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Violante: seduta 28
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                        Pag. 1375
ESAME DEI PROBLEMI CONNESSI ALLO SCIOGLIMENTO DEI
                    CONSIGLI COMUNALI
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Esame dei problemi connessi allo scioglimento dei
consigli comunali:
Violante Luciano, Presidente .............. 1377, 1385, 1387
  1393, 1394, 1396, 1399, 1401, 1403, 1407, 1408, 1410, 1413
Bargone Antonio ................................. 1385, 1387
Brutti Massimo .................................. 1408, 1409
Butini Ivo ...................................... 1400, 1401
Cabras Paolo, Relatore .................... 1377, 1392, 1396
                    1397, 1398, 1403, 1409, 1410, 1412, 1413
Cappuzzo Umberto ................................ 1395, 1396
D'Amato Carlo ............................. 1389, 1399, 1403
Garofalo Carmine ................................ 1396, 1397
Grasso Gaetano ............................ 1405, 1409, 1410
Imposimato Ferdinando ..................... 1385, 1398, 1399
Matteoli Altero ................................. 1391, 1392
Rapisarda Santi ................................. 1398, 1405
Riggio Vito ......................... 1402, 1403, 1404, 1405
Robol Alberto ................................... 1401, 1406
Scotti Vincenzo ....................................... 1387
Sorice Vincenzo ................................. 1406, 1407
Tripodi Girolamo .............. 1393, 1394, 1404, 1412, 1413
Comunicazioni del Presidente:
Violante Luciano, Presidente .................... 1414, 1415
Brutti Massimo .................................. 1414, 1415
Ranieri Umberto ....................................... 1415
                        Pag. 1376
                        Pag. 1377
La seduta comincia alle 9,30.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
    Esame dei problemi connessi allo scioglimento dei
                    consigli comunali.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame dei
problemi connessi allo scioglimento dei consigli comunali. Do
subito la parola al relatore, senatore Cabras.
  PAOLO CABRAS, Relatore. La legge n. 221 del 22
luglio 1991 ha provveduto a stabilire le condizioni di
scioglimento dei consigli comunali e provinciali al di fuori
dei casi previsti dall'articolo 39 della legge n. 142 sugli
enti locali. Tali condizioni sussistono "quando emergono
elementi sui collegamenti diretti o indiretti degli
amministratori con la criminalità organizzata o su forme di
condizionamento degli amministratori che compromettono la
libera determinazione degli organi elettivi e il buon
andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché
il regolare funzionamento dei servizi ovvero che risultano
tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato
della sicurezza pubblica".
   Con questo provvedimento si introduce per la prima volta
nella legislazione il tema dell'influenza esercitata dalla
criminalità organizzata sulla vita istituzionale nonché il
tema del condizionamento della mafia nelle scelte di politica
amministrativa. Un'organizzazione criminale strutturata come
un coeso centro di potere non può non aspirare a quella forma
di potere che è del sistema politico-istituzionale; la mafia,
con le sue regole, le sue sanzioni e gli interessi da tutelare
non si limita a cercare alleanze, compiacenze e complicità, ma
interferisce nella vita pubblica. La citata legge nasce da
tale consapevolezza e predispone le difese.
   Il provvedimento legislativo introduce anche concetti di
qualche ambiguità e di non evidentissima dimostrabilità
giuridica, come quelli relativi ai collegamenti indiretti e,
soprattutto, alle forme di condizionamento: una cultura
garantista, come quella che ha ispirato il nuovo codice di
procedura penale, ha trovato qualche difficoltà ad accogliere
simili innovazioni ma la gravità dell'infiltrazione e la
convinzione che la mafia non è esterna alle istituzioni hanno
dissolto dubbi e resistenze che pur avevano legittimità e
dignità culturale.
   Questa legge, unitamente alla legge n. 16 del 18 gennaio
1992 che sancisce il divieto di candidature anche prima della
sentenza definitiva per i cittadini rinviati a giudizio per
associazione a delinquere di stampo mafioso e per reati contro
la pubblica amministrazione, costituisce una svolta nella
legislazione perché tocca l'essenza del rapporto tra la mafia
e la politica, scegliendo un approccio assai rigorista.
Proporre come sanzione all'infiltrazione e all'influenza della
criminalità organizzata lo scioglimento di assemblee elettive
ove, accanto a soggetti conniventi o influenzati dal potere
criminale, convivono rappresentanti immuni da contatti e
comunque non ascrivibili all'area di consenso e di complicità
con la mafia, è un provvedimento estremo e denota tutta la
gravità di un fenomeno ormai ampiamente accertato da inchieste
giudiziarie e
                        Pag. 1378
indagini parlamentari. La sospensione della normale agibilità
democratica negli enti locali è giustificata soltanto dal
grave pericolo per le istituzioni e per la sicurezza comune.
   In base alla legge n. 221 sono state fino ad oggi sciolte
47 amministrazioni comunali; ai sensi della legge n. 142 è
stata invece dichiarata la decadenza di numerosi consiglieri
comunali e provinciali. Il complesso degli interventi ha
verosimilmente riguardato soltanto una parte degli enti locali
inquinati dalla presenza mafiosa ed ha rappresentato la forma
di repressione più incisiva da parte dello Stato, resa
possibile da uno strumento di intervento diretto nelle
assemblee elettive locali.
   In tempo più recente il ministro dell'interno ha
annunciato di aver disposto ispezioni su 70 amministrazioni
comunali nei cui confronti, in base alle relazioni del
prefetto della Repubblica, gravavano sospetti di possibile
condizionamento mafioso.
   E' in questo scenario che dobbiamo valutare i risultati
conseguiti in seguito all'indagine effettuata da una
delegazione della Commissione parlamentare antimafia a Lamezia
Terme e a Reggio Calabria nei giorni 28, 29 e 30 gennaio 1993.
A Lamezia lo scioglimento del consiglio comunale, a pochi mesi
dal rinnovo elettivo dell'amministrazione di quella città, era
avvenuto sulla base di relazioni del prefetto di Catanzaro,
dell'Alto commissariato antimafia e delle risultanze
investigative dell'autorità giudiziaria e della polizia
locale. Nel decreto di scioglimento del 30 settembre 1991 si
legge che 7 consiglieri comunali erano direttamente o
indirettamente collegati con esponenti della criminalità
organizzata; il decreto elenca minuziosamente i rapporti con i
capi delle cosche, l'affidamento di appalti per la raccolta
dei rifiuti urbani ad imprese appartenenti a boss
mafiosi le pesanti intrusioni dei clan nella campagna
elettorale.
   Poco dopo lo scioglimento dell'amministrazione venivano
uccisi due operatori ecologici del comune in un agguato
giudicato di stampo mafioso; successivamente, il
sovrintendente di polizia Aversa, insieme alla moglie, veniva
ucciso da alcuni mafiosi denunciati successivamente da un
testimone oculare dell'omicidio. Va inoltre considerato che
della triade commissariale originariamente insediatasi a
Lamezia, due componenti su tre si sono dimessi per motivi che
non sono stati chiariti. Gli attuali commissari hanno riferito
di un non meglio precisato disagio della popolazione avverso
lo scioglimento, ma è apparso chiaro che si trattava di
reazioni di alcuni gruppi politici e di esponenti della
vecchia amministrazione che tentavano di delegittimare la
gestione straordinaria.
   Purtroppo, sia sul versante degli interventi per una
diversa operatività sia su quello del perseguimento delle
precedenti violazioni della legalità, la gestione
straordinaria non ha conseguito risultati apprezzabili: basti
riferirsi alla ancora ritardata adozione del piano regolatore
generale, al persistente abusivismo edilizio, alla mancata
rescissione dei contratti con imprese sospette, al passaggio,
avvenuto soltanto dopo otto mesi, dall'impresa inquisita al
servizio in economia per la raccolta dei rifiuti.
   Per quanto riguarda l'influenza mafiosa, i commissari
negavano pressioni sulla gestione straordinaria e si
riferivano alla mafia come ad un fenomeno certamente esistente
nella zona ma estraneo alla realtà amministrativa. E' sembrato
che tale gestione straordinaria non fosse pienamente
consapevole dell'intreccio assai stretto tra la vita
amministrativa e la criminalità organizzata; gli stessi
indirizzi perseguiti appaiono inadeguati a ristabilire
condizioni di trasparenza e di efficienza.
   Nella provincia di Reggio Calabria numerosi ed importanti
sono i comuni colpiti da un provvedimento di scioglimento
delle amministrazioni elette. Fra i maggiori, vanno ricordati
Taurianova, Gioia Tauro e Rosarno. Nelle relazioni e nel lungo
confronto con gli amministratori straordinari abbiamo potuto
apprezzare la particolare sensibilità e consapevolezza
                        Pag. 1379
 del ruolo affidato e la competenza dei funzionari preposti a
questo delicato compito, ma si è anche avuta la rivelazione di
una situazione di grave degrado e di persistente influenza dei
gruppi criminali sulla vita pubblica. Sono stati denunciati
furti e danneggiamenti di apparecchiature e macchine
dell'amministrazione, episodi di resistenza passiva e di vero
e proprio boicottaggio degli indirizzi dell'amministrazione
straordinaria da parte del personale dipendente, che spesso è
il prodotto di assunzioni clientelari, rimane collegato con i
vecchi amministratori e mostra una evidente carenza di
professionalità. A Taurianova la decisione di procedere
all'inventario degli immobili comunali concessi in locazione a
fitti irrisori e con alto tasso di morosità fu seguita da un
incendio doloso degli uffici comunali che, per errore,
distrusse pratiche diverse da quelle ricercate.
   Una denuncia di particolare interesse viene dai commissari
di Taurianova che rivelano di aver cercato una collaborazione
di tutte le forze politiche presenti nel comune ma che, ad
eccezione di rifondazione comunista e del Movimento sociale, i
partiti hanno rifiutato ogni forma di collaborazione. Con
espressione efficace, un commissario ha detto: "I partiti
hanno abbassato la saracinesca, non si sono mai riuniti e non
hanno rivisto le loro posizioni". La previsione dei
commissari, peraltro assolutamente condivisibile, è che la
situazione sia la stessa di quella del giorno in cui è stato
sciolto il consiglio comunale.
   A Rosarno, comune di 15 mila abitanti, viene denunciata
una situazione di disfunzione amministrativa: 30 milioni per
la manutenzione delle scuole, contributi di centinaia di
milioni per la locale squadra di calcio, la mancata esazione
dei tributi comunali (non essendo stati approvati i ruoli del
1987), l'omessa fissazione degli oneri di costruzione dal 1977
con mancati introiti calcolati in oltre 10 miliardi di lire.
Vengono denunciati furti di attrezzature e macchine,
effrazioni e atti vandalici negli uffici comunali (peraltro
allocati nella sede di una scuola agraria perché nel 1985 il
palazzo comunale è stato dato alle fiamme con tutta la
documentazione in esso depositata).
   L'abusivismo è assai diffuso: la procura della Repubblica
ha aperto inchieste sugli appalti pubblici assegnati dal
comune negli ultimi cinque anni ed ha sequestrato gli atti
relativi all'adozione del piano regolatore ed alla costruzione
dell'ospedale che è in corso da 25 anni. L'abusivismo è
aggravato dal fatto che centinaia di domande di condono
edilizio non sono mai state esaminate, mentre i cittadini sono
convinti di aver beneficiato della sanatoria. I commissari
hanno ordinato il prioritario esame di tali pratiche ma si
sono trovati di fronte al rifiuto di eseguire queste
operazioni da parte dei dipendenti preposti. La commissione di
disciplina non è attivata perché i dipendenti non si
presentano a votare il componente interno, conformandosi ad un
preciso disegno di boicottaggio.
   I parenti e gli amici degli esponenti mafiosi occupano
posti nei gangli vitali dell'amministrazione: un rapporto del
ROS dei carabinieri quantifica in 39 i dipendenti appartenenti
a cosche mafiose che nella zona si riferiscono soprattutto
alle famiglie Pesce e Pisano.
   E' in atto una singolare serrata nella partecipazione alle
gare d'appalto indette dagli amministratori straordinari: si
indicono gare con 40 partecipanti ma non vengono recapitate le
buste dell'offerta o ne viene recapitata una soltanto con la
documentazione palesemente irregolare.
   In tutta evidenza, siamo di fronte anche in questa
circostanza alla presenza di gruppi malavitosi che continuano
ad influire sulla vita amministrativa e sulla economia
cittadina. Situazioni analoghe sono state messe in evidenza
dai commissari per i comuni di Seminara, Melito Porto Salvo,
Delianuova e San Ferdinando.
   Un riscontro in merito all'analoga diffusione di
comportamenti illegali e di degrado amministrativo rilevato in
questo gruppo di comuni calabresi si può avere
                        Pag. 1380
dall'esame di altre relazioni di gestioni commissariali
pervenute alle Commissione antimafia. Ovviamente, è stato
scelto un campione; tuttavia, credo che le denunce riportate e
le osservazioni segnalate siano estensibili al complesso delle
amministrazioni comunali disciolte.
   A Marano, un comune di 50 mila abitanti in provincia di
Napoli, ha operato da tempo la potente organizzazione
camorristica di Lorenzo Nuvoletta alla quale, secondo il
decreto di scioglimento, risultavano aderenti 5 consiglieri
comunali: nell'abitazione di uno di questi, tale Francesco
Santoro, i carabinieri sorpresero una riunione di camorristi
alla presenza dello stesso Lorenzo Nuvoletta.
   Rapporti così stretti tra amministratori e boss
camorristici costituiscono la prova che ormai mafia e camorra
sono impegnate ad eleggere direttamente nelle amministrazioni
locali, e non solo, i loro affiliati, rifiutando la mediazione
dei politici contigui o conniventi e mirando ad occupare le
istituzioni con uomini dei clan. A Marano, ben tre
commissari straordinari si sono dimessi nel corso di un solo
anno; praticamente, si sono avvicendate due commissioni
straordinarie in un breve arco di tempo, aumentando le
difficoltà operative già rilevanti e ritardando gli interventi
risanatori. La relazione commissariale descrive il quadro
consueto di illegalità e disfunzioni. Fra gli interventi di
maggiore spessore, vanno segnalati quelli relativi
all'abusivismo edilizio con l'emissione di 80 provvedimenti di
sequestro giudiziario e l'impulso all'attività di acquisizione
al patrimonio comunale degli immobili abusivi che, secondo il
commissario, spesso sono un modo di riciclare risorse
finanziarie di illecita provenienza.
   Nel settore delle opere pubbliche è risultata una
situazione di estremo caos con ordinazione di varianti ai
progetti di edilizia scolastica mai approvate con atti formali
e prive di copertura finanziaria, con un numero rilevante di
opere non ultimate.
   Nell'ambito degli appalti pubblici per servizi era invalsa
la pratica di regolare i rapporti con la tacita rinnovazione
dei contratti e confermando così la presenza delle stesse
ditte appaltatrici: la gestione straordinaria ha fissato per
la prima volta termini di scadenza certa del contratto.
   Nel settore finanziario si è dichiarato lo stato di
dissesto per l'esposizione passiva dell'ente per debiti
pregressi (oltre 40 miliardi): la situazione debitoria è
collegata all'ordinazione di lavori senza preventiva copertura
finanziaria, al contenzioso fra stazione appaltante e
appaltatori, risolto attraverso lodi arbitrali pronunciati a
danno del comune, irregolarità diffusa negli impegni di spesa
con riferimento ad entrate inesistenti e, infine, alla mancata
esazione dei tributi locali.
   Lo sfascio amministrativo è aggravato dalla carenza di
organici: circa al 50 per cento ammontano le vacanze, mentre i
posti occupati riguardano le qualifiche medio-basse.
   Questa situazione è emblematica di una pratica
amministrativa dove il dominio camorristico ha significato
dissipazione di risorse, assenza di produttività,
insufficienza ed inefficienza dei servizi e soprattutto
l'illegalità diffusa con profitti illeciti per pochi e
indifferenza ai bisogni della collettività.
   La relazione della gestione commissariale di San Cipriano
d'Aversa in provincia di Caserta esordisce rilevando: "la
quasi totale illegittimità dell'attività svolta dalla passata
amministrazione" e cita come emblematica la sistemazione del
comando della polizia municipale in un immobile abusivo di
proprietà del capo clan Antonio Bardellino.
   La situazione amministrativa è scandita secondo le
martellanti note dell'indebitamento vertiginoso, della mancata
esazione dei tributi sostenuta dalla mancata emissione dei
ruoli per il servizio di approvvigionamento idrico e di
raccolta dei rifiuti solidi, dal dilagante abusivismo edilizio
e dall'assenza di strumenti urbanistici. I commissari
affermano che l'80 per cento delle costruzioni andrebbero
demolite ai sensi della legge n. 47 del 1985: sono state
emesse finora 120 ordinanze di demolizione che verosimilmente
                        Pag. 1381
non potranno venire eseguite per carenza di fondi e per la
difficoltà di abbattere alcune ville bunker che
costituiscono l'abusivismo dei capi clan.
   E' necessario citare anche il comune di Casal di Principe
(22 mila abitanti in provincia di Caserta) dove hanno dimora
le organizzazioni camorristiche di Francesco Schiavone detto
"Sandokan" e di Francesco Bidognetti detto "Cicciotto 'e
mezzanotte". Fra le cause dello scioglimento vi era la
presenza di consiglieri comunali affiliati o collegati alla
camorra che si erano resi colpevoli di favoreggiamento
personale nei confronti di latitanti, di membri del clan
Bardellino e dello stesso Francesco Schiavone. Nello stesso
comune era stata rilasciata una carta d'identità valida per
l'espatrio a Mario Jovine, un noto capo clan, ucciso in
Portogallo il 6 marzo 1991, e vi era un inserimento
generalizzato di associazioni camorristiche negli appalti
pubblici.
   La sequela del dissesto amministrativo non si discosta
dalle precedenti con servizi inefficienti, esposizione
debitoria, abusivismo edilizio, uffici tecnici disorganizzati
e inaffidabili, mancata emissione dei ruoli per le imposte
locali. La gestione commissariale ha operato per la
riorganizzazione dei servizi essenziali come quello della
raccolta dei rifiuti, per la sollecita adozione del piano
regolare generale, per l'avvio della riscossione dei tributi
ma, dinanzi alla devastante infiltrazione malavitosa sopra
descritta, appare evidente la forbice fra gli interventi
opportunamente attuati e l'entità del danno provocato in
precedenza.
   Passiamo alle relazioni dei commissari straordinari per
alcuni comuni della Sicilia.
   Un esempio fra i più clamorosi di assemblee elettive
afflitte da infiltrazioni della criminalità organizzata e uno
fra i maggiori centri sottoposti a scioglimento del consiglio
comunale è quello di Gela in provincia di Caltanissetta, una
città di circa centomila abitanti. Il decreto di scioglimento
si riferisce ad illegalità diffusa, a forme di intimidazione e
di violenza contro consiglieri e dipendenti comunali e al
procedimento penale per la costruzione della rete fognaria,
per il quale erano rinviati a giudizio dieci consiglieri
comunali compreso il sindaco in carica all'epoca dell'appalto.
   Occorre rammentare che a Gela operano gruppi mafiosi
facenti capo a Giuseppe Madonia e ad altre famiglie come gli
Iocolano, gli Iannì, i Cavallo e i Lauretta, in feroce guerra
fra loro per il predominio del territorio: dal 23 settembre
1987, epoca dei primi delitti, ad oggi si sono verificati 164
omicidi e 139 tentati omicidi, mentre la diffusione del
fenomeno estorsivo ha mietuto vittime fra i commercianti
oggetto di tale violenza. Se a questo aggiungiamo l'alto
livello di disoccupazione e i preoccupanti fenomeni di
devianza minorile, abbiamo uno degli scenari più allucinanti
di un territorio lontano da qualsiasi modello accettabile di
convivenza civile.
   La relazione dei commissari mette in luce le difficoltà di
operare in un ambiente ove i collegamenti con i gruppi
criminali e la dipendenza dai vecchi esponenti politici hanno
provocato atteggiamenti ostili e resistenze alla gestione
straordinaria.
   L'inadeguatezza del personale in termini di
professionalità è un fattore ostacolante anche perché le
carenze, come sempre, riguardano i livelli medio-alti
dell'amministrazione: vi sono tre capi ripartizione dei dodici
previsti dalla pianta organica. Si è provveduto comunque a
rendere più trasparente la gestione dei lavori pubblici,
espletando regolari gare d'appalto che hanno provocato atti
intimidatori nei confronti del commissario straordinario con
funzioni di capo della amministrazione e delega nei settori
dei lavori pubblici e dell'urbanistica. Sono state
ricostituite le commissioni edilizia e urbanistica in una
città gravata da un abusivismo edilizio selvaggio, si è
avviata una soluzione congrua per l'approvvigionamento idrico
e si sta predisponendo un appalto-concorso per il servizio di
nettezza urbana, contraddistinto da infiltrazioni mafiose. La
regione Sicilia ha anche approvato uno speciale stanziamento
                        Pag. 1382
 di risorse per finanziare opere volte ad incrementare
investimenti e occupazione.
   Anche se la relazione riferisce di un migliorato rapporto
dell'amministrazione con la cittadinanza e della crescita di
apprezzamento per un'azione amministrativa ispirata alla
certezza del diritto e alla trasparenza, si deve concludere
che la pax mafiosa è sbocciata nella vita
amministrativa, non tanto per il disinquinamento intervenuto,
ma per il tempo di latenza che le cosche si sono assegnato, in
concomitanza con il successo di alcune operazioni delle forze
dell'ordine nella zona e in attesa quindi di riprendere le
vecchie abitudini.
   Analogamente a Campobello di Mazara, in provincia di
Trapani, i commissari denunciano nella relazione vari
tentativi di contrastare lo sforzo di rinnovamento
amministrativo diffondendo false informazioni, danneggiando
strutture e mezzi dell'amministrazione per paralizzare i
servizi pubblici essenziali; denunciano altresì pressioni
sulla commissione provinciale di controllo per respingere le
delibere commissariali e perfino atti di vandalismo come il
danneggiamento delle condutture idriche. In tale azione si
distinguono gli ex amministratori spalleggiati da taluni
dipendenti comunali a loro collegati e protagonisti di vari
episodi di violazione dei doveri d'ufficio, di sparizione di
documenti e di assenteismo reiterato.
   La relazione rivela che si tratta di affiliati ad una
locale loggia massonica alla quale aderiscono sia esponenti
politici locali sia dipendenti del Comune: la loggia si copre
dietro la sigla dell'AVIS, ha sede in un edificio comunale e
dispone di un computer nel quale sono riversati dati prelevati
dagli archivi elettronici comunali. Il segretario comunale
partecipa all'azione di delegittimazione della gestione
commissariale e, d'intesa con gli esponenti politici, attua
interventi ostruzionistici: i commissari hanno riferito alla
procura di Marsala su taluni episodi e hanno chiesto
all'assessorato agli enti locali della regione il
trasferimento del segretario.
   Nella città di Adrano, in provincia di Catania, che conta
35 mila abitanti, lo scioglimento del consiglio era causato,
tra gli altri fattori, dal sospetto di collusione con il
capomafia Antonino Monteleone di tre assessori e di un
consigliere comunale: già nel 1989, durante una precedente
gestione straordinaria, il commissario era stato oggetto di un
grave attentato minatorio. Va sottolineato che
l'amministrazione disciolta oggi ai sensi della legge n. 221
era composta dagli stessi consiglieri e assessori della
precedente gestione elettiva, a conferma della vischiosità
dell'intreccio fra criminalità organizzata e struttura
comunale. Ancora oggi, a distanza di un anno dall'insediamento
della commissione, la mafia si inserisce, l'appalto per la
raccolta dei rifiuti è stato vinto da una ditta sospettata di
appartenere a gruppi mafiosi e la gestione commissariale sta
provvedendo all'annullamento della gara.
   La commissione straordinaria ha istituito una consulta
cittadina di 40 persone prescelte tra i gruppi sociali più
rappresentativi della popolazione e con il concorso di buona
parte della cittadinanza e della burocrazia comunale ha
orientato l'attività a combattere l'abusivismo edilizio e
commerciale e a realizzare un primo intervento sulle carenti
strutture della rete fognante.
   Vi sono tentativi di boicottaggio e intimidazione nei
confronti dell'azione di risanamento da parte dei vecchi
gruppi dirigenti, mentre si riscontra una attivazione degli
organi di controllo regionale che sembra ispirata ad un
eccessivo formalismo e denota scarsa solidarietà verso la
commissione di nomina statale, in difformità dalla normativa
regionale che prevede in genere gestioni straordinarie
affidate ad organismi di nomina dell'amministrazione
regionale.
   La commissione invoca un maggior sostegno istituzionale
per ribaltare la prassi illegale e i comportamenti
amministrativi che hanno provocato il decreto
                        Pag. 1383
di scioglimento. Il quadro non muta quindi rispetto alle
precedenti descrizioni se ci si trasferisce nei comuni
pugliesi colpiti da provvedimenti di scioglimento delle
amministrazioni comunali.
   A Surbo, città di 11 mila abitanti in provincia di Lecce,
nel provvedimento di applicazione delle misure di sorveglianza
speciale antimafia per il boss locale Angelo Vincenti, il
tribunale affermava: "la cosca Vincenti ha il potere di
determinare tutte le scelte politico amministrative del comune
di Surbo, avvalendosi della presenza di uomini di fiducia
delle cosche come il sindaco e alcuni consiglieri comunali".
La mafia locale era presente negli appalti pubblici (come
quello per lo smaltimento dei rifiuti) e nell'attività
edilizia abusiva.
   La commissione amministratrice, nel dare conto del lavoro
di revisione degli appalti e delle misure antiabusive,
denuncia una assoluta dipendenza del personale comunale da
boss e da esponenti politici con conseguenti comportamenti
ostruzionistici nei confronti della commissione stessa.
   A Gallipoli, in provincia di Lecce, il condizionamento del
consiglio comunale da parte di gruppi mafiosi locali si
manifestava con la persistente assegnazione, nell'arco di un
decennio, di appalti per il comune e per l'unità sanitaria
locale Lecce 13 alle ditte della famiglia Capati, con
irregolarità nell'attuazione del piano di edilizia economica e
popolare per privilegiare gli interessi dei clan locali, con
l'occupazione e la costruzione abusiva del macello comunale da
parte di gruppi della criminalità organizzata.
   La gestione commissariale ha potuto iniziare l'azione di
risanamento regolarizzando la situazione degli immobili di
proprietà comunale occupati abusivamente, assegnando le
abitazioni dell'Istituto case popolari, arbitrariamente non
assegnate dalla precedente amministrazione, bandendo regolari
gare d'appalto per il servizio di raccolta dei rifiuti, per
quello di manutenzione degli impianti elettrici comunali e
delle fognature, finora sempre assegnati con affidamento in
via d'urgenza, rinnovando altresì la commissione edilizia e
quella del commercio in prorogatio da alcuni anni, e
predisponendosi ad adottare un piano regolare generale.
   Abbiamo esaminato, a seguito delle nostre indagini o
attraverso le relazioni e i documenti delle commissioni
straordinarie, un campione vasto e significativo di
amministrazioni comunali disciolte e vicine alla scadenza dei
diciotto mesi previsti come termine massimo di durata ai sensi
della legge n. 221 del 22 luglio 1991. La nostra escursione in
questa vicenda di straordinaria corruzione e di degrado
politico e amministrativo è ritmata ossessivamente dalla
ripetizione di disfunzioni, trasgressioni, violazioni di norme
e di regolamenti e pratiche arbitrarie di gestione.
   Dalla Campania alla Sicilia, passando per la Puglia e per
la Calabria, il quadro monotonamente simile e costante è la
conferma che i provvedimenti di emergenza erano giustificati
dalla gravità del danno che aveva corroso quelle
amministrazioni. Soltanto l'interruzione del normale corso
dell'attività dei comuni poteva rappresentare la discontinuità
rispetto a gestioni intollerabili secondo il comune sentimento
di giustizia e secondo i canoni dell'interesse pubblico.
   Abbiamo disegnato uno scenario allarmante del logoramento
di istituzioni locali che hanno subito un assalto dei poteri
criminali: non vi è soltanto l'ambiguità del contatto tra
mafia incombente e politici succubi, vi è l'esproprio delle
decisioni, l'assunzione di una gestione diretta da parte delle
cosche criminali; vi è, insomma, la presenza di mafiosi nei
consigli comunali, nelle giunte, nelle aziende dipendenti, fra
il personale amministrativo. Vi è il disarmo della politica
intesa come confronto tra progetti diversi, come antenna delle
tensioni e dei movimenti della società: l'attività delle
assemblee elettive in questa realtà è ridotta alle ragioni di
scambio tra l'egemonia criminale e un personale
politico-amministrativo disposto ad ogni transazione per
trarre profitti e rassegnato ad essere il
                        Pag. 1384
comitato di gestione degli affari malavitosi. La stessa
ricerca del consenso che è fondamento della comunicazione
politica è affidata alla clientela e all'intimidazione: vi è
spesso il silenzio della protesta e della contestazione perché
ci si è acclimatati a questo modo di gestione.
   Le risultanze dell'indagine ci consentono di ritenere non
esaurite le ragioni che hanno giustificato l'intervento di
scioglimento. L'impressione più convinta è che la forza
dell'infiltrazione mafiosa, garantita da decenni di
insediamento, sia rimasta intatta anche quando deve piegarsi
agli eventi, mimetizzandosi, facendosi clandestina, aspettando
il tempo della propria riscossa.
   E' significativa l'inerzia delle organizzazioni politiche
che chiudono le sedi del partito e attendono la restaurazione.
   L'opinione diffusa tra i commissari è che, pur avendo
avviato il risanamento generalmente con determinazione,
competenza e oculatezza amministrativa, la fine della gestione
commissariale coinciderà con il ritorno dei barbari. E'
difficile contraddire questa previsione: le rivelazioni
sull'ostruzionismo della burocrazia comunale la dicono lunga
sulla persistenza delle condizioni ambientali che
continueranno a favorire la nidificazione mafiosa.
   I tempi relativamente brevi in considerazione della
vischiosità delle procedure e della prassi amministrativa
italiana, la difficoltà di ambientazione dei commissari
straordinari di varia estrazione e spesso di differente
esperienza amministrativa, le frequenti sostituzioni degli
stessi commissari, sono tutti fattori che riducono la durata e
conseguentemente l'efficacia dell'azione di ripristino della
legalità e l'avvio del migliore funzionamento degli uffici e
dei servizi.
   E' facile immaginare in queste condizioni che il ritorno
alla consultazione popolare invece di rappresentare una
riappropriazione dello scettro da parte del cittadino
elettore, significhi una ricaduta nel passato.
   Non propongo una proroga del regime straordinario perché
non ignoro che sul tema delle scadenze e dei rinvii elettorali
vi è un dibattito acceso e una diversità di orientamento tra
le forze politiche ed anche nell'ambito della nostra
particolare competenza è difficile evitare l'influsso di altre
discussioni e di altre polemiche. Il problema però esiste,
anche solo in termini di modificazione legislativa per
aumentare nell'avvenire la durata delle gestioni straordinarie
e comunque qualsiasi ipotesi di soluzione può essere esaminata
ricercando sempre il più ampio consenso all'interno della
Commissione.
   Penso, inoltre, ad alcune iniziative da proporre al
Governo: nei casi di scioglimento dei consigli comunali è
necessario che il ministro dell'interno disponga di una
struttura che funzioni da osservatorio per sottoporre a
costante monitoraggio le gestioni straordinarie ed anche le
successive amministrazioni elettive. Tale osservatorio
andrebbe costituito prevedendo la presenza di competenze
diverse: ne dovrebbero far parte oltre ai funzionari del
ministero, magistrati amministrativi, esperti di gestione
aziendale, esperti della gestione degli appalti e delle gare
per forniture e servizi comunali.
   Vi è poi da parte delle prefetture la necessità di fornire
un sostegno continuativo alle gestioni commissariali per
coordinare le iniziative, per offrire consulenze
indispensabili in materie come quelle urbanistiche, tenendo
presente anche il frequente rifiuto di collaborazione degli
apparati amministrativi locali e l'insufficienza della
professionalità presente all'interno del personale dipendente.
   Tutto sarebbe vano se con le leggi e le regole non si
modificasse anche la qualità della politica, se non
aumentassero la partecipazione e il controllo popolare, se la
politica non tornasse ad essere luogo di discussione, di
progetto e di formazione di competenze utili alla società.
   I partiti politici, che già nella passata legislatura sono
stati investiti dalla Commissione antimafia dell'onere di
rispettare il codice di autoregolamentazione per la scelta dei
candidati, devono fare la loro parte con generosità e rigore,
dimostrando la capacità di non vedere contraddetto
                        Pag. 1385
 in periferia quanto è affermato a Roma. Deve esserci la
ferma determinazione di interdire l'attività politica a quanti
siano soltanto inquisiti per reati contro la pubblica
amministrazione. I partiti dovranno garantire un rinnovamento
radicale delle liste elettorali perché in tal modo
diminuiscono i rischi di tornare a vecchie pratiche di
gestione: è auspicabile un ricambio assai vasto della classe
dirigente locale in queste situazioni di inquinamento.
   Sicuramente, come per le altre strategie di contrasto
della criminalità organizzata, non è giusto delegare il
compito soltanto ai giudici e alle forze dell'ordine, e alle
gestioni commissariali straordinarie, né illudersi che il
rinnovamento dei centri più oppressi dalla presenza mafiosa
sia altra cosa dal più generale impegno riformatore che chiama
in causa l'intero sistema politico-istituzionale.
   Non possiamo guardare alla crescita mafiosa all'interno
delle istituzioni con il distacco dell'osservazione
scientifica. La crescita è stata favorita da errori di
indirizzo, da sottovalutazione della capacità pervasiva della
criminalità e dall'inadeguatezza delle strategie di contrasto.
   Non è tardi per cambiare corso alla vicenda dei rapporti
della mafia con le istituzioni, ma a condizione di operare
interventi e tagli incisivi e non soltanto di annunciarli.
  PRESIDENTE. Non so se essere più entusiasta per la
lucidità della relazione o più depresso per la gravità del
quadro che ne è emerso. Ad ogni modo desidero ringraziare il
senatore Cabras per le sintetiche, penetranti e chiare
considerazioni svolte e per le proposte avanzate sulle quali
credo sia necessario concentrare la nostra discussione.
  ANTONIO BARGONE. Desidero anch'io ringraziare il
senatore Cabras per la relazione molto lucida e puntuale, che
ci consente di valutare la situazione dei comuni sciolti con
il giusto approfondimento.
   Condivido innanzitutto la valutazione di fondo contenuta
nella relazione, constatando che dopo il provvedimento di
scioglimento nulla, in effetti, è accaduto se non un'attività
degli amministratori governativi abbandonati a se stessi.
Dalle audizioni dei commissari è emerso evidente il senso di
frustrazione e di impotenza non soltanto nei confronti dei
partiti - di cui in effetti è stata denunciata la mancanza di
svolgimento delle funzioni richieste, quelle cioè volte al
rinnovamento, al risanamento e alla collaborazione nei
confronti degli amministratori - ma anche nei confronti degli
organi dello Stato, poiché spesso i finanziamenti sono stati
sospesi, con una scarsa attenzione nei confronti...
  PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo, onorevole
Bargone: in relazione allo scioglimento dei comuni in
Campania, quando la regione ha sospeso i finanziamenti?
  ANTONIO BARGONE. Subito dopo lo scioglimento. Lo Stato,
dunque, ha funzionato a due velocità: nel momento in cui ha
constatato una situazione di pericolo, di grave infiltrazione
criminale nei comuni, è intervenuto in maniera drastica, con
lo strumento dello scioglimento; d'altro canto, però, non ha
attivato un'azione diretta a facilitare il compito degli
amministratori nell'azione di risanamento.
   Bisogna poi aggiungere che il provvedimento adottato è
parziale ed a mio avviso occorrono modifiche legislative dal
momento che interviene soltanto sul personale politico e non
sull'apparato burocratico o sui controlli. A tale proposito
vorrei fare l'esempio di Gallipoli, dove la situazione è
piuttosto chiara: sono stati dati appalti ad imprese
chiaramente mafiose, come risulta anche dagli atti giudiziari.
Tutti i provvedimenti con procedure chiaramente irregolari
sono passati dalla sezione di controllo.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. La sezione di controllo del
CORECO di Lecce?
  ANTONIO BARGONE. Sì. A questo punto credo che un
provvedimento del
                        Pag. 1386
genere non possa essere parziale ma debba riguardare tutto il
contesto nel quale si inserisce l'azione amministrativa.
Poiché l'atto amministrativo segue un determinato percorso,
divenendo perfetto nel momento in cui è sottoposto alla
sezione di controllo, in quella fase alcune situazioni debbono
essere sicuramente rimosse. Non so come ciò possa avvenire, né
quale possa essere la modifica legislativa da adottare in tale
direzione; il problema va senz'altro approfondito, ma a mio
avviso un provvedimento adottato in questo modo - ripeto - è
sicuramente parziale, poiché non tiene conto del resto della
situazione.
   In relazione all'apparato burocratico, devo dire che i
segretari comunali nella maggior parte dei casi si sono resi
complici dei provvedimenti, li hanno cioè avallati, a volte
per compiacere il sindaco e la giunta, altre volte per
connivenze precise con imprese mafiose o personaggi della
malavita locale.
   Apprezzo la proposta contenuta nella relazione del
senatore Cabras di prevedere la presenza dello Stato
attraverso la costituzione di un osservatorio, di cui
dovrebbero far parte figure professionali di vario tipo
competenti a controllare gli atti; credo, tuttavia, che ciò
non sia sufficiente perché l'indagine, nel momento in cui deve
essere deciso o meno lo scioglimento di un consiglio comunale,
deve riguardare anche l'apparato burocratico-amministrativo,
altrimenti l'amministratore si trova nelle stesse situazioni
della giunta (anzi a volte la contiguità o il rapporto
organico con la malavita esterna è imputabile più all'apparato
burocratico-amministrativo che al personale politico del
consiglio comunale).
   Proprio in presenza di una situazione così articolata
appare ancor più grave l'assenza dello Stato, cioè dello
stesso soggetto che ha deciso lo scioglimento dei consigli,
non contribuendo poi a risolvere il problema. Faccio ancora
una volta l'esempio di Gallipoli dove quei poveri
amministratori (dico poveri tra virgolette) di quel comune non
sanno che stanno per dare l'appalto per lo smaltimento dei
rifiuti solidi urbani di nuovo a Capoti che si presenta con
un'altra ditta che ha un'altra ragione sociale e quindi un
diverso assetto proprietario. Ciò accade perché l'apparato
dello Stato non è in grado di fornire loro gli strumenti per
comprendere l'ambiente in cui si muovono ed operano.
   Quest'esempio ci induce ad una riflessione sul ruolo che i
partiti hanno in tutta questa vicenda. Com'è noto, le
segreterie nazionali dei partiti si impegnarono ad un
risanamento della propria struttura interna ed al conseguente
rinnovamento delle liste; tuttavia, in sede locale si sono
avute manifestazioni contrarie ai provvedimenti adottati dal
ministro dell'interno pro tempore Scotti, che si sono
concretizzate nella creazione di comitati che hanno fatto
ricorso al TAR, contraddicendo in maniera clamorosa
l'orientamento centrale del partito.
   In questa fase di scollamento e di ruolo indebolito dei
partiti va senza dubbio rafforzata l'attenzione dello Stato
nei confronti di situazioni di questo tipo. Certamente va
sollecitata ai partiti un'azione di rinnovamento e di
risanamento ma in una situazione come quella attuale è
difficile che una collaborazione di questo tipo porti a
qualche risultato concreto. Mi rendo anche conto del dubbio
contenuto nella relazione del vicepresidente Cabras circa
l'eventualità di rinviare le elezioni proprio in presenza di
una situazione assai critica.
   Poiché non è ipotizzabile disporre a breve scadenza degli
strumenti invocati nella relazione così come non sono
possibili, prima che venga organizzata questa iniziativa,
altri interventi, che fra poco suggerirò alla Commissione,
ritengo che rinviare le elezioni sarebbe controproducente,
anche se i singoli casi vanno valutati separatamente tenendo
conto delle diverse situazioni che si sono create e del tipo
di presenza criminale all'interno di quei comuni. E' evidente
che se tale presenza fa riferimento all'apparato burocratico
amministrativo le elezioni possono svolgersi senza problemi
mentre
                        Pag. 1387
si rende necessario su quel comune un altro tipo di
intervento; se invece la presenza criminale riguarda il
personale politico nei confronti del quale i partiti non hanno
operato nessuna opera di risanamento, è chiaro che la
situazione è diversa.
   A parte i casi particolari, in linea di massima ritengo
che in una situazione come quella che ci è stata descritta il
rinvio delle elezioni potrebbe portare ad una degenerazione.
Il provvedimento di scioglimento, che tutti noi accettammo
come soluzione necessaria ma che sentimmo come un colpo
inferto alla democrazia rappresentativa, è un trauma che, se
diluito nel tempo, diviene una vera e propria lacerazione di
tutto il tessuto democratico partecipativo.
   In una situazione in cui non è possibile a breve scadenza
attivare iniziative e strumenti per consentire un rapido
risanamento dei comuni ritengo che votare possa essere un
motivo per restituire in qualche modo agibilità democratica in
questi comuni.
   A quanto mi risulta, fino a questo momento hanno risposto
alla lettera inviata ai partiti dal presidente Violante a nome
della Commissione solo la lega nord, il PDS e il PSDI. Mi
sembra che questo sia un segnale negativo che si aggiunge alle
riflessioni che facevo prima; addirittura in questo caso ci
sarebbe una scarsa sensibilità delle segreterie nazionali che
invece in altra occasione avevano mostrato...
  PRESIDENTE. Le faccio presente che ha risposto anche il
segretario del MSI-destra nazionale.
  ANTONIO BARGONE. Poiché solo alcuni partiti non hanno
risposto, dobbiamo pensare che ci troviamo di fronte ad una
mancanza di sensibilità rispetto a questo problema, il che ci
induce a maggiori motivi di preoccupazione.
   Concludo il mio intervento avanzando una proposta. Nel
programma di lavoro iniziale della Commissione antimafia si
era pensato di prevedere l'interessamento della Commissione
stessa verso alcuni comuni attraverso una presenza costante
sia con funzioni di monitoraggio sia con controlli penetranti
di talune attività. Poiché questa parte del programma non è
stata ancora realizzata, mi chiedo se tale attività non possa
essere svolta, dal momento che dobbiamo indicare talune
priorità, nei confronti di quei comuni i cui consigli comunali
siano stati sciolti. La Commissione antimafia in questo modo
assolverebbe al proprio ruolo e contemporaneamente aiuterebbe
l'apparato burocratico amministrativo, oltre che quello
statale, che fino ad ora non sono intervenuti in maniera
adeguata e sufficiente. Non va dimenticato che la nostra
Commissione dispone di strumenti che le consentono di
approfondire questioni e vicende che possono rivelarsi assai
pericolose.
   Affido questa proposta alla valutazione della Commissione
che, se la farà propria, potrà decidere se assegnarla ad un
gruppo di lavoro ovvero al proprio plenum; sono comunque
convinto che essa consenta di dare respiro agli amministratori
e contribuisca al risanamento dei comuni.
  VINCENZO SCOTTI. Ringrazio il vicepresidente Cabras per
la relazione svolta che credo costituisca un punto di partenza
importante per un approfondimento del nostro lavoro.
   Desidero fare una breve premessa. Credo che una sconfitta
su questo terreno da parte dello Stato sia terribilmente
pericolosa per le conseguenze che può portare: mentre l'azione
contro le cosche mafiose o altre aggregazioni criminali può
raggiungere qualche successo, il non avere successo su questo
terreno significa dimostrare alle popolazioni meridionali
l'impotenza dello Stato a sradicare un costume ed
un'attitudine mafiosa.
   Su questo terreno stiamo giocando una partita estremamente
importante che, a mio avviso, è stata sottovalutata ampiamente
un po' da tutti, dagli organi dello Stato, dai partiti e dalle
stesse forze che si proclamano antimafiose. Se penso
                        Pag. 1388
che l'arcivescovo ed i preti di Castelvolturno hanno scritto
una lettera pubblica in difesa del comune giudicando lo
scioglimento del consiglio comunale un'offesa grave alla
città, resto veramente sconcertato di fronte all'incongruenza
che oggi esiste nel nostro paese su questo terreno tra le
dichiarazioni a buon mercato e l'assunzione di responsabilità
concrete.
   Non bisogna dimenticare che, all'atto dello scioglimento
dei consigli comunali, i segretari dei partiti politici furono
investiti della situazione e si chiese loro di assumere
iniziative, perché lo scioglimento del consiglio comunale
senza un rinnovamento dei partiti e della politica in
loco avrebbe rappresentato un'operazione di scarso respiro
e con conseguenze controproducenti. Se dovessimo arrivare alla
conclusione che, al termine della gestione commissariale
(magari cambiando i nomi, ma ricorrendo ai nipoti o ad altri
parenti dei vecchi amministratori), la situazione resta in
sostanza quella che era precedentemente, credo che nei
confronti della popolazione locale l'intimidazione
continuerebbe ancora più pesante e senza neppure la speranza
di una cambiamento.
   Fatta questa premessa vorrei chiedere, raccogliendo la
proposta avanzata dal collega Bargone, se possiamo partire da
un'indagine più approfondita relativamente alle responsabilità
degli organi dello Stato e dei partiti. C'è da verificare
innanzitutto quanto i commissari straordinari abbiano
comunicato alla magistratura ordinaria ed a quella
amministrativa, visto che in queste regioni sono state
istituite dalla Corte dei conti le procure regionali. Già i
decreti di scioglimento potevano costituire per la
magistratura ordinaria elementi ampli di indagine, essendoci
notizia di crimini ad abundantiam all'interno delle
stesse. Quanto al rapporto con la burocrazia, i commissari
straordinari avevano il dovere di avviare procedimenti, di
fronte alla constatazione delle inadempienze che il collega
Cabras ha denunciato, nei confronti sia della giustizia
amministrativa sia di quella penale, ma anche dal punto di
vista della rimozione dell'incarico e dello spostamento dei
segretari comunali e di tutto il personale operante
all'interno dei comuni. Possiamo approvare nuove norme ma
esiste già la possibilità di applicare in modo rigoroso quelle
esistenti. Occorre quindi avviare un'indagine approfondita
comune per comune per verificare quanto è stato fatto dagli
apparati amministrativi.
   Avendo presente la situazione di comuni del mio collegio
elettorale, ho una visione fortemente coincidente con quanto
ha affermato il vicepresidente Cabras in ordine agli apparati
amministrativi di quei comuni: l'infiltrazione ed il
condizionamento vanno in quella direzione ma il primo problema
da porsi per un'amministrazione straordinaria è quello
relativo al personale. Capisco che ve ne è uno ancora più
delicato ma penso che un monitoraggio attento su quanto è
stato compiuto dagli organi dello Stato, ivi incluso
l'atteggiamento delle regioni agli investimenti ed ai sostegni
ordinari ai comuni, vada compiuto.
   Credo infine che siano importanti le risposte puntuali dei
segretari dei partiti su ciascuna situazione, in quanto
abbiamo bisogno di sapere quali azioni siano state intraprese
in ciascun caso. Infatti, anche se attraverso indirizzi di
carattere generale si possono verificare le buone intenzioni
di tutti, mi sembra importante sapere che cosa sia stato fatto
in ciascun comune dal punto di vista delle decisioni dei
partiti, a livello sia centrale sia periferico, e quali siano
le intenzioni di questi ultimi (possono anche risponderci che
non intendono fare nulla) con riferimento ad ogni comune,
soprattutto in vista delle prossime scadenze elettorali.
   Ritengo quindi che dovremmo rivolgere un'attenzione
particolare a questo aspetto; a tal fine, la Commissione
antimafia dovrebbe prendere in considerazione qualcuno dei
comuni maggiormente caratterizzati dalla presenza mafiosa e
dallo sfascio politico e amministrativo, effettuando sul posto
visite esemplari, nel corso delle quali si dialoghi con tutte
le
                        Pag. 1389
forze rappresentative (quelle della scuola ed altre) in vista
delle prossime scadenze elettorali. Poiché la nostra
Commissione ha una responsabilità politica che deve esercitare
fino in fondo, in tal modo potrebbe conferire maggiore forza a
coloro che nei comuni in questione hanno voglia di cambiare ma
hanno paura perché si sentono abbandonati, isolati e privi di
aiuto, in quanto immaginano che lo Stato si sia "lavato le
mani" attraverso un semplice scioglimento del consiglio
comunale.
  CARLO D'AMATO. Esprimo il mio apprezzamento per la
relazione svolta dal senatore Cabras, con riferimento sia
all'impostazione sia alle proposte formulate. Ritengo inoltre
di raccogliere alcuni suggerimenti contenuti negli interventi
finora svolti, sottolineando però due fatti a mio avviso degni
di attenzione: al di là della legge n. 221 e
dell'utilizzazione della legge n. 142 per lo scioglimento dei
consigli comunali o per l'intervento sui consiglieri comunali
che siano in connivenza con la malavita organizzata, esiste, a
mio avviso, un problema più generale, posto dalla stessa legge
n. 142, che potrebbe costituire un argomento per recuperare un
nuovo modo di amministrare gli enti locali.
   Sarebbe opportuno, in particolare, effettuare una verifica
sullo stato di applicazione della legge n. 142, soprattutto
per quanto riguarda la ripartizione delle competenze,
affidando al consiglio comunale l'attività di controllo e di
elaborazione, alla giunta quella di indirizzo ed alla
burocrazia compiti di gestione. Questi erano alcuni criteri
ispiratori della legge n. 142 i quali puntavano, oltre che ad
un recupero della buona amministrazione, anche ad una
ripartizione di compiti accentuando, all'interno della
struttura amministrativa, le fasi del controllo.
   Mi risulta che questo aspetto della legge n. 142 non si
sia ancora affermato, soprattutto per quanto riguarda le
regioni meridionali, nella cultura degli amministratori:
conseguentemente, continua a verificarsi una commistione, in
quanto gli assessori assumono anche la carica di direttore o
dirigente di ripartizioni comunali, oltre ad un disimpegno
formale da parte della burocrazia, che, da un lato, trova
comodo trincerarsi dietro le decisioni politiche (che
diventano anche scelte amministrative) e, dall'altro, continua
a svolgere, all'ombra dell'assessorato e dei rappresentanti
politici, un'attività spesso impregnata di connotazioni di
ordine delinqueziale.
   L'apparato burocratico del Mezzogiorno ha, a mio avviso,
una grandissima responsabilità in ordine all'affermarsi di
attività amministrative non trasparenti e molto spesso
contraddistinte da una caratteristica delinquenziale.
   Un altro aspetto da prendere in considerazione è collegato
alla legge n. 241, concernente la trasparenza delle attività
amministrative; si tratta di un provvedimento importante, che
potrebbe coinvolgere una serie di attenzioni e di iniziative e
in ordine al quale sarebbe opportuna una rapida verifica da
parte della Commissione antimafia, nell'ottica che ci siamo
prefissi. Ciò rappresenterebbe uno sprone affinché le buone
leggi varate dal Parlamento siano applicate in maniera
puntuale, anche attraverso la ricostruzione di un tessuto
culturale, che investa il modo di essere degli amministratori
e comporti il coinvolgimento dei cittadini. Infatti,
soprattutto nelle nostre regioni, o questa battaglia trova un
ampio coinvolgimento oppure si corre il rischio di giungere ad
una situazione (giustamente evidenziata dal senatore Cabras
nella sua relazione) di grande pericolosità.
   In tal modo non si intende esprimere un giudizio privo di
speranza, ma proprio raccogliendo questo tipo di indicazioni
si avverte la necessità di coinvolgere la maggior parte o la
totalità della cittadinanza in una battaglia che si
preannuncia comunque difficile.
   Desidero inoltre sottolineare che generalmente in queste
nostre valutazioni ci rivolgiamo agli amministratori: a questi
ultimi, infatti, sono riferite le leggi citate, così come alle
responsabilità delle forze politiche. Stando alle mie
conoscenze,
                        Pag. 1390
attualmente i partiti nel Mezzogiorno sono obiettivamente
incapaci di recuperare un ruolo ed una funzione tali da poter
determinare scelte coerenti con il grande rinnovamento della
classe dirigente politica e amministrativa.
   Tra l'altro, ho cercato più volte di sottolineare
nell'ambito dei lavori della nostra Commissione che non è
possibile, per esempio, costruire a Marano (una cittadina di
35 mila abitanti) centinaia di palazzi abusivi senza che in
ciò siano coinvolte direttamente o indirettamente anche le
forze dell'ordine: basti pensare che sono stati costruiti
palazzi abusivi di fronte alla caserma dei carabinieri. Vi
sono duecento o trecento immobili abusivi, che danno luogo ad
una possibilità di riciclaggio di denaro da parte della
camorra; in particolare, il soggetto individuato è Nuvoletta,
il quale è notoriamente il capo incontrastato della camorra
della zona a nord di Napoli. Nonostante ciò, i palazzi abusivi
vengono costruiti senza che intervengano né le forze di
polizia (le quali dovrebbero compiere uno sforzo di presenza
preventiva sul territorio) né i carabinieri né la magistratura
né gli organi di controllo. Dico questo non certo per
giustificare gli assessori o i consiglieri comunali.
   Ho citato l'esempio di Marano ma il discorso può essere
esteso a moltissimi comuni dell'hinterland napoletano,
anche quelli che non sono stati ancora oggetto di
provvedimenti del Ministero dell'interno. Gli stessi problemi
riguardano anche una larga parte della provincia di Caserta.
   Si pone pertanto la necessità di creare un argine di
fronte a chi, in un modo o nell'altro, si trova a svolgere le
funzioni di consigliere comunale; molto spesso infatti gli
amministratori chiedono come possano assumere decisioni
obiettivamente coerenti con una sana amministrazione e con la
salvaguardia degli interessi generali nel momento in cui si
trovano esposti in prima linea, sono costretti a tenere
riunioni nelle case dei mafiosi e vengono chiamati da questo o
quel personaggio presente nella zona. La cronaca ha dato
notizia di summit cui hanno partecipato consiglieri
comunali e assessori convocati o prelevati e portati nelle
case di personaggi mafiosi, i quali davano indicazioni
sull'attività della giunta e sulle scelte che il consiglio
comunale avrebbe dovuto effettuare. Dico questo perché è
necessario porre in essere un'azione di un certo tipo, sia per
recuperare una garanzia di serenità per gli amministratori sia
per ricostruire un tessuto di partecipazione da parte della
cittadinanza, che altrimenti si disimpegna oppure diventa
collusa o addirittura sostiene attivamente la situazione
particolarmente negativa che è stata sottolineata.
   In tale contesto, condivido l'esigenza di un'attività di
monitoraggio, finalizzata a mantenere un'attenzione permanente
nei confronti dei fenomeni manifestatisi. Se ci siamo posti
questo problema dall'osservatorio della Commissione antimafia,
è evidente che lo stesso problema deve essere affrontato da
chi è preposto a questo tipo di questioni: infatti, una volta
approvato un provvedimento, non è possibile "lavarsi le mani"
e non analizzare la situazione che si determina.
   Se fosse possibile, sarebbe opportuno verificare, anche
dal punto di vista legislativo, un'elasticità dei termini del
commissariamento in relazione alle situazioni di maggiore o
minore degrado nelle quali si interviene, prevedendo un
termine massimo qualora, rispetto a riscontri obiettivi, si
rilevi che, per esempio, un commissariamento di 12, 18 o 24
mesi è una misura applicabile per la ricostruzione del tessuto
democratico e di partecipazione e per far fronte a situazioni
in cui obiettivamente (credo sia il caso di Taurianova, uno
dei più drammatici) si possono spostare i termini della
competizione elettorale senza incorrere in alcuna lesione del
diritto costituzionale. Di quest'ultimo problema si sta
occupando proprio in questi giorni la Camera, anche perché
sembra che ogni volta che si rinvia una consultazione
elettorale si compia un grave attentato alla Costituzione.
Probabilmente, in linea di principio è così ma
sostanzialmente, nelle
                        Pag. 1391
fattispecie che stiamo esaminando, si pone la necessità di
prevedere un criterio diverso proprio in rapporto a tali
questioni.
   Desidero sottolineare questo aspetto anche in relazione al
problema della connivenza e del coinvolgimento (non vorrei
usare parole forti). Con riferimento all'attività di
prevenzione delle forze di polizia sul territorio, ricordo che
quando incontrammo il prefetto di Caserta affrontammo problemi
come quelli del comune di Casal di Principe ed altre
questioni; tuttavia, al di là dell'impegno del prefetto
Catenacci, certamente significativo dal punto di vista del
lavoro e dell'impegno civile, si pone anche un problema di
occupazione del territorio. Ritengo infatti che non riusciremo
a dare alcuna risposta ai problemi, per esempio, di Casal di
Principe o di Marano se la gente non vedrà una presenza anche
fisica delle forze dell'ordine. Pur non essendo un militarista
ad oltranza, credo che si debbano dare segnali forti in questa
direzione, anche perché nel caso che ho ricordato sono stati
costruiti palazzi abusivi pur in presenza del commissariato di
polizia. Anche a Gragnano sono stati realizzati immobili
abusivi a fianco alla caserma dei carabinieri (sono state
presentate decine di interrogazioni parlamentari al riguardo)
e molto spesso in quell'area vi sono politici che assumono una
caratterizzazione di mafiosi. In conclusione, condivido
l'impostazione proposta e ritengo necessario effettuare un
approfondimento. Mi sembra, d'altro canto, che la Commissione
si stia muovendo anche in questa direzione, poiché i comuni
indicati sono quelli oggetto delle visite effettuate dalla
stessa Commissione, specialmente in Calabria ed in Puglia (in
particolare nelle zone di Brindisi, Taranto e Lecce). Tra
pochi giorni effettueremo inoltre un sopralluogo a Caserta.
   Il fatto che la nostra attività sia indirizzata su comuni
emblematici di una situazione particolarmente grave deve
essere fortemente accentuato, affinché possiamo dare un
segnale di coinvolgimento delle massime istituzioni in
questioni che non possono essere affidate soltanto a risposte
burocratiche ma devono vedere una piena e convinta
partecipazione generale.
  ALTERO MATTEOLI. Anch'io, come già hanno fatto i
colleghi, desidero complimentarmi con l'onorevole Cabras per
la relazione asciutta, senza alcuna implicazione di carattere
ideologico e ricca, in alcuni passaggi, di grande onestà
intellettuale, che ha svolto. Almeno per quanto riguarda i
comuni che ho visitato insieme a lui, credo che il collega
abbia fatto una fotografia perfetta di quanto abbiamo visto.
   C'è un aspetto di questa relazione che mi ha fatto
riflettere, anche alla luce delle considerazioni svolte
dall'onorevole Scotti sulle dichiarazioni rese dal vescovo. In
pratica, emerge dalla relazione il dato di fondo della carenza
dello Stato in qualsiasi passaggio e del coinvolgimento in
tale carenza anche della Chiesa, la quale mira sempre più ad
occuparsi, anziché della cura delle anime, di problemi che non
dovrebbero riguardarla proprio perché si rende conto che lo
Stato è assente.
   A pagina 18 della sua relazione il collega Cabras scrive:
"E' facile in queste condizioni immaginare che il ritorno alla
consultazione popolare, invece di rappresentare una
riappropriazione dello scettro da parte del cittadino
elettore, significhi una ricaduta nel passato". Si denuncia
chiaramente una carenza dello Stato. Cosa possiamo fare? Vi è
l'intervento della magistratura nei casi in cui viene
verificato il crimine e vi è anche la sanzione di ordine
amministrativo rappresentata dallo scioglimento dei consigli;
a questo punto, si pone il problema se andare alle elezioni
oppure mantenere i commissari. Mantenere i commissari - lo
dico per fare una battuta, ma forse non si tratta soltanto di
una battuta - vuol dire tornare al podestà: anziché uno se ne
mettono tre, ma la situazione non cambia molto.
   Cosa possiamo fare di più? Sciogliamo i comuni, la
magistratura, che dovrebbe intervenire, non interviene ma
                        Pag. 1392
noi non possiamo prevedere altre norme. Norme già ve ne sono,
anche se non si tratta di quella cui fa riferimento
l'onorevole D'Amato quanto cita la legge n. 241 sulla
trasparenza: in considerazione del crimine che abbiamo di
fronte, quella legge ha la stessa forza di un temperino contro
un carro armato, cioè non serve assolutamente a niente.
   Nella relazione del collega Cabras vi è anche la proposta
dell'istituzione di un osservatorio da parte del ministero. Ma
bisogna stare attenti, perché se sciogliamo i consigli
comunali, nominiamo i commissari e poi ci mettiamo a
controllarli, successivamente dovremo trovare qualcuno che
controlli i controllori dei commissari, dando vita ad una
spirale senza fine. Anche in questo caso, dunque, riemerge il
problema di fondo della mancanza dello Stato.
   Voglio ricordare anche la lettera che la Commissione
antimafia, per mano del presidente, ha scritto ai segretari di
partito. Alcuni di questi hanno avuto la sensibilità di
rispondere, altri non lo hanno fatto; ma se nessuno avesse
risposto o, comunque, nei confronti di coloro che non hanno
risposto, qual'è la sanzione? Certo, ben ha fatto la
Commissione a porre i segretari di partito di fronte a questa
responsabilità, ma nulla si può fare se non l'assumono e
quindi riaffora il problema che, come ha sottolineato
l'onorevole Scotti all'inizio del suo intervento, è stato
sottovalutato da tutti.
   Occorre fornire ai commissari i mezzi di cui oggi non
dispongono. Abbiamo incontrato a Reggio Calabria commissari -
nella stragrande maggioranza dei casi, se non proprio nella
totalità, ottimi commissari - che ci hanno fatto capire fino
in fondo quale sia la carenza di mezzi a loro disposizione.
Alcuni di loro si trovano addirittura nella condizione di
dover rinviare all'indomani di recarsi nel comune dove sono
commissari perché la prefettura non ha una autovettura da
mettere a loro disposizione. Non dispongono assolutamente di
mezzi, come dicevo, e forse su questo potremo intervenire.
   Un'ultima considerazione desidero farla su Lamezia Terme.
Anche in questo caso la relazione del collega Cabras fotografa
la situazione che ci siamo trovati di fronte e lo fa, direi,
anche con un certo tatto nei confronti di tre persone che sono
senza dubbio per bene. Ma se questi tre commissari, tra i
quali un anziano magistrato, dichiarano che la mafia è
estranea alla realtà amministrativa, è evidente che è
necessario un intervento da parte del Ministero dell'interno
che li ringrazi ma li faccia passare ad altre mansioni, perché
quella non è la loro. Poiché la Commissione si è resa conto di
questa situazione, dobbiamo fare qualcosa. Io, personalmente,
sono rimasto esterrefatto. Come credo il senatore Cabras
ricordi, a seguito di una simile dichiarazione, istintivamente
ho rivolto al commissario che fungeva da presidente una
domanda con la quale mi sono reso conto di averlo offeso, e me
ne sono dispiaciuto. Questo commissario ci informava di aver
ottenuto per l'indomani un appuntamento a Roma con il tecnico
che dovrebbe varare il piano regolatore della città e ce ne
parlava, in perfetta buona fede, come di una conquista.
Istintivamente, allora, gli ho rivolto una domanda che adesso
non ricordo neanche con esattezza ma con la quale mi sono reso
conto di averlo offeso, tanto che nel salutarmi è tornato sul
tema. Dunque, dal punto di vista dell'onestà e della
correttezza non ho nulla da dire - lo ripeto - su queste
persone, ma il ministero deve intervenire e, senza aggiungere
nulla a questa relazione, la Commissione deve sollecitarlo
affinché provveda immediatamente a sostituirle con altri
commissari, altrimenti il disastro...
  PAOLO CABRAS, Relatore. Tra poco a Lamezia Terme
si svolgeranno le elezioni.
  ALTERO MATTEOLI. Per ora non si svolgeranno, visto che è
stato emanato un decreto-legge al riguardo, e chissà quando
andremo a votare. Può darsi che ormai non voteremo più per
venti o trenta anni, per la contentezza di tutti!
                        Pag. 1393
  PRESIDENTE. Non più di ventidue!
  ALTERO MATTEOLI. Forse cercheranno di battere il
fascismo, che per ventidue anni non ha fatto votare!
   Comunque, al di là delle battute, ritengo che la
Commissione debba compiere un intervento a questo riguardo: mi
spiacerebbe offendere la sensibilità di quelle tre persone, ma
sinceramente non ritengo che possano continuare a svolgere il
ruolo di commissari.
  GIROLAMO TRIPODI. Anch'io, come hanno fatto i colleghi,
esprimo vivo apprezzamento per la relazione presentata questa
mattina dal vicepresidente Cabras all'esame della Commissione.
La considero infatti puntuale ed anche precisa nelle proposte
che avanza, alle quali, tuttavia, ne aggiungerò qualcuna.
   Da questa relazione, che è frutto delle esperienze che
abbiamo fatto e degli incontri che abbiamo avuto, non solo nel
corso dell'ultima visita ma anche singolarmente, nei comuni
nei quali sono stati sciolti i consigli ed è subentrata la
gestione straordinaria, emerge un elemento che, come
dichiarato nella stessa relazione, è allarmante. Allarmante
prima di tutto perché la situazione non è cambiata, nel senso
che i rapporti sono rimasti gli stessi e la mafia è tuttora
presente nell'ambito delle strutture comunali, influendo in
modo determinante nella vita amministrativa. In secondo luogo
perché l'obiettivo che ci siamo prefissi quando abbiamo scelto
lo scioglimento dei consigli comunali inquinati di mafia e
l'affidamento dei comuni ad una gestione straordinaria della
durata di diciotto mesi più tre, cioè quello di creare una
rottura della situazione che si era determinata e quindi di
avviare un processo di risanamento e di disinquinamento della
vita amministrativa e democratica di questi comuni, purtroppo
non è stato realizzato. Non lo è stato per tutte quelle
considerazioni che sono state elencate nella relazione.
   Innanzitutto, ritengo che vi sia stata la responsabilità
dei partiti che dominavano in questi centri e che hanno fatto
di tutto per sabotare l'attività delle gestioni straordinarie.
Vorrei ricordare il caso di Lamezia ma anche quello di
Taurianova, dove si sono avute reazioni non soltanto a livello
locale ma anche da parte di esponenti del Parlamento e persino
del Governo.
  PRESIDENTE. Ex esponente del Governo.
  GIROLAMO TRIPODI. Ora ex, ma allora era sottosegretario
di Stato. Sia a livello locale sia da parte di parlamentari
nazionali si è parlato di colpo di Stato o è stata espressa da
un lato condanna per l'avvenuto scioglimento, dall'altro
solidarietà per Ciccio "mazzetta". Se avvengono episodi di
questo genere, vuol dire che esistono sostanziali ostacoli al
conseguimento degli obiettivi che si vorrebbero raggiungere.
   Desidero inoltre sottolineare, come ha già fatto il
collega Scotti, che i commissari che abbiamo consultato, pur
avendo esposto un quadro preciso della situazione esistente
nei comuni di loro competenza, non ci hanno dato la
possibilità di conoscere le iniziative da loro poste in essere
ed il modo in cui si sono mossi nell'assolvere il loro
incarico straordinario.
   Proprio sulle caratteristiche di straordinarietà
dell'impegno dei commissari desidero insistere, per rivelare
come essi si siano limitati all'ordinaria amministrazione,
senza assumere le misure di risanamento che lo scioglimento
dei consigli comunali rende invece necessarie.
   Anche le prefetture hanno dato un contributo
insufficiente, limitandosi alla nomina del funzionario di loro
competenza. In particolare, esse non si sono preoccupate di
seguire l'andamento della gestione commissariale.
   La situazione di Lamezia rappresenta uno dei casi più
sconcertanti da questo punto di vista. In questa località i
commissari hanno affermato (tale convinzione è espressa anche
nella loro relazione) che la popolazione è stata mortificata.
Abbiamo
                        Pag. 1394
 invece avuto modo di constatare come certi gruppi siano
ancora operanti nella città. Sono del parere che la vicenda di
Lamezia vada esaminata con grande attenzione e richieda
soluzioni conclusive.
   Da questo quadro emerge che i commissari, pur essendo
delle brave persone, non sono idonei a svolgere efficacemente
il compito loro assegnato. Abbiamo avuto la netta sensazione
che le gestioni amministrative soffrano ancora del
condizionamento di vecchie forze che il commissariamento
avrebbe invece dovuto neutralizzare. Ritengo quindi che la
situazione debba essere affrontata nel tempo più breve
possibile, stabilendo con chiarezza cosa dovrà essere in
futuro la gestione commissariale, qualora si intenda
prorogarla.
  PRESIDENTE. In base al decreto, quando si dovrebbe
votare in questi comuni?
  GIROLAMO TRIPODI. Nel periodo 15 maggio-15 giugno.
   Condivido la prudenza con la quale il relatore ha
affrontato i problemi sul tappeto. A Taurianova oggi saranno
presentate le liste elettorali.
  PRESIDENTE. Sarà interessante constatare se esse
contengano modifiche rispetto a quelle delle precedenti
consultazioni.
  GIROLAMO TRIPODI. Si dice che certi esponenti non
saranno più presenti in lista, ma che tra i candidati figurino
cognati ed altri parenti.
   Desidero altresì rilevare che in caso di scioglimento di
un consiglio comunale il segretario comunale non può, a mio
giudizio, restare al suo posto, perché troppo partecipe della
vecchia gestione. Bisogna ricordare che la legge n. 142
conferisce al segretario comunale il potere di esprimere
pareri vincolanti sugli atti delle amministrazioni locali.
   I commissari straordinari hanno non a caso riferito della
loro impossibilità di consultare documenti diversi da quelli
prescelti dall'apparato amministrativo dei comuni.
   Altra grave questione è quella dei mezzi economici. Le
amministrazioni considerate, infatti, versano spesso in stato
di dissesto finanziario, condizione questa che, al di là di
ogni intento di buona volontà, paralizza l'azione dei
commissari, anche con riferimento ad interventi elementari.
   Il deficit del comune di Melito Porto Salvo ammonta a 10
miliardi di lire; ma i comuni di Taurianova, Seminara e
Delianova non versano in condizioni migliori. Analoga
situazione è ravvisabile nei comuni della Sicilia o della
Campania (Mazara del Vallo, Casal di Principe) e di altre zone
del paese.
   Se vogliamo che cadano alibi e giustificazioni alla
rassegnazione dei commissari, occorre fornire precise garanzie
circa i mezzi economici necessari allo svolgimento
dell'amministrazione straordinaria. Ai commissari devono
inoltre essere affidati compiti precisi, stabilendone le
funzioni prevalenti e l'obbligo di rivolgersi alla
magistratura per la denuncia di ogni fatto illecito. E'
inoltre fondamentale che sia data pubblicità ad ogni evento
illegale venuto a conoscenza dei commissari al fine di
favorire conoscenza e responsabilizzazione delle popolazioni
interessate. Le popolazioni di Taurianova, di Rosarno, di
Melito Porto Salvo o di Mazara del Vallo sono infatti
completamente all'oscuro di quanto avviene nei loro comuni.
   A Taurianova gli amministratori non hanno affisso neanche
un manifesto per informare i cittadini che i tre
autocompattatori della nettezza urbana erano stati messi fuori
uso nello stesso giorno, essendo uno di essi finito in una
scarpata, avendo un altro subito un danno meccanico ed essendo
occorso all'ultimo un incidente. Nel comune vi è stato inoltre
il tentativo di bruciare delle carte scottanti, salvatesi per
il solo fatto che gli attentatori hanno compiuto uno sbaglio
di stanza. I commissari avranno certo informato del fatto il
prefetto e la magistratura,
                        Pag. 1395
 ma la popolazione non ne è ancora a conoscenza. Insisto
pertanto sulla necessità di fissare compiti precisi per i
commissari.
   Non intendo aggiungere altre considerazioni e mi dichiaro
favorevole alla relazione, chiedendo che essa venga integrata
con le proposte che ho testé avanzato. Propongo altresì che la
relazione venga trasmessa alle procure distrettuali di tutte
le zone interessate, nonché ai prefetti cui è affidato il
compito di verificare periodicamente l'andamento della
gestione commissariale.
  UMBERTO CAPPUZZO. Mi associo agli apprezzamenti espressi
da altri colleghi nei confronti del senatore Cabras, la cui
relazione è chiara, onesta e ricca di dati.
   Il quadro che ne deriva è a dir poco allucinante, non solo
rispetto al passato, ma anche rispetto al presente; esso è
altresì disarmante per il futuro. La svolta auspicata non si è
verificata e vi è da chiedersi cosa occorra per giungere ad
una svolta effettiva. La soluzione del commissariamento è
infatti giustificabile se produce efficienza e trasparenza.
L'obiettivo del cambiamento deve essere quello dell'efficienza
e della trasparenza. Ci si potrebbe domandare dove fosse lo
Stato ed in proposito ricordo quanto diceva, nel corso della
passata legislatura, l'onorevole Tripodi, parlando delle
famose vacche che pascolavano nel territorio altrui, senza che
lo Stato intervenisse. In effetti, lo Stato non c'era e non
c'è; il commissariamento avrebbe avuto un valore se gli organi
competenti avessero assunto provvedimenti conseguenti (mi
domando se si sia già mossa la magistratura). Cosa ha fatto
l'apparato amministrativo? A nulla vale sciogliere un
consiglio comunale se l'apparato amministrativo non muta e
continua ad operare come faceva in precedenza.
   Ritengo che gli elementi determinanti di questo sfascio
siano stati tre: in primo luogo, il cedimento alla demagogia
imperante per ottenere consensi; in secondo luogo, l'esteso
abusivismo edilizio che è emblematico della mancanza di
controllo del territorio; infine, la mancanza di controllo in
senso lato. Quanto ho ascoltato questa mattina supera la mia
immaginazione, pur provenendo io da un'area interessata da
questo tipo di fenomeni: ho ascoltato cose incredibili, in
particolare in riferimento al napoletano. Cosa fare per il
futuro? Occorre affrontare il problema della presenza dello
Stato.
   A proposito di abusivismo edilizio si dice spesso che
occorrerebbe distruggere o incamerare le opere abusive; devo
dire che a volte è migliore la prima soluzione (si è parlato
dell'intervento di brigate dell'esercito), anche perché
occorrerebbe dare una lezione esemplare a chi ha distrutto il
territorio, che è divenuto inaccessibile: in Sicilia il mare
non è più raggiungibile; hanno costruito su aree demaniali o
addirittura sulla battigia, senza che alcuno intervenisse,
anzi, anche con la "benedizione" della capitaneria di porto.
   Lo Stato deve intervenire. Mi domando quante volte le
forze dell'ordine abbiano segnalato questi scempi e come sia
intervenuta la magistratura. Sarebbe opportuno svolgere
un'inchiesta in questa direzione. L'interesse reale,
d'altronde, è rivolto verso la speculazione edilizia e
l'occupazione di aree improprie: proprio qui è il nocciolo
della questione per quanto riguarda le infiltrazioni locali.
Naturalmente poi vi sono gli appalti.
   La presenza dello Stato su questo versante deve essere
attiva e si deve manifestare anche con la sostituzione
dell'apparato amministrativo locale che non ha fatto il
proprio dovere: non basta sciogliere un consiglio comunale,
bisogna prendere provvedimenti anche nei confronti di coloro
che per tanti anni hanno tollerato.
   Desidero chiedere al relatore se la metodologia
dell'indagine lo appaghi completamente. In presenza di un
certo numero di casi di scioglimento, non sarebbe bene avere
per tutti i comuni commissariati un giudizio? Appurare se in
essi si sia verificata una svolta anche minima? Personalmente
ritengo che
                        Pag. 1396
all'inefficienza del passato sia seguita l'inefficienza del
presente, soprattutto per quanto riguarda i rifiuti solidi
urbani. Spesso sono dovuto intervenire per capire che tipo di
appalti fossero stati fatti: molte volte erano stati affidati
alle stesse ditte del passato, con condizioni più vantaggiose
per queste e senza che i rifiuti fossero allontanati dal
comune interessato.
   Concordo con l'onorevole Tripodi anche a proposito del
coinvolgimento della gente, che deve sapere se con il
commissariamento si siano determinate condizioni nuove. A
questo proposito si potrebbe studiare - con l'aiuto del
presidente che è sempre così ricco di idee - una sorta di
questionario, da inviare a tutti i cittadini di alcuni dei
comuni interessati, con il quale verificare la situazione
passata e quella presente e se i cittadini siano soddisfatti.
Ciò anche per sollecitare una ribellione dal basso: tanta
gente ha paura e bisogna darle coraggio.
   Vi è il timore che sciogliendo un consiglio comunale nel
quale ovviamente vi sono i buoni e i cattivi, alla fine questi
ultimi si coalizzino e presentino liste proprie, raggiungendo
la quota del 51 per cento. Questi soggetti devono essere
sconfitti, altrimenti potrebbero rafforzarsi ed esprimere una
rappresentanza falsamente democratica di interessi che non
sarebbero certo quelli della legalità e dello Stato di
diritto.
   Ho trovato molto interessanti le proposte formulate dal
relatore ma vorrei chiedergli se non sia opportuno dividerle
in tre ambiti, uno operativo, uno amministrativo ed un altro
legislativo, nel senso di intervenire legislativamente nei
confronti dello scioglimento dei comuni per dare certezza di
democraticità. In fondo, quando si manifestano episodi di
contiguità e vengono allontanati elementi che hanno
partecipato all'attività amministrativa, in base a che cosa i
partiti possono presentare o meno nuovi candidati, avvenendo
la loro valutazione nell'ambito di un fumus generale per
il quale non è possibile fare contestazioni precise? Si
potrebbe verificare, ad esempio, che qualche parlamentare
faccia parte di un consiglio comunale; in questo caso, egli,
godendo di una serie di prerogative, avrebbe un trattamento
diverso da quello riservato agli altri consiglieri. Perché non
dare un seguito allo scioglimento con interventi concreti che
colpiscano coloro che hanno commesso degli illeciti?
   La relazione mi è sembrata molto completa anche se, come
ho detto, il complesso delle proposte potrebbe essere meglio
articolato. Inoltre, sarebbe opportuno avere i dati relativi a
tutti i comuni commissariati per capire se qualcuno di essi,
attraverso il commissariamento, abbia fatto qualche passo
avanti. Enfatizzare qualche risultato positivo sarebbe molto
importante perché, in un sistema come il nostro, la
delegittimazione democratica ha un peso rilevante.
  PRESIDENTE. E' stato sciolto un comune nei Nebrodi?
  UMBERTO CAPPUZZO. Il comune di Trabia.
  PRESIDENTE. In una delle relazioni vi era qualche
elemento positivo.
  PAOLO CABRAS, Relatore. Sì, ma si tratta di una
relazione molto burocratica. Non ho citato le relazioni di
quel tipo.
  UMBERTO CAPPUZZO. Sarebbe il caso di fare un sondaggio
più approfondito perché, a mio avviso, l'istituto del
commissariamento presenta pecche gravissime in quanto con esso
si burocratizza il sistema, si continua come nel passato e non
vi è trasparenza, per cui i cittadini, alla fine, sono
convinti che avevano ragione gli amministratori precedenti.
  CARMINE GAROFALO. Concordo con quanto è stato detto dai
colleghi a proposito delle realtà che abbiamo esaminato (ho
partecipato alla riunione con i commissari della provincia di
Reggio Calabria).
                        Pag. 1397
 Però, ho qualche dubbio circa lo scontato ritorno alle
elezioni dei comuni interessati.
   Come è stato detto, non sono stati raggiunti i risultati
che ci aspettavamo dallo scioglimento e dalle gestioni
commissariali. Non so se in qualche comune siano emersi
segnali positivi, comunque mi pare che la situazione generale
sia quella di un obiettivo mancato. Ciò, a mio avviso,
rappresenta quella sconfitta dello Stato della quale parlava
l'onorevole Scotti.
   D'altronde, i commissari non hanno avuto alcun supporto da
parte del resto delle istituzioni o almeno questo è quanto ci
è stato detto; non hanno ricevuto alcuna attenzione
particolare da parte delle regioni e forse anche delle stesse
prefetture, quindi hanno lavorato in condizioni pessime. Cito
ad esempio quanto ci è stato riferito a proposito di Rosarno
dove hanno dovuto blindare il centralino del comune per
evitare che venisse distrutto (vengono distrutti i beni anche
all'interno degli edifici del comune).
   Vi è poi un problema di risorse finanziarie. Se non
ricordo male, esiste una sola norma, contenuta nel decreto
delegato sulla finanza locale, che prevede un fondo per i
comuni sciolti per fatti mafiosi. Questi comuni dovrebbero
avere una sorta di corsia preferenziale che consenta loro di
attingere alle risorse finanziarie per poter operare.
   Condivido la proposta formulata dall'onorevole Tripodi a
proposito del rapporto dei commissari con i cittadini, però
desidero fare un'osservazione meno ottimistica rispetto a
quella del collega. Nella realtà nella quale operano i
commissari non è facile stabilire un rapporto positivo con la
gente; i commissari devono far pagare a tutti le tasse e le
tariffe che generalmente non vengono pagate; essi devono
intervenire - anche se non sempre lo fanno - in relazione
all'abusivismo edilizio che è diffusissimo e non è limitato
all'azione delle organizzazioni mafiose. Esso rappresenta un
terreno di interessi comuni che è difficile rimuovere ed
individuare. Il fenomeno del mancato pagamento di tariffe,
tasse e imposte comunali è molto diffuso nei comuni della
Calabria, della Campania e della Sicilia ed è basato su
abitudini e retaggi che investono un rapporto tra pubblica
amministrazione e cittadini ulteriormente inquinato dalla
presenza mafiosa. Sicuramente il problema nei comuni di cui si
parla è particolarmente grave, però ne pone uno di carattere
più generale che riguarda il modo in cui lo Stato funziona in
queste regioni.
   Alcuni commissari ci hanno detto di non essere in grado di
intervenire contro l'abusivismo edilizio, perché non
funzionano i semplici meccanismi previsti dalla legge. Non è
facile procedere all'acquisizione o alla demolizione: se il
sindaco fa un'ordinanza di demolizione, passano 90 giorni dopo
i quali occorre chiedere alla regione quali siano le ditte
abilitate e spesso la regione non risponde.
  PAOLO CABRAS, Relatore. E le ditte non
partecipano.
  CARMINE GAROFALO. Il meccanismo, anche se messo in moto,
è come una pistola che spara acqua.
   L'onorevole Tripodi ha parlato di prescrizioni, che
potrebbero costituire utili strumenti per i commissari. Mi
sembra essenziale seguire questa linea per l'approvazione dei
piani urbanistici. Anche in questo caso, tuttavia, bisogna
stare attenti alla possibilità di un "inghippo": gli strumenti
urbanistici devono avere l'approvazione regionale che
mediamente viene data dopo tre, quattro, cinque anni, sempre
che sia attivata nel corso della legislatura.
   Mi rendo conto che è difficile rinviare le elezioni e
comprendo le implicazioni di questa scelta. Mi resta però il
dubbio sull'opportunità di farlo. Se fosse possibile avere un
periodo di tempo durante il quale, anche grazie a una maggiore
presenza della Commissione antimafia, potesse essere reso più
attivo il ruolo dello Stato e delle istituzioni di cui abbiamo
parlato, la situazione potrebbe risultare migliore. Mi pongo
il problema perché, in
                        Pag. 1398
base alle notizie che abbiamo raccolto, questi comuni saranno
riconsegnati, cambiando qualche nome e qualche simbolo,
all'assetto precedente e probabilmente, dopo qualche mese si
dovrebbe nuovamente procedere allo scioglimento dei consigli,
in una situazione ancora più difficile.
  SANTI RAPISARDA. Desidero innanzitutto complimentarmi
con il senatore Cabras per la chiara e puntuale relazione.
Rilevo soltanto un errore nelle ultime righe di pagina 11,
dove si parla di Gela: "si sta predisponendo un appalto
concorso per il servizio di nettezza urbana". Faccio presente
che non è previsto alcun appalto concorso.
  PAOLO CABRAS, Relatore. E' il termine contenuto
nella relazione dei commissari.
  SANTI RAPISARDA. Comunque si tratta di un errore, perché
a Gela è prevista l'asta pubblica.
   Fatta questa precisazione, vorrei esprimere apprezzamento
per la proposta del collega Bargone di istituire gruppi di
lavoro che dovrebbero compiere ispezioni nei comuni disciolti.
Allargherei il campo di intervento anche ai comuni ad alto
rischio d'inquinamento mafioso - potremmo fornire un
contributo valido alla soluzione di molti problemi e aiutare
le amministrazioni locali e le forze dell'ordine - nonché ai
CORECO, perché si verificano fatti veramente assurdi.
   Mi riferisco, ad esempio, a delibere identiche approvate
da due comuni delle quali l'una viene approvata e l'altra
bocciata. Spesso gli amministratori locali sono messi in
condizione di sbagliare proprio per questi fatti di carattere
amministrativo.
   Concludendo il mio breve intervento, sollecito la
Commissione ad accettare la proposta del collega Bargone.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Vorrei subito affrontare nel
merito la situazione di alcuni comuni della Campania, perché è
importante che ognuno di noi riferisca per la parte di sua
competenza.
   Il quadro offerto dal senatore Cabras è molto chiaro;
forse manca qualcosa sul piano delle proposte e delle
soluzioni ai problemi che sorgono dal commissariamento dei
comuni. Tra questi, il primo di cui dobbiamo occuparci è
relativo alla proroga ed in proposito vorrei far riferimento a
tre comuni della provincia di Caserta nei quali le elezioni
dovrebbero avvenire nel prossimo maggio: Casal di Principe,
Casapesenna e Mondragone.
   Di recente sono venuti da me, sapendo che sono membro
della Commissione antimafia, i rappresentanti di questi comuni
per denunciare una situazione gravissima: intimidazioni,
minacce, mancanza di libertà impediscono loro di preparare le
liste civiche o di partito. A Casapesenna un'assessore,
professore di liceo, è stato ferito nella passata legislatura,
durante l'amministrazione che ha governato dal 1987 al 1990,
ed è tuttora sulla sedia a rotelle; la Commissione antimafia
della precedente legislatura è andata a trovarlo per
esprimergli la sua solidarietà. Vorrei anche far presente che
la sede del Banco di Napoli ha trovato ubicazione presso la
casa di Zagaria, latitante. Altri episodi ancora dimostrano il
permanere di una situazione di pericolo in queste tre
località. Addirittura, un consigliere comunale ha reso
un'intervista pubblica che è stata la causa dello scioglimento
del comune di Casal di Principe. Costui ha detto che sarebbero
andati alle prossime elezioni e avrebbero vinto e ha elencato
tutte le opere positive fatte dalla disciolta amministrazione;
in sostanza, si è trattato dell'esaltazione di
un'amministrazione paramafiosa e del preannuncio che quegli
amministratori avrebbero riconquistato agevolmente il comune,
perché nessuno si sarebbe permesso di disconoscere i loro
meriti.
   Pur condividendo in linea di principio le preoccupazioni
del collega Tripodi e di altri, cioè che lo Stato dichiari la
propria resa quando è costretto a ricorrere al
commissariamento di alcuni comuni, sono tuttavia in accordo
con Garofalo sulla
                        Pag. 1399
necessità, per alcuni comuni, di considerare l'eventualità di
una proroga del commissariamento stesso.
   Una soluzione potrebbe essere quella di decidere caso per
caso, sulla base dell'attività svolta dai gruppi del lavoro,
quali siano i comuni per i quali è possibile procedere alle
elezioni e quali quelli in cui le elezioni significherebbero
una sicura conferma degli amministratori per i quali si era
proceduto allo scioglimento; tra questi segnalo i comuni in
provincia di Caserta prima citati.
   Probabilmente la proroga non risolverebbe il problema,
perché dopo sedici mesi la situazione potrebbe ripresentarsi
immutata. Colgo l'occasione per rilevare che i commissari
straordinari in alcuni casi si comportano in maniera corretta,
in altri secondo modalità sicuramente non conformi alla legge.
Come diceva l'onorevole Scotti, spesso costoro omettono di
denunciare quanto a loro conoscenza che riguardi sia la spesa
pubblica illegittima, sia fatti penalmente rilevanti.
   Il vice procuratore generale della Corte dei conti della
Campania, nella relazione del gennaio 1993, denuncia una serie
di comportamenti gravi, soprattutto da parte di rappresentanti
di enti pubblici. Afferma, ad esempio, che: "sono del tutto
assenti nell'adempimento dell'obbligo giuridico di segnalare
alla procura generale della Corte dei Conti tutti gli
illeciti, sia i cinque CORECO della Campania, sia la regione
Campania e gli enti regionali, i segretari comunali e
provinciali, anche dopo l'entrata in vigore delle leggi del
1990, n. 142 e n. 241.". Vorrei ricordare anche il giudizio
molto duro espresso dalla Commissione antimafia della
precedente legislatura nei confronti della regione Campania,
per inerzia e omissioni che avevano favorito il dilagare della
criminalità organizzata in comuni nei quali il proliferare di
cave e discariche aveva rafforzato il potere criminale.
   Il problema non è solo quello della presenza della
camorra, ma riguarda anche il comportamento degli enti
pubblici. Nel corso della precedente legislatura abbiamo
compiuto un'analisi approfondita del fenomeno e ci accingiamo
a svolgerne un'altra. Dobbiamo però intervenire in modo
drastico nei confronti delle regioni. Io mi preoccupo della
Campania, il cui consiglio dovrebbe essere sciolto.
  CARLO D'AMATO. Anche quello della Puglia dovrebbe essere
sciolto.
  PRESIDENTE. Ho l'impressione che ne resterebbero pochi.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Tutti riconoscono che la regione
Campania dà luogo al proliferare di illegittimità di ogni
tipo. L'hanno detto il procuratore generale della Corte dei
conti e la Commissione antimafia della precedente legislatura:
chi altro deve dirlo? E' inutile, allora, che ci preoccupiamo
dei singoli comuni e non dei CORECO, che ratificano atti
illegittimi o sicuramente a partecipazione mafiosa o
criminale. La camorra viene in terzo ordine quando affrontiamo
il rispetto della legalità.
   Potrei leggere altri passi della relazione della Corte dei
conti che riguarda la Campania. Mi limito a consegnarla alla
Commissione affinché tutti possano leggere come le critiche
maggiori si appuntino sulla regione, sui CORECO, sugli enti
regionali, sui segretari regionali e comunali e riguardino
omissioni.
   Per quanto concerne gli appalti, purtroppo nei comuni
commissariati non è possibile evitare l'infiltrazione della
camorra. Mi sono chiesto se ci fosse una responsabilità dei
commissari e mi sono convinto che la vera causa sono le regole
del gioco. Si rende perciò necessaria l'approvazione di una
nuova legge sugli appalti.
   Sono convinto che questa materia non può essere affidata
ai comuni, perché anche se fissiamo regole rigide e stabiliamo
per esempio di non aumentare i prezzi delle varianti in corso
d'opera, ciò non basterebbe ad impedire alle imprese della
criminalità organizzata di vincere le gare di appalto. Questa
mia proposta si diversifica da quella avanzata da molti
                        Pag. 1400
altri colleghi i quali ritengono opportuno lasciare agli
stessi comuni la gestione delle gare di appalto. Credo
comunque che sia importante la creazione di commissioni
regionali cui affidare compiti di gestione, perché, se nella
decisione degli appalti non responsabilizziamo una sola entità
- ferma restando l'indipendenza e l'autonomia dei singoli
comuni, provincie e regioni - non risolveremo mai il problema.
   Per quanto riguarda la questione dell'abusivismo edilizio,
il senatore Garofalo ha affermato che è impossibile procedere
alla demolizione di case, spesso costruite sul suolo pubblico,
con denaro riciclato dalla camorra. Non è vero che non si
possa intervenire, perché il prefetto di Caserta, dottor
Catenacci, in occasione della sua audizione ci ha detto di
essere riuscito ad abbattere decine di case, anche se poi è
stato trasferito, come succede sempre quando un prefetto
comincia ad operare. Ciò nonostante, dobbiamo sapere se
l'opera di demolizione avviata dal prefetto, ora trasferito a
Bari, viene proseguita dal collega che lo ha sostituito.
   Per quanto riguarda le proposte che la Commissione deve
accogliere, ritengo che le visite in determinati luoghi siano
necessarie per denunciare alcune situazioni e far sentire -
questo è importante - la nostra presenza, però dovremmo
avviare anche inchieste, partendo da Roma. La presenza della
Commissione sul posto, per due soli giorni, non può esaurire
tutti i problemi di province disastrate come Caserta, Napoli,
Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza e Catania. A mio avviso
sarebbe più opportuno dedicare alcuni giorni della settimana
alle inchieste da svolgere - ripeto - a Roma, anche
avvalendoci di consulenti, per l'acquisizione di documenti.
Questa Commissione d'inchiesta può operare benissimo restando
a Roma; riconosco tuttavia la necessità e l'opportunità di
effettuare sopralluoghi, che comunque non sarebbero esaustivi,
perché dopo una visita a Lamezia Terme, Caserta e Napoli non
si conclude assolutamente niente.
   Oltre alle iniziative già indicate dai colleghi, che
ovviamente condivido, la Commissione dovrebbe adottare nuove
regole nei confronti dei commissari prefettizi per accertare
quali sono quelli che, avendo il dovere di farlo, non hanno
denunciato fatti di cui erano a conoscenza all'autorità
giudiziaria e alla Corte dei conti, e prendere i necessari
provvedimenti nei loro confronti.
   Infine, dobbiamo intervenire sulla burocrazia complice,
inerte o negligente, che costituisce un sicuro supporto per la
criminalità organizzata. Occorre soprattutto - voglio
ribadirlo - instaurare al più presto la prassi delle
inchieste, che devono essere svolte a Roma, per soddisfare
l'esigenza di conoscere qual è stato il comportamento dei
commissari straordinari nei vari comuni.
  IVO BUTINI. La relazione del senatore Cabras,
giustamente definita asciutta ed efficace, mi ha dato
l'impressione di descrivere una situazione di degrado civile
delle zone esaminate, tale da mettere in discussione il
formalismo della democrazia ed il significato delle autonomie
locali nella gestione del territorio del paese. Si tratta di
problemi gravissimi che vanno oltre il fenomeno criminale in
quanto intaccano la stessa struttura civile e politica di
quelle zone.
   Quanto suggerisco è stato già proposto da molti colleghi,
ma ritengo che siano due i punti su cui deve basarsi
l'inchiesta della Commissione. Il primo punto, richiamato
nella sua conclusione dal professor Rei, riguarda le
caratteristiche della mafia rispetto alla sviluppo economico,
poiché nelle società normalmente "bloccate", dove esiste la
mafia, la presenza industriale è molto scarsa.
   Il secondo punto riguarda il richiamo del ministro Conso
alla disattenzione - purtroppo - sulla funzione del ruolo
della pubblica amministrazione. Dobbiamo intervenire per il
recupero della presenza dello Stato, che si realizza anche
attraverso i poteri tradizionali della magistratura e della
polizia, ma dobbiamo affrontare
                        Pag. 1401
 i problemi dell'amministrazione e dello sviluppo economico.
   Tre sono le proposte che sottopongo alla vostra
attenzione; la prima riguarda la situazione del personale,
richiamata a pagina sei della relazione del senatore Cabras,
dove si evidenzia che la commissione di disciplina non è
attivata perché i dipendenti non si presentano a votare il
componente interno e, in questo caso, si coinvolge - se esiste
- la funzione del sindacato. Ecco per quale motivo parlo di
degrado civile ed il fenomeno è molto più complesso di quanto
immaginassi.
   Quando si afferma che vi sono state assunzioni
clientelari, saranno stati redatti verbali, formalmente
corretti; questo stato di cose ci deve far decidere di
intervenire per una verifica di tali atti, secondo modalità
che indicherò nella mia proposta.
   Quando si denuncia, per esempio, che a Campobello di
Mazara esiste una loggia massonica, che si copre dietro la
sigla dell'AVIS, che ha sede in un edificio comunale e che
dispone di un computer, nel quale si riversano i dati
dell'amministrazione comunale, ci rendiamo conto degli
strumenti aggiornati di cui dispongono costoro.
  PRESIDENTE. Siamo in presenza della modernizzazione del
male!
  ALBERTO ROBOL. Il male è sempre moderno!
  IVO BUTINI. Quindi, il problema della pubblica
amministrazione si focalizza sul comportamento del personale.
   La seconda proposta riguarda la questione dei partiti; io
sono un uomo di cultura e di lunga tradizione nel partito, ma
da quello che ho visto e letto ho scarsissima fiducia nella
capacità dei partiti di rigenerare la situazione esistente in
alcune zone: faccio queste considerazioni con molto rammarico
e grande amarezza.
   Mi preoccupa inoltre quanto affermato a pagina 7 della
relazione, dove si evidenzia il problema, sollevato anche da
altri colleghi, della presentazione di liste da parte di clan,
i quali, non avendo più bisogno della mediazione politica,
mirano ad assumere direttamente la rappresentanza politica.
   Se le elezioni dovessero dare malauguratamente conforto
all'opinione del collega Cabras e segnare un ritorno al
passato, la democrazia si troverà in questa prima fase a
correre probabilmente qualche rischio; ciò significa che
dobbiamo procedere al rinnovo dei consigli comunali, avendo la
consapevolezza che in alcuni casi assisteremo alla
restaurazione del passato.
   Dobbiamo accettare la modificazione della legge
elettorale, nel senso di prevedere talune forme di proroga
sulla base di una relazione presentata dai commissari, o altri
tipi di intervento che in questo momento non sono in grado di
suggerire, salvo quanto dirò in conclusione per quanto
riguarda l'esercizio del controllo.
   Se le questioni che ho indicato hanno qualche riferimento
con la realtà, suggerisco un loro ulteriore approfondimento;
riassumendo, ricordo che il primo punto riguarda la gestione
della politica di sviluppo, l'erogazione dei fondi pubblici e
la loro destinazione. Capisco che esistono problemi sulla
formalità delle procedure degli appalti, ma non siamo nemmeno
in presenza di un'area di promozione dello sviluppo; semmai
dobbiamo individuare quali sono gli interventi pubblici che
possono modificare la struttura economico-sociale sulla quale
si basa la mafia. Inoltre, è importante verificare la
situazione delle regioni, e al riguardo condivido quanto
affermato da alcuni colleghi; anzi probabilmente su questo
punto siamo stati poco attivi, e dobbiamo cominciare ad
esaminare l'attività svolta dai CORECO, perché le delibere
qualcuno le ha approvate!
   Il secondo punto riguarda la possibilità di intervenire -
a parte le denunce dei commissari per reati evidenti alla
magistratura - su certe assunzioni clamorosamente clientelari.
E' possibile tale riesame con gli strumenti esistenti, oppure
dovremmo immaginare qualcosa di
                        Pag. 1402
diverso? O forse è impossibile perché il rispetto dei fatti
esistenti ci preclude ogni tipo di intervento?
   L'ultimo punto riguarda il controllo di legittimità, nel
senso che esso "copre" sostanzialmente le irregolarità che qui
si lamentano; al riguardo devo ricordare che in passato
esisteva anche il controllo di merito.
   In proposito vorrei formulare una proposta che risponde ad
una mia esigenza: a fronte di casi accertati dai commissari si
potrebbero immaginare forme di segnalazione o di ricorso, in
forza delle quali il controllo amministrativo - non mi
riferisco all'azione della magistratura - travalichi il
semplice controllo formale per penetrare il merito dell'atto.
Mi rendo conto che una simile proposta costituisca un passo
indietro rispetto all'autonomia degli enti locali; capisco
questa obiezione, ma se quanto afferma il senatore Cabras è
accettabile, resta comunque il dubbio che, se la democrazia
funziona e le amministrazioni rappresentano la realtà sociale,
bisognerà allora individuare, al di là della magistratura e
della polizia, dei meccanismi per rimettere in moto la
struttura civile del nostro paese.
  VITO RIGGIO. Ritengo che l'ottima relazione del senatore
Cabras ponga un problema che va molto al di là delle questioni
relative allo strumento cui si è fatto ricorso, anche perché
esso costituisce una specie di sonda basata su un presupposto
che si sta rivelando del tutto astratto. Il presupposto era
che si trattasse di deviazioni da un sistema e che attraverso
lo scioglimento del consiglio si creassero, abbastanza
rapidamente, le condizioni per consentire alle comunità di
riappropriarsi della cosiddetta agibilità democratica. Invece,
dalla relazione del senatore Cabras emerge un risultato, che
ora illustrerò, peraltro segnalato in sede scientifica
soprattutto dagli studiosi di scienza dell'amministrazione e
dalla stessa amministrazione del Mezzogiorno.
   Sembra che ormai da anni siamo in presenza di una sorta di
"cancro" dell'amministrazione, di finzione democraticistica,
perché molto spesso, la democrazia ha finito per "coprire" ben
altro, in particolare nei comuni più depressi dal punto di
vista socio-economico, ma non solo in quelli, poiché lo stesso
fenomeno è emerso nelle città dove esiste lo sviluppo di una
economia terziarizzata, non basata sulla cultura industriale.
Gli amministratori chiamati in causa sono classici esempi da
manuale per chi, come me, viene dalla città di Palermo;
comunque mi sembra che nei comuni più piccoli accadono fatti
che nella grande città di Palermo venivano denunciati già
venti anni fa.
   Il problema che pone il senatore Cabras è molto serio e
dobbiamo affrontarlo fino in fondo, poiché non si tratta di
casi isolati di corruzione o infiltrazione, ma del collasso e
della fragilità di un intero sistema di partecipazione
democratica. Non si può porre rimedio al degrado civile
rivedendo soltanto alcuni dei dogmi che in questi anni abbiamo
portato avanti; mi riferisco per esempio alla revisione del
sistema elettorale, quale che sia, ritenendo che la
consultazione sia sempre e comunque il rimedio migliore, nella
convinzione che, affidando alle comunità la scelta del loro
destino, esse siano sottratte alle infiltrazioni. Ciò è
davvero ingenuo, perché se il tasso di inquinamento e di
modificazione degli strumenti della partecipazione politica è
arrivato al punto denunciato dal senatore Cabras, la questione
non è rinviare le elezioni, ma avere la consapevolezza che in
quei comuni esse si limiteranno ad una riproduzione politica,
magari mutando i vecchi sistemi. Dobbiamo invece aumentare il
livello di controllo effettivo e potenziare i ruoli degli
apparati dello Stato che nel corso di questi anni sono stati
smantellati in nome di una visione democraticistica.
   Quando il senatore Cabras propone la collaborazione tra le
prefetture ed i commissari per determinate attività, ci viene
subito in mente che le prefetture nel corso degli anni si sono
ridotte sostanzialmente a svolgere un ruolo di rappresentanza
e di pubbliche relazioni.
                        Pag. 1403
  PRESIDENTE. Onorevole Riggio, visto che lei si occupa di
queste tematiche, ricorda se il Parlamento ha approvato una
legge che prevedeva l'istituzione presso le prefetture di un
organismo che aveva il compito di consigliare i comuni nel
settore della spesa pubblica?
  VITO RIGGIO. Sì, si tratta di una norma recente che
risale al 1990. In realtà, abbiamo fatto anche di più: la
legge n. 241 ha infatti previsto l'istituzione presso le
prefetture di comitati di coordinamento per tutte le
amministrazioni, con il compito di segnalare patologie o
disfunzioni. Tale previsione è stata rispettata soltanto in
alcune realtà; penso, per esempio, a Caruso, il quale a Milano
ha proceduto in questa direzione. Ovviamente, i prefetti -
almeno quelli che abbiamo avuto la possibilità di ascoltare -
lamentano sostanziali difficoltà (in particolare relative al
personale ed alla disponibilità di tecnologie) in sede di
adeguamento alla richiamata disposizione legislativa. In tale
contesto, non può certo essere sostenuta la possibilità di non
far votare gli elettori del Mezzogiorno. Non si può comunque
fare a meno di constatare come in alcuni casi il voto, anziché
agevolare il superamento di una determinata situazione,
finisce addirittura per favorirne la riproduzione. Il collega
Cappuzzo mi faceva giustamente notare che lo scioglimento di
un consiglio comunale produce l'effetto di scoraggiare coloro
i quali, sia pure in modo silenzioso ed a volte omertoso,
abbiano tentato di resistere. Tuttavia, poiché si ricandidano
sempre le stesse persone - sia pure attraverso parenti, nipoti
od uomini ad esse legati - viene da pensare che i
provvedimenti di scioglimento non servano a nulla e che, anzi,
lo Stato venga deriso. Indubbiamente, può manifestarsi questa
sorta di contro-effetto di tipo psicologico.
   Nella relazione del senatore Cabras si legge testualmente:
"E' significativa l'inerzia delle organizzazioni politiche che
chiudono le sedi dei partiti ed attendono la restaurazione
(...)". In realtà, l'inerzia non è esclusivamente riferibile
alle organizzazioni politiche in senso stretto, cioè alle sedi
periferiche di partito, ma finisce per riguardare tutti (le
sedi delle organizzazioni sociali, dei sindacati e via
dicendo).
   In questo quadro, ritengo che l'unica possibilità di
intervenire in modo efficace consista nell'incrementare le
forme di controllo, non sotto il profilo dell'ingerenza su
singoli atti (che non servirebbe a nulla) ma aumentando invece
le possibilità di sondaggio attraverso quelli che un tempo si
chiamavano gli ispettorati; in tal modo si potrebbe provocare
lo scioglimento dei consigli comunali anche per motivazioni
quali l'inefficienza, la violazione di legge o l'eccesso di
potere. Nel contempo, dovrebbero essere incrementate le forme
di controllo operate dagli organi collaterali dello Stato. In
questa sede è stato segnalato come molto spesso vengano poste
in essere irregolarità che sono tollerate, per mancanza di
informazioni o di determinazione. Infine, dovrebbe essere
aumentato il livello di efficienza e di neutralità dei vertici
delle amministrazioni.
   Vorrei qui segnalare che nel corso degli ultimi anni il
glorioso ruolo dei segretari comunali è stato distrutto:
spesso i segretari comunali sono asserviti alle logiche più
dirette di dominio delle amministrazioni locali e quando uno
di essi si mette in testa di impedire determinate cose viene
trasferito, perché non vi è più il gradimento del sindaco...
  PAOLO CABRAS, Relatore. I trasferimenti dei
segretari comunali sono disposti dal ministero.
  CARLO D'AMATO. E' il Ministero dell'interno che
trasferisce i segretari comunali!
  VITO RIGGIO. Sì, ho capito. Sto cercando di dimostrare
che è impensabile sostenere che le amministrazioni locali
possano fare determinate cose da sole senza far riferimento ad
una serie di cordate, anche di natura politica e clientelare.
                        Pag. 1404
 Molto spesso i posti di segretario comunale sono vacanti e
vengono coperti da funzionari interni, che arrivano all'apice
della carriera pur non provenendo da un ruolo estraneo...
  GIROLAMO TRIPODI. Si ricorre anche a lunghe reggenze!
  VITO RIGGIO. Sì, che poi hanno carattere sostitutivo.
   La ricostruzione del sistema amministrativo finisce per
diventare la possibile via d'uscita da questa situazione.
Sotto questo profilo, ritengo che la Commissione debba
approfondire i suggerimenti contenuti nella relazione del
senatore Cabras. Del resto, nell'ambito del comitato sui
controlli amministrativi stanno emergendo in modo evidente
determinati elementi.
   Si tratta, in sostanza, di ripristinare quelle forme di
vigilanza esercitate da autorità superiori statali, non legate
a controlli di merito (la Corte dei conti ha segnalato che
molto spesso i controlli sul piano della legalità e della
legittimità non fanno emergere situazioni irregolari): il
problema vero è di segnalare le disfunzioni in termini di
mancato rendimento, inefficienza e patologia
dell'amministrazione. Ciò significa attrezzare le prefetture
perché queste dispongano almeno di un osservatorio e di un
nucleo di ispettori.
   Si tratta inoltre di attrezzare adeguatamente le regioni,
anche in ragione delle competenze specifiche ad esse riferite.
Penso, in particolare, alla regione siciliana che ha piena
competenza in materia di controlli. Tali obiettivi vanno
conseguiti non soltanto intervenendo in sede legislativa, ma
anche procedendo alla responsabilizzazione delle
amministrazioni regionali e locali delle grandi città. So che
per quanto riguarda la Sicilia si prevede una forma di accesso
generale. L'importante, comunque, è accertare - ripeto - in
che modo funziona il meccanismo dei controlli. Pensate che
fino a qualche tempo fa in Sicilia, per effetto di una legge
improvvida che pure era stata votata da tutti, i comitati di
controllo erano stati trasformati da organi tecnici ed
imparziali in comitati politici dei quali facevano parte nove
rappresentanti eletti con voto limitato, proprio per
consentire la partecipazione della minoranza! In tale
contesto, il comitato di controllo provinciale diventa
sostanzialmente l'elemento che - mi si consenta l'espressione
- bissa la logica della politica o, a seconda dei casi, la
corregge, con tutte le spaventose conseguenze che ne derivano
sul principio di legalità e di credibilità del controllo
stesso.
   In sede legislativa deve essere restituita al controllo la
sua natura imparziale ed estranea rispetto
all'amministrazione. Dobbiamo comunque avere la consapevolezza
che, se non disporremo di adeguate strutture amministrative e
se non garantiremo una elevata qualità del personale,
probabilmente qualunque commissario inviato in un certo comune
si troverebbe a rifare le stesse cose...!
   L'approccio che rispetto al problema in discussione si
evince dalla relazione Cabras è quindi positivo: il problema,
infatti, è di come ricostruire le amministrazioni. Da questo
punto di vista credo che l'appello ai partiti sia ingenuo;
quello che sta accadendo nelle organizzazioni periferiche dei
partiti dimostra come questi ultimi preferiscano dileguarsi
rispetto all'attuale stato di cose (mi riferisco ai partiti di
maggioranza, perché non so se esista una tradizione di forze
di opposizione che comunque resistono). I partiti di
maggioranza tendono a dileguarsi proprio perché si rompe la
trama che un tempo sostituiva la forma del partito e non si
trovano persone disposte a sostituirla od integrarla. Infatti,
la persona perbene non si candida nelle realtà che sono state
descritte dalla relazione del senatore Cabras. E' molto più
facile invece che riemergano, con artifici vari, persone che -
come scrive Cabras - sono rassegnate ad essere il comitato di
gestione degli affari malavitosi.
   Se non si procederà ad un'opera di ripulitura forte e
consistente, che intanto non può che essere affidata a
strumenti
                        Pag. 1405
repressivi ed anche a meccanismi di ripristino della legalità
nell'amministrazione, non riusciremo a dare il necessario
coraggio alla gente.
  GAETANO GRASSO. Vorrei svolgere una breve riflessione in
merito allo scioglimento dei consigli comunali di
Misterbianco, in provincia di Catania, e di Peraino, in
provincia di Messina.
   Lo scioglimento di un consiglio comunale per sospette
infiltrazioni mafiose rappresenta una misura drastica, estrema
ed indiscriminata, nel senso che coinvolge tutti i membri
dell'organismo disciolto. Si corre comunque il rischio - da me
avvertito chiaramente - che tali caratteristiche del
provvedimento possano avere come conseguenza una
mortificazione delle forze sane che magari, nel corso degli
anni, si sono opposte allo scioglimento. Ho letto la relazione
dei commissari di Misterbianco ed ho seguito alcune vicende di
quella comunità: ne ho desunto un livello di incomprensione
con una parte dell'opinione pubblica e con alcuni esponenti
politici che a gran voce hanno chiesto lo scioglimento del
consiglio comunale. A Misterbianco hanno ucciso il segretario
di sezione della DC, Paolo Arena. In conseguenza di
quell'episodio, Nino Di Guardo, ex sindaco, fu il maggiore
promotore dello scioglimento del consiglio comunale. A
Misterbianco - ripeto - si sono evidenziati atteggiamenti di
forte incomprensione, che vengono richiamati nella stessa
relazione. E' chiaro che il commissario ha compiti
amministrativi e che la legge non può prevedere che a tale
figura, chiamata a ricostruire il tessuto sano
dell'amministrazione comunale, possa anche essere demandata
un'attività volta a sollecitare l'impegno della società
civile. Tuttavia, si tratta di un problema che ha pesato
notevolmente...
  SANTI RAPISARDA. Anche perché pare che la gestione
commissariale non sia tra le più corrette. Il comune di
Misterbianco ha circa 15 miliardi inutilizzati: invece che nei
servizi, sono stati investiti nell'acquisto di fioriere...
  VITO RIGGIO. Questa possibilità di scelta rientra
nell'autonomia dell'ente locale.
  SANTI RAPISARDA. Un commissario ha l'obbligo di
provvedere ai servizi necessari alla città!
  GAETANO GRASSO. Un ulteriore problema relativo a
Misterbianco riguarda i mancati riscontri giudiziari
all'ipotizzato inquinamento mafioso.
   Per quanto concerne Peraino, debbo rilevare che nel corso
di questi 18 mesi non è stato emesso un solo avviso di
garanzia a carico dei consiglieri membri del precedente
consiglio comunale, pur a fronte di affermazioni di estrema
gravità contenute nella relazione del ministro dell'interno.
In quest'ultima si fa riferimento a gravissime irregolarità
commesse da un'azienda, la SIAF, e di un qualcosa che si
sarebbe rotto nel rapporto che legava tale azienda al vecchio
sindaco della città. Noi distinguiamo la verità politica da
quella giudiziaria, ma i cittadini hanno bisogno di sapere
qualcosa in più anche rispetto alle questioni di natura
giudiziaria. Ho posto questa domanda ai rappresentanti della
DDA di Messina, ma non ho ricevuto risposte al riguardo. Sta
di fatto che oggi tutti i consiglieri comunali di Peraino si
trovano nella condizione di ricandidarsi tranquillamente
perché nessuno di essi è stato raggiunto da un avviso di
garanzia.
   Propongo che, in casi come quello segnalato, la
Commissione richieda all'Arma dei carabinieri, alla polizia ed
alla Guardia di finanza i rapporti riguardanti la situazione
specifica dei comuni interessati. Ad esempio, per Peraino si
parla di un rapporto redatto dall'Arma dei carabinieri. Per
noi è importante e fondamentale capire perché questo rapporto,
dopo 18 mesi, non abbia avuto alcun esito; oppure, ammesso che
lo abbia avuto, sarebbe importante appurarlo. Formalizzo
quindi la richiesta di acquisire tali atti, anche per mettere
i cittadini nelle condizioni di potere decidere meglio di
quanto possano fare oggi.
                        Pag. 1406
  ALBERTO ROBOL. Nella parte finale della relazione del
collega Cabras si afferma testualmente: "Non possiamo guardare
alla crescita mafiosa all'interno delle istituzioni con il
distacco della osservazione scientifica. La crescita è stata
favorita da errori di indirizzo, da sottovalutazioni della
capacità pervasiva della criminalità e dall'inadeguatezza
delle strategie di contrasto". Ritengo che, al di là di tutte
le considerazioni formulate oggi, il problema principale sia
efficacemente sintetizzato da questo passaggio.
   Credo che la nostra Commissione debba guardarsi dal
pericolo della ritualità, sia nelle fasi in cui si reca in
delegazione nelle zone colpite dai fenomeni criminosi sia
quando procede ad audizioni in questa sede. La proposizione di
Cabras è, a mio avviso, di una gravità inaudita perché fa
pensare che vi siano responsabilità sulle quali probabilmente
dovremo avviare un dibattito, perché, alla fin fine, siamo una
Commissione parlamentare e politica. Vi sono rappresentanti
del popolo di tutta una serie di regioni che non possono
pensare di svolgere un certo ragionamento politico nell'ambito
della Commissione e non in loco. Ciò che voglio dire è
che le responsabilità non possono essere solo di tradizionali
organi dello Stato, quale la magistratura, che fino a ieri non
si è mai saputo cosa facesse e che magari pensa ancor oggi che
tutto si riassuma in Tangentopoli e non, viceversa, in
situazioni locali. Non si tratta solo del lavoro della
polizia, ma anche di quello che, sul territorio, svolge il
politico. Ciò che voglio dire è che qualunque ruolo si svolga
- di ministro dell'interno, deputato, senatore o consigliere
regionale - non è pensabile portare la lotta politica solo
nella sede naturale del Parlamento, ma deve essere
fondamentalmente condotta in loco, cioè sul territorio.
   Non so cosa volesse dire il vicepresidente e vorrei che mi
fornisse qualche chiarimento perché, al di là delle proposte
avanzate e dei meriti che, giustamente, sono stati
riconosciuti da tutti alla sua relazione - su cui quindi non
spendo neanche una parola - l'ultima pagina di quel documento,
a mio avviso, è di una notevole gravità.
   Un'altra annotazione che volevo fare riguarda il problema
dei partiti che qui è stato solo sollevato; peraltro, mi
sembra che anche il passaggio nel quale il vicepresidente si
rivolge ai partiti abbia, più che altro, la natura di
auspicio. Chiedo al relatore se, sulla base della sua
esperienza, ritenga vi sia la possibilità di intervenire in
modo più incisivo.
   La relazione mi ha interessato anche perché sto svolgendo
un analogo lavoro per le Puglie e non vorrei trovarmi nella
necessità di ripetere, anche linguisticamente, gli stessi
concetti: il "magismo" politico del monitoraggio lo usiamo per
tutto e vorrei, se possibile, trovare qualcos'altro.
  VINCENZO SORICE. Vorrei ripercorrere soprattutto
l'ultima parte della relazione dell'amico Cabras che ha
un'impostazione abbastanza tranquilla e precisa.
   Il nostro problema è rappresentato soltanto dal fatto di
dover intervenire sulle questioni dei controlli e della
burocrazia, impostazione questa sulla quale deve svolgersi una
riflessione serena. Nella relazione del senatore Cabras emerge
l'esigenza di un monitoraggio e la necessità di verificare la
situazione dei controlli, ma, qualora vi procedessimo, ci
accorgeremmo di non conseguire alcun risultato: è evidente,
infatti, che sotto il profilo formale, della legittimità, ci
troveremmo di fronte ad atti ineccepibili.
   Il grave problema che si pone è allora quello di
sciogliere il seguente nodo: se cioè di debba passare da un
controllo formale di legittimità ad uno di merito. Questo è il
problema attorno al quale giriamo senza riuscire a dare una
spiegazione.
   Un secondo aspetto è rappresentato dalla burocrazia. Anche
a questo proposito va rivista, in relazione a fatti specifici,
la normativa sul rapporto di pubblico impiego, perché chi ha
esperienza all'interno delle amministrazioni si trova
                        Pag. 1407
di fronte a determinati fatti in quanto, non avendo la
potestà di intervenire da un punto di vista giudiziario, non
ha gli strumenti neanche per spostare un impiegato da un posto
ad un altro. La normativa vigente, protetta dalle
organizzazioni sindacali, pone infatti il pubblico
amministratore che voglia fare pulizia all'interno del suo
ambiente, nell'ambito di un ipotetico assessorato, in gravi
difficoltà non avendo la possibilità di attuare uno
spostamento.
   Anche in questo caso la normativa va rivista ma non sotto
il profilo della commissione del reato, aspetto sul quale il
codice è molto chiaro; il problema sorge invece quando il
pubblico amministratore si trova di fronte ad una sorta di
fumus dovendo accertare non la responsabilità del
funzionario, ma il sospetto che vi sia qualcosa di negativo.
Questa eventualità rende possibile al pubblico amministratore
effettuare spostamenti o intervenire.
   Un ulteriore argomento è rappresentato dalla Corte dei
conti: ci stiamo rendendo conto che essa opera su materiale
che fa riferimento ad anni passati. Nonostante l'istituzione
di sezioni regionali della Corte dei conti, vediamo che
quest'ultima svolge un lavoro di routine e che, a mio
giudizio, sta venendo meno l'orientamento che emerse nel
dibattito svoltosi nella Commissione giustizia quando
decidemmo di varare le sezioni distaccate della Corte dei
conti nelle regioni a rischio.
   Se si vanno a controllare le relazioni predisposte dai
sostituti procuratori generali delle varie regioni, ci si
accorge che costoro hanno preso tutto l'arretrato della Corte
dei conti e che stanno automaticamente sviluppando un lavoro
che si riferisce ad anni addietro e che, a mio giudizio,
riguarda fatti marginali che non hanno alcuna connessione con
la ratio che emerse in Commissione.
  PRESIDENTE. Ricorderà l'immagine deprimente che ci
prospettarono a Bari questi magistrati.
  VINCENZO SORICE. Se poi leggiamo le relazioni svolte in
occasione dell'inaugurazione degli anni giudiziari ci rendiamo
conto che quanto abbiamo prodotto e realizzato non trova alcun
elemento.
   Passiamo alla magistratura. Se mi consentite - mi
riallaccio sotto questo profilo a quanto diceva l'onorevole
Scotti - i decreti di scioglimento dei consigli comunali sono,
a mio parere, una notitia criminis, avrebbero cioè
dovuto mettere automaticamente le procure in condizione di
andare, con gli strumenti che esse hanno e di cui i commissari
prefettizi sono privi, a fondo della situazione. Abbiamo
invece notato - salvo rari casi - che ci troviamo di fronte ad
una sostanziale inerzia, con la conseguenza che lo
scioglimento dei consigli comunali non ha avuto l'efficacia
che dovevamo conseguire.
   Credo che la relazione del senatore Cabras sia uno
spaccato della realtà e credo che anche le altre, inerenti ai
sopralluoghi che abbiamo già compiuto, non potranno che avere
orientamenti uniformi. Qualche aspetto del controllo va
specificato, prendendo in considerazione un esame approfondito
dell'azione della Corte dei conti e della procura della
repubblica sui fatti specifici che vengono denunciati per
verificare la capacità dello Stato di operare e, quindi, per
cominciare a vedere quali indirizzi il Governo può impartire
in merito al controllo dell'attività amministrativa.
   Il punto più delicato che è stato toccato in questa
relazione concerne invece il rapporto tra gli amministratori
eletti e la burocrazia. Sotto questo profilo, tolta l'azione
penale che non è di nostra competenza, ritengo che alcune
proposte modificative del rapporto di impiego degli enti
locali debbano essere approfondite per adottare nuove norme
che mettano il pubblico amministratore, responsabile in base
alla legge n. 142 del 1990 della conduzione
dell'amministrazione, in condizione di utilizzare o meno i
propri collaboratori.
                        Pag. 1408
  MASSIMO BRUTTI. La relazione del senatore Cabras ha il
merito di non fermarsi neanche un momento sugli aspetti
burocratici e di routine, che pure sono presenti
nell'atteggiamento e nelle relazioni di una parte dei
commissari, andando alla sostanza del problema politico ed
istituzionale che abbiamo di fronte (e che, come al solito, si
pone in tempi molto stretti), rappresentato dal rischio di una
piena restaurazione.
   Dovranno tenersi tra poco le elezioni nei comuni nei quali
si è proceduto allo scioglimento dei consigli: è verosimile
che si ripresentino gli stessi candidati e le stesse forze e
che, quindi, il periodo del commissariamento non abbia segnato
- come invece speravamo - una rottura, una soluzione di
continuità.
   Mi sembra vi sia un generale accordo sull'analisi che il
senatore Cabras ci ha proposto, che è molto puntuale (chi ha
fatto esperienza di una parte delle situazioni di cui il
senatore Cabras parla ha potuto constatare che le cose stanno
esattamente così). Il problema che dobbiamo porci è quello
delle azioni che la Commissione antimafia deve intraprendere
subito: mi sembra che la proposta, da ultimo avanzata, di
investire innanzitutto le procure della Repubblica con una
sorta di sollecitazione sia seria e debba essere presa in
considerazione perché, in effetti, in tutti questi mesi ben
poco si è mosso. L'esempio di Piraino che portava l'onorevole
Grasso è abbastanza emblematico: non si capisce perché, dopo
la rottura di un sistema di potere e la sostituzione di un
gruppo ad un altro, una relazione prefettizia molto incisiva
sulla vicenda non abbia avuto alcun seguito (e non è questo
l'unico caso).
   Il problema che emerge un po' da tutta questa vicenda
riguarda le responsabilità, che vanno messe a fuoco subito.
Sono d'accordo sul fatto che non si debba infierire sui
commissari di Lamezia Terme, ma una vicenda va fatta emergere:
il 30 settembre si ha lo scioglimento del consiglio comunale,
a cui segue immediatamente dopo un movimento di protesta
guidato da uomini politici anche di livello nazionale e
perfino da un uomo di governo; tre mesi dopo intervengono le
dimissioni di due dei tre commissari che erano stati nominati
e ad essi ne subentrano altri due che sono appunto quelli che
ci hanno dato un'impressione di inadeguatezza.
   L'inadeguatezza c'è: poiché non è il medico ad ordinare ad
un anziano magistrato di andare a fare il commissario
straordinario in un comune il cui consiglio è stato sciolto,
chi accetta questo incarico deve svolgerlo in un certo modo,
che non è quello adottato dai commissari di Lamezia Terme.
Questo fatto in qualche sede dovrà emergere, altrimenti
stabiliremmo un precedente portando come esempio un
comportamento che invece non deve trovare seguito.
   Se i comportamenti di questi soggetti non possono essere -
come dire - imputati, tuttavia una responsabilità
politico-istituzionale deve emergere; deve esservi una censura
per come è stata gestita dal comune di Lamezia Terme la fase
straordinaria.
   Esistono anche esempi dichiarati di mancata collaborazione
da parte degli apparati: per esempio, a Seminara, se non
ricordo male, c'é stato riferito che non vi era collaborazione
da parte del comandante dei vigili in merito alla repressione
dell'abusivismo. In quel caso vi è una responsabilità, c'é un
soggetto che non ha fatto quanto i commissari straordinari gli
chiedevano. E' quindi necessario mettere a fuoco le
responsabilità perché bisogna dare alcuni segnali equi: non
penso a misure esemplari, ma corrette ed eque. Si deve sapere
che certi comportamenti sono soggetti a sanzione perché è
evidente che se in nessuna sede interviene una sanzione tutto
continuerà come prima e si favorirà la restaurazione.
   Sarebbe inoltre utile affiancare all'indagine che ci ha
rivelato i fatti riportati dal senatore Cabras in merito allo
scioglimento di consigli comunali, un'altra sulle rimozioni...
  PRESIDENTE. L'abbiamo già prevista.
                        Pag. 1409
  MASSIMO BRUTTI. ...per stabilire quante ve ne siano state,
dove si siano verificate, in relazione a quali fatti e che
cosa sia accaduto. Talvolta, infatti, anche a questo
proposito, si riscontra un ritorno indietro. Penso, per
esempio, alla rimozione di un uomo politico esponente di un
gruppo imperniato su Cepraro, che è uno dei paesi della
provincia di Cosenza più fortemente inquinati dalla cosca
Mutolo e dalle aggregazioni che attorno ad essa esistono.
Questo signore è stato ad un certo punto rimosso e qualche
mese dopo è stato reinsediato perché in sede giudiziaria una
certa vicenda si era risolta positivamente. Ma può essere
questo sufficiente? La rimozione, quindi, si avrebbe soltanto
sulla base di fatti giudiziari. Lo scioglimento del consiglio
comunale, però, avviene sulla base dell'accertamento, anche
indiretto, di fenomeni di collegamento di vario genere.
Occorre allora verificare cosa è accaduto con le rimozioni.
   Più in generale, come valutazione politica, credo che la
strada della rimozione di singoli esponenti politici, di
consiglieri compromessi o non credibili (vi può essere anche
questo aspetto) sia preferibile rispetto a quella dello
scioglimento dei consigli comunali, con la quale si fa di ogni
erba un fascio rischiando molte volte di lasciare la
situazione invariata.
   Dobbiamo quindi porci il problema di come agire in tempi
brevi.
  GAETANO GRASSO. Ritengo che in alcuni casi sia più
giusto procedere allo scioglimento.
  MASSIMO BRUTTI. Lo scioglimento è più rilevante, ma dai
rapporti dei prefetti, che sono alla base dei provvedimenti,
emerge che i due elementi della compromissione e dei
collegamenti con gli ambienti mafiosi sono piuttosto estesi,
tanto da compromettere la situazione politica generale, ed a
ciò corrisponde la mancata resa dei servizi fondamentali.
Quando concorrono questi due elementi, quindi, si procede allo
scioglimento dei consigli comunali.
   Mi pare che questo tipo di impianto possa essere
giustificato; tuttavia, in una serie di casi, attraverso
l'individuazione e la rimozione di alcuni uomini, che sono poi
in grado di condizionare la situazione, si può raggiungere lo
scopo senza interrompere lo svolgimento della vita
democratica. Vi possono essere, quindi, ipotesi nelle quali è
preferibile la rimozione di singoli soggetti; ad ogni modo
questo strumento va usato senza timidezza.
  PAOLO CABRAS, Relatore. Sono meccanismi
strettamente intrecciati.
  MASSIMO BRUTTI. In sostanza, cosa possiamo fare?
Innanzitutto potremmo far funzionare la Commissione
parlamentare antimafia come luogo di monitoraggio: è giusto
costituire un osservatorio presso il Ministero dell'interno,
ma è altrettanto giusto che questo strumento si attivi anche
all'interno della Commissione, poiché rientra nelle competenze
specifiche di questo organo parlamentare vigilare
sull'inquinamento del sistema politico.
   Potremmo poi renderci promotori, per così dire, di un
patto politico, che da un lato abbia ad oggetto il rendiconto
cui si riferiva l'onorevole Scotti - nel senso che ogni
partito spieghi quali iniziative siano state assunte nelle
singole situazioni - dall'altro abbia a breve termine il
fondamentale obiettivo di impedire che alle prossime elezioni
si presentino gli uomini che, in un modo o nell'altro, siano
stati menzionati nelle relazioni poste alla base dei
provvedimenti di scioglimento. In molti casi, infatti (come
quello ricordato poco fa dal collega Grasso), non è stato
neppure inviato l'avviso di garanzia ad uomini indicati nei
rapporti dei prefetti come contigui ai gruppi mafiosi. Questi
soggetti, anche se non hanno alcun tipo di pendenza
giudiziaria, non devono presentarsi - ripeto - alle prossime
elezioni.
   Si tratta, naturalmente, di una proposta che contiene un
elemento di durezza, ma credo che tale impegno debba essere
assunto da tutti i partiti e ciascuno possa trarne le dovute
conseguenze.
                        Pag. 1410
   A mio avviso, dunque, l'unica misura che possiamo adottare
in tempi brevi è quella di interdire l'attività politica non
solo a chi è inquisito, come giustamente ha proposto il
collega Cabras, ma anche a tutti coloro che sono stati
menzionati nei rapporti dei prefetti. Possiamo poi investire
le procure e la Corte dei conti, e seguire l'andamento della
situazione in tutti i comuni, dandoci una scadenza (per
esempio l'inizio della campagna elettorale), per verificare se
il patto assunto dai partiti sia stato rispettato, indicando
pubblicamente, nella fase preelettorale, i casi in cui ciò non
sia avvenuto, in modo che l'opinione pubblica possa giudicare.
  PRESIDENTE. Prima di dare la parola al senatore Cabras
vorrei puntualizzare alcuni aspetti. Ritenendo innanzitutto
che il dibattito sia stato di notevole rilievo, propongo di
allegare alla relazione per il Parlamento il resoconto
stenografico della seduta odierna.
   In secondo luogo, credo che abbiamo fatto bene ad
investire i segretari nazionali dei partiti di tali questioni
- alcuni hanno già risposto, altri mi auguro lo faranno presto
- ma occorre anche verificare se non sia necessario
coinvolgere la responsabilità dei partiti locali. Tutti
sappiamo - mi pare lo sottolineasse anche il collega Riggio -
quale sia il problema dei partiti nel Mezzogiorno: molto
spesso essi finiscono con l'essere raggruppamenti attorno a
singole personalità (purtroppo emerge un ritrovato
notabilato). Non è escluso, quindi, che in alcuni casi sia
necessario - pregherei i colleghi di riflettere su questo
punto - investire direttamente coloro che decidono la
composizione delle liste. Per fare un esempio, nel comune di
Casapesenna i segretari nazionali dei partiti devono tener
conto se il candidato X sia cognato, zio, o abbia qualche
altro grado di parentela, con il boss camorristico locale.
   Come abbiamo fatto per la relazione sulle direzioni
distrettuali, vi chiedo poi se non sia il caso di investire il
ministro dell'interno, inviandogli subito la relazione,
verificando se egli possa partecipare alla prossima seduta, in
cui approveremo un documento di impegno per il Governo e di
indicazione al Parlamento, al fine di avere un confronto
stringente su questo problema.
   Informo i colleghi, proprio in relazione alle priorità da
assumere, che a maggio si voterà nei seguenti comuni: Adrano,
Casal di Principe, Casandrino, Casapesenna, Cerda, Delianuova,
Gallipoli, Lamezia, Marano, Melito di Porto Salvo, Mondragone,
Piraino, Poggio marino, Santa Flavia, Sant'Andrea apostolo
dello Ionio, Sant'Antimo, Seminara, Surbo, Taurianova e
Trabia. Sarebbe utile riuscire a capire bene, per gruppi di
lavoro, cosa accade in questi comuni prima delle elezioni.
  GAETANO GRASSO. Nel corso di una riunione del gruppo di
lavoro presieduto dal senatore Calvi, abbiamo pensato di
procedere alla ricognizione di alcuni consigli comunali
sciolti, anche attraverso l'audizione dei prefetti, non
escludendo una presenza sul luogo.
  PAOLO CABRAS, Relatore. Ringrazio i colleghi che
sono intervenuti numerosi svolgendo analisi, osservazioni e
avanzando proposte di grande rilievo.
   Cercherò di rispondere in modo sintetico alle principali
questioni sollevate. E' stato chiesto che non ci si fermi a
questo livello di osservazione e di indagine ma si
approfondisca il tema, nel senso di verificare le precise
responsabilità per quanto riguarda sia il lavoro dei
commissari straordinari sia l'iniziativa della magistratura
ordinaria e amministrativa, sia le responsabilità di vigilanza
e di controllo dei prefetti. Credo che questo lavoro vada
senz'altro fatto tenendo presente quanto già emerso, che non è
poco.
   Ho cercato di mettere in risalto anche i settori nei quali
sono emersi illegalità, irregolarità e comportamenti anomali.
Rispetto ai comportamenti e a quello che ho definito
ostruzionismo, boicottaggio, non solo esterno ma anche interno
alle amministrazioni, ho l'impressione che sia difficile
pensare che un rapporto di lavoro
                        Pag. 1411
o i diritti sindacali vengano in qualche modo sospesi o
stravolti perché vi è una gestione straordinaria. Non ci
facciamo illusioni! Di fronte alla descrizione di uno sfascio
così grave viene la tentazione di ricorrere a misure che
sospendano le garanzie, che siano comunque più autoritative
del sistema attualmente esistente. Ma non è facile, e
probabilmente neppure opportuno, adottare quelle misure perché
penso che nessuno di noi creda nella capacità "salvifica"
delle legislazioni speciali. Certo, occorre adattare le leggi
ai fatti nuovi, alle fattispecie di reato che si manifestano
in maniera diversa in queste vicende, senza però violare o
forzare i principi della legislazione che sono a fondamento
della stessa Costituzione. Non vi è dubbio, comunque, che
questo approfondimento sia necessario ed occorra fare qualcosa
di più.
   Ho avanzato due proposte che mi pare abbiamo trovato
consenso; forse si potrebbe meglio affinare quella relativa
all'osservatorio permamente, al monitoraggio. Nella relazione
ho spiegato che questa ipotesi non deve essere limitata
soltanto ai comuni disciolti ma anche alle amministrazioni che
immediatamente succedono. Vi sono cioè zone e territori in cui
l'osservazione, il sostegno istituzionale, devono andare anche
oltre le scadenze temporali dell'amministrazione straordinaria
e dell'indizione di nuove elezioni.
   L'altra proposta riguarda l'attrezzatura delle prefetture
per seguire l'attività dei commissari. Abbiamo constatato che
vi sono commissari competenti, di buon livello amministrativo
ed anche motivati, e questo aspetto ci ha impressionato
favorevolmente, soprattutto a Reggio Calabria.
   In particolare, i più giovani ci sono apparsi estremamente
motivati, anche se consapevoli di essere esposti in un fronte
contro la criminalità. Nessuno ci ha detto, come quell'ingenuo
anziano magistrato di Lamezia, di aver creduto che la mafia
esistesse solo al di fuori dei palazzi dell'amministrazione
comunale, tutti erano invece consapevoli dell'intreccio tra
mafia e istituzioni locali.
   Credo, quindi, che le prefetture debbano fornire una
consulenza di tipo particolare. Gli amministratori, di diversa
estrazione e di diversa esperienza amministrativa, hanno
continuamente bisogno di consulenza poiché, per esempio in
materia di urbanistica, rischiano di trovarsi in gravi
difficoltà. Alcune risposte che ci sono sembrate goffe in
materia di abusivismo, di strumenti urbanistici, di piani
regolatori e di varianti, derivavano anche da una certa
impreparazione dei commissari rispetto alla complessità della
materia urbanistica. E' necessario, quindi, che in prefettura
vi sia un team di consulenti a disposizione che segua
permanentemente l'attività dei commissari straordinari.
   Un altro aspetto che vorrei sottolineare attiene alla
necessità di un lavoro di controllo politico. Il collega
D'Amato ha sostenuto, giustamente, che leggi quali la n. 142 e
la n. 241, per la prima volta nella legislazione, anche nel
rapporto fra l'indirizzo politico e la gestione, hanno tentato
di stabilire delle separazioni nette, una divisione di compiti
e responsabilità di competenza. Vero è altresì che molte volte
gli statuti comunali non hanno tradotto nella maniera migliore
lo spirito e le intenzioni del legislatore anche per quanto
riguarda i regolamenti di attuazione della legge n. 241 e la
trasparenza nei procedimenti amministrativi. Qualcuno ha
sottolineato come la legge n. 241 fosse più adeguata ad uno
stadio evoluto di vita associativa e democratica e come
risultasse quasi una velleità illuministica in certe
situazioni di degrado.
   Credo però che l'elemento del controllo popolare e della
partecipazione insiti nella legge n. 241 possano essere
estremamente utili oltre che collegabili alle osservazioni,
che condivido, che molti colleghi hanno svolto a proposito del
rapporto fra l'amministrazione straordinaria ed i cittadini.
Ritengo comunque che il problema sollevato dall'onorevole
D'Amato possa servire non solo per gli approfondimenti della
Commissione ma
                        Pag. 1412
anche per offrire un indirizzo di lavoro alle stesse
prefetture. Bisogna far sì che sia garantito sempre e comunque
che commissioni d'appalto, commissioni d'esame ed altre
stabiliscano le responsabilità puramente amministrative
eliminando l'invadenza che la politica ha esercitato favorendo
qualsiasi tipo di infiltrazione clientelare, malavitosa e
criminale.
   Ritengo che possiamo e dobbiamo fare ciò che in chiusura
del dibattito molti colleghi hanno proposto. Per esempio,
inviare la relazione alle procure della Repubblica, perché
indipendentemente dai problemi che ci poniamo, cioè se le
misure di scioglimento delle amministrazioni comunali si siano
attivate in base alle notitiae criminis contenute nello
stesso decreto di scioglimento o in seguito a segnalazioni -
che ci auguriamo siano intervenute puntuali -
dell'amministrazione straordinaria, è bene che esse sappiano
che la Commissione parlamentare antimafia ha indagato sul
problema ed ha individuato una serie di violazioni della
legalità.
   Concordo anche con chi ha proposto la sostituzione, sia
pure per breve periodo, dei commissari indagati. Da questo
punto di vista, l'invio della relazione al ministro
dell'interno servirà a risolvere problemi quali quello di
Lamezia Terme, in particolare, sollevato da tutti i
commissari.
   Un altro aspetto che considero importante riguarda più
direttamente i partiti. Qualcuno ha detto che ho lanciato
appelli: ho mosso critiche e censure molto gravi ai partiti,
al comportamento, al modo d'essere della politica. Gli appelli
rischierebbero di restare un atto velleitario. Partendo dal
codice di autoregolamentazione antimafia abbiamo cercato di
indicare delle regole, sia pure accettate volontaristicamente
come nel caso del codice di autoregolamentazione della passata
legislatura. Ma voglio dire al senatore Robol che anche i
partiti sono all'origine della mancata strategia e della
sottovalutazione che egli ha sottolineato, perché se accade
che membri del Governo e parlamentari nazionali organizzino un
comizio nel più grande cinema di Lamezia Terme - sostituendosi
per una volta agli spettacoli a luce rossa, che costituiscono
l'unico divertimento consentito in città - vuol dire che gli
errori di strategia e le sottovalutazioni non sono imputabili
al destino cinico e baro ma alle responsabilità civiche.
   Tuttavia, poiché anch'io credo sia importante ristabilire
le ragioni della politica vera, mi preoccupo della tenuta dei
partiti. Quando l'onorevole Tripodi pone, giustamente, i
problemi della partecipazione, della pubblicità degli atti e
delle denunce di informazione, si collega anche alla proposta
avanzata dal collega Scotti, cioè di compiere noi, anche in
periodi elettorali, non tanto indagini quanto sopralluoghi e
visite che servano a tener desto il problema, a vigilare, a
controllare, a contestare comportamenti difformi da quelli che
è necessario assumere.
   Da questo punto di vista, ritengo che dobbiamo rivolgere
un invito molto fermo e determinato ai partiti, in particolare
a quelli che in queste zone hanno avuto più consensi. Infatti,
non si salverà la democrazia se essi non usciranno dal
degrado, dall'assenza della politica, dalla consuetudine di
ridurre tutto ad una logica di potere di scambio. Solo il
professor Galli della Loggia può credere che se i partiti si
metteranno da parte sarà salva la democrazia. Si tratta di una
visione elitaria ...
  GIROLAMO TRIPODI. Anche Segni, non solo Galli della
Loggia ...
  PAOLO CABRAS, Relatore. Sono in molti a nutrire
questa illusione, ma come tale va contrastata dimostrando che
vi è possibilità di recupero, di sanatoria e di
disinquinamento nei partiti e nelle forze politiche. Quando
denunciamo la vicenda emblematica di Taurianova e
dell'abbassamento delle saracinesche, credo che i partiti
debbano sentirsi stimolati ad intervenire in maniera
radicalmente nuova. Vi è stato l'azzeramento della politica ad
opera della politica stessa, ma quest'ultima non può morire
perché le sezioni e
                        Pag. 1413
le organizzazioni locali si comportano come abbiamo
denunciato nella relazione e come abbiamo constatato.
   Da questo punto di vista, il presidente ha scritto una
lettera molto puntuale, che l'ufficio di presidenza ha
apprezzato ed approvato ma poiché, leggendo le risposte che i
segretari di alcuni partiti ci hanno fatto pervenire, ho avuto
l'impressione che sia stata recepita come un'elenco di buoni
propositi sui principi generali, ritengo che dovremmo inviare
loro copia della relazione spiegando che il problema è un po'
più drammatico, che abbiamo bisogno di sapere quali
provvedimenti intendano assumere, preannunciando al contempo
che come abbiamo fatto per le elezioni politiche della passata
legislatura chiederemo alle prefetture di informarci sullo
stato dei singoli candidati rispetto al codice di
autoregolamentazione antimafia e alla legislazione vigente. Mi
rendo conto che a Roma non è facile conoscere ciò che avviene
a Seminara o a Rosarno, ma Roma ha la possibilità di inviare
missi dominici che verifichino la compilazione delle
liste elettorali. Concordo anche con la proposta di impedire
la candidatura di coloro che sono stati nominati nei decreti
di scioglimento dei consigli comunali, cioè di chi, mentre a
volte risulta già indagato o addirittura rinviato a giudizio,
altre può non esserlo per una serie di circostanze, come nel
caso denunciato dal collega Grasso a cui si riferiva anche il
senatore Brutti.
   Comprendo le argomentazioni del senatore Brutti a
proposito della rimozione dei singoli consiglieri comunali,
provinciali o circoscrizionali, ma dove tali rimozioni
rappresentano l'indice di uno stato di inquinamento ambientale
e dove i soggetti rimossi influiscono nella vita politica
locale ed in quella amministrativa mi riesce difficile
immaginare che tutto ciò non incida sulla funzionalità
democratica del consiglio comunale. Voglio anche dire - mi
rivolgo all'onorevole Grasso e a qualche altro collega - che
non mi commuoverei molto se qualche parlamentare vi si
trovasse implicato, perché sarebbe stato suo dovere denunciare
con forza una certa situazione e trovarsi alla testa di
un'azione di risanamento radicale ed incisiva. A volte esserci
vuol dire, in qualche modo, farsi condizionare quanto meno da
logiche localistiche o da logiche comprensibili per chi ha
bisogno di consensi anche all'interno del proprio partito.
Però ciò non assolve da un dovere istituzionale che è più
forte delle ragioni elettorali e delle singole convenienze,
altrimenti è difficile cambiare e rinnovare.
   Da questo punto di vista, quindi, credo che nella
relazione in qualche modo si debbano mettere in mora i partiti
dicendo che li "inseguiremo" sul terreno delle scelte che
faranno per le liste elettorali e in genere per come
affronteranno il problema dove l'inquinamento è maggiore.
   Non so se con le mie risposte ho esaurito l'ampiezza del
dibattito, però credo che gli elementi emersi possano trovarci
concordi.
  GIROLAMO TRIPODI. Vorrei sapere, per quanto riguarda i
segretari ...
  PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, il documento finale deve
ancora essere redatto.
  PAOLO CABRAS, Relatore. Ero d'accordo, onorevole
Tripodi. Vi sono state proposte, come quella del collega
Riggio, che condivido, che in qualche modo integrano quelle
che ho avanzato io e che riteniamo di trasferire nel documento
conclusivo. Tra l'altro, mentre tutti, io per primo, abbiamo
rifiutato la pura proroga, allo stesso tempo abbiamo convenuto
sull'opportunità di non escludere, ragionando su possibili
modifiche legislative, la possibilità di prevedere, magari
specificando le circostanze, un termine di durata più lungo di
quello massimo dei diciotto mesi. Comunque rinvierei questo
punto ad una successiva fase di approfondimento.
  PRESIDENTE. Desidero informare i colleghi che gli
amministratori sospesi o dichiarati decaduti sono
complessivamente
                        Pag. 1414
 234 (108 in base alla legge n. 142, 126 in base alla legge
n. 16).
   Per quanto riguarda il lavoro successivo, credo che
dovremmo invitare il senatore Cabras a presentare, in una
prossima seduta, una bozza di documento che contenga le
proposte che abbiamo condiviso. Per quanto concerne il tema
Governo, le eventuali questioni legislative quelle di
competenza della Commissione e quelle attinenti alla Corte dei
conti e alle Procure della Repubblica, se fosse possibile
vorrei che il senatore Cabras ne discutesse con i capigruppo
in modo da affrontarli poi sulla base di orientamenti
acquisiti. Dovremmo anche fare in modo che la discussione
conclusiva si svolga alla presenza del ministro Mancino,
perché trattandosi di proposte impegnative per il Governo è
importante acquisire sulle medesime il suo consenso.
              Comunicazioni del Presidente.
  PRESIDENTE. Comunico che a causa dell'assemblea
nazionale del partito socialista, prevista per il 6 e 7 marzo
prossimi, slitterà a data da destinarsi il sopralluogo della
Commissione a Napoli fissato proprio per quei giorni. Al fine
di utilizzare al meglio il tempo a nostra disposizione,
possiamo effettuare il sopralluogo a Caserta per il pomeriggio
del 4 marzo e l'intera giornata del 5 marzo.
   Poiché nella regione Campania sono 12 i consigli comunali
sciolti, di cui tre quelli in cui si svolgeranno le elezioni,
invito i colleghi eletti in tale regione a partecipare
all'ufficio di presidenza allargato ai capigruppo previsto
alle 14,30 di martedì 2 marzo, un'ora prima della audizione
del ministro della giustizia Conso. Mi auguro che in quella
sede, così come è avvenuto nell'ufficio di presidenza
allargato ai colleghi eletti in Sicilia, si riescano a
focalizzare i temi più importanti da trattare.
   Sempre in quella sede è stato avanzato il problema
relativo all'analisi dei flussi elettorali. L'ufficio di
presidenza ha proposto, avendo il problema una rilevanza
politica enorme, di costituire un'unità di lavoro composta da
un rappresentante per gruppo perché in caso di disaccordo, per
il rispetto del rapporto fra maggioranza ed opposizione,
decide la Commissione. Poiché si tratta di una rilevazione
assai complessa, occorrerà avvalersi di alcuni consulenti,
quali per esempio Cazzola e Arturo Parisi, per individuare un
modello di analisi su cui comunque dovrà pronunciarsi la
Commissione perché mutando i luoghi muta anche il quadro dei
risultati.
  MASSIMO BRUTTI. Desidero richiamare una questione
fuggevolmente segnalata anche dal presidente sulla quale però
è opportuno ritornare ed assumere un'iniziativa. Faccio
riferimento alla vicenda di Mariano Agate che, come è noto, è
il capomafia della zona di Trapani succeduto a Totò Minore,
attualmente detenuto, condannato per associazione per
delinquere di stampo mafioso ed assolto nel processo per
l'omicidio Lipari. Agate attualmente è detenuto a Perugia.
   Il decreto-legge della scorsa estate, anche se ha
eliminato una serie di benefici per i condannati per reati di
mafia quando questi non collaborino con la giustizia, ha
lasciato sopravvivere l'istituto della liberazione anticipata
per tali detenuti...
  PRESIDENTE. Che non è obbligatorio concedere, comunque.
  MASSIMO BRUTTI. ...condizionando naturalmente la
concessione del beneficio al requisito della buona condotta.
Competente è il tribunale per le misure di sorveglianza del
luogo dove si trova il carcere che chiede un rapporto alla
questura del luogo dove il personaggio ha commesso i reati.
   E' accaduto che il tribunale per le misure di sorveglianza
di Perugia abbia concesso uno sconto di pena di 365 giorni a
Mariano Agate per buona condotta in carcere, avvicinando così
il momento della liberazione. Si tratta di una decisione
incomprensibile ed aberrante; probabilmente
                        Pag. 1415
 essa è stata assunta sulla base di un rapporto inviato dal
questore di Trapani.
   Chiedo che la Commissione parlamentare antimafia investa
il Ministero di grazia e giustizia perché avvii un'inchiesta
per approfondire tutti gli aspetti di questa vicenda, in
particolare il contenuto del rapporto, le motivazioni della
decisione e tutta la documentazione a disposizione del
ministero.
   La stessa richiesta vale per il caso meno recente relativo
ad uno dei Prestifilippo che era detenuto a Milano ed ora è
stato scarcerato sulla base dello stesso motivo.
  PRESIDENTE. Era detenuto a Milano, poi in base
all'articolo 41-bis è stato mandato a Pianosa perché
pericoloso e successivamente è stato scarcerato per buona
condotta dal tribunale di Milano.
  MASSIMO BRUTTI. Queste persone tendono a farsi
trasferire nelle carceri dove sono meno conosciute per
ottenere più facilmente il risultato della scarcerazione.
  UMBERTO RANIERI. Le chiedo, signor presidente, se sia
possibile anticipare l'ufficio di presidenza di martedì 2
marzo.
  PRESIDENTE. Poiché alla 12 di martedì è fissato un
incontro con il prefetto Siclari, l'ufficio di presidenza
potrebbe tenersi alle 12,45.
La seduta termina alle 13,30.

 


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