe opportuno
valorizzare maggiormente un'attività di intelligence.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Infatti,
stavo proprio per dire questo. Credo che il controllo del
territorio sia essenziale, ma più di ogni altra cosa occorre
sviluppare l'attività di intelligence. Per questo
motivo, ripeto, ho dato incarico al prefetto De Gennaro di
effettuare una valutazione della struttura attuale della DIA
ed anche del sistema complessivo di investigazione ed ho
orientato i servizi - soprattutto il SISDE, che dipende da me
- in questa direzione. Tale compito, ovviamente, già spetta ai
servizi, ma poi il concreto atteggiarsi delle attività dipende
dagli input che di volta in volta vengono dati.
   Per quanto riguarda la problematica relativa al
supercarcere di Vibo Valentia, agli appalti e subappalti ad
aziende mafiose, farò una verifica, anche se, in effetti, ciò
compete alla magistratura.
   Delle società finanziarie ho già parlato.
   E' stata poi avanzata la proposta, se non ho compreso
male, di assumere l'iniziativa di rendere nominativi i titoli
di Stato: non sono in grado di valutarla, al momento.
   Tornando ai quesiti formulati dall'onorevole Bargone,
ribadisco che sono perfettamente d'accordo sulla necessità di
un potenziamento quantitativo, ma anche qualitativo,
dell'attività di investigazione e per tale motivo inizieremo
un giro di approfondimento delle strutture investigative degli
altri paesi europei ed extraeuropei - là dove esse funzionano
bene -, per esaminare come abbiano impostato il problema e
come lo abbiano risolto. Tutti conosciamo le peculiarità della
situazione italiana, però a volte può essere molto utile
analizzare i sistemi utilizzati in altri paesi, anche se noi
stessi - ciò è poco noto - esportiamo tecniche di sicurezza.
Quando mi sono recato in Israele e la polizia speciale mi ha
mostrato con grande entusiasmo alcune tecniche adoperate dal
suo settore antiterrorismo, il nostro capo della polizia mi ha
fatto presente che eravamo stati noi i primi a sviluppare tali
tecniche - mutuate, addirittura, da quelle utilizzate dagli
alpinisti - e poi le avevamo esportate in Israele. A volte,
comunque, anche all'estero si riesce a trovare qualche spunto
interessante.
   Sono perfettamente d'accordo sull'ipotesi relativa ad un
centro di formazione per il contrasto alla criminalità. Come
ho accennato in precedenza, ho già preso contatti con il mondo
delle università che si occupano, in primo luogo, della
criminalità economica, per valutare la possibilità di creare,
appunto, centri specializzati, anche per la formazione dei
nostri investigatori.
   Per quanto riguarda l'Europol, è prevista una banca dati
internazionale. Purtroppo siamo in ritardo, l'Italia è
l'ultimo paese, da questo punto di vista, e ciò dipende anche
dalla lentezza o dall'inefficienza del processo di
informatizzazione della pubblica amministrazione, intesa in
senso generale. Stiamo recuperando, stiamo investendo molto,
ma è vero che siamo in ritardo.
   Sappiamo bene, purtroppo, che la 'ndrangheta controlla il
territorio, però ribadisco che la battaglia può essere vinta
solo aumentando l'efficacia dell'attività investigativa, non
militarizzando il territorio.
   Per quanto riguarda la richiesta del senatore Ramponi in
merito alle segnalazioni di denaro di sospetta provenienza,
invierò alla Commissione una nota scritta con i relativi
dati.
   Se non ho compreso male, l'onorevole Bertucci sottolineava
l'opportunità di una nuova legge sul riciclaggio: certamente
siamo disponibili, ma credo che compito del ministero sia
quello di fornire tutte le
Pagina 76
informazioni possibili, anche quelle riservate - con
l'impegno di rispettare tale riservatezza -, perché siano
utilizzate come base di conoscenza per formulare proposte
legislative, che qualunque parlamentare può presentare.
   Per quanto riguarda la proposta di boicottaggio o di
embargo dell'Austria, credo sia un po' difficile da attuare,
anche perché tale paese sta per entrare nell'Unione europea.
Cercheremo quindi di attivare i collegamenti con il governo
austriaco per segnalare le questioni sollevate.
   L'onorevole Del Prete sottolineava come il controllo del
territorio influisca anche sul flusso dell'immigrazione
clandestina: questa, in realtà, ha poco a che fare con la
criminalità organizzata, ma ha molto a che vedere con gli
altri fenomeni di criminalità comune; tuttavia, l'attenzione
del Governo è forte anche verso questo settore. Come
certamente l'onorevole Del Prete sa, abbiamo nominato un alto
commissario per l'immigrazione, che ha compiti di
coordinamento tra gli enti governativi e quelli non
governativi: la Croce rossa, il volontariato, e così via.
   Il senatore Meduri suggeriva un'indagine patrimoniale nei
confronti di burocrati arricchiti. Mi sembra un'ottima idea, e
non solo in riferimento ai burocrati (Si ride).
   Sappiamo bene che per il ricambio di manodopera la mafia
pesca nella microcriminalità, però direi che, di tutti i
versanti in cui si manifesta la criminalità organizzata,
quello della sua struttura militante è proprio l'aspetto su
cui le forze di polizia hanno ottenuto i maggiori successi. Il
problema è che il vuoto creato con le azioni di polizia viene
subito colmato, perché l'arruolamento è costante e molto
intenso.
   Il senatore Scivoletto ha lamentato la scarsità delle
statistiche da me citate nella relazione. Ho già spiegato che
quest'ultima era volta più che altro ad indicare gli
intendimenti per l'azione futura, mentre le statistiche sono
contenute nelle due relazioni scritte che ho consegnato al
Parlamento.
  CONCETTO SCIVOLETTO. Scusi, signor ministro, io non ho
detto questo: ho soltanto chiesto se nei dati da lei riferiti,
e che sono stati pubblicati dai giornali, fossero compresi
anche quelli collegati al fenomeno dell'usura, perché nei
riepiloghi non li ho trovati.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Mi scusi,
non avevo compreso bene. Quelli che ho riferito sono dati
globali relativi al fenomeno criminoso: per analizzare le
singole cifre, non deve far altro che esaminare le relazioni
presentate al Parlamento.
   In merito alla questione della penetrazione della
criminalità nel settore dell'informazione, ho detto che
proprio in conseguenza di ciò alla criminalità organizzata
vengono attribuite una spiccata capacità di penetrazione nei
settori dell'imprenditoria commerciale ed industriale, una
disponibilità di rilevanti risorse finanziarie ed una continua
ricerca di contatti con esponenti del mondo delle professioni,
dei mass media e delle amministrazioni pubbliche. Ho
quindi parlato, letteralmente, di "una spiccata capacità di
penetrazione" in questi settori.
   Per quanto concerne la protezione delle persone a rischio,
è questa una delle principali attività svolte dal sistema di
sicurezza. Non so se nella domanda che mi è stata rivolta si
facesse riferimento alle persone minacciate che operano nelle
istituzioni, ai collaboratori di giustizia o ai loro
familiari. Per quanto ci riguarda, comunque, tutte queste sono
persone a rischio, per le quali sono previsti sistemi di
protezione diversi. Come sapete, i collaboratori ed i loro
familiari vengono condotti in località segrete, anche
all'estero, e nelle norme che stiamo per adottare sono
previste anche possibilità più concrete di modifica
dell'identità, per fornire le massime garanzie. Per le persone
minacciate esistono sistemi di protezione standard che
garantiscono, io credo, il giusto equilibrio tra la sicurezza
e la possibilità per l'interessato di svolgere il suo ruolo,
che sia politico, istituzionale o di altro genere. Come
sapete, recentemente è stata interrotta
Pagina 77
l'attività di protezione per un centinaio di persone, tra cui
molti politici o ex politici. Si tratta di una situazione che
viene continuamente sottoposta a monitoraggio da parte dei
comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza, i quali
valutano, mese per mese, se le misure di protezione adottate
siano efficaci, se servano ancora, oppure se debbano essere
potenziate, ed in quale parte d'Italia ciò debba avvenire. Vi
sono, infatti, soggetti che sono protetti dovunque vadano,
altri che usufruiscono di un sistema di protezione totale, con
voli di sicurezza, ed altri ancora che sono tutelati soltanto
in alcune parti del territorio: si tratta di un sistema molto
articolato, ma tenuto sotto costante controllo da parte dei
comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza, coordinati
dal comitato nazionale.
   Il senatore Manconi sottolineava che la lotta alla mafia
si fa nel settore dell'economia. Sono pienamente d'accordo: si
tratta del settore emergente in cui lo Stato deve intervenire
preventivamente rispetto al manifestarsi del fenomeno, perché
proprio qui vi è un salto genetico del fenomeno stesso che da
criminoso diventa legale, pur mantenendo intrinsecamente la
valenza criminale del patrimonio e dell'investimento, che
oggettivamente diviene lecito. Allora è impossibile
intervenire.
  ANTONIO DEL PRETE. Tende naturalmente a diventarlo.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. In questo
periodo vi è un'accelerazione.
   Le strategie del Governo per combattere il fenomeno sono
quelle che ho indicato (trattandosi di strategie del Governo,
mi viene la tentazione di dirvi di rivolgere la domanda al
Presidente del Consiglio), basate sul coinvolgimento di un
intervento preventivo - e non repressivo, che sarebbe
totalmente inutile - con la definizione di strategie, che
ancora non abbiamo indicato: questa è una delle lacune che
dobbiamo colmare. Finora, non come Governo ma come Ministero
dell'interno, abbiamo fronteggiato l'emergenza, abbiamo
vissuto mesi di cambiamento ed assestamento e abbiamo voluto
dare un segnale molto forte alla mafia. Adesso è il momento di
dotarsi di una vera e propria strategia articolata in tre
settori, il primo dei quali è quello internazionale. Sono
stato in Israele e mi recherò negli Stati Uniti: daremo avvio
ad un collegamento fra tutti i paesi amici per rafforzare la
lotta dal punto di vista dell'intelligence.
   La seconda prospettiva è la lotta all'economia criminale:
cominceremo il 26 settembre, nell'incontro che si svolgerà a
Milano, a definire dai vari punti di vista, quello di chi deve
attuare la repressione, quello del mondo dell'imprenditoria e
quello di chi studia il fenomeno dall'esterno di entrambi, le
strategie da attuare a livello legislativo. Un'altra
iniziativa nei confronti della criminalità organizzata,
soprattutto sul versante della struttura e dell'efficacia
dell'azione, sarà assunta entro la fine di settembre (la data
non è stata ancora decisa): si tratta di un'intera giornata di
studio, alla quale parteciperà un certo numero di esperti di
tutti i settori: ovviamente anche il presidente della
Commissione sarà invitato. La giornata sarà dedicata a cinque
argomenti, per ciascuno dei quali un gruppo di cinque esperti
dovrà definire, per grandi linee (farà seguito una serie di
iniziative sui singoli temi), quali siano le cose che vanno
bene nella legislazione vigente, quali quelle che non vanno e
quali le prospettive di intervento da parte dello Stato e del
Parlamento.
   Dopo questi mesi di assestamento, il Ministero
dell'interno - ed il Governo di conseguenza - comincia a
definire le strategie da portare in Parlamento ma anche, e
soprattutto, la sua azione concreta di tutti i giorni. Questo
è il momento di farlo. Finora abbiamo comunque agito in modo
efficace: tutto il merito va alle forze di polizia.
Personalmente, come ho detto nella relazione, non credo vi sia
bisogno di leggi speciali; è necessario però monitorare
continuamente l'attuazione delle norme di legge, perché la
criminalità organizzata è in movimento e si adegua in
continuazione per cercare di diminuire l'efficacia dei
provvedimenti legislativi. Si tratta, da
Pagina 78
parte mia, di monitorare la situazione e, da parte del
Parlamento, di assumere i provvedimenti di aggiustamento
necessari.
   Il collega Vendola ha parlato di mafia e di enti locali.
Si è già detto che la burocrazia comunale a volte è coinvolta,
ma in questi casi l'azione può essere solo del commissario o
della nuova amministrazione.
  NICHI VENDOLA. Relativamente al fatto che il 20 novembre
si voterà in alcuni comuni e al giudizio tendenzialmente
positivo che lei ha espresso sull'esperienza delle commissioni
straordinarie, le pongo questo problema: è stata o può essere
posta l'attenzione sui comuni nei quali si voterà e che hanno
avuto l'esperienza dello scioglimento e della commissione
straordinaria? Alcuni prefetti ritengono sia giusto offrire la
possibilità di una proroga fino alla prossima primavera.
Allora io chiedo se si possa svolgere una verifica presso le
prefetture per avere un'informazione più adeguata, perché se è
vero che le commissioni straordinarie hanno lavorato bene ma
la magistratura ha lavorato con lentezza, è possibile che il
lavoro delle prime venga inficiato da un risultato elettorale
determinato o predeterminato dalle forze occulte ancora in
campo.
  ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Ogni volta
che si avvicina la scadenza della gestione commissariale, il
prefetto riunisce il comitato provinciale per l'ordine e la
sicurezza e valuta la situazione. Proprio in questi giorni ho
accettato una serie di proposte di proroga di alcune gestioni
commissariali (non ricordo se fra esse vi era anche quella del
comune di Terlizzi, posso verificarlo). Vi è, comunque, il
limite posto dalla legge, anche se in alcuni casi, a mio
parere, un commissario che rimanga per quattro o cinque anni
può essere più utile di qualsiasi altra soluzione. Come
dicevo, però, vi è il limite che la legge mi impone di
rispettare e che rispetto. Non sempre il prefetto ha chiesto
la proroga; laddove l'ha chiesta l'ho consentita, perché
lascio questo tipo di valutazione al comitato provinciale per
l'ordine e la sicurezza.
   Non mi soffermerò sul condono edilizio, che non riguarda
le competenze del mio ministero. Lo stesso farò a proposito
del controllo sulla Cassa di risparmio da parte della Banca
d'Italia: dopo le polemiche estive, mi sembra giusto
sottolineare il rispetto dell'autonomia della Banca d'Italia,
senza entrare nella valutazione della sua attività nei
confronti della Cassa di risparmio.
  PRESIDENTE. Ringraziamo il ministro, che mi pare sia
stato del tutto esaustivo rispetto alle domande poste e che,
comunque, si riserva di inviare ulteriore documentazione.
   La seduta termina alle 15,30.

 


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