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Violante: seduta 81
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        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Seguito della discussione e approvazione della relazione
sulla camorra:
Violante Luciano, Presidente, Relatore .......... 3327, 3328
                                            3333, 3335, 3338
                                3339, 3342, 3343, 3346, 3347
Bargone Antonio ....................................... 3340
Biondi Alfredo ...................... 3334, 3342, 3343, 3347
Biscardi Luigi ........................................ 3347
Borghezio Mario ....................................... 3329
Cabras Paolo .......................................... 3344
Casoli Giorgio ........................................ 3335
D'Amato Carlo ............................. 3339, 3343, 3346
D'Amelio Saverio ...................................... 3327
De Matteo Aldo ........................................ 3345
Ferrara Salute Giovanni ......................... 3333, 3334
Florino Michele ........................... 3337, 3338, 3339
Galasso Alfredo ....................................... 3328
Leccese Vito .......................................... 3340
Marchetti Fausto ...................................... 3336
Robol Alberto ......................................... 3344
Sorice Vincenzo ................................. 3330, 3347
Tripodi Girolamo ...................................... 3328
Sull'ordine dei lavori:
Violante Luciano, Presidente .................... 3332, 3333
Bargone Antonio ....................................... 3332
Calvi Maurizio ........................................ 3332
Fausti Franco ......................................... 3333
                        Pag. 3326
                        Pag. 3327
  La seduta comincia alle 11,50.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Seguito della discussione e approvazione della relazione
                      sulla camorra.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della
discussione della relazione sulla camorra.
   Avverto che nel testo sono riportate in grassetto, o con
carattere diverso, le innovazioni introdotte rispetto alla
formulazione originaria. Laddove sono stati eliminati dei
punti, troverete degli asterischi. Voglio tuttavia indicare
due correzioni, non riportate, rispettivamente a pagina 82 e
94.
   A pagina 82, nel paragrafo 13.9, si legge che "E' stata ad
esempio esercitata l'azione disciplinare contro il giudice
istruttore Alemi, che aveva rinviato a giudizio il
responsabile del sequestro Cirillo, per aver usato nella
sentenza-ordinanza, valutazioni considerate improprie nei
confronti dell'onorevole Gava." L'emendamento presentato dai
colleghi democristiani aggiungeva, dopo "Gava" le parole "e
Patriarca". Proporrei di correggere inserendo "nei confronti
di parlamentari non imputati", trattandosi di persone non
parti nel processo, contro le quali si esprime un giudizio
critico.
  SAVERIO D'AMELIO. In sostanza si tratta di togliere
"dell'onorevole Gava"?
  PRESIDENTE. Si tratta di inserire, ripeto, "parlamentari
non imputati" in quanto la questione riguardava parlamentari
accusati.
   La seconda correzione da apportare riguarda la pagina 94.
Un emendamento formalizzato dai colleghi democristiani
chiedeva di segnalare che l'onorevole Gava ha negato di aver
dato qualsiasi incarico al dottor Criscuolo. Poiché ciò
risponde a verità, si tratta di inserire "Ha negato invece di
aver dato qualsiasi incarico al dottor Criscuolo" dopo
"Quest'ultimo, dal canto suo, ha ammesso di avere incontrato
Criscuolo nel periodo del sequestro e di avere avuto notizia
da Granata dell'iniziativa di prendere contatti con Cutolo".
   Sono stati accolti tutti gli emendamenti riguardanti dati
di fatto oggettivi; alcuni sono stati accolti sostanzialmente
perché il testo è stato rivisto. Il senso dell'emendamento n.
3, a firma Sorice, Mastella, Ricciuti e Fausti, è stato
accolto. E' stato altresì accolto l'emendamento Tripodi, così
come è stata accolta la proposta del senatore Ferrara, il
quale aveva chiesto di inserire una citazione sullo sciopero
degli avvocati oltre alla questione relativa al numero dei
magistrati.
   L'emendamento n. 9, a firma Sorice, Mastella, Ricciuti e
Fausti non è stato accolto in quanto volto a modificare una
frase pronunciata da altre persone, tant'è che è stata
inserita tra virgolette. Per chiarire, ricordo che il secondo
capoverso del punto 15.9, che l'emendamento in esame vorrebbe
modificare, riporta una frase contenuta in un atto che non può
essere corretto.
   Non è stato accolto l'emendamento n. 10, proposto dai
colleghi del PDS, relativo al paragrafo 15.22 concernente
Acampora. Quest'ultimo sostiene di aver versato una somma di
denaro direttamente
                        Pag. 3328
 nelle mani del senatore Gava, dopo il sequestro Cirillo, il
che - pur essendo un fatto grave - non è rilevante ai fini
della vicenda.
   Vi è poi l'emendamento n. 11, presentato dai colleghi
Sorice, Mastella, Ricciuti e Fausti. Il testo originario era
il seguente "Il fattore determinante dello sviluppo
camorristico è rappresentato dal rapporto tra politica e
camorra...": l'emendamento in esame vorrebbe sostituire la
parola "politica" con le parole "speculatori legati alla
politica". Poiché ciò è sembrato ingiustamente peggiorativo,
si è inserita la locuzione "esponenti politici" che fa
riferimento non a categorie generali bensì a soggetti singoli.
  ALFREDO GALASSO. Forse per una questione di stilistica è
opportuno dire "esponenti politici e camorristici".
  PRESIDENTE. Conseguentemente occorrerà modificare il
terzo capoverso.
   Vi è poi la questione della famosa riunione alla quale
doveva partecipare il senatore Mazzella, che non si è tenuta.
Non è stato infine ripreso l'emendamento relativo al dottor
D'Auria perché è risultato che quest'ultimo è stato assessore
fino al 1979.
   In generale, il testo ha cercato di tener conto dei
suggerimenti dei colleghi riguardanti sia le singole questioni
sia le valutazioni formulate sulla situazione del Mezzogiorno.
Queste sono le ragioni in base alle quali sono stati accolti o
non accolti gli emendamenti.
   Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  ALFREDO GALASSO. Signor presidente, prima di procedere
alle dichiarazioni di voto, vorrei suggerire una correzione.
   A pagina 81, nel punto 13.7, ultimo capoverso, si legge
che "Non è stato peraltro acquisito alcun elemento, neanche di
carattere indiziario, in ordine all'eventuale ruolo del
senatore Gava nella vicenda". Mi sembra che tale preposizione
sia propria di un atto giudiziario, non di una relazione
antimafia. Proporrei di scrivere più semplicemente "Non è
stato peraltro acquisito alcun elemento in ordine
all'eventuale ruolo del senatore Gava nella vicenda", che
risulta più secco e preciso, oppure - al limite - "Non è stato
peraltro acquisito alcun indizio in ordine all'eventuale ruolo
del senatore Gava nella vicenda". Ripeto, l'espressione
attuale mi sembra una forzatura di tipo giudiziario fuor di
luogo.
  PRESIDENTE. Nel testo originario vi era soltanto "alcun
elemento".
  GIROLAMO TRIPODI. Concordo con il rilievo del collega
Galasso, e di conseguenza con la proposta di modifica
avanzata. Diversamente questo capoverso si potrebbe prestare a
interpretazioni varie, determinando confusione.
   Per quanto mi riguarda l'intero capoverso potrebbe essere
eliminato; tuttavia se si pensa di mantenerlo, allora bisogna
imprimergli il carattere indicato dal collega Galasso.
  PRESIDENTE. Ritengo che sia meglio non modificare la
locuzione "alcun elemento"; qualora la correggessimo con
"alcun indizio" ricascheremmo nel giudiziario.
   Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  ALFREDO GALASSO. Farò una brevissima dichiarazione di
voto favorevole sulla relazione...
  PRESIDENTE. Scusi, onorevole Galasso, preciso che stando
al regolamento della Camera il tempo a disposizione per le
dichiarazioni di voto è di dieci minuti.
  ALFREDO GALASSO. Ne utilizzerò molti di meno. Dicevo che
voterò a favore della relazione sulla camorra che ritengo
puntuale e completa; sull'esposizione e sulla valutazione
politico-istituzionale del quadro di riferimento mi riservo -
come ho fatto in altre occasioni - di presentare delle note
integrative, fermo restando la mia valutazione positiva.
                        Pag. 3329
   Consentitemi di formulare due considerazioni di carattere
generale, in appoggio alla dichiarazione di voto. La camorra è
stata, fino a poco tempo fa, un'organizzazione criminale, o
una trama di organizzazioni criminali (come sarebbe meglio
dire), piuttosto sconosciuta.
   Ricordo che non molti anni fa, durante lo svolgimento del
maxiprocesso - il collega Giuseppe Ayala può confortarmi in
questo ricordo -, i rapporti quali emergevano dalla pregevole
requisitoria e dalla sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio
erano deboli e sfumati. Anzi, probabilmente in molti eravamo
conviti che i rapporti, ad esempio, tra camorra e Cosa nostra
fossero limitatissimi ed occasionali, che non ci fosse una
trama così robusta non solo dal punto di vista tattico, ma
anche strategico. Questo è un dato che accresce l'importanza
della ricostruzione compiuta: adesso possiamo lasciare al
Parlamento ed al paese un quadro aggiornato, significativo e
utile su questa trama di organizzazioni criminali.
   La seconda considerazione è che proprio la puntualità con
cui alcuni episodi vengono ricostruiti dimostra che ci
troviamo in presenza di un fenomeno estremamente grave e
compromettente nei confronti dell'attività
economico-imprenditoriale, amministrativa e politica nonché
nei confronti dello svolgimento ordinato della vita
collettiva. Un fenomeno che, oserei dire, assume dimensioni
superiori a quelle di Cosa nostra.
   Tutto ciò rafforza la mia convinzione che, quando parliamo
di fenomeno mafioso, dobbiamo purtroppo riferirci ad un
sistema esteso di potere - economico, politico, amministrativo
e criminale - che mai forse come nella relazione emerge con
tanta cruda veridicità. Vorrei perciò concludere, con
riferimento a questa relazione ed alle altre che compongono il
quadro del lavoro della Commissione, riconoscendo al
presidente il merito di aver svolto il proprio ruolo; lo dico
senza alcuna traccia di retorica. Quanto viene offerto al
dibattito nel Parlamento e nel paese è una descrizione
puntuale ed una valutazione d'ordine politico, poiché è
lasciato ai magistrati il compito di decidere sulla rilevanza
penale dei singoli comportamenti, ma ci si assume la piena
responsabilità ed anche il coraggio di esprimere un giudizio
politico, che potrà essere oggetto di ulteriori riferimenti e
contestazioni nella normale dialettica di un ordinamento
democratico.
   Dunque, mai come in questa occasione, esprimo un voto
favorevole con profonda convinzione e con la consapevolezza di
aver reso un servizio al Parlamento e soprattutto al paese,
che ha finalmente un quadro di riferimento sul quale basarsi e
una valutazione della quale servirsi nel momento in cui si
aprirà un dibattito politico a tutto campo.
  MARIO BORGHEZIO. Desidero esprimere una valutazione
positiva del lavoro svolto dalla Commissione, che è
sintetizzato efficacemente nella relazione proposta, in ordine
alla quale vale la pena di svolgere alcune considerazioni.
   La prima riguarda senz'altro l'incredibile vicenda della
trattativa intercorsa per il sequestro Cirillo, sulla quale
finalmente il lavoro della Commissione ha consentito di fare
non dico completa ma sufficiente luce, andando anche al di là
di quanto era già emerso grazie al lavoro svolto dalla
Commissione che, nel 1984, era riuscita ad elaborare una prima
relazione. Tuttavia, è soltanto dal confronto tra le
deposizioni dei politici, dei ministri dell'interno, tutti
democristiani, e dei responsabili dei servizi segreti
succedutisi nel periodo, che abbiamo il quadro di quella che è
stata una trattativa vergognosa, che ha avuto come effetto -
questo il dato oggettivo - il temporaneo abbassamento della
guardia degli organi dello Stato nei confronti della camorra.
Anche se non si è giunti all'identificazione di ordini
scritti, è assodato che per alcuni giorni l'attività
camorristica riprese con inusitato vigore. Questa la prova
provata che, a seguito della vergognosa trattativa e della
resa dello Stato nei confronti di Cutolo e dei gruppi
camorristici, la camorra ottenne dagli organi dello Stato come
contropartita
                        Pag. 3330
un abbassamento della guardia. Tutto quello che è successo
in quei giorni, tutti i fatti illeciti, tutte le azioni
camorristiche, sono da ascriversi alla responsabilità morale
di coloro che consentirono ciò che torno a definire una
trattativa vergognosa.
   L'altro capitolo molto importante riguarda l'oliato
meccanismo di controllo degli appalti. Emerge un quadro
estremamente preoccupante attraverso le due deposizioni del
collaboratore della giustizia Galasso, un quadro dal quale si
evince il controllo totale del meccanismo di conduzione degli
appalti, addirittura dalla fase della progettazione,
attraverso l'azione complice di politici infeudati. Appare in
filigrana il ruolo di questi politici che accorrono, cinque o
sei mesi prima delle elezioni come ad un santuario, ai centri
del vero potere camorristico per reclamare il riconoscimento
in sede elettorale dei meriti acquisiti nelle operazioni di
appalto, nella predisposizione degli strumenti atti a favorire
le organizzazioni camorristiche nel controllo millimetrico
degli appalti e dei subappalti. Si delinea, infatti, un
meccanismo che si estende alla scelta delle ditte chiamate ad
eseguire i subappalti. Emerge dunque l'insussistenza del
sistema dei controlli nelle zone in cui opera la camorra, un
sistema che non ha funzionato e che continua a non funzionare.
   Lo Stato dovrà prenderne atto e dovrà predisporre
strumenti di contrasto efficace in un settore così centrale.
Ritengo che gli organi dello Stato debbano particolarmente
preoccuparsi nel momento in cui, finita la fase dei lavori del
dopo-terremoto, si apre quella delicata degli insediamenti di
nuovi impianti industriali, nelle zone controllate in maniera
ferrea dai gruppi camorristici. Le dichiarazioni del pentito
Galasso fanno "drizzare i capelli" perché fanno pensare a
quello che può succedere ancora oggi o quello che può essere
successo negli ultimi mesi nel settore degli appalti e
subappalti per i nuovi impianti industriali.
   Desidero infine sottolineare il quadro estremamente
preoccupante della situazione giudiziaria che emerge dalla
relazione. Mi riferisco non solo a quanto evidenziato da una
copiosa corrispondenza del procuratore Cordova, ma anche al
fatto oggettivo che degli ultimi cinque anni di attività
nell'area di Napoli ben due e mezzo sarebbero stati inficiati
da strani e continui ricorsi allo sciopero da parte di una
categoria che abitualmente non usa ricorrervi. Appare evidente
che possano essere esercitate influenze e che si possa
ipotizzare che tali scioperi siano stati pilotati o
eterodiretti dagli interessi camorristici.
   Quanto alla penetrazione mafiosa ed allo stato di
disordine totale in cui versano gli uffici giudiziari, che
certo non può essere propedeutico ad un'azione di contrasto
efficace, dalle relazioni che ci sono state consegnate emerge
una situazione diametralmente opposta a quella che si potrebbe
considerare ideale per contrastare seriamente il fenomeno
camorristico. Quella degli uffici giudiziari di Napoli sembra
una situazione tipica del far west; fino a pochi mesi
fa, chi voleva entrava ed usciva, consultava le carte ed i
registri giudiziari, calpestando le più fondamentali regole
della legge.
   Dunque, il quadro è di emergenza nazionale. La regione
Campania, controllata dalla camorra, in uno Stato federale
dovrebbe essere definita di emergenza federale, nella quale
l'attenzione degli organi dello Stato dovrebbe essere
particolarissima, basata sull'adozione di strumenti
eccezionali. Sotto questo aspetto, avanziamo alcune riserve in
relazione ai risultati cui è giunto il lavoro della
Commissione, perché se una critica può essere rivolta alla
relazione è quella di non aver sottolineato con sufficiente
forza la gravità della situazione e la necessità di adottare
provvedimenti di natura straordinaria.
  VINCENZO SORICE. La riformulazione della relazione non
trova il consenso del gruppo della democrazia cristiana, per
una serie di argomentazioni
                        Pag. 3331
sulle quali non mi soffermerò, limitandomi a quelle
essenziali ed in riferimento alle parti del testo che sono
state rielaborate.
   Nel complesso, emergono due questioni fondamentali. La
prima riguarda quanto scritto nel paragrafo 20.3, laddove si
afferma: "Il degrado, in Campania, ha assunto i caratteri di
degenerazione sistemica, per responsabilità di uomini e gruppi
politici che hanno sostituito se stessi e le proprie clientele
a tutti i meccanismi democratici, dalla funzionalità della
pubblica amministrazione al rispetto delle regole principali e
della convivenza civile. Hanno prima invaso istituzioni e
società, paralizzandole, e poi hanno presentato se stessi come
unica, credibile soluzione per i problemi individuali e
collettivi".
   Credo che ogni commento su questo paragrafo sia superfluo;
comunque, trovandoci in sede di dichiarazione di voto, mi
limiterò ad identificare il problema: in tutti questi anni, il
sistema e la vita democratica della Campania sono stati
completamente eliminati per essere sostituiti soltanto da
gruppi di persone. Quindi, l'osservazione riportata al
paragrafo che ho testé letto è molto forte.
   L'ulteriore punto che voglio sottolineare è relativo al
paragrafo 20.9, in cui risulta parzialmente accettato, nella
prima parte, l'emendamento presentato dal gruppo della
democrazia cristiana; infatti, così come è stato per il
senatore Andreotti nella precedente relazione, si demanda al
Parlamento la responsabilità politica. Però in questo
paragrafo vi è anche una parte che non può essere accettata,
in quanto rappresenta una forzatura notevole: "Ma un giudizio
politico dovrà inoltre essere espresso anche nei confronti
degli altri parlamentari che, pur rivestendo notevoli
responsabilità a livello nazionale, nulla hanno fatto per
porre argine all'intreccio tra politica e malaffare in tutte
le sue forme, ma anzi lo hanno in vario modo agevolato, con la
gestione dei fondi per il terremoto, mediante atti di
corruzione, o colludendo con gruppi criminali per trarre
vantaggi elettorali. La gravità della situazione campana è
tale da richiedere un giudizio approfondito e severo".
   Infine, l'ultimo capoverso di tale paragrafo così
conclude: "Il Parlamento dovrà altresì pronunciarsi sugli
effetti distorsivi delle tradizionali politiche della spesa
pubblica nel Mezzogiorno e sulle gravi omissioni degli
organismi, giurisdizionali, amministrativi, di polizia, che
avrebbero dovuto garantire il rispetto della legalità e che
invece hanno consentito che la degenerazione si espandesse,
impunita e protetta".
   Ciò che si evince dalla conclusione e dall'intero corpo
della relazione non può essere politicamente accettabile,
perché nella fattispecie assume un contorno generico
soprattutto questa culpa in vigilando a livello
nazionale, che può dare adito a mille interpretazioni e che
indubbiamente penalizza in modo particolare le forze di
Governo di quel periodo. Non si tiene presente, per esempio,
che tutte le attività e le leggi allora promosse sono state
votate all'unanimità.
   Credo, quindi, che vada approfondito questo aspetto,
perché dalla lettura delle carte emerge una chiara indicazione
di responsabilità che, a mio parere, appare estremamente
ingenerosa, nel momento in cui non si tiene presente che tutti
quei provvedimenti sono stati assunti dal Parlamento, lo
stesso Parlamento che adesso dovrebbe giudicarli.
   Ma il problema che intendo porre all'attenzione della
Commissione non è tanto questo, quanto quello di ordine
metodologico e procedurale, che peraltro fu già avanzato
quando affrontammo sia la relazione sul rapporto tra politica
a mafia sia le altre relazioni attinenti alla presenza dei
fenomeni mafiosi e criminali sul territorio (penso alla
relazione sulla Puglia, per esempio).
   Nutro infatti una grossa preoccupazione determinata da un
fatto oggettivamente presente: nell'opera di una Commissione
d'indagine come la nostra, l'intreccio con le procedure o con
l'attività della magistratura è inevitabile, e forse
                        Pag. 3332
questo è uno dei limiti o dei pericoli di questo tipo di
Commissioni. Però, in questo caso ci troviamo di fronte ad una
situazione molto pericolosa, anche perché può costituire un
pericoloso precedente per il futuro: stiamo infatti indagando
su fatti che sono già oggetto d'indagini da parte della
magistratura, per cui ci avvaliamo dei documenti ad essa
pervenuti, nonché, durante lo svolgimento delle nostre
audizioni, dell'ausilio di coloro che svolgono attività
inquirente, tant'è che ascoltiamo i pubblici ministeri, i
procuratori generali, i procuratori capo e i rappresentanti
delle forze dell'ordine. Dunque, avvalendoci, sostanzialmente,
di tutta l'attività inquirente, la Commissione viene
informata, a seconda dei fatti specifici, di tutto ciò cui
tale attività è pervenuta. Ci avvaliamo degli stralci degli
interrogatori svolti dall'attività inquirente (credo che
soltanto qualche sentenza sia stata alla nostra attenzione) e
della collaborazione dei pentiti, anche se delle loro
dichiarazioni non possiamo effettuare riscontri, ad eccezione
di quelli resi possibili dal confronto con l'attività svolta
dagli organi inquirenti o da coloro che li hanno in gestione.
   Quindi, il giudizio che automaticamente viene a crearsi in
Commissione è frutto di tutta questa attività inquirente.
Potremmo fermarci ad esso, ma siccome andiamo oltre, perché
esprimiamo un giudizio definitivo, la mia preoccupazione
deriva dal fatto che inconsciamente si stia scivolando in una
sorta di organismo giudiziario che si soffermi a valutare
soltanto l'attività inquirente per emanare, alla fine, un
giudizio che, come dimostrerò in seguito, rischia d'inficiare
il processo penale. Esprimiamo giudizi di merito che, sia pure
con l'etichetta politica, finiscono per divenire giudizi a
rilevanza penale. Ripeto, la mia preoccupazione deriva da
questa constatazione.
   Ritengo che soprattutto in questa relazione, di cui
apprezzo la serietà dell'impostazione e la solerzia dimostrata
nel redigerla, ci troviamo di fronte a personaggi sui quali,
nonostante siano ancora sottoposti al giudizio della
magistratura nella fase inquirente, esprimiamo un giudizio
definitivo. Mi chiedo, quindi, se nel formulare tale giudizio,
che noi chiamiamo politico ma che ha rilevanza penale, perché
ci avvaliamo di documenti che hanno questa valenza, non
finiamo per compromettere il giudizio definitivo e,
soprattutto, per inficiare il libero convincimento del
magistrato giudicante, il quale, quando sarà chiamato a
pronunciarsi, motiverà il suo giudizio sulla base delle
relazioni antimafia.
   Per le motivazioni adesso esposte, ritengo che ci si trovi
di fronte ad un'aperta lesione dei diritti soggettivi. Non
voglio parlare di lesione dei diritti di difesa, ma sottolineo
il rischio che si possa alterare il libero convincimento del
magistrato chiamato a giudicare su questi episodi.
Riallacciandomi alle osservazioni - senz'altro più distanti
dalla cronaca giudiziale - svolte anche dal sottoscritto nella
precedente relazione, riguardante il rapporto tra mafia e
politica, preannuncio che il gruppo della democrazia
cristiana, poiché non condivide la relazione in esame ed il
suo giudizio sulla medesima è negativo, voterà contro; ciò per
le motivazioni di ordine politico-generale in essa contenute e
quindi non per contestare i fatti riportati ma per esprimere
il suo dissenso sul pericoloso precedente che il documento in
esame può rappresentare.
                 Sull'ordine dei lavori.
  PRESIDENTE. Il senatore Calvi ha chiesto di parlare
sull'ordine dei lavori.
  MAURIZIO CALVI. Signor presidente, a nome del gruppo
socialista chiedo dieci minuti di sospensione per valutare la
dichiarazione del collega Sorice sulla relazione in esame.
  ANTONIO BARGONE. Credo che nel frattempo potremmo
procedere alle dichiarazioni di voto.
                        Pag. 3333
  FRANCO FAUSTI. Personalmente, sono contrario ad una
sospensione della seduta.
  PRESIDENTE. Sospendo la seduta per dieci minuti.
La seduta, sospesa alle 12,30, è ripresa alle
12,40.
               Si riprende la discussione.
  PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione della relazione
sulla camorra.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Signor presidente, colleghi, a
nome del mio gruppo, cioè di me stesso e dell'onorevole Ayala,
dichiaro il voto favorevole a questa relazione.
   Al di là di quelle che possono essere le interpretazioni
di questa relazione come di un documento affetto da qualche
partigianeria politica - considerazioni critiche che a me non
sembrano appropriate a questa relazione -, assolutamente
dominante resta il quadro della situazione reale che emerge da
questa ricerca, dai dati oggettivi che in essa sono presenti,
dal messaggio che attraverso di essa viene dato a questo
Parlamento, a quello nuovo, quando vi sarà, e al paese. Un
messaggio di gravissimo allarme, tanto più significativo in
quanto non retorico ma fondato su una ricostruzione ricca di
elementi, di dati di fatto, di valutazioni critiche, di
documentazione, di ricostruzione storica e storico-sociale.
   Si tratta di una relazione che mette in luce - come è
stato più volte detto - un quadro estremamente preoccupante e
desolante. Il compito che emerge da questa relazione, che
spetterà a chi dovrà provvedere nei prossimi anni alla cosa
pubblica a livello locale, regionale e nazionale, è un compito
assolutamente grave, assai elevato.
   Si tratta di una relazione - come del resto, diversamente
ma in modo convergente, quella sulla Sicilia - che mette in
luce come la questione meridionale, anche dal punto di vista
della salute pubblica, sia ancora, nonostante le opinioni di
chi poco conosce la storia di questo paese, il grande compito
storico delle generazioni della democrazia; quel compito che
era stato intravisto negli anni dell'immediato dopoguerra,
quando da linee diverse (la tradizione dei Pasquale Saraceno,
cattolico, dei Rossi Doria, dei Giorgio Amendola), talvolta
politicamente contrapposte, si metteva in luce in modo
convergente come la questione meridionale fosse ancora la
questione storica della vita italiana. Essa non è stata
risolta se non in parte; un cambiamento grande c'è stato, ma
contemporaneamente nuovi mali si sono manifestati proprio in
collegamento con il cambiamento. Da questa relazione emerge il
complicarsi della vita democratica, la particolare forma
assunta dalla vita democratica nel Mezzogiorno, la particolare
forma assunta dal rapporto fra eletti ed elettori, che è
collegata con la storia del Mezzogiorno, nell'ambito di uno
sviluppo economico anche tumultuoso, di un allargarsi della
forbice tra la povertà e la ricchezza, del diffondersi di
occasioni di ricchezza non ortodosse e addirittura illegali.
Da tutto questo è emersa una nuova questione meridionale, che
oggi è caratterizzata essenzialmente dal suo essere anche una
questione criminale, laddove nel 1945 si presentava
essenzialmente come una questione agraria. Come allora si
diceva che nel futuro bisognava costruire l'ossatura di una
nuova economia del Mezzogiorno, leggendo questa relazione
dovremmo dire che abbiamo la prova che è necessario fornire
un'ossatura alla nuova politica, alla nuova vita sociale del
Mezzogiorno.
   Tutto questo mi sembra che venga fuori in modo drammatico
e preciso in questa relazione e, quindi, posso anche capire
che si manifestino preoccupazioni, ma debbo dire che - tutto
sommato - le ritengo assolutamente irrilevanti rispetto a
questo risultato oggettivo che - ripeto - è il risultato di
offrire insieme un quadro, uno strumento di conoscenza e anche
un messaggio politico alto, non fazioso ma che nasce dalla
drammaticità delle cose.
                        Pag. 3334
   E' stato osservato dal collega Sorice - e mi sembra
un'osservazione sulla quale si debba prendere posizione - che
qui vi è un problema di interferenza, in un certo modo, con
l'attività della giustizia. Questo problema dell'interferenza
indubbiamente esiste - il collega Sorice in questo senso ha
ragione -, però egli stesso mi pare abbia rilevato che, tutto
sommato, questo è un problema che in fondo si pone per tutte
le Comissioni d'indagine. Pertanto è una questione troppo
generale per diventare occasione di critica o di approvazione
di volta in volta. Ci si deve rassegnare all'idea che se
esiste un'indagine parlamentare accanto ad un'indagine
giudiziaria - una con un portato, l'altra con un altro, una
con una metodologia e l'altra con una diversa - esse finiscono
per coesistere, perché quando vi è l'emergenza del dato
giudiziario molto potente, il Parlamento se ne preoccupa
perché nasce una questione di portata politica nazionale e,
quindi, nascono le indagini parlamentari. Quindi, questo
problema è ineliminabile. D'altra parte, se è per questo,
sarebbe altrettanto assurdo limitare la portata delle indagini
di carattere politico-sociale del Parlamento per la
preoccupazione di non interferire o addirittura di non
influire su quelle della magistratura, quanto lo sarebbe
chiedere il contrario, cioè chiedere ai magistrati il piacere
di non spingere troppo oltre le loro indagini per non
provocare riflessi dannosi sul mondo politico. Come non
chiediamo questo ai magistrati, non vedo come essi possano
chiedere a noi qualcosa.
  ALFREDO BIONDI. Sarebbe un tentativo inidoneo.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Ripeto: sono due livelli che
fatalmente interferiscono.
   La conclusione che vorrei dare a questa mia dichiarazione
di voto favorevole, anche a nome del collega Ayala, è questa.
Vorrei fosse chiarissimo che nel prendere atto, attraverso
questa relazione, di degenerazioni politiche molto gravi,
della probabile compromissione politica di ambienti e di
persone (del resto, di vari ambienti e di vari personaggi,
anche di diversa estrazione politica, ma forse in modo
predominante di una o due), non vi è alcun compiacimento da
parte del gruppo repubblicano; non vi è alcun compiacimento.
Non vi è alcuna gioia della rivelazione. Non vi è alcuna gioia
di vedere smascherato qualcuno o qualcosa. Vi è al contrario -
molto dominante su questo che può essere un sentimento
immediato ma superficiale - la consapevolezza della gravità di
una storia che in qualche misura tutti abbiamo condiviso, se
non altro per il fatto che abbiamo vissuto tutti una certa
epoca, certamente con responsabilità diverse. Ma come
italiani, come rappresentanti del Parlamento, non può che
esservi una sensazione di tragedia, che non ha proprio niente
del compiacimento. Veder sospettare, congetturare sul fatto
che alcuni personaggi - che hanno avuto un ruolo importante,
che hanno lavorato con accanto la bandiera italiana, in forma
ufficiale, rappresentando il nostro Stato - abbiano avuto
debolezze, incapacità nel vigilare, nel badare alle
compromissioni possibili, non è un motivo di compiacimento ma
dà un senso che aumenta il peso delle responsabilità:
aumentando il peso delle responsabilità passate, aumenta il
peso di quelle future.
   Quindi, vorrei dire che non sento questa relazione come il
segnale e la prova di una spaccatura ma come un richiamo al
senso comune della storia e dei fallimenti della storia del
nostro paese; sarebbe assurdo non prenderne atto. In queste
vicende vengono sempre travolte persone, ambienti, gruppi; è
fatale e necessario. A volte, vengono anche travolti coloro
che dal punto di vista giudiziario sono degli innocenti. Ma
fare parte della storia politica è anche far parte del rischio
della politica. Fare politica in certe zone del nostro paese,
come di altri con certe caratteristiche, è rischioso. Cadere
in questi rischi non
                        Pag. 3335
assolve e il fatto che non assolve, al tempo stesso, non è
per niente un motivo di soddisfazione.
   Nel momento in cui annuncio il voto favorevole del mio
gruppo a questa relazione, intendo risottolinearne il
carattere di messaggio grave, austero, severo per il futuro;
un messaggio che è al tempo stesso una richiesta di esame di
coscienza per tutti rispetto al nostro passato.
  GIORGIO CASOLI. Il gruppo socialista ha responsabilmente
deciso, all'unanimità, di esprimere un voto favorevole sulla
relazione in esame, soprattutto perché condivide le
conclusioni alle quali essa perviene.
   Intendiamo tuttavia formulare alcune considerazioni che,
pur non inficiando la nostra determinazione ad esprimere -
ripeto - un voto favorevole, chiediamo siano acquisite agli
atti sì che ad esse si possa far riferimento nel momento in
cui la relazione sarà sottoposta all'esame del Parlamento. Al
paragrafo 20.9, è riportata la seguente frase: "Ma un giudizio
politico dovrà inoltre essere espresso anche nei confronti
degli altri parlamentari che, pur rivestendo autorevoli
responsabilità a livello nazionale (...)". A nostro avviso, si
tratta di una formulazione eccessivamente limitativa, dal
momento che le responsabilità - ovviamente quelle politiche -
non possono essere fatte risalire soltanto ai parlamentari: il
ventaglio delle responsabilità è infatti molto più ampio. Di
conseguenza, il gruppo socialista propone di sostituire la
formulazione citata con la seguente: "Ma un giudizio politico
dovrà inoltre essere espresso anche nei confronti di tutti
coloro che, investiti di responsabilità politiche ed
amministrative, nazionali e locali, nulla hanno fatto (...)".
Riteniamo che tale formulazione esprima un giudizio più
preciso proprio perché - ripeto - il ventaglio delle
responsabilità non può essere limitato alla sfera
parlamentare.
  PRESIDENTE. D'accordo, senatore Casoli.
  GIORGIO CASOLI. Un'ulteriore osservazione di carattere
generale riguarda le parti della relazione nelle quali viene
fatto riferimento a nomi o ad accertamenti di carattere
giudiziario. Capisco che è estremamente difficile mantenersi
nell'ambito della competenza della Commissione, competenza
che, pur amplissima, è limitata all'espressione di giudizi
politici su determinati accadimenti e non si estende a
valutazioni sui comportamenti di singole persone. Laddove vi
sono indicazioni nominative oppure riferimenti non
strettamente pertinenti ai fini delle conclusioni generali
(accade, per esempio, a pagina 5, dove è contenuto l'elenco di
tutti i parlamentari nei cui confronti è stato espresso un
giudizio favorevole per l'autorizzazione a procedere), si
corre il rischio che tali indicazioni ed i riferimenti a fatti
specifici afferenti a determinate persone possano
rappresentare un qualcosa in più di un giudizio politico e,
quindi, straripare in un'attività giurisdizionale che non
rientra nella competenza di questa Commissione.
   A nome del gruppo socialista, rivolgo una raccomandazione
(che magari potrebbe essere recepita in un atto separato
quale, ad esempio, un ordine del giorno) affinché tutti i
riferimenti nominativi nonché quelli che potrebbero assumere
una connotazione di interferenza sull'attività giurisdizionale
e del potere giudiziario siano soppressi o, per lo meno, che
si dia esplicitamente atto che l'intendimento della
Commissione è di non interferire con tale ambito. Si potrebbe
trattare di una precisazione pleonastica, ma credo
rappresenterebbe comunque un elemento di maggiore tranquillità
capace di reintrodurre nei suoi binari ortodossi, ove ve ne
fosse bisogno, l'attività della Commissione.
   Con queste precisazioni e con queste riserve - evitando di
dilungarmi ulteriormente sui temi del dibattito, dal momento
che la discussione ha consentito di sviscerare adeguatamente
tutta la materia -, dopo aver preso atto che nella seconda
stesura della relazione sono stati responsabilmente accolti
numerosi emendamenti
                        Pag. 3336
proposti dai vari componenti di questa Commissione (che hanno
già eliminato punti di frizione che si potevano intravedere
nella prima stesura), confermo il voto favorevole del gruppo
socialista.
  FAUSTO MARCHETTI. Il collega Tripodi ha già illustrato
in maniera ampia e competente la posizione di apprezzamento
del gruppo di rifondazione comunista per la relazione sulla
camorra e il consenso sulle conclusioni cui essa perviene. A
nostro parere, nella relazione non avviene alcuno
sconfinamento rispetto ai compiti attribuiti alla Commissione:
si evince, al contrario, il pieno rispetto delle funzioni
della magistratura, alla quale peraltro è dedicata una parte
dell'analisi, dal momento che la stessa magistratura viene
sottoposta alle valutazioni della Commissione con riferimento
al modo in cui si è mossa nell'area campana. Sotto questo
profilo, dalla relazione viene uno stimolo a che la
magistratura svolga in maniera sempre più piena le proprie
funzioni, giacché in passato nell'area in esame si sono
registrate, in più occasioni, connivenze con settori
camorristici (a tale riguardo nella relazione è contenuto un
riferimento a clamorosi episodi).
   Nello stesso tempo, viene posto in evidenza come oggi vi
siano segni di un nuovo impegno da parte della magistratura,
impegno che si auspica possa essere sempre maggiore. Di questo
prendiamo atto con soddisfazione.
   A nostro avviso, la relazione rappresenta un contributo di
grande importanza, una novità che offre un primo quadro
complessivo, sottolinea il salto qualitativo effettuato dalla
camorra (mi riferisco alla parte specificamente storica), fa
uno sforzo per arrivare ad evidenziare il salto compiuto dalla
stessa a partire dal sequestro Cirillo, passando attraverso le
vicende del terremoto. Nella relazione sono riferiti in modo
puntuale alcuni episodi che consentono di comprendere con
grande chiarezza a quale livello di potenza fosse arrivata
l'organizzazione camorristica, per gli intrecci, i rapporti e
le relazioni che essa era riuscita a tessere. Basti ricordare
che per trasferire Cutolo all'Asinara è stato necessario
l'intervento del Presidente Pertini. Altrettanto illuminante e
terrificante è l'episodio, risalente all'epoca del sequestro
Cirillo, delle forze di polizia (che erano state notevolmente
potenziate nella prima fase, che avevano agito e che erano
riuscite a contenere le attività criminali nell'area
napoletana e campana nei primi giorni del sequestro) che ad un
certo momento apparvero quasi paralizzate. Si tratta di un
episodio di una gravità eccezionale, anche perché non si è
riusciti - in questo senso la stessa relazione non offre
alcuna interpretazione - ad arrivare a capo di chi abbia
determinato la paralisi delle forze dell'ordine in quella
circostanza, lasciando così campo libero alla camorra. Credo
che su questa vicenda bisognerà ancora scavare perché le
responsabilità non possono certo essere attribuite alla gente
che non si muoveva! Vi è stato indubbiamente un intervento che
ha determinato questa situazione ed occorre andare a fondo per
venire a capo di questa situazione.
   Ci troviamo di fronte ad un quadro spaventoso. Alla luce
della relazione proposta dal presidente - che mi auguro la
Commissione approvi questa mattina - è davvero pretestuoso
parlare di invasione di altri campi. La Commissione, operando
nel modo in cui ha fatto, è invece rimasta nel suo ambito e
nei limiti delle sue funzioni.
   Per la prima volta - lo ha già sottolineato il collega
Galasso - si individuano anche i rapporti di Cosa nostra con
la camorra e si fa un accenno, probabilmente da approfondire,
al problema dei rapporti con la massoneria, anche se allo
stato gli elementi non sono numerosi. Per la prima volta,
inoltre, abbiamo a disposizione un quadro, certo non completo
ma comunque abbastanza esauriente, dei rapporti con ambienti
politici o, per lo meno, con alcuni di essi. Il problema non è
quello dei nomi: non ci si deve nascondere dietro un dito! Il
fatto è che dalla lettura di tutte le vicende, di tutti i
documenti e degli elementi di vario tipo
                        Pag. 3337
che la Commissione ha acquisito si ricava che si "casca"
sempre in determinati ambienti! Non vi è una volontà
persecutoria, non vi è stato qualcuno che abbia indirizzato i
lavori in una certa direzione, colleghi della democrazia
cristiana! Il problema è che dagli elementi che la Commissione
ha messo insieme viene fuori un quadro che noi tutti vorremmo
che non ci fosse ma che, purtroppo, è di fronte a noi. Quindi,
la valutazione politica, presente nella relazione e rimessa in
via definitiva al Parlamento, è da condividersi pienamente. Mi
stupisce che vengano citati nella relazione due passaggi
tipicamente politici, che non determinano alcuna invadenza di
altri campi, e che sono formulati con il necessario senso
della misura ed in modo da andare oltre le risultanze
attualmente in possesso della Commissione. Per questo motivo
il gruppo di rifondazione comunista esprimerà voto pienamente
favorevole alla relazione.
  MICHELE FLORINO. In sede di discussione sulle linee
generali avevo parlato di una relazione che tratta
sociologicamente i fatti e ciò che è accaduto in Campania.
Oltre a fare questa considerazione critica, che è stata
riportata anche da un mensile della sinistra, La Voce della
Campania- che parla di deludente relazione sulla camorra
in Campania, con l'intervento di un autorevole collega della
Commissione, l'onorevole Imposimato, che pure rivolge un
giudizio durissimo - ho anche ritenuto di assumermi la
responsabilità di una dichiarazione che calza a pennello sulla
situazione attuale e su quella precedente. Se prima degli anni
ottanta la camorra si poteva definire una società a
responsabilità limitata, oggi la definisco una società per
azioni, una società mista a capitale criminale ed
istituzionale, in cui sono dentro tutti, dai magistrati ai
politici. La relazione non tratta dovutamente questi settori
inquinati, che tanto danno hanno arrecato alla società civile.
   Come ho detto in sede di discussione generale, è evidente
la volontà di escludere la complicità della magistratura nel
salto di qualità che ha spiccato la camorra dagli anni ottanta
in poi, anche se una frase riportata nella relazione chiarisce
un certo contenuto di questo salto di qualità: mi riferisco a
quando si afferma che la camorra moderna nasce in questa fase.
Ma in questa fase la camorra moderna è nata grazie alla
ricostruzione. E' pur vero che la relazione tratta ampiamente
il processo di ricostruzione, riportando brani della relazione
della Commissione parlamentare d'inchiesta, però non riporta
dovutamente quanto si è verificato nel processo di
ricostruzione con i magistrati, con i politici, con gli
affaristi. Vi è qui l'elenco completo dei collaudatori, che
dovevano operare per far sì che la ricostruzione avvenisse
secondo un criterio stabilito dai principi dello Stato, cioè
quello dell'onesta contabilità e dell'onesto intervento.
Questo non è avvenuto, perché 18 mila miliardi sono arrivati a
Napoli per un terremoto subito da altre zone, ma inventato in
città, tant'è che nella prima parte della relazione della
Commissione d'inchiesta si usano queste parole: "più che per
gli effetti del terremoto, per sanare il fabbisogno
pregresso". Se leggete i nomi dei collaudatori, vi renderete
conto della commistione iniziata all'epoca tra camorra,
magistrati, politici ed affaristi.
   Se poi andiamo a leggere attentamente i nomi delle imprese
chiamate in causa per la ricostruzione - ho qui tutti gli
elenchi - guarda caso, in prima pagina nell'elenco alfabetico
delle imprese esecutrici, ritrovo Alfieri Francesco.
All'interno vi sono altre centinaia di società individuate
successivamente nelle indagini espletate dagli organi
giudiziari. Voglio ricordare a questa autorevole Commissione
quello che già avevo detto nella Commissione della precedente
legislatura: la camorra non poteva compiere questo salto di
qualità se, accanto ad essa, non vi fosse stato un potere
politico, un potere di altre istituzioni che ne avessero
tracciata ed asfaltata la strada. Nonostante ciò, si vuole
chiudere la vicenda camorra
                        Pag. 3338
in una relazione che riferisce alcuni casi ma non
approfondisce compiutamente le responsabilità.
   La descrizione del caso Cirillo è compiuta, chiara e
precisa. Le responsabilità dovrà individuarle il magistrato,
come ho già detto nella precedente seduta. Però non me la
sento di sostenere che c'è una lesione dei diritti soggettivi
- come dice Sorice - perché in questo caso dovremmo tener
conto delle dichiarazioni dei pentiti che hanno mandato in
galera centinaia di persone che dovremmo scarcerare. Non
dimentichiamo che in galera si trovano ancora Contrada ed
elementi chiamati in causa dai pentiti. Se vogliamo mettere in
discussione il ruolo dei collaboratori della giustizia,
dobbiamo farlo in tutto e per tutto, non solo per alcuni casi
che riguardano i politici.
   Non mi trovo d'accordo su quanto è scritto a pagina 43
della relazione, ovvero che alla Commissione è stato riferito
che in Campania si sarebbero realizzati 300 mila vani abusivi
dal 1985 in poi. Questo non corrisponde al vero, perché il
dilagante abusivismo è iniziato nel 1970, con la complicità di
tutte le giunte che si sono alternate alla guida della città
di Napoli, ivi compresa la giunta di sinistra. Dobbiamo avere
l'onestà e la responsabilità di inserire in questa relazione
sulla camorra le responsabilità di una giunta di sinistra, di
alcuni esponenti del partito comunista; ricordo l'arresto del
consigliere comunale Acerra e l'autorizzazione a procedere non
concessa nei confronti dell'onorevole Geremicca.
   Non si può dimenticare che, in quel momento di aberrante
diffusione della camorra, con la costruzione di 300 mila vani
abusivi, sorse anche il grosso problema dell'organizzazione
dei disoccupati che, grazie all'amministrazione di sinistra,
trovarono accoglimento con relative delibere di assunzione
nell'ambito degli enti pubblici. Indubbiamente, una parte dei
disoccupati esprimeva il bisogno casa, ma dentro questa
organizzazione vi era anche una gran massa di delinquenti, di
delinquenti comuni, che hanno avvelenato gli enti locali.
Voglio chiarire che, per quanto riguarda la storia della
disoccupazione e dei disoccupati, i dati non corrispondono,
perché ad oggi abbiamo una situazione, verificabile in base ai
dati affluiti al Ministero dell'interno, che riguarda più di
3.800 lavoratori, utilizzati per lavori socialmente utili con
finanziamenti dello Stato, tra cui 800 ex detenuti che la
provincia, con un colpo di mano, intende utilizzare, o ha già
utilizzato, come subalterni scolastici nelle scuole. Si tratta
di delinquenti comuni utilizzati nelle scuole come subalterni
scolastici!
   Non posso non fare riferimento al punto 13.5, contenuto a
pagina 78 della relazione. Si scrive: "Dopo il terremoto,
furono conferiti pieni poteri amministrativi al presidente
della regione. Questi se ne avvalse per designare le
commissioni di collaudo". Bisogna fare riferimento anche ai
pieni poteri amministrativi attribuiti al sindaco.
  PRESIDENTE. Ma è detto in un'altra parte.
  MICHELE FLORINO. Il sindaco-commissario straordinario
aveva pieni poteri.
  PRESIDENTE. Le commissioni di collaudo le fece anche il
sindaco?
  MICHELE FLORINO. Sì.
  PRESIDENTE. Se è così, occorre inserirlo. E' giusto.
  MICHELE FLORINO. Le commissioni di collaudo per le aree
interne.
  PRESIDENTE. Certo, per Napoli.
  MICHELE FLORINO. Vi fu, poi, la responsabilità di quel
sistema delle concessioni che avviò la procedura di
collegamento tra ditte che venivano subappaltate, quasi tutte
di chiara matrice camorrista. Il primo grande errore fatto dai
due presidenti fu quello di assegnare ai concessionari con il
sistema "chiavi in mano", dando anche la possibilità di
accedere fino al 50 per cento degli anticipi
                        Pag. 3339
senza iniziare i lavori, per poi, a lavori ultimati,
completare il pagamento. Da quel momento iniziò il grande
salto di qualità della camorra, che con queste imprese - ho
qui i documenti - riuscì ad inserirsi nella vita cittadina:
quella che una volta era una società a responsabilità limitata
è diventata una società per azioni a tutti gli effetti, con
magistrati, altri poteri istituzionali e il potere politico.
   La responsabilità politica sulla questione Cirillo è
trattata chiaramente, come ho detto in precedenza. Ma può una
relazione sulla camorra fermarsi solo al caso Cirillo senza
approfondire tutto quello che è esploso nella città di Napoli,
dopo il caso Cirillo, con la ricostruzione e le responsabilità
di una classe politica coinvolta negli scandali dei mondiali
del 1990 (LTR, metropolitana, trasporto rifiuti)? Non è stato
forse concluso qui a Roma, nel salone di Montecitorio, con
alcuni deputati, il famoso accordo con le ditte per la
questione del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti solidi
urbani, con la concussione delle aziende? Non è stato fatto da
elementi di spicco del partito socialista? Qui non appare la
responsabilità del partito socialista.
  CARLO D'AMATO. Bravo!
  MICHELE FLORINO. Non è apparsa neanche su un altro fatto
eclatante, che la Commissione deve verificare. Si tratta di
episodi di commistione tra camorra e potere politico. Io dico,
assumendomene la responsabilità, che il potere politico, con i
magistrati e altre forme istituzionali, ha fatto sì che la
camorra potesse impadronirsi della città di Napoli.
   Non appare la questione eclatante dell'uccisione del
manager Pasquale Crispino, con il tentativo di
concussione iniziato dai socialisti a livello regionale e
riportato dalla stampa per il rinvio a giudizio. Vi è stata
nebulosità nello scoprire i mandanti o gli esecutori materiali
dell'assassinio. Guarda caso, l'ufficiale dei carabinieri
Vittorio Tommasone, che stava per arrivare ad arrestare gli
esecutori, e quindi ai mandanti, si vede trasferito a Chieti.
Sui giornali, qualche settimana fa, è stata ricordata la
responsabilità politica di alcuni uomini che hanno ordinato il
trasferimento. Ecco che ancora più ibrido appare il rapporto
tra il potere istituzionale e la camorra: si giunge persino a
compiacersi dell'assassinio di un medico manager pur di
liberare dalle pastoie... (Interruzione del deputato
Buttitta). Compiacersi, sì.
   Oltre a questo non appaiono altri fatti perché dal 1980 in
poi, anche se vi è la descrizione particolareggiata di tutti
gli avvisi di garanzia che hanno raggiunto consiglieri
comunali e regionali, non si è arrivati all'individuazione
chiara e completa delle responsabilità politiche che
coinvolgono sì la democrazia cristiana, ma che hanno coinvolto
anche il partito comunista con la giunta Valenzi, con la
sistematica immissione nel comune di Napoli di delinquenti,
con il selvaggio abusivismo edilizio, con l'incriminazio-ne e
la condanna di un consigliere comunale comunista, con un
deputato del partito comunista coinvolto nello scandalo dei
mondiali novanta e della nettezza urbana...
  PRESIDENTE. A chi si riferisce?
  MICHELE FLORINO. Al deputato del PDS Berardo Impegno,
nei confronti del quale sono pervenute quattro richieste di
autorizzazione a procedere. Non credo sia il caso di
raccontare il fatto ma, se la Commissione vuole, posso fare la
storia di tutte le autorizzazioni a procedere, che conosco
bene; ce ne è per tutti!
   Stavo dicendo che il coinvolgimento è totale; quindi,
occorre inserire nella relazione il concetto del
coinvolgimento totale di tutte le istituzioni, magistratura
per prima (sta qui tutta la responsabilità della magistratura,
qui, nel primo atto, nella prima pietra che è stata posata) e,
poiché i fatti in questo caso sono pesanti come macigni,
bisogna anche attribuire la giusta responsabilità a chi ha
consentito ai camorristi di scalare la vetta a Napoli ed in
Campania. Se tutto questo viene
                        Pag. 3340
inserito nella relazione, io la voterò, altrimenti essa
rimane un documento politico che cerca di colpire una sola
parte politica.
  VITO LECCESE. Nell'associarmi pienamente alla
valutazione positiva del collega Galasso, vorrei esprimere
apprezzamento per il lavoro svolto dal presidente, un lavoro
puntuale, completo e preciso sia nell'esposizione sia nella
valutazione del fenomeno camorristico sia nel suo
inquadramento storico, territoriale e sociale.
   Approvando la relazione, credo che forniamo un contributo
prezioso, di grande importanza non solo al Parlamento ma al
paese intero per la conoscenza di un fenomeno poco noto; come
qualcuno ha ricordato e come si evince anche dalla premessa
della relazione, è la prima volta che la Commissione antimafia
nella sua storia riesce a produrre una relazione completa sul
fenomeno della camorra.
   In passato la mancanza di conoscenza non ha fatto altro
che favorire la pericolosa infiltrazione di questa
organizzazione nei processi produttivi, nella vita sociale, in
quello che il collega Galasso ha definito l'ordinato
svolgimento della vita collettiva, sino a rappresentare un
vero attentato alle istituzioni democratiche del paese. Se
valutiamo il fenomeno alla luce della forte penetrazione della
camorra nelle amministrazioni e negli enti locali, è evidente
che esso, come qualcuno ha ricordato, non ha precedenti
neanche rispetto ad organizzazioni storicamente più importanti
come Cosa nostra.
   Per tale motivo ritengo che non si debba indugiare e che
sia necessario approvare comunque questa relazione in funzione
non solo della novità che essa rappresenta ma anche
dell'importante contributo che possiamo fornire al Parlamento
ed al paese intero.
  ANTONIO BARGONE. Nel corso della discussione generale
già alcuni colleghi del mio gruppo hanno sottolineato i meriti
di questa relazione, soprattutto quello dell'approfondimento
del fenomeno camorristico che ha rivelato anche aspetti in
gran parte inediti, specie relativamente alle interconnessioni
di carattere sociale, economico e politico-istituzionale dello
stesso.
   Tra i meriti va segnalato senz'altro quello di aver
superato ogni sociologismo e di aver puntato l'attenzione sul
contesto sociale solo con l'obiettivo di capire meglio
l'evolversi, il radicamento del fenomeno, nonché la misura
dell'influenza che esso ha avuto sullo scorrere della vita in
quelle realtà.
   E' quindi sicuramente importante la differenza - che
appare evidente - tra il fenomeno camorristico e quello
mafioso di Cosa nostra, individuando in quello camorristico
una maggiore invasività, un consenso di massa ed, in qualche
modo, un intreccio inestricabile anche con il potere politico
più diffuso e che quindi emerge con maggior forza rispetto a
quanto non sia emerso nella relazione sui rapporti tra mafia e
politica.
   Credo che non possano essere considerate fondate le
critiche riferite a presunte carenze della relazione, ad
esempio in ordine ad una limitata analisi di quanto è accaduto
durante il terremoto e del fenomeno camorristico così come si
è sviluppato in quella fase. Credo che una relazione sulla
camorra debba proporsi il compito preciso intanto di indicare
le caratteristiche del fenomeno, il suo radicamento sociale,
il rapporto con pezzi delle istituzioni e con la politica,
nonché quali fossero i momenti storici in cui tale fenomeno ha
assunto una dimensione diversa e molto più preoccupante, fino
ad assurgere forse, per la prima volta, ad un rilievo
nazionale, quale quello che si è riservato al caso Cirillo.
Tale episodio è stato considerato dai più una svolta storica;
esso ha fatto salire il livello di influenza del fenomeno
camorristico in quella realtà, ha diffuso e radicato in
maniera più incisiva e penetrante il suo rapporto con le
istituzioni e con il potere politico.
   Sono inoltre dell'avviso che attardarsi ancora su fenomeni
come quello del
                        Pag. 3341
terremoto sarebbe stato rischioso in quanto l'attività della
Commissione si sarebbe sovrapposta ad un'indagine già compiuta
dal Parlamento; inoltre, essa avrebbe fatto riferimento anche
ad episodi di malcostume che non hanno nulla a che vedere con
ciò che è posto alla nostra attenzione: il rapporto organico,
contiguo tra il potere politico e la camorra.
   Sotto questo profilo è importante aver indicato il ruolo
del potere politico, dei partiti di Governo ed anche di uomini
che hanno esercitato tale potere con incarichi di grandissimo
rilievo, come ad esempio quello di ministro dell'interno.
Penso che un dissenso fondato sulla critica per la quale nella
relazione vi sarebbe un'interferenza con le indagini
giudiziarie sconti una contraddizione rilevata anche nel
dibattito che si è svolto ed alla quale per fortuna questa
Commissione è sfuggita; si tratta del fatto di far coincidere
di nuovo la responsabilità politica e la responsabilità
penale, errore nel quale né questa relazione né quella - che
ha avuto grande rilievo - sui rapporti tra mafia e politica
sono incorse. La responsabilità politica può prescindere da
quella penale: essa richiede un senso di responsabilità alle
forze politiche ed alla società civile maggiore di quello che
vi è stato fino ad ora. Ricordo quando il partito comunista
italiano ha presentato in Parlamento richiesta di dimissioni
del ministro dell'interno Gava a seguito del provvedimento del
giudice Alemi e ricordo anche il dibattito che in
quell'occasione si è svolto. Se allora fosse caduta ogni
resistenza nei confronti di un'analisi che fosse senza veli e
senza il vincolo dell'appartenenza (cioè una difesa cieca),
probabilmente avremmo guadagnato tempo e forse questa
discussione sarebbe stata meno drammatica di quanto non sia
oggi.
   Vi è quindi il rischio che questa critica diventi un
boomerang per chi la muove perché, nel momento in cui si
sostiene che non si può delegare alla magistratura il potere
di decidere e di valutare i ruoli politici, nello stesso
tempo, facendo coincidere responsabilità politica e
responsabilità penale, si compie l'operazione inversa. Credo,
invece, che noi dobbiamo porci un compito diverso: la
relazione, che si basa su quanto hanno dichiarato 331 persone
(non solo i pentiti, quindi, onorevole Sorice), tra cui
esponenti della società civile e delle istituzioni, ha messo a
frutto un patrimonio di conoscenze che, probabilmente a causa
di una diversa situazione politica, le precedenti Commissioni
antimafia non hanno fatto; nei confronti delle relazioni che
sono state predisposte ho spesso sentito muovere l'accusa di
essere cadute nella tentazione sociologica.
   Da ultimo, desidero rilevare che questa relazione si
inserisce in un contesto, in un processo storico-politico
irreversibile; non credo che rispetto a tale circostanza ci si
possa chiudere a riccio ed opporre resistenza. E' un processo
che ha come obiettivo quello di individuare responsabilità
politiche, ma soprattutto quello di fornire un contributo al
risanamento del paese, specie nel Mezzogiorno. Condivido
l'affermazione del senatore Cabras secondo cui il degrado in
Campania ha assunto i caratteri della degenerazione sistemica
(è questa la frase da cui è stato originato il dissenso del
collega Sorice) perché, in effetti, in questo momento la
grande scommessa per il Mezzogiorno è il recupero, il
ripristino della legalità, è restituire contenuti ad una
democrazia che ne è stata svuotata, come afferma, a mio avviso
molto giustamente, la relazione. Quella democrazia ha
dimenticato e spesso ha soppresso i diritti dei cittadini e li
ha fatti diventare sudditi. Evidentemente rispetto ad una
situazione di questo genere, non possiamo ritardare
ulteriormente l'avvio di questo processo: esso non è solo
irreversibile, ma deve anche essere rapido, perché bisogna
restituire primazia alla politica, il che significa anche
porre le condizioni perché essa si svolga in un contesto in
cui la dialettica democratica sia libera, in cui non vi siano
condizionamenti di alcun tipo, in cui il potere politico non
possa essere interferenza nelle decisioni delle
                        Pag. 3342
istituzioni e, nello stesso tempo, rapporto perverso con la
criminalità organizzata.
   Ritengo che la relazione abbia anche il merito di dare un
contributo a far uscire il Mezzogiorno da questa situazione di
crisi, cosa che, a mio avviso, ha tanta più rilevanza in un
momento in cui la questione meridionale si inserisce in un
confronto in cui vi sono forze che vogliono la rottura della
solidarietà nazionale. Penso quindi che, con grande senso di
responsabilità, si debba approvare la relazione, anche se ciò
avverrà, come giustamente rilevava il collega Ferrara Salute,
senza alcuna gioia, ma con la consapevolezza ed il senso di
responsabilità che convengono ad una situazione grave come
quella descritta nella relazione.
  PRESIDENTE. Con l'intervento dell'onorevole Bargone è
terminata la serie di interventi dei vari gruppi parlamentari;
sono state avanzate alla presidenza alcune richieste di
intervento da parte di singoli componenti la Commissione.
Stante lo specifico carattere delle Commissioni d'inchiesta,
riterrei, se i colleghi sono d'accordo, di consentire a tali
colleghi di parlare per due minuti per esprimere non solo
dissenso, ma anche per precisare a titolo individuale le
proprie posizioni.
  ALFREDO BIONDI. Dopo che saranno intervenuti questi
colleghi, dirò poche parole anch'io.
  PRESIDENTE. A nome del suo gruppo? In questo caso,
dovrebbe intervenire subito.
  ALFREDO BIONDI. Ho grande considerazione di me, ma in
effetti non mi sono mai considerato un gruppo.
  PRESIDENTE. Esistono i monogruppi e sono quelli più
compatti.
  ALFREDO BIONDI. A causa di una serie di impegni e di
condizioni di salute che mi hanno tenuto lontano dai lavori
della Commissione, non ho dato un apporto positivo - ma
neppure negativo - alla formazione di questa relazione. Posso
esprimere un giudizio come soggetto singolo, anche se devo
dire che ho un certo imbarazzo einaudiano nel deliberare senza
conoscere a sufficienza, soprattutto la documentazione che il
senatore Gava ha portato a supporto delle sue considerazioni e
valutazioni e che, purtroppo, essendomi pervenuta ieri, per
colpa mia, ho potuto leggere solo questa notte.
   Ripeto, la documentazione in questione è molto corposa e
poiché non ho potuto esaminarla approfonditamente, mi auguravo
che ci fosse più tempo per esprimere una valutazione.
Comunque, ciò che mi ha colpito e che mi induce alle
considerazioni che manifesterò in seguito è l'analisi compiuta
in ordine ad una fenomenologia, sistemata ed inserita in un
contesto specifico, in cui politica, affari, interessi
elettorali, di carriera e di prestigio - anche per chi non
avesse funzioni rappresentative di ordine elettivo -
convivevano intrecciandosi tra loro in maniera estremamente
forte. Tale intreccio si è avvantaggiato di una realtà, via
via aggravatasi, che ha trovato sostegno, contemporaneamente,
nella mancanza di critica e di autocritica all'interno delle
istituzioni e da parte di taluni soggetti, anche di coloro
che, pur non essendo coinvolti, avevano forse l'obbligo non
giuridico ma morale di porre delle resistenze e di stabilire
quei criteri di trasparenza e di verificabilità degli atti e
dei comportamenti che rappresentano la forma più forte di
controllo, soprattutto se essa porta a selezioni migliori e a
valutazioni più approfondite.
   Trovo che la parte analitica della relazione sia veramente
sproporzionata rispetto a quella conclusiva, in cui, quasi per
sintesi, si stabiliscono indicazioni, in parte nominative, in
parte attributive, di responsabilità politiche, le quali,
però, sono desunte, in grandissima parte, da realtà precedenti
e specificate di ordine giudiziario, sia nella fase delle
indagini
                        Pag. 3343
sia in quelle di talune procedure che hanno avuto, invece, un
più ampio sviluppo. Si traggono considerazioni che sono
politiche solo per il fatto che riguardano i politici, mentre,
in realtà, nonostante quanto ho sentito dire da alcuni
colleghi poco fa, trasformano i giudizi e le valutazioni in un
processo di trasposizione di valori e di competenze che non
sono né quelli dell'autorità giudiziaria né quelli
dell'autorità politica. Viene creata una commistione dalla
quale si traggono valutazioni di carattere quasi obiettivo e
consequenziale, senza che sia possibile comprendere la
responsabilità politica individuata o individuabile in questo
o quell'oggetto, su questo o quel gruppo più o meno
identificato o identificabile per il modo in cui viene
tracciato l'identikit dei soggetti.
   Leggendo questi atti, la preoccupazione che ho avuto è che
vi sia stata, in gran parte, una valutazione se non
unilaterale, non sempre comprensiva ed adeguata alle esigenze
di una giusta e completa cognizione dei problemi.
   Ho sentito che il collega Casoli intendeva proporre un
emendamento, ma non so se volesse subordinare ad esso
l'espressione del voto favorevole o meno del suo gruppo sulla
relazione o se si trattasse, invece, di un suggerimento
offerto, per così dire, alla "comprensione della Corte".
Qualora si trattasse di una proposta avente la capacità di
determinare in un modo o nell'altro il proprio voto
successivo, mi appoggerei ad essa per fornire un'indicazione
forse ancora più specifica del paragrafo 20.9. Pertanto, al
punto relativo all'eventuale responsabilità politica del
senatore Gava, aggiungerei: "...come di altri rappresentanti
politici a livello nazionale e locale è compito del Parlamento
esprimere valutazioni conclusive. Così come valutazioni di
ordine politico dovranno estendersi a tutti coloro,
parlamentari e non, investiti di diverse responsabilità
amministrative ed anche giurisdizionali".
  PRESIDENTE. La prego di formalizzare il suo emendamento,
onorevole Biondi.
  ALFREDO BIONDI. Lo farò senz'altro. Ove la mia
precisazione non venisse accolta, dico subito che mi permetto
di subordinare ad essa la mia valutazione sulla relazione che,
al momento, non è conforme al parere favorevole espresso da
altri gruppi.
  CARLO D'AMATO. Mi dichiaro d'accordo con la proposta
emendativa dell'onorevole Biondi, in quanto recupera, in
parte, le indicazioni espresse dall'onorevole Casoli.
   Riferendomi al giudizio politico del senatore Florino,
voglio sottolineare che nel suo intervento vi sono state
alcune imprecisioni che non possono non essere oggetto di un
chiarimento, ovviamente dal mio punto di vista, non foss'altro
perché restino a verbale.
   Ad avviso del senatore Florino, su certe vicende il
coinvolgimento del partito socialista, che definisce pieno e
profondo, sarebbe stato sorvolato nella relazione. A parte il
fatto che sulle vicende in questione sono aperte indagini
giudiziarie, sul cui esito credo sia necessario rimettersi,
con la dovuta fiducia, all'organo inquirente e giudicante, mi
preme sottolineare che nella sua foga oratoria e di ricerca
della verità, il senatore Florino ha dimenticato o ha omesso
un'indicazione che pure è emersa nel corso di questi anni: la
collusione di esponenti del Movimento sociale italiano-destra
nazionale con la camorra organizzata. E' mia abitudine
rilasciare giudizi solo a processi avvenuti, ma siccome è
stato fatto un riferimento, in maniera semplicistica, a
situazioni che ancora sono addirittura nella fase istruttoria,
devo purtroppo ricordare al senatore Florino che ha
dimenticato l'esistenza di un processo, in corso a Firenze,
conclusosi con una condanna in primo e in secondo grado, che
coinvolge un esponente del suo partito, l'onorevole
Abbatangelo, implicato nella
                        Pag. 3344
cosiddetta strage di Natale, collegata, secondo gli
inquirenti, ad un'attività cui ha partecipato il clan Misso. A
proposito di quest'ultimo, noto clan di Forcella, anche se
sono portato ad escludere quanto sto per dire, perché mi
auguro sempre che la politica non possa compromettersi ad un
livello così profondo con la malavita organizzata, vi è una
vicenda sulla quale l'onorevole Florino ha taciuto. Mi auguro
che ci sia giustizia per Abbatangelo, che preventivamente e
prioritariamente ritengo innocente, ma devo sottolineare che
della vicenda che lo vede protagonista non si fa cenno nella
relazione, nonostante rappresenti uno degli aspetti intrinseci
di collusione della camorra con la politica.
  PAOLO CABRAS. Dichiaro che voterò a favore della
relazione perché condivido l'analisi e la descrizione della
natura, dell'evoluzione e dell'influenza della camorra a
Napoli e in Campania. Credo sia questo il nucleo sostanziale
del documento oggi sottoposto al nostro giudizio.
   Condivido altresì l'intensità, direi drammatica,
dell'allarme lanciato nella relazione e riferito a quella che
ho definito come degenerazione sistemica. Credo, infatti, che
tale definizione sia sufficientemente rappresentativa del
livello di pericolo, che è pari alla vastità e all'invadenza
della camorra nella vita sociale, economica e delle
istituzioni in genere, quindi non solo di quelle politiche.
Del resto, per quanto attiene alla Campania, la prevalenza
della cultura dell'illegalità in ogni settore della vita
pubblica non è scoperta né di questa relazione né di oggi.
   Desidero invece esprimere alcune riserve, a proposito
delle quali preannuncio la presenza di una nota integrativa,
per quanto riguarda il giudizio sul Mezzogiorno espresso nella
parte conclusiva della relazione. Come ho sottolineato a lungo
nel mio intervento, credo che siamo di fronte ad un'analisi
incompleta che determina giudizi che peccano di una certa
genericità: mi riferisco alla formazione della classe politica
meridionale, alla responsabilità della classe dirigente nel
suo complesso, al fenomeno importante delle relazioni fra
partiti politici, sia al Governo sia all'opposizione, che va
sotto il nome di consociativismo. Ritengo che tali aspetti
meritavano di essere affrontati ed esaminati più a fondo.
   Nella nuova stesura della relazione vi è anche
un'attenuazione, che apprezzo, delle valutazioni, più
giudiziarie che politiche, su singoli episodi. Ciò rimanda ad
un'altra valutazione svolta in questa sede, quella
dell'intreccio tra indagine politica ed indagine giudiziaria,
anche se va detto che esso è antico come le Commissioni
d'inchiesta: si è riproposto, infatti, per quelle che hanno
indagato sui casi Sindona, P2, Moro e, in genere, per tutte
quelle che hanno lavorato su eventi non ancora conclusi e
definiti, in quanto devono ancora percorrere un lungo cammino
giudiziario (credo che siamo già al processo
Moro-quater, per cui non sono ancora concluse le
scadenze giudiziarie di questa drammatica vicenda).
   Ritengo che l'elemento di rilievo sia comunque
rappresentato dal fatto che nel corso del tempo le nostre
indagini anziché indirizzarsi soltanto su episodi, fatti ed
eventi, sono soprattutto volte ad una riflessione sulla crisi
delle istituzioni e della politica. Credo che questo sia in
qualche modo un passaggio obbligato ed è anche per tale motivo
che, a mio parere, il voto favorevole sulla relazione in esame
può contribuire ad evocare il timbro della discontinuità
sull'inedita stagione politica che viviamo.
  ALBERTO ROBOL. Credo che non possa stupirsi nessuno se
in occasione di un evento così importante come l'approvazione
o meno della relazione sulla camorra vi siano posizioni
politiche diverse in un gruppo politico che sta vivendo il suo
travaglio.
   Voglio motivare il mio voto di astensione sul documento in
esame, perché credo che in una Commissione come questa la
cultura e la pratica dell'appartenenza
                        Pag. 3345
passino in secondo piano rispetto al primato della
coscienza singola.
   A me è capitato quest'anno, per la prima volta, perché non
ne facevo parte prima, di compiere una sorta di giro d'Italia
al seguito della Commissione antimafia, per cui so bene come
certe audizioni non si possa fingere di non averle sentite, né
come certe cose non si possa far finta di non averle
conosciute. Personalmente, non condivido fino in fondo alcuni
giudizi politici, specialmente quelli espressi nella parte
finale, tendenti a manifestare un'opinione diffusa, radicale e
totale soprattutto in relazione ad alcune forze politiche,
anziché alla globalità delle stesse. Se ciò mi impedisce, da
un lato, di esprimere un giudizio positivo sulla relazione,
dall'altro, mi rende consapevole di quanto sia importante, per
esprimere l'ansia di radicata novità rispetto alle
degenerazioni della politica, offrire un segnale in questo
senso.
   Quanto sottolineava prima l'onorevole Bargone a proposito
dell'abbandono della cultura dell'appartenenza, credo che in
fondo possa valere in tutti i sensi. Infatti, non si capisce
perché solo in qualche gruppo vi sia una sorta di pluralismo
di posizione, quindi un primato della coscienza rispetto alla
sudditanza partitica, e perchè in altri ciò non si verifichi
mai. E' una battuta per dire che in questo momento la
complessità del problema è tale che non è consentito a nessuno
d'immiserire in posizioni preconcette il giudizio che viene
espresso.
   Da parte mia, mi sembrava doveroso manifestare la mia
posizione, proprio perché venga compreso fino in fondo il
groviglio di tensioni che vi è in ciascuno di noi di fronte ad
una votazione che è politica e che però deve trovare la sua
giustificazione, prima ancora che nella politica, nelle scelte
di ciascuno di noi.
  ALDO DE MATTEO. Signor presidente, colleghi, anch'io
intervengo per spiegare il mio voto non conforme a quello del
gruppo cui appartengo, anche se ricorderete certamente che ho
sempre precisato sin dall'inizio, che la presenza in questi
organismi - mi pare sia un'opinione condivisa - non può essere
in funzione di un gruppo politico ma avviene a titolo
personale.
   Credo non si possa ignorare il significato generale di
questa relazione contro la camorra: un lavoro complicato
contro uno dei fenomeni più gravi e inquietanti del nostro
paese; una delle cause del sottosviluppo di alcune aree, in
particolare di quella campana, della quale parliamo.
   Naturalmente, ho colto anch'io nella lettura della
relazione alcuni limiti. Circa la preoccupazione che sui
procedimenti in corso i giudizi che esprimiamo possano
comunque avere qualche influenza, ritengo che sia stata
introdotta una forma di distinzione - è un'opinione personale
- con il riferimento al concetto di responsabilità politica,
anche se l'inevitabile intreccio di cui parlava il collega
Sorice è un dato oggettivo che non possiamo nascondere.
   Come ha rilevato anche il collega Robol, i giudizi
politici finali non mi sembrano molto coincidenti con una
relazione che è ben articolata e attenta nel suo insieme: si
tratta del coinvolgimento dell'intero ceto politico. E' questa
una delle ragioni principali che mi inducono ad assumere un
atteggiamento di astensione nei confronti della relazione.
Credo che la generalizzazione sia un danno. La politica,
almeno così come la concepisco e come ho imparato anche ad
amarla attraverso alcune figure che ho particolarmente
studiato e che ho a cuore, è promozione umana e allora quando
colpisce anche un solo uomo è qualcosa che non si può
accogliere (il pensiero di Lazzati è molto illuminante su
questo piano). Allora, rimane una inquietudine, se volete
anche collegata alla mia scarsa esperienza politica.
   Nello stesso tempo c'è, forte, quest'ansia di partecipare
ad un moto di rinnovamento del paese, perché credo che
dobbiamo preoccuparci soprattutto del futuro del nostro paese.
Quali sono allora
                        Pag. 3346
gli elementi sui quali manifesto un certo contrasto? Sono
certamente a favore dei contenuti della relazione,
dell'impulso che essa dà alla lotta al fenomeno della camorra
e della malavita organizzata in genere, dell'individuazione
dell'intreccio tra camorra e istituzioni, quindi anche tra
camorra e ceto politico. Dall'altra parte, resta il timore di
generalizzare, con strumentalizzazioni, le responsabilità, che
si mescolano: può apparire anche come una sorta di
individuazione di un percorso a senso unico.
   La mia astensione vuole segnalare l'esigenza di una
riflessione, affinché si possa completare la relazione laddove
essa appare parziale, con un ulteriore lavoro di
approfondimento. La malapianta della camorra si sradica così,
non conservando zone d'ombra ma allargando e quindi
completando un lavoro che con questa relazione mi sembra sia
soltanto iniziato.
  PRESIDENTE. Poiché sono state formulate alcune
osservazioni e proposte alcune correzioni, intervengo in
relazione a tali richieste.
   Innanzitutto, mi sembrano molto pertinenti - procedo
nell'ordine in cui sono state poste - le proposte del collega
Casoli, che mi sembra si integrino con quelle dell'onorevole
Biondi.
   Per quanto riguarda la seconda questione segnalata dal
senatore Casoli - quella di specificare che laddove si fa
riferimento nominativo non si indicano responsabilità di
carattere penale e che laddove si indicano fatti specifici non
si indicano fatti penalmente rilevanti -, se egli è d'accordo,
in premessa si potrebbe fissare questo principio, che riguarda
tutta la relazione, non solo una persona o l'altra.
   Ringrazio il collega Florino per la segnalazione della
sindacatura Valenzi. Ci era sfuggito: effettivamente, come
dice lei, anche Valenzi ha nominato dei collaudatori, quindi
va indicato il suo nome accanto agli altri.
   Per quanto riguarda i magistrati e le responsabilità della
magistratura, credo che nessun'altra relazione, di questa e di
altre Commissioni, abbia approfondito in questa misura tale
aspetto. Su questo c'è un capitolo ad hoc; non solo ma
c'è anche un invito al Consiglio superiore a non designare ad
incarichi direttivi magistrati che abbiano fatto i
collaudatori, proprio per la non garanzia di trasparenza nei
confronti della pubblica amministrazione. Ricordo ai colleghi
solo questi due aspetti.
   Per quanto riguarda i collaudi, qui davanti a me ci sono
gli elenchi. Sono numerosi, ma sono a disposizione dei
colleghi, che possono valutare anche in che termini
avvalersene nell'attività parlamentare.
   Della gravissima questione Abbatangelo, che ha posto il
collega D'Amato, non ho parlato perché francamente mi sembra
non ci sia alcuna responsabilità politica; lì, se c'è, si
tratta di una responsabilità penale pura e semplice. Dico "mi
sembra"...
  CARLO D'AMATO. Anch'io sono di quest'avviso, però nel
momento in cui...
  PRESIDENTE. Ho capito. Così come per la vicenda Crispino
non risultano elementi che riguardano la camorra. Poi, quando
risulteranno, se ci sarà una prossima Commissione
d'inchiesta... Dobbiamo attenerci ai dati di fatto che
abbiamo; non possiamo andare oltre.
   Sulla questione del giudizio di responsabilità politica,
che è stata posta da alcuni colleghi, devo dire che, tanto
nella precedente relazione quanto in questa, la Commissione
non esprime alcun giudizio di responsabilità politica ma dice
che deve farlo il Parlamento. Mi pare sia molto opportuna la
correzione proposta dal collega Biondi, che fissa alcuni
principi. Vorrei dire che credo sia difficile - ritengo che
Biondi sia d'accordo con me - chiedere un giudizio di
responsabilità politica su chi svolge funzioni amministrative
o giurisdizionali.
                        Pag. 3347
  ALFREDO BIONDI. Allora, togliamo l'attributo "politico".
Mi sembra che, in ordine alla compresenza di magistrati, di
altri soggetti, che insieme facevano governo dei loro poteri,
si possa usare un'espressione come "analoghe valuta-zioni".
  PRESIDENTE. Questo rispondeva alla seconda parte
dell'intervento di Casoli. Si può scrivere solo "giudizio",
perché su tutto questo si deve esprimere un giudizio.
  ALFREDO BIONDI. Solo "giudizio" va bene.
  PRESIDENTE. Sulla questione politico-giudiziaria, c'è un
punto di fondo, sul quale spero si possa fare una riflessione
complessiva in Commissione da consegnare al Parlamento, che
riguarda il tema delle Commissioni d'inchiesta. E' una
questione delle Commissioni d'inchiesta, non della Commissione
di indagine. Nel momento in cui si dice che queste Commissioni
hanno gli stessi poteri dell'autorità giudiziaria,
naturalmente viene fuori il problema. La questione è un'altra,
colleghi: se di fronte ad un fenomeno che ha questa permanenza
e questo radicamento ci debbano essere Commissioni d'inchiesta
o altro tipo di Commissioni, perché l'inchiesta serve a
segnalare un problema isolato. Il problema è se non debba
esservi una Commissione parlamentare permanente non
d'inchiesta, come ne esistono su altre questioni. E' un
problema da valutare successivamente ma credo che, sinché si
istituiscono Commissioni d'inchiesta su fenomeni che hanno
costantemente una rilevanza penale, il problema della
utilizzazione reciproca dei dati sarà inevitabile. Però, è un
problema da valutare in seguito e se avremo tempo parleremo
anche di questo.
   Concludendo sulle proposte di correzione, credo siano
accettabili quelle dei colleghi Casoli e Biondi, nonché
l'integrazione suggerita dal collega Florino sulla questione
Valenzi.
   Chiedo di essere autorizzato, in caso di approvazione
della relazione, a procedere al coordinamento formale del
testo.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  ALFREDO BIONDI. Come verrà formulata la parte relativa
alla responsabilità politica, nel senso di responsabilità che
deve essere valutata indipendentemente dall'attribuzione
fisionomica a questo o a quel soggetto?
  PRESIDENTE. In premessa?
  ALFREDO BIONDI. Sì.
  PRESIDENTE. In premessa direi che nella relazione sono
citati fatti specifici e nomi di persone e che in alcun caso
questi riferimenti possono essere considerati come
attribuzioni...
  ALFREDO BIONDI. Come nei film: ogni riferimento è
puramente casuale!
  VINCENZO SORICE. Il problema che ho sollevato sta
venendo alla luce in modo molto aperto...
  LUIGI BISCARDI. Non riapriamo il dibattito!
  VINCENZO SORICE. Questa è una presa in giro, perché
chiedete una correzione...
  PRESIDENTE. Io rispondo ai gruppi e ai colleghi che
hanno presentato proposte di correzione. Avete ascoltato le
proposte; il collega Biondi mi ha chiesto una precisazione che
ho dato. Ora, il concetto è che questi dati non possono in
alcun caso essere considerati come elementi o presupposti di
responsabilità penale. Questo
                        Pag. 3348
 sarà inserito. Salvo questo, non posso riaprire il
dibattito.
   Pongo in votazione la relazione sulla camorra.
   (E' approvata).
  Ringrazio tutti i colleghi che sono intervenuti e sento
il dovere di ringraziare anche gli uffici, e in particolare la
dottoressa Siviero, il dottor Stevanin, la dottoressa
Minervini, le signore Placidi e Tocci ed anche i commessi, che
sono stati alcune notti qui a lavorare con noi.
   Propongo di convocare martedì 11 gennaio 1994 alle 12
l'ufficio di presidenza e alle 16,30 la Commissione per il
seguito della discussione della relazione sulle aree non
tradizionali.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  La seduta termina alle 14,10.

 


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