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Violante: seduta 40
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                        Pag. 1885
AUDIZIONE DEI MAGISTRATI COMPONENTI LA DIREZIONE NAZIONALE
                        ANTIMAFIA
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                           indi
             DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione dei magistrati componenti la Direzione nazionale
antimafia:
Violante Luciano, Presidente .................... 1887, 1894
                    1895, 1896, 1897, 1898, 1899, 1900, 1904
                    1905, 1909, 1913, 1914, 1915, 1916, 1918
                                1919, 1920, 1922, 1923, 1924
Cabras Paolo, Presidente ........................ 1897, 1908
Borghezio Mario ..................... 1902, 1917, 1918, 1920
Boso Erminio Enzo ................... 1907, 1908, 1913, 1915
                                      1916, 1917, 1918, 1919
Brutti Massimo ............................ 1901, 1912, 1923
D'Amelio Saverio .......................... 1905, 1908, 1909
Fumagalli Carulli Ombretta ................ 1898, 1906, 1916
Grasso Pietro, Sostituto procuratore nazionale anti-
mafia ........................................... 1896, 1897
                                      1898, 1899, 1913, 1915
Macrì Vincenzo, Sostituto procuratore nazionale
antimafia ....................................... 1916, 1921
Maritati Alberto Gaetano, Sostituto procuratore nazionale
antimafia ....................................... 1922, 1923
Mastella Mario Clemente ......................... 1894, 1903
                                                  1905, 1908
Palmeri Guglielmo, Sostituto procuratore nazionale
antimafia ........................... 1918, 1919, 1920, 1921
Riggio Vito ........................................... 1905
Roberti Franco, Sostituto procuratore nazionale
antimafia ............................................. 1895
Siclari Bruno, Procuratore nazionale antimafia ........ 1887
                                      1894, 1895, 1910, 1912
                    1913, 1914, 1915, 1916, 1917, 1922, 1923
Taradash Marco ........................................ 1900
Tripodi Girolamo .......................... 1899, 1900, 1910
                        Pag. 1886
Accettazione delle dimissioni da vicepresidente
dell'onorevole Carlo D'Amato:
Violante Luciano, Presidente .................... 1924, 1925
Cutrera Achille ....................................... 1924
Mastella Mario Clemente ............................... 1925
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente .................... 1925, 1926
                                            1927, 1928, 1929
Boso Erminio Enzo ..................................... 1928
Brutti Massimo ........................................ 1928
Grasso Gaetano ........................................ 1927
Mastella Mario Clemente ................... 1927, 1928, 1929
Smuraglia Carlo ....................................... 1926
Riggio Vito ........................................... 1927
Tripodi Girolamo ...................................... 1926
                        Pag. 1887
La seduta comincia alle 16,30.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
     Audizione dei magistrati componenti la Direzione
                   nazionale antimafia.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei
magistrati componenti la Direzione nazionale antimafia.
   Ringrazio il procuratore nazionale antimafia ed i
sostituti procuratori per la loro presenza. Lo scopo di questo
incontro è innanzitutto quello di acquisire un quadro degli
orientamenti che la Direzione nazionale antimafia sta
assumendo in ordine al suo funzionamento: si tratta di
un'istituzione nuova, che quindi bisogna costruire e far
funzionare insieme.
   Do subito la parola al procuratore nazionale antimafia,
poi verranno poste questioni tanto al procuratore quanto ai
vari sostituti. Desidero chiarire che l'incontro è molto
funzionale, quindi invito chiunque abbia qualcosa da dire a
farlo tranquillamente, perché ci serve tutto ciò che possiamo
acquisire. Le domande che verranno poste dai colleghi
riguarderanno in particolare lo stato dell'azione di contrasto
alla criminalità nelle singole aree del paese.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Come è noto, la procura nazionale antimafia, a norma
dell'articolo 371-bis del codice di procedura penale, ha
funzioni di impulso e coordinamento, ma non ha funzioni di
indagine proprie. Alle funzioni che la legge le assegna la
procura nazionale dovrà ottemperare informandosi ad alcuni
principi e ad alcune prassi che l'ufficio ha ritenuto di
individuare e che ora vi esporrò. Tali prassi debbono essere
tali da garantire il principio di indipendenza della
magistratura inquirente, da evitare qualsiasi accentramento
che non sia necessario nonché interferenze ingiustificate nel
lavoro delle procure distrettuali e, soprattutto, non debbono
intaccare il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale.
   I compiti della procura nazionale antimafia si possono
riassumere in attività di coordinamento a carattere generale
ed attività di coordinamento a carattere speciale; attività
d'impulso a carattere generale ed attività di impulso a
carattere specifico, attività di coordinamento della polizia
giudiziaria e raccolta di dati, informazioni e notizie. E'
inutile dire che le attività di coordinamento e di impulso si
possono esercitare a norma dell'articolo 51, comma
3-bis, del codice di procedura penale, quindi solo
limitatamente ai reati previsti dalla norma che ho testé
citato. L'attività di raccolta di dati potrà essere invece
esercitata in relazione a tutti gli elementi che riguardano la
criminalità organizzata, senza limiti di reati. Secondo le
disposizioni dell'articolo 15 e della norma transitoria, le
attività di impulso e di coordinamento possono essere
esercitate solo per i procedimenti iniziati dopo il 22
novembre 1991, mentre non vi sono limiti per quanto riguarda
la raccolta di dati.
   Desidero innanzitutto parlare delle attività di
coordinamento e di impulso a carattere specifico.
   La prima è riconducibile alla risoluzione di contrasti tra
le diverse procure distrettuali: in tale ottica, il
procuratore
                        Pag. 1888
nazionale provvederà, nel caso di contrasti, ad impartire ai
procuratori distrettuali interessati specifiche direttive alle
quali attenersi ed indirà le riunioni previste dalla legge per
risolvere i contrasti che, nonostante le direttive impartite,
non abbiano trovato una soluzione, o quei contrasti che
abbiano impedito di promuovere e rendere effettivo il
coordinamento. Le direttive del procuratore nazionale,
naturalmente, non si riferiranno mai alle modalità di
conduzione delle indagini, ma esclusivamente a valutazioni che
attengono alle modalità di coordinamento. Ai fini del
coordinamento, la procura nazionale si terrà costantemente
informata, anche mediante l'invio presso le direzioni
distrettuali dei propri sostituti, i quali avranno uno
specifico compito di collegamento con la procura nazionale.
   Quanto all'attività di impulso a carattere specifico, tale
funzione trova la sua espressione nel dovere della procura
nazionale di assicurare la completezza e la tempestività
dell'investigazione. Anche al di fuori, però, dei casi di cui
all'articolo 371, ossia dei casi di indagini collegate, la
procura nazionale, qualora dovesse rilevare gravi mancanze o
inerzie nella conduzione delle indagini, provvederà ad
impartire specifiche direttive ai procuratori distrettuali e
qualora, poi, questi non osservassero le direttive impartite,
ricorrerà agli ulteriori rimedi previsti dalla legge: in buona
sostanza, all'applicazione nei casi meno gravi ed
all'avocazione in quelli più gravi. Nel caso in cui l'inerzia
attenga poi solo al mancato sviluppo di una determinata pista
investigativa, la procura provvederà a segnalare al
procuratore distrettuale le investigazioni che, a giudizio
della procura stessa, siano necessarie.
   Ho accennato poc'anzi all'avocazione: questa attiene al
coordinamento specifico perché è prevista qualora le riunioni
non dessero alcun esito e perdurasse ingiustificatamente e
reiteratamente la violazione dei doveri previsti dall'articolo
371 - cioè i doveri di collegamento tra procuratori
distrettuali - ovvero nel caso in cui il coordinamento non sia
stato possibile a causa di una ingiustificata inerzia nelle
indagini. L'avocazione riguarderà sempre e soltanto il
procedimento in relazione al quale si è manifestata l'inerzia
o la ingiustificata violazione dei doveri, mai gli altri
procedimenti collegati. Una volta avvenuta l'avocazione, la
procura distrettuale provvederà essa stessa a collegarsi con
gli altri uffici della procura. L'avocazione è vista dalla
procura nazionale come un rimedio estremo, ossia adottabile
soltanto nel caso in cui gli altri rimedi non abbiano sortito
alcun effetto.
   La funzione di impulso e di coordinamento a carattere
generale è finalizzata alla razionalizzazione ed
all'ottimizzazione dell'attività investigativa svolta dalle
direzioni distrettuali. E' un dato acquisito, come abbiamo
scritto nel nostro documento, che le associazioni di tipo
mafioso hanno attività ed interessi che non solo trascendono
il territorio di una singola regione, ma spaziano ormai in
sede nazionale e transnazionale; ne consegue che,
ipoteticamente, si può pensare ad una serie molto vasta di
indagini, di pertinenza dell'una o dell'altra procura
distrettuale, che possono essere sviluppate attraverso il
lavoro coordinato di più direzioni distrettuali.
   Sulla base di questa constatazione ed essendo
incontrovertibile il dato che l'attività investigativa finora
svolta non si estende a tutte le piste che potrebbero essere
seguite, la procura nazionale si farà dovere di individuare le
indagini non attualmente sviluppate, tenendo conto del fatto
che ciascuna di tali indagini potenziali, inserendosi nel
contesto di un fenomeno più vasto, può essere svolta
attraverso il coordinamento delle procure distrettuali
impegnate, o che potrebbero essere impegnate. In altri
termini, la procura nazionale si farà carico di individuare le
potenziali indagini collegate; non si limiterà, però, soltanto
a questo: individuerà anche le indagini potenziali non
collegate che siano comunque meritevoli di impulso. I nuovi
filoni d'indagine, naturalmente, potranno essere individuati
attraverso quell'attività di raccolta
                        Pag. 1889
 di dati, informazioni e notizie di cui parlerò più innanzi.
La procura nazionale trasmetterà poi, nelle forme di legge, ai
procuratori distrettuali interessati le risultanze delle nuove
indagini individuate, o meglio trasmetterà ciò che avrà
acquisito in relazione alle nuove indagini individuate e
promuoverà il coordinamento tra le varie procure distrettuali.
Prima di essere trasmesso alla direzione distrettuale
interessata competente, il nuovo filone d'indagine potrà
essere, in determinati casi, oggetto di quella che noi abbiamo
chiamato "investigazione preliminare", la quale si pone ancora
prima dell'investigazione preliminare di cui agli articoli 358
e seguenti del codice di procedura penale e che servirà
soprattutto a mettere a fuoco l'oggetto della futura inchiesta
giudiziaria ed a stabilire quali procure distrettuali siano
competenti. Ai fini di cui innanzi, la procura nazionale si
avvarrà delle forze di polizia di cui dispone, ossia della DIA
e dei servizi centrali ed interprovinciali, guidando le forze
di polizia con le opportune direttive. Qualora si profilino
nuove ipotesi di indagini che siano collegate attraverso la
visione complessiva ed in relazione alle quali emergano
elementi da atti di procedimenti in corso di trattazione
presso una o più direzioni distrettuali, la procura nazionale
avrà cura di interpellare, prima dell'eventuale investigazione
preliminare, le procure interessate.
   Passo ora ad illustrare l'attività di coordinamento della
polizia giudiziaria. Nell'ambito della funzione di
coordinamento - in particolare, di coordinamento ed impulso a
carattere specifico - si potranno rilevare situazioni di
impiego irrazionale o non coordinato delle forze di polizia,
che potranno richiedere l'emanazione di direttive specifiche.
In taluni casi, la procura nazionale - come ho detto poc'anzi
- potrà sollecitare particolari approfondimenti investigativi
da parte delle forze di polizia, sia indirettamente,
rivolgendo cioè le proprie sollecitazioni ai procuratori
distrettuali antimafia, sia direttamente, avvalendosi della
DIA e dei servizi centrali ed interprovinciali. Nella stessa
ottica, la procura nazionale, avendo acquisito una conoscenza
abbastanza approfondita, ed in via di ulteriore
approfondimento, dei procedimenti in corso nelle varie procure
distrettuali, potrà impartire direttive particolari agli
organi di polizia giudiziaria, con il fine di provocare
approfondimenti investigativi in relazione a determinati
aspetti dei fenomeni criminali che trasparissero da una
visione globale dei fenomeni stessi e che non risultassero
esplorati da alcuna procura della Repubblica. Naturalmente,
sempre nella prospettiva di trasmettere poi agli uffici
competenti i nuovi filoni di indagine in tal modo messi a
fuoco.
   L'attività di impulso e di coordinamento presuppone
naturalmente quella di acquisizione ed elaborazione delle
informazioni, con la quale non può che andare di pari passo.
L'attività di acquisizione delle informazioni è finalizzata
però anche alla realizzazione della banca dati giudiziaria;
l'acquisizione ed elaborazione dei dati, delle notizie e delle
informazioni si muove quindi in una duplice prospettiva: da un
lato, l'acquisizione di conoscenze per la banca dati e,
dall'altro, l'esigenza di ritrovare, attraverso i dati che
sono stati acquisiti, i filoni potenziali di indagine che
siano particolarmente promettenti.
   La realizzazione della banca dati esige però la
disponibilità di strumenti informatici; la norma dell'articolo
117, comma 2-bis, del codice di procedura penale prevede
esplicitamente che il procuratore nazionale possa accedere ai
registri generali e alle banche dati presso le procure
distrettuali e che realizzi tutti i collegamenti necessari
perché sia attuata, attraverso l'utilizzazione di procedure
informatizzate, la finalità della raccolta e dell'elaborazione
dei dati di cui ho parlato in precedenza.
   Deve essere quindi realizzato un sistema integrato di
banche dati delle procure distrettuali e della procura
nazionale, perché attraverso questo sistema si possa acquisire
ed elaborare lo scambio delle informazioni provenienti dai
procedimenti che riguardano la criminalità
                        Pag. 1890
organizzata. Deve essere altresì prevista la possibilità di
accesso alle banche dati giudiziarie, a quelle della polizia e
alle cosiddette banche dati del sistema paese per
l'acquisizione di ulteriori notizie che sono sempre utili per
la conoscenza dei fenomeni criminali nel contesto economico e
sociale.
   Tutto ciò esige però la predisposizione di mezzi adeguati,
per quanto riguarda sia l'hardware sia il
software; in questa prospettiva, l'ufficio deve essere
messo in condizione di studiare, con l'apporto di esperti
qualificati, quali siano i mezzi materiali e i programmi più
idonei per raggiungere lo scopo della creazione del sistema di
banca dati indicato e deve poter contare sulla disponibilità
delle risorse finanziarie necessarie.
   La realizzazione del progetto di cui ho parlato richiede
necessariamente tempi non brevi; tuttavia, questi tempi devono
essere chiaramente determinati. Nell'immediato, la procura
nazionale deve essere messa in grado di disporre subito dei
mezzi informatici, per iniziare l'archiviazione e
l'elaborazione degli atti e delle informazioni che sono stati
già acquisiti e per collegarsi con le altre banche dati
esterne. Più avanti, se lo riterrete necessario, preciseremo
quanto abbiamo avuto fino a questo momento.
   La formazione di una conoscenza tendenzialmente completa
della criminalità organizzata esige poi che l'ufficio dedichi
attenzione anche ad altri aspetti (quelli criminologici,
sociali ed economici) dei fenomeni e approfondisca tematiche
particolari giuridiche, economiche e finanziarie. Ciò
comporta, tra l'altro, la disponibilità di strumenti
culturali, in particolare la formazione e l'aggiornamento di
una biblioteca specializzata ed il collegamento con centri e
istituti di ricerca nazionali e internazionali.
   Le applicazioni temporanee di magistrati del pubblico
ministero rappresentano un argomento estremamente importante,
perché si è addirittura sostenuto che attraverso le
applicazioni la procura nazionale può arrivare a sostituire i
colleghi delle procure distrettuali.
   Le applicazioni temporanee di magistrati hanno la loro
disciplina nell'articolo 110-bis dell'ordinamento
giudiziario e vengono quindi disposte dal procuratore
nazionale, sentiti i procuratori generali e i procuratori
della Repubblica interessati, con decreto motivato, copia del
quale viene poi trasmessa al Consiglio superiore della
magistratura per l'approvazione. Sto parlando delle
applicazioni temporanee di magistrati della procura nazionale
ad una direzione distrettuale antimafia, ovvero dall'una
all'altra delle direzioni distrettuali. Quando si tratta
invece di applicazioni infradistrettuali, provvede il
procuratore generale.
   Il procuratore nazionale disporrà in primo luogo le
applicazioni quando vi siano protratte vacanze di organico; si
tratta di situazioni contingenti, patologiche, che
giustificano l'applicazione quando non vi sia altra strada per
evitare che si paralizzino indagini in materia di delitti di
criminalità organizzata. Occorre però porre l'accento sul
fatto che le vacanze di organico non sono la causa principale
dell'inadeguatezza dell'organizzazione del pubblico ministero.
Il vero problema è costituito dall'insufficienza degli
organici attuali, i quali resterebbero insufficienti ancorché
venissero completati, poiché nel momento in cui è entrato in
vigore il nuovo codice di procedura penale non è stato
incrementato in misura corrispondente al numero dei giudici
istruttori, destinati a scomparire (non è stato anzi aumentato
di una sola unità), il numero dei magistrati del pubblico
ministero.
   Pertanto, la procura nazionale, anche al di là del ricorso
contingente ad applicazioni, si farà carico di prospettare
alle istituzioni competenti l'esigenza non solo di colmare le
vacanze degli organici ma anche di incrementare gli organici
delle procure della Repubblica, in particolare delle procure
distrettuali, almeno in misura tale da compensare la scomparsa
dei giudici istruttori e quindi da ripristinare almeno il
medesimo numero di magistrati inquirenti che facevano fronte
alle esigenze delle investigazioni giudiziarie.
                        Pag. 1891
   Il secondo caso in cui il procuratore nazionale potrà
disporre l'applicazione è quello dell'inerzia nella conduzione
delle indagini, che non sia evidentemente riconducibile a
protratte vacanze di organico; dovrebbe trattarsi in teoria
soltanto delle inerzie ricollegabili ad una grave negligenza
imputabile allo stesso dirigente della procura distrettuale
interessata, perché diversamente all'inerzia si potrebbe
ovviare mobilitando diversamente le forze interne della
procura. Tuttavia, nell'attuale situazione di grave
insufficienza degli organici delle procure, si ha motivo di
ritenere che i casi di inerzia siano numerosi e non siano
necessariamente riconducibili a comportamenti negligenti.
Considerato il numero dei sostituti della procura nazionale,
il procuratore nazionale provvederà soltanto nei casi di
inerzia più grave.
   Nel caso di una perdurante inerzia nella conduzione delle
indagini, il procuratore nazionale valuterà se sia opportuno
ricorrere allo strumento dell'applicazione ovvero se sia il
caso di ricorrere allo strumento dell'avocazione, sempre che
si tratti ovviamente di un'inerzia che paralizza un'indagine
collegata, perché solo in questo caso è dato provvedere
all'avocazione.
   Considerato il carattere multiterritoriale che
generalmente assumono i fenomeni criminali trattati dalle
direzioni distrettuali, si ha motivo di ritenere che in genere
l'inerzia avrà risvolti negativi interni di coordinamento tra
diversi uffici, cosicché sarà applicabile l'uno o l'altro
istituto (applicazione o avocazione).
   Si ricorrerà all'applicazione anche nel caso di specifiche
esigenze investigative o processuali. Non mi soffermerò
comunque su questo punto e passerò all'altro, relativo
all'applicazione quando si tratta di procedimenti di
particolare complessità o che richiedono specifiche esperienze
e competenze professionali. Si tratta di ipotesi che si
possono verificare quando il grado di complessità del
procedimento o i requisiti di specializzazione e di competenza
professionale superano i requisiti della media dei
procedimenti di competenza dell'ufficio giudiziario.
L'applicazione sarà sempre disposta, come d'altronde è nella
legge, per la trattazione di procedimenti determinati.
   Ai fini di un miglior controllo del territorio da parte di
ogni singola direzione distrettuale e anche allo scopo di non
provocare un certo senso di demoralizzazione nei sostituti
procuratori delle procure non distrettuali e con riferimento
alla trattazione di procedimenti che rientrino nella
competenza territoriale dei tribunali periferici (anche se,
dinanzi alla modifica della legge, sono attratti dalla
direzione distrettuale), la procura nazionale incoraggerà le
applicazioni infradistrettuali; si tratterà di applicazioni a
tempo parziale alla procura della Repubblica del capoluogo di
magistrati in servizio presso altre procure del distretto, ai
soli fini della trattazione di procedimenti relativi a reati
commessi nella circoscrizione periferica.
   Desidero infine soffermarmi sul colloquio investigativo,
previsto, come è noto, dall'articolo 18-bis
dell'ordinamento penitenziario, che ha attribuito al
procuratore nazionale antimafia la facoltà di procedere a
colloqui personali con detenuti ed internati ai fini
dell'esercizio delle funzioni di impulso e di coordinamento;
si tratta di un istituto che, nel modo in cui è stato
concepito, non trova possibilità di armonizzazione con
l'impianto complessivo del codice di procedura penale.
   Peraltro, la procura nazionale ha già provveduto ad un
certo numero di colloqui investigativi e ha ritenuto di dover
razionalizzare il più possibile l'impiego di tale istituto in
termini che si possono riassumere nel modo seguente:
trattandosi di un atto privo di qualsiasi utilizzabilità
processuale, si procederà al colloquio senza la presenza di un
difensore; l'atto sarà in ogni caso documentato riportandone
il contenuto sotto forma di relazione scritta e firmata dal
procuratore nazionale o dal sostituto che vi ha proceduto. Lo
scopo dell'atto sarà quello di individuare ovvero
eventualmente mettere a fuoco nuovi filoni di indagine che
siano
                        Pag. 1892
emersi aliunde e che richiedano un'attività di
investigazione preliminare.
   Le informazioni acquisite con il colloquio investigativo
saranno immediatamente trasmesse agli uffici competenti.
Peraltro, anche in questo caso, qualora risultasse necessario,
si provvederà, attraverso investigazioni preliminari, a
mettere a fuoco meglio l'oggetto dell'investigazione.
   I colloqui investigativi con soggetti indagati o imputati
saranno evitati al massimo o saranno svolti con le cautele che
sono necessarie per evitare dannose sovrapposizioni con gli
organi giudiziari competenti.
   Quello che ho pressoché letto è un documento che la
procura nazionale si è voluta dare e con il quale ha tracciato
le linee strategiche complessive dell'ufficio. Voi tutti
sapete che si tratta di un ufficio nuovo, che abbiamo dovuto
costruire; noi stessi abbiamo dedicato molto tempo all'esame
delle norme e all'identificazione degli spazi che la legge ci
consentiva.
   Proprio perché si tratta di un ufficio nuovo, è difficile
tracciare un bilancio di quanto è stato fatto, poiché tale
bilancio non rispecchierebbe quelle che sono le possibilità
dell'ufficio anche in un futuro vicinissimo.
   L'ufficio è stato impegnato su molti fronti, soprattutto
su quello del coordinamento che, per l'esperienza che abbiamo
acquisito, sarà l'oggetto principale della nostra attività. Il
coordinamento è veramente necessario, come mi sono reso conto
ricoprendo la carica che occupo, e non sempre quello che noi
facciamo traspare dagli atti.
   Se mi chiederete notizie sul lavoro che abbiamo svolto, le
informazioni che vi fornirò indicheranno un lavoro minimo, ma
nella realtà abbiamo già svolto un grosso lavoro: le cifre non
parlano di tutto il lavoro che abbiamo svolto per il semplice
fatto che, per esempio, il coordinamento si svolge non sempre
con atti formali, ossia con direttive scritte del procuratore
nazionale, ma il più delle volte attraverso interventi orali.
Sono continuamente impegnato a cercare di coordinare
telefonicamente indagini di varie procure distrettuali. Anche
l'attività di impulso passa per la stessa strada, ossia il più
delle volte attraverso attività non scritte ma orali.
   Nella prima fase ho provveduto ad inviare presso le varie
procure distrettuali i sostituti procuratori nazionali. Ho
applicato inizialmente cinque sostituti procuratori nazionali
in altrettanti distretti situati in zone particolarmente a
rischio. Attualmente i procuratori distrettuali applicati sono
otto, peraltro non a tempo pieno, perché ci siamo resi conto
che è preferibile non procedere ad applicazioni a tempo pieno
ma lasciare la possibilità ai colleghi che vanno in
applicazione di svolgere l'attività di coordinamento e di
raggiungere anche, per qualche giorno alla settimana, la
procura nazionale, al fine di portare avanti l'attività di
acquisizione di dati e, in generale, tutte le attività che
essi devono svolgere presso la sede. Attualmente, come
accennavo, ne ho otto: due a Napoli, uno a Caltanissetta, uno
a Messina, uno a Catania, uno a Reggio Calabria, uno a
Catanzaro, uno a Venezia e Trieste, per un procedimento in
particolare.
   Devo aggiungere che naturalmente abbiamo svolto anche
altre attività, secondo le funzioni che ci sono attribuite.
Abbiamo effettuato un certo numero di colloqui investigativi:
di quelli di cui avete sentito parlare in termini negativi,
devo peraltro onestamente dire che, nonostante i termini
negativi con i quali io mi sono espresso in relazione ad essi,
la procura della Repubblica di Palermo mi ha chiesto di
svolgerne e di incrementarli. Mi ha chiesto, anzi, di
individuare, nelle liste dei detenuti ritenuti particolarmente
pericolosi e sottoposti a regime speciale in base all'articolo
41-bis dell'ordinamento penitenziario, quei detenuti nei
confronti dei quali sia possibile effettuare il colloquio
investigativo, fra i più giovani e con condanne pesanti, cioè
fra quelli che dovrebbero avere una maggiore propensione alla
collaborazione.
   Stiamo cercando di formare un polo tecnologico, cioè di
porci anche come
                        Pag. 1893
polo tecnologico nei confronti delle procure distrettuali,
attraverso una ricerca di periti, consulenti, persone
professionalmente capaci. Abbiamo cominciato a scrutare con
attenzione la possibilità che la procura nazionale abbia anche
un profilo internazionale, cosa sulla quale io pongo
l'accento: è stata, fra l'altro, una richiesta che hanno
avanzato i colleghi della procura di Palermo nell'ultima
riunione del Consiglio superiore, chiedendo che la procura
nazionale si faccia carico di instaurare rapporti con le
autorità giudiziarie straniere, e non già per fini preventivi
ma proprio ai fini delle indagini che i colleghi siciliani
svolgono. E io credo che non sia soltanto un problema dei
colleghi siciliani, perché sappiamo tutti che la criminalità
organizzata ha dimensioni che sono sovranazionali, direi ormai
mondiali.
   Sottopongo ora alla vostra attenzione un breve documento
nel quale abbiamo sottolineato alcune necessità, identificando
alcune mancanze della legge, di cui chiediamo delle
integrazioni: "Il decreto-legge istitutivo della Direzione
nazionale antimafia ha limitato la competenza di quest'ultima
ai procedimenti iscritti successivamente alla data del 20
novembre 1991. Pertanto risultano sottratti alle funzioni di
impulso e di coordinamento attribuite al procuratore nazionale
antimafia tutti quei reati previsti dall'articolo 51, comma
3-bis, del codice di procedura penale, rispetto ai quali
erano in corso alla data predetta indagini preliminari. Si è
avuto modo di constatare che tale divisione determina una
serie di problemi di notevole rilevanza: essi investono il
delicato tema dei rapporti fra il procuratore nazionale
antimafia ed i procuratori della Repubblica da un lato, e
dall'altro si rischia di vanificare l'effetto voluto dalla
legge n. 8 del 1992 rispetto ad una cospicua serie di reati
sulla base di un riferimento temporale che comporta un motivo
di illogicità di tale ripartizione.
   Si avanza perciò la proposta di rendere applicabili per
tutti i reati di cui all'articolo 51 citato le norme di cui
agli articoli 371-bis del codice di procedura penale, 70
e 110-bis del regio decreto 30 gennaio 1941, cioè
dell'ordinamento giudiziario, e 328 del codice di procedura
penale. La modifica varrebbe non solo a superare la
problematica sopra enunciata ma anche a prevenire situazioni
anomale quale quella rappresentata dall'iscrizione di altri
soggetti indagati dopo il 20 novembre 1991 sulla numerazione
del registro delle notizie di reato preesistenti, prassi non
infrequente, la quale ha l'effetto di sottrarre alla
competenza della procura nazionale antimafia una serie di
indagini preliminari che la legge ad essa attribuisce.
   Il procuratore nazionale antimafia, ai sensi dell'articolo
2 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modifiche,
può richiedere l'applicazione delle misure di prevenzione
personali e delle misure di prevenzione patrimoniali nei
confronti di soggetti indiziati di appartenenza ad
associazioni di stampo mafioso. Si tratta dello stesso potere
attribuito al procuratore della Repubblica presso il tribunale
competente ed al questore. Al procuratore nazionale antimafia
non è stato però attribuito il potere previsto dall'articolo
2-bis della legge n. 575 citata di svolgere accertamenti
a largo raggio per individuare i beni e le attività da
sottoporre a misure di prevenzione patrimoniale, in quanto per
un mancato coordinamento non è stato modificato detto
articolo, del quale sono formalmente destinatari soltanto i
questori ed i competenti procuratori della Repubblica. A tale
inconveniente potrebbe ovviarsi includendo anche il
procuratore nazionale antimafia nel testo dell'articolo
2-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575.
   Sebbene il complesso delle funzioni di impulso e di
coordinamento attribuito dalla legge al procuratore nazionale
antimafia comporti implicitamente la possibilità di accedere
al contenuto degli atti delle indagini preliminari svolte
dalle procure distrettuali antimafia, l'inserimento del comma
2-bis nell'articolo 117 del codice di procedura penale,
con il quale si sancisce espressamente il diritto
                        Pag. 1894
di accesso del procuratore nazionale antimafia al registro
delle notizie di reato ed alle banche dati..." (Entrano in
aula i deputati Rocchetta e Peraboni).
  PRESIDENTE. Chiedo scusa, signor procuratore: ci sono
degli ospiti che non ho capito chi siano...
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Sono colleghi della lega.
  PRESIDENTE. Sì, ma i colleghi sono graditi se si
annunciano e se comprendono che siamo in seduta; forse non
l'hanno capito, anche se mi sembra che sia molto evidente. I
commessi dove sono? Per cortesia, prego i commessi di svolgere
la loro funzione adeguatamente.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Proseguo: "...l'inserimento del comma 2-bis
nell'articolo 117 del codice di procedura penale con il quale
si sancisce espressamente il diritto di accesso del
procuratore nazionale antimafia al registro delle notizie di
reato ed alle banche dati delle direzioni distrettuali
antimafia può ingenerare, argomentando a contrario,
qualche motivo di perplessità. Una precisazione legislativa
varrebbe ad evitare ogni possibile dubbio interpretativo.
   Da ultimo, come è noto, negli ultimi tempi si è andato
moltiplicando il numero di coloro che prestano collaborazione
con le autorità giudiziarie e di polizia, in virtù del
trattamento normativo più favorevole assicurato dalla recente
legislazione. L'esperienza ha dimostrato che i collaboratori
di giustizia di maggiore rilevanza rendono spesso
dichiarazioni di portata e vastità tali da non iscriversi
sovente nell'ambito di un solo distretto, in quanto
suscettibili di investire la competenza di più distretti. Si
avverte quindi l'esigenza che il controllo e l'impulso sul
coordinamento attribuito alla procura nazionale antimafia
possa essere immediato, tempestivo e quanto più completo
possibile. E ciò è tanto più vero in quanto accade sovente che
il futuro collaboratore scelga a sua discrezione il magistrato
referente dichiarando a costui circostanze relative a reati
che esulano dalla competenza di quest'ultimo. Orbene, per
consentire che il coordinamento effettivo fra i pubblici
ministeri interessati avvenga immediatamente con la dovuta
efficacia è necessario che venga formalmente riconosciuta al
procuratore nazionale la facoltà di partecipare all'esame dei
collaboratori di giustizia da parte del magistrato
inquirente". Consegno questa nota alla Commissione.
  PRESIDENTE. La ringraziamo, signor procuratore, per la
concretezza e la rapidità con la quale ha esposto il punto di
vista del procuratore nazionale antimafia, ed anche per
l'ampiezza dei riferimenti.
   Vi sono alcuni colleghi iscritti a parlare, ma vorrei
avere prima alcune precisazioni che credo servano anche ai
colleghi. La prima è la seguente: com'è diviso il lavoro fra i
sostituti?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Il
lavoro è diviso fra i sostituti su base regionale, o meglio
per procura distrettuale. Le procure distrettuali sono
ventisei ed ho osservato grosso modo anche il dato della
provenienza: comunque, il lavoro è diviso secondo le ventisei
procure distrettuali, che sono state ripartite fra i vari
colleghi.
  PRESIDENTE. Vi sono poi incontri periodici fra tutti i
sostituti procuratori?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. I
colleghi assicurano il coordinamento tra le varie procure
distrettuali. Per avere poi un coordinamento fra noi,
svolgiamo delle sedute periodiche nel corso delle quali
prendiamo atto delle novità, dei procedimenti nuovi, di quello
che si muove nelle indagini delle varie procure distrettuali.
  PRESIDENTE. Sono emersi problemi nei rapporti fra
procure distrettuali e procure territoriali?
                        Pag. 1895
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Per
la verità, tra le procure distrettuali e le procure
territoriali non ci sono grandi problemi. Il problema...
  PRESIDENTE. Perché a me risulterebbe il contrario.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
...i colleghi delle procure non distrettuali si sentono in
qualche maniera emarginati dalle indagini...
  PRESIDENTE. Mi scusi se insisto, ma non è soltanto
questo il problema. Vi è anche un problema, per così dire, più
di merito: ci sono alcune forme criminali che hanno una
localizzazione molto specifica e settoriale, per cui chi opera
nella procura distrettuale non conosce la realtà di quella
zona: pensiamo, per esempio, a quanto accade a Marsala
rispetto a Trapani o a Caserta rispetto a Napoli. Abbiamo
rilevato problemi dovuti alla mancanza di indagini per questo
motivo.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Si
tratta di un problema che non è sorto fra le varie procure, ma
che esiste. Nel parlare delle applicazioni dei colleghi delle
procure non distrettuali alle procure distrettuali facevo
proprio accenno alla conoscenza dei territori. Le procure
distrettuali, che pure costituivano certamente un'esigenza
allorché sono state istituite, hanno però determinato anche un
dato la cui esistenza è fuori di dubbio: in qualche maniera,
con il passare del tempo, si perderà il contatto con il
territorio. I procuratori e i sostituti che sono sul
territorio acquisiscono giornalmente le notizie che riguardano
il territorio, notizie che non arrivano ai procuratori
distrettuali. Per questo cerco di consigliare ai procuratori
generali le applicazioni infradistrettuali: perché i sostituti
delle procure non distrettuali portano l'esperienza della
conoscenza del territorio alle procure distrettuali...
  PRESIDENTE. Ci sono stati casi di applicazione
infradistrettuale a questo scopo?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Sì, ci sono stati.
  PRESIDENTE. Dove?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Ve
ne sono stati diversi, parecchi.
  PRESIDENTE. Forse i sostituti possono fornirci altre
indicazioni al riguardo.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
No, forse loro ne sanno meno di me: comunque, vi sono stati
questi casi certamente in Calabria, in Puglia e in Sicilia, a
Palermo. Ve ne sono stati parecchi.
  FRANCO ROBERTI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Anche alla direzione distrettuale antimafia di
Napoli è stato applicato un sostituto della procura di Santa
Maria Capua Vetere per seguire un procedimento, esattamente
quello relativo alla cosiddetta strage di Acerra.
  PRESIDENTE. Un'ultima precisazione: la legge prevede una
banca dati della DNA, se non ricordo male. A che punto? Si è
cominciato ad immettere i dati?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Non abbiamo ancora una banca dati, abbiamo soltanto una
informatizzazione interna dell'ufficio. La banca dati deve
essere ancora istituita.
  PRESIDENTE. Vi è qualche magistrato in particolare
addetto alla banca dati?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Il
dottor Grasso è il più competente in materia.
  PRESIDENTE. Se i colleghi che hanno chiesto la parola
hanno un attimo di pazienza, ascoltiamo il dottor Grasso in
ordine alla banca dati.
                        Pag. 1896
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Se mi è consentito, prima di affrontare questo
punto, vorrei per un attimo tornare al problema posto dal
presidente, che è tipicamente siciliano ed in genere di tutte
le realtà meridionali: quello dei rapporti fra la procura
distrettuale e le procure territoriali ordinarie. In queste
zone, vi sono due esigenze che possono portare a delle prese
di posizioni contrastanti: la prima è quella che vi sia
l'accentramento presso la procura distrettuale di tutte le
informazioni e le notizie che riguardano il distretto;
un'altra esigenza in queste zone è che i magistrati, pur non
competenti a trattare gli episodi di criminalità organizzata,
siano comunque tenuti perfettamente informati su tutto quello
che avviene. Perché una cosa è la criminalità organizzata in
queste zone a rischio, altra cosa è la criminalità organizzata
in zone del nord, le quali hanno una diversa struttura sociale
ed economica. E' inutile che mi soffermo su questi aspetti.
   Il magistrato della procura ordinaria che non si occupa
della criminalità organizzata nel senso specificato
dall'articolo 51, comma 3-bis, ma di reati non compresi
in tale articolo, deve comunque avere la piena conoscenza dei
fenomeni che si svolgono sul proprio territorio, perché è
intuitivo quanto ciò sia necessario per chi si occupa dei
reati contro la pubblica amministrazione, del traffico di
stupefacenti, anche se attuato in forma non associativa, o
delle misure di prevenzione che sotto il profilo della
proposta attengono alla competenza delle procure ordinarie.
   A settembre, i grossi processi di criminalità organizzata
che andranno in dibattimento provocheranno uno sfaldamento
delle forze già collocate nelle varie procure distrettuali, in
quanto alcuni magistrati saranno incaricati di seguire i
dibattimenti presso il tribunale di Marsala o altri tribunali.
Dunque, credo sia giunto il momento di pensare a tribunali
distrettuali presso i quali centralizzare tutte le competenze.
Ma poiché in queste zone non si può perdere la competenza ed
il rapporto con il territorio da parte delle procure
ordinarie, da un lato, bisogna cercare di accentrare, tramite
i tribunali distrettuali, tutti i problemi inerenti alla
criminalità organizzata e la trattazione dei processi in sede
distrettuale, dall'altro, incrementare il numero dei sostituti
presso le procure ordinarie utilizzandoli come una massa
flessibile di manovra per le applicazioni nell'ambito
distrettuale, in modo tale che, così come suggerito più volte
dal procuratore nazionale, i procuratori generali possano
applicare questo collegamento all'interno del distretto e
mantenerlo tra il territorio e la procura distrettuale. In
questo modo, credo che sarebbe possibile ovviare
all'inconveniente in questione.
   Devo dire che non tutti i procuratori generali si sono
dimostrati sensibili al problema, tant'è che alcuni hanno
posto anche questioni di interpretazione legislativa che
sostanzialmente hanno ostacolato la possibilità di creare
questo collegamento. Comunque, anche tenuto conto del fatto
che queste esigenze sono condivise dalla Commissione
parlamentare cui ci rivolgiamo, se il modo di gestire il
personale ed i sostituti sarà ritenuto valido, in futuro è
probabile che i procuratori generali addivengano a ...
  PRESIDENTE. Mi perdoni l'interruzione ma vorrei capire.
Vi è infatti una serie di reati, per esempio l'usura e alcune
forme di ricettazione, che possiamo definire reati spia o di
contorno, a proposito dei quali la preoccupazione che la
Commissione potrebbe nutrire è che un eccessivo svuotamento
delle procure territoriali possa poi alleggerire anche la
pressione sui medesimi. Considera giusto o sbagliato questo
modo di ragionare?
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Non si svuoterebbero le procure territoriali
perché si tratterebbe di applicazioni part-time
finalizzate a certi processi di criminalità organizzata che
sorgono in quel territorio. Il sostituto può rimanere nel suo
territorio e continuare ad espletare tutte quante
                        Pag. 1897
le altre funzioni. Però, per far questo bisogna incrementare
gli organici e far sì che l'accentramento al distretto di
tutte le competenze per la criminalità organizzata non
comporti un distacco dall'intera realtà rappresentata dalle
procure ordinarie, altrimenti si perderebbe il contatto con il
territorio e per i colleghi sorgerebbe una serie di problemi
di carattere psicologico, quali, per esempio, quello di
sentirsi demoralizzati.
   Per quanto riguarda l'informatizzazione, ritengo che
questo processo debba necessariamente iniziare nell'ambito
delle direzioni distrettuali antimafia, di modo che dalla
periferia i dati possano pervenire al centro.
  PRESIDENTE. E non c'è informatizzazione nelle procure
distrettuali?
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. No, assolutamente. Abbiamo qualche realtà a
macchia di leopardo - per usare una espressione tipica - ma
attualmente non coordinate o coordinabili né tra loro né con
un centro. Quindi, ancora si deve creare tutto.
   L'informatica pone anche seri problemi di gestione di dati
e di collegamenti per via telematica, nel senso che il
problema della segretezza resta tra i principali da risolvere.
Infatti, nel rispetto delle competenze istituzionali, ciascun
procuratore distrettuale deve avere la garanzia che il dato
che eventualmente trasferisce in una banca dati non sia
accessibile a personale esterno all'amministrazione. Vi sono
quindi problemi che rendono ancora più problematico il
trasferimento dei dati in via telematica dalla periferia al
centro. Quando saremo sicuri di poter contare sulla
segretezza...
  PRESIDENTE. Questi dati non ci sono perché mancano le
macchine e i programmi o perché non sono stati elaborati?
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Abbiamo un programma che è già stato
sperimentato a Caltanissetta e, con buoni risultati, anche
presso altri organismi investigativi del Ministero
dell'interno, quali il servizio centrale operativo e la DIA.
Quindi, un programma è disponibile e lo stiamo adattando alle
nostre esperienze ma il problema principale è rappresentato
dai mezzi, cioè dalle strutture di hardware che il
ministero non è in grado di fornire.
  PAOLO CABRAS. Questo non rientra nel piano di
informatizzazione del ministero?
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Tanto per essere chiari, va detto che nelle
previsioni di spesa, per quanto riguarda la competenza, non è
stato stanziato nulla per l'informatica. Possiamo avere somme
e finanziamenti soltanto utilizzando i residui o le somme in
conto capitale.
  PAOLO CABRAS. E' mancato un rifinanziamento nell'ultimo
bilancio, perché altrimenti non si spiega...
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Sì, non c'è stato un finanziamento nell'ultimo
bilancio, per cui non possono essere assunte nuove iniziative.
Credo si sia trattato di una direttiva attuata per molti
ministeri. Ripeto, in bilancio non vi è alcuna voce per quanto
riguarda il conto di competenza. Naturalmente, una legge
finanziaria potrebbe portare a nuove ...
  PAOLO CABRAS. Però, era in corso un programma di
informatizzazione.
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Sì, vi sono dei finanziamenti, per cui si
potrebbe realizzare quel programma, ma ancora siamo nella fase
di realizzazione ...
  PAOLO CABRAS. Se nell'ambito del programma si
individuano altre priorità si può fare uno storno ...
                        Pag. 1898
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Vi è uno stanziamento di somme, creato con la
legge istitutiva della procura nazionale e delle procure
distrettuali, che è stato salvaguardato. Dunque, possiamo
contare su questa cifra ma nell'ambito ministeriale il
problema è rappresentato dai tempi molto lunghi per le
procedure amministrative: intendo riferirmi a tutta la fase
precontrattuale di ricerca del contraente, poi a quella dei
contratti e al parere dei vari organi preposti ...
  PRESIDENTE. Ma voi le macchine le avete o no?
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. In base ad un vecchio contratto
dell'amministrazione, siamo riusciti ad ottenere dieci
computers utili per questo lavoro.
  PRESIDENTE. Essendo voi venti!
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Sì, essendo noi venti. Abbiamo anche altri
computers che però, essendo di modesta potenzialità,
sono utilizzabili soltanto, sotto il profilo amministrativo,
per la videoscrittura. Questa è la dotazione di cui
disponiamo. Abbiamo inoltrato una richiesta quanto meno per
creare una rete all'interno dell'ufficio (ad essa alludeva il
procuratore Siclari nella sua precedente esposizione) e
sappiamo che è stata iniziata la procedura per indire la gara
ma basandoci sui tempi prevedibili riteniamo che non potremo
disporne nemmeno in autunno.
   Il problema della segretezza dei collegamenti telematici
si può risolvere in qualche modo. Però, al momento, manca una
rete di trasmissione telematica assolutamente sicura, a
proposito della quale abbiamo già inviato all'amministrazione
un progetto relativo alla sua architettura e struttura.
   Per quanto riguarda le trasmissioni, abbiamo progettato di
utilizzare la trasmissione fisica dei dati. Intendo dire che
anzitutto dobbiamo attuare la rete presso di noi, riuscire in
qualche modo a creare un brandello di informatizzazione presso
le 26 procure distrettuali, poi, dopo aver trasferito
fisicamente i dati con dischetti o nastri, collocarli in una
banca dati.
  PRESIDENTE. La banca dati non può essere unica? Perché
fare banche separate?
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Per creare la banca dati unica occorrono tempi
lunghi e, soprattutto, garanzie di sicurezza.
  OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. C'è il sistema delle chiavi!
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Sì, ma non è ritenuto sicuro. Anche di recente,
a Roma vi sono stati dei processi, perché qualcuno è riuscito
ad entrare nei sistemi delle banche ed in quelli ospedalieri.
Insomma, i sistemi attuali non garantiscono la segretezza.
   Quindi, da questo punto di vista si richiede uno studio
particolareggiato, un programma approvato e stanziamenti
notevoli. Per quanto ci riguarda, ci siamo dati dei livelli e
comunque questo programma non lo abbiamo trascurato. Infatti,
abbiamo realizzato un progetto a lungo termine e un altro a
medio termine, oltre al progetto minimale che ho esposto.
Quest'ultimo prevede di partire con una rete, di creare un
serbatoio di dati e di acquisirli con un sistema che, pur non
essendo telematico ma fisico, in attesa che il ministero ci
fornisca strumenti più adatti, ci consentirà però di partire.
Del resto, non si possono pretendere risultati senza mezzi e
strumenti.
   Per ovviare agli inconvenienti e a tutti i ritardi
prodotti dall'attività amministrativa, era stato redatto una
bozza di regolamento per l'autonomia finanziaria delle DDA e
della DNA che aveva lo scopo di rendere più snella proprio
l'attività amministrativa finalizzata all'acquisizione di beni
e servizi necessari negli
                        Pag. 1899
uffici giudiziari. Ciò in deroga, come previsto dall'articolo
14 della legge istitutiva, alle normative in tema di
contabilità generale dello Stato e di contrattazione ordinaria
e specifica. La bozza di regolamento redatta dal Ministero è
rimasta ferma presso il Dicastero del tesoro, il quale, dopo
tre mesi, nel marzo scorso ha mosso osservazioni che
bloccavano, nei loro contenuti sostanziali, le richieste
avanzate: per esempio, a proposito dell'ordine di accredito,
che era previsto in un massimo di 900 milioni e che avrebbe
dovuto essere distribuito dal procuratore nazionale su tutte
le procure distrettuali, si è ritenuto che ciò avrebbe
comportato una erogazione di somme talmente esigue che non
valeva la pena predisporre tutto questo apparato.
   Il ministero ha risposto a queste osservazioni ribadendo
alcuni punti centrali del provvedimento. Il contenzioso con il
tesoro comporta un blocco totale; quando saranno superati tali
problemi, si dovrà passare al parere del Consiglio di Stato,
al fine di approvare il regolamento. Questo era un tentativo
per rendere più rispondente l'acquisizione di beni e servizi
alle esigenze immediate delle direzioni distrettuali o della
Direzione nazionale.
  PRESIDENTE. Se ho ben compreso, non funzionano né le
banche dati delle direzioni distrettuali né quella della
Direzione nazionale.
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Questa è la situazione attuale.
  GIROLAMO TRIPODI. Ho ascoltato la relazione del
procuratore nazionale e devo confessare di essere rimasto per
molti aspetti deluso. Mi aspettava alcuni chiarimenti
sull'avvio di questa nuova istituzione e sui primi risultati
conseguiti perché dobbiamo conoscere quali siano le intenzioni
e le modalità per indirizzare l'azione di contrasto alla
criminalità organizzata, ma volevamo anche avere un quadro
della situazione attuale e del primo impatto dell'attività
svolta dalla DNA. Purtroppo, devo dire che fino a questo
momento non abbiamo avuto dati precisi su quanto è stato
fatto. Esprimo il mio parere negativo, ed ho già chiesto
scusa, anche se il medesimo può non essere condiviso dal
procuratore o da altri.
   Pensavo che oggi avremmo avuto qualche elemento in più per
esprimere un giudizio e fornire un aiuto per il lavoro che la
Direzione nazionale antimafia deve compiere. Sarebbe stato
altresì doveroso che nella relazione fosse contenuto un cenno
agli attacchi inauditi diretti a delegittimare quei giudici
che sono impegnati nelle indagini svolte nei confronti di
esponenti politici di tutti i livelli, anche di grosso
calibro, come Andreotti, Goria, Misasi. Rispetto a questi
attacchi, forse il procuratore nazionale avrebbe dovuto dire
qualcosa, perché ritengo che quanto viene fatto dai giudici
non possa essere definito come una mascalzonata né che i
giudici medesimi possano essere definiti inaffidabili, solo
perché si sono permessi di indagare anche su personaggi
politici che hanno avuto rilievo a livello nazionale e che
oggi vengono indicati come persone che hanno avuto
collegamenti o contiguità con le organizzazioni mafiose.
   Il dottor Siclari ha inoltre detto che, se gli fosse stata
posta qualche domanda sull'attività svolta, avrebbe risposto
che è ancora presto. Mi aspettavo, però, almeno un quadro
dell'azione di contrasto condotta a livello regionale, nelle
varie zone in cui è maggiormente presente l'organizzazione
criminale ed in quelle in cui questa è meno forte ma pur
sempre presente. Sarebbe stato giusto che la Commissione fosse
messa a conoscenza dei motivi del ritardo nell'avvio delle
funzioni della DNA, perché è nostro dovere compiere una
verifica ed eventualmente sollecitare il superamento degli
ostacoli e delle difficoltà.
   Fra i vari problemi, ve n'è uno, forse di minore
rilevanza, che però ritengo importante: mi riferisco alle
difficoltà per le quali non è stato risolto il problema
                        Pag. 1900
riguardante i sostituti assegnati alla procura nazionale
antimafia, che sono stati trasferiti a Roma e che devono
sostenere molte spese. E' giusto che costoro,
nell'espletamento dell'importante compito loro assegnato, non
subiscano una riduzione del trattamento economico a causa dei
maggiori oneri affrontati per le spese derivanti dalla loro
permanenza a Roma.
  PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, la prego di avviarsi alla
conclusione dell'intervento.
  GIROLAMO TRIPODI. Un'altra questione riguarda i rapporti
fra le procure distrettuali e la procura nazionale. In
proposito vorrei richiamare il caso di Bari e chiedere al
dottor Maritati, oggi presente, di illustrare eventuali
problemi esistenti e di chiarire se sia vero che è stata
archiviata l'indagine riguardante l'incendio doloso del teatro
Petruzzelli.
   Infine, desidero esprimere il mio parere sulle proposte di
modifica alla legge istitutiva della "superprocura". Credo che
sia prematuro modificare quella legge, nonché il ruolo delle
procure distrettuali; non vorrei che queste potessero essere
indicate come elemento di malfunzionamento della DIA. Ritengo
che, oltretutto, sarebbe dannoso oggi porre il problema della
revisione della norma sulle indagini iniziate precedentemente
dalle procure ordinarie, prima dell'entrata in vigore di
quella legge. In proposito vorrei maggiori chiarimenti.
   In conclusione, ritengo che tutti i problemi riguardanti
eventuali modifiche ed integrazioni alla normativa esistente,
ovvero accorpamenti di poteri non possono trovare
accoglimento.
  PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, la invito nuovamente a
concludere l'intervento. E' inammissibile parlare più di un
quarto d'ora, perché in tal modo non riusciremmo a concludere
il dibattito.
  GIROLAMO TRIPODI. Non credo di aver parlato per un
quarto d'ora.
  PRESIDENTE. Siamo oltre questo limite di tempo.
  GIROLAMO TRIPODI. Anche in tema di avocazione non
concordo perché credo sia necessario stare molto attenti: deve
avvenire solo nei casi eccezionali in cui vi siano fondati
motivi di inerzia, altrimenti le conseguenze possono essere
dannose per un impegno lineare e coerente contro la mafia.
  MARCO TARADASH. In base alla legge, la Direzione
nazionale antimafia dispone della Direzione investigativa
antimafia: vorrei sapere in quale modo ne disponga, se
effettivamente questo rapporto si sia realizzato e se alcune
delle difficoltà evidenziate, ad esempio in relazione alle
banche dati, non possano essere risolte avvalendosi della DIA.
   Una seconda domanda riguarda le strutture. Ho ben compreso
il problema della banche dati ma forse il ministero dovrebbe
domandarsi se non sia preferibile porsi obiettivi più
limitati; forse non è necessaria una banca dati così
complessa, attraverso la quale utilizzare anche documenti
segreti, poiché potrebbe bastare una banca dati tematica,
grazie alla quale conoscere l'esistenza dei documenti.
   Vorrei sapere, inoltre, se il personale ed i mezzi
finanziari in dotazione alla Direzione nazionale antimafia
siano sufficienti. Mi riferisco soprattutto al personale
amministrativo, agli esperti, ai tecnici.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                       PAOLO CABRAS
  MARCO TARADASH. La mia domanda conclusiva forse risulta
banale: la Direzione nazionale antimafia funziona? Rilevate
che nella lotta alla criminalità organizzata questa struttura
sia utile e necessaria? Vorrei conoscere una vostra
valutazione, ancorché sommaria, a distanza di alcuni mesi
dalla sua istituzione.
                        Pag. 1901
   Il dottor Siclari ha svolto una relazione molto chiara ed
utile per individuare i problemi ed ha fatto riferimento ad
un'iniziativa di impulso che dovrebbe vivacizzare l'attività
delle procure distrettuali un po' inerti. Vorrei sapere se
esistano procure distrettuali inerti.
   Nella relazione, è fatto cenno anche alle indagini
potenziali, che non nascerebbero tanto da una valutazione di
una singola procura distrettuale, quanto da una visione
complessiva del fenomeno. Queste indagini potenziali sono
state avviate o si è soltanto capita la tipologia delle
medesime? Qual è, ad esempio, il rapporto oggi esistente tra
mafia intesa come Cosa nostra e criminalità organizzata?
   Infine, vi chiedo: la criminalità disorganizzata non
rappresenta, sotto certi profili, un pericolo altrettanto
grave quanto la criminalità organizzata, ove si consideri che
essa si inserisce nei traffici che vengono via via lasciati
disponibili dalla criminalità organizzata, in conseguenza
dell'acquisizione da parte di quest'ultima di nuove
dimensioni? Penso, per esempio, al fatto che questa forma di
criminalità si legalizza attraverso operazioni economiche
lecite, lasciando ad altri lo svolgimento di attività di
diversa natura.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                     LUCIANO VIOLANTE
  MARCO TARADASH. Credo che a tali domande possa essere
fornita una risposta soltanto avendo una visione complessiva
del fenomeno. E' proprio per tale ragione che chiedo se voi,
come procura nazionale antimafia, siate già in grado di
tracciare un quadro di questa natura.
  MASSIMO BRUTTI. Desidero ringraziare il procuratore
nazionale antimafia per le cose che ci ha detto, che mi sembra
confermino una certa prevedibile difficoltà nel decollo della
nuova struttura. A me pare che una ragione di difficoltà nasca
anche dalla definizione dei compiti fondamentali della
struttura stessa, definizione essenzialmente legata al
problema se essa debba assumere una funzione operativa diretta
oppure debba organizzarsi come una struttura di servizio. Mi è
sembrato che questa differenza di impostazione trasparisse
nella descrizione di alcuni problemi richiamati dal
procuratore nazionale. Penso, per esempio, alla questione dei
colloqui investigativi e dei relativi limiti, alla gestione
dei pentiti ed al problema delicatissimo relativo
all'avocazione in caso di mancato coordinamento. Non ho ben
compreso come all'interno di quest'ultima ipotesi si collochi
la possibilità di una avocazione per inerzia, che credo debba
essere configurata non come sostituzione rispetto ai compiti
della procura distrettuale ma con riferimento all'ipotesi in
cui l'inerzia rappresenti una ragione di impedimento del
coordinamento. Mi è sembrato di capire che il problema
dell'avocazione sia inquadrato in questi termini: di questo
chiedo conferma al procuratore nazionale.
   Vorrei ora svolgere una breve considerazione in merito
alle applicazioni riferite a singoli processi, che mi pare
abbiano rappresentato l'iniziativa fondamentale e principale
(o, almeno, più immediatamente visibile) assunta finora dalla
procura nazionale. Alcuni sostituti sono stati applicati in
sedi particolari. Chiedo: l'applicazione è stata decisa sulla
base di criteri generali, di un piano di lavoro? Non mi è
sembrato che le applicazioni siano state dirette verso le
regioni del Mezzogiorno, considerato che sono state disposte a
raggiera un po' in tutta Italia. Vorrei capire se in ordine
alle decisioni relative all'applicazione venga seguito un
piano o se le applicazioni siano decise di volta in volta in
relazione a singoli processi. Per quanto riguarda il lavoro
dei sostituti applicati, mi domando quale sia il rapporto fra
costoro e la polizia giudiziaria, se cioè la relazione tra i
sostituti e l'attività della polizia giudiziaria passi sempre
attraverso le procure distrettuali - come mi sembra debba
essere - oppure no.
                        Pag. 1902
   Quanto al rapporto tra procura nazionale antimafia e DIA,
richiamato poc'anzi dal collega Taradash, la legge prevede che
la direzione nazionale antimafia disponga della DIA ed emani
direttive per regolamentarne l'impiego. A chi sono rivolte
tali direttive? Chi ne sono i destinatari? Si tratta di
direttive generali da rivolgere ai procuratori distrettuali,
alle procure distrettuali, oppure di direttive rivolte
direttamente alla DIA? A tale riguardo ritroviamo
l'ambivalenza di ruolo che può essere propria della procura
nazionale: struttura di servizio collegata al circuito delle
procure distrettuali oppure struttura che adempie direttamente
a compiti operativi. Io credo che l'ipotesi da preferire sia
la prima.
   Vorrei sapere inoltre quale sia l'organizzazione interna
della procura nazionale. Infatti, se è vero che l'istituzione
di banche dati e la circolazione di notizie nel circuito
procura nazionale-procure distrettuali rappresentano un
obiettivo difficile e complesso la cui realizzazione richiede
un certo tempo, mi domando in che modo avvenga la circolazione
di notizie all'interno della procura distrettuale, come sia
ripartito il lavoro tra i sostituti, se siano seguiti criteri
oggettivi in questo ambito, insomma se esista
un'organizzazione degli uffici. A tale proposito, vorrei
chiedere al procuratore nazionale se intenda nominare uno o
più aggiunti e, eventualmente, sulla base di quali criteri.
   Per quanto riguarda infine la gestione processuale dei
collaboratori di giustizia, abbiamo discusso e successivamente
approvato in Commissione una relazione che ha rappresentato la
sintesi ed il punto di arrivo del Forum svoltosi a febbraio
con i rappresentanti delle procure distrettuali, della procura
nazionale antimafia e con il comitato del CSM. Abbiamo preso
in esame il problema dei collaboratori di giustizia e, per
evitare ipotesi di esclusivo accaparramento dei pentiti da
parte dei magistrati che ne hanno registrato le prime
dichiarazioni nonché per evitare frenetici avvicendamenti di
magistrati che li ascoltano e li gestiscono, abbiamo auspicato
- mi pare che su questo punto vi fosse l'accordo di tutti -
che vi fosse una funzione di coordinamento svolta dalla
procura nazionale. Avete pensato a questo? In quale termini e
con quale programma di lavoro?
  MARIO BORGHEZIO. Vorrei anzitutto chiedere se la procura
nazionale antimafia sia già riuscita ad attivare un
coordinamento - che più volte abbiamo sentito auspicare da
parte degli organi competenti (Guardia di finanza e organi di
vigilanza) - in ordine alla necessaria indagine da condurre
sul problema molto grave del riciclaggio del denaro di
provenienza illecita. Da vari elementi abbiamo potuto
constatare che la vigilanza che si esercita in questo settore,
anche quella di natura bancaria, non è la stessa in tutte le
regioni italiane. Sappiamo anche benissimo che nelle aree non
tradizionali di infiltrazione mafiosa l'attività più
pericolosa e importante che si presume venga svolta dalle
organizzazioni criminali è appunto indirizzata agli
investimenti in attività palesemente lecite e in operazioni di
riciclaggio. Vorrei sapere se la procura nazionale abbia già
potuto attivare strumenti di coordinamento e, in caso
affermativo, quali siano e quali risultati abbiano
incominciato a dare. Vorrei anche sapere se esista una forma
di osservatorio sull'applicazione della normativa bancaria
antiriciclaggio. I miei reiterati accessi in vari istituti,
anche di interesse nazionale, mi inducono a pensare che siamo
ancora un po' indietro circa l'applicazione di fatto di tale
normativa. La Banca d'Italia ha elaborato al riguardo un
ottimo decalogo. C'è da credere però che tra le prescrizioni
dell'organo di vigilanza e la concreta attuazione vi sia un
gap non indifferente. Ecco perché vorrei sapere se
esista un osservatorio che segua con puntualità questo aspetto
molto importante. Continuano ad essere documentati episodi che
dimostrano come nel nostro paese sia in realtà facilissimo
riciclare: non è necessario rivolgersi agli istituti bancari
esteri e di oltre frontiera dal momento che - ripeto
                        Pag. 1903
- il denaro di provenienza illecita può essere riciclato con
una certa tranquillità anche nel nostro paese.
   Per quanto riguarda le zone non tradizionalmente mafiose,
vorrei sapere se la procura nazionale abbia avviato un lavoro
specificamente rivolto all'indagine sulle modalità della
penetrazione mafiosa classica (della quale abbiamo sentito
parlare anche da alcuni collaboranti di giustizia e di cui
abbiamo comunque continuamente notizia attraverso gli organi
di stampa) in zone come il Piemonte, la Lombardia, il Veneto e
la Toscana (quest'ultima regione ha costituito oggetto di una
puntuale indagine da parte della nostra Commissione). Vorrei
sapere se esista un programma di intervento coordinato,
specificamente destinato a queste zone e se vi siano elementi
di valutazione già disponibili al momento al fine di condurre
un'intensa attività di contenimento e di lotta alla
penetrazione mafiosa in queste realtà.
   A tal fine, vorrei che il signor procuratore ci dicesse a
cuore aperto quello che la sua esperienza di alto magistrato,
anche alla luce della collaborazione con altri magistrati
della procura, gli suggerisce in ordine ad un problema molto
delicato, sul quale forse l'attenzione dimostrata finora,
anche da parte dei politici, non è stata sufficientemente
puntuale. Mi riferisco all'istituto del soggiorno obbligato.
Anche in questo caso debbo richiamare quello che più volte
abbiamo ascoltato in quest'aula. In numerose occasioni abbiamo
sentito ammettere da persone provenienti dall'interno
dell'organizzazione delinquenziale - in qualche caso in
maniera molto convincente - che il modo con il quale
l'istituto è stato realizzato - pensiamo alla vecchia legge
del 1965 - ha di fatto favorito l'espansione mafiosa nelle
zone non tradizionalmente caratterizzate dalla presenza di
organizzazioni criminali di stampo mafioso. Come ben sappiamo,
il legislatore del 1965 non aveva colto la necessità di
evitare che la delinquenza organizzata potesse ramificarsi
grazie alla testa di ponte costituita dai soggiornanti. Si
poneva inoltre anche il problema della dimora abituale,
dell'identificazione del luogo. Vorrei sapere dal signor
procuratore qualcosa di più circa le modalità di applicazione
della nuova normativa. Il decreto n. 306 del 1992 prevede,
all'articolo 25-quater, che su iniziativa del
procuratore nazionale antimafia possa essere applicata la
misura eccezionale del soggiorno cautelare. Abbiamo notizia
che questo stia avvenendo e ci risulta anche che ciò stia
suscitando reazioni molto vivaci e convinte da parte delle
popolazioni interessate. Vorremmo sapere quali siano le
valutazioni che hanno portato alla scelta delle destinazioni.
Richiamo un esempio molto preciso, anche per sottolineare
quello che sembrerebbe essere uno scoordinamento tra le varie
autorità interessate: dai miei accessi al Ministero
dell'interno mi risulta che quest'ultimo non sarebbe informato
sul quadro dei provvedimenti assunti. Non mi è stato possibile
sapere in quali regioni, in quali province siano stati
destinati i soggiornanti né, soprattutto, con quali criteri si
sia proceduto. Risulterebbe che le questure non ne sapessero
nulla. Risulta - in questo caso non dico risulterebbe - che il
sindaco di un piccolo centro in provincia di Treviso prescelto
per un soggiorno obbligato (il che ha destato vivaci
reazioni), il comune di Codognè, lo abbia saputo quasi per
caso! Appare strano che il sindaco del paese interessato non
sia stato consultato preventivamente.
   Su questa questione vorrei una serena valutazione da parte
del signor procuratore, al quale chiedo anche di volere
cortesemente accedere alla richiesta formulata dall'onorevole
Rocchetta, a nome di numerosi parlamentari veneti, di avere un
colloquio, anche per tranquillizzare le popolazioni venete.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. L'aspetto biblico, quello
dell'impulso in via orale a mo' di coordinamento che viene
dalla procura generale, può trarre in inganno ed indurre in
una forma di tentazione, nel senso cioè che operare una
                        Pag. 1904
ricognizione allo stato attuale di quello che è stato
realizzato forse fa dire anche - come è stato detto da qualche
mio collega - che, al di là delle difficoltà, probabilmente il
quadro di riferimento appare (o potrebbe apparire) abbastanza
approssimativo. Credo che invece vada dato atto al procuratore
generale, ai sostituti e a quanti lavorano in quella
struttura, pur tra una mole enorme e una miscela forse anche
di incomprensioni... La prima domanda è proprio questa: di che
tipo sono tali incomprensioni? Il procuratore si è soffermato
su un documento che mi pare (ne chiedo comunque conferma)
tracci una sorta di aggiustamento, di perfezionamento e di
cambiamento. Chiedo al procuratore se il quadro normativo nel
quale sono delineate la sua figura e quella dei sostituti
appaia, alla luce anche delle prime valutazioni e delle prime
registrazioni di fatti ed accadimenti, adatto ed idoneo o se,
invece, non richieda - mi pare che sia questo il dato probante
anche di questo primo incontro - una valutazione politica,
perché, presidente, credo che questa sia la prima volta in cui
ci si incontra. Quindi, se tocca a voi fare certe cose,
ritengo - di qui l'importanza di questo incontro - che spetti
a noi, dal punto di vista operativo e di norme, assumere
iniziative, non solo registrare, perché altrimenti la
reciprocità si trasforma in una forma di vischiosità.
   Allora, come cambiare? Cosa suggerite per il cambiamento?
Mi è parso, per la verità, anche dalle parole del sostituto
Grasso sull'informatizzazione, che voi siate rispetto alla
mafia come la tartaruga rispetto al pie' veloce Achille. Se
l'informatizzazione non si avvia, per una serie di ostacoli
anche di natura burocratica - che vedo toccano non soltanto
noi ma anche voi (Consiglio di Stato e quant'altro) -,
quest'enorme, incredibile difficoltà rischia di far saltare il
lavoro quando siamo soltanto all'inizio, quindi possiamo
immaginare il prosieguo nel quale dovreste operare. Allora,
chiedo anche al presidente, se ha ragion d'essere questo
incontro, ognuno deve anche assumere le proprie responsabilità
dal punto di vista delle forze politiche o dei gruppi
parlamentari. C'è stata una grande discussione nel paese sul
fatto che fosse giusto identificare il ruolo, la figura, che
si stagliava nel quadro normativo e giudiziario, rappresentate
dalla vostra presenza. Si è arrivati alla fine - per grazia di
Dio - a riconoscerne il valore, l'entità, la specificità. Oggi
mi parrebbe piuttosto strano che voi siate un enorme
carrozzone che rimane in piedi tra i tanti che questo Stato
bislacco ha eliminato. E' giusto che dal nostro punto di vista
facciamo il nostro dovere; per questo vi chiedo di diventare
una sorta di interfaccia rispetto alla Commissione, perché
abbiamo bisogno anche di interlocutori unitari. Dite dal
vostro punto di vista ciò che ritenete necessario, perché è
ovvio - questo vale anche per gli altri - che quando in sede
di legge finanziaria dovessimo accorgerci che nell'ambito del
Ministero di grazia e giustizia l'informatizzazione si
realizza per altri e non per la procura nazionale antimafia,
io stesso sarei insieme con altri sottoscrittore non di un
semplice ordine del giorno ma di emendamenti correttivi che
possano sostenere validamente questo tipo di impostazione. Si
sarebbe potuto discutere su questo tema prima dell'istituzione
della DNA ma oggi che essa esiste bisognerà dare valore a
questo tipo di argomenti.
   Mi pare che lei, procuratore Siclari, abbia fatto cenno ad
una sorta di mancanza di coordinamento delle forze di polizia,
questione correlata a quella sollevata dal collega Taradash.
Vorrei che specificasse se esista o no, anche in rapporto con
la DIA, la quale ha anch'essa rapporti di collegamento come
interforza.
   Dal punto di vista degli argomenti giuridici avete una
possibilità di intervento rispetto alle logge massoniche
presenti nel paese? Spetta a voi o no?
   Vorrei porre una domanda sulle avocazioni. In che termini
avvengono? Un tempo si riteneva che l'avocazione fosse...
  PRESIDENTE. Parla in assenza dell'onorevole Tripodi!
                        Pag. 1905
  CLEMENTE MARIO MASTELLA. Le avocazioni sembravano un
istituto volto più a ritenere che a fare esplodere alcune
contraddizioni, se ci sono, all'interno di una società. Come
funzionano queste avocazioni?
   Si è parlato anche dell'inerzia. Vorrei sapere quale sia
il parametro per stabilire l'inerzia, perché non vorrei che
fosse una forma di censimento della capacità e
dell'incapacità; magari questo potrebbe creare una forma di
difficoltà operativa per coloro che sono territorialmente
esposti da questo punto di vista nella gestione di questi
fenomeni, di questi avvenimenti.
   Quali sono i rapporti con l'estero (mi pare che lei vi
abbia fatto cenno)? Come avvengono o come potrebbero avvenire?
A me parrebbe più opportuno che vi fosse una forma di
coordinamento molto serio da parte vostra rispetto all'estero.
   Utilizzando quest'occasione per ricordare al presidente
una richiesta, che ho ripetutamente formulato e che ho
ribadito oggi con una mia dichiarazione, cioè quella di
sentire Buscetta e Mannoia in Italia - sottolineo, in Italia
-, vorrei sapere come avvenga o come potrebbe avvenire da
parte vostra una forma di coordinamento per quanto riguarda i
colloqui investigativi. Devo dire la verità: già oggi si
evidenziano alcuni aspetti che credo creino qualche problema
anche all'opinione pubblica. Si è avuta notizia che un pentito
davanti al tribunale di Sciacca avrebbe ritrattato talune
dichiarazioni che aveva reso in precedenza; il pentito avrebbe
detto alcune cose abbastanza strane. Voglio dire che questi
collaboratori iniziano a creare qualche problema. Apprendo che
qualche collega di altra parte politica dice che Buscetta
sarebbe al servizio di servizi segreti.
  PRESIDENTE. Chi è?
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Il senatore Mancuso della rete,
una parte politica distante dalla mia.
  SAVERIO D'AMELIO. Leggi tutto, perché è importante!
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Parrebbe scortese nei confronti
dei nostri ospiti se mi soffermassi su questo argomento. Per
quanto ci riguarda - lo dico con molta buona fede, se è
consentito ad un politico esprimersi in questi termini perché
oggi è abbastanza strano - vogliamo che i colloqui
investigativi avvengano. Quindi, se avvengono e se da parte
vostra c'è un coordinamento, credo anche si pongano una serie
di dubbi; se dicessi che non sorgono dubbi, anche alla luce di
questi fatti, direi una bugia a me stesso, quindi aprirei un
contenzioso (che non mi piace aprire) con la mia coscienza.
Credo che tutti - il presidente lo ha detto - rispetto a quel
che si è verificato in una serie di circostanze, anche a quel
che hanno fatto i collaboratori di giustizia ed anche rispetto
a qualche manipolazione che magari si intravede o qualcuno
ritiene di intravedere, si pongano dei dubbi. Credo che
rispetto a tutto questo il coordinamento sia un modo per
filtrare, per dare la sensazione che siamo in presenza di un
qualcosa di estremamente serio. Poi, secondo la vecchia
massima, accada quel che accada, perché non dipende da chi
indaga ma dalla bontà o verità o dai frammenti di verità che
riescono ad emergere.
  VITO RIGGIO. Francamente, oltre a formulare un
ringraziamento, vorrei utilizzare sul serio la presenza del
procuratore Siclari, perché ho la sensazione che non possiamo
riaprire una grande discussione ideologica. Qui il procuratore
ha fatto una serie di osservazioni su come impostare un
lavoro. Si tratta di una questione di fattibilità, per cui
porre l'accento sulle condizioni perché il lavoro si svolga
per raggiungere le finalità della legge mi sembrerebbe
prioritario. Se ho capito, tra l'altro, l'intervento
integrativo del dottor Grasso, in sostanza, alcuni commi della
legge che danno un'indicazione (l'impulso, la direttiva, il
coordinamento) sono tutte approssimazioni giuridiche rispetto
alle quali le amministrazioni - e qui stiamo parlando in
qualche modo di un'amministrazione - devono
                        Pag. 1906
dotarsi di risorse senza le quali queste parole non
raggiungono il loro effetto. Mi pare di capire che quel che
viene chiesto a noi non sia tanto una revisione di tipo
normativo - che sarebbe tra l'altro assolutamente impropria in
una legge così "giovane" - quanto di valutare quali strumenti
sia necessario mettere in campo (su questo c'è già stata una
disponibilità ma bisogna capire meglio). Mi permetterei di
dire - considerato il poco tempo intercorso e visto che questa
struttura è di tipo sostanzialista, cioè deve raggiungere dei
risultati - che sarebbe più importante per me e per la
Commissione conoscere una valutazione sintetica, di qualità,
cioè se l'ingresso in campo di questa nuova struttura stia
producendo o no o non abbastanza quelle forme di integrazione
e di coordinamento nel contrasto alla criminalità organizzata
che nel documento del procuratore sono ancora descritte in
termini metodologici. Probabilmente, per noi sarebbe più
interessante sapere se nel merito si sia realizzata una forma
di integrazione che elimini il più possibile i contrasti
(questa era la principale preoccupazione); ciò si ottiene
attraverso le direttive ma le direttive vengono concordate,
stante l'autonomia delle singole indagini. Inoltre, più ampio
si fa il campo conoscitivo dei filoni potenziali, più aumenta
il rischio che la sottrazione di alcune indagini e quindi
l'inerzia possa rappresentare un momento di blocco rispetto
allo svolgimento dell'attività. Allora, la domanda che pongo è
se siamo già in grado (o non ancora) di dare un primo giudizio
su come sta funzionando questa struttura, se già stia
raggiungendo risultati e soprattutto su quali siano le
condizioni in termini di fattibilità amministrativa della
legge perché questi risultati vengano raggiunti.
  OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Ringrazio anch'io il
procuratore nazionale antimafia e devo dire che le difficoltà
di assestamento, di tipo organizzativo e anche di
interpretazione delle sue funzioni sono pienamente
comprensibili. Quindi, se qualcosa può ancora porre
interrogativi ciò mi pare rientri nella fisiologia di un
istituto che è da poco decollato e che ha bisogno di un
periodo di prova, di un'interpretazione corretta delle proprie
funzioni. Perciò, apprezzo in modo particolare i suoi sforzi,
signor procuratore, e formulo i migliori auguri perché
quest'istituto, che ha avuto una nascita legislativa assai
travagliata, possa per davvero decollare.
   Condivido anch'io le preoccupazioni espresse
dall'onorevole Mastella ed anche una certa delusione circa la
non esistenza (o la non piena esistenza) di banche dati, né a
livello nazionale, centrale, né a livello periferico, delle
procure distrettuali. Ho ascoltato quanto detto dal giudice
Grasso - che peraltro abbiamo apprezzato anche come consulente
di questa Commissione - circa la difficoltà di poter porre
sotto secretazione il materiale attinente alle banche dati.
Però, nei sistemi stranieri la "chiave", come si usa dire,
viene ritenuta tale da fornire sufficienti garanzie. Ma penso
che anche questo sia uno dei problemi che l'assestamento e
l'eventuale studio di migliori garanzie di segretezza potranno
risolvere.
   Vorrei porre al procuratore Siclari alcune brevissime
domande che anzitutto riguardano i criteri generali. La sua
relazione è stata esauriente ma vorrei che da essa si
potessero trarre anche criteri di tipo generale, essendo
questo un istituto in decollo che ha bisogno, anche per
ragioni di trasparenza, di poggiare su criteri generali non
deviabili, se non eccezionalmente, nelle particolari
contingenze.
   Uno di questi criteri riguarda la valutazione delle
inerzie nelle indagini potenziali o nelle indagini collegate.
E' un punto molto delicato, mi rendo conto, ma vorrei sapere
quali siano i criteri di priorità - credo che abbiate tenuto
una riunione insieme ai procuratori distrettuali - seguiti nel
dare precedenza all'una o all'altra zona una volta riscontrate
determinate inerzie.
   Inoltre, quali sono i collegamenti che la procura
nazionale ha con il comitato antimafia del Consiglio superiore
della
                        Pag. 1907
magistratura? E' ben vero che sono due istituti diversi, che
hanno anche obiettivi istituzionali diversi; tuttavia, credo
che alcuni collegamenti vi siano stati (mi interesserebbe
sapere anche qui sulla base di quali criteri) e che debbano
continuare. Spesso riscontriamo una sovrapposizione non tanto
di competenze ma di attività, che finisce poi per deformare le
competenze delle istituzioni e sarebbe bene che fin
dall'inizio questo aspetto fosse chiaro.
   Quali sono i rapporti con le strutture di
intelligence che abbiamo, quindi con i servizi?
L'onorevole Mastella a questo proposito ha fatto riferimento
ad una dichiarazione riportata oggi dalla stampa. A
prescindere dal caso concreto, vera o infondata che sia la
notizia - non è detto che tutto quel che dice il senatore
Mancuso sia senz'altro vero -, vorrei sapere in base a quali
criteri sono regolati i rapporti con l'attività di
intelligence.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                       PAOLO CABRAS
  OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Per quanto riguarda le
applicazioni, ho sentito che esse sarebbero temporanee; del
resto, la legge istitutiva prevede che non possano superare
l'anno. Ma quelle fatte finora o che si intendono fare in
futuro, secondo i criteri da voi adottati, devono avere una
durata che va da un minimo ad un massimo oppure in relazione
al problema specifico al riguardo del quale l'applicazione
viene disposta?
   Mi ha interessato particolarmente un aspetto della
relazione del procuratore Siclari; esso riguarda i colloqui
investigativi che sono stati richiesti, ex articolo
41-bis, in riferimento a detenuti per certi tipi di
reato e di particolare pericolosità. Vorrei sapere se la
richiesta, oltre che da quella di Palermo, sia stata avanzata
anche da altre procure. Vorrei anche sapere come siano
individuati i detenuti ai quali concedere questi colloqui
investigativi o verso i quali attivarsi per ottenere tali
colloqui. Chi sono, come sono individuati, quali garanzie vi
sono circa la loro affidabilità?
   Chiedo inoltre quale aggancio legislativo abbia l'attività
della Direzione nazionale antimafia. Non ricordo che durante
la discussione della legge istitutiva se ne sia parlato ma la
domanda è dovuta ad una mia ignoranza, al fatto cioè di non
aver avuto il tempo di verificare i riferimenti normativi;
chiedo quindi al procuratore Siclari di illustrare,
naturalmente in modo breve, le fonti normative su cui si basa
quest'attività, che indubbiamente è molto importante e nello
stesso tempo assai delicata.
   In riferimento ai rapporti con le autorità giudiziarie
straniere, domando se essi non possano essere richiesti
direttamente dai procuratori distrettuali, dai magistrati che
compiono le indagini. Devono essere obbligatoriamente
richiesti tramite la Direzione nazionale antimafia? Anche tale
quesito deriva dal fatto che non mi è chiaro il dato
legislativo.
   L'ultimo interrogativo che pongo dopo aver ascoltato la
pregevole relazione del procuratore Siclari riguarda il
principio della obbligatorietà dell'azione penale, che a suo
giudizio deve essere assicurato. Probabilmente mi si
risponderà che proprio i poteri di impulso o di avocazione in
casi estremi sono quelli che lo garantiscono; le chiedo
tuttavia di sviluppare ulteriormente questo aspetto.
  ERMINIO ENZO BOSO. Ringrazio il direttore per la sua
presenza; qui si sentono fare allusioni ... (Commenti).
Non ama chiamarsi direttore? Hanno detto che è un direttore
poiché dirige la DNA. Procuratore generale? Va bene; comunque
penso di non aver toccato la sua sensibilità.
   Quello che più mi fa specie è che ad un certo momento uno
viene e va dicendo che questo Buscetta potrebbe essere uno dei
servizi segreti e, però, un pentito si è rimangiato la parola
su un ministro. Possiamo dire che questo pentito potrebbe
essere stato pagato per rimangiarsi le proprie parole sul
ministro? Visto che
                        Pag. 1908
facciamo tante allusioni, facciamole fino in fondo dando a
tutte lo stesso peso!
   Di fronte a questa realtà dobbiamo prendere in
considerazione una cosa che è molto più pesante e che con
molta facilità a nessuno o a pochi potrebbe interessare,
quella della figura di un Gelli che si è permesso di far parte
(e tuttora continua poiché ogni giorno esce qualche notizia
relativa ad indagini) di associazioni delinquenziali, mentre
dovrebbe trovarsi agli arresti domiciliari, per non parlare
del fatto che, secondo quanto è stato dichiarato dagli ultimi
certificati medici, dovrebbe essere morto sei anni fa!
   Vorrei perciò sapere, come membro di questa Commissione e
come senatore della Repubblica, chi sia stata quella triade di
giudici che lo ha messo in libertà e gli ha garantito gli
arresti domiciliari. Vorrei sapere quali connivenze mafiose,
massoniche, partitico-politiche ancora quest'uomo si possa
permettere; quanti accertamenti giuridici siano interessati a
questa figura losca, che si permette di intaccare la moralità
dei giudici di Palermo! Se l'onorevole Mastella fa oggi
difficoltà circa l'operatività di questi giudici, mi chiedo
dove fosse nelle due precedenti legislature per garantire un
movimento più proficuo, una maggiore snellezza ed
un'operatività tecnica alla magistratura.
  PRESIDENTE. La invito a rivolgere le sue domande al
procuratore Siclari.
  ERMINIO ENZO BOSO. Certo.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Se fosse colpa mia, sarebbe
risolto il problema.
  ERMINIO ENZO BOSO. Certo, ma vedo che ognuno può fare le
polemiche che vuole e non viene richiamato, mentre Boso sì; mi
sta bene, non mi crea tante difficoltà.
  PRESIDENTE. La invito però a porre le domande, perché il
procuratore Siclari è qui per rispondere alle domande.
  ERMINIO ENZO BOSO. Io pongo domande. Chiedo al
procuratore se intenda fare una relazione sugli ultimi
accertamenti sulla figura di Gelli. Voglio conoscere gli
ultimi accertamenti secondo i quali egli è legato ad
associazioni delinquenziali; voglio conoscere quali siano
stati i magistrati che hanno garantito questo e quali i medici
che hanno dichiarato che doveva morire, mentre vedo quest'uomo
che se ne sta sulle Dolomiti fra Madonna di Campiglio e
Cortina d'Ampezzo, al mare e alle isole. Voglio conoscere i
colpevoli politici di questa libertà. Chi è il garante
partitico-politico di questo movimento massonico che sta
destabilizzando la magistratura e questa realtà?
   Vorrei anche conoscere il responsabile della magistratura
che ha permesso senza preavviso l'arrivo in un paesetto del
Trentino, Terragnolo, di un mafioso che l'amministrazione
comunale non voleva. Se veramente volete essere responsabili
del non inserimento della mafia al nord o in quelle zone
ancora non colpite da questo fenomeno delinquenziale, almeno
prevenite di mandare mafiosi dove non c'è questa delinquenza.
Le chiederò di prendere provvedimenti e di darmi spiegazioni
circa queste omissioni che continuano ogni giorno a far
parlare i giornali e a provocare risentimento nella comunità
onesta.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                     LUCIANO VIOLANTE
  SAVERIO D'AMELIO. Ringrazio il procuratore nazionale
Siclari per la sua relazione; traggo la convinzione che, come
spesso capita in questo nostro paese, a fronte di obiettivi
importanti che si volevano raggiungere sono stati dati
strumenti operativi molto limitati, sicché si può affermare
che abbiamo creato una sovrastruttura (e uso l'espressione
scusandomi e sperando che non suoni offesa, certamente non per
i componenti della Commissione e nemmeno per i componenti
della Direzione nazionale antimafia)
                        Pag. 1909
la quale, come un anello improprio, si inserisce in un
ingranaggio che non tira più bene. Traggo di qui la
conclusione che sia necessario invece andare oltre, cioè
apportare alla legge istitutiva modifiche introducendo
accorgimenti tali da dotare la Direzionale nazionale antimafia
di strumenti operativi più efficaci ed efficienti, visto che
siamo tutti convinti, ed io per primo, della sua importanza.
Ciò al fine di evitare che attraverso lo scoordinamento si
determinino fatti negativi laddove le migliori intenzioni
vorrebbero che noi puntassimo ad ottenere fatti e risultati
positivi.
   Se la mia impressione fosse errata, la prego di
correggermi; se invece fosse esatta, resta alla Commissione
antimafia (mi affido anche alla presidenza) uno stimolo presso
il Governo perché la legge sia rivista e possibilmente
potenziata sia nelle strutture organizzative sia dal punto di
vista del coordinamento (come qualcuno ha qui sottolineato) da
realizzare attraverso l'informatizzazione, anche se non si
tratta solo di questo. Nel corso di un'amichevole
conversazione con il sostituto procuratore che mi siede
accanto, ho capito che voi non avete proceduto alle audizioni
dei cosiddetti pentiti o collaboratori di giustizia ...
  PRESIDENTE. I colloqui.
  SAVERIO D'AMELIO. ... i colloqui, se non utilizzando
forme previste dalla legge. Penso però che occorrerebbe fare
qualcosa anche in proposito. Ho affrontato questo argomento
per dire, in linea con quanto già dichiarato dal collega
Mastella, che anch'io in qualità di senatore mi sono reso
interprete presso il presidente Violante affinché la
Commissione ascolti Buscetta e Mannoia possibilmente in
Italia. Le motivazioni sono facilmente intuibili e ve le
risparmio; però alla base di questa mia richiesta vi è la
netta sensazione che da più parti vi sia stata una certa
utilizzazione (per non dire strumentalizzazione) di tali
audizioni. Mi sembrerebbe strano che proprio la Commissione
antimafia non acquisisse gli elementi necessari attraverso
un'audizione diretta da svolgere in Italia.
   Infine, mi sono permesso ieri di prendere posizione sulla
stampa inviando una lettera al presidente della Commissione,
onorevole Violante, pregandolo di fare una verifica perché
alla mia memoria risulta che sulla misura cautelare del
soggiorno obbligato già la Commissione antimafia presieduta
dall'onorevole Alinovi, di cui ero vicepresidente, propose al
Governo di eliminare i soggiorni obbligati o meglio di
praticarli evitando di mandare nelle zone non di provenienza,
nel resto dell'Italia, i mafiosi o i 'ndranghisti, avendo
acquisito abbondantemente, poiché è un dato scientifico certo,
che in tal modo si trasportano la mafia e la delinquenza
organizzata in quelle zone (o meglio, purtroppo le abbiamo
trasportate in quelle zone). Se la memoria non m'inganna,
vorrei sapere perché mai, al di là delle ultime affermazioni
ed assicurazioni che anche il ministro Mancino non più tardi
di cinque o sei mesi fa diede in proposito a questa
Commissione, si continui in un certo modo, come dimostrano le
proteste dei colleghi della lega nord e soprattutto delle
popolazioni interessate, che risultano quanto mai valide.
  PRESIDENTE. Colleghi, credo che in tale materia, su cui
c'è un po' di confusione, occorrerà mettere ordine perché si
parla di soggiorno obbligato a proposito di tre istituti
diversi tra loro. Il dottor Siclari e i diversi procuratori
potranno intervenire perché si tratta di tre istituti distinti
che si incrociano tra loro.
   Da parte mia ho da porre poche questioni. Sulla base della
ripartizione di competenze operate all'interno della procura
nazionale, alla Commissione interessa avere un quadro dello
stato della mafia e dello stato della risposta area per area.
Non so se sia possibile farlo ora o se oggi si possa partire
dalle tre o quattro aree più significative.
   Passo alla seconda questione. Nell'ambito delle competenze
della procura nazionale antimafia, il compito di indirizzo
                        Pag. 1910
e di impulso credo che esiga un'individuazione di indirizzi
strategici, nel senso che la lotta alla mafia si può fare in
tanti modi: cercando i latitanti, celebrando rapidamente i
processi in corso, attaccando la struttura militare,
attaccando le ricchezze e così via. Certo, quando vi sono le
notitiae criminis bisogna fare tutto ma c'è da
considerare un problema di indirizzo strategico. Il punto è il
seguente: essendo da poco in funzione, forse la procura
nazionale non dispone ancora dei dati sufficienti per
elaborare un indirizzo strategico, tuttavia essa si pone (come
mi è parso richiedesse la collega Fumagalli) un problema di
priorità?
   Parlo a titolo personale per manifestare la preoccupazione
che si stia abbandonando il profilo militare della struttura
mafiosa. La struttura operativa che uccide, che traffica, che
estorce è sotto osservazione? Vengono effettuate, sono in
corso o sono prevedibili operazioni sufficientemente pesanti
nei confronti di questa struttura? Si tratta di un punto
essenziale perché altrimenti tutto il resto dei rapporti di
connessione si riproduce se quella struttura resta intatta.
Non è quindi sufficiente un intervento sui rapporti collettivi
ma bisogna andare un po' più nel cuore della questione.
   In questo quadro si pone il problema delle ricchezze,
ossia di una strategia di attacco alle ricchezze, anche per
verificare sul terreno quale operatività stia avendo (se la
sta avendo) la nuova norma che comporta praticamente
l'inversione dell'onere della prova in ordine alla detenzione
dei beni. Dobbiamo infatti comprendere anche questi aspetti.
Poiché non so che cosa sarà possibile fare oggi, perché
probabilmente qualcuno di loro deve anche riflettere su queste
cose, si potrebbe decidere lo svolgimento di incontri
successivi da dedicare a singole aree.
   In particolare, la Commissione antimafia sta conducendo
un'analisi sulle aree non tradizionali di penetrazione
mafiosa: la Commissione ha già svolto un sopralluogo in
Toscana e tra breve si recherà in alcune aree del Piemonte e
della Valle d'Aosta. Si pone poi il problema della Lombardia,
del Veneto e così via.
   In questo ambito, così come abbiamo chiesto alle
prefetture di darci un quadro, avremmo bisogno di un quadro
anche da parte della procura nazionale antimafia, che credo
sia l'autorità nazionale maggiormente in grado di offrirci
elementi di conoscenza e di indirizzo sullo stato della
questione, sul tipo di criminalità che si è spostata, sulle
aree nelle quali si è spostata, sul tipo di affari
privilegiati e così via. Si tratta di elementi che ci
consentono di lavorare meglio.
   Il problema è allora quello di creare un'integrazione e -
come mi pare dicesse l'onorevole Fumagalli - una sorta di
rapporto di interfaccia tra il vostro lavoro e le nostre
funzioni.
   Chiedo al dottor Siclari se preferisca prendere subito la
parola oppure se prima debbano intervenire i sostituti
procuratori.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Preferirei rispondere subito, poiché ad alcune domande devo
rispondere io stesso, mentre per altre lascerò la parola ai
colleghi.
   Forse devo scusarmi per non aver iniziato il mio discorso
riaffermando la mia solidarietà ai magistrati palermitani. Ho
già affermato questa solidarietà in un'intervista che ho
rilasciato immediatamente dopo l'inizio della vicenda per la
quale i colleghi hanno subìto gli attacchi. Non vi è bisogno
che dica che i magistrati palermitani hanno tutto il mio
appoggio, così come...
  GIROLAMO TRIPODI. Non solo palermitani! Anche quelli di
Reggio Calabria, di Napoli...
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Se
lei permette, concluderei il mio discorso. Stavo dicendo che
il mio appoggio va anche a tutti gli altri magistrati delle
zone in cui i giudici sono maggiormente impegnati nella lotta
contro la criminalità organizzata.
                        Pag. 1911
   Quello che ho riassunto è un programma che ci siamo dati,
come ho detto, noi magistrati della procura nazionale, stando
molto attenti al fatto che intendevamo essere dei pubblici
ministeri coscienti del fatto che non compete a noi
l'esercizio dell'azione penale se non nel caso di avocazione,
oltre che della necessità di rispettare il principio
dell'indipendenza del pubblico ministero non interferendo nel
lavoro di quest'ultimo. Credo che le linee complessive che ho
esposto rispondano esattamente a questi principi.
   Ritengo che le modifiche legislative da apportare (questo
è il pensiero non soltanto mio ma di tutti i colleghi) siano
esclusivamente quelle contenute nel mio appunto; tra esse,
quella che ha una maggiore importanza è riferita alla norma
transitoria dell'articolo 15. La spiegazione del motivo per
cui desideriamo avere le stesse possibilità che abbiamo nei
confronti dei procedimenti che si sono aperti dopo il 22
novembre 1991 sta nel fatto che ci sembra molto illogico non
poter eventualmente coordinare procedimenti, concernenti gli
stessi reati, precedenti a quella data con quelli successivi
alla data stessa.
   Le altre modifiche trovano la loro ragion d'essere in
deficienze della legge: quando abbiamo chiesto la possibilità
di svolgere indagini patrimoniali, ciò è avvenuto perché, pur
avendo detto che il procuratore nazionale può chiedere le
misure di prevenzione, nella legge non si è raccordata tale
norma con quella precedente, per cui il procuratore nazionale
non ha il potere di svolgere queste indagini mentre il
procuratore della Repubblica ha tale potere.
   Abbiamo chiesto inoltre di avere una norma scritta che ci
dia la possibilità sicura, certa e incontrovertibile di
accedere agli atti e di acquisire notizie. Fino ad ora, per la
verità, non si sono posti grandi problemi; vi è stata qualche
riluttanza, vinta immediatamente quando si è detto: "Dovete
darci gli atti perché dobbiamo pur adempiere i doveri che la
legge ci impone". La questione comunque è stata superata con
facilità. Se avanziamo tale richiesta è perché ci pare che una
norma varrebbe a superare qualsiasi futura difficoltà; lo
stesso discorso vale anche per quanto riguarda i rapporti tra
noi e gli altri uffici; questi ultimi, e soprattutto quelli
più impegnati nella lotta contro la criminalità, ci hanno
accolto con grande cordialità e si rendono conto che svolgiamo
un'azione utile per loro.
   Ci siamo posti soprattutto come istituzione di servizio,
ben sapendo che avevamo non il compito di indagare ma il
dovere di acquisire dati, informazioni, di svolgere
investigazioni soltanto preliminari per mettere a fuoco un
determinato oggetto e quindi trasferirlo alle procure
distrettuali.
   Circa gli istituti dell'applicazione e dell'avocazione,
per quanto riguarda in particolare quello dell'applicazione,
io stesso ho richiamato l'attenzione sul fatto che siamo
perfettamente coscienti dei pericoli connessi a tale istituto;
ho ricordato anzi che qualcuno lo chiama istituto della
sostituzione, perché attraverso l'applicazione si potrebbe
arrivare, appunto, alla sostituzione, applicando un sostituto
della procura nazionale per un determinato processo.
   Abbiamo comunque assunto un atteggiamento di estrema
prudenza e attenzione: ho sostenuto che dell'istituto
dell'avocazione dobbiamo servirci quando non esiste
assolutamente altra strada per vincere le resistenze al
coordinamento (perché tale strumento è previsto in relazione
al coordinamento) o in presenza di un'inerzia grave e
perdurante nel tempo con riferimento alla necessità di
investigare.
   Non credo che a tale proposito si possa dire di più né
specificare meglio questo criterio in questa sede (e credo in
nessun'altra sede). Si tratta di un istituto al quale ci
avviciniamo con estrema prudenza; fino ad ora non abbiamo
dovuto ricorrervi e mi auguro di non doverne fare uso. Semmai
dovessero insorgere problemi del genere, spero di potervi fare
fronte attraverso l'applicazione,
                        Pag. 1912
 ossia superando il problema connesso ad un'eventuale inerzia
applicando un collega.
  MASSIMO BRUTTI. L'applicazione implica un flusso di
informazioni?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Le
applicazioni che ho disposto si riferiscono alle seguenti
sedi, che per la verità non sono sparse per tutta l'Italia:
Napoli (due magistrati applicati), Catanzaro (un magistrato),
Reggio Calabria (un magistrato), Messina (un magistrato),
Caltanissetta (un magistrato), Catania (un magistrato).
Soltanto per ragioni contingenti e fuori dall'ordinario ho
applicato un magistrato a Venezia, mentre le altre sono tutte
sedi difficili e particolarmente impegnate nella lotta contro
la criminalità. A Napoli, in cui vi era un magistrato
applicato, ne ho aggiunto un secondo pochi giorni fa, quando i
magistrati napoletani erano in difficoltà, per far fronte alle
indagini.
  MASSIMO BRUTTI. Ve ne sono anche in Piemonte e a Milano?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
No, non vi sono applicazioni. Di questo parlerò comunque nel
momento in cui mi soffermerò sul modo in cui abbiamo cercato
di organizzare il lavoro.
   Credo che non vi sia stato alcun ritardo nel
funzionamento, perché della procura nazionale si parla da più
di un anno ma essa ha di fatto cominciato a funzionare il 15
gennaio 1993 (i sostituti sono arrivati l'11 gennaio). Abbiamo
quindi svolto tre mesi e mezzo di attività, nel corso dei
quali la procura nazionale non poteva certamente fare grandi
cose.
   Tuttavia, poiché siete tutte persone che conoscete bene la
legge, siete consapevoli che la procura nazionale non condurrà
mai operazioni eclatanti, perché non può farlo in quanto non è
titolare dell'esercizio dell'azione penale. Noi prepariamo le
operazioni altrui, possiamo dare il nostro contributo, ma non
certamente condurre le operazioni.
   Credo che di ritardo comunque non si possa parlare, perché
in tre mesi e mezzo l'organizzazione dell'ufficio e quanto
abbiamo fatto mi sembrano un lavoro sufficiente; ritengo anzi
che abbiamo realizzato più di quello che normalmente si poteva
fare.
   In un primo momento abbiamo dovuto conoscere il
territorio, nel senso che abbiamo inteso aggiornarci sulle
indagini in corso per poter intervenire e abbiamo avviato
quella raccolta di atti che poi dovremo trasfondere nella
banca dati. La conoscenza del territorio è essenziale, perché
se non sappiamo quali indagini si stiano svolgendo in questo
momento sul territorio, non siamo neanche in grado di
assolvere alla funzione di impulso e di coordinamento.
Naturalmente, ciò ha comportato la predisposizione di
relazioni; i colleghi potranno parlarvi, se ve ne sarà il
tempo, delle singole zone e accennare a quanto abbiamo appreso
nelle singole aree, agli spiragli che abbiamo individuato ed
alle possibilità di intervento che abbiamo potuto mettere a
fuoco.
   Per quanto riguarda l'organizzazione all'interno, ho già
accennato che la procura nazionale si è organizzata in senso,
per così dire, territoriale: le 26 procure distrettuali sono
state distribuite tra i vari colleghi; ho anche accennato, in
riferimento ad una domanda specifica del presidente, che,
attraverso sedute che nel futuro diventeranno sempre più
frequenti man mano che il lavoro crescerà, procediamo al
collegamento all'interno della procura; non disponendo ancora
neppure di una rete locale, realizziamo il collegamento a
voce, ossia nell'unico modo in cui possiamo farlo.
   Non abbiamo inoltre alcun operatore ed alcun tecnico;
taluni nostri segretari stanno frequentando un corso e si
preparano ad acquisire la capacità di immagazzinare i dati.
                        Pag. 1913
  PRESIDENTE. Quanti addetti di supporto avete come
personale amministrativo?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
L'organico del personale amministrativo è composto da 156
persone; attualmente ne abbiamo 126 tra cancellieri, segretari
e dattilografi.
  PRESIDENTE. In tutto?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Sì, e l'organico complessivo sarebbe di 156 persone.
  PRESIDENTE. Questo numero comprende anche gli autisti?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Gli autisti sono 40 e sottraendo questo numero a quello
complessivo di 156, il calcolo è facile. In questo momento
comunque disponiamo complessivamente di 126 persone, compresi
gli autisti.
  ERMINIO ENZO BOSO. A che cosa servono 40 autisti se sono
20 le persone che girano?
  PRESIDENTE. Vi sono anche i diritti dei lavoratori, che
dovrebbero rappresentare un tema noto.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Si
pone l'esigenza di sostituire gli autisti nel corso della
giornata, perché nel pomeriggio non possono prestare servizio
gli stessi autisti che l'hanno prestato la mattina.
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Noi siamo strutturati secondo le categorie
previste dal ministero per gli uffici giudiziari. Il nostro è
un ufficio giudiziario assolutamente atipico, perché abbiamo
le funzioni di pubblico ministero, siamo magistrati, svolgiamo
compiti amministrativi e compiti istituzionali diversi da
quelli di un ufficio giudiziario; assolviamo anche a compiti
paragiudiziari e, nel caso di avocazione, perfettamente
giudiziari. Siamo invece strutturati con gli assistenti, i
segretari, i coadiutori e i dattilografi, che non sono
preparati a svolgere questo lavoro.
  PRESIDENTE. Che cosa vi serve?
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Avremmo bisogno di operatori tecnici, i quali
però costituiscono una categoria che neppure esiste...
  PRESIDENTE. Che cosa significa operatore tecnico?
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Mi riferisco agli operatori che lavorano nei
centri di elaborazione dei dati: si tratta di analisti,
programmatori e in generale di coloro che svolgono attività di
immagazzinamento e analisi dei dati. Ci vorrebbero delle
figure professionali adatte al nostro tipo di lavoro; per
esempio, i cosiddetti collaboratori di cancelleria, quelli che
seguono i magistrati, non sono previsti nel nostro organico,
che è stato definito pensando all'assistente giudiziario che
segue il magistrato nella sua attività e al dattilografo che
redige materialmente il verbale o gli atti.
  PRESIDENTE. Ho capito.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Come stavo osservando, non abbiamo quindi gli operatori e i
tecnici. Mi è stato chiesto se sia possibile per noi servirsi
della banca dati della DIA o di qualche altra banca dati dei
corpi di polizia: no, in realtà non è possibile servirsene per
i nostri fini, poiché noi abbiamo bisogno delle informazioni
giudiziarie e processuali dell'ultimo momento. Tali
informazioni, naturalmente, non si trovano nelle banche dati
della polizia.
   Mi è stato poi domandato quali siano i nostri rapporti con
la DIA: si tratta di
                        Pag. 1914
buoni e normali rapporti; non abbiamo nulla da obiettare
sulla DIA, che cerchiamo anzi di favorire nella sua attività,
perché ci sembra che sia un'istituzione che deve essere
favorita nella lotta contro la criminalità organizzata.
   Per quanto riguarda le direttive alla polizia giudiziaria,
devo dire che non ne ho ancora date, anche se mi appresto a
darne di carattere generale, vertenti sull'impiego della
polizia giudiziaria, ed in particolare sull'impiego della DIA
e degli altri servizi dei raggruppamenti dello SCO e del ROS.
Mi appresto a trasmetterle sostanzialmente sotto forma di
suggerimento - perché questa sarà la forma - ai procuratori
distrettuali, perché per l'impiego ai fini investigativi mi
devo per forza rivolgere ai procuratori distrettuali: mi
appresto a darle con tutto il garbo possibile e credo con
molto equilibrio, cercando una strada che non crei contrasti e
trovi tutti concordi, procura nazionale e procuratori
distrettuali.
   Passando ai rapporti con il comitato antimafia del
Consiglio superiore della magistratura, con quest'ultimo
abbiamo già avuto due incontri: un primo nel corso del quale
mi hanno sentito personalmente, perché volevano sapere da me
come intendevo organizzare la procura e volevano rendersi
conto se la procura si era avviata ed aveva cominciato a
lavorare; un secondo incontro con alcune procure, precisamente
con i procuratori generali della Sicilia, con le procure
distrettuali ed anche con alcune procure non distrettuali
della Sicilia. I rapporti sono buoni: abbiamo esposto le
nostre esigenze, soprattutto con riferimento
all'informatizzazione dell'ufficio, al Consiglio superiore
della magistratura, che ci ha promesso il suo appoggio. In
quella occasione abbiamo fatto intervenire anche il ministero
per trovare unanimità di intenti tra lo stesso, il Consiglio
superiore e la procura nazionale: oggi siamo qui a chiedervi
di unirvi anche voi alla nostra richiesta legata ad una
effettiva esigenza, perché l'impulso ed il coordinamento
passano attraverso la banca dati. Ora stiamo procedendo
artigianalmente ma certamente, se avessimo a disposizione una
banca dati seria, troveremmo molti più filoni investigativi di
quelli che ci è dato cogliere adesso attraverso l'esame degli
atti o i colloqui con i vari colleghi dei diversi uffici.
   Per quanto riguarda la domanda relativa all'individuazione
da parte nostra di qualche filone investigativo, posso
rispondere che ne abbiamo trovato qualcuno e dopo averlo messo
a fuoco lo passeremo alle procure distrettuali competenti.
   Per quanto concerne il tema del riciclaggio, che coinvolge
poi quello degli obiettivi che si prefigge la procura
nazionale, devo dire che quest'ultima ha certamente degli
obiettivi, che sono di guardare al lato militare
dell'organizzazione criminale e quindi di cercare di prevedere
le operazioni future e di contrastarle. Non possiamo farlo
direttamente ma lo facciamo attraverso i colleghi delle
procure distrettuali, stando accanto ad essi e cercando di far
capire ai colleghi questa esigenza.
   Per citare un esempio, sto seguendo con i colleghi
un'indagine che riguarda le armi in Italia nell'attuale
momento: mi è sembrato, e non è soltanto una sensazione, che
vi sia un "passeggio", per così dire, di armi in Italia che è
in questo momento eccessivo. Stiamo quindi cercando di mettere
insieme tutte le notizie che riguardano ritrovamenti di armi,
processi di una certa entità concernenti le armi,
dichiarazioni dei pentiti e dei collaboratori di giustizia
sulle armi, per vedere se riusciamo a costruire un quadro tale
che ci consenta di iniziare sulla sua base investigazioni...
  PRESIDENTE. Mi scuso per l'interruzione: per questo
aspetto, signor procuratore, avete chiesto relazioni anche
alla DIA, ai servizi di sicurezza, eccetera? Noi le abbiamo
chieste ed ottenute, per cui se volete possiamo
trasmettervele.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Sì, le abbiamo chieste, ma ora mi riferisco ai dati più
recenti ed aggiornati delle ultime operazioni.
                        Pag. 1915
   Comunque, accanto all'esigenza di combattere la struttura
criminale delle organizzazioni malavitose, non ci nascondiamo
che l'obiettivo principale dovrebbe essere quello di colpire
la ricchezza delle organizzazioni criminali: è quello
l'obiettivo che dobbiamo aggredire con maggiore forza ed
efficacia. In materia di riciclaggio, ho iniziato una serie di
accertamenti e di operazioni che dovrebbero portare, entro i
prossimi giorni, alla costituzione di un gruppo di lavoro che
si occupi espressamente del fenomeno, partendo non già dal
nulla ma con dei dati. Ho preso contatti con il GAFI, il
gruppo di azione finanziaria internazionale, con la Banca
d'Italia, nella persona di un direttore generale, con
l'Ufficio italiano dei cambi, attraverso un collega e ho
chiesto alla Guardia di finanza informazioni su tutte le
indagini che si svolgono in Italia in materia di riciclaggio:
attraverso il quadro che risulterà da tutte queste notizie, il
gruppo di lavoro procederà, con esito a mio avviso più
proficuo rispetto a quello che avrebbe potuto ottenere
partendo senza avere alcun dato.
   Per quanto riguarda i rapporti con le autorità giudiziarie
straniere, mi è stato chiesto perché non possono essere tenuti
dai singoli procuratori. Questi ultimi, nei loro rapporti con
le autorità giudiziarie straniere, non si possono che occupare
del singolo processo; è stata invece affacciata l'esigenza di
rapporti stretti e continui con le autorità giudiziarie
straniere per poter sapere quello che avviene all'estero al di
là del singolo processo, nel complesso dei processi. Oggi, se
un magistrato di Milano si occupa di un'indagine in Romania di
cui si occupa anche un magistrato di Palermo, uno non sa
quello che fa l'altro: se riusciremo ad instaurare un contatto
con le autorità giudiziarie di certi paesi - ho accennato non
a caso alla Romania, dove sembra che si diriga la camorra per
alcuni investimenti - potremo avere una serie di notizie che
oggi non abbiamo. E mi riferisco alle autorità giudiziarie
straniere perché i contatti fra le polizie ci sono già:
vogliamo però contatti a livello di autorità giudiziaria per
avere, accanto alle notizie della polizia, le altre notizie di
cui la polizia non dispone.
   Come ho detto inizialmente, nel nostro giro sul territorio
e nella nostra elaborazione dei dati sul territorio, ci siamo
soprattutto soffermati sui dati giudiziari e processuali,
perché quelli non processuali risultano alla polizia, mentre
nessun corpo di polizia dispone di quelli processuali nella
loro interezza; ha conoscenza dell'attività giudiziaria
soltanto quel corpo che è stato delegato a svolgere
determinate indagini.
   Il soggiorno di Gelli: se mi si chiede della figura di
Gelli con riferimento a dieci anni fa, sono in grado di dire
tutto, perché ho personalmente coordinato le indagini che
riguardavano Gelli e Calvi; se, però, mi si chiede quale sia
l'attuale figura di Gelli, non sono in grado di rispondere,
perché sfugge alla competenza della procura nazionale, che si
occupa soltanto dei delitti collegati all'associazione di
stampo mafioso. In termini volgari, si può anche dire che
Gelli è un mafioso, ma in termini giuridici...
  PRESIDENTE. Si è aperto oggi a Reggio Calabria un
processo in cui Gelli è imputato proprio per associazione a
delinquere di stampo mafioso...
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Allora, da oggi lo diventerà.
  PIETRO GRASSO, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. D'altronde, il collegamento con Palmi non può
funzionare.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Con Palmi non ci possiamo coordinare perché si tratta di fatti
anteriori e l'articolo 15 ci blocca.
  ERMINIO ENZO BOSO. E' emerso l'altro giorno che Gelli è
dentro il riciclaggio di denaro sporco! Come fa a dire dieci
anni fa?
                        Pag. 1916
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Ho
detto che ne posso tracciare la figura con riferimento a dieci
anni fa...
  ERMINIO ENZO BOSO. L'abbiamo riscontrato noi che è
legato alla mafia!
  PRESIDENTE. Senatore Boso, siamo tutti sentimentalmente
con lei. Lasciamo proseguire il procuratore Siclari.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Per quanto riguarda la massoneria, certamente vi sono
implicazioni di una certa parte della massoneria: nessuno di
noi se lo nasconde. In data 15 novembre, quando ancora non
avevo i sostituti ed ero da solo alla procura nazionale, ho
inviato una circolare a tutti i procuratori distrettuali
raccomandando di porre attenzione ai legami che ci potevano
essere fra le indagini che svolgevano e ambienti massonici, o
vicini alla massoneria. Siamo tutti perfettamente coscienti di
questo pericolo ed impegnati, insieme con i magistrati che più
di noi sono in trincea, a cercare di indagare anche in tale
direzione.
   Per quanto riguarda il soggiorno obbligato, come ha
osservato il presidente, vi è un po' di confusione perché vi
sono vari istituti: abbiamo il soggiorno obbligato e il
soggiorno cautelare. L'onorevole Fumagalli mi chiedeva del
soggiorno cautelare...
  OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. Avevo chiesto qual è la
competenza della procura nazionale antimafia per il colloquio
investigativo.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. Il
colloquio investigativo è previsto dall'ordinamento
penitenziario, all'articolo 18-bis: accanto agli
ufficiali di polizia giudiziaria...
  OMBRETTA FUMAGALLI CARULLI. So che è previsto ma volevo
sapere qual è l'aggancio normativo per la vostra competenza.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Stavo per arrivarci: la norma prevede anche che il procuratore
nazionale - a differenza degli ufficiali di polizia
giudiziaria, che hanno bisogno del permesso per entrare in
carcere - possa accedere negli istituti carcerari per colloqui
sempre finalizzati alla funzione di impulso e di coordinamento
e per sentire detenuti o internati.
   Per quanto riguarda le operazioni che prevediamo nel
futuro, devo dire che sono in gestazione varie operazioni, non
piccole ma di respiro: non posso naturalmente riferire tempi
od altri elementi, andando oltre quanto ho detto, in quanto
devo tenermi su linee generali.
   Per quanto riguarda la mia opinione sul soggiorno
obbligato, devo innanzitutto specificare che il soggiorno
obbligato non è soltanto di competenza della procura
nazionale, ma rientra anzi nella normale competenza delle
procure distrettuali. Come procura nazionale, non abbiamo fino
ad ora richiesto soggiorni obbligati, anche perché essi
vengono abbondantemente richiesti dalle procure distrettuali.
Ho invitato queste ultime ad informarmi sui vari soggiorni
obbligati: dalla fine di gennaio ad oggi siamo arrivati ad
oltre quattrocento misure di prevenzione richieste, delle
quali una quarantina di carattere patrimoniale mentre le altre
sono tutti soggiorni obbligati: si tratta, quindi, di circa
350-360 soggiorni obbligati richiesti dalle varie procure.
  VINCENZO MACRI', Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Si tratta di soggiorni obbligati nella sede di
residenza.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. E'
una giusta osservazione, ma stavo finendo. Secondo una legge
recente, il soggiorno obbligato si deve effettuare nel luogo
di residenza: io, come procuratore nazionale antimafia, ed il
questore abbiamo la possibilità di richiedere, dinanzi a
situazioni di particolare pericolosità, che il soggiorno
obbligato venga invece effettuato in un luogo particolarmente
                        Pag. 1917
 sicuro, che deve essere indicato dal questore, non
dall'autorità giudiziaria. A questo proposito, in base alla
legge in vigore abbiamo chiesto che in quindici casi il
soggiorno venisse eseguito in luogo diverso da quello di
residenza. I casi in questione riguardavano, ve lo assicuro,
persone di elevata capacità criminale, quali i fratelli Bono e
Gerlando Alberti o camorristi di livello non minore.
   Invece, per quanto riguarda il soggiorno cautelare, esso è
di competenza del procuratore nazionale, il quale può
chiederlo in presenza di persone che si accingono a commettere
i delitti di cui all'articolo 275 del codice di procedura
penale. Fino a questo momento, abbiamo chiesto tredici
soggiorni cautelari, cioè un numero esiguo, cercando di
individuare, tra coloro per i quali lo dovevamo eseguire,
persone di assai elevata capacità criminale. In merito a tali
soggiorni, i colleghi Macrì e Palmeri possono dirvi i criteri
cui si sono attenuti, ma per quanto mi riguarda posso
assicurarvi che si trattava di persone estremamente
pericolose. Aggiungo che neanche in questo caso siamo noi a
scegliere il luogo di soggiorno, in quanto lo fa l'autorità di
pubblica sicurezza, il Ministero dell'interno tramite i
questori. Quindi, per quanto riguarda la sua osservazione,
senatore, non so cosa sia accaduto, non so se il Ministero
dell'interno o il sindaco lo sapessero, perché si tratta di
cose che a noi sfuggono. Come autorità giudiziaria, noi
emaniamo il provvedimento, poi tutto il resto sfugge alla
nostra competenza e direi anche alla nostra conoscenza.
  ERMINIO ENZO BOSO. Adesso sappiamo dove andare a cercare
il colpevole!
  MARIO BORGHEZIO. Abbiamo chiesto un suo giudizio
sull'istituto in relazione allo sviluppo delle organizzazioni
mafiose al nord e in altre aree ad esse tradizionalmente non
soggette. Mi risulta che anche in Molise vi siano
insediamenti...
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Credo che siano necessari due giudizi separati, uno per il
soggiorno cautelare, l'altro per il soggiorno obbligato.
   Per quanto riguarda il primo, va detto che è previsto in
casi estremi, nei confronti di persona che sta per commettere
un determinato reato: nel disegno della legge si presuppone
che il soggiorno cautelare sia prodromico ad un provvedimento
cautelare. E' anche in questa ottica che ci muoviamo.
   Il soggiorno obbligato, invece, rientra tra le comuni
misure di prevenzione, a proposito delle quali credo di avere
una buona competenza, in quanto me ne sono occupato come
presidente di prima sezione. Il mio giudizio è che se il
soggiorno obbligato fosse effettuato come dovrebbe essere,
cioè se il soggiornante obbligato venisse effettivamente
sorvegliato, non soltanto per la popolazione non si sarebbero
avuti i riflessi negativi che ben conosco, ma si
apprenderebbero invece una serie di notizie preziose per
condurre la lotta contro la criminalità organizzata.
   Per una serie di circostanze che adesso sfuggono alla mia
competenza e a proposito delle quali vorrei dire che non sono
in grado di rispondervi, la sorveglianza non è stata attuata
come avrebbe dovuto. Ciò può essersi verificato perché non si
credeva in questo istituto, perché non c'erano forze
sufficienti per realizzarlo, perché i tempi erano tali che le
forze di polizia erano distratte da compiti più gravosi e
importanti. Ma se i sorveglianti speciali venissero
effettivamente sorvegliati, cioè se anziché limitarsi a
passare una volta al giorno dinanzi alla loro casa si
esercitasse una sorveglianza speciale per vedere chi
frequentano, con chi si incontrano (tutte cose che è legittimo
fare, perché nella carta che viene loro consegnata è scritto
che devono condurre una sana vita lavorativa e che non devono
incontrarsi con delinquenti), credo che i risultati sarebbero
assai diversi.
                        Pag. 1918
   Mi rendo conto delle difficoltà cui vanno incontro le
popolazioni nel cui territorio sono destinati i sorvegliati
speciali, anche perché, abitando in provincia di Treviso, non
sono affatto lontano dal posto cui è stata assegnata quella
donna che ha provocato tutte le lamentele che conosciamo. Non
sono certo estremamente soddisfatto che ciò sia accaduto, ma
trattandosi oggi di pochi casi, che certo non potranno causare
tutti i danni provocati dai numerosissimi casi degli anni
precedenti, mi auguro che i sorvegliati speciali di adesso
vengano effettivamente sorvegliati.
   Ascolterò comunque ciò che l'onorevole Rocchetta ed altri
desiderano dirmi, visto che hanno chiesto di parlarmi.
  PRESIDENTE. A questo punto, potreste vedervi
direttamente a Treviso!
   La ringrazio, signor procuratore.
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Per chiarire meglio la questione del soggiorno,
se il senatore Boso mi ascoltasse...
  ERMINIO ENZO BOSO. Stavo chiedendo come era stato
predisposto nel paese di Terragnolo.
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Le dirò tutto, farò in modo che lei sappia tutto
e che possa avere un quadro della situazione il più chiaro
possibile.
   Come diceva poc'anzi il procuratore nazionale, il
soggiorno cautelare è misura completamente diversa dal
soggiorno obbligato. Il soggiorno cautelare è una misura che
applica il procuratore nazionale, nel senso che la dispone
egli stesso nel momento in cui abbia il sospetto che un
soggetto si accinga a commettere un certo tipo di reato.
Evidentemente, si tratta di una misura gravissima, perché
viene disposta da un pubblico ministero e non da un giudice
pur incidendo nella libertà personale. Di questo ci rendiamo
conto, per cui la legge va applicata con una cautela doverosa,
perché nonostante la libertà individuale sia patrimonio del
giudice, il soggiorno cautelare viene disposto dal pubblico
ministero, anche se nei casi speciali e particolari, quelli in
cui si abbia il sospetto (è sufficiente solo il sospetto) che
un tizio si accinga a commettere taluni reati di una certa
gravità. In questi casi, è possibile intervenire con la misura
in specie, che può avere la durata massima di un anno e che è
stata prevista per l'arco di soli quattro anni, evidentemente
proprio perché lo stesso legislatore si è reso conto che si
tratta di una misura di emergenza per combattere lo strapotere
della criminalità.
   Dunque, di fronte a questa situazione, voglio ribadirle,
senatore Boso, che ci siamo mossi con cautela e che abbiamo
disposto i soggiorni cautelari soltanto in casi di particolare
gravità. Abbiamo inviato taluni soggetti in soggiorno
cautelare e non è accaduto nulla.
   Chiuso qui il discorso del soggiorno cautelare disposto
dal procuratore nazionale, si apre quello...
  MARIO BORGHEZIO. In località scelta dal Ministero
dell'interno...
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. In questo caso, la località non deve essere
indicata dal ministro dell'interno perché la legge sul
soggiorno cautelare è svincolata da quella sul soggiorno
obbligato. Peraltro, la informo che la procura nazionale, per
una opportuna cautela, prima di indicare la sede si è rivolta
al ministro dell'interno, e per esso alle varie questure, per
individuare le zone dove meglio potessero essere recepiti
questi soggetti. Aggiungo che, nella gran parte dei casi, si è
trattato di isole. Credo che il chiarimento sia stato
sufficiente.
   Passiamo adesso al soggiorno obbligato, il quale
prevalentemente è una misura di prevenzione...
  MARIO BORGHEZIO. Lei ha detto che in gran parte si è
trattato di isole. Negli altri casi, i soggetti cui era stato
comminato il soggiorno cautelare dove sono stati inviati?
                        Pag. 1919
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Per quanto mi concerne, alle isole Tremiti, a
Ventotene...
  ERMINIO ENZO BOSO. Non critico voi e dove li avete
mandati, perché se siete sicuri che stiano per commettere
qualcosa io vi sostengo e vi difendo se date loro l'ergastolo!
  PRESIDENTE. Questo è un po' eccessivo, senatore Boso!
  ERMINIO ENZO BOSO. A me interessa sapere in base a quale
criterio un soggetto di così elevata pericolosità sociale sia
stato spedito in un paesetto come Terragnolo, che ha già la
grossa difficoltà del controllo della stessa Arma dei
carabinieri e della pubblica sicurezza. Conosco bene questo
paese...
  PRESIDENTE. Questo lo abbiamo capito, senatore Boso!
  ERMINIO ENZO BOSO. L'intelligenza del ministro
dell'interno nello scegliere un posto del genere! Non vengo a
criticare lei...
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Ma lei può anche farlo...
  ERMINIO ENZO BOSO. No, io vado a cercare quell'altro!
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Deve usarmi solo la compiacenza di farmi
concludere.
   Volevo dirle che il soggiorno obbligato, invece, è una
misura che viene disposta dal giudice, dal tribunale delle
misure di prevenzione. L'articolo 2 della legge del 1965, in
linea di massima prevede il soggiorno obbligato nel comune di
residenza o di dimora abituale della persona interessata, come
misura che si affianca a quella di prevenzione di carattere
personale e con le modifiche intervenute recentemente con il
decreto-legge dell'8 giugno 1992. Peraltro, contrariamente a
quanto sentivo dire poc'anzi, la legge stessa prevede
l'ipotesi in cui vi siano eccezionali esigenze di tutela
sociale o di tutela dell'incolumità della persona interessata.
In questi casi, il questore, il procuratore della Repubblica o
il procuratore nazionale antimafia chiedono di disporre
l'obbligo di soggiorno in una località diversa, specificamente
indicata dal questore, avente idonee caratteristiche
territoriali e di sicurezza. Dunque, se questa è la legge,
vediamo che cosa si è verificato.
   E' accaduto che ad un certo momento, dopo aver fatto il
punto della situazione della camorra a Napoli, abbiamo
verificato...
  ERMINIO ENZO BOSO. Non me la sto mica prendendo con
loro!
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Le interessa sapere quello che sto dicendo? Dopo
avere delineato il quadro della situazione a Napoli, grazie
alle ultime indagini in corso - tanto per intenderci quelle
relative al processo Galasso e che interessano Napoli e
Salerno -, abbiamo constatato che a Napoli e
nell'hinterland napoletano, negli ultimi tempi si è
verificata l'ascesa irresistibile del boss Carmine Alfieri, il
quale, unito ad altri boss quali Licciardi e Mallardo, ha
formato una sorta di cupola di tipo mafioso, tant'è vero che
in rapporti di polizia giudiziaria corredati da precisi
elementi di riscontro si parla di nuova mafia campana.
   Sulla base di questi dati, abbiamo ritenuto che taluni
soggetti, quali Giuliano e Contini - nomi noti a tutti perché
ormai fanno parte di provvedimenti giurisdizionali -, capi
storici della camorra napoletana venuti a far parte di questa
cupola camorristica dominata da Alfieri, non dovessero più
restare nel posto in cui si trovavano.
   Perché non ci dovevano stare? Perché, nel momento in cui
alla disgregazione delle famiglie si è sostituita una
struttura
                        Pag. 1920
unica di carattere verticistico, è facile comprendere che la
pericolosità aumenta, le dimensioni del fenomeno diventano
spaventose e quindi bisogna sradicare questa gente. Tenere
Contini o Giuliano in soggiorno obbligato a Napoli, dove essi
delinquono, significa dare la benedizione dello Stato, perché
a Napoli Contini commette estorsioni, omicidi, traffico di
stupefacenti.
   Pertanto, la procura nazionale ha ritenuto doveroso, in
questi casi, chiedere l'esportazione di questi soggetti da
Napoli, per tenerli in posti diversi. In questi casi ricorrono
indubbiamente esigenze eccezionali di tutela sociale, così
come nel primo caso, quello di D'Alessandro, ricorreva
l'esigenza di tutela dell'incolumità della persona
interessata; sapete bene che D'Alessandro, prima che venisse
ucciso Imparato, era in lotta acerrima con quest'ultimo e vi
era un susseguirsi di omicidi: abbiamo perciò deciso che
D'Alessandro doveva andare via.
   Le località dove sono state portate queste persone sono
state indicate dal questore, come per legge; nella specie, è
stato il questore di Napoli ad indicare per la Mazza il comune
di Terragnolo. Questo comune è stato ritenuto dal questore tra
quelli che rispondevano alle esigenze di legge, cioè che
avessero idonee caratteristiche territoriali e di sicurezza.
Esso, infatti, è lontano da aree metropolitane e da grandi
arterie di comunicazione, ha una popolazione ridotta di
abitanti, è sede di un ufficio di polizia. Dunque, è un comune
nel quale il soggetto è senz'altro isolabile e controllabile.
   Una volta portato il soggetto in un comune, questi ne può
uscire soltanto se ricorrano ancora una volta i presupposti di
legge e cioè "gravi esigenze di ordine e di sicurezza
pubblica". Ci sono oggi le esigenze perché questo soggetto sia
tolto dal comune nel quale è stato mandato?
  PRESIDENTE. Allo stato, no.
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Un'azione di protesta, sia pure generalizzata,
sia pure...
  PRESIDENTE. Sollecitata.
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia....sia pure sollecitata, esercitata - com'è
avvenuto fino ad oggi - in forme lecite, non è idonea
assolutamente a far ipotizzare l'esistenza di gravi esigenze
di ordine e sicurezza pubblica.
   Per tale motivo, abbiamo espresso parere contrario quando
il questore di Napoli, impaurito per questa reazione, ha
chiesto di spostare questo soggetto da un comune ad un altro.
Ci apprestiamo ad esprimere tale parere contrario oggi stesso,
perché sarebbe gravissimo che lo Stato, di fronte ad un'azione
di protesta generalizzata, decidesse di non applicare una
legge ed inventasse esigenze di ordine e sicurezza pubblica,
che sono tutt'altra cosa rispetto alla protesta
comprensibilissima di una popolazione che non gradisce la
presenza di quel soggetto.
  MARIO BORGHEZIO. Avevamo rivolto una domanda di tipo
diverso ed avevamo chiesto una valutazione dei magistrati.
Conosciamo la differenza tra i due istituti ed abbiamo
apprezzato la risposta puntuale dei magistrati, condividendo
le motivazioni addotte ed apprezzando lo sforzo dell'autorità
giudiziaria, volto ad estirpare il fenomeno criminale.
   Al di là del fatto singolo, abbiamo chiesto quale sia la
valutazione dei magistrati - che sono tenuti ad applicare la
legge, lo comprendiamo perfettamente - in ordine alle
conseguenze che l'applicazione dell'istituto può avere sulla
penetrazione della mafia in zone che ne sono immuni; mi
riferisco sia al nord sia al Molise, vista l'esperienza del
vecchio istituto del soggiorno obbligato. Non mi sembra che
attualmente le cose siano molto cambiate e non riesco a capire
come mai un istituto che non ha funzionato, o ha funzionato
soltanto in modo pericoloso e negativo, adesso dovrebbe
produrre benefici effetti.
   Nessuno protesta, invece, quando una persona pericolosa
viene trasferita in un'isoletta pietrosa.
                        Pag. 1921
  VINCENZO MACRI', Sostituto procuratore nazionale
antimafia. Le persone alle quali ho applicato la misura del
soggiorno cautelare facevano parte di due gruppi di fuoco che
si contrapponevano nel comune di Bova, in provincia di Reggio
Calabria. In questa località si era verificata una successione
di omicidi da parte di una cosca contro l'altra e tutto
lasciava prevedere, sulla base di elementi concreti, che lo
scontro dovesse continuare. Per evitare ulteriori spargimenti
di sangue tra i due gruppi familiari, si è deciso di separare
le persone che non erano già in carcere o sottoposte a misure
di prevenzione, allontanandole dalla località, per impedire
che commettessero ulteriori atti di vendetta e rappresaglia.
La pericolosità di queste persone è strettamente legata alla
località di provenienza ed alla contiguità tra i gruppi.
Esiste quindi la ragionevole presunzione che, allontanati tali
soggetti dal luogo di provenienza e dal gruppo contrapposto,
la loro pericolosità debba diminuire.
   Le località prescelte sono state indicate dal dipartimento
di pubblica sicurezza e sono tutte concentrate tra Marche,
Umbria e Molise. In un primo momento erano state indicate
alcune località del Friuli, alle quali sono state preferite
località del Molise. Le proteste dei sindaci - che pure ci
sono state - riguardavano esclusivamente il problema delle
spese di albergo. Ho chiarito che non doveva essere la procura
nazionale a pagare, bensì il Ministero dell'interno. Tra
l'altro, alcune di queste persone avevano "alzato l'ingegno" e
si erano portate con sé la famiglia: moglie, bambini, suoceri,
cugini, cognati; pretendendo che il comune pagasse le spese
per tutti. Ho chiarito che la misura riguardava solo una
persona e non il nucleo familiare, il quale è perciò tornato
in sede. Del resto, i problemi economici sono chiariti per
legge; quindi non ci sono state ulteriori difficoltà.
   La misura da me applicata è stata contenuta nell'arco di
otto mesi e pertanto non dovrebbe creare problemi particolari,
esaurendosi in relazione alla finalità di allontanare i due
gruppi l'uno dall'altro, per evitare spargimenti di sangue.
   Quanto alla valutazione generale che ci è stata chiesta,
vorrei far presente che sono stato per tre anni presidente di
un tribunale per le misure di prevenzione personale e
patrimoniale e che siamo tutti esperti in materia. Il
procuratore nazionale ha scritto il primo manuale sulle misure
di prevenzione, sul quale tutti abbiamo studiato. Ebbene, la
mia esperienza è che non è stato certo il soggiorno cautelare
a provocare l'esportazione del fenomeno mafioso nel territorio
nazionale, soprattutto nelle grandi aree metropolitane del
nord. Forse, ha compromesso qualche zona di provincia, ma il
fenomeno non è stato determinato dalla misura del soggiorno
obbligato. D'altra parte, se si tiene presente che questo
istituto sarà limitato a poche decine di casi all'anno e
riguarderà periodi di tempo brevi (in passato, il soggiorno
obbligato arrivava addirittura a cinque anni mentre oggi
riguarda pochi mesi), ci si renderà conto che si tratta di
misura ben diversa da quella del passato e che dovrebbe avere
conseguenze molto più ridotte.
   Ad integrazione di quanto detto dal collega Palmeri,
desidero precisare che questa misura è disposta dal pubblico
ministero, ma viene poi sottoposta, in sede di riesame, al
controllo del GIP, che può dare una valutazione di merito e di
legittimità. Quindi, esiste in ogni caso il controllo
giurisdizionale.
  GUGLIELMO PALMERI, Sostituto procuratore nazionale
antimafia. L'onorevole Borghezio ha fatto riferimento al
soggiorno obbligato, non a quello cautelare. Il nostro
giudizio è quello espresso dal procuratore nazionale ed è per
questo che non ho ritenuto di ripeterlo: l'autorità
amministrativa deve controllare il soggiornante obbligato, il
quale ha con sé un foglio sul quale è scritto tutto quello che
può fare e quello che non deve fare. Dunque, per la polizia è
facilissimo controllarlo, nonché coglierlo in flagranza se
                        Pag. 1922
sbaglia. Se non deve frequentare pregiudicati, basta che
stazioni sotto la sua casa un'automobile della polizia: quando
riceve la visita di un pregiudicato, lo si arresta. Possono
essere fatte intercettazioni telefoniche, può essere, con vari
mezzi, isolato affinché diventi innocuo. Questa azione deve
essere voluta e ci deve essere la possibilità di svolgerla: in
questi casi, non accade nulla. Se così non avviene, ha ragione
l'onorevole Borghezio.
  PRESIDENTE. Mi sembra che la questione si ponga in
termini diversi a seconda delle aree in cui è inserito il
soggetto. Quando si tratti di grandi aree, com'è accaduto in
passato, la controllabilità di fatto non esiste; non direi,
inoltre, che si possa parlare di esportazione del fenomeno.
Diverso il caso delle piccole aree: come dimostra l'esperienza
del passato queste sono molto utilizzabili. Vedremo come
prospettare la questione al ministro dell'interno, al fine di
risolverla.
   La Commissione avrebbe voluto un quadro della situazione,
dal punto di vista dell'andamento del fenomeno criminale e
della risposta al medesimo. Stando ai documenti pervenuti,
sembrerebbe emergere un attenuarsi, in questa fase, della
pressione sulla struttura cosiddetta militare della mafia. E'
fondata tale impressione?
   Il problema non è di secondaria importanza, perché il
riferimento è ad una strategia di aggressione ai nodi
strutturali del potere mafioso. Potete dare subito un
chiarimento, ovvero riservarvi un momento di riflessione,
rinviando ad altro momento la risposta.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Rispondo subito, salvo essere in seguito più preciso,
esprimendo il parere che questa pressione non si è allentata.
Essa esiste certamente nelle zone dove la struttura militare è
più forte. Ribadisco di continuo - e credo non a torto - che
per combattere la mafia è sempre necessaria una forte tensione
morale; guai se le forze di polizia e la magistratura
perdessero la tensione morale che ha sempre sorretto la lotta
contro la mafia.
   Valutando le operazioni in programma e la portata e
l'oggetto delle medesime, devo dire che la pressione esiste.
  PRESIDENTE. Questo è il programma per il futuro.
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia. E'
un futuro, in alcuni casi, vicino. Non mi pare che la
pressione si sia attenuata, se devo dare un giudizio generale.
Forse è poco presente in alcune zone - ma non sulla struttura
militare - per quello che riguarda il problema della mafia.
Attraverso l'esame del territorio, abbiamo scoperto che
esistono zone già raggiunte dalla mafia che sono sconosciute
agli organi di polizia, i quali ritengono che nelle medesime
non vi sia alcun problema di criminalità organizzata di tipo
mafioso, mentre il problema esiste. Questo discorso non
riguarda la struttura militare.
  ALBERTO GAETANO MARITATI, Sostituto procuratore
nazionale antimafia. Credo che a questo punto vi sia la
necessità di essere molto concisi. Mi limiterò pertanto a
rispondere, alla domanda specifica, sulla situazione barese.
Ritengo - d'accordo con il procuratore nazionale - che una
risposta adeguata alle manifestazioni di tipo militare della
mafia vi sia tuttora. Quello che a me sembra - ed è a mio
giudizio l'aspetto più pericoloso - è che non vi sia
complessivamente nel paese una adeguata preparazione rispetto
a ciò che potrà accadere. La risposta decisa e proporzionata
all'aggressione militare c'è stata, così come è ben noto a
tutti. Ora in varie zone del paese si sta preparando - parlo
in particolare della Puglia - una nuova manifestazione, che
presumibilmente potrà essere anche di tipo militare. Manca il
momento conoscitivo, approfondito e diffuso, sul territorio.
Questo è uno dei nostri compiti col quale ci stiamo misurando,
nel tentativo di superare le difficoltà
                        Pag. 1923
 iniziali che, per quanto riguarda la Puglia, indubbiamente
esistono.
  PRESIDENTE. Dottor Maritati, vi sono particolari
problemi a Bari?
  ALBERTO GAETANO MARITATI, Sostituto procuratore
nazionale antimafia. E' difficile rispondere in due parole
a questa domanda, presidente. I problemi esistono: credo che
saranno superati in breve tempo perché la procura è impegnata
in questa direzione. Le difficoltà vengono forse da una sorta
di ritardo nella conoscenza dei due istituti. Contrariamente a
ciò che è accaduto nelle altre parti del paese (laddove - come
ha riferito il procuratore - è stata manifestata una grande
disponibilità), ho rilevato una certa diffidenza: in Puglia la
disponibilità iniziale, dove e quando si è manifestata, è
stata di tipo formale. Penso che queste difficoltà derivino
dal trovarsi di fronte ad un istituto nuovo: vi è quindi la
necessità di comprendersi e di operare. Credo comunque che le
difficoltà iniziali saranno superate al più presto.
   Per quanto attiene alla domanda specifica posta
dall'onorevole Tripodi, debbo dire con molta franchezza che è
vero che il processo relativo all'incendio del teatro
Petruzzelli è stato archiviato. Si tratta di un processo
iscritto a ruolo prima dell'entrata in vigore del decreto del
1991 e che, pertanto, non è di competenza della nostra
procura. Ciò è inoltre dovuto anche al titolo di reato,
essendo il processo iscritto a carico di ignoti per incendio
doloso e di noti per incendio colposo. Ciò nonostante, la
procura nazionale ha richiesto (ma non ha ancora ottenuto), ai
sensi dell'articolo 371-bis, lettera c), copia
degli atti, per valutare se vi siano elementi utili da
collegare con altre notizie ed informazioni. Pertanto,
l'attenzione della procura nazionale antimafia nei confronti
di questo fatto, che indubbiamente rappresenta per la Puglia,
non solo per Bari, una spia molto pericolosa, esiste e siamo
in attesa di sviluppare gli accertamenti.
  PRESIDENTE. Poiché a noi capita di recarci in varie aree
del territorio nazionale e poiché le prossime visite della
Commissione riguarderanno la Sicilia (Catania e Palermo) e la
Campania, pensate possa essere utile - mi rivolgo in
particolare al procuratore nazionale - che il magistrato della
procura nazionale che opera in quelle aree accompagni la
Commissione, almeno per alcune audizioni, al fine di fornire
quel tanto di informazioni aggiuntive che potrebbero risultare
utili?
  BRUNO SICLARI, Procuratore nazionale antimafia.
Credo che sia utile, utilissimo.
  PRESIDENTE. Tutto quello che può servire ad
interconnettere (ciascuno ovviamente restando nell'ambito
delle proprie funzioni) competenze, capacità e possibilità di
intervento, per creare una rete il più possibile solida di
relazioni, rapporti, credo possa giovare.
   Il senatore Brutti ha chiesto di parlare sull'ordine dei
lavori.
  MASSIMO BRUTTI. Poiché ho sentito svolgere
considerazioni e fornire informazioni interessanti soprattutto
nell'ultima fase dell'odierna seduta, chiedo un aggiornamento
della stessa, in modo tale da avere un piano compiuto, una
ricognizione distinta per aree territoriali, che possa
risultare utile ai lavori della Commissione. Ciò affinché
ciascuno dei sostituti addetti ad una parte del territorio
possa, insieme agli altri, coordinare un discorso di analisi e
di scenario: naturalmente non si tratta di acquisire i
particolari attinenti al merito delle indagini delle quali
essi vengono a conoscenza, ma di avere uno scenario, un quadro
che si vada ad aggiungere a quello che i rappresentanti delle
procure distrettuali ci hanno detto in occasione del Forum
dello scorso mese di febbraio.
   Tra i molteplici argomenti emersi oggi, ve ne è uno già
affrontato nel corso del Forum, che a mio avviso è assai
rilevante e sul quale, a quanto ho capito, esiste un problema
di tempi. Mi riferisco
                        Pag. 1924
alla questione delle banche dati. Il ministro Conso in
Commissione si è dichiarato disponibilissimo a tale riguardo
ed ha affermato che si tratta di un tema rilevantissimo, un
punto molto importante. Se noi facessimo emergere dalla
riunione odierna questa questione, anche per forzare i tempi e
per individuare quali siano gli ambiti di competenza dei
diversi organi istituzionali, credo sarebbe opportuno. Ripeto:
dall'ampio quadro delle questioni emerse oggi potremmo far
emergere questo tema, cercando di forzare i tempi,
interessando la stampa e chiamando il CSM ed il ministro ad
impegnarsi.
  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito
di aggiornare l'audizione dei magistrati componenti la
Direzione nazionale antimafia nella prospettiva di un' analisi
più approfondita delle questioni del territorio.
(Così rimane stabilito).
  D'intesa con il procuratore nazionale, fisseremo la data
nella quale svolgere una successiva seduta dedicata a questo
tema. Nel frattempo, assumeremo iniziative in tale direzione,
con riguardo alla questione informatica, delle quali vi daremo
tempestiva comunicazione.
   Quanto alla proposta di considerare prioritario sotto il
profilo dell'esito di questo incontro il problema delle banche
dati, va considerato che, senza un sistema di organizzazione
delle conoscenze, il lavoro di coordinamento non funziona
(questo è il punto di fondo!) e rischia di venir meno la
stessa ratio dell'istituto.
   Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di contattare
il ministro della giustizia ed il CSM, perché si muovano
prioritariamente su questo argomento.
(Così rimane stabilito).
  Ringrazio il signor procuratore e i signori magistrati.
(I magistrati componenti la Direzione nazionale
antimafia sono accompagnati fuori
dell'aula).
                           Accettazione delle dimissioni da
       vicepresidente dell'onorevole Carlo D'Amato.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'accettazione
delle dimissioni da vicepresidente dell'onorevole Carlo
d'Amato.
   Il collega D'Amato ha inviato una lettera, che ho fatto
pervenire in copia a tutti i membri della Commissione e della
quale pertanto non do lettura. Vorrei ringraziare il collega
D'Amato per la sensibilità dimostrata, per salvaguardare la
Commissione da manovre speculative, nel presentare le
dimissioni da vicepresidente. Voglio ringraziarlo e dargli
atto del lavoro eccellente da lui svolto. Spero che la
Commissione possa contare sul suo contributo attivo nel
prosieguo dei suoi lavori. Se non vi sono obiezioni, prendiamo
atto delle dimissioni presentate dall'onorevole D'Amato.
  ACHILLE CUTRERA. Prima della presa d'atto delle
dimissioni, vorrei svolgere una brevissima dichiarazione.
   Il collega D'Amato ha presentato le dimissioni da
vicepresidente con lettera del 21 aprile scorso. Quel giorno i
gruppi presenti in Commissione, attraverso i propri
rappresentanti, hanno manifestato opinioni che, da un lato,
hanno rimesso alla valutazione discrezionale e soggettiva
dell'interessato le decisioni e, dall'altro, hanno preso atto
della situazione di difficoltà in cui la Commissione si
sarebbe potuta venire a trovare. I membri del gruppo
socialista non hanno preso la parola: una delle ragioni di
fondo di tale atteggiamento è consistita nel fatto che
ciascuno di noi in quella seduta è stato preso in contropiede,
come si dice in termini calcistici, rispetto al fatto che
taluno di noi, in particolare il sottoscritto, era in attesa
di conoscere il testo della richiesta dell'autorizzazione a
procedere. Consideravo importante ed interessante tale
aspetto, posto che il collega D'Amato aveva chiesto un rinvio:
se non lo avesse chiesto, ciò non si sarebbe verificato.
Essendosi invece ritenuto di anticipare anche le dichiarazioni
del collega D'Amato,
                        Pag. 1925
 devo dire che soltanto ieri sono venuto a conoscenza del
testo della richiesta di autorizzazione a procedere. Mi rendo
conto che il problema di merito non è nostro. Tuttavia, è
forse opportuno che i colleghi conoscano soltanto cinque righe
del testo. Ciò anche perché il collega D'Amato si è dimesso da
vicepresidente ma non da membro della Commissione. Pertanto,
avendo ragione di ritenere che ci si trovi ancora in questa
sede a collaborare insieme (sotto questo profilo, raccogliendo
l'auspicio del presidente, sono certo che D'Amato raccoglierà
positivamente l'invito del presidente ad una collaborazione
concreta e piena), è opportuno che queste cinque righe vengano
lette. Leggendole, sono rimasto impressionato e penso che
ciascuno di noi debba forse cominciare a riflettere sul
pericolo che certi rapporti, che considero istituzionali, non
sempre probabilmente condivisibili o corretti, possano creare
ragioni di preoccupazioni.
   Dalla richiesta di autorizzazione a procedere risulta
testualmente: "Allo stato delle indagini non sono state
quantificate somme di denaro versate specificamente nelle mani
di D'Amato Carlo". In sostanza, non si fa riferimento né al
"quanto" né al "se". Dalla lettura del testo non appare che
alcuno abbia detto che una lira sia stata versata al collega
D'Amato. Eppure, il reato contestato è quello di corruzione!
   "E' fuor di dubbio" - continua la relazione (ma io vi
assicuro che leggendo queste nove paginette il dubbio c'è) -
"che i versamenti effettuati in favore del partito socialista
siano andati in maniera proporzionale ai gruppi politici
prevalenti a Napoli (D'Amato, Demitry e Di Donato)". Il
giudice considera fuori dubbio che vi siano state questa
rappresentanza e questa distribuzione e aggiunge: "Non bisogna
dimenticare che D'Amato è stato assessore ai trasporti e
sindaco di Napoli".
   Credo che queste affermazioni siano molto gravi dal punto
di vista dell'etica istituzionale e perciò mi sono permesso di
raccomandarle all'attenzione dei colleghi, sia per confermare
le parole di stima che molti di noi o tutti noi abbiamo
espresso nei confronti del collega sia per giustificare - lo
dico con parole convinte, D'Amato - quell'atteggiamento di
resistenza che D'Amato ha avuto nei confronti di questo
provvedimento che probabilmente, almeno così come appare, sa
di rifiuto attuale di valutazioni sufficienti rispetto alla
giustizia.
  PRESIDENTE. La ringrazio, senatore Cutrera.
   Prendiamo quindi atto delle dimissioni da vicepresidente
dell'onorevole D'Amato. Ribadisco l'invito al collega D'Amato
a proseguire nella sua utile collaborazione con la
Commissione.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Prendiamo atto anche delle
dichiarazioni del senatore Cutrera!
  PRESIDENTE. Sì, ma non dobbiamo prendere atto delle
dichiarazioni di tutti.
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. Avverto che nella seduta di martedì
prossimo, 4 maggio, si procederà alla votazione per l'elezione
di un vicepresidente.
   Al termine della seduta del 6 aprile scorso ho dimenticato
di chiedere l'autorizzazione al coordinamento formale della
relazione sui rapporti tra Cosa nostra e politica, approvata
in quella stessa seduta. Lo faccio ora, sperando che non vi
siano obiezioni da parte vostra. In particolare, c'è un punto
sul quale vorrei chiedere la vostra autorizzazione. Nella
relazione sono riportati stralci delle richieste di
autorizzazioni a procedere nei confronti di alcuni
parlamentari, i quali hanno inviato brevi dichiarazioni
scritte nelle quali confermano di ritenersi estranei alle
vicende che li vedono coinvolti. Ritengo corretto - essendo
ancora in tempo per apportare questa correzione formale -
specificare in una nota della relazione che, successivamente
all'approvazione
                        Pag. 1926
 della relazione, il parlamentare ha confermato la propria
estraneità ai fatti.
   Chiedo pertanto di essere autorizzato al coordinamento
formale della relazione su mafia e politica approvata nella
seduta del 6 aprile scorso.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  Comunico che per quanto riguarda l'attività del gruppo
di lavoro presieduto dal senatore Smuraglia sugli insediamenti
in aree non tradizionali, l'ufficio di presidenza propone alla
Commissione il seguente indirizzo: che si effettui una visita
in Piemonte, in Val d'Aosta e, se non ricordo male, in
Lombardia e che successivamente si presenti una relazione
unitaria che riguardi sia il lavoro già svolto in Toscana sia
queste altre aree per avere il quadro complessivo della
situazione.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  Bisogna poi decidere la data dell'audizione delle
direzioni distrettuali antimafia di Napoli e di Salerno, per
impostare il lavoro in ordine a strutture e connessioni della
camorra. Propongo che l'audizione si svolga nella seduta di
martedì 4 maggio - data sulla quale è stato acquisito il
consenso della direzione distrettuale di Napoli e credo anche
di quella di Salerno - nel pomeriggio, in modo da condurre a
termine questa parte del programma.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  Do ora comunicazione degli altri indirizzi assunti
dall'ufficio di presidenza, perché su di essi spetta decidere
alla Commissione.
   Ricorderete che quando approvammo la decisione di lavorare
sui rapporti tra Cosa nostra e politica decidemmo anche di
ascoltare alcune persone, stabilendo che lo avremmo fatto
successivamente. Ora l'ufficio di presidenza propone che si
prendano contatti con le autorità giudiziarie - poiché alcune
di queste persone hanno ora rapporti con l'autorità
giudiziaria - per accertare se esistano problemi di
interferenza. Naturalmente, ciò non vincola la nostra
decisione ma si tratta di acquisire elementi di conoscenza per
decidere cosa fare. In ordine alfabetico le persone da
ascoltare sono: Egidio Alagna, Giulio Andreotti, Vito
Ciancimino, Mario D'Acquisto, Aristide Gunnella, Dino Madaudo
e Leoluca Orlando. Inoltre alcuni commissari - credo il
senatore Rapisarda - avevano chiesto l'audizione del giudice
Carnevale, dell'ex alto commissario De Francesco e del dottor
Di Cesare, già direttore del carcere dell'Ucciardone. Ha poi
chiesto di essere ascoltato dalla Commissione il giudice
Sebastiano Campisi, attuale procuratore della Repubblica a
Trieste, chiamato in causa da Calderone.
  GIROLAMO TRIPODI. In ufficio di presidenza ho dichiarato
di non essere convinto dell'opportunità dell'audizione di
tutte queste persone, che chiedono di essere ascoltate.
Confermo questa contrarietà. Ero per una posizione diversa,
perché si facesse una scelta precisa. Non so perché Madaudo
debba venire qui per essere ascoltato, quale sia l'utilità
della sua audizione per la Commissione. Oltretutto, per alcuni
di costoro, ritengo opportuno attendere che il Parlamento si
pronunci sulle richieste di autorizzazione a procedere.
  PRESIDENTE. Ricordo alla Commissione che l'ufficio di
presidenza ritiene che se un parlamentare, che è stato
chiamato in causa, chiede di essere sentito, ciò sia un suo
diritto. E' questa la ragione.
  CARLO SMURAGLIA. Non vorrei che ci fosse una svista. Non
so se l'ufficio di presidenza abbia operato una selezione.
                        Pag. 1927
Nel quadro dell'indagine sugli insediamenti in aree non
tradizionali, avevamo stabilito di effettuare visite in
Piemonte, Val d'Aosta, Veneto e Lombardia, ed eventualmente in
Emilia Romagna. Non vorrei che restasse a verbale che la
visita si limiterà al Piemonte e alla Lombardia.
  PRESIDENTE. No, l'ho dimenticato. Effettivamente erano
previste anche le visite in Veneto ed in Emilia Romagna.
   Per quanto riguarda la relazione sui comuni sciolti, il
senatore Cabras ha presentato la bozza di documento, che vi
farò avere in modo che la possiate esaminare.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Mi rendo conto di essere
ossessivo, ma vorrei...
  VITO RIGGIO. Vuole sentire Buscetta. L'altra volta non
c'era.
  PRESIDENTE. Adesso ci arrivo.
   Propongo che la discussione delle relazioni sulle visite a
Gela - redatta da me, visto che il collega Cafarelli non può
farlo - ed a Barcellona Pozzo di Gotto avvenga nella seduta
del 7 maggio alle 9,30, previa distribuzione delle relazioni
in tempo utile a tutti i commissari.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  GAETANO GRASSO. Per quanto riguarda la relazione, della
quale ho il compito, sulle associazioni antiracket e sullo
stato di attuazione della legge relativa, mi riservo nella
prossima seduta di presentare un programma su alcuni atti da
compiere successivamente.
  PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Grasso.
   Il senatore Cabras deve ancora presentare la relazione
sulla visita in Calabria e così pure il senatore Robol e
l'onorevole D'Amato per quanto riguarda la visita in Puglia.
   Per quanto riguarda la questione dei pentiti, ho chiesto
al ministro dell'interno - come si era deciso in ufficio di
presidenza - una relazione sullo stato delle cose, perché
l'orientamento emerso in ufficio di presidenza era quello di
affrontare tale questione nel suo complesso: come sono
trattati i pentiti; il problema della spesa; la questione di
un corpo di tutela separato da quello di investigazione per
evitare che ci sia il pentito del ROS, quello dello SCO,
quello della DIA, e così via. All'interno di tali questioni,
esamineremo anche il problema sollevato dall'onorevole
Mastella. Personalmente ritengo che se le autorità americane
non hanno consentito l'interrogatorio fuori sede per
l'autorità giudiziaria, non credo che lo consentiranno per la
Commissione parlamentare.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Ieri sera in televisione ho
ascoltato il dottor Manganelli del Ministero dell'interno
affermare che Buscetta è sovrainteso dal Ministero
dell'interno stesso. Siccome oramai la materia è diventata...
Per altro, ho rilevato che quel che è avvenuto al tribunale di
Sciacca e le dichiarazioni rese da un esponente di una parte
politica che non è la mia...
  PRESIDENTE. Che è successo a Sciacca?
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. A Sciacca il pentito Spatola ha
ritrattato le sue dichiarazioni. Sono d'accordo che ogni
parlamentare che lo chiede sia ascoltato - non voglio
utilizzare asimmetrie simmetriche con rifondazione comunista -
però il dato più rilevante, come abbiamo fatto questa mattina
nei confronti del procuratore nazionale antimafia, è che oggi
rispetto all'opinione pubblica credo abbiamo il dovere di far
emergere tutti gli elementi di contraddittorietà, se ci sono,
perché questi aspetti emergono con una certa evidenza.
  PRESIDENTE. Non ho dubbi su questo, solo che non voglio
costituire questa
                        Pag. 1928
Commissione come camera d'appello. Dobbiamo trovare il punto
di equilibrio giusto per accertare quel che si deve accertare,
senza costituirsi in forma di appello perché poi ci sarà un
altro giudice che dirà... Entriamo in un circuito dal quale
non usciamo più! Bisogna trovare il modo di esaminare tale
questione secondo le nostre specifiche competenze - su questo
sono perfettamente d'accordo -, evitando che la Commissione
antimafia possa risultare come una sorta di camera di
compensazione o di altro.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Credo che la Commissione
antimafia lo abbia fatto in altre circostanze, quindi anche in
questa ritengo sia opportuno che lo faccia.
  PRESIDENTE. Non c'è dubbio.
  MASSIMO BRUTTI. Non voglio contraddire l'onorevole
Mastella su una questione alla quale tiene molto. Tuttavia,
non possiamo suscitare nell'opinione pubblica l'attesa che
noi, come Commissione parlamentare antimafia, siamo in grado
di vagliare l'attendibilità dei pentiti, perché non è così!
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Non dobbiamo neppure appoggiare
i pentiti!
  MASSIMO BRUTTI. Certamente. Possiamo anzitutto
accertare, come stiamo già facendo, le condizioni in cui si
trovano, quelle relative alla loro tutela e alla loro
gestione.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Conoscete la mia avversione
politica rispetto alle opinioni del senatore Cossiga - lo dico
ad alta voce, esprimendo opinioni difformi - ma non è
possibile che anche qui in Commissione antimafia ci sia un
collaboratore di giustizia che esprime opinioni con un
linguaggio anche politichese. Questo non è consentito!
Buscetta l'altro giorno ha risposto a Cossiga!
  PRESIDENTE. Non ha risposto a noi, ha risposto a
Cossiga.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Non mi interessa, non devo
difendere Cossiga, ma sul piano del principio...
  ERMINIO ENZO BOSO. Perché questa posizione non l'hai
presa contro Gelli che ha attaccato i giudici perché hanno
detto che Andreotti è mafioso?
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Sei affezionato a Buscetta!
  ERMINIO ENZO BOSO. Sì, perché gli credo!
  MASSIMO BRUTTI. Vorrei dire una cosa tranquillizzante.
Onorevole Mastella, mi appello al senso delle istituzioni e
alla consapevolezza dei nostri limiti: non possiamo dare alla
gente l'impressione che sia la Commissione parlamentare
antimafia a sciogliere il nodo della attendibilità dei
pentiti.
  PRESIDENTE. Il problema è quello della attendibilità
delle dichiarazioni, non dei pentiti, perché l'attendibilità
di una persona neanche Gesù Cristo la stabilisce...
  MASSIMO BRUTTI. L'attendibilità delle dichiarazioni deve
essere vagliata dal magistrato, non possiamo essere noi...
Possiamo affrontare il problema di come sono gestiti, di chi
li tutela, di qual è l'apparato organizzativo attorno a loro e
possiamo anche dare indicazioni in questo senso.
  PRESIDENTE. Sono d'accordo.
   Per quanto riguarda la visita a Palermo e a Catania,
nell'ambito dell'indagine sulla questione degli appalti,
l'ufficio di presidenza propone che essa si svolga in data 18,
19 e 20 maggio.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
                        Pag. 1929
   L'ufficio di presidenza propone che il sopralluogo in
Piemonte e Val d'Aosta, nell'ambito dell'indagine sugli
insediamenti in aree non tradizionali, si svolga in data 10 e
11 maggio. Si tratta di un lunedì e di un martedì, per non
intralciare i lavori della Commissione.
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Si potrebbe evitare il lunedì?
  PRESIDENTE. Se evitassimo il lunedì, la visita dovrebbe
essere spostata a martedì e mercoledì e ciò intralcerebbe con
i lavori parlamentari. Ricordo che queste visite sono
effettuate da delegazioni, quindi i colleghi impossibilitati a
parteciparvi non si devono porre problemi, l'importante è che
sia assicurata una presenza dei gruppi maggiori. In questi
casi non si vota né si decide alcunché.
   Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito di effettuare
la visita in Piemonte e Val d'Aosta in data 10 e 11 maggio.
(Così rimane stabilito).
  Per quanto riguarda il sopralluogo in Campania,
l'ufficio di presidenza propone i giorni dal 25 al 28 maggio.
Durante la visita ci si dividerebbe in sottocommissioni,
perché altrimenti non si riuscirebbe a concludere il lavoro
entro quattro giorni.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  Ricordo che la Commissione agricoltura della Camera sta
svolgendo un'indagine conoscitiva sull'AIMA. Recentemente, ha
ascoltato il direttore generale dell'AIMA, il quale ha fornito
un quadro che, per le questioni di nostra competenza, è
davvero preoccupante. Poiché prima o poi si dirà: ma la
Commissione antimafia cosa sta a fare?, propongo di acquisire
elementi di conoscenza perché poi la Commissione decida se e
come muoversi.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  MARIO CLEMENTE MASTELLA. Sarebbe possibile disporre di
un calendario delle missioni da effettuare?
  PRESIDENTE. Certamente.
     La seduta termina alle 20.

 


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