Ora ecco il pavimento è terso e le mani di tutti e i calici. C'è chi circonda il
capo di ritorte ghirlande, e c'è chi porge in una tazza l'essenza profumata. Il cratere
è lì, ripieno di allegria, e c'è pronto altro vino nei vasi, che dice che mai verrà
meno, dolce come il miele, odorante di fiori; nel mezzo l'incenso emana il suo sacro
effluvio; c'è acqua fresca e dolce e limpida; qui accanto sono i biondi pani e la tavola
sontuosa oppressa dal peso del cacio e del biondo miele; nel mezzo l'altare è tutto
quanto coperto di fiori e tutta la casa risuona del canto e del tripudio. Bisogna anzi
tutto, da uomini dabbene, levare canti di lode a Dio con racconti pii e con parole pure.
Ma una volta che si è libato e implorato di poter operare secondo giustizia (perché
questa è invero la prima cosa), non è eccesso peccaminoso bere fino a tanto che chi non
è troppo vecchio possa giungere a casa senza la guida del servo.
E' da lodare quell'uomo che, dopo aver bevuto, rivela cose belle, così come la memoria e
l'aspirazione alla virtù glielo suggeriscono. Non narrare le lotte dei Titani o dei
Giganti o, ancora, dei Centauri, parti della fantasia dei primitivi, oppure le violente
lotte di partito, che son cose che non hanno pregio di sorta, ma bensì rispettare e
onorare gli dei, questo è bene.
(Ateneo, 462, c; in I Presocratici, testimonianze e frammenti; Laterza; 1994)
Se qualcuno là, dov'è il santuario di Zeus, presso le correnti del Pisa in
Olimpia, vincesse o per la velocità delle gambe o al pentatlo o alla lotta o affrontando
il doloroso pugilato o quella temibile gara che chiamano pancrazio, certo apparirebbe più
glorioso agli occhi dei suoi concittadini e ai giuochi avrebbe il posto d'onore e la
città gli offrirebbe il vitto a spese pubbliche e un dono che sarebbe per lui un cimelio;
eppure, otterrebbe tutto questo, anche se vincesse alla corsa coi carri, senza esserne
degno come ne son degno io. Perché val più la nostra saggezza che non la forza fisica
degli uomini e dei cavalli. Ben sragionevole è questa valutazione, e non è giusto
apprezzare più la forza che non la benefica saggezza. Difatti, che ci sia tra il popolo
un abile pugilatore o un valente pentatlo o nella lotta o nella velocità delle gambe -
che è la più celebrata manifestazione di forza tra quante prove gli uomini compino negli
agoni - non per questo ne è avvantaggiato il buon ordine della città. Una gioia ben
piccola le verrebbe dal fatto che uno vince una gara sulle rive del Pisa: non è questo
infatti che impingua le casse della città.
(Ateneo, 413, f; ibidem).
Plutarco, a proposito del lavoro Silli, riferisce che era
opinione diffusa che Senofane l'avesse composto per andare contro i
filosofi ed i poeti contemporanei, perseguendo un suo modo poco magnanimo d'essere
critico. (Proclo, Hesiodi, 284, in I Presocratici, op. cit.). |