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Violante: seduta 49
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Pagina 2139
      AUDIZIONE DEL MINISTRO DI GRAZIA E
    GIUSTIZIA, PROFESSOR GIOVANNI CONSO
  PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                  indi
       DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                 indice
Pagina 2140
Audizione del ministro di grazia e giustizia,
professor Giovanni Conso:
Violante Luciano, Presidente                    2141 2144
            2149, 2150, 2151, 2152, 2154, 2155 2156, 2158
            2159, 2160, 2161, 2163, 2164 2165, 2167, 2168
                                   2169, 2170, 2171, 2175
Cabras Paolo,  Presidente                      2169, 2171
Brutti Massimo                      2163, 2169,2170, 2175
Borghezio Mario                                      2162
Conso Giovanni,  Ministro di grazia e giustizia      2141
            2144, 2149, 2150, 2158, 2161, 2165, 2166 2167
                             2168, 2169, 2170, 2171, 2175
Frasca Salvatore                               2158, 2159
                              2160 2161, 2166, 2167, 2171
Galasso Alfredo                          2151, 2152, 2156
                                               2158, 2165
Imposimato Ferdinando                                2152
Matteoli Altero                                      2152
Robol Alberto                                        2171
Tripodi Girolamo                   2153, 2154, 2155, 2156
                                               2169, 2175
Sostituzione di un membro della Commissione:
Violante Luciano, Presidente                         2141
Pagina 2140
Pagina 2141
La seduta comincia alle 16,10.
 (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
                           Sostituzione
             di un membro della Commissione.
 PRESIDENTE.  Comunico che in data 2 luglio 1993
il Presidente del Senato ha chiamato a far parte
della Commissione parlamentare d'inchiesta sul
fenomeno della mafia e
sulle associazioni criminali similari il senatore
Walter
Montini, in sostituzione del senatore Giorgio
Postal, dimissionario. Formulo i miei auguri al
senatore Montini e lo ringrazio della sua
presenza.
                 Audizione del ministro di grazia
        e giustizia, professor Giovanni Conso.
PRESIDENTE.  L'ordine del giorno reca l'audizione
del
ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni
Conso. Ringrazio innanzitutto il ministro, al
quale ho fatto pervenire una lettera nella quale
segnalavo la particolare attenzione che la
Commissione pone sul problema della
celebrazione dei dibattimenti nei processi per
mafia, che sono iniziati e che bisogna pur
celebrare. Vi è poi una serie di questioni che
abbiamo già affrontato sia nell'incontro con le
direzioni distrettuali antimafia sia nella
precedente audizione dello stesso ministro e che
oggi vorremmo veder definire in modo conclusivo,
per poi avviare gli  itinera parlamentari
necessari.
  Do la parola al ministro Conso.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia.
 Ringrazio il presidente ed i commissari. Ho
ricevuto una lettera, molto incisiva, del 25
giugno 1993, seguita da una nota molto articolata
che consta di 22 punti. Poiché questi 22
punti sono molto copiosi, una risposta adeguata a
ciascuno di essi richiederebbe una meditazione ed
un tempo forse esorbitanti. Pertanto, su invito
del presidente, mi atterrei essenzialmente agli
argomenti indicati nella lettera, che sono alcuni
di quelli contenuti nella nota più ampia. Magari,
se resterà del tempo, su alcuni punti diversi da
quelli della lettera ma compresi nella nota potrei
dire qualcosa di specifico successivamente.
  Mi pare che il tema principale - sia nella
lettera, sia nella nota, sia nell'introduzione del
presidente - sia quello del dibattimento nei
processi per criminalità organizzata, più
precisamente l'organo dibattimentale in questi
processi, che rappresentano indubbiamente il cuore
di tutte le analisi, di tutte le discussioni. Mi
pare che questo tema si possa anche intitolare in
altra maniera - magari più aulica ma, comunque,
altrettanto incisiva - più tecnico-giuridica:
l'istituzione dei tribunali distrettuali. Questo è
il punto n. 1 della nota ed anche della lettera a
me indirizzata dal presidente il 25 giugno scorso.
  Questo tema è ormai da tempo all'attenzione di
tutti gli operatori, di tutti gli studiosi e
quindi anche del Ministero. E' un tema su cui era
imperniata anche la relazione del senatore Brutti
(che colgo l'occasione per salutare), che ho avuto
occasione di ascoltare quando ebbi la ventura di
venire per la prima volta, accolto con tanta
attenzione e simpatia, in questa Commissione,
tant'è che nell'audizione che si svolse subito
dopo
Pagina 2142
dinanzi a questa onorevole Commissione mi
soffermai su questo punto data la sua centralità.
Dissi allora che, come la relazione Brutti era
favorevole all'idea dell'istituzione di questi
tribunali distrettuali, così anche io
personalmente ritenevo di aderire a
quell'indicazione.
          Ho avuto poi modo, sempre in sede ufficiale, di
                             ritornare
su questo argomento nell'esporre le linee
programmatiche dell'attuale Governo alla
Commissione giustizia del Senato: in
quell'occasione, diedi egualmente una versione
favorevole a tale istituzione. Però, in quel
momento espressi qualche perplessità, non sulla
sostanza ma su talune precisazioni soprattutto di
carattere cronologico-temporale, di diritto
transitorio, si potrebbe dire più puntualmente.
            Ritengo vieppiù oggi di dover ribadire che
                           l'istituzione
del tribunale distrettuale risponde effettivamente
- riprendo un passaggio di allora - ad esigenze di
coordinamento (quel coordinamento che è un po'
alla base delle ultime norme sui rapporti tra i
vari uffici del pubblico ministero e in
particolare a questo livello più alto), di
specializzazione professionale dei magistrati
addetti e direi anche - non vorrei dire
soprattutto ma sicuramente molto - di
concentrazione di mezzi e di supporti tecnici.
Ebbene, queste esigenze di coordinamento, di
specializzazione professionale, di concentrazione
di mezzi e supporti tecnici - insisto su questo
punto - si pongono certamente anzitutto per gli
uffici del pubblico ministero ma in fondo, a ben
guardare, anche nei momenti successivi, nel
momento che porta poi alla formazione ed alla
valutazione della prova in sede dibattimentale.
Siccome l'idea guida del nuovo processo è proprio
quella della centralità del dibattimento, ecco che
dopo l'istituzione della procura distrettuale
diventa in un certo senso logicamente necessaria,
consequenziale, una disciplina della competenza
per materia e per territorio in relazione a questi
delitti che sia, a livello di giudizio,
conseguente e conferente nella stessa linea. E'
anche, in fondo, un'esigenza di razionalizzazione:
del resto, per il GIP si provvide immediatamente
nel senso di uno spostamento a livello
distrettuale. Ebbene, mi pare che la logica porti
a dire che
questa decisione si imponga altrettanto
congruamente per quanto concerne, appunto, il
giudizio, il giudice del dibattimento, il
tribunale: appunto, il tribunale distrettuale.
  Questa disciplina - che sarebbe poi in deroga
alle norme generali sulla competenza ma quasi
consequenziale a quella già attuata per il
pubblico ministero e per il GIP - potrà dare ai
dibattimenti sui processi per reati di mafia una
maggior consequenzialità, una maggior organicità,
evitando che i magistrati addetti alle procure
distrettuali debbano recarsi in trasferta a
sostenere l'accusa presso i vari tribunali del
distretto, con perdita di tempo e costi
aggiuntivi. Questo è un argomento che
indubbiamente si è aggiunto nel dibattito che si è
allargato anche a livello di opinione pubblica,
con interviste riportate con giusto risalto da
molti quotidiani. Può sembrare un argomento
marginale ma a mio avviso marginale assolutamente
non è, perché tutto ciò che comporta riduzione di
costi e guadagno di tempo, in un momento sempre
più arduo dal punto di vista dell'impegno e dei
costi, è molto importante.
        Ma qui non si tratta solo di risolvere il problema
                              dovuto
alla necessità di impiegare più tempo per
spostarsi sul territorio ed alle conseguenti
maggiori spese. Mi pare che venga alla ribalta in
modo forte anche il problema della tutela, della
sicurezza, che in una tipologia di processi come
quelli per reati di mafia assume una tonalità,
un'importanza primaria. Non vi è dubbio che
doversi spostare dalla sede del tribunale
distrettuale al tribunale ordinario non comporta
solo tempi e costi aggiuntivi di trasporto ma crea
anche nuovi problemi, nuovi aspetti, nuove
esigenze di tutela, non solo per il magistrato che
si deve spostare e per chi lo accompagna, ma anche
per quanto riguarda la sede di svolgimento del
dibattimento. Oggi si parla molto di aula-bunker
(non solo nel caso di Palermo,
Pagina 2143
di Caltanissetta e di altre situazioni
particolari): è
chiaro che un'esigenza di questo genere, con il
profilarsi di numerosi dibattimenti, potrebbe
portare alla necessità di curare questo aspetto
sempre più intensamente a tutto campo magari per
ogni tribunale anche non distrettuale dove questi
dibattimenti dovrebbero aver luogo. Non
consentendo il loro svolgimento in quelle sedi -
non diciamo periferiche, perché sarebbero quelle
fissate in partenza dal codice, ma staccate dal
distretto - emergerebbe l'esigenza di costruzione
di aule-bunker, quindi altri costi, non solo
quelli del trasporto, ma quelli ben maggiori che
comporta tutta l'organizzazione di dibattimenti di
questo genere, soprattutto nel caso in cui gli
imputati fossero molto numerosi: si creerebbero
difficoltà notevolissime, forse non facilmente
risolvibili in tempi brevi.
        Mi pare che questa istituzione, questo spostamento
                               anche
dell'ufficio giudicante, possa anche consentire di
decongestionare gli uffici non distrettuali.
Sapete bene che questi ultimi dispongono di pochi
giudici e che; si fa fatica a mantenere organici
adeguati. Già è difficile avere organici adeguati
nelle grandi sedi, dove però vengono compiuti i
massimi sforzi, anche sacrificando le altre sedi.
Allora, questi non molti giudici sono costretti ad
operare su tutti i piani, non solo in quello
penale ma anche nei processi civili, nella sezione
agraria, nelle misure di prevenzione, nell'ufficio
del GIP. Quindi, anche da questo lato, mi pare che
si introduca un elemento di razionalizzazione.
  La soluzione dei tribunali distrettuali - della
quale sono sempre più convinto - mi pare che
risponda, anche da un punto di vista pratico,
all'esigenza di evitare che i magistrati delle
procure distrettuali siano costretti, per seguire
i
dibattimenti presso i tribunali ordinari, ad
abbandonare le indagini che hanno in corso presso
i propri uffici di procura. Se vogliamo, questo è
un aspetto che si può collegare a quello della
razionalizzazione, alla necessità di evitare
perdite di tempo, perché evitare di perdere tempo
significa anche guadagnare tempo, sfruttarlo
meglio. Certo, quando si rimane nella sede del
proprio ufficio, spostandosi dalla procura alla
sede dibattimentale, è possibile svolgere
un'attività doppia, che altrimenti in sedi
distanti diventerebbe problematica e certe volte
addirittura impossibile.
  Qualcuno obietta che a tali esigenze si potrebbe
far fronte anche in altri modi, per esempio
delegando allo svolgimento dell'udienza un
magistrato della procura ordinaria oppure
ricorrendo, nel corso dell'indagine,
all'applicazione di un magistrato dell'ufficio
ordinario, il quale si troverebbe così nella
condizione di presentarsi preparato al
dibattimento, avendo seguito ed accompagnato
l'indagine. E' chiaro tuttavia che tale
prospettiva comporterebbe, durante tutto il
periodo delle indagini, un impiego - per così dire
faticoso (e lontano dalla propria sede) del
magistrato che si prepara ad essere pubblico
ministero nell'udienza che si svolgerà dinanzi al
suo tribunale. Si tratterebbe di un meccanismo
molto macchinoso e costoso, che tra l'altro
determinerebbe problemi di vigilanza oltre che di
tutela con riferimento ai tragitti quotidiani da
percorrere nell'ambito dello svolgimento di
indagini che potrebbero durare anche mesi o
addirittura anni, con ciò creando difficoltà
certamente più rilevanti rispetto a quelle
normalmente collegate al dibattimento (che, per
quanto lungo, ha comunque una sua concentrazione
temporale).
  Il ministero sta provvedendo - mi auguro lo
faccia anche la Commissione - ad un monitoraggio,
anche se probabilmente abbiamo cominciato ad
effettuarlo con un leggero ritardo, tanto che non
siamo in grado di fornire oggi stesso i risultati
definitivi di questa ricognizione, che comunque
terrà conto almeno dei procedimenti di criminalità
organizzata quasi giunti alla loro definizione.
L'auspicio è che il problema del dibattimento
venga affrontato in tempi brevi sulla base di un
utile quadro di conoscenze e di verifiche: certo,
non credo che ciò sia indispensabile, ma
indubbiamente ci fornirebbe un dato prezioso anche
ai fini
Pagina 2144
della valutazione delle innovazioni che si
intendono introdurre. E' chiaro che se
l'innovazione auspicata incontra una larga
adesione (tanto che il Parlamento potrebbe
accoglierla con convinzione), quanto prima si
procedesse a realizzare la stessa, tanto meglio
sarebbe. Fino ad oggi la meditazione è stata già
abbastanza ampia ed il dibattito reiterato ha
permesso di focalizzare, via via, i pro ed i
contro. Ripeto: mi sembra che i  pro  siano
numerosi e vincenti. Giunti a questo punto, credo
sia bene accelerare la realizzazione del progetto,
anche perché i processi proseguono e si avvicina
la fase dei giudizi.
  In tale contesto sorge un problema di diritto
transitorio che mi induce a nutrire qualche
perplessità a considerare l'esigenza di uno
scambio di idee nonché la necessità di procedere a
qualche verifica ulteriore. Probabilmente si
tratta di aspetti che verrebbero in discussione in
un momento successivo, giacché prima si effettua
la scelta di campo e successivamente si stabilisce
in che modo puntualizzarla in modo migliore.
Tuttavia, anche tali aspetti hanno il loro peso.
Qual è, dunque, il momento determinante? Nelle
ipotesi in cui vi sia già stato il rinvio a
giudizio, l'ipotesi di modifica sarebbe
discutibile per ragioni sia pratiche sia di ordine
più generale. Al contrario, sarebbe opportuno
attuarla per tutti quei procedimenti che non dico
debbano ancora essere
avviati, ma che siano giunti alla fase
dell'udienza preliminare; rispetto a questi
ultimi, infatti, non sono state ancora assunte
decisioni né, tanto meno, è stato emanato un
decreto con riferimento all'individuazione
dell'udienza e del giudice del dibattimento. In
questo caso, come è evidente, non si tratterebbe
di modificare alcunché, anche perché modificare un
qualcosa che è già stato individuato in base a
norme ordinarie, o a disposizioni che si basano in
definitiva sul principio del giudice precostituito
per legge, rappresenterebbe una deroga che, anche
se introdotta in via generale, impatterebbe sul
caso di specie provocando uno sviamento. Ciò se
non altro sotto il profilo organizzativo e
lasciando sullo sfondo - nonostante non
bisognerebbe farlo il problema di
costituzionalità; ritengo che certamente vi
sarebbero remore a tale riguardo. Le sentenze
della Corte costituzionale emanate in materia - in
particolare, la sentenza n. 72 del 1976 - ci
consentono di ritenere che, quando l'innovazione
legislativa è generale, essa possa valere purché
non interferisca su situazioni già determinate.
Anche da questo punto di vista, penso che si
potrebbe con una certa tranquillità - almeno così
credo, ma potrei anche sbagliare adottare questa
soluzione per tutti i dibattimenti non ancora
fissati dal GIP. In tale prospettiva, quello
attuale potrebbe essere il momento determinante.
  Ritengo che, tutto sommato, i vantaggi che
deriverebbero dall'innovazione sarebbero tali da
indurre ad accelerare i tempi - se la convinzione
è davvero forte -, in maniera tale che, una volta
effettuata la scelta, la si possa rendere operante
il più rapidamente possibile. Va infatti
considerato che nel frattempo i procedimenti
continuano ad affluire, per cui avere una
strategia può essere importante anche sotto il
profilo del faticoso adattamento degli organici
dei vari uffici del dibattimento. Tutto questo in
un momento nel quale, dopo aver puntato
all'obiettivo - debbo dire difficile - di
conciliare le esigenze che si stanno presentando
con le ristrettezze di organico a livello di
pubblico ministero o di GIP, adesso comincia ad
emergere un'analoga esigenza a livello di giudizio
di primo grado. Semmai, potremmo dire no...
PRESIDENTE.  Sì, ma che almeno si sappia!
        GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia .
Sì, che si sappia, anche perché si tratta di
un'innovazione che può condizionare il futuro
degli organici.
        Vorrei ora ritornare brevemente sul capitolo della
sicurezza. Si tratta di trasferire sul giudicante
anche i problemi della sicurezza e, quindi, di
sapere se dobbiamo concentrare a livello
distrettuale
Pagina 2145
oinvece anche basare a livello non distrettuale
una scelta
che comunque va fatta, qualunque essa sia. A mio
avviso, i tempi sono maturi per dire un sì o,
semmai, un no; trascinare i  problemi dopo averne
discusso a lungo non credo sia utile a
farci avere le idee più chiare. Ad un certo
momento, infatti, la dialettica si inceppa e si
blocca perché sembra che vi siano ostacoli
insuperabili, almeno nella valutazione di
qualcuno. E' dunque opportuno procedere ad una
verifica per concretizzare un sì o un no, anche
perché, nell'ipotesi positiva, della questione
dovrebbe occuparsi il Parlamento e sarebbe
indispensabile utilizzare tutto il tempo tecnico e
politico necessario.
  Il secondo argomento in ordine al quale la
lettera del presidente Violante ha sollecitato,
molto cortesemente, il mio intervento
nell'audizione di oggi può essere sintetizzato
nella seguente frase: piena funzionalità della
procura nazionale antimafia. Si tratta di una
problematica ricca di riflessi che potrebbe essere
anche vista nell'ottica dei rapporti tra procure
distrettuali e procura nazionale
antimafia. Di questa tematica, del resto, si
discute in maniera sempre più ampia. Debbo dire
che il primo dei due temi che mi sono permesso di
indicare dal mio punto di vista, riassumendo le
questioni che mi erano state prospettate, mi pare
quello più maturo, forse anche perché è più
semplice e "rettilineo": ci basiamo su una certa
concezione dello sviluppo processuale ed è ovvio
che quando quest'ultimo sia armonioso esso ci
porta, via via, lungo tappe che si trovano sullo
stesso binario. Qui invece ci troviamo di fronte a
piani diversi: vi sono interferenze complesse e
non ben determinate dalle norme, anche perché la
procura nazionale antimafia è un istituto
completamente nuovo, almeno sotto il profilo della
concezione. Anche le procure distrettuali sono un
istituto nuovo: esse sono in numero di 26 (quindi,
in numero plurimo) e raccolgono sfere territoriali
più ampie a livello di distretto ma, tutto
sommato, rappresentano un'innovazione positiva. Io
darei delle procure distrettuali una valutazione
ampiamente positiva. Si tratta di una novità ma
non certo assoluta, potendo essere configurata
come un'espansione del concetto di procure sul
territorio.
  Al contrario, la procura distrettuale antimafia
è un istituto senza precedenti o, meglio, se un
precedente si volesse individuare, questo potrebbe
essere identificato nella procura generale presso
la Corte di cassazione. Abbiamo comunque
constatato come il collegamento territoriale su
tutto il piano nazionale abbia forse creato
difficoltà iniziali, di partenza, di scelta di
persone e di locali, in generale di rapporti a
livello di procura nazionale antimafia e procura
generale presso la Corte di cassazione. In questa
sede, ci interessa affrontare la questione dei
rapporti con le procure distrettuali, perché è
proprio a tale riguardo che mi sembra sia sorta
tutta una serie di problemi con riferimento
all'applicazione del decreto-legge n. 367 del
1991; in particolare, vi sono stati problemi
interpretativi determinati anche dall'assoluta
novità della struttura, dei suoi moduli
organizzativi, nonché da una certa qual fretta con
la quale si è proceduto nel dar vita ad un decreto-
legge che doveva seguire all'analogo provvedimento
istitutivo della DIA.
  E' evidente che un programma portato avanti con
decreto-legge è sempre - per così dire - un po'
affannoso. E' vero che vi è stata la conversione
puntuale del decreto con l'introduzione di
modifiche, ma probabilmente non è stato possibile
colmare certi vuoti, cosicché un'interpretazione
difficoltosa ha finito per creare un terreno di
notevole discussione. Penso che a tale proposito
occorra avere un po' più di pazienza e che siano
necessarie una meditazione ed una verifica
ulteriori. Sarebbe molto importante eseguire un
monitoraggio, nel senso di accertare le situazioni
che fino ad oggi hanno caratterizzato i rapporti
tra le varie procure distrettuali e la procura
nazionale antimafia. E' pur vero che vi sono prese
di posizione - certamente generali quando vengono
dalla procura nazionale antimafia, ma mi riferisco
anche a quelle assunte
Pagina 2146
dalle procure distrettuali - o scelte
comportamentali univoche; tuttavia, in alcuni casi
vi sono gruppi di procure o di procuratori
distrettuali i quali seguono una linea magari
concorde ma non necessariamente generale, quindi
con differenziazioni rispetto ad altri gruppi di
procure distrettuali. A mio avviso - ripeto - è
necessaria un'ulteriore e più paziente verifica,
anche se debbo riconoscere - contrariamente a
quanto osservavo qualche momento fa, quando ho
sostenuto che un problema arrivato a maturazione è
bene non venga trascinato troppo, sotto il profilo
dell'attesa, della dialettica e della discussione
che la questione non è ancora matura, per cui le
difficoltà di
rodaggio e le incertezze (che certo non sono tutte
positive, anche perché possono in parte demotivare
il personale addetto ai nuovi uffici, creare
contrasti con altri uffici del pubblico ministero
e magari bloccare le potenzialità delle strutture)
vanno attentamente valutate per evitare che
compromettano l'operatività dei servizi
investigativi o addirittura creino problemi
maggiori di quelli effettivamente riscontrabili,
dando vita ad un apparato di polemiche che
certamente non giovano e che sarebbe bene
sciogliere.
           In definitiva, su questa materia non mi sento
                             ancora in
grado di fornire risposte nette. Su alcuni
aspetti, probabilmente, potrebbe essere utile un
intervento legislativo. Quando ci si trova di
fronte a norme che si prestano ad interpretazioni
contrastanti, nessuna delle quali ha una forza
vincente, ciò potrebbe significare che è
necessario un intervento di ritocco normativo;
d'altra parte, mi rendo conto che, a forza di
chiedere modifiche normative su ciascun argomento
con il quale abbiamo a che fare, finiamo per
riversare sul Parlamento una serie di impegni che
anche in periodi di assoluta normalità - e quelli
attuali non lo sono di certo - dovrebbero fare i
conti con i tempi sicuramente non brevi che
accompagnano ogni vicenda normativa che abbia
bisogno di essere ponderata, tanto più quando si
tratta di porre riparo ad incertezze iniziali o
all'emersione di aspetti inediti collegati a
problemi e situazioni del tutto nuovi. A nessuno
può essere imputata una colpa per il fatto che
nella fase di partenza vi siano state norme non
tanto lineari; per migliorare la normativa,
comunque, è necessario un impegno anche da parte
del Parlamento, nonostante - ripeto - vada
considerato il problema dello scarso tempo a
disposizione. Conseguentemente, è auspicabile che
nel frattempo si possano raggiungere intese
maggiori attraverso discussioni e confronti svolti
nell'ottica dell'interesse delle investigazioni,
non tanto quindi in vista della maggiore
importanza di questo o quell'ufficio, ma proprio
per garantire l'operatività delle indagini, che è
ciò di cui si avverte il bisogno. Si potrebbe
allora passare dalla vaghezza di un platonico
invito a qualcosa di più concreto, pensando
eventualmente anche a interventi di carattere
amministrativo, magari sotto forma di scambi di
lettere tra gli uffici interessati o di qualche
eventuale circolare del Consiglio superiore della
magistratura, al fine di portare avanti questo
dialogo in modo più fruttuoso.
  Credo che la Commissione parlamentare antimafia
abbia, a tale proposito, grossi elementi di
vantaggio rispetto ad altri osservatori, come può
essere quello ministeriale, anche perché il
procuratore nazionale antimafia (nel corso
dell'audizione, alla quale è stato dato grande
risalto, del 28 aprile 1993 e in altre occasioni
di scambio di vedute) ha sottolineato quali siano
le questioni interpretative che più "tormentano"
la procura nazionale antimafia e che presentano
una maggiore attualità.
  Emerge a questo punto il tema dell'accesso al
collaborante; pur senza voler anticipare subito la
tematica relativa ai collaboratori di giustizia,
che affronterò in seguito, si tratta certamente di
un aspetto che ho avuto modo di cogliere anche in
altre occasioni in cui ho ascoltato le opinioni
del procuratore nazionale antimafia. E' un tema
molto importante nella dialettica e nel confronto
tra questi uffici, anche perché il problema
riveste un'importanza addirittura crescente con
Pagina 2147
riferimento ad aspetti qualitativi e quantitativi;
questi ultimi, in particolare, quando assumono una
dimensione consistente, finiscono per incidere
sugli stessi aspetti qualitativi.
  Non ci si deve allora stupire che nell'ottica di
quella dialettica il procuratore nazionale
antimafia possa insistere per una maggiore
puntualizzazione, magari anche normativa, del
problema dell'accesso al collaborante, avanzando
proposte che mi pare abbiano suscitato notevoli
perplessità e obiezioni, soprattutto da parte
delle procure distrettuali, per una sorta di
indicazione che andrebbe quasi nel senso di una
prima gestione generale da parte della procura
nazionale antimafia, anche se queste tematiche
presentano numerose sfumature per cui nessuna
affermazione può essere mai perentoria nell'ambito
di un primo approccio alle tematiche stesse.
Queste problematiche sono del resto numerose con
riferimento alla procura nazionale antimafia: si
pongono infatti le questioni relative al colloquio
investigativo, alle operazioni sotto copertura, al
soggiorno cautelare, alla circolazione di dati
informativi e all'applicazione di magistrati,
senza contare poi la regolamentazione dell'impiego
dei servizi centralizzati di polizia.
  Si tratta di una serie di aspetti molto delicati
che si prestano a letture estremamente complesse,
articolate e anche opinabili per la parte
riguardante il funzionamento della direzione
nazionale antimafia. Ciò mi induce ad affermare
che l'intera gamma di questi poteri del
procuratore nazionale (quelli esplicitati, quelli
impliciti o quelli eventualmente ipotizzabili)
deve essere riesaminata e razionalizzata alla luce
delle esperienze che si vanno maturando.
  Ritengo che al riguardo sia indispensabile il
grande contributo che anche su questo tema la
Commissione antimafia può offrire, perché solo
parlando di tali questioni, cercando sempre più di
puntualizzarle e allargando il confronto è
possibile giungere ad una razionalizzazione e
trovare i modi attraverso cui assestare linee che,
almeno in alcuni casi, non sono ancora "combinate"
in modo ideale.
  Vi sono poi altre questioni molto significative,
ma non vorrei sottrarre troppo tempo alla
Commissione, anche perché tali questioni sono ben
note in questa sede senza che io abbia motivo di
aggiungere altro al di fuori di quella che può
essere, al momento, una mia impressione più che
una presa di posizione netta e sicura. Si pone,
per esempio, il problema del cosiddetto ambito
temporale di esercizio dei poteri del procuratore
nazionale antimafia. Nell'interpretazione
dell'articolo 15 del decreto-legge n. 367, molti
procuratori distrettuali escludono che i poteri
attribuiti da quell'articolo al procuratore
nazionale possano riguardare i fatti di mafia
verificatisi prima dell'istituzione della procura
nazionale. In questo modo si sottrae alla
competenza di quest'ultima una serie di indagini
preliminari che la legge, a mio avviso, le
attribuisce. Diventa perciò opportuno un
chiarimento su questo punto, anche perché mi
sembra razionale (la linea della razionalità deve
aiutarci a superare le perplessità) attribuire al
procuratore nazionale antimafia i suoi poteri
tipici, anche con riferimento a procedimenti che
erano iniziati prima, pur tenendo presente la
necessità di distinguere a seconda della fase in
cui il procedimento è giunto, perché è evidente
che nella fase delle indagini questi poteri non
possono non essere maggiori.
  Si pone inoltre il problema del diritto di
accesso del procuratore nazionale antimafia al
registro delle notizie di reato, espressamente
previsto dall'articolo 117- bis , del codice di
procedura penale. Secondo l'ottica di alcuni
procuratori distrettuali antimafia, i quali
tendono a restringere l'interpretazione dei poteri
del procuratore nazionale, sarebbe questo l'unico
momento esplicativo del potere di acquisizione di
notizie e di dati da parte della direzione
nazionale antimafia. Mi sembra però che tale
interpretazione sia eccessivamente restrittiva: il
fatto che
una norma attribuisca un diritto particolare
Pagina 2148
di accesso al registro delle notizie di reato non
significa che non si possano individuare anche
altri tipi di accesso, se essi sono ricavabili
dall'impianto generale della normativa. Tuttavia,
di fronte ad un'espressa previsione ed a silenzi
non è mai facile interpretare questi ultimi nel
senso di aggiunte a quanto è espressamente
previsto. Si tratta dell'eterna dialettica,
tormentosa ma affascinante, dell'interpretazione
giuridica. Se non si riuscirà a individuare un
diritto vivente concorde o largamente concorde,
sarà forse necessario l'intervento del
legislatore.
  Ritengo a questo punto opportuno dire qualcosa
su alcuni aspetti relativi alla raccolta e alla
circolazione delle informazioni tra le procure
distrettuali e la procura nazionale, all'autonomia
finanziaria e contabile della DNA e delle DDA,
alle valutazioni di mezzi, strutture e organici
esistenti, nonché alla necessità di un loro
adeguamento e ampliamento. Posso affermare, al
riguardo, che si sta compiendo un passo avanti,
iniziato da poco ma che vede un grande impegno
dedicato, a tutti i livelli, a questo importante
problema che si potrebbe definire della
circolazione dei dati. Quindi, al di là
dell'accesso al registro delle notizie di reato,
la questione riguarda le banche-dati delle
direzioni distrettuali antimafia, l'accesso del
procuratore nazionale a queste ultime e viceversa
dei procuratori distrettuali alla banca-dati della
procura nazionale; tutto ciò rappresenta un
traguardo da perseguire.
Da quando è entrata in campo l' authority
dell'informatizzazione e ogni ministero, compreso
quello di grazia e giustizia, ha un direttore
generale preposto a tale settore, l'impegno per
l'informatizzazione e lo sviluppo di banche-dati a
tutti i livelli ha trovato un immediato terreno di
intervento proprio a questo livello dei rapporti
tra la DNA e le DDA. Infatti, nello stesso momento
in cui la dottoressa Rolleri, direttore generale
preposto a tale settore presso il Ministero di
grazia e giustizia, assumeva le sue funzioni, il
procuratore nazionale antimafia era venuto a
sottoporre tale problematica al sottoscritto. Gli
ho risposto che quello era un momento fortunato;
ho fatto entrare la persona più adatta ad
affrontare la questione e così é stato possibile
fissare subito un appuntamento presso la sede
della procura nazionale antimafia; si sono svolti
poi altri incontri anche con le procure
distrettuali, la cosa è ormai più che avviata e,
da questo punto di vista, dovrebbe consentire al
più presto l'instaurarsi di una cooperazione tra
questi uffici. Ritengo, infatti, che ogni forma di
cooperazione possa stemperare tutto ciò che sullo
sfondo non è ancora ben chiaro o è suscettibile di
diventare motivo di polemica, dal momento che ogni
passo sul piano del coordinamento ne provoca, a
mio avviso, altri a cascata, anche perché se si dà
l'esempio che coordinandosi si possono ottenere
risultati, l'invito a coordinare anche altri
aspetti diventa quasi una naturale conseguenza di
ciò che è stato fatto.
  Non voglio abusare del tempo di cui la
Commissione dispone, legato anche ad altre
attività; il presidente mi dirà eventualmente in
quale momento sarà il caso che io interrompa la
mia esposizione, anche perché i temi si succedono
ininterrottamente; chiedo anzi scusa ma la
delicatezza dei temi stessi e la vaghezza di
alcuni miei interventi, legata alla meditazione
ancora non del tutto completata cui sottopongo
taluni di questi aspetti, possono spiegare una
certa reiterazione di osservazioni non decisive e
non definitive.
  Credo, comunque, che vi sia anche un altro
punto, alla base di tutto il discorso relativo
alla criminalità
organizzata e quindi dei procedimenti per reati di
criminalità organizzata; si tratta di un aspetto
che diventa decisivo per "giocare" meglio i
rapporti tra le procure preposte al perseguimento
di tali reati. Il concetto di criminalità
organizzata, di criminalità mafiosa, di delitti di
criminalità organizzata, di procedimenti per
delitti di criminalità organizzata, è
un'espressione che "rimbalza" sempre più nei testi
di legge e, soprattutto all'inizio,
Pagina 2149
era molto indeterminata e poteva avere vari
contenuti; praticamente - lo dico risalendo anche
ad anni più lontani del passato - si poteva
individuare nella singola legge quale fosse
l'"orto" dei reati che la stesa legge indicava e
poi riassumeva sotto il concetto di criminalità
organizzata. Ad un certo momento, considerata
anche la forte necessità di perseguire in modo
sempre più razionale questo tipo di criminalità
particolarmente grave, la terminologia ha fatto
passi avanti e viene ora usata nei codici, e non
solo nelle leggi speciali, con riferimento a
gruppi di reati che però, a seconda delle sedi,
sono ancora variabili.
  Credo che la dialettica tra procura nazionale
antimafia e procure distrettuali sia la chiave di
soluzione del problema. Questa organizzazione, che
ha dato vita a tali rapporti, pur discussi e dalle
ancora incerte determinazioni di confini (si
tratta quindi di una dialettica ancora piuttosto
tormentosa), ha avuto certamente un grande punto
di vantaggio: al di là di una scelta politica
ricca di significati che va perfezionata sul piano
applicativo, mi pare sia molto importante il fatto
che la competenza viene individuata nell'ottica
della direzione nazionale antimafia e i reati
indicati sono quelli che per eccellenza dobbiamo
considerare di criminalità organizzata. Si
potranno poi avere nozioni anche più estese, ma in
senso tipico la materia è questa e non si presta,
a mio avviso, a interpretazioni estensive e tanto
meno analogiche. Quindi è molto importante che
soprattutto gli studiosi nei loro testi e coloro
che pongono i problemi e li discutono (e quindi
anche nei provvedimenti che possono essere
adottati dagli uffici giudiziari) usino
scrupolosamente questa terminologia, nell'ottica
del comma 3- bis  dell'articolo
51 del codice di procedura penale, che rappresenta
la chiave di volta da cui è poi nata, attraverso
una serie di altre norme, l'istituzione della
procura nazionale antimafia.
Volendo toccare qualche altro problema, c'è quello
delle
misure di prevenzione personali, nell'ottica delle
procure distrettuali. Qui usciamo dalla procura
nazionale...
PRESIDENTE.  Se il ministro è d'accordo, poiché ha
già
affrontato tre importanti questioni, potremmo
intanto sentire i        colleghi, per poter
concentrare le risposte ai vari quesiti.
Potremmo poi riprendere successivamente gli altri
argomenti GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e
giustizia .
Direi che è molto giusto.
 PRESIDENTE.  Desidero informare i colleghi di un
lavoro predisposto dagli uffici e poi comunicato
al Ministero. Sulla base dei dati che emergono da
tale lavoro, è sorta una preoccupazione di fondo,
che ha animato anche l'intervento del ministro: le
procure distrettuali stanno terminando le indagini
ed ora il dibattimento si svolgerà nei tribunali
periferici, quelli competenti per territorio in
modo tradizionale. Se pensiamo a Palermo, per
esempio, nel suo circondario ci sono cinque
tribunali periferici: Termini Imerese, Sciacca,
Agrigento, Marsala e Trapani. In questi tribunali
- il cui numero di sezioni è riportato nello
schema preparato dalla dottoressa Torres - vanno a
finire processi con, a volte, 50, 70, 80 o 100
imputati, che durano alcuni mesi, per i quali -
come diceva giustamente il ministro - non ci sono
né aule-bunker o strutture di questo genere, né
strutture di sicurezza né abitudine a trattare
queste cose. Quindi, sorgono problemi di una certa
delicatezza. Per esempio: i procedimenti di
Catanzaro, con numerosi imputati, andranno a
Lamezia, a Castrovillari e agli altri tribunali
del distretto; quelli di Caltanissetta finiranno
ad Enna e a Gela; quelli di Catania, a Ragusa e
Siracusa. Il tribunale di Trapani ha già impegnato
tutti i dibattimenti per i prossimi tre anni, però
deve ancora ricevere i procedimenti che
arriveranno dalla distrettuale. A Reggio Calabria
ci sono 600 procedimenti con 600 imputati che
finiranno ripartiti equamente tra Locri
Pagina 2150
ePalmi. Oggi abbiamo ricevuto una nota della
procura della
Repubblica di Palmi in cui si dice che quella
procura è completamente bloccata, perché sono
andati via 5 magistrati. E' vero che ne sono
arrivati altrettanti in sostituzione, ma i 5nuovi
si debbono rileggere migliaia di carte per essere
in
grado di seguire i processi (il  turn-over  non è
una soluzione semplice, perché ogni nuovo arrivato
deve leggersi un mare di carte). Di qui l'allarme
che abbiamo. Ci si dice che da Lecce alcuni
processi si scaricheranno su Brindisi e Taranto (a
Brindisi si sta celebrando da tempo un processo
con una serie di tensioni, tra l'altro allo stato
non risolte).
C'è una questione delicata che riguarda i giudici
per le
indagini preliminari. La scarsità di giudici per
le indagini preliminari comporta che le
valutazioni dei GIP non sono sufficientemente
approfondite, per cui si preferisce il rinvio a
giudizio piuttosto che un'esame più attento per
vedere se è
possibile il proscioglimento. Questo genera non
solo un danno per la persona accusata, che
potrebbe essere assolta prima, ma anche un danno
economico notevole complessivo alle strutture,
perché processi che potrebbero essere chiusi prima
non sono chiusi, vanno al dibattimento e lo
intasano, laddove, se ci fosse un organico di GIP
più robusto, probabilmente alcune valutazioni
potrebbero essere più approfondite - così ci
scrivono i GIP del tribunale di Palermo - e si
potrebbe risolvere anche questo tipo di problemi.
  A fronte di questa situazione, il ministro Conso
ha presentato una serie di progetti tutti di
grande utilità. Devo dire che a questo proposito
sarebbe forse necessario da parte nostra - se i
colleghi sono d'accordo - fare una segnalazione
alle Commissioni giustizia di Camera e Senato per
una presa in esame di tali progetti e per la loro
definizione. Il disegno di legge per
l'acceleramento dei concorsi è in sede legislativa
alla Camera ma l'iter non si è ancora esaurito; il
provvedimento sulla depenalizzazione è in sede
redigente al Senato ma non è ancora iniziato
l'esame; il testo sulla cooperazione in materia
penitenziaria e sul dibattimento a distanza (cosa
importantissima per i processi con grandi
imputati, quelli che poi corrono anche dei rischi
a spostarsi) è assegnato in sede referente al
Senato ma l'esame non è ancora iniziato; il
provvedimento sulle modifiche al codice di
procedura penale in materia pretorile (anch'esso
importante) è assegnato in sede referente al
Senato ma l'esame non è ancora iniziato; le norme
sul giudizio abbreviato (cosa molto utile perché
accelererebbe la conclusione anticipata) è al
Senato in sede referente ma non è ancora iniziato
l'esame.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Comincia oggi.
 PRESIDENTE.  Per fortuna! Il disegno di legge
sull'aumento di 600 unità dell'organico della
magistratura, già approvato dal Senato, è stato
annunciato alla Camera ma è ancora da assegnare
alla Commissione (qui dovremmo fare una
segnalazione). Quindi, c'è una proposta
complessiva ed ora spetta al Parlamento valutarla
nella sua autonomia e decidere come intervenire.
  In questo quadro, mi pare che il ministro
sollecitasse una riflessione della Commissione -
che in parte c'è già stata sulla questione dei
tribunali distrettuali. Certamente, quando si
introducono riforme incisive ci sono favorevoli e
contrari e, ferma restando la responsabilità
esclusiva del Governo che non può essere
preliminarmente condivisa con il Parlamento, sta
di fatto che nella relazione che è stata già
approvata da questa Commissione vi è un
orientamento largamente favorevole alla
costituzione di questi tribunali, anche per
ovviare a tutti i problemi che prima si
ricordavano. Se si è favorevoli lo si vedrà in
seguito ma più il tempo passa più si concludono le
procedure e il tribunale distrettuale non può più
essere utilizzato. Anche qui bisogna tagliare i
tempi e andare avanti rapidamente.
Pagina 2151
  Sempre per informare i colleghi, ricordo che vi
è la questione del giudice monocratico in primo
grado, per recuperare magistrati. Oggi, come
sapete, abbiamo il pretore e il tribunale. Mi pare
che con tutte le garanzie che oggi esistono a
livello di pretore (distinzione tra ruolo del PM e
ruolo del giudice, GIP e così via), bisogna fare
una riflessione più radicale per vedere se non sia
il caso di avere un giudice monocratico per tutto
il primo grado, magari escluse pochissime ipotesi
dal punto di vista penale e civile per la cui
gravità o straordinarietà si richiede un collegio.
Un'altra questione emersa è quella relativa
all'opportunità di ricorrere maggiormente ai laici
nel giudizio, in particolare per l'appello, cioè
se sia possibile l'utilizzazione di avvocati o
professori universitari come terzo componente del
giudizio di appello, non in primo grado. E' una
delle ipotesi: pensate soltanto che sostituendo
sei magistrati si potrebbe creare una sezione in
più e quindi accelerare di più il lavoro.
Naturalmente, si tratta soltanto di un'ipotesi.
  Segnalo questi problemi perché nel quadro delle
cose che qui ha detto il ministro e dei rilievi
fatti dagli uffici della Commissione quello del
dibattimento è un problema davvero drammatico. Lo
si può affrontare subito, certamente, con
un'iniziativa del Governo per l'istituzione dei
tribunali distrettuali ma col tempo ci sarà
bisogno anche di qualcos'altro per una migliore
utilizzazione. Non so - è una domanda che rivolgo
al ministro, poi darò la parola ai colleghi - se
siano stati effettuati rilievi sulla funzionalità
vera e propria nella gestione dei tribunali.
Abbiamo visto uffici giudiziari che funzionavano
male ad organici ridotti e che continuano a
funzionare male dopo che i vuoti negli organici
sono stati colmati. Molto spesso c'è un problema
di gestione, di direzione degli uffici giudiziari.
Per esempio, gli orari delle udienze: quando
cominciano, quante ore durano, quando finiscono,
quanti processi si fanno, quante udienze si
tengono a settimana. Insomma, ormai credo che su
questo versante ci sia bisogno non dico di
un'aggressività ma di avere una chiarezza di idee,
perché lo Stato può fare sacrifici finanziari ma
queste risorse devono essere poi utilizzate
appieno: se le udienze cominciano alle 11-11,30 e
finiscono alle 12,30-13 o se ne tengono solo tre a
settimana, è evidente che non riusciamo a dare
risposte. Come sappiamo, ci sono per fortuna
uffici giudiziari che lavorano benissimo. Però,
vorrei sapere se il Ministero abbia attivato la
sua attenzione sulla funzionalità degli uffici
giudiziari da questo punto di vista.
           Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori
                            l'onorevole
Galasso.
 ALFREDO GALASSO.  Presidente, vorrei sapere come
si svolgerà il prosieguo della seduta.
         PRESIDENTE.  Potremmo scegliere di porre domande
                              brevi -
purché siano veramente brevi - in modo che il
ministro, se è d'accordo, possa rispondere subito,
per avere un quadro immediato. Oppure, potremmo
seguire la procedura tradizionale con domande da
parte dei colleghi e una successiva replica da
parte del ministro.
 ALFREDO GALASSO.  Vorrei sapere in particolare
quando termineremo e se il ministro abbia degli
impegni. In secondo luogo, le chiedo come ci
regoliamo con il voto di fiducia in Assemblea alla
Camera.
 PRESIDENTE.  Per quanto riguarda il voto di
fiducia, saremo avvisati quando comincerà la
seconda chiama. Informeremo il Presidente della
Camera e tutti i deputati
membri della Commissione potrebbero votare in
quell'occasione, il che vuol dire che la seduta
verrà sospesa per pochi minuti oppure che verrà
presieduta dal collega Cabras. Comunque, non
impiegheremo molto tempo se tutti quanti voteremo
alla seconda chiama.
  Per quanto riguarda il modo di porre le
questioni, decidiamo insieme con il ministro.
Pagina 2152
 ALFREDO GALASSO.  Dico subito che penso che la
presenza del ministro richieda qualche riflessione
ed osservazione, non la semplice domanda quiz con
la conseguente risposta.
           ALTERO MATTEOLI.  Possiamo prevedere un'altra
                              seduta.
 PRESIDENTE.  Ora utilizziamo il tempo che abbiamo
davanti e                poi vedremo. Poiché il
ministro deve ancora affrontare la
seconda parte della sua relazione, probabilmente
sarà necessario un altro incontro.
 FERDINANDO IMPOSIMATO.  Innanzitutto, ringrazio
il ministro ed esprimo il mio compiacimento per la
relazione molto puntuale. I temi trattati sono
numerosi e richiederebbero una riflessione più
ampia.
          Sono perfettamente d'accordo sulla necessità di
                             istituire
al più presto i tribunali distrettuali, perché
questo servirebbe sicuramente ad assicurare almeno
tre cose. In primo luogo, una maggiore sicurezza
dei magistrati chiamati a giudicare processi che
riguardano imputati per fatti particolarmente
gravi. Poi, assicurerebbe anche la possibilità di
una maggiore specializzazione dei giudici dei
tribunali distrettuali rispetto a quel che avviene
oggi, quando dobbiamo constatare che alcuni
processi vengono trattati da persone che non hanno
alcuna esperienza in materia di criminalità
organizzata di tipo mafioso. Infine, si
realizzerebbe il principio della concentrazione
dei processi che è anch'esso un dato positivo.
          Però, vorrei riproporre qualche perplessità che
                             nasce dal
fatto che i tribunali distrettuali verrebbero ad
essere istituiti presso le sedi di corte
d'appello. Anche qui c'è il problema di una
riforma importante che però precede la revisione
del circoscrizione giudiziaria. Potremmo avere
nuove corti di appello. Potremmo avere una nuova
distribuzione degli uffici giudiziari...
PRESIDENTE.  Speriamo non nuove corti di appello!
FERDINANDO IMPOSIMATO.  Potrebbe anche verificarsi
qualche modifica della situazione attuale delle
corti di appello. Può darsi che vi sia la
necessità di istituire un maggior numero di
tribunali distrettuali antimafia rispetto a quelli
esistenti.
         Vi è anche un'altra questione. La preoccupazione
                             nasce dal
fatto che se si dovessero istituire tribunali
distrettuali antimafia avremmo la necessità di
portare un numero enorme di persone, per esempio
di testimoni, dalla zona dove si sono verificati
certi delitti alla sede dei tribunali
distrettuali. Questo trasposto di testimoni
comporta grandi pericoli ed anche ingenti spese
per lo Stato. Ora, mi chiedo - solamente in via
dubitativa, dal momento che questo problema si è
posto
anche in altri paesi - se non sia possibile
prevedere l'ipotesi che i tribunali distrettuali
si spostino nelle varie zone della regione.
 PRESIDENTE.  Mi scusi, onorevole Imposimato, ma
allora abbiamo perso tutta l'utilità! Se si devono
spostare, tanto vale lasciare le cose come stanno.
Se si devono spostare i tribunali (giudici,
cancellieri e pubblici ministeri) in giro per la
regione, tanto vale che si sposti solo il pubblico
ministero! Il problema è che non c'è il posto dove
tenere le udienze in molte di queste zone.
 FERDINANDO IMPOSIMATO.  Ho voluto solo proporre
astrattamente questa ipotesi, che ovviamente può
essere concretizzata solo nelle situazioni in cui
ciò sia possibile e ove si realizzino le
condizioni relative alla sicurezza.
Vorrei ora soffermarmi brevemente sulla grave
situazione
in cui versa il tribunale di Napoli, dove dovrebbe
essere istituito un tribunale distrettuale molto
importante. Ripeto: la situazione è
particolarmente grave e debbo dare atto al
ministro della tempestività con la quale è
intervenuto per assicurare la disponibilità
Pagina 2153
di un edificio situato accanto alla sede
dell'attuale tribunale. Ritengo che (non per
ragioni di campanilismo) dovremmo occuparci in
modo particolare di rafforzare i tribunali
distrettuali nei quali si prevede vi possa essere
una maggiore concentrazione di procedimenti penali
per reati di tipo mafioso (Palermo, Napoli, Reggio
Calabria e Milano). A Napoli, c'è una situazione
di disastro logistico davvero intollerabile.
Vorrei richiamare l'attenzione del ministro sulla
necessità di procedere ad un concerto con il
ministro dei lavori pubblici affinché la sede del
nuovo tribunale di Napoli, già realizzata presso
il centro direzionale, sia messa adisposizione
della procura della Repubblica e del tribunale,
sì da consentire la tempestiva celebrazione dei
processi pendenti presso quegli uffici.
           In definitiva, è necessario assicurare eguale
                            trattamento
atutti i tribunali ma, nel contempo, occorre anche
tenere
conto dei tribunali situati presso le città nelle
quali il numero dei procedimenti è elevatissimo.
Credo sia interesse di tutto il paese fare in modo
che tali procedimenti, attualmente bloccati (a
tale riguardo vi è stato un appello dei GIP di
Napoli ed uno della procura della Repubblica
presso il tribunale di Napoli), possano essere
celebrati. Ricordo, infine, che vi è stato anche
un appello perché venga nominato al più presto il
procuratore della Repubblica presso il tribunale,
dal momento che fin dall'aprile 1993, quando cioè
è cessato dal servizio il dottor Sbordone, non si
è provveduto alla relativa sostituzione.
 GIROLAMO TRIPODI.  Ho ascoltato con attenzione -
come del resto hanno fatto tutti i colleghi -
l'intervento del ministro Conso, il quale ci ha
fornito una serie di informazioni ed ha espresso
anche giudizi sugli impegni che dovrebbero essere
assunti in ordine alle possibili evoluzioni
dell'agitazione giudiziaria in atto. Indubbiamente
ci sono state dette cose interessanti, alcune
delle quali, del resto, suggerite a suo tempo da
noi stessi. Mi riferisco, per esempio,
all'istituzione dei tribunali distrettuali.
Ovviamente, il progetto riguarda i procedimenti di
mafia; si tratta di favorire l'abbinamento tra le
indagini svolte in direzione della lotta alla
criminalità organizzata dalle procure distrettuali
con l'istituzione dei tribunali distrettuali. Ho
già avuto occasione in passato di osservare che in
questo settore è necessario evitare (il presidente
accennava alle proteste che in questi giorni
stanno avendo luogo in Calabria ed alla
preoccupazione avvertita dalle popolazioni
interessate) una spinta alla centralizzazione.
Sotto questo
profilo, è auspicabile una selezione degli
interventi ed una loro attenta razionalizzazione,
per evitare che gli stessi possano risultare meno
incisivi sotto il profilo degli effetti che
potrebbero derivare dalla centralizzazione
dell'attività giudiziaria. In Calabria siamo
preoccupati perché lo spostamento o la
soppressione di certi uffici (mi riferisco a
Lamezia, Castrovillari e Rossano) potrebbe
comportare un allontanamento della giustizia di
fronte ai problemi gravi che caratterizzano quelle
zone, dove di constata una presenza molto grave
della criminalità organizzata. Per quanto mi
riguarda, considero dannoso un orientamento
finalizzato alla soppressione di questi uffici.
L'esigenza, piuttosto, è quella di favorire la
specializzazione dell'intervento: su questo
concordo ma, ripeto, sono contrario al principio
della centralizzazione, che finisce per
determinare un allontanamento dal territorio nel
quale invece è necessario garantire la presenza
della giustizia.
  Un'ulteriore questione sulla quale nutro
perplessità riguarda le indagini già avviate. Lei,
signor ministro, ha evidenziato la possibilità che
tali indagini possano essere avocate - di questo
si tratta - dal procuratore nazionale antimafia.
Credo che su questo punto occorra essere molto
attenti giacché si rischia di vanificare indagini
importanti avviate molto tempo fa e non ancora
concluse. Sappiamo che i magistrati i quali hanno
indagato e portato avanti l'attività investigativa
sono i più appropriati "conoscitori" della
questione. Penso, per esempio, all'indagine sugli
appalti ENEL di
Pagina 2154
Gioia Tauro, che cito perché lo considero un caso
clamoroso. Se dovesse intervenire Siclari per
affrontare il problema, ritengo che non si
tratterebbe di un'iniziativa utile ma, anzi,
negativa. Va inoltre considerato che ai nuovi
magistrati inquirenti potrebbero sfuggire molte
situazioni. Nel caso specifico che ho citato
dovrebbero essere esaminate 5 mila pagine di
risultanze istruttorie.
PRESIDENTE.  A quale procedimento si sta
riferendo? GIROLAMO TRIPODI.  Sto parlando del
procedimento sugli
appalti ENEL di Gioia Tauro, che non sappiamo
quando si concluderà, anche se è stato detto che
volgerebbe ormai al termine. Il nuovo magistrato
inquirente dovrà prima leggere le 5    mila pagine
degli atti e poi iniziare la sua attività. Si
tratta di una prospettiva che desta molte
preoccupazioni. Ribadisco la mia contrarietà,
anche perché se un'indagine è già avviata è bene
che essa venga conclusa da chi l'abbia iniziata.
Tra l'altro, il procuratore nazionale antimafia ha
molte possibilità di intervento, anzitutto in sede
di coordinamento, anche perché la mafia non si
combatte intervenendo soltanto sulle indagini già
avviate.
           Spero che nella sua replica, signor ministro,
                           possa essere
assicurato l'impegno del ministero in ordine alla
situazione di emergenza che si riscontra con
particolare riferimento agli organici, la cui
carenza rischia in molti posti di far saltare
indagini e procedimenti molto importanti. Mi
riferisco a Palmi, a Reggio Calabria ed a Napoli,
nonché a tante altre sedi nelle quali la carenza
di magistrati provoca un paralisi completa della
giustizia. A Palmi, per esempio (ne parlava
poc'anzi il presidente), vi sono molte indagini in
corso ma non vi sono più magistrati. Non sappiamo
se tale situazione sia determinata da cause
fisiologiche; può darsi che influiscano altri
elementi, anche se sinceramente auspico che non vi
siano ulteriori ostacoli. Non si comprende perché
su 10 unità presso la procura della Repubblica e 6
presso il tribunale, l'organico sia ridotto al di
sotto del 50 per cento. Va inoltre considerato che
presso la procura vi sono molti uditori. Oltre
tutto, lei sa che in quella sede si sta
svolgendo una grande inchiesta sulla massoneria
deviata. Ritengo si tratti di un'attività da
incoraggiare e non vorremmo che, in merito a
questa questione, vi possano essere elementi di
boicottaggio, così come riscontriamo per altri
aspetti, cioè che poteri occulti di ogni tipo
possano influire per ostacolare il prosieguo delle
indagini e lo sbocco delle stesse nell'emissione
dei relativi provvedimenti. Vorrei sapere in che
modo il ministro pensi di intervenire nelle sedi
dove si registra una carenza di magistrati e come,
di fronte al pericolo che possano saltare sia
indagini sia procedimenti nei confronti degli
imputati, ritenga di intervenire per evitare
questa possibilità. In queste zone, qualora non si
potessero celebrare processi, si potrebbe
determinare una situazione che potrebbe favorire,
sia pure indirettamente, la stessa criminalità
organizzata. Lei sa che a Napoli, a Reggio
Calabria, a Palmi ed in altre zone del nostro
paese, dove si registra un particolare presenza
della mafia e delle organizzazioni criminali,
qualsiasi errore può essere pagato molto caro.
Pertanto, vorrei sapere in che modo lei pensa di
intervenire tempestivamente su queste questioni.
          A Napoli si riscontra una situazione del tutto
                            particolare
per quanto riguarda la vita interna della
magistratura: in tale ambito si registrano
divisioni ed incomprensioni, una situazione
difficile rispetto alla quale anche le pressioni
esterne contribuiscono a determinare divisioni tra
i magistrati partenopei. In tutte le sedi dove si
registra una situazione difficile sotto il profilo
dell'ordine pubblico, così come accade a Napoli,
bisogna intervenire con molta attenzione. Il
collega Imposimato ci ha riferito che vi sono
stati degli interventi, ma io non credo che questi
ultimi abbiano risolto la situazione. In che modo
lei pensa di affrontare queste problematiche?
Pagina 2155
  Un altro problema sul quale desidererei ricevere
una risposta dal ministro riguarda l'affollamento
delle case penitenziarie.
           PRESIDENTE.  Mi scusi, onorevole Tripodi, ma
                            considerato
che tale questione non è stata affronta in modo
specifico dal ministro, sarebbe opportuno che ci
si soffermasse nell'ambito degli argomenti
trattati.
 GIROLAMO TRIPODI.  Sta bene, presidente; in
realtà, ho sollevato la questione perché, se non
ricordo male, il ministro si era impegnato a
recuperare alcune case circondariali dismesse.
Molti sindaci ci sollecitano - penso ai casi di
Cittanova e di Cinquefrondi - ad intervenire. In
questa direzione è stato dichiarato un impegno,
salvo poi a precisare successivamente che non è
possibile intervenire. Allora, o si va in questa
direzione o non si va, perché quando la direzione
generale competente dichiara che non è possibile
intervenire non si capisce se a decidere in
materia debba essere il direttore generale o il
ministro! Condivido la scelta di recuperare le
case circondariali dismesse. Su questo vorrei, se
è possibile, una risposta.
  In questi giorni, lei si troverà, signor
ministro, di fronte ad una richiesta della
Commissione degli incarichi direttivi del
Consiglio superiore della magistratura
relativamente al concerto che lei sarà chiamato a
fornire sulla proposta riferita alla copertura del
posto di procuratore della Repubblica presso il
tribunale di Napoli.
Lei sa che sono state avanzate alcune proposte, la
principale delle quali, con tre voti, riguarda il
presidente del tribunale di sorveglianza di
Napoli, Iovino, mentre due voti sono andati a
Cordova.
  Su tale questione desidero esprimere il mio
parere, perché, senza voler interferire nelle
decisioni che successivamente saranno assunte dal
plenum  del Consiglio
superiore della magistratura, credo si tratti di
un problema molto delicato. Lo dico senza porre
problemi nei confronti dell'uno o dell'altro
magistrato; vorrei però che il ministro tenesse
presente un quadro molto delicato, ossia quello
relativo al procuratore della Repubblica di Palmi,
dottor Cordova.
  Lei sa, signor ministro, che il suo
predecessore, l'onorevole Martelli, ha portato
avanti nei confronti di questo magistrato
un'azione persecutoria, attraverso una serie di
atti: dapprima un veto alla sua nomina al vertice
della superprocura, dopo che egli era stato
designato dal Consiglio superiore della
magistratura, e successivamente una serie di
inchieste ministeriali, che però hanno portato a
un nulla di fatto; vi è stata comunque una serie
di persecuzioni nei confronti di quel magistrato.
  Lei saprà inoltre, signor ministro, che il
procuratore della Repubblica di Palmi ha anche
presentato domanda, su sollecitazione di 28
sostituti procuratori di Napoli. Attraverso tale
sollecitazione si è giunti a questa domanda.
Non vorremmo però che, dietro queste prese di
posizione,
vi fossero orientamenti di normalizzazione a
Napoli, pressioni esterne o occulte di qualsiasi
tipo o elementi che abbiano un sapore persecutorio
o di continuità rispetto a quanto è avvenuto in
passato. Mi rendo conto che le stesse cose possono
verificarsi all'interno della magistratura e delle
sue correnti, sulla base di elementi corporativi.
              PRESIDENTE.  Lei sta concludendo il suo
                         intervento, vero,
onorevole Tripodi?
 GIROLAMO TRIPODI.  Ho concluso, signor
presidente. Mi permetto comunque di sottolineare
la necessità di tenere conto dei precedenti che ho
richiamato e del modo in cui si sono svolti i
fatti nei confronti di un magistrato molto
esposto, che combatte veramente la mafia e
attualmente sta conducendo una delicata inchiesta
sulla massoneria deviata. Si tratta tra l'altro di
un magistrato che, come è noto a tutti, ha una sua
indipendenza, dal momento che fa soltanto il
magistrato e non si collega a nessuno. Certamente
alcune misure punitive nei suoi confronti sono
state decise proprio a causa della sua
indipendenza.
Pagina 2156
  Qualche giorno fa io ed altri parlamentari
abbiamo presentato al ministro di grazia e
giustizia un'interrogazione in cui si fa il quadro
della situazione e si chiede allo stesso ministro,
considerata la realtà delicata e particolare che
esiste a Napoli e la situazione del magistrato in
questione, di promuovere una valutazione più
attenta e serena della questione prima di dare il
concerto.
         PRESIDENTE.  Onorevole Tripodi, lei sta parlando
                             da venti
minuti!
 GIROLAMO TRIPODI.  Desidero sottoporre al
ministro un'ultima questione, chiedendogli quale
sia il suo giudizio nei confronti dei magistrati
che risultano iscritti alla massoneria.
 ALFREDO GALASSO.  Signor presidente, signor
ministro, mi soffermerò soltanto su un punto,
perché ritengo - lo dico subito - che l'odierno
incontro debba essere seguito da altre occasioni
di confronto in cui porre all'ordine del giorno la
strategia di contrasto alla criminalità
organizzata e alla mafia in tutti i suoi aspetti.
  Partirò da una premessa per poi entrare nel
merito della vicenda relativa alle procure
distrettuali e ai tribunali, nell'ambito delle
questioni esposte molto puntualmente dal ministro.
La mia premessa consiste nel fatto che, a mio
avviso, nell'esposizione del ministro é presente
(evidentemente non per responsabilità sua) una
logica di tipo eccezionale, emergenziale nel
contrasto alla criminalità
organizzata, per cui si continua ad agire quasi
come un meccanismo inerziale, che spinge a
rimediare, a "mettere pezze", ad aggiustare, a
tentare di rimettere le cose a posto, piuttosto
che a fermarsi un attimo (dato che gli elementi di
analisi e di "acculturazione" complessiva sono
oggi di gran lunga superiori rispetto al passato)
e provare ad attrezzare finalmente la magistratura
e l'insieme delle azioni investigative e
repressive dello Stato contro un fenomeno che non
presenta nulla di eccezionale o di straordinario
se non nella sua ferocia e pericolosità ma che -
su questo siamo tutti d'accordo - deve essere
contrastato con il massimo di straordinarietà nel
lavoro comune e ordinario, facendo funzionare
tutte le strutture, comprese quelle giudiziarie,
nella maniera più ordinata.
  Attualmente, non mi pare che sia così e vorrei
(questo è il senso del mio intervento) che si
spezzasse questo circolo vizioso.
  Rifacendomi subito all'esempio delle procure
distrettuali e dei tribunali, ritengo opportuno
riflettere seriamente (al di fuori di qualsiasi
provocazione), anche sulla base del monitoraggio,
chiedendosi se davvero il congegno procura
nazionale - procure distrettuali sia oggi il
migliore, in termini di efficienza, per ottenere
il risultato di una lotta concreta e quotidiana
nei confronti della criminalità organizzata di
tipo mafioso. Dico questo perché ho già vissuto
due esperienze dirette che mi hanno fatto
riflettere, al di là delle questioni di fondo che
naturalmente mi porto dietro. Mi riferisco a di un
problema di difficoltà di rapporto tra la procura
nazionale antimafia e la procura distrettuale
operante, per esempio, in Puglia, nonché tra la
procura distrettuale e le procure ordinarie in
Toscana; in quest'ultimo caso la difficoltà è
aggravata dalla circostanza che la procura
distrettuale antimafia di Firenze, la quale domina
in questa materia (a mio avviso anche per la
capacità professionale di chi la dirige e di chi
collabora con chi la dirige), vede il suo
territorio "spezzato" dalla concorrenza della
procura distrettuale di Genova, che opera in parte
anche sul territorio toscano.
  Ho citato questi due esempi che sono
incontestabili, almeno quanto alla difficoltà che
presentano e al grado di frizione che tale realtà
determina, per sottolineare che la questione delle
procure distrettuali (non si deve avere nessuna
preoccupazione di rivedere ciò che la realtà ci
impone o ci consiglia di rivedere) presenta, a mio
avviso, due difetti di fondo
Pagina 2157
che si sono rivelati oggi, soprattutto di fronte
all'aggiornamento della situazione criminale.
           Un primo difetto consiste nel fatto che nella
                             prassi e
nella casistica giudiziaria non è più definibile,
in maniera precisa, neanche con riferimento
all'ambito di competenze della DNA, che cosa
s'intenda per fatto o reato di mafia, a seguito
della concatenazione di vicende inquinanti del
tessuto economico, sociale e politico, soprattutto
dopo l'emergere della vicenda di Tangentopoli.
Consideriamo, per esempio, che cosa significhi
tale vicenda per la Sicilia: possiamo dire che
cambi essenzialmente la natura di un fatto o la
sua articolazione sul territorio a seconda che sia
presente o meno Angelo Siino, perché riconosciuto
aderente alla mafia, oppure l'associazione si
qualifica come associazione mafiosa, in presenza
di Siino, a seconda che Di Maggio dica che
quest'ultimo è uomo d'onore oppure no e quindi
c'entra nell'associazione mafiosa? La verità è che
questi fatti impregnano così fortemente il tessuto
economico e sociale che è difficile individuare
una qualificazione formale che attragga una
competenza del tutto particolare come questa. Si
tratta di un dato di non poco conto.
  La seconda questione riguarda il fatto che,
sempre in relazione alle notizie aggiornate in
materia di mafia, la competenza a livello
distrettuale è molto convenzionale; occorre allora
chiedersi perché ci si debba fermare alla
competenza distrettuale della Sicilia occidentale
rispetto a quella orientale e dove si stabilisca
il confine. Si potrebbe rispondere che ogni
competenza territoriale ha qualcosa di
convenzionale, ma ritengo che da questo punto di
vista la diffusione sul territorio delle procure
sia molto più efficace dell'accentramento, perché
un'articolazione sul territorio rende l'approccio
con la realtà circostante più effettivo e
realistico di quanto non consenta una
concentrazione, la quale presenta elementi di
difficoltà dal punto di vista sia della
descrizione dei distretti sia della definizione
dei fatti.
Molti giudici lamentano (il ministro certamente lo
sa,
come lo sa anche il presidente della Commissione
antimafia) che in realtà vi è, come è naturale
negli uffici giudiziari, che sono sovraordinati
anche dal punto di vista soltanto della competenza
(non dico da quello dell'organizzazione degli
uffici), un'attrazione naturale e si verifica
qualche volta anche una forzatura nella
definizione della qualificazione del fatto perché
si possa determinare questo genere di attrazione;
al tempo stesso, si verifica una frizione in
rapporto a indagini che sono state sviluppate fino
ad un certo punto, che poi si fermano perché
emerge la qualificazione giuridica di associazione
mafiosa e il procuratore della Repubblica che
agisce in un ambito territoriale più ristretto
deve passare l'incartamento alla procura
distrettuale antimafia.
             Per quanto riguarda la procura nazionale
                           antimafia, la
funzione che la legge ha assegnato a tale
organismo probabilmente non è ancora
definitivamente compiuta; occorre quindi procedere
ad una riflessione seria perché non possiamo
permetterci il lusso di ripetere oggi o domani
l'errore commesso con l'Alto commissariato per la
lotta alla mafia ed arrivare, dopo due, tre o
quattro anni alla conclusione che la struttura non
va più bene per cui si deve smantellare l'ufficio,
con tutti gli effetti di trascinamento delle
polemiche e delle incrostazioni, anche di potere,
che tutto ciò porta con sé. Sarebbe preferibile
affermare che dopo un'esperienza di un anno la
struttura non va più bene piuttosto che
trascinarci dietro la stessa struttura, con un
certo spirito di adattamento, che tra l'altro
consegue immediatamente ad una logica di urgenza.
  Occorre, a mio avviso, portare avanti una
riflessione più radicale, nel senso di andare alle
radici della questione. Dobbiamo in sostanza
chiederci quale sia oggi la struttura
investigativa e giudiziaria più adatta alla natura
del fenomeno che abbiamo dinanzi, visto che le
nostre conoscenze sono più aggiornate e
probabilmente la natura del fenomeno non è
Pagina 2158
più la stessa rispetto a quando si pensò alla
procura nazionale e all'impianto delle procure
distrettuali.
         Questo è un invito a non dare nulla per scontato
                              in tale
materia, neppure il fatto che occorre istituire i
tribunali distrettuali perché vi sono le procure
distrettuali. Con un minimo di provocazione
positiva, rovescerei i termini della questione.
Direi che preferisco e mi sento più sicuro
nell'avere oggi assise distrettuali e procure
piuttosto che quelle solite, normali. Rovescerei
l'impostazione: m'importa molto di più che si
concentri il giudizio in dibattimento dinanzi a
giudici specializzati, o meglio a giudici che
hanno un livello di professionalità ormai abituale
per il tipo di processi che hanno fatto, e che
l'azione investigativa venga mantenuta o riportata
nel punto più vicino di contatto alla
presenza della realtà criminale, con un
coordinamento da ripensare in maniera
assolutamente diversa rispetto al passato, anche
rispetto alla gloriosa esperienza del pool , ahimé
impropriamente da qualche suo predecessore portato
ad esempio della procura nazionale (ma lei sa
benissimo che sono cose completamente diverse e
che solo un equivoco linguistico - peraltro voluto
- ha portato politicamente a ritenere la procura
nazionale prosecuzione del pool  che abbiamo
sperimentato positivamente a Palermo e
per un certo aspetto anche a Torino).
  Avrei da fare ulteriori riflessioni sul
direttore generale dell'informatizzazione del
Ministero. Mentre lei parlava mi è venuto alla
mente come un oscuro e pauroso fantasma un libro,
che ho letto recentemente, a proposito
dell'informatizzazione. Mi piacerebbe sapere se
tutte le accuse - peraltro documentatissime - lì
scritte siano state finalmente dissipate con la
presenza di un'altra donna a dirigere il reparto
informatico del Ministero.
PRESIDENTE.  Lei non ce l'ha con le donne che
dirigono? ALFREDO GALASSO.  No, per carità. C'è
una presenza di
donne nel Ministero di grazia e giustizia che mi
evoca
fantasmi, non personalmente ma perché ho letto un
libro molto documentato.
 PRESIDENTE.  E' una cosa da psicanalisi!
           ALFREDO GALASSO.  Per chi sta dentro a questa
                             vicenda,
non per me, per carità.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Anche in magistratura ci sono sempre più donne.
 ALFREDO GALASSO.  Signor ministro, non sia
elegante nello "scivolare". Ho parlato di donne
che stanno al Ministero di grazia e giustizia e
che sono oggetto di un libro molto documentato,
che ho letto. Non sono affatto misogino,
tutt'altro.
  Mi fermo qui, presidente, con ciò che considero
- anche per la stima che nutro per il ministro
Conso - un impegno da assumere, quello di poter
avere, magari con un rappresentante o  una
delegazione del Consiglio superiore della
magistratura,
una giornata d'incontro in cui affrontare
veramente, in tutti i    suoi aspetti, la
strategia di un'azione investigativa e
giudiziaria contro la mafia, perché ridurla nei
termini di cui stiamo parlando è pur sempre una
cosa alla quale non posso dire di no. Che posso
dire, presidente? Sono d'accordo con il senatore
Brutti e con quanto diceva il ministro sui
tribunali distrettuali, eppure non nascondo
un'insoddisfazione di fondo per il modo con cui
continua ad essere impostata tale questione.
 SALVATORE FRASCA.  Signor presidente, la
relazione del ministro, così come quella resa
nella precedente audizione, è stata molto dotta,
puntale e precisa. Chiedo scusa se non potrò
seguire il ministro sul suo terreno ma, da
combattente da tempo della lotta contro la mafia e
la delinquenza organizzata, vorrei rimanere sul
terreno della concretezza (non che il ministro non
sia stato concreto, ma per la trattazione degli
argomenti che egli
Pagina 2159
ha affrontato non c'è dubbio che doveva usare un
linguaggio ed argomentazioni di tono più elevato).
  Ancora una volta si è posto il problema degli
organici della magistratura e quindi degli
itinerari da percorrere per risolvere questo
problema. Con mia somma meraviglia, per un verso,
ma anche con profonda soddisfazione, per un altro
verso, ho ascoltato il presidente Violante mettere
il dito su alcune piaghe, il che non accade
sovente. Una delle piaghe è rappresentata dalla
forte presenza di magistrati nei ministeri, a
cominciare da quello di grazia e giustizia,
laddove il loro diventa un ruolo burocratico che
non ha nulla
ache vedere con l'amministrazione della giustizia,
con le
funzioni cui essi dovrebbero assolvere. Siccome si
tratta di parecchie unità - un tempo mi pare
fossero 80 solo quelli al Ministero di grazia e
giustizia ma credo che siano in totale più di un
centinaio quelli distaccati presso i vari
ministeri -              bisognerebbe trovare il
modo per recuperare questi
magistrati all'amministrazione della giustizia,
procedendo parallelamente alla riforma del
Ministero di grazia e giustizia, che dovrebbe
diventare autonomo rispetto al potere giudiziario,
se è vero come è vero che la presenza di un numero
molto elevato di magistrati priva il Ministero di
grazia e giustizia della sua autonomia e determina
una confusione di ruoli. Anche se formalmente i
magistrati che lavorano presso il Ministero di
grazia e giustizia escono dagli organici, sappiamo
che la loro uscita è provvisoria, che spesso
alcuni escono ed entrano. Questo problema, secondo
me, andrebbe affrontato unitamente a quello della
riforma del Ministero di grazia e giustizia, che
dovrebbe essere, come si dice, la regina delle
riforme.
         C'è anche, presidente, un problema di giornate e
                             di orari
di lavoro. Nei pochissimi mesi in cui sono stato
sottosegretario al Ministero di grazia e giustizia
sono andato in giro per l'Italia e quando mi è
capitato di entrare di buon mattino in certi
tribunali, come quelli di Torino, di Milano, di
Bologna, ho visto che le udienze fissate per le 9
iniziavano effettivamente a quell'ora. Non così
avviene, per esempio, presso il tribunale di
Napoli, dove le udienze fissate per le 9 non
iniziano prima delle 11 (non parliamo dei
tribunali della Calabria, dove le 11 diventano le
12). Questo modo di procedere secondo me andrebbe
disciplinato: ci sono giornate di lavoro e c'è un
orario di lavoro, che dovrebbe essere osservato
anche dai magistrati. Qui si potranno invocare
tutta un'altra serie di problemi, come
l'autogestione e         l'autogoverno: siamo
perfettamente d'accordo, però un
richiamo ad una maggiore sensibilità perché si
operi e si lavori di più andrebbe mosso. Ieri, per
esempio, mi sono trovato per caso dinanzi alla
corte d'appello di Catanzaro ed ho visto
magistrati entrare alle 11 ed uscire alle 12,30!
Non so come si possa fare pienamente il proprio
dovere quando in giorni di udienza si lavora così
poco. Questi problemi li dobbiamo esaminare
seriamente e concretamente; diversamente,
discettiamo ma non combiniamo un bel niente perché
non risolviamo i problemi.
  Vengo al tema delle procure distrettuali. Ora
non è presente il collega Galasso, ma devo dire
che l'esperienza che si va realizzando in Calabria
è fortemente positiva a questo riguardo.
 PRESIDENTE.  Dappertutto!
 SALVATORE FRASCA.  In Calabria abbiamo due
procure distrettuali, quella di Reggio Calabria e
quella di Catanzaro; soprattutto quella di
Catanzaro sta ottenendo grandi risultati. Nella
mia zona, la piana di Sibari, nel corso degli
ultimi anni si erano registrati numerosi delitti
rimasti impuniti e le cosche la facevano da
padrone. Adesso, le cosche stanno per essere
sconfitte e si sono scoperti anche gli autori dei
delitti. Quindi, non dovremmo mettere in dubbio
quel che abbiamo fatto ma semmai esaltarlo. Di
conseguenza, anche perché il dibattito culturale
intorno a questo argomento ha portato a
conclusioni pratiche, sono favorevole
all'istituzione dei tribunali distrettuali.
Pagina 2160
  Signor ministro, vorrei sommessamente invitarla,
in attesa che si sciolga il nodo dei tribunali
distrettuali, a non mettere in allarme - per
carità! - tribunali che stanno lavorando e che
cercano di fare il loro dovere facendo balzare
dinanzi a loro il cappio della soppressione,
perché tutto
questo non giova alla giustizia. Lo dico con
riferimento alla ventilata soppressione - faccio
riferimento alla mia regione, perché è bene che si
portino nel dibattito esperienze concrete - dei
tribunali di Castrovillari, di Paola, di Rossano e
di
Lamezia. A proposito di questi ultimi aggiungo che
lo Stato è uno e non può agire in maniera caotica
e disordinata. Per esempio, in provincia di
Cosenza si sta discettando sull'istituzione di una
nuova provincia nella Calabria superiore. Va da sé
che se non si risolve questo problema non si può
neanche risolvere quello della riorganizzazione
dei tribunali, perché si potrebbe sopprimere un
tribunale, quello di Castrovillari o quello di
Rossano, per poi ricostituirlo nel caso in cui
Castrovillari o Rossano diventassero nuove
provincie. Poi, bisogna raccomandare a chi si
interessa di queste cose di avere un minimo di
rispetto per la geografia. Per esempio, il
tribunale di Rossano dovrebbe essere soppresso ed
i comuni che attualmente sono serviti da quel
tribunale dovrebbero far capo al tribunale di
Crotone. Ma Crotone è diventata provincia, è
un'altra realtà! Come si fa a decidere queste
cose, che nascono fuori dalla realtà, nel chiuso
degli uffici? Tutto questo non serve e non è
giusto!
  Con il ministro Martelli avevamo avviato un
discorso sull'efficienza, sull'operatività ed
anche sulla trasparenza della giustizia in
Calabria. Sono temi che ci debbono interessare,
perché l'impunità non ha ragione di esistere,
soprattutto non può essere immune da qualsiasi
responsabilità il magistrato; diversamente, non ci
sarà mai una giustizia giusta. So che dire queste
cose nel Parlamento italiano diventa pericoloso
dal momento che l'ombra di Tangentopoli si addensa
su di noi; ma chi di Tangentopoli non ha paura, ha
il diritto-dovere di fare il parlamentare e di
denunciare le cose che non vanno anche nel pianeta
giustizia. Ed io ho denunciato vicende di una
gravità eccezionale già 15-16 anni fa, quando
cominciavo la mia carriera parlamentare, che ora
si esaurirà per l'emendamento del senatore
Scivoletto.
 PRESIDENTE.  Non è il solo!
 SALVATORE FRASCA.  L'anno scorso, dopo 15 anni,
ho avuto finalmente ragione per quanto riguardava
le mie denunce sul modo in cui funzionavano la
procura ed il tribunale di Paola. Alzandomi di
buon mattino ho letto sulla stampa che quel
procuratore della Repubblica si era dimesso, da
procuratore e da magistrato, sostenendo che non
poteva fare il suo dovere dal momento che glielo
impedivano i suoi sostituti. Queste erano cose che
avevo denunciato 15 anni fa! Comunque, finalmente,
anche dopo questa clamorosa denuncia del
procuratore di Paola, si è arrivati ad una
conclusione da parte dell'organo competente, il
Consiglio superiore della magistratura: si è
deciso di sospendere dalle funzioni e dallo
stipendio uno dei sostituti, di trasferirne altri
due, nonché il presidente del tribunale. Però, il
provvedimento è rimasto incompleto, perché mentre
per uno dei sostituti vi è stata la sospensione e
per l'altro il trasferimento, non si è andati
avanti per il presidente e per il resto della
procura. Anche se devo dire che forse è stato
salutare tutto quel che è avvenuto, perché
finalmente abbiamo una procura che è diventata
reattiva e di questo va dato atto al procuratore
della Repubblica (non così per il presidente del
tribunale). Li vogliamo sostituire i magistrati
che sono andati via dalla procura e quelli che
andranno via dal tribunale? Il tribunale di Paola
dovrebbe essere soppresso ma Paola è una zona di
guerra contro la mafia e contro la delinquenza
organizzata. Ne sa qualche cosa il collega Cabras,
il quale ha avuto la possibilità di ascoltare i
magistrati e le varie autorità locali incontrate
nel corso del sopralluogo
Pagina 2161
effettuato dalla Commissione in Calabria. In
definitiva,
ministro, intendo segnalarle la necessità di
colmare tempestivamente i vuoti venutisi a creare
a Paola.
Inoltre, signor ministro, vorrei che lei mi
aiutasse a
risolvere un mistero. Il Ministero di grazia e
giustizia ha incaricato il dottor Granero di
effettuare un'indagine sul funzionamento della
procura del tribunale di Paola. Tale indagine è
stata eseguita e le sue risultanze sono contenute
in dieci volumi che confermano la veridicità delle
nostre denunce. Successivamente, il dottor Granero
è stato incaricato di eseguire una seconda
indagine. Tutto questo accadeva nel mese di
dicembre del 1992; sono trascorsi sei mesi, ma non
si riesce ad avere il rapporto relativo a questa
seconda indagine. Nel frattempo apprendiamo e
sentiamo qualche magistrato sussurrare che, mentre
si sarebbe stati sul punto di mettere le mani su
elementi pericolosi, da Roma (mi pare dallo stesso
ispettore) sarebbe arrivato il "fermo". Si tratta
di fatti di una gravità eccezionale!
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Questo lo escludo!
 SALVATORE FRASCA.  Allora, signor ministro,
propongo di convocare in questa sede il
procuratore ed il sostituto procuratore che
attualmente operano a Paola, per stabilire se
quello che vado denunciando sia vero oppure no!
Del resto, il presidente Violante mi darà atto di
aver denunciato queste vicende nel corso di un
convegno svoltosi a Cosenza e da lui stesso
presieduto. E' comunque strano che, dopo sei mesi,
non si riesca ancora ad avere la relazione scritta
dalla quale sono emersi fatti di una gravità
eccezionale. Mi domando chi voglia coprire tutto
quello che è accaduto. Vi sono testimoni,
cittadini, che hanno sfidato la mafia e
sottoscritto affermazioni molto gravi! Sulla base
delle dichiarazioni rilasciate da questi cittadini
ed effettuando indagini rigorose, si potrebbe
risalire a responsabilità di alto, altissimo
livello; eppure, nulla si fa a questo proposito!
Non vorrei che ciò accada perché si vuole mettere
il manto delle protezioni politiche sui fatti
denunziati dai cittadini ed accertati dal dottor
Granero. Signor ministro, la cosa strana è che
sono passati sei mesi! Lei, in sei mesi, sarebbe
in grado di scrivere tre volumi!
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Sì, ma li farei molto brutti!
          SALVATORE FRASCA.  E' possibile che in sei mesi
                              non si
riesca a scrivere una relazione?
  Vorrei ora affrontare un'altra questione. Il
nostro, signor presidente, è un Parlamento che
ormai si è lasciato autosvilire e che non ha più
il coraggio di parlare e di assolvere al proprio
ruolo. Un tempo, se il ministro competente non
rispondeva alle interrogazioni o alle
interpellanze...
 PRESIDENTE.  ...non succedeva niente!
 SALVATORE FRASCA.  No, c'erano dei guai! Ricordo
- anche lei, presidente, dovrebbe ricordarlo - che
alla Camera quattro colleghi del partito radicale
riuscivano ad ottenere settimanalmente una
risposta dai vari ministri. Ricordo, in
particolare, che il ministro Bonifacio venne a
rispondere ad alcune interpellanze di una certa
gravità da me presentate. Oggi non si risponde più
alle interrogazioni! Signor ministro, le
consegnerò il testo di alcune mie interrogazioni.
Non so più a quale santo votarmi: probabilmente
l'unica possibilità che mi resta è di indurre il
Presidente Spadolini a trascinare in Senato i
rappresentanti del Governo perché rispondano ai
miei atti di sindacato ispettivo! In caso
contrario, lascerò la mia carica di senatore, così
resterà solo il Presidente Spadolini, visto che
non siamo in grado di far rispettare le
prerogative dei parlamentari!
  Da tempo vado denunciando un uso strumentale
della
giustizia da parte della procura della Repubblica
di Castrovillari, la quale agisce contro certi
sindaci e non
Pagina 2162
contro altri. Vado denunciando il fatto che lo
stesso tribunale lascia decorrere i termini al
fine di non celebrare processi contro determinati
amministratori e politici corrotti! Vado
denunciando che un processo di mafia, qual è
quello Cirillo, il processo più importante che si
sia celebrato nella piana di Sibari, si sia
concluso in istruttoria dopo che erano stati
eseguiti arresti clamorosi! In quel caso si è
proceduto prelevando un magistrato dalle sezioni
civili e trasferendolo a quelle penali, per far
chiudere in istruttoria questo processo! Poiché da
anni denuncio questi fatti, i casi sono due: o
sono un pazzo (in questo caso sarebbe allora
opportuno ripristinare le vecchie cliniche
psichiatriche e farmi legare, come accadeva un
tempo, ad un letto di contenzione), oppure dico la
verità. In quest'ultima ipotesi, lo Stato italiano
deve far valere le esigenze della giustizia, della
trasparenza e della correttezza anche nei
confronti di questi personaggi!
            Signor ministro, noi vogliamo la giustizia,
                           vogliamo che
la giustizia funzioni soprattutto nella lotta
contro la mafia e        la delinquenza
organizzata, ma vogliamo anche che questa
giustizia sia trasparente e, soprattutto, più
giusta.
              MARIO BORGHEZIO.  Il signor ministro mi
                         giustificherà se
farò una premessa che, nonostante sia fuori tema,
J comunque collegata ad un impegno morale che ho
assunto con il padre di Andrea Cortellezzi. E' mio
dovere rivolgere anche a lei, come ho già fatto
con il ministro Mancino, l'invito a rilasciare
pubbliche dichiarazioni per rassicurare i parenti
delle vittime dei sequestri ancora non risolti (si
tratta di cinque casi) sul fatto che le indagini
proseguono in tutte le direzioni e che le vicende
non sono comunque considerate chiuse, anche per
quanto riguarda l'eventuale ricerca dei corpi dei
rapiti. Chiedo inoltre al ministro di grazia e
giustizia se, cogliendo l'occasione dell'odierna
audizione, possa dirci qualcosa a proposito del
presunto rapimento (speriamo non si tratti di
qualcosa di diverso) del bimbo Domenico Nicitra.
Credo, infatti, che analoga preoccupazione debba
esservi anche per questo innocente figlio di un
presunto mafioso. In particolare, chiediamo lo
stesso rigore e la stessa attenzione da parte
degli organi dello Stato nei confronti di questo
ragazzino di origine siciliana.
          Per quanto riguarda la sua relazione, vorrei da
                              lei un
sintetico giudizio politico su tutto ciò che vi è
stato a monte dell'amministrazione della
giustizia. Lei ha disegnato un quadro onesto della
situazione in cui ci siamo venuti a trovare per
quanto riguarda la celebrazione di importantissimi
procedimenti attinenti a delitti e reati di
criminalità organizzata. Tuttavia, mi pare
evidente che questa situazione non è certo nuova
per lo Stato italiano. Accade infatti che, dopo le
grandi dichiarazioni di intenti, al momento di
giungere alla conclusione una sorta di imbuto
burocratico, strutturale ed organizzativo (mi
riferisco, in particolare, al tribunale) finisca
per caducare l'impegno e le conclamate
dichiarazioni di intenti. Vorrei sapere se lei non
ritenga che sia mancato da parte
dell'amministrazione centralista statale della
giustizia un'attività puntuale di monitoraggio
della situazione. Sono convinto, infatti, che
l'insorgere del problema della paralisi
dell'attività dibattimentale avrebbe potuto essere
previsto. Vorrei anche sapere cosa si faccia e
cosa intenda fare l'attuale amministrazione per
impedire che le carenze registratesi in passato
continuino a manifestarsi anche in futuro. Lei ha
previsto, per esempio, un monitoraggio a
livello regionale - con riguardo a ciascuna corte
d'appello
-in ordine alla situazione dei processi, sì da
poter seguire
progressivamente l'evolversi della situazione e da
prevedere in tempo utile le esigenze strutturali e
di organico?
Infine, vorrei chiedere al signor ministro un
chiarimento
su un punto del fascicolo che ci è stato distribuito
e che riguarda la situazione degli organici e dei
processi per
criminalità organizzata. Mi riferisco, in
particolare, ai dati relativi al Piemonte ed alla
Valle d'Aosta. Nella pagina in cui si fa cenno ai
dati di questo
Pagina 2163
distretto non è indicato alcun processo giunto al
dibattimento. Siamo reduci da una visita in
Piemonte ed in Valle d'Aosta, nel corso della
quale abbiamo constatato la gravità e la forza
della sfida della criminalità organizzata di
stampo mafioso. Chiedo a lei un giudizio su questa
situazione, invero ancora molto debole, dei
procedimenti giunti al dibattimento.
 PRESIDENTE.  Do la parola al senatore Brutti,
auspicando che il dibattito possa essere
ricondotto alle questioni sulle quali abbiamo
chiesto al ministro di soffermarsi.
 MASSIMO BRUTTI.  Esprimo accordo
sull'impostazione proposta dal ministro, dalla
quale mi pare emergano alcuni punti fondamentali:
anzitutto, l'esigenza di razionalizzare gli
strumenti giudiziari utilizzati nel perseguire i
reati di mafia e nel condurre la lotta contro la
criminalità organizzata. In effetti, in questi
anni abbiamo proceduto per approssimazioni
successive, attraverso una serie di interventi
normativi spesso dettati dall'urgenza. E' emersa
quindi una giusta e condivisibile esigenza di
razionalizzazione nonché la necessità di pensare
prima di assumere le decisioni. Al tempo stesso vi
è però la necessità di un impegno operativo sul
versante dell'amministrazione ed anche su quello
delle poche ma rilevantissime innovazioni
normative di cui abbiamo bisogno in tempi
brevissimi. Prendo atto delle considerazioni che
il ministro ha svolto sulla questione centrale dei
tribunali distrettuali nonché del suggerimento in
base al quale le nuove norme debbano applicarsi a
tutti i dibattimenti ancora non fissati dal
giudice per le indagini preliminari. A maggior
ragione, tuttavia, se noi assumiamo questo punto
di riferimento temporale, mi permetto di
sottolineare l'urgenza di introdurre queste norme.
Noi abbiamo già ora una serie di rinvii a giudizio
che via via si vengono snodando davanti ai nostri
occhi e che non sono concentrati soltanto nelle
zone tradizionalmente interessate dalla mafia. Ho
letto sui giornali di oggi, per esempio, che è
stato deciso il rinvio a giudizio, se non sbaglio,
di Reno Giacomelli e di Giacomo Riina, che sono
due personaggi chiave degli insediamenti mafiosi
nell'Italia centrale. In definitiva, il lavoro
delle procure sta andando avanti e giunge a
compimento con decisioni anche da parte dei GIP.
Proprio per tale ragione, è necessario provvedere
tempestivamente all'istituzione dei tribunali
distrettuali. Raccomando pertanto di tenere conto
dell'esigenza di procedere in tempi molto brevi.
            Vorrei ora soffermarmi su una questione che
                            abbiamo già
affrontato nel mese di marzo, quando abbiamo
sottoposto al ministro una relazione sulle
risultanze del  Forum . Si tratta del problema
dell'assegnazione alle procure distrettuali
dell'iniziativa processuale relativa alle misure
di prevenzione previste dalla legislazione
antimafia. Anche in questo caso si tratta di una
misura di razionalizzazione importante. All'epoca,
il ministro si dichiarò d'accordo ed un largo
consenso si manifestò nel corso del dibattito in
Commissione. Anche con riferimento a tale
situazione, chiedo che vengano realizzati al più
presto atti conseguenziali. Nel momento in cui
istituiremo i tribunali distrettuali, saremo in
grado di razionalizzare il disegno complessivo
anche sul terreno delle misure di prevenzione
(titolarità
dell'iniziativa affidata alle procure distrettuali
e decisione ai tribunali distrettuali).
         Per quanto riguarda i collaboratori di giustizia,
                              vorrei
chiedere al ministro se sia stato fatto qualcosa
nella prospettiva di una distinzione, che tutti
noi considerammo utile e necessaria, tra le
strutture ed il personale addetti alla protezione
dei pentiti e quelle preposte invece
all'investigazione (anche in ordine alle
dichiarazioni rese dai collaboratori di
giustizia). Si è fatto qualcosa in questa
prospettiva? Cosa c'è da fare? Quali sono i
problemi emersi in tale settore? Anche a tale
riguardo sottolineo l'esigenza di procedere con
rapidità.
Pagina 2164
  Vorrei inoltre sottoporre al ministro una
questione specifica. Al Senato abbiamo varato una
nuova normativa (che ora sta per essere trasmessa
alla Camera) riguardante l'istituto del soggiorno
obbligato, che in sostanza restringe il soggiorno
obbligato stesso soltanto ai comuni di residenza
dei soggetti sottoposti a quella misura.
L'articolo
25- quater  del decreto-legge n. 306 del 1992 (il
cosiddetto decreto antimafia) definisce le linee
di un istituto che, pur essendo modellato sul
soggiorno obbligato, è tuttavia diverso; mi
riferisco al soggiorno cautelare. Credo che noi
dovremmo formulare anche quella norma nella stessa
logica e nello stesso spirito che ha guidato
l'intervento normativo in tema di soggiorno
obbligato. Richiamo l'attenzione del ministro su
questa esigenza, anche perché i casi più eclatanti
emersi negli ultimi tempi non hanno riguardato
tanto le misure di soggiorno obbligato quanto,
appunto, il soggiorno cautelare. Credo che ciò non
sia utile ma anzi contribuisca a creare nuovi
centri di presenza mafiosa in zone nelle quali gli
apparati dello Stato sono impreparati ad
affrontare il fenomeno. Suggerisco quindi che
anche l'articolo 25- quater  del decreto-legge n.
306 del 1992 venga rimodellato tenendo conto della
riforma dell'istituto del soggiorno obbligato.
  Per quanto riguarda la direzione nazionale
antimafia, ho colto nelle parole del ministro una
considerazione attenta, puntuale, molto analitica
dei problemi aperti e delle incertezze emerse ed
anche (non so se sbaglio) qualche spunto critico,
o almeno l'esigenza di sottoporre questo istituto
ad una verifica attenta per valutare il modo in
cui esso funziona e come si possa intervenire per
farlo funzionare meglio.
Desidero allora insistere su un obiettivo che mi
sembra
prioritario rispetto a tutti gli altri, quello di
definire le strutture operative necessarie per
pervenire alla circolazione delle informazioni,
all'informatizzazione, alla creazione di un
circuito tra le banche-dati delle procure
distrettuali e quella della direzione nazionale
antimafia. Tutto ciò oggi non esiste e rappresenta
invece un obiettivo prioritario, perché per
coordinare bisogna conoscere e la direzione
nazionale antimafia sarà in grado di coordinare
solo in quanto sarà in condizione di conoscere
(oggi non lo è).
  Le decisioni finora adottate, come
l'applicazione di singoli magistrati in varie zone
del paese, sono evidentemente inadeguate rispetto
ai compiti che dovrebbero essere propri della
procura nazionale antimafia. Tentare di
qualificare il ruolo di questo istituto sul piano
di una sorta di diritto di primo accesso ai
collaboratori di giustizia o su altri terreni
investigativi significa, a mio avviso, aggravare
le contraddizioni e le incertezze proprie
dell'istituto. Dobbiamo invece fare il possibile
per qualificare quest'ultimo come istituto e
strumento di coordinamento, non come organismo
addetto alle investigazioni, dal momento che
l'incertezza e l'ambiguità dipendono dalla
sovrapposizione di questi due piani, mentre
occorre, a mio avviso, privilegiarne uno, ossia
quello del coordinamento e della circolazione
delle informazioni, ma per fare questo è
necessario un impegno operativo sul versante
dell'amministrazione. Mi riferisco alla questione
delle banche-dati e dell'informatizzazione.
         I magistrati della direzione nazionale antimafia
                                che
abbiamo ascoltato sono concordi sul fatto che
questa sia la priorità, ed io chiedo di investire
su tale priorità energie, mezzi e progetti
politici.
 PRESIDENTE.  Poiché non vi sono altri interventi,
darò subito la parola al ministro, il quale
risponderà con riferimento a questa  tranche  di
questioni trattate. Tuttavia, siccome siamo in
seduta pubblica, vorrei fosse chiaro che quando si
parla di tribunale distrettuale si non pensa ad un
organismo parallelo alla procura distrettuale,
ossia ad un organismo specializzato (vi sono
alcuni magistrati all'interno della procura
distrettuale che si occupano di questo), ma si
pensa ad una competenza dei tribunali delle città
sedi di corte d'appello per tutti
Pagina 2165
ireati di mafia che avvengono all'interno del
distretto;
tale competenza ruoterebbe all'interno delle
singole sezioni. ALFREDO GALASSO.  Alla maniera
della corte d'assise, per
intenderci.
 PRESIDENTE.  Non vi è quindi un organo  ad hoc ;
lo
dico perché a volte sorgono equivoci su tale
aspetto.
  Credo inoltre che alla Commissione interessi
conoscere le determinazioni del ministro su tale
questione, oltre che su quella specifica
dell'informatizzazione, trattata dal collega
Brutti.
  Do ora la parola al ministro Conso.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia.
Fino ad un attimo fa avevo pensato di rispondere
seguendo l'ordine degli interventi; tuttavia,
proprio le ultime parole del senatore Brutti mi
inducono a "riafferrare" il bandolo sull'aspetto
relativo al circuito informatico, che appare molto
importante. Uno degli impegni che negli
ultimissimi tempi è stato assunto con grande
determinazione, anche di fronte alle richieste
provenienti dagli uffici interessati, è stato
quello di dar vita ad un circuito informatico tra
le varie procure antimafia, tanto che il processo
è già stato avviato ed ha una priorità assoluta.
         Visto che mi è stata rivolta una domanda vertente
                              su tale
aspetto, al quale ho accennato forse un po' in
fretta, desidero ribadire l'estrema fiducia che
merita la persona prescelta per guidare questa
direzione generale presso il Ministero di grazia e
giustizia, anche perché è più unico che raro il
caso in cui, nel compiere una determinata scelta,
si riceve il conforto di plausi generalizzati
provenienti da tutte le parti. Possiamo quindi
dire che siamo in ottime mani, trattandosi di una
persona di grande competenza e già collaudata.
  Il processo in questione sta andando avanti
molto rapidamente anche perché, avendo istituito
in sede ministeriale un comitato preposto ai
problemi dell'informatica, d'intesa con il
Consiglio superiore della magistratura, per certi
aspetti particolari (soprattutto quello di un
programma tipico per quanto riguarda il circuito
informatico della giustizia, con una vera e
propria autonomia), in quella sede sono state
indicate alcune priorità da perseguire. Come
priorità numero uno è stata posta quella di dotare
al massimo di strumenti informatici le procure
distrettuali e la procura nazionale antimafia.
  Venendo ora all'ordine che pensavo di seguire
nelle risposte, anche per una serie di
considerazioni che possono non essere condivise ma
sono legate all'ordine degli appunti che ho preso
(anche se taluni aspetti sono ricorrenti), devo
dire che quasi inevitabilmente ogni volta che si
giunge ad un incontro importante, anche se gli
argomenti sono ben individuati ed eventualmente
numerosi, lo spazio si allarga sempre di più, a
dimostrazione del fatto che i problemi della
giustizia sono tra loro così connessi e
concatenati che non è possibile mantenersi in un
ambito circoscritto.
  Ho cercato comunque di presentarmi a questo
incontro abbastanza preparato (dico abbastanza
perché i temi sono talmente numerosi che non ho
potuto neanche affrontarli tutti).
         Il senatore Brutti ha richiamato l'attenzione sul
                             problema
della legittimazione in tema di misure di
prevenzione; si tratta proprio della questione che
stavo affrontando quando il presidente mi ha
invitato a rinviarne la trattazione ad un momento
successivo, visto che si era già parlato di molti
argomenti. Comunque, poiché mi è stata rivolta una
domanda specifica, ribadisco che sono d'accordo su
tale iniziativa, da estendere anche alle procure
distrettuali. Tuttavia, proprio le modifiche che
stanno intervenendo in tema di misure di
prevenzione personale giustificano forse un
momento, se non di attesa, almeno di coordinamento
su questo punto.
  Su alcuni aspetti mi riservo comunque di
rispondere personalmente inviando una missiva a
chi ha posto le domande oppure intervenendo
un'altra volta in Commissione.
Pagina 2166
  Per quanto riguarda, ad esempio, le
interrogazioni del senatore Frasca, poiché
l'ultima da lui presentata è piuttosto recente,
probabilmente la relativa risposta è in corso di
stesura. Devo altresì rilevare che quasi ogni
giorno firmo molte risposte ad interrogazioni
parlamentari; le risposte quindi verranno date,
anche se a volte possono tardare.
SALVATORE FRASCA.  Non ne ho ricevuta neanche una.
GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia.
Le
darò comunque notizia. Tra l'altro, alcune
interrogazioni sono state presentate ai miei
predecessori. Per esempio, il senatore Frasca ha
fatto riferimento ad interrogazioni presentate nel
settembre del 1992; ritengo che egli possa
giustamente chiedere che io risponda ad
interrogazioni rivolte a me, mentre per quelle
presentate in precedenza (che devono
essere comunque oggetto di risposta), essendo
pervenute prima che io mi occupassi di tali
questioni, mi si consenta di dare una risposta
dettagliata in un momento successivo.
         Tra l'altro, le interrogazioni che giungono sono
                               così
numerose che si cerca di rispondere almeno a
quelle indirizzate alla propria persona.
  Le darò comunque contezza, senatore Frasca, di
quello che lei giustamente chiede, ma mi dia il
modo di farlo. Ricordo altresì che sono
intervenuto alla seduta odierna per rispondere non
alle interrogazioni presentate nel corso di un
decennio ma ad alcune domande. Domani cercherò
tuttavia di soddisfare la giusta richiesta del
senatore Frasca, ma in questo momento non sono in
condizione di farlo. Sempre in un momento
successivo risponderò in merito all'ispezione
Granero, che del resto è oggetto dell'ultima
interrogazione presentata, che riceverà al più
presto una risposta formale.
           I temi di fondo trattati oggi sono stati due,
                             visto che
poi ci siamo arrestati. Il primo riguarda i
tribunali distrettuali ed il secondo i rapporti
tra la direzione nazionale e le procure
distrettuali antimafia. Mi pare che in linea di
massima le voci che abbiamo ascoltato, salvo
qualche eccezione, siano state concordi
nell'affermare che le procure distrettuali
funzionano bene e quindi può essere auspicabile
l'istituzione dei tribunali distrettuali. Il
senatore Brutti ha affermato addirittura che tale
istituzione è urgente e non bisogna perdere tempo
al riguardo.
  In linea di massima, quindi, le opinioni sono
state
positive, anche se vi sono le riserve espresse
dall'onorevole Galasso, un grande esperto di tali
questioni; mi è parso però, in definitiva, di
ascoltare una battuta, se si vuole un po'
polemica, ma che tutto sommato può confortare chi
è favorevole all'istituzione dei tribunali
distrettuali: mi riferisco all'ipotesi di
prevedere a livello distrettuale il giudice e non
la procura; il fatto che il terminale sia
distrettuale trova quindi tutto sommato anche un
certo appoggio nell'ambito di una presa di
posizione un po' critica nei confronti di risposte
emotive ed emergenziali anziché collegate ad un
quadro più generale.
  L'onorevole Imposimato, che ha preso posizione
per primo su tale problema, ha sottolineato che
un'eventuale centralizzazione comporterebbe viaggi
più lunghi per i testimoni e nuovi problemi di
sicurezza. Egli ha giustamente posto l'accento su
un problema che potrà essere affrontato. Tutto
sommato però i vantaggi derivanti dal tribunale
distrettuale prevalgono, a mio avviso, sui
suddetti aspetti, che vanno certamente curati ma
che non eliminano il vantaggio.
Lo stesso onorevole Imposimato ha accennato ad un
problema
successivamente ripreso dall'onorevole Tripodi, il
quale si è pronunciato contro la centralizzazione,
affermando che bisogna assicurare la giustizia sul
territorio e non centralizzare troppo. Anche altri
hanno trattato questo aspetto e ricordo, in
particolare, le preoccupazioni espresse dal
senatore Frasca su alcune sedi di tribunale di cui
verrebbe minacciata la soppressione.
  Il discorso si allarga allora fino ad investire
un problema collegato anche
Pagina 2167
all'intervento del presidente Violante, il quale
ha accennato all'ipotesi di un giudice unico di
primo grado. Devo svolgere al riguardo due
osservazioni: la questione della revisione delle
circoscrizioni giudiziarie, con l'ipotizzata
soppressione di taluni tribunali, è diventata una
dei maggiori motivi, per così dire, di disturbo
della mia vita quotidiana. Anche oggi ho ricevuto
due telefonate, provenienti da due zone d'Italia,
in cui il sindaco, oltre ad alcuni avvocati e
magistrati, chiedevano di venire a parlarmi
affinché non venisse soppresso il tribunale di una
città o di un'altra.
E' bene allora che si sappia (colgo l'occasione
per
parlarne in una sede così importante e l'ho già
detto rispondendo singolarmente a queste
richieste) da dove è nata questa psicosi di
soppressione dei tribunali. Quello della revisione
delle circoscrizioni giudiziarie è un problema
reale, di cui si parla da tempo ed è stata
evidenziata la necessità di tale revisione (si è
detto che vi sono uffici inutili e così via). Si
tratta tuttavia di un tema che resta sempre sullo
sfondo perché manca il tempo o la forza per
affrontarlo.
  Qualche tempo fa al Consiglio superiore della
magistratura un consigliere che da tempo dedica le
proprie meditazioni a tale argomento aveva
predisposto uno studio basato sulla statistica e
concernente tutto il territorio nazionale. Avuta
l'autorizzazione, ha inviato questa relazione,
questa ipotesi di lavoro, a tutti i presidenti
delle corti d'appello italiane. Intendiamoci: non
è che il Consiglio superiore della magistratura ha
adottato una certa delibera e poi l'ha diffusa per
avere il parere, ha semplicemente autorizzato
questo studio come motivo d'interesse, come base
di analisi di un tema che esiste, ma senza nessun
intento di risolverlo così rapidamente. Questo
studio arriva nelle varie presidenze di corte di
appello e la voce si diffonde. Siccome in questo
piano si menzionavano tribunali per i quali si
indicava una dose di lavoro inferiore a certi
canoni statistici, ecco che questo testo ha
assunto improvvisamente un peso che esso,
magari interessante dal punto di vista culturale,
sul piano istituzionale assolutamente non ha. Il
Ministero con questa cosa non c'entra niente,
anche se continuano ad arrivare al Ministero
numerose telefonate e lettere. Desidero dire che
il Ministero è estraneo...
 PRESIDENTE.  Non c'entra.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Non c'entra proprio niente. Se posso fare una
battuta scherzosa, con tutto il rispetto.
 SALVATORE FRASCA.  Siccome, per esempio in
Calabria, sono da tempo in corso scioperi presso i
tribunali che ho menzionato, lei potrebbe dire una
parola tranquillizzante...
PRESIDENTE.  Hanno smesso oggi.
 SALVATORE FRASCA.  Una parola precisa da parte
sua farebbe finire questo caos.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Lei lo dice a me, ma io tra gli infiniti problemi
che ci sono -            e vediamo che sono grandi
e difficili - ho avuto molto del
mio tempo bruciato da queste telefonate e visite.
All'inizio venivano di persona ed io cercavo di
calmarli; adesso mi limito a rispondere per
telefono. Però, l'inquietudine di cui
lei parlava è stata tale e tanta che si sono
determinate molte astensioni dal lavoro. Volevo
fare una battuta scherzosa: con tutti i problemi
che ci sono, ci voleva anche questa idea? Non
bastano già tutti i problemi che abbiamo? E' una
base che verrà tenuta presente in futuro, quando
nuove legislature potranno avere tempi e modi per
decidere. Posso aggiungere, così rispondendo anche
al presidente, che ho deciso - proprio per
dimostrare che il Ministero in quella faccenda non
c'entrava ma al tempo stesso riconoscendo che il
problema esiste e che, come dice l'onorevole
Galasso, è una di quelle riforme che vanno fatte
non sull'onda dell'emozione ma studiandole con
ponderazione nei
Pagina 2168
tempi necessari - di istituire una commissione,
che si sta formando in questi giorni, che avrà
come compito quello di studiare le circoscrizioni
giudiziarie ma in un'ottica molto diversa, non
quella della eliminazione qua e là di uffici
giudiziari ma quella di una revisione basata
sull'idea del giudice unico di primo grado, salvo
l'assise ed alcune ipotesi particolari. E' una
tesi che risale al 1977-1978, quando fu lanciata
da Bonifacio, suscitando vivaci dibattiti. Quindi,
revisione delle circoscrizioni giudiziarie ma
nell'ottica del giudice unico di primo grado. Il
giudice unico di primo grado, che svolgerà le
funzioni del pretore e del tribunale, farà sì che
nessuno dei tribunali oggi esistenti possa venir
soppresso, perché se passerà questa proposta è
chiaro che nelle varie sedi se non altro vi sarà
la pretura. Non è detto che questa idea si
concretizzerà, ma siamo in parecchi a cullarla ed
anche il presidente Violante l'ha rilanciata.
Vogliamo verificarla con molta calma e la
commissione da me istituita comincerà a preparare
il lavoro per il futuro, senza alcuna fretta. E'
un modo per dire che il problema della revisione
delle circoscrizioni giudiziarie è reale ma non lo
si risolve eliminando tribunali bensì in
quest'altro modo, cioè trasformando preture e
tribunali in giudici monocratici di primo grado,
il che permetterebbe anche una maggiore
utilizzazione di magistrati. Questo mi correva
obbligo di dire, sia per rispondere a talune
preoccupazioni di vario genere sia per dare questa
informativa specifica.
             Sempre l'onorevole Imposimato ha portato
                          l'attenzione su
un caso particolare, quello del tribunale di
Napoli, richiamato in più di un intervento, perché
il problema del palazzo di giustizia di Napoli è
certamente assai delicato (ne ha parlato anche
l'onorevole Tripodi in collegamento con la
questione della nomina del procuratore della
Repubblica di
Napoli). A questo proposito, desidero dire che sul
problema generale della giustizia a Napoli - molto
delicato e grave, in particolare quello edilizio -
con grande determinazione si è scelta la via che
si imponeva in maniera assoluta, perché i lavori
per il nuovo palazzo di giustizia, nella sede che
è stata scelta da tempo, sono iniziati nel 1975.
E' stata spesa una cifra enorme e resta da finire
una piccola porzione. Siamo riusciti a sbloccare
l'ultima  tranche  di 20 miliardi per il
completamento.
PRESIDENTE.  L'altro giorno il prefetto ha
firmato. GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e
giustizia . Il
Presidente Ciampi prima di partire per Tokio ha
firmato su mia preghiera. E' stato un modo per
tranquillizzare l'ambiente napoletano. Ho chiesto
al Presidente Ciampi di firmare ed il suo
segretario particolare mi ha comunicato che lo
aveva fatto prima di partire. Quindi, questa
vicenda è in dirittura di arrivo; verranno
rispettate le scadenze; l'impresa è impegnata a
completare i lavori ed abbiamo anche predisposto
per la
sicurezza all'esterno, elemento che diventa
decisivo in questo momento. Ci siamo assicurati
quel palazzo di 12 piani in cui passerà la procura
della Repubblica, in modo che anche il tribunale
distrettuale possa trovare una sede adatta.
Spingeremo al massimo anche per ciò che concerne
gli arredi, in modo che all'inizio dell'anno
prossimo si possa imprimere una svolta alla
giustizia a Napoli.
  Per quanto riguarda la persona da nominare
procuratore della Repubblica di Napoli, devo dire
che da parte mia il problema dei capi degli uffici
è di un'importanza determinante. Mi ricollego a
quanto ha detto all'inizio, il presidente Violante
sugli orari di lavoro, argomento sul quale si è
poi soffermato anche il senatore Frasca. Questi
sono problemi dei capi degli uffici, soprattutto a
livello di presidenti di corte d'appello e di
procuratori generali. Ritengo che il problema dei
capi degli uffici sia fondamentale. E' un ruolo
cui molti aspirano, quasi come fosse un sogno
della propria vita: essendo una funzione
importante, bisogna che sia gestita nel modo più
completo ed adeguato
Pagina 2169
possibile. Ora, direi che la prima esigenza è di
non tardare troppo nella copertura dei posti;
invece, molte volte si constata che le procedure
si trascinano a lungo. Certo, ci sono rischi di
ricorsi al TAR, per cui è chiaro che le
motivazioni devono essere oculate ed attente. Da
parte mia, mi limito a pungolare il più possibile,
nel senso di chiedere che le delibere mi siano
inviate al più presto per il concerto, per non
perdere tempo. Quella di Napoli non mi è ancora
pervenuta. L'ho sollecitata, perché mi giunga il
più presto possibile, in coerenza con questo
principio generale.
PRESIDENTE.  Informo i colleghi che è iniziata
alla
Camera la seconda chiama per la votazione sulla
fiducia posta sul decreto-legge n. 155 del 1993.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Quindi, per quanto riguarda Napoli sto attendendo
e risponderò molto rapidamente.
         GIROLAMO TRIPODI.  Dicevo un'altra cosa, parlavo
                               di un
riesame...
 PRESIDENTE.  Onorevole Tripodi, può intanto
recarsi a votare e tornare subito dopo.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Terrò in sospeso le risposte alle domande
dell'onorevole Tripodi e passerò alle altre.
 PRESIDENTE.  Scusi, signor ministro: avverto i
deputati che possono allontanarsi per partecipare
alla votazione.
(I deputati membri della Commissione escono
dall'aula) .
                   PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                           PAOLO CABRAS
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Al senatore Brutti ho già in parte risposto.
Egli mi ha chiesto quale sia la via più rapida da
seguire per l'istituzione dei tribunali
distrettuali. Per corrispondere all'urgenza, la
via più rapida sarebbe quella del decreto-legge ma
sorgono dubbi sulla sua agevole praticabilità per
la istituzione di uffici giudiziari. Certo, il
disegno di legge richiede più tempo. D'altra
parte, questi dibattimenti stanno per essere
fissati e quindi bisognerebbe accelerare i tempi.
Ne faremo oggetto di meditazione in sede
governativa, anche con gli altri ministri,
soprattutto per quanto riguarda la percorribilità
della via del decreto-legge.
  Le misure di prevenzione mi pare che vadano
inserite in quel quadro, quindi quelle
osservazioni sulla misura del soggiorno, che si
stanno portando alla Camera, una volta definite,
potrebbero permettere di risolvere questo
problema.
MASSIMO BRUTTI.  Si potrebbe in quella sede
correggere
l'articolo 25- quater ?
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Dovrebbe poi tornare al Senato. Sarebbe sempre
tempo guadagnato rispetto ad un nuovo
provvedimento di legge.
PRESIDENTE.  Un nuovo provvedimento impiegherebbe
più
tempo.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Qualche deputato potrebbe prendere l'impegno di
presentare un emendamento, anche se l'iniziativa
potrebbe essere assunta anche dal Governo. A
questo riguardo, prendo nota della questione, cioè
dell'inserimento di una norma sull'attribuzione
anche al procuratore distrettuale dell'iniziativa
per le misure di prevenzione. Questo sarebbe
l'inserimento da lei richiesto? Almeno questo era
il paragrafo di cui avevamo parlato nella
precedente audizione: procure distrettuali e
misure di prevenzione.
           PRESIDENTE.  Sono due questioni: le misure di
                            prevenzione
ed il soggiorno cautelare.
Pagina 2170
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Ma quello è l'oggetto del testo. Il testo
approvato dal Senato...
MASSIMO BRUTTI.  Riguarda il soggiorno obbligato,
che è
cosa diversa dall'articolo 25- quater .
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Sì, è vero sono due cose diverse. Tutte e due si
possono però...
         MASSIMO BRUTTI.  Mi sembra semplice inserire nel
                               testo
che va ora alla Camera un emendamento specifico
sul soggiorno cautelare.
               PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                         LUCIANO VIOLANTE
 MASSIMO BRUTTI.  Nel testo che rimodella
l'istituto del soggiorno obbligato si potrebbe
inserire anche l'istituto del soggiorno cautelare
limitandolo ai comuni di residenza. La questione
dell'iniziativa per le misure di prevenzione è un
po' più complicata. Ritengo sia difficile
inserirla in questo provvedimento.
 PRESIDENTE.  Non essendovi obiezioni, proseguiamo
i nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la
disattivazione del circuito audiovisivo interno.
 (La Commissione procede in seduta segreta).
 PRESIDENTE.  Riprendiamo i nostri lavori in
seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del
circuito audiovisivo interno.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Al senatore Frasca devo molte risposte. Per
quanto riguarda i magistrati che mancano, tutti
chiedono il rafforzamento degli organici. Da tutte
le parti chiedono magistrati e non è che ci
sia la possibilità di crearli dal nulla. Si tratta
di problemi molto delicati. Il senatore Frasca
propone di "recuperare" dai ministeri gli oltre
cento magistrati che sarebbero colà impegnati.
Debbo dire che, già da qualche tempo, il numero è
stato alquanto ridotto e alle richieste degli
altri ministeri rispondiamo ormai sistematicamente
di no. Del resto, lo stesso CSM segue questa
linea. Attualmente i magistrati presso il
ministero sono 70-75. Tale numero potrà certamente
essere ridotto anche per effetto della revisione e
della ristrutturazione introdotte dal decreto
legislativo n. 29 del 1993. A tale proposito si
creerà un certo spazio per la possibilità di
utilizzare personale di cancelleria anche ai fini
dello svolgimento di determinate attività.
  Per quanto riguarda la riforma del Ministero di
grazia e giustizia, nella precedente legislatura
sono stati presentati alcuni progetti di legge di
iniziativa parlamentare, alcuni dei quali mi
sembra siano stati riproposti anche in quella
attuale. Oggi non vi è più bisogno di ricorrere a
tali iniziative giacché è stata conferita una
specifica delega al Governo. A tal fine,
un'apposita commissione sta predisponendo un
progetto di riforma, che cercheremo di attuare nei
tempi più rapidi possibili, tenendo tuttavia
presente che quando si toccano problemi di
inquadramento del personale è necessario che nella
dialettica intervengano altri ministeri, in
particolare quello della funzione pubblica, che in
questi casi finisce per avere un ruolo quasi
predominante. Mi auguro di poter realizzare la
riforma da tempo attesa utilizzando il percorso
del decreto delegato, certamente molto più rapido
di quello ordinario.
  Per quanto concerne le osservazioni sugli orari
di lavoro -              proposte in particolare
dal senatore Frasca, il quale ha
richiamato un esempio catanzarese -, non è mia
intenzione difendere o accusare chicchessia. Per
il ruolo che mi compete, non posso infatti
interferire nell'attività dei magistrati con
riferimento al quotidiano. Tuttavia, se me lo
consente, vorrei fare una battuta. Io ho fatto
l'esperienza del giudice costituzionale e ricordo
che, quando si trattava di studiare le cause e di
consultare i precedenti, mi trattenevo
Pagina 2171
quasi tutto il giorno presso la Corte. Quando
invece si trattava di stendere una sentenza
collegiale (il lavoro più arduo e difficile che
esista nel mondo giuridico!), mi chiudevo a casa.
Se qualcuno avesse adottato il metodo di
controllare se mi recavo presso la sede della
Corte, avrebbe facilmente concluso che in quei
giorni ero in vacanza...!
SALVATORE FRASCA.  Lei dà una dignità culturale ad
un
problema di assenteismo! Faccia degli
accertamenti, signor ministro!
         PRESIDENTE.  Il senatore Frasca fa riferimento al
                               fatto
che certe udienze cominciano tardi.
 SALVATORE FRASCA.  Come è possibile che presso la
stessa corte d'appello, negli stessi uffici, vi
siano padre e figlio, zii e nipoti! Accertiamole,
queste cose!
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Si effettuano ispezioni anche per accertare
questi fatti!
SALVATORE FRASCA.  Sì, ma gli ispettori non devono
andare
al cinematografo, così come ho già avuto modo di
denunciare! Se vanno al cinematografo, non
controllano ciò che avviene negli uffici
giudiziari!
        PRESIDENTE.  La sera possono pure andare al cinema
                                (Si
ride) !
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Forse ci vanno dopo cena.
 PAOLO CABRAS.  Dopo l'orario di lavoro.
 ALBERTO ROBOL.  Frasca, non perdoni nessuno!
          SALVATORE FRASCA.  Il sostituto procuratore di
                            Palmi è il
dottor Neri ed il procuratore generale presso la
corte d'appello di Reggio Calabria è suo padre!
Queste cose debbono finire! Sono cose di una
gravità eccezionale che violano l'ordinamento
giudiziale!
        PRESIDENTE.  Senatore Frasca, non addentriamoci in
                              queste
considerazioni...!
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Senatore Frasca, i suoi addebiti andrebbero più
opportunamente rivolti al Consiglio superiore
della magistratura. Faremo comunque un'ispezione.
  Per quanto riguarda il tribunale di Paola, per
effetto della relazione alla quale lei ha fatto
riferimento, sono state formulate richieste di
azione disciplinare, attualmente in esame presso
la competente commissione del CSM, i cui esiti
scritti farò pervenire appena saranno disponibili.
         Quanto ai problemi dei vuoti di organico e delle
                              persone
condannate, vedremo come andranno a finire le
azioni disciplinari (che il ministro esercita, ma
sulle quali decide il Consiglio superiore della
magistratura).
  Non so, presidente, se sia opportuno dare
risposta ai quesiti posti dai parlamentari che in
questo momento sono in aula a votare.
 PRESIDENTE.  I colleghi avranno la possibilità di
conoscere le sue risposte leggendo il resoconto
stenografico della seduta.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. L'onorevole Borghezio ha affrontato il problema
dei sequestri, con particolare riferimento ai casi
Cortellezzi e Nicitra. Ovviamente, va da sé che le
indagini sono effettuate sempre nel modo più
attento possibile, soprattutto nei primissimi
giorni, quando la spinta della polizia e della
magistratura è massima. Sotto questo profilo, è
impensabile che si possa sospendere alcunché. Dirò
di più: anche nell'ipotesi in cui, per la
circostanza che gli autori del fatto sono ignoti,
si arrivi all'archiviazione, quest'ultima è
comunque sempre superabile non appena sopravvenga
qualche elemento nuovo. Pertanto, non vi è nulla
da temere. La
Pagina 2172
cosa triste si verifica nel momento in cui il
rapito venga ucciso e ci si trovi di fronte ad un
cadavere. In quel caso la giustizia deve andare
avanti ancora di più, per perseguire il colpevole.
In definitiva, l'impegno non può che essere
assoluto. Considerato che l'onorevole Borghezio ha
rivolto la sua richiesta con riferimento a due
casi specifici, cercherò di informarmi, anche se
do per scontato che, con riferimento alla vicenda
del ragazzino rapito in questi giorni, l'impegno
delle forze dell'ordine, sotto la guida della
magistratura, è sicuramente profuso al massimo.
  Per quanto riguarda i dibattimenti in Piemonte,
effettivamente nel prospetto consegnato alla
Commissione non compaiono i relativi dati. Mi
risulta comunque che vi sia un procedimento per
mafia a Vercelli (dove un magistrato della procura
distrettuale dovrebbe recarsi) ed un altro a
Verbania. Comunque, aggiorneremo al più presto i
dati.
  Molti commissari mi hanno posto il problema
delle strutture e degli organici. Tutti hanno
bisogno di magistrati, di personale ausiliario, di
mezzi di automazione, di macchine blindate e di
altro. Cerchiamo di far fronte a queste esigenze,
nonostante i limiti di bilancio e, soprattutto, di
uomini. Per quanto riguarda il personale di
amministrazione, sono stati avviati oltre venti
concorsi, in data 15 giugno, che saranno svolti a
breve scadenza in base alle formule più rapide
oggi attuabili. Alla fine dell'anno, o anche
prima, dovremmo avere una disponibilità in ordine
alle varie mansioni. Per quanto attiene ai
magistrati, l'unica notizia positiva, diretta ed
immediata, è che, insistendo presso il
CSM, ho ottenuto che la chiamata degli uditori
vincitori del concorso del quale è stata
pubblicata la graduatoria poco più di due mesi fa
avvenga entro il 10 luglio, così evitando la
prospettiva di effettuare la chiamata dopo le
ferie. Si tratta di 320 uditori che porteranno un
ossigeno prezioso. Quanto ai concorsi successivi,
purtroppo fino a quando non sarà approvato lo
specifico disegno di legge in materia - per il
quale rivolgo una raccomandazione a tutti i
parlamentari che abbiano a cuore questi argomenti,
affinché ne caldeggino l'approvazione -
continueremo ad avere concorsi che richiederanno
tempi incredibili. Il disegno di legge è già stato
approvato da uno dei due rami del Parlamento.
Purtroppo, non so se tale provvedimento potrà
valere per gli orali del concorso per il quale è
previsto tra breve lo svolgimento degli scritti.
Per quanto riguarda il penultimo concorso, per il
quale gli orali sono cominciati il 15 giugno, ho
raccomandato alla presidenza di accelerare i tempi
e mi è stato risposto che, pur volendo concludere
nel più breve tempo possibile, si arriverebbe
comunque alla fine di marzo. Va infatti
considerato che i tempi di espletamento del
concorso sono collegati ad una serie di congegni
molto complicati e che, nel caso di specie, il
calendario era già stato stilato. Mi auguro che
questo concorso sia l'ultimo ad essere svolto in
tempi così lunghi. Se con il disegno di legge al
quale mi sono riferito riusciremo ad abbreviare i
termini concorsuali, potremmo giungere -
ovviamente in una prospettiva di medio-lungo
periodo - ad un rafforzamento e ad un ampliamento
degli organici, coprendoli progressivamente in
relazione allo svolgimento dei vari concorsi.
  Per quanto riguarda le considerazioni
dell'onorevole Galasso, la strategia da lui
indicata è certamente ideale ed esemplare. Il
fatto è che noi viviamo sotto l'incubo continuo
degli interventi. Non è che noi ci facciamo
prendere dall'emergenza: l'emergenza c'è e se noi,
in un quadro generale, riteniamo di modificare le
circoscrizioni ed istituire il giudice unico prima
di intervenire sul tribunale distrettuale,
certamente non avremo i tribunali distrettuali, ma
in autunno e nei primi mesi del prossimo anno ci
troveremo di fronte ad una serie di dibattimenti
per reati di criminalità organizzata che dovranno
essere spostati sul territorio. Del resto, la
situazione che viviamo da molti anni ci pone di
fronte a problemi urgenti. Io credo che il segreto
sia di rispondere a questi ultimi con rapidità,
Pagina 2173
considerandoli tuttavia in un quadro generale,
cioè trovando soluzioni che abbiano una loro
razionalità e che non siano troppo estemporanee.
Comunque, considero preziosa la raccomandazione
dell'onorevole Galasso. In definitiva, diciamo sì
alla strategia globale ma ciò non toglie che i
problemi urgenti debbano comunque essere
affrontati.
  Quanto ai dubbi manifestati dall'onorevole
Galasso con riferimento alla sperimentazione da
lui effettuata in merito ai rapporti tra procura
nazionale e procura distrettuale (l'onorevole
Galasso parlava di una situazione ancora
incompiuta), anch'io ritengo che la situazione sia
in divenire, per cui è opportuno attendere ancora
prima di prendere divisamenti (nonostante mi sia
parso che l'onorevole Galasso propendesse per la
possibilità di rivedere integralmente la procura
nazionale). D'altra parte è innegabile che
esistano difficoltà di rapporti tra procura
nazionale e procura distrettuale (è stato
ricordato il caso delle Puglie) e tra procura
distrettuale e procure non distrettuali (perché
anche queste entrano in gioco in tale dialettica).
Problemi sono emersi anche in Toscana nei rapporti
con la Liguria per effetto di una strana
intromissione della corte d'appello di Genova in
territorio
toscano.
  L'onorevole Galasso, da grande competente, ha
detto cose giuste: il concetto di reato di mafia e
di criminalità organizzata non è facilmente
individuabile e definibile, non possiamo cioè dire
che ormai sia stabilizzato. In realtà, io avevo
detto che oggi abbiamo una norma, il terzo
comma- bis  dell'articolo 51 del codice di
procedura
penale, che ci permette di individuare una
categoria precisa. Tuttavia, ho richiamato tale
disposizione da un punto di vista giuridico;
certo, da un punto di vista sociologico la
possibilità di individuare esattamente quali siano
i reati di mafia e di criminalità organizzata non
è così semplice. Del resto, la discussione è
ancora aperta e forse lo sarà sempre.
Giuridicamente, per gli schemi che abbiamo e dei
quali stiamo discutendo in vista dell'istituzione
del tribunale distrettuale ed alla luce della
dialettica tra procure distrettuali e procura
nazionale, i reati che entrano in gioco sono
essenzialmente quelli indicati dalla normativa.
Sotto il profilo sociologico - ripeto - ha
pienamente ragione Galasso, ma la mia era soltanto
una notazione giuridica. Mi auguro che le norme di
legge mantengano quella definizione, salvo a
mutarla, ma in questo caso sarebbe necessario un
intervento a tutto campo, variando le norme
correlative.
  Vorrei richiamarmi alla valutazione iniziale
dell'onorevole Tripodi, partendo dall'ultima
considerazione, molto interessante, formulata
dall'onorevole Galasso. E' stata criticata la
competenza a livello distrettuale perché
considerata opinabile. Si sosteneva quindi la
necessità di andare cauti nel creare questi
organismi che hanno un contesto territoriale molto
vasto.
  L'onorevole Tripodi aveva sottolineato che
occorre evitare le proteste della gente, perché la
centralizzazione allontana dal territorio; egli si
riferiva alla temuta soppressione dei tribunali di
Lamezia Terme e di Rossano. Collegandomi a quanto
ho già affermato in precedenza, desidero
sottolineare che al momento questo timore è basato
unicamente su un testo che non ha un'incidenza
concreta ma riveste un valore culturale e di
ipotesi ed ha creato molto trambusto perché si è
ritenuto che si trattasse di un'iniziativa almeno
ufficializzata dal Consiglio superiore della
magistratura e addirittura sposata dal Ministero
di grazia e giustizia. Quest'ultimo in realtà non
l'ha assolutamente sposata ed ha anzi proceduto
alla costituzione di un'apposita commissione
incaricata di studiare una possibile riforma delle
circoscrizioni giudiziarie, tenendo conto che la
strada in cui si crede è quella del giudice unico
di primo grado.
  Agli onorevoli Tripodi e Galasso desidero
rispondere che certamente è giusto prevedere una
diffusione dei tribunali sul territorio; tuttavia,
nel momento in cui dobbiamo combattere la mafia e
ci troviamo di fronte a delitti gravissimi, con
Pagina 2174
varie situazioni sul piano della sicurezza e delle
indagini, dobbiamo anche guardare ai mezzi
necessari, proprio per le carenze di cui
risentiamo. Forse sarebbe allora preferibile
potenziare il tribunale distrettuale, dotandolo di
tutti i mezzi necessari, anziché attuare
un'eccessiva dispersione sul territorio senza poi
riuscire a contrastare questi reati. D'altra
parte, i tribunali non distrettuali hanno
moltissimo da fare perché l'ambito dei giudizi
civili e dei processi penali resta pur sempre
ampio.
  L'onorevole Tripodi ha parlato di organici
carenti e su tale questione siamo tutti d'accordo:
gli organici sono infatti certamente carenti ma
non è facile riempirli. Cerchiamo, comunque, il
migliore dosaggio possibile, tentando di
rafforzare le strutture laddove esiste una
maggiore urgenza. L'onorevole Galasso potrebbe
rispondere che in questo
modo si è emozionali, ma non vi è altra soluzione.
  Sempre l'onorevole Tripodi ha parlato anche di
Palmi e di Napoli; con riferimento a quest'ultima
situazione ho già detto qualcosa, mentre per
quanto riguarda Palmi studieremo la situazione
degli organici per colmare le carenze evidenziate
in altri momenti del dibattito.
  Sono stato infine interpellato con riferimento
al problema dell'affollamento delle carceri, che
si presenta certamente molto grave e delicato; si
cerca comunque di fronteggiarlo e un decreto-legge
ha introdotto varie misure sulla scorta di quanto
la Camera aveva introdotto in occasione della
prima stesura del provvedimento; di ciò abbiamo
tenuto conto nella reiterazione e sussiste
pertanto la speranza che possano scaturirne alcuni
esiti positivi. Questo tuttavia non è sufficiente,
poiché occorrerebbe riaprire alcune carceri, oltre
che costruirne di nuove. L'onorevole Tripodi ha
citato un esempio che dimostra come in alcuni
luoghi vi siano vecchie carceri che potrebbero
essere riaperte, ma nel momento in cui si scrive
per avanzare una richiesta in tal senso si riceve
una risposta negativa.
          Desidero chiarire, al riguardo, che seppure il
                              nostro
paese ha molte carceri vecchie e non più
utilizzate (comunque quelle attualmente
funzionanti, salvo alcune nuove ed altre
rinnovate, non brillano certo per modernità, visto
che alcune sono piuttosto cadenti), quelle chiuse
sono generalmente cadenti al punto da essere
inutilizzabili a meno di correre gravissimi
rischi. La riapertura è allora possibile laddove
la situazione edilizia è tale da consentire, con
una certa spesa proporzionata all'utile
raggiungibile, di ripristinare in modo decoroso e
decente l'istituto carcerario. Diverso è il caso
in cui ciò non è possibile, perché per esempio
l'edificio ha raggiunto un tale stato di disarmo
che è inutile pensare alla sua ricostruzione,
magari perché è anche talmente fatiscente e
superato da non consentire neppure un minimo di
vivibilità. Analogamente, se la ricostruzione
richiedesse spese molto ingenti per poi ospitare,
magari, trenta persone, si tratterebbe di una
spesa non solo non utile ma addirittura rovinosa.
          Ne consegue che la distinzione tra gli istituti
                             carcerari
che possono essere riaperti e quelli per i quali
tale soluzione non è possibile dipende dallo stato
in cui si trovano gli edifici.
  Desidero altresì sottolineare che in questo
momento il problema non è tanto quello di aprire
nuove carceri o di riaprire quelle vecchie
ristrutturate; infatti, anche se in alcuni luoghi
non è possibile procedere alla riapertura o alla
ristrutturazione, per i motivi che ho richiamato
in precedenza, vi sono molte carceri pronte o
quasi pronte. Il problema consiste invece nel
fatto che non disponiamo di un numero sufficiente
di agenti di polizia penitenziaria.
Rivolgo allora al Parlamento un altro appello,
ancora più
sentito degli altri, relativo alla necessità di
adeguare l'organico della polizia penitenziaria,
che avrebbe dovuto essere incrementato di 4.500
unità a seguito di un decreto-legge
Pagina 2175
reiterato, il quale però improvvisamente ha avuto
un impatto critico (speriamo che domani il
problema venga risolto) presso la Commissione
lavoro del Senato per un aspetto relativo alla
copertura di bilancio e al tipo di selezione
prevista. Mentre nelle precedenti occasioni
(quella attuale é la terza reiterazione) questo
articolo del decreto-legge era passato indenne, da
ultimo si è obiettato, non so bene per quale
ragione, sulla forma di assunzione del personale,
che sarebbe basata per l'anno 1993 (non per quelli
successivi) su domande già presentate da un po' di
tempo, il che permetterebbe,
attraverso le valutazioni di idoneità fisica e
morale, l'assunzione in base alla presentazione
storica. Se questa strada può essere perseguita,
come era stato fatto finora, si può arrivare in
tempi brevi alla copertura delle carenze di
organico; se invece si dovranno bandire concorsi
con nuovi sistemi, occorreranno due o tre anni.
         MASSIMO BRUTTI.  Domani pomeriggio se ne occuperà
                                la
Commissione competente.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia.
Mi auguro che in quell'occasione il
sottosegretario competente
giunga all'appuntamento adeguatamente preparato
per dimostrare la validità di tale ottica. In
questo modo sarà possibile riaprire un numero
maggiore di carceri.
  Poiché vedo che l'onorevole Tripodi è rientrato
in aula, gli ricordo che in sua assenza ho già
risposto alle domande che mi aveva rivolto.
Desidero soltanto ribadire, con riferimento alle
carceri, che laddove è possibile recuperarle
quando sono state abbandonate per decadenza
edilizia, procediamo alla loro ristrutturazione se
i costi non sono eccessivi, ossia quando è
possibile farlo senza incorrere in spese
sproporzionate.
 GIROLAMO TRIPODI.  Quello di Cittanova è un caso
di
questo genere, dal momento che sarebbero
sufficienti pochi interventi.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia.
Se
è così, non vi sarà motivo per non procedere in tal
senso. Mi informerò al riguardo e farò sapere
all'onorevole Tripodi quale sarà l'esito della
questione.
  Approfittando della presenza dello stesso
onorevole Tripodi, riprendo brevemente la
questione relativa all'ufficio direttivo di
Napoli, per sottolineare che è mio desiderio che
tale procura venga coperta (il discorso vale per
tutti gli uffici direttivi ma in particolare per
questa procura); successivamente sarà il Consiglio
superiore della magistratura a    dover dire una
parola decisiva. Gli aspiranti a questo posto
hanno comunque tutta la mia stima.
 PRESIDENTE.  Dal momento che il ministro è stato
interrotto da me a metà della sua relazione,
perché altrimenti non avremmo avuto il tempo di
esaminare tutte le questioni, chiedo allo stesso
ministro, se lo ritiene opportuno, di lasciarci
una copia della sua relazione affinché possa
essere distribuita ai colleghi. Nello stesso
tempo, potremmo fissare la data di una successiva
seduta in cui integrare la trattazione degli
argomenti. In alternativa, nella seduta che
fisseremo il ministro potrebbe illustrare la
seconda parte della sua relazione, sulla quale si
aprirebbe la discussione.
GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia.
Preferirei che venisse adottata questa seconda
soluzione, anche perché quella che ho preparato
non è una relazione ma una serie di appunti un po'
slegati. Tra l'altro, sono sempre molto lieto di
tornare presso questa Commissione, dove imparo
molto, ascolto varie posizioni e richieste, tutte
molto meditate e calate nella concretezza della
vita socio-politica. Si tratta quindi di occasioni
per me molto utili e preziose.
PRESIDENTE.  Se il ministro è d'accordo, fisserei
il
seguito dell'audizione odierna per giovedì 15
luglio alle ore 18.
Pagina 2176
  Credo che la Commissione sarebbe interessata a
conoscere anche le determinazioni del ministro in
ordine alla questione dei tribunali distrettuali,
che costituisce a nostro avviso un punto
essenziale. Nella prossima seduta il ministro
potrebbe quindi dirci come intende affrontare la
questione.
L'intervento odierno dello stesso ministro non
solo è
stato, come al solito, molto importante, ma ci ha
consentito di chiarire la questione delle
circoscrizioni giudiziarie,
    che cominciava ad essere anche per noi una mina
vagante. Nel ringraziare ancora una volta il
ministro Conso,
ricordo che il seguito dell'audizione è rinviato
alla seduta di giovedì 15 luglio alle ore 18.
La seduta termina alle 19,10.

 


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