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Parenti: seduta 29
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Pagina 791
       PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI
                          INDICE
                                                        Pag.
Audizione del dottor  Pier Luigi Vigna, Procuratore della
Repubblica di Firenze:
  Parenti Tiziana, Presidente ................ 793, 794, 800
                                               801, 802, 804
  Arlacchi Giuseppe .........................  800, 801, 804
  Bonsanti Alessandra .......................  800, 801, 803
  Grasso Tano .......................................... 801
  Mattarella Sergio .................................... 798
  Scopelliti Francesca ...........................  799, 803
  Ramponi Luigi ........................................ 803
  Vigna  Pier Luigi, Procuratore della Repubblica di
Firenze .....................................  793, 794, 799
                                     800, 801, 802, 803, 804
Pagina 792
Pagina 793
  La seduta comincia alle 14,25.
    (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione del dottor Pier Luigi Vigna, procuratore della
Repubblica di Firenze.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
procuratore della Repubblica di Firenze, dottor Pier Luigi
Vigna.
   La Commissione è interessata a conoscere la situazione
della criminalità tradizionale e non tradizionale nell'Italia
centrale, con particolare riferimento ad eventuali
collegamenti con la mafia, la camorra e la 'ndrangheta oltre
che con la nuova criminalità cinese e colombiana. Ci
interesserebbe anche che il procuratore Vigna inquadrasse lo
stato delle indagini sull'attentato di via dei Georgofili a
Firenze nonché degli altri attentati che a questo hanno fatto
seguito, nell'ipotesi in cui il suo ufficio fosse diventato
titolare dei relativi procedimenti. In sostanza, chiediamo al
dottor Vigna di fornirci una visione d'insieme evitando,
ovviamente, riferimenti che potrebbero pregiudicare le
indagini in corso. Ricordo al nostro ospite che la seduta è
pubblica e che, nell'ipotesi in cui egli intendesse rilasciare
dichiarazioni riservate, disattiveremmo l'impianto di circuito
chiuso.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Cercherò di essere estremamente sintetico. Per
inquadrare la situazione della Toscana, comincerò con il
ricordare che la direzione distrettuale antimafia di Firenze,
la cui responsabilità è riferita al procuratore della
Repubblica, è attualmente composta da quattro sostituti. A
tale composizione - originariamente i sostituti erano tre - si
è giunti proprio a seguito della strage del 27 maggio 1993,
oltre che per adeguarsi all'indicazione del CSM in base alla
quale il numero dei componenti della direzione distrettuale
antimafia deve essere pari ad un quarto di quello dei
sostituti. Ecco perché, a fronte di un totale di sedici
sostituti, la direzione distrettuale è composta da quattro
membri.
   Recentemente gli altri sostituti sono stati inquadrati in
tre dipartimenti di indagine: criminalità economica;
criminalità-pubblica amministrazione; criminalità organizzata.
Tali dipartimenti hanno competenza su una fascia di delitti
che, pur essendo di criminalità organizzata, non sfociano
comunque nella criminalità di tipo mafioso.
   Farò ora riferimento ad una serie di dati aggiornati al 15
dicembre 1994, riportati in un documento che lascerò agli atti
della Commissione. Risultano iscritti 197 procedimenti;
sottoposte ad indagini 2.144 persone per reati di mafia;
rinviate a giudizio 415 persone; condannati 110 imputati per
delitti di mafia. Come si può constatare, siamo passati dalla
fase delle indagini a quella dei processi; ciò rende
particolarmente attuale il problema - che credo dovrà essere
affrontato anche da voi - dei tribunali distrettuali
antimafia. Senza dilungarmi su specifiche problematiche, mi
limito a constatare che la procura di Firenze, alla pari di
quella di Palermo e di altre, è pienamente favorevole
all'istituzione di tali tribunali. Recentemente il GIP di
Firenze ha disposto un rinvio a giudizio davanti al tribunale
di Livorno per 120-130 persone: il relativo procedimento,
qualora dovesse essere svolto nell'arco di tre giorni a
settimana, occuperà sei mesi di dibattimento (quattro mesi, se
invece dovessero essere impegnati quattro giorni a settimana).
Il tribunale di Livorno, al quale erano stati assegnati altri
procedimenti - penso, per esempio a quello sulla Moby
Prince-, per evitare la scarcerazione di persone detenute
ha dovuto rinviare alla fine dell'anno l'altro processo.
Seguendo la regola di competenza dei giudici ordinari, cioè
facendo riferimento ai tribunali non aventi sede nel
Pagina 794
capolugo del distretto, finiamo per soffocare questi ultimi.
Del resto, bisogna essere attenti ai problemi di competenza:
come avete potuto tutti constatare, il procedimento
sull'autoparco di Milano è stato restituito alla procura di
quella città. Certo, nulla di impressionante: ne è derivato,
quanto meno, che le persone coinvolte sono state
neutralizzate, anche perché le prove erano molto forti. Come
mai è avvenuto tutto questo?
   Il Consiglio superiore della magistratura, nel momento in
cui si stava ancora studiando il nuovo codice di procedura
penale, osservò opportunamente che bisognava indicare una
regola di competenza per i reati associativi (associazione
mafiosa e reati associativi per traffico di stupefacenti). Si
tratta di un aspetto sul quale la Commissione dovrebbe
adeguatamente riflettere. In realtà, non si sa bene dove
radicare la competenza ed è possibile che i giudici la pensino
diversamente al riguardo.
   Nelle indagini da noi esperite coinvolgiamo i servizi di
polizia giudiziaria, prevalentemente la DIA (della quale a
Firenze ha sede un centro operativo), il ROS dei carabinieri,
il GICO della guardia di finanza, ma anche le forze di polizia
giudiziaria locali (quelle di Grosseto, di Livorno e di Pisa).
Uno dei difetti dell'accentrazione di competenza che si
registra a fronte degli enormi vantaggi è, infatti, che le
polizie giudiziarie locali si sentono demotivate e ragionano
pressappoco in questi termini: "Siccome le indagini non le
farà il mio procuratore, la mafia per me passa in sott'ordine,
anche perché per combattere quel tipo di reati esistono
servizi specializzati". E' quindi opportuno coinvolgere nelle
indagini anche le forze di polizia locale.
   Quali sono, a mio parere, le ragioni dell'insediamento
mafioso in Toscana? In Toscana, infatti, vi è un insediamento
mafioso. Come ho già detto altre volte, una delle ragioni è
riconducibile ai vecchi soggiornanti obbligati. Ho esaminato
alcuni studi in base ai quali negli anni sessanta-settanta la
Toscana era al secondo o terzo posto tra le regioni che
ospitavano soggiornanti obbligati, soprattutto in quelle fasce
di territorio - penso alla costa tirrenica o ad altre aree
interne - dove poi è stata riscontrata una più consistente
presenza di insediamenti mafiosi. La ragione principale non è
dovuta tanto al soggiorno obbligato in sé considerato ma al
relativo "trascinamento". In sostanza, la persona costretta al
soggiorno obbligato "trascina" parenti ed amici. La cosa
stupenda è constatare la ragnatela di parentele che si è
creata in Toscana tra soggetti provenienti da altre regioni,
per effetto di matrimoni e di forme di padrinaggio.
   La seconda causa di allignamento dell'organizzazione
mafiosa è rappresentata dalla diversificazione di ricchezze.
In Toscana non vi sono grandissime industrie ma c'è una serie
ramificata di imprenditoria media e piccola che diventa
appetibile per le organizzazioni criminali, che vi penetrano
attraverso l'usura. Abbiamo avuto un processo riferito ad una
novantina di consistenti casi di usura, avvenuti tra Livorno e
Cecina, con conseguente impossessamento di molte imprese
familiari. Tale meccanismo consente il controllo del
territorio e la gestione di fatto della piccola e media
impresa, anche lasciandola formalmente intestata ai vecchi
titolari, nonché la sua utilizzazione come cassa di
riciclaggio.
   Abbiamo poi un'agricoltura appetibilissima; si tratta di
un dato particolare sul quale ora sto vedendo qualcosa. Chiedo
se su questo punto sia possibile proseguire in seduta
segreta.
  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
     (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Importante, secondo me, è la posizione strategica
della Toscana. Come avveniva all'epoca del terrorismo, è
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situata in una posizione mediana, ottima per gli scambi (ci
sono anche dei porti utili per il traffico di stupefacenti,
come quello di Livorno) ed anche per gli incontri fra quelli
che sono collocati al nord e quelli che sono collocati al
sud.
   Un altro fattore che agevola l'insediamento mafioso è
quello carcerario. In Toscana, oltre a certe carceri come
quelli di Volterra e di San Gimignano, abbiamo anche Pianosa.
Il fatto che in certe carceri della Toscana vadano persone
soggette al regime dell'articolo 41-bis ha determinato
un effetto di trascinamento: parenti più o meno stretti si
sono spostati nel luogo in cui è situato il carcere. Un
esempio tipico sul quale cerchiamo di lavorare è l'isola
d'Elba, che a me preoccupa abbastanza per certe
infiltrazioni.
   Quali caratteristiche presentano questi soggetti?
Innanzitutto sono soggetti di tutte le "razze"; abbiamo, cioè,
persone esponenti di Cosa nostra, sia i vincenti, cioé legati
all'ala corleonese (cito l'esempio di Giacomo Riina, persona
anziana che stava in Emilia-Romagna ma aveva propaggini in
Toscana), sia gli esponenti dell'ala perdente (faccio
riferimento a Mutolo che essendo in soggiorno obbligato a
Gavorrano dal 1986-1987, poi ha trafficato alleandosi con vari
soggetti); abbiamo rappresentanti di 'ndrangheta: per
l'appunto, Fedele Michelangelo, con tutta una sua corte di
persone che aveva instaurato questo sistema di usura (per cui
vi è stato il rinvio a giudizio) con la complicità piena di
operatori bancari. Vi erano cioé agenzie di almeno due banche
(abbiamo effettuato un'indagine servendoci di ispettori della
Banca d'Italia come consulenti) depositarie di titoli fasulli,
che venivano poi messi all'incasso e che erano portati lì dai
titolari di certe finanziarie che erano in mano
all'organizzazione, perché servivano come mezzo per erogare
denari ad interessi usurari (interessi ancora più usurari, in
caso di urgenza, li praticava lo stesso Fedele). Vi era quindi
la complicità di alcuni operatori bancari, che fornivano
all'organizzazione anche indicazioni sulle rapine da
commettere nelle loro agenzie e che custodivano nelle cassette
di sicurezza le armi della banda. Abbiamo quindi questa cosa
variopinta. Vi sono poi gli esponenti della camorra e vi sono
anche catanesi (che hanno lavorato molto in Toscana); tutte
persone legate soprattutto a Jimmy Miano (del quale si
prevedeva una evasione clamorosa dal carcere di Livorno).
   Che caratteristiche hanno questi soggetti di rango
veramente mafioso? Hanno la caratteristica di fungere da
momento aggregante della delinquenza locale. Troviamo cioè il
soggetto di spicco "targato DOC", tipo Cosa nostra o
'ndrangheta o camorra, sul quale poi si concentrano i
delinquenti locali e di ciò è ben evidente la ragione. La
delinquenza locale, di fronte all'intervento della delinquenza
mafiosa, ha tre possibilità: o si ritira (ma è una scelta non
dignitosa né lucrosa) oppure si allea, oppure imita i modelli
dell'organizzazione mafiosa e fa la guerra. Ma la guerra costa
sacrificio, per cui più spesso si assiste alla aggregazione
sul delinquente mafioso della delinquenza locale.
   Quali sono i settori di attività? Quello prevalente è
ovviamente il settore degli stupefacenti, che sono un poco la
forza trainante di tutte le organizzazioni criminali, e si
assiste al fenomeno (che non voglio dire a volte scoraggi,
perché sono fondamentalmente ottimista) per cui come se ne
arrestano cento ve ne sono già duecento in fila per prendere
il posto dei cento messi in carcere. Esiste cioè una sorta di
lista di attesa, che si spiega, appunto, con l'enorme
lucrosità di questo mercato degli stupefacenti.
   Un mercato attrattivo, almeno di passaggio, ma anche per
insediamento, in Toscana è quello delle armi. Circa un anno
prima della strage di Capaci (mi riferisco quindi all'aprile
1991), abbiamo avuto passaggi molto consistenti, effettuati da
soggetti di organizzazioni toscane (questa volta imperniate
sui catanesi), di esplosivi e congegni per accensione di
esplosivi diretti a Catania, circa un anno prima della strage
di Capaci (mi riferisco quindi all'aprile 1991). Naturalmente
tutte queste piste di indagine sono state messe a disposizione
dei colleghi.
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   Abbiamo anche trovato depositi forti di armi. Questo è
dovuto soprattutto alle guerre di mafia; mi riferisco, per
esempio, a quella fra il "Malpassotu" ed un'altra famiglia di
Misterbianco, trasferitasi in Toscana per timore. Qui avevano
portato un deposito di armi del quale si servivano soprattutto
per regolare i conti con spedizioni giornaliere o settimanali
nei luoghi di origine.
   Naturalmente le armi servivano anche per fare rapine.
Attraverso collaboratori abbiamo scoperto - non esagero -
centinaia di rapine compiute tra il 1986 ed il 1992 ed i cui
autori erano rimasti ignoti. Se vi era un settore forte era
quello delle rapine, sia ai portavalori sia soprattutto alle
banche.
   Vi ho già detto che vi è una forte presenza di usura. Ne
abbiamo parlato spesso anche con l'onorevole Grasso. Abbiamo
il grosso problema dei numeri oscuri relativi ai fatti di
usura. Ho parlato poco fa di una novantina di casi scoperti
nel processo contro Fedele (mentre la famiglia scappata da
Misterbianco per lotte con Pulvirenti alla quale alludevo era
quella di Nicotra): li abbiamo scoperti perché ce ne ha
parlato un collaboratore, tant'è che ho suggerito ai miei
colleghi di fare perquisizioni alle persone offese, agli
usurati, ed abbiamo trovato tutti i "conticini", altrimenti
non avrebbero parlato. Si tratta di casi di usura nell'ambito
dei quali si sono verificati due suicidi, il sequestro di una
famiglia per tutta una notte, perché pagasse, esplosioni di
arma da fuoco contro due persone con relative accuse di
tentato omicidio e sono stati dati alle fiamme un paio di
locali notturni (tutto questo è emerso in un solo
processo).
   Il riciclaggio è anch'esso un punto oscuro: con la DIA sto
cercando di tracciare una mappa processuale. Come sapete, le
forze di polizia hanno le loro mappe della criminalità; ho
avviato questo processo informatico con la DIA nel modo
seguente: le ho consegnato tutti gli elenchi riguardanti le
2.100 persone sottoposte da noi ad indagine (non ha importanza
se qualcuna è stata archiviata) e le stiamo "collocando" sul
territorio. Dunque questa volta si inizia dalle indagini
processualizzate, non più dai motivi di sospetto, per
distribuire sul territorio i vari soggetti. Si tratta poi di
compiere una correlazione tra questi insediamenti così
collocati e le informazioni che ci provengono da altri archivi
sempre in ordine a tali soggetti, al fine di cercare di
riuscire a svelare anche qualche caso di riciclaggio. Su
alcuni di essi stiamo già lavorando.
   Di consolante vi è che non abbiamo rilevato rapporti tra
mafia ed istituzioni, neppure a livello di pubblica
amministrazione. C'è altresì (ovviamente in Toscana non esiste
una forma oppressiva di controllo del territorio, come accade
invece in altre regioni) che non si verificano numerosi fatti
di sangue, i quali, anzi, si contano sulle dita di una mano.
La commistione di più presenze (ad esempio, tra perdenti e
vincenti di Cosa nostra) non conduce infatti a scontri ma
piuttosto favorisce una divisione di territori di influenza.
Ciò lo si comprende bene perché, in fondo, la Toscana è una
regione non tipica ma di rifugio, in cui si va, cioè, per
allargare gli investimenti, secondo le logiche proprie di Cosa
nostra.
   Sotto il profilo informatico siamo ben attrezzati e di
questo va dato atto al Ministero di grazia e giustizia.
Abbiamo come direzione distrettuale antimafia una banca dati,
che, come apparati, è già a posto e nel prossimo mese pensiamo
di iniziare l'attività di inserimento. Come sapete, le singole
banche dati delle procure distrettuali (per ora ce l'hanno le
procure di Caltanissetta, di Palermo e di Firenze, che è tra
le più aggiornate essendo l'ultima) potranno poi "colloquiare"
con la banca dati della procura nazionale e, attraverso
quest'ultima, con le banche dati dei vari uffici. Ho inoltre
avviato un accordo, che si sta perfezionando, con la regione
Toscana, la quale sta predisponendo un sistema informatico per
numerosi comuni della Toscana, riguardante, tra l'altro,
l'anagrafe, le licenze e i cantieri di lavoro. La regione si è
offerta, ed io ho accettato, tramite il ministero, ben
volentieri, di mettere a disposizione della nostra banca dati
anche
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il raccordo con questa banca dati operativa.
   E' poi attiva l'informatizzazione: ogni collega si avvale
di un computer. Nel mio ufficio ho fatto mettere anche una
apparecchiatura per videoregistrare le dichiarazioni di
eventuali collaboratori. Tutti i colleghi della DIA e molti
altri sono in possesso di computer portatili che utilizzano
per inserire i dati raccolti nel corso di interrogatori in
carcere.
   A proposito della videoregistrazione dei verbali - che
dovrà essere una novità in questo pacchetto di riforme - si
pone, come è noto, il problema se la presenza
dell'apparecchiatura di registrazione, o addirittura di
videoregistrazione, possa avere una sorta di effetto bloccante
sotto il profilo psicologico. Si tratta di un problema reale,
che può variare da dichiarante a dichiarante. Sembra
impossibile ma anche se ben mascherata la presenza di tali
apparecchiature (di cui in ogni caso va dato atto a verbale),
unitamente al fatto che un domani possa essere fatta sentire
al pentito di rango proprio la voce di colui che lo accusa,
può avere in certi soggetti un effetto bloccante.
   A Firenze, ma direi in tutta la Toscana, c'è un grosso
impegno della comunità sociale e vi è un analogo impegno della
scuola per l'affermazione del principio di legalità e per
conoscere la mafia. Insieme ai colleghi della direzione
distrettuale antimafia abbiamo tenuto, due anni fa, una serie
di conversazioni con gli alunni della scuola media, che sono
state riportate in un libretto stampato dal comune di
Firenze.
   C'è un impegno fortissimo della regione che ha più volte
trasmesso per televisione dibattiti sull'argomento, collegando
in rete le varie emittenti televisive della regione, ed ha
anche provveduto a pubblicare dei dossier, in
collaborazione con l'università, sul fenomeno delle estorsioni
e dell'usura.
   Vi è poi un dato nuovo che richiama la nostra attenzione e
sul quale penso, visto che non ha valore soltanto per la
Toscana, di spendere qualche parola. E' il problema dei
cinesi.
   Come sapete a Firenze, nel vicino comune di Campi Bisenzio
e a Prato vi sono moltissimi cittadini cinesi. In base ad
alcuni calcoli che sono stati effettuati, i "regolari"
sarebbero 2.919, suddivisi in 1.715 maschi e 1.204 femmine,
mentre gli "irregolari" sarebbero circa 6 mila. Ma il problema
non si limita alla loro presenza (io sono un fautore delle
integrazioni): infatti, riguarda l'organizzazione tipicamente
mafiosa che assumono certe organizzazioni criminali interne
alla comunità cinese.
   Questo ci consta perché abbiamo avuto la fortuna che
alcuni (soltanto tre o quattro) cinesi dell'area toscana hanno
reso ad un organo di polizia dichiarazioni informali (in
quanto non volevano comparire) ma delle quali è stato redatto
un rapporto, che hanno una singolare omogeneità con
dichiarazioni rese a verbale da cinesi clandestini (alcuni di
Firenze) trovati in Puglia durante uno sbarco, i quali, presi
dai carabinieri, hanno riferito - questa volta è stato redatto
un verbale - sulla organizzazione della malavita cinese. Dirò
molto sinteticamente (ma su questo punto ci si dovrà ritornare
perché simili fenomeni si verificano anche a Torino oltre che
in altre città) che tali persone si aggregano secondo la città
di provenienza. Questo è il primo dato caratteristico che
emerge. In relazione alla città di provenienza si formano poi
vari gruppi, in cui c'è un personaggio emergente. Si tratta di
gruppi che si ritiene abbiano collegamenti a livello
internazionale, soprattutto con quelli insediati in Francia.
Vi è una strutturazione uguale - non vi è nulla di nuovo sotto
il sole! - a quella delle famiglie di Cosa nostra. Ossia c'è
un capofamiglia, c'è un consigliere, così come avviene nella
famiglia mafiosa, e ci sono gli aderenti. Vi è un rito di
iniziazione che consiste nel pungersi, versare il sangue in un
infuso di riso e poi berlo. Vi sono riti molto interessanti,
come per esempio quello di inviare un certo tipo di fiore ad
una persona, che equivale ad una condanna a morte. Molto
valore è attribuito alla cosiddetta faccia ed anche in questo
non vi è nulla di nuovo, perché la faccia di una persona è il
rispetto della reputazione criminale di cui essa gode, e che
Pagina 798
aumenta o diminuisce a seconda dell'andamento delle sue
imprese criminali.
   Bisogna tenere presente che fino a questo momento i reati
sono stati commessi all'interno della comunità cinese, il che
può aver portato a sottovalutarne la pericolosità, come è
avvenuto negli Stati Uniti d'America, all'epoca delle prime
immigrazioni: la Mano nera inizialmente ha agito nell'ambito
della comunità originaria, ma una volta saturata ha cominciato
ad operare anche all'esterno, ed è quello che noi temiamo.
   1Il Ministero dell'interno ha intessuto relazioni con
l'ambasciata della Cina popolare perché venissero inviati
investigatori cinesi; le trattative vanno avanti da circa due
anni, ma la diplomazia cinese è molto cauta, osserva un certo
cerimoniale, che ancora non ha portato a nulla. Il nostro
problema è quello della lingua: come loro sanno, i dialetti
cinesi, che sono più di cento, si differenziano per
l'intensità con la quale vengono pronunciate determinate
sillabe: per esempio, a seconda che io pronunci sien o
shien dico due cose diverse e questo implica difficoltà
enormi nelle intercettazioni telefoniche, perché anche se
eseguite, non si riesce a capire esattamente cosa dicono. A
Firenze disponiamo di due o tre interpreti che sembrano
sicuri, ma anche questi probabilmente conoscono soltanto
alcuni dialetti cinesi.
   Un altro problema molto importante riguarda
l'attendibilità o meno dei documenti di identificazione,
perché nella trascrizione si possono verificare errori a causa
della diversa pronuncia dei nomi propri (questo è un problema
presente in tutto il contesto europeo) e la stessa persona può
essere identificata sotto cinque, dieci o quindici nomi
diversi, senza che si riesca a conoscere quello vero.
   A parte queste difficoltà, è anche molto importante
individuare i reati ai quali si dedicano i cinesi.
  SERGIO MATTARELLA. Qual è il tasso di criminalità
rispetto alla popolazione residente?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. E' ignoto, perché i reati vengono consumati
all'interno della comunità cinese e fino ad ora sono emersi
solo alcuni fatti, dei quali mi accingo a riferire.
   Il reato più consumato è quello del gioco d'azzardo, che è
sfruttato anche come mezzo di estorsione; i collaboratori, per
ora sotto copertura (ho chiesto alla polizia di spiegare il
nostro sistema di tutela e spero di far approvare una proposta
di programma di protezione per un cinese), ci riferiscono che
vengono invitati a giocare a poker o ad un altro loro gioco,
quattro imprenditori cinesi (a Firenze, sono passati dal
settore della pelletteria a quello tessile, oltre alla
ristorazione), che non possono rifiutare. Un membro
dell'organizzazione si siede accanto ad essi e preleva metà
della vincita ad ogni mano senza che gli interessati possano
dire nulla, perché le pene (anche in questo caso, Cosa nostra
insegna poco!) sono ovviamente gravissime.
   La seconda attività prediletta è l'estorsione ed il
sequestro di persona a scopo di estorsione, alcuni dei quali
sono venuti alla luce; per esempio, a Roma si sono verificati
uno o due episodi finalizzati all'impossessamento di un
ristorante.
   La terza attività importantissima, e la più spregevole, è
l'importazione di uomini: per ogni cinese importato si pagano
circa venti milioni, di cui dieci in Cina. Questi uomini fanno
un viaggio pazzesco, con documenti falsi, a seconda degli
stati che devono attraversare. Per esempio, se in Russia è
richiesto il passaporto, viene falsificato soltanto questo; se
poi si deve attraversare l'Ungheria ed è richiesta la carta
d'identità, viene falsificata anche questa, fino a giungere in
Italia, attraverso la Francia (al riguardo, pare vi siano
responsabilità e complicità anche del personale addetto alla
vigilanza ferroviaria, che chiudono i clandestini negli
scompartimenti), oppure attraverso le coste. Se i clandestini
sbarcano in Puglia è segno che vi è un accordo con la Sacra
corona unita, altrimenti non sbarcherebbero certo in questa
regione.
Pagina 799
   Il clandestino cinese, una volta entrato nel nostro paese,
deve pagare gli altri dieci milioni, e per questo viene
ridotto in schiavitù, ed abbiamo effettuato arresti per
sequestro di persona. Ci risulta che i clandestini cinesi sono
costretti a lavorare rinchiusi e finché non hanno riscattato
il loro debito vengono tenuti chiusi nei luoghi di lavoro,
senza documenti. Questa è un vera e propria riduzione in
schiavitù, tant'è vero che pensiamo di contestare questo
reato.
   Sappiamo che nel nostro territorio vi è disponibilità di
armi, perché riceviamo queste informazioni sia da persone
fermate in Puglia, sia da altre con cui abbiamo avuto colloqui
in Toscana, ma non siamo stati in grado di trovarle, perché
non vengono sempre portate addosso ma usate soltanto per
spedizioni punitive, nelle quali vengono commessi anche
omicidi. Le persone fermate ci hanno riferito di omicidi che
non erano emersi, compiuti non in Toscana, ma in altre zone.
Il motivo di queste spedizioni è che vi deve essere una sorta
di accaparramento del movimento di clandestini. E' successo
che alcuni cinesi siano partiti armati da Firenze, da Campi
Bisenzio, per andare in una città del nord (non ricordo se
Parma o Piacenza), abbiano sparato ad un altro importatore,
prelevato dieci clandestini da questo portati in Italia e poi
li abbiano rinchiusi in un furgone e trasferiti a Firenze.
Quindi, la situazione è estremamente grave, perché non siamo
in presenza soltanto di un fenomeno regionale.
   So che i toscani - a parte me - sono abbastanza
tranquilli, ma ricordo che quando ho tenuto una conferenza a
Campi Bisenzio sul problema dell'estorsione, cui era
assoggettata una famosa merciaia, la gente esasperata mi ha
invitato a provvedere, perché altrimenti avrebbero agito in
proprio. Questo per dire che il fenomeno assumeva, ed assume,
anche un rilievo di ordine pubblico; quindi, il pericolo è
esistente ed i mezzi investigativi sono difficilissimi. Tra
l'altro, sto cercando di far collaborare i cinesi, altrimenti
le dichiarazioni confidenziali non hanno un gran valore. Vi ho
già riferito della difficoltà delle intercettazioni e meno che
mai si può pensare di trovare un italiano che si possa
inserire come infiltrato, per cui bisognerebbe trovare un
cinese.
   Consegno alla Commissione un documento, che ho predisposto
d'accordo con il procuratore generale della Repubblica, che si
propone di promuovere una riunione tra tutte le procure della
Toscana. Tutti i colleghi sono stati d'accordo nel ritenere
che queste sono associazioni di tipo mafioso (articolo
416-bis del codice penale) per cui, di conseguenza, la
competenza spetta alla procura distrettuale di Firenze che,
insieme alla Polizia di Stato, si è dotata di una banca dati
relativa proprio alla criminalità cinese. Tutte le procure,
anche se procedono per reati minori (per esempio, gli scippi),
hanno poi assunto l'impegno di trasmetterci copia degli atti
per consentirci di correlare le varie informazioni sui
soggetti, con obbligo, da parte nostra, di rendere altre
notizie importanti. Se il presidente lo ritiene utile,
consegnerò il documento in cui si esprimono queste
valutazioni.
  FRANCESCA SCOPELLITI. Desidero rivolgerle una domanda,
dottor Vigna: nel momento in cui la persona che viene
importata ha pagato il riscatto - per esempio, i dieci milioni
- rimane all'interno dell'associazione a delinquere oppure può
uscirne?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Può lavorare, perché le vengono restituiti i
documenti, mentre prima si trovava in clandestinità - si
tratta poi di verificare se questi documenti siano veri o
fasulli - e potrà partecipare alla vita sociale, potrà uscire,
giocare, dormire e così via. In precedenza, invece, veniva
tenuta segregata.
  FRANCESCA SCOPELLITI. Però non è costretta a
delinquere.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. No, no. Sia ben chiaro, non tutti sono
appartenenti ad associazioni criminali, molti ne sono vittime.
Esistono, però, associazioni criminali di
Pagina 800
tipo mafioso che agiscono nell'ambito della comunità
cinese.
   Con l'internazionalizzazione delle mafie alla quale stiamo
assistendo - non sono idee da film, perché esiste uno stretto
legame - vi è il grave pericolo che si realizzi - come a mio
avviso è già avvenuto in Puglia - un'alleanza della
criminalità cinese con altri tipi di criminalità.
   In Toscana vi è anche la presenza di colombiani,
soprattutto dediti all'importazione di sostanze
stupefacenti.
  PRESIDENTE. Ritengo opportuno proseguire i nostri lavori
in seduta segreta. Se non vi sono obiezioni, dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
    (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Un ultimo aspetto, senza dire nulla che sia
coperto dal segreto di indagine, riguarda la questione delle
stragi.
   Come loro hanno appreso, tutte le indagini sulle stragi
avvenute nel 1993 (vale a dire quella di via Fauro del 14
maggio, quella di Firenze del 27 maggio, quelle di Roma di San
Giovanni e di San Giorgio al Velabro del 27 luglio, quella di
via Palestro a Milano del 27 luglio) sono unificate presso la
procura della Repubblica di Firenze. E' stata presa questa
decisione, dopo che tutti i colleghi avevano svolto un ottimo
lavoro investigativo, a partire dai colleghi di Roma, dal
collega Piro, dal collega Saviotti fino al collega Spataro di
Milano, insieme a Pomarici. Tale decisione è stata assunta in
base ad una norma del codice di procedura penale. Avendo
infatti verificato in base a fatti precisi che tutti gli
episodi sono legati tra loro, l'indagine doveva essere
affidata al giudice del foro in cui si è verificato il fatto
più grave o il primo dei fatti più gravi, che si è appunto
verificato a Firenze, dove vi sono stati cinque morti: anche a
Milano i morti sono stati cinque, ma Firenze è stata la prima
ad avere questo triste primato.
   Direi che le indagini sono a buon punto per quanto
riguarda la ricostruzione fattuale di chi ha trasportato e
sistemato l'esplosivo: il passo ulteriore da compiere sarà
quello di identificare tutti i soggetti.
  ALESSANDRA BONSANTI. Scusi, signor presidente, siamo
ancora in seduta pubblica?
  PRESIDENTE. Sì.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Quelli che ho citato erano fatti noti, ma forse
ora è opportuno proseguire in seduta segreta.
  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
     (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Mi scuso con la Commissione, ma purtroppo alle 16
ho un impegno presso il Consiglio superiore della
magistratura. Se avrete ancora bisogno di ascoltarmi, sarò a
vostra disposizione.
  GIUSEPPE ARLACCHI. Vorrei chiedere un'informazione circa
i cinesi: avete individuato la triade di appartenenza?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Non è tanto questione di triade, è questione di
provenienza dal medesimo luogo, dalla medesima provincia o
città. Non ho questa informazione negli appunti, ma ci hanno
comunicato da quale città prevalentemente provengano questi
delinquenti. Esiste sicuramente un collegamento fra le varie
famiglie, che loro collocano in Francia, in un organismo che
ha sede in quel paese e del quale non sanno di più.
Pagina 801
  GIUSEPPE ARLACCHI. Questo pentito non è stato in grado di
dire altro?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Queste fonti confidenziali, questi collaboratori
occulti sono tre.
  GIUSEPPE ARLACCHI. E non sono stati in grado di dire a
quale precisa organizzazione criminale facessero
riferimento?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. No. Ci dicono quali siano le famiglie esistenti in
Italia e soprattutto in Toscana, i nomi dei capi, dei
vicecapi, dei membri, senza però, almeno fino a questo punto,
fare collegamenti ulteriori.
  GIUSEPPE ARLACCHI. Non hanno fatto neppure il nome della
triade?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica presso
il tribunale di Firenze. Il nome della triade no, solo
quello della famiglia, che prende il nome dal capofamiglia
oppure dal soprannome di quest'ultimo, con il suo consigliere
e con i suoi soldati.
  TANO GRASSO. Vorrei formulare una domanda velocissima,
rispetto a tutte quelle che mi ero segnato, concernente le
indagini sull'autoparco. E' stata individuata una pista di
riciclaggio che partiva da Catania e veniva svolta a Milano.
Nel corso di questa indagine, da quanto ho letto sulla stampa,
sono stati individuati alcuni personaggi che poi sono stati
trovati anche in talune indagini siciliane; le chiedo se possa
dirci qualcosa sul ruolo di Cattafi, indagato anche per
traffico di armi in Sicilia, e se possa darci una spiegazione
del comportamento di questo soggetto, piuttosto particolare
rispetto agli uomini d'onore tradizionali e rispetto anche
alla sua storia politica (apparteneva a Ordine nuovo insieme a
Rampulla, l'artificiere di Capaci).
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Questo personaggio è stato indagato: ha origini
ordinoviste, è stato processato e condannato - mi pare - per
il possesso di un mitra alla stessa epoca di Rampulla; è un
personaggio indagato con informazione di garanzia anche dalla
procura di Messina per traffico di armi; in base ad
intercettazioni ambientali effettuate nell'autoparco di Milano
ed ai racconti che questi faceva a proposito di fatti di mafia
radicati, se non sbaglio, soprattutto a Barcellona Pozzo di
Gotto, fu catturato su richiesta della procura della
Repubblica di Firenze. Secondo la tesi difensiva di Cattafi,
egli questi discorsi li aveva fatti, ma perché avendo
testimoniato nel 1984 nel processo Epaminonda e avendo rivisto
dopo dieci anni il Salesi per la strada, impauritosi, andava
in questo suo raccontare magnificando o facendo finta di
raccontare storie di mafia alle quali era estraneo. Ciò per
fornire la versione dell'uno e dell'altro. Secondo la nostra
prospettazione d'accusa, era invece intraneo all'autoparco di
Milano. Abbiamo anche perquisito una sua abitazione di
Taormina, a lui locata - del resto gli atti sono pubblici - da
un magistrato della procura generale di Milano, secondo me (io
l'ho ascoltato) in perfetta buona fede; comunque abitava in
questa casa, tanto che mi ricordo che alla Guardia di finanza,
che si recò a perquisirla, esibì il contratto di locazione
redatto con tutti i crismi da questo collega, sentito come
testimone.
  PRESIDENTE. Una parte degli atti è arrivata alla
Commissione; il dottor Vigna ha inviato la sentenza. Vi è un
elenco dei documenti che sono pervenuti.
  ALESSANDRA BONSANTI. Non voglio addentrarmi nella
questione delle stragi, perché penso che dovremo chiedere al
dottor Vigna di tornare qui, quando saranno noti alcuni fatti.
Gradirei però sapere qualcosa in ordine alle motivazioni, se
non sono coperte anche queste da segreto.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. No, ormai queste
Pagina 802
sono state ampiamente divulgate. Sono state dette anche in
audizioni o in processi pubblici da vari collaboratori di
giustizia.
   Gli obiettivi erano essenzialmente due: in primo luogo,
far eliminare l'articolo 41-bis; in secondo luogo, far
rivedere la legge sui collaboratori. Quindi, mozzare il
fenomeno della collaborazione processuale e scardinare
l'articolo 41-bis. Ciò si spiega perché tale articolo
pone in grossa crisi l'organizzazione mafiosa, non solo perché
impedisce fisicamente i contatti e la trasmissione di ordini,
ma anche perché, a mio avviso, incrina l'immagine piramidale
che il mafioso ha come propria cultura: se cioè, spezzandosi
l'immagine piramidale, al mafioso non arrivano più ordini dal
capo, per il mafioso entra in crisi la stessa struttura di
Cosa nostra che, come dicono i collaboratori - bontà loro! -
un tempo era democratica, nel senso che per ammazzare uno
votavano tutti; invece, dopo l'arrivo dei corleonesi, la
struttura di Cosa nostra è piramidale e verticistica. All'uomo
d'onore, dunque, l'articolo 41-bis distrugge il senso
della piramidalità dell'organizzazione, la forte struttura
gerarchica, perché si impedisce, con tale articolo, la
trasmissione di comandi, per cui le leve non funzionano
più.
   Inoltre, come dicevo, si vogliono destrutturare i
collaboratori.
  PRESIDENTE. Perché proprio quegli obiettivi?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Questi obiettivi perché si tratta di fatti
pericolosi per l'organizzazione...
  PRESIDENTE. No, mi riferivo ai fatti di Firenze...
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. L'obiettivo, nel caso di Firenze, è stato indicato
da un non mafioso del quale non faccio il nome, che però aveva
contatti e che si è rivelato preziosissimo: l'obiettivo
derivava da una grossa idea, che certi pentiti dicono non
possa essere stata la mente di Cosa nostra a formulare, quella
di trasportare gli attentati fuori dal territorio siciliano.
Inoltre, nelle dichiarazioni di vari pentiti ricorre che
bisognava colpire... Insomma, una cosa è ammazzare una persona
che può essere rimpiazzata, altra è buttar giù gli Uffizi o
Palazzo Vecchio, perché rifarli è un problema. Questa è
un'espressione che ricorre, nel senso che si sono resi conto
anche loro che, in fondo, ammazzare una persona è
un'operazione abbastanza perdente: se uno ti dà noia lo si può
ammazzare, però ve ne è un altro che ne prende il suo posto.
Invece, altra cosa è se si butta giù un museo, se si butta giù
San Giovanni a Roma o gli Uffizi a Firenze. Le immagini degli
attentati che abbiamo visto richiamano quelle della guerra in
modo impressionante: giorni fa ho visto una serie di foto di
come fu lasciata Firenze quando se ne andarono i tedeschi e
l'analogia con le immagini dell'attentato era impressionante.
Nel caso di questi attentati, infatti, non solo gli obiettivi
sono insostituibili, ma si provoca anche un effetto deprimente
sull'economia, sul turismo. Immaginate che un progetto,
buttato lì a mo' d'esempio, era di far trovare piena di
siringhe infettate una spiaggia di una località dell'Adriatico
molto frequentata da turisti stranieri. Se l'avessero fatta
trovare piena di siringhe infettate, chi ci sarebbe più andato
a fare il turista? Dunque, in questi casi si provoca un forte
danno all'economia dello Stato. Questa è la scelta...
  PRESIDENTE. Per Milano il discorso è un po' diverso?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Milano no, perché c'è la Galleria. Caso mai, il
discorso è diverso per Costanzo. Benché la matrice sia unica,
per Costanzo il discorso è diverso, in quanto la motivazione è
incentrata sulla posizione che egli aveva assunto, sulla presa
in giro di un appartenente alla famiglia Madonìa, su certe
battute che aveva fatto, su certe campagne portate avanti.
Però, anche lì si tende a colpire un'articolazione dello
Stato: non quello dei musei e delle opere d'arte ma lo Stato
inteso come manifestazione della libertà di pensiero, di
Pagina 803
stampa, di critica e così via. Quindi, vi è una
costante...
  LUIGI RAMPONI. Vi è stata un'eco mondiale... Infatti,
secondo me non hanno nemmeno cercato di uccidere gente.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Probabilmente, era un rischio accettato.
Altrimenti basterebbe mettere una bomba in un supermercato.
  LUIGI RAMPONI. D'accordo, ma l'eco mondiale della
distruzione degli Uffizi è ben diversa...
  ALESSANDRA BONSANTI. Recentemente, mi pare che lei abbia
chiesto di acquisire i nuovi documenti su Gladio usciti negli
Stati Uniti. Quali sono?
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Sì, unicamente per una curiosità investigativa,
chiamiamola così. Ho svolto indagini su certi attentati che si
erano verificati sulla linea Firenze-Bologna, che non avevano
avuto morti, ma che avrebbero potuto causarne centinaia (1974,
1975, 1978 e agosto 1983: si potrebbe dire l'8 agosto, quando
Gelli scappò da Champ d'Ollon). Nell'ambito di tali indagini,
riesumando tutti gli atti dei procedimenti sparsi emerse una
storia relativa al rinvenimento di 100 mitra MAB in un paesino
del comune di Prato. Il caso volle che questo posto fosse al
confine con una tenuta che il principe Borghese aveva ed ha
nel Mugello. Svolsi allora delle indagini (il giornalista mi
disse che aveva ricevuto la notizia dal solito anonimo),
mandai la polizia a vedere, da vecchie persone, perché questo
fatto riemerse alla mia attenzione 16 anni dopo, ma non ci fu
gran ché.
   Adesso, avendo constatato l'abbinamento fatto dai
documenti americani fra la struttura Gladio, che era anche
l'emblema della Repubblica di Salò o della Decima MAS (quindi
Valerio Borghese), andando con i ricordi a quest'affare, ho
chiesto al giornalista che me li inviasse. Li sto facendo
tradurre per vedere se trovo qualcosa di interessante.
Diciamo, però, che si tratta di una curiosità
investigativa.
  LUIGI RAMPONI. Però, potrebbe chiedere ai servizi...
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. A suo tempo l'ho chiesto. Ovviamente mi hanno
inviato i ritagli di stampa dove si parlava di questa notizia.
Mi hanno detto che non sapevano nulla.
  LUIGI RAMPONI. Certo, i ritagli di stampa. Ma loro, sia
per Gladio sia per diverse altre organizzazioni avevano - li
ho visti io - determinati depositi...
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. No, quella è un'altra questione. Per la
precisione, debbo dire che in Toscana non è segnalato alcun
deposito...
  LUIGI RAMPONI. Mentre sono segnalati anche altri
depositi che in questo momento risultano essere di altre
organizzazioni.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Ecco, di altre organizzazioni. Certo, stia
tranquillo, andremo a vedere.
  FRANCESCA SCOPELLITI. Una domanda brevissima. Vorrei
tornare un attimo al traffico di stupefacenti per sapere se è
in grado di indicarmi, in cifre anche approssimative, la
percentuale, rispetto a tutti gli introiti del delinquere,
relativa alla fetta riguardante il traffico di stupefacenti.
Vorrei inoltre sapere se dal traffico poi si passi al consumo
e quanto ciò incida in Toscana sulla microcriminalità.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Per quanto riguarda la prima domanda, è molto
difficile fornire cifre attendibili. Se dovessi giudicare
dall'intensità con cui questo traffico viene praticato
rispetto ad altri (rapina o traffico d'armi, per esempio),
direi che il 60-70 per cento viene dagli stupefacenti.
Sicuramente, vi è un indotto
Pagina 804
di microcriminalità molto forte, non solo per la
presenza del forte e del medio spacciatore. Poi si passa ai
"rivoli dei cavallini", cioè a quelli che a loro volta devono
rivenderla. Tra questi ci sono i fortunati che la rivendono e
ne possono tenere un po' per uso personale, ma accanto ad essi
c'è tutta la teoria di scippi, furti e qualche volta rapine
commesse per procurarsi i denari necessari a comprare la
sostanza stupefacente. Quindi c'è un effetto indotto notevole
che si nota soprattutto in particolari momenti dell'anno. Ho
potuto constatare con raccapriccio, per esempio, che sotto le
feste di Natale si registra un aumento delle segnalazioni
degli ospedali dei casi di overdose (loro sanno meglio
di me che, se non fosse stato inventato il Narcam, ogni giorno
in una città in fondo piccola come Firenze ci sarebbero 8-10
morti per overdose); ciò dipende dal fatto che in questo
periodo, per santificare le feste, ricorre agli stupefacenti
chi non ne fa uso abitualmente e quindi è più sottoposto al
rischio dell'overdose, bastandogli un nulla per
sballare. Oppure dipende dal tipo di sostanza.
  GIUSEPPE ARLACCHI. Questo va bilanciato anche con
l'effetto di diminuzione della criminalità derivante dall'uso
della droga. Perché ci sono ladri e rapinatori che diventano
spacciatori e che smettono di compiere rapine.
  PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Sì, il fenomeno è molto complesso.
  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Vigna per la sua
disponibilità, sperando di non aver sottratto troppo tempo al
suo successivo impegno.
   La seduta termina alle 15,35.
Pagina 805

 


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