CAPITOLO QUARTO
CERIMONIE E PERFORMANCE RITUALI DEL TROMBA
2. Le sedute del tromba
Secondo la maggior parte degli studiosi della cultura malgascia (Lombard, 1988;
Estrade, 1977; Rusillon, 1912) il tromba dei re defunti, cioè la possessione da
parte dei re defunti, deve essere separato dal tromba degli spiriti jiny e koko
(70) e deve essere inscritto tra le cerimonie
dinastiche, a fianco del Fitampoha e del Fanompoana (71).
Le cerimonie tromba vengono organizzate, secondo la credenza malgascia, allo
scopo di stabilire un dialogo con lo spirito di un re defunto (precedentemente rivelatosi
attraverso il sogno o la malattia) e di sondare i suoi desideri, sono quindi delle
risposte alla manifestazione dello spirito (Lombard, 1988; Ottino, 1965). Le sedute
seguono il ciclo lunare e si svolgono nell'intervallo di tempo che intercorre tra una
festa del bagno ed un'altra. Le cerimonie ordinarie possono aver luogo all'aria aperta, ma
più spesso si svolgono all'interno di capanne che sono sempre molto affollate. Il saha
erge in questo caso l'altare nella sua capanna, nell'angolo degli antenati. Quando invece
si tratta di un rombo tromba (72)
(trance collettiva che riunisce più adepti intorno a più saha) si costruisce il
podio al centro del villaggio (centro del mondo), non lontano dall'altare degli antenati
(Jaovelo-Dzao, 1996).
In base a diverse ricerche fatte essenzialmente nel Boina nel corso di due viaggi (nel
1901 e nel 1907) e di una missione evangelica (dal 1909 al 1911), il pastore Henry
Rusillon (73) pubblica nel 1912 uno studio relativo
al rito di possessione tromba in cui dà una precisa descrizione delle varie sedute
a cui assiste e di come vengono decorate le capanne in cui si svolgono le cerimonie.
Nella parte nord-est di una stanza (talvolta vi si costruisce
appositamente una capanna) si mette un sedile, generalmente una cassa che viene decorata o
almeno ricoperta di un tappeto e che rappresenta il trono reale su cui siede il
"malato". Di fronte si monta un altare che viene apparecchiato con un piatto
contenente l'acqua, il miele, la terra bianca, le radici di ninfea e dell'argento o
dell'oro. L'acqua contenuta nel piatto prende un gusto dolce grazie al miele, amaro a
causa delle radici di ninfea, aspro al palato a causa della terra bianca. È una bevanda
sacra presa con avidità dal malato o dai presenti. Si pone anche uno specchio nel caso in
cui il tromba sarà una regina e un cappello se sarà un uomo.
In ogni lato dell'altare vi sono bottiglie di idromele, di alcool o di vino
"Toro", a seconda dei luoghi. Le bottiglie, in numero di quattordici, sono
destinate a riscaldare ed a sostenere i cantanti; inoltre esprimono l'atmosfera festosa
prodotta dalla visita dei re.
In un luogo riservato si mettono i lamba (vestito a grandi frange o con una larga
banda di seta) che sono destinati al malato in trance una volta venuto a conoscenza
dell'identità dell'antenato che lo possiede. Dopo essere stati indossati, i vestiti
saranno conservati fino alla nuova manifestazione del tromba. Questi costumi
rassomigliano a quelli dei re di una volta e possono essere una camicia rossa o un lamba;
sono confezionati da sarti speciali (l'ampanjaka o lo stesso medium) e vengono
lavati molto raramente. Un uomo può vestirsi da donna e viceversa, a seconda del sesso
del tromba.
Il quadro è completato dai bastoni, dalle coppe per l'incenso e dal caolino. Il bastone,
sul quale si appoggiano, a turno, il saha, il mpamoaka ed il malato, è
lungo e talvolta ornato di sculture (arabeschi, un serpente, un caimano, un bue). La parte
alta è scavata di qualche centimetro e contiene una piccola scatola d'argento nella quale
sono messi degli aody (foglie diverse, piccole pietre, miele, grasso). Il bastone
è qualche volta munito di campanelli, che tintinnano contro la volontà di chi lo tiene e
che si agitano con vivacità quando arriva la trance o quando il saha gesticola,
gridando vicino il paziente. L'emboka, o incenso malgascio, brucia davanti al
malato, che si avrà cura a fare circondare dal fumo. La terra bianca serve a segnare il
viso o il corpo dei presenti, oltre alle bottiglie e tutto ciò che è impiegato nella
cerimonia, in segno di purificazione.
Infine, ciò che completa la caratterizzazione dell'atmosfera è la presenza di un rumore,
sempre ritmato, che ha la funzione di regolarizzare i movimenti del malato e di provocare
in lui un certo stordimento.
Il rito del tromba, descritto da Henry Rusillon (1912), comprende "quattro
grandi stadi" o cerimonie. Oltre alle riunioni preparatorie tra il malato ed il saha
durante le quali si deve accertare la presenza di uno spirito reale, vengono organizzate
quattro sedute pubbliche: il Misafosafo (la carezza) ha lo scopo di attirare il tromba
con lusinghe e preghiere, esortandolo a venire tra i viventi; il Vaky-vava
è un'espressione che significa letteralmente "apertura della bocca" o "la
bocca rotta": lo spirito segnala la sua presenza attraverso le prime espressioni
verbali; l'Anpitononina serve a far parlare il tromba che viene interrogato
su svariati motivi; infine il Valy-hataka è una vera e propria festa
durante la quale viene fatto un sacrificio per ringraziare lo spirito.
L'incontro preliminare:
Il medium (saha o fondy) avvertito della visita di un paziente, si abbandona
ad una serie di esercizi preparatori che contribuiscono al successo del suo intervento.
Innanzitutto, si sottopone all'abluzione che, in primo luogo, serve ad annullare ogni
traccia di malefici (prodottisi in seguito ai diversi contatti che ha dovuto effettuare)
e, in secondo luogo, gli conferisce la sacralità. Pulito e sacralizzato, è pronto ad
entrare in relazione con i tromba che hanno domicilio in lui e ad indirizzare loro
invocazioni, spiegando le ragioni del suo appello. E' allora che si introduce per la prima
volta il paziente presso di lui. Ciascuno fa in modo che questo primo incontro si svolga
nella più grande discrezione ed in segreto. Si tratta semplicemente di determinare se il
paziente sia o meno vittima di uno Spirito-tromba. Sono presenti le persone più
intime, che cantano e battono le mani. Il malato è posto di fronte al medium. Questi ha
due metodi di lavoro per capire se è capace di esercitare qualche azione sul soggetto che
ha di fronte. Se riesce, tra il rumore ritmato, attraverso dei gesti e lo specchio, ad
ottenere un sonno più o meno profondo durante il quale si manifestano dei tremori, può
dichiarare una riuscita certa e fissare il giorno di una seduta pubblica. Se questo primo
metodo fallisce, il malato è messo sotto un grande panno dove si bruciano, in una piccola
coppa, incenso ed erbe odorose; durante tutto il tempo della fumigazione, i parenti si
agitano e cantano le loro invocazioni. Dopo un po' di tempo, se l'operazione è riuscita,
il malato non ha più coscienza di se stesso, fa smorfie e piange, muovendo spalle, gambe
e braccia al ritmo dei battiti di mani. Se il malato è refrattario, significa che non è
posseduto.
Misafosafo, la carezza:
Riuniti in una capanna, gli adepti accolgono lo spirito allo stesso modo di un visitatore
reale e mostrano grande pazienza attendendo la sua epifania. Il coro canta e batte le
mani, mentre circolano le bevande. Tra il chiasso, il medium-guaritore fa una lunga
evocazione. Egli prega gli antenati di cui si ricorda, parla loro del paziente e si
prepara ad entrare in trance. Si canta sempre più forte accelerando il ritmo, la resina
brucia, il saha si alza per andare incontro allo spirito, il malato attende
pazientemente il risultato della consultazione. Perché il tromba sia contento,
l'intensità ed il ritmo dei canti non devono diminuire. Il medium perde conoscenza, è
preso da convulsioni. Gli si dà da masticare del caolino, egli sputa della saliva
biancastra, ha gli occhi rovesciati ed emette dei gemiti. E' allora che l'aiutante del
medium grida ad alta voce per invitare lo spirito a venire il più rapidamente possibile.
Egli lo carezza e lo supplica. Il paziente trema ed il rumore aumenta intorno a lui. Il tromba
del medium riconoscerà un suo parente nello spirito che possiede il malato. In
un'atmosfera gioiosa ci si separa.
Il medium indica il giorno della prossima seduta. Se si può, si sceglierà per il
paziente un giorno in cui egli avrà un attacco di febbre. Ogni adepto del tromba
si ritira, segnato con della terra bianca sul naso o sulle orecchie, segni che conserverà
con cura il più a lungo possibile.
Il Vaky-vava:
In rapporto alla precedente, questa seduta è più accuratamente preparata. L'altare è
provvisto di tutta l'apparecchiatura ed è eretto ad est o nord-est della capanna. Di
fronte è posto il sedile del malato. L'assemblea è rivolta verso l'est. Il medium cerca
di mettere il paziente in uno stato vicino all'ipnosi. Egli si rivolge allo spirito che si
è impossessato del malato. Il coro canta, battendo le mani, accompagnato dai valiha
o dalla fisarmonica. I partecipanti si rivolgono allo spirito che si suppone all'origine
della malattia e lo pregano in ginocchio, con le mani levate, con i palmi in alto al di
sopra della loro testa, di perdonare la trasgressione del fady; la prova del
perdono sarà la fuga del tromba. Durante questo tempo il paziente piange,
gesticola, fa delle smorfie, emette grandi sospiri. Ogni tanto il medium, o il suo
assistente, versa sulla testa del posseduto una parte del contenuto del piatto sacro e non
dimentica di fargli bere l'acqua, come per diminuire l'intensità della crisi che sembra
estremamente dolorosa. Questo momento di aspersione è seguito da un altro di eccitazione
più intensa in cui tutti i presenti vedono lo spirito presente e lo pregano con più
fervore. Allora il medium fa nuovamente bere un sorso d'acqua sacra ed opera un grande
segno bianco sul naso e le guance del paziente (il segno parte dal lato delle labbra ed
arriva sotto il lobo dell'orecchio): è il vaky-vava. Con questo gesto la bocca del
malato è stata aperta e lo spirito finalmente parla. Si canta, si grida, si danza e si
agisce come se si volesse spaventare lo spirito, ora onorato, ora vilipeso. Ora il
privilegio di mettersi in trance non è più riservato solo al malato ed al medium, ma
molti tra i presenti sono posseduti dagli spiriti. Si produce un vero contagio, dal
momento che tutti gli antichi tromba si risvegliano al richiamo della presenza dei
loro parenti; inoltre nuovi tromba si manifestano spontaneamente.
Le crisi hanno un carattere diverso a seconda della tribù a cui appartiene il posseduto.
Il malato urla, si agita violentemente per qualche istante, poi all'improvviso avanza con
movimenti bruschi e getta i suoi vestiti. I presenti, prevedendo ciò, lo circondano e lo
rivestono di lamba nuovi. La stessa scena si ripete più volte intorno a persone
diverse, poiché ogni tromba ha il suo momento di crisi. D'ora in avanti questi
vestiti divengono abiti reali e sacri; li si conserva presso il saha, nell'angolo
dove si fanno le preghiere.
Da questo momento il malato è considerato sotto la sua nuova personalità e durante la
trance, ovviamente, egli dimentica totalmente la sua. Si ignora ancora il nome
dell'ospite. Con il corteo il posseduto è condotto verso la cascata sacra, per il bagno.
Per lo stesso scopo, in mancanza di un corso d'acqua, si può disporre di una tenda posta
ad est della capanna del medium. Al ritorno lo si trasporta con allegrezza e giubilo. Egli
si calma bruscamente, vestito degli abiti reali: è una nuova creatura e la sua stessa
attitudine cambia. Mentre i presenti continuano ad indirizzare al medium preghiere,
invocazioni e suppliche, progressivamente l'eccitazione diminuisce.
Quando il silenzio sarà completo, bisogna far attenzione a che nessuno
si installi sulla soglia della porta o presso la finestra, per evitare che sia posseduto
dallo spirito che sta per lasciare i luoghi. Se il tromba si reincarna in un'altra
persona, questa si ammalerà a sua volta.
Alla fine della cerimonia si bagnano i presenti con il contenuto del piatto rituale.
Parenti ed amici sono rassicurati dalla guarigione prossima e certa. La seduta seguente
attirerà più persone, curiose di conoscere l'identità dell'ospite soprannaturale.
Questa cerimonia del Vaky-vava è di grande interesse, perché è da questa
che dipende la sorte finale del malato.
L'ampitononina non differisce, all'inizio, dalle due precedenti cerimonie. La
disposizione nella capanna ed i personaggi sono gli stessi, ma gli attori e gli spettatori
sono più eccitati. Il malato stesso comincia a prendere l'abitudine ed entra più
facilmente in trance.
Per il giorno fissato dall'indovino o dal medium si invitano parenti ed amici, fedeli
al tromba. La cerimonia si svolge se possibile all'esterno, su un podio, per
evitare che l'isteria collettiva provochi degli incidenti. Sul podio si dispone una grande
tavola orientata verso Est-Ovest. A sud della tavola si pone un letto ricoperto di una
stuoia nuova ed orientato Ovest-Est. Tra il letto e la tavola si organizza uno spazio tale
da permettere agli operatori del culto di muoversi liberamente. Il suolo è ricoperto di
una stuoia pulita poiché i presenti che vi si siederanno metteranno abiti nuovi. Il modo
di vestire è codificato in modo rigido: bisogna evitare gli abiti cuciti e cercare di
avere un lamba di un pezzo solo, facendo in modo che le spalle e le braccia siano
nude. Le regole variano secondo le regioni e gli spiriti.
Prima dell'arrivo degli invitati si dispongono sulla tavola gli oggetti rituali. Ogni
medium (in occasione dei grandi Rombo tromba possono venirne molti) è
munito di un bastone sacro. La cerimonia inizia il pomeriggio e si prolunga tutta la
notte. Il paziente si siede ai lati del saha e del suo assistente, il coro comincia
i preludi musicali battendo le mani. Tutti si servono abbondantemente di toaka
(bevanda alcolica) durante la cerimonia.
Il malato geme e si agita, si impadronisce di un bastone, mette il suo lamba a
tracolla, immerge le dita nell'acqua mista a terra bianca, fa delle figure sul suo viso e
su quello degli assistenti. Gli adepti così consacrati si inclinano e salutano il tromba.
I canti raddoppiano d'intensità, tanto che i presenti emettono delle forti grida. Il
malato canta e danza. Sfinito, si distende sul letto urlando: è il segno che il tromba
ha lasciato il paziente. Ma lo spirito rimane presente e può incarnarsi in un'altra
persona tra i presenti. Qualche volta si produce un vero contagio nell'assemblea: ognuno
degli adepti manifesta segni di possessione (gemiti, crisi, movimenti violenti e bruschi).
I canti ed i battiti di mani raddoppiano d'intensità.
Si supplica il tromba di rivelare il suo nome. Ciò, può durare molte ore o
risolversi rapidamente. Infatti, benché quello che caratterizza la terza seduta o la
terza serie di sedute è che il tromba debba parlare, questo non accade
automaticamente, poiché lo spirito può ingannare i presenti inviando i suoi servitori ed
i suoi schiavi. Questi ultimi hanno il compito di annunciare le ragioni per le quali il tromba
ha creduto non rispondere alle evocazioni. I motivi più frequentemente invocati sono la
violazione di tabù e di divieti. I servitori, che sono gli emissari del re, sono inviati
per primi, ma può accadere anche che tali spiriti si sostituiscano completamente al
padrone, allora, l'esorcista e tutta l'assemblea protestano violentemente anche con
ingiurie e li rinviano a cercare il re.
Gli spiriti inferiori hanno un metodo particolare per testimoniare la loro presenza: il
malato si contorce sul suo sedile, ride fragorosamente e senza sosta. Ben presto si
sposta, va da una persona all'altra, producendo una certa confusione. Diventa più audace
e si abbandona a sconvenienti familiarità, dalle quali si asterrebbe certamente nella
vita ordinaria. Questi incidenti si producono talvolta alla fine delle sedute: quando il
lo spirito del re è già arrivato, i suoi servitori lo seguono per adempiere al loro
servizio; l'agitazione diventa generale e termina con la rumorosa dispersione
dell'assemblea. Se tali incidenti si producono prima, l'attesa è più lunga.
Nel mezzo dei canti di acclamazione e dei movimenti di esaltazione, il medium si alza,
in preda a convulsioni. Coloro che assistono restano in silenzio. Lo Spirito si fa
riconoscere, non prima però di aver rivolto dei rimproveri al paziente ed ai presenti: è
Radama (il secondo re merina) o Andriamisara o un altro. Immediatamente tutti si pongono
in modo da soddisfare lo spirito, che rivela dei sentimenti e delle attitudini impreviste.
Se egli detesta ciò che è europeo, subito si rifiuta tutto quello che può ricordare i
bianchi. Se, invece, sembra amarli (è in generale il caso di Radama), tutta l'assemblea
cerca di divenire europea, anche parlando un francese d'occasione. Se lo spirito è
creduto anticristiano, si fanno imprecazioni contro i cristiani.
Sotto l'influenza dell'esaltazione si producono dei fenomeni di glossolalia: si finge
di parlare francese, gli Hova articolano parole sakalava e viceversa (per gli uni e per
gli altri ciò è nell'ordinarietà una grande difficoltà). Quanto al tromba, egli
parla la lingua del suo paese di origine. I posseduti spesso parlano la lingua sacra ed
esoterica del tromba: è il beko, il vocabolario dei re sakalava e
della corte reale.
Il tromba, una volta dichiaratosi, non è riconosciuto subito
come il vero spirito risiedente nel malato, ma deve essere identificato dai suoi parenti.
Può accadere a volte che lo spirito di cui si dichiara posseduto il malato esista già
presso un altro saha e in tal caso i presenti protestano in modo violento dal
momento che non possono esistere due "esemplari" nello stesso villaggio. Si
manifesta allora una certa esitazione, tanto più che gli spiriti amano il cambiamento e
passano facilmente da un medium all'altro. Poco a poco l'ordine si stabilisce: gli spiriti
tromba si sentono in famiglia, si salutano e si interpellano.
Improvvisamente tutto il popolo è preso da manie di grandezza, rivive qualche episodio
di un'epoca lontana, ma non tarda, tuttavia, a ritornare alla realtà.
Lo spirito si presenta anche come un guaritore, infatti è in grado di prescrivere
degli aody (sostanze medicinali). Niente, del resto, gli è sconosciuto e così
viene interrogato su molte questioni: indica i divieti da osservare, i viaggi da fare,
designa gli stregoni che hanno gettato un cattivo destino su questo o quello dei presenti.
Quando il malato ritorna al suo stato normale non ricorda niente dell'accaduto, si
sente molto debole e prova il bisogno imperioso di andare a fare un bagno. Il suo
assistente ha il compito di raccontargli tutto alla fine della crisi.
A questo stadio, la cerimonia del tromba prosegue secondo due percorsi. Mentre
all'interno ci si abbandona ad esercizi bizzarri, all'esterno, davanti al toñy
(recinto sacro e altare degli antenati), si immola uno zebù. L'animale è più di una
vittima: è trattato come una divinità. Delle condizioni sono richieste: la testa, la
coda, le quattro zampe devono essere di colore bianco; inoltre è necessario che si lasci
condurre all'immolazione senza protestare. Davanti la vittima legata, tenendole la coda,
l'orante fa una lunga invocazione alle divinità, ai geni, agli spiriti, anche
sconosciuti, poi immola il bue. Il primo sangue che esce dalla ferita, generalmente alla
gola, serve ad abbeverare gli Spiriti ed i partecipanti alla cerimonia e a realizzare una
specie di aspersione o di libagione. Vengono segnati (sul naso, sulla fronte, sulla bocca
ed alla base del collo) il paziente e tutti i presenti che lo desiderano. Si versa anche
un po' di sangue nel piatto sacro, unendolo alla mistura indicata ed il tutto servirà per
delle benedizioni reiterate o per aspergere ancora il malato.
L'aspersione si rinnoverà tutte le volte che un qualunque movimento segnali la
presenza dello spirito; se qualche goccia si disperde su qualche presente, immediatamente
questi è preso da tremori.
Terminato il sacrificio, viene distribuita la carne. Una volta invocato lo zebù,
ognuna delle differenti parti organiche è offerta alle divinità, in sostituzione di un
essere umano. La maggior parte della carne è consumata dai presenti, come per partecipare
in modo intimo alla vita della divinità che era nella vittima e per rinforzare i legami
tra i vivi.
Dopo tutte queste prestazioni il malato deve essere guarito; altrimenti, è sempre
possibile ricominciare. La responsabilità del fallimento è attribuita, in questo caso, a
qualche intruso, o semplicemente al paziente stesso per aver violato dei tabù. Se invece
il malato muore, sarà accusato di negligenze gravi nel "servizio". Se invece
egli ritrova la salute ci si prepara a celebrare il valy hataka.
Valy hataka, festeggiamenti con sacrifici di riconoscenza:
In quest'ultima parte delle cerimonie del tromba dominano la gioia e la fiducia.
Non si ha più bisogno del fondy o del mpamoaka: il malato guarito diviene a
sua volta il medium ed ha il suo assistente. Il nuovo medium, prima di dedicarsi
interamente alla sua nuova professione, deve adempiere un ultimo compito: ringraziare il
capo-medium ed invitare tutti gli adepti a celebrare una grande festa per offrire un
sacrificio di riconoscenza agli Spiriti-tromba, ai geni, agli Antenati ed alle
divinità. Egli non tarda ad entrare in trance: il tromba parla, indica l'ammontare
del suo compenso per aver guarito il malato e detta dei nuovi divieti da osservare. Poi lo
si interroga, promettendogli doni più o meno grandi. C'è anche una sorta di negoziazione
a proposito dei fady: si può reclamare meno severità nelle prescrizioni in cambio
di un risarcimento, che lo spirito accetta o rifiuta a suo piacimento. Quando il mercato
sarà concluso tutte le offerte apparterranno al nuovo medium. Perché egli non ne abbia
la piena disponibilità, le istruzioni sul loro uso sono emanate dal tromba. Egli
deve conservare il danaro oppure, se lo spirito glielo ordina, comprare delle grandi
catene che porterà sulle spalle: una donna avrà, invece, una moneta da cinque franchi
tra i capelli; un'altra dei cerchi in oro o in argento al polso o alla caviglia. Nella
maggior parte dei casi il danaro offerto è conservato con i vestiti sacri e, in
determinate circostanze, avrà posto di nuovo nel piatto sacro e verrà distribuito dallo
Spirito-tromba in segno di soddisfazione.
Lo joro velo (preghiera vivente o bue sacro) è un bue offerto come
riconoscenza allo Spirito-tromba durante questa cerimonia, che però non verrà
immolato. È un animale scelto con cura, il cui colore dipende dallo spirito al quale è
destinato. Il giorno fissato si brucia dell'incenso davanti all'animale, lo si consacra
con delle invocazioni e poi gli si rende la completa libertà, talvolta a danno dei
coltivatori del villaggio. In questa circostanza viene interpretato anche il destino degli
esseri umani.
Qualsiasi siano le sue colpe, il joro velo non deve essere mai disturbato
o colpito. Consacrato, diviene proprietà dello spirito tutelare e, divenuto adulto, viene
venduto al mercato. Un giovane bue viene comprato per rimpiazzarlo. La differenza del
prezzo tra l'acquisto e la vendita sarà dello spirito. Il medium procede allora ad una
distribuzione generale. Gli si viene a chiedere aiuto e soccorso, come ai re viventi; gli
si domanda un prestito, ed egli si dimostra molto generoso. Se il danaro di cui dispone
non è sufficiente a soddisfare tutti i bisogni, allora è sostituito simbolicamente con
un segno rotondo fatto, con della terra bianca proveniente dal piatto sacro, nel palmo
della mano del suo interlocutore. La festa prosegue con monotonia tra giochi, grida e
libagioni, e talvolta termina in un'ubriachezza generale.
Come affermato dall'autore, le cerimonie descritte sono monotone, lunghe e possono
rinnovarsi molte volte in un lasso di tempo ravvicinato fino al prodursi del risultato
atteso, inoltre non hanno un ordine e dei particolari immutabili dal momento che la loro
modifica dipende dall'umore degli spiriti e dalla loro fantasia.
All'inizio del XVII secolo, in seguito all'espansione sakalava e alle influenze
reciproche che avvennero tra le tribù a causa di alleanze matrimoniali o militari, il tromba
sakalava si diffuse nelle altre regioni dell'isola, così come avvenne più tardi durante
le guerre di unificazione intraprese nel XIX secolo dai re Merina. Infine, in epoca più
recente, sono avvenute importanti migrazioni dalle regioni sovrappopolate o aride verso il
nord e l'ovest, regioni ricche di industrie e miniere, dove il tromba prolifica
(Estrade, 1977). Il tromba sakalava, secondo Estrade, non sarebbe tuttavia stato
modificato in modo essenziale dal contatto con i vari gruppi locali.
A partire dal 1970 Jean-Marie Estrade (74),
percorre l'intera isola di Madagascar "alla ricerca dei posseduti" (75). Il suo viaggio è motivato sia da studi
etnologici, sia dalla prospettiva del raggiungimento di un dialogo tra la chiesa cattolica
e queste tradizioni religiose. Le descrizioni che egli fornisce sulle diverse forme
assunte dal tromba nei luoghi da lui visitati, testimoniano le variazioni che il
culto ha subito a contatto con la città e la modernità, nonché con le altre religioni:
Per i primi incontri con il tromba è scelta la parte sud-est
dell'isola. In questi villaggi Estrade assiste a delle sedute del tromba non del
tutto spontanee, ma organizzate un po' su commissione.
Presso la tribù degli Antesaka, un venerdì notte, iniziano i preparativi: è
fissata al muro una tappezzeria raffigurante un paesaggio malgascio di sogno, è innalzato
un altare sul quale sono in evidenza una bottiglia di rhum ed un piatto con dell'acqua e
una moneta d'argento. Rivolto verso l'est, il saha (chiamato da Estrade "guida
sacra") agita il suo sonaglio in una nuvola d'incenso. Ciascuno, con mani, piedi o
vari strumenti musicali si sforza di creare il ritmo. Il saha (qui chiamato
"prete") incoraggia i presenti, poi decide una pausa. Attendendo gli spiriti, si
beve del rhum. Poi si riparte con un ritmo più vivo, si cantano appelli e suppliche.
Improvvisamente si alza una donna, occhi rivoltati e capelli in disordine, che danza e
geme. La guida tesse, con la sua sciarpa rossa, un recinto invisibile intorno alla
posseduta e ne interpreta le parole. Abbandonata dallo spirito, la posseduta crolla. Il
suo assistente si assicura che il corpo non sia stato danneggiato. La seduta è finita.
In un altro villaggio le tre possedute sono nubili. Una di esse, vestita di bianco,
prende un bimbo tra le braccia ed inizia a cullarlo; una chiave (che libera dai mali) è
posta vicino al piatto con l'acqua; nell'assistenza non vi sono malati.
A Nosisoa Estrade assiste ad una cerimonia che si svolge nell'oscurità, nella capanna
di un tromba che detesta la luce. Qui, tra le melodie che preparano la venuta dello
spirito, sono presenti dei canti protestanti: patrimonio musicale di alcuni fedeli
cristiani che sarebbero passati al tromba dopo la morte del loro catechista non
rimpiazzato. Il tromba intesse dei discorsi, sulla pace e sulla tempestività dei
pagamenti, che sembrano dettati dagli amministratori.
A Lavibahiny, un villaggio inaccessibile per terra, il tromba regna senza
concorrenza. Nella capanna dove si svolgerà la cerimonia, le pareti sono tappezzate da
molti lamba (quadrati di cotone in cui domina il rosso) destinati alla vestizione
del tromba. Qui si assiste al Barisa, il bagno d'iniziazione. Dopo la venuta
dei tromba, hanno luogo le consultazioni: vengono chiesti rimedi ai mali, consigli
morali o psicologici. I tromba trascorreranno il resto della notte a danzare e a
divertirsi con i viventi, ma tutto deve svolgersi nel giusto ordine. All'alba i posseduti,
scortati dai musicisti, si dirigono, danzando, verso l'oceano, e qui si bagnano, dopo aver
proferito le ultime invocazioni rivolti verso il sole nascente. Due ore più tardi le
possedute hanno già ripreso le proprie faccende domestiche, dimentiche dell'accaduto.
La culla del tromba rimane la città di Majunga, a nord-ovest, capitale
dell'antico regno sakalava del Boina, fondato verso 1690. Qui il rituale è semplificato
:dopo aver coperto gli specchi ed essersi purificate le dita, il medium si siede in una
poltrona, si copre di un telo bianco, e, dopo qualche brontolio, riappare nel suo nuovo
personaggio. Agli oggetti classici (piatto d'acqua, moneta d'argento, braccialetto di
perle) se ne aggiungono dei nuovi, come birra e sigarette, destinati ad un tromba
francofono dai gusti moderni. Questo tromba "cittadino" rappresenta
l'immagine-tipo dell'uomo ricco, sognato dalle donne povere del luogo e che porta su di
sé gli attributi di tali ricchezze, rappresentati dai prodotti d'importazione: cappello
di nylon, occhiali neri, sigarette di lusso.
A Port-Bergé (distretto di Majunga) il tromba è considerato
dall'amministrazione un'industria, innanzitutto per gli organizzatori, molto numerosi, ma
anche per il comune che percepisce un compenso per ogni domanda di autorizzazione delle
sedute.
Ad Ampasikely la maggior parte delle donne, convertita al cristianesimo, usa
frequentare la messa la domenica e partecipare alle sedute del tromba il venerdì.
Ad Ambilobe (nell'estremo nord) il principe sakalava vivente sembra disinteressarsi
completamente del tromba. Forse è questa la ragione del suo degrado e della
presenza di nuove forme di possessione. Alcune sono ispirate dal cristianesimo: un
anglicano, posseduto dallo Spirito Santo, scaccia gli spiriti maligni, in un decoro
cristiano, prescrivendo offerte e preghiere; un catecumeno cattolico, che ha abbandonato
la chiesa, cura in nome della Santa Vergine che gli detta i rimedi; la moglie di un
piccolo artigiano opera guarigioni in nome di San Michele, un altro, in nome della
Trinità.
Più a sud del Boina, nel Menabe, si trova la vera culla della dinastia sakalava. Il tromba,
in mezzo a questa popolazione di pastori, prende un altro carattere rispetto a quello
delle popolose città operaie o dei villaggi del Boina: la cerimonia (che può durare più
giorni) è considerata come una cura ai malanni fisici, ma se il tromba, dopo aver
ricevuto le offerte, non concede la guarigione, la speranza si trasferisce sulla scienza
medica.
Sulla costa est di Madagascar, nel territorio abitato dalla grande tribù
Betsimisaraka, la presenza del tromba è più discreta che in terra sakalava: il
comune ignora le domande ufficiali di autorizzazione allo svolgimento delle cerimonie
(domande registrate, invece, nei villaggi del Boina). Il pantheon del tromba si
arricchisce di eroi locali e le cerimonie sono marcate dalla vita marittima, con i fady
di alcuni pesci o molluschi. Anche qui il culto subisce qualche variazione dovuta
all'influenza del cristianesimo: a Tamatave un guaritore lavora in un santuario il cui
decoro rassomiglia a quello di una chiesa cattolica (ceri, numerose statue), ma la messa
in scena si ispira al tromba (suonando la fisarmonica, evoca gli spiriti guaritori,
entra in trance e dona delle prescrizioni) (Estrade, 1977, 27-67).
Secondo la testimonianza di Estrade, negli anni settanta il tromba domina in
modo incontrastato nei villaggi sacri edificati intorno ai doany ed in certe
frazioni isolate del Menabe, del Boina e della costa est. Nell'ovest sakalava ha
un'esistenza tranquilla: facente parte della tradizione, è generalmente diffuso, ma deve
dividere la sua influenza con quella dell'Islam e del Cristianesimo. In questo territorio
l' amministrazione, divenuta più tollerante rispetto ai tempi della colonizzazione (76), percepisce una tassa sulla celebrazione delle
cerimonie. Nelle regioni betsimisaraka il culto tromba ricopre un posto importante,
come del resto su tutta la costa est, se si fa eccezione per la tribù degli Antemoro. È
invece marginalizzato all'interno di quelle etnie in cui domina il culto degli antenati
della tribù e il cristianesimo. Quale portato dall'emigrazione, il tromba è
invece un ascesa nell'Androy e presso i Bara, facendo concorrenza agli antichi riti di
possessione locali (helo e koko). E' rarissimo sulle alte terre dell'Imerina
e del Betsileo, dove è presente solo presso gli emigrati sakalava o antandroy.
Tananarive, la capitale, offre l'immagine di una città moderna a dominazione cristiana; i
vecchi culti reali merina perdurano nelle campagne circostanti; la possessione è
praticamente scomparsa e il tromba, quasi insignificante, appare come aspetto
"esotico" della città. Nelle regioni in cui il tromba non è accettato,
si ritrova in teatro come numero comico.
Il pantheon del tromba delle altre regioni va oltre i re della dinastia
sakalava. Si tratta in questi casi, come per le possessioni improvvise nel corso dei Fanompoana,
di ospiti inattesi, non evocati, di cui si ride e si apprezzano le burle, ma che vengono
scacciati se si mostrano malefici (l'esecuzione di questo esorcismo rientra nel ruolo dei
medium-saha).
Anche se le principali divinità sono rimaste sakalava, il rito ha subito l'influenza
delle storie locali (come in paese betsimisaraka), ma soprattutto quella della città. In
ambiente cittadino lo spirito si adatta ai nuovi costumi: il tromba richiede la
fotografia dell'essere amato che si vuole conquistare, distribuisce sigarette come rimedi,
vende agli studenti polveri magiche da spargere nelle aule d'esame, impone dei fady
(divieti) moderni come quello dell'orologio o del colore del vestito. Il danaro gioca
inoltre un ruolo più importante, dal momento che i medium richiedono forti somme per ogni
consultazione. In città, infine, il rituale si è semplificato: le cerimonie maestose si
sono condensate in una sola seduta, davanti agli imperativi del lavoro gli orari si sono
modificati (il sabato sera è preferito al venerdì) e ragioni economiche riducono il
consumo di rhum, un tempo meno costoso perché fabbricato liberamente.
Secondo l'autore, altre variazioni del rito sono dovute poi all'influenza del
cristianesimo, come testimoniano il rosario posto sull'altare del tromba, i canti
cristiani affiancati a quelli tradizionali, la venuta dei "tromba cristiani"
(missionari e regine devote), il calendario del tromba che segue le feste
cristiane.
Ma nonostante questi aspetti sincretistici, lo spirito-tromba non è tollerante
verso i cristiani e spesso, durante le sue apparizioni, mostra riprovazione verso coloro
che si lasciano trasportare da nuove abitudini e impone dei fady (divieti) di
preghiere cristiane. La religione cristiana del resto, come riscontra Estrade, "non
è ancora penetrata nelle campagne e laddove è stata accolta è spesso
reinterpretata". Gesù è stato spesso identificato al creatore bonaccione e lontano
e i ministri di culto cristiani sono visti come dei posseduti a tal punto che i malgasci
credono che si instauri una lotta di influenze tra gli spiriti che si incarnano in preti e
pastori e quelli che abitano i guaritori (Estrade, 1977).
I re incontrati da Estrade nel suo viaggio ricorrono ai tromba a titolo privato
e non più, come una volta, allo scopo di ricevere istruzioni sulla conduzione del regno.
Anche alcuni politici di Madagascar invocano gli spiriti, soprattutto per ottenerne
appoggio elettorale e consigli.
Dopo aver assistito alle sedute del tromba organizzate nelle diverse regioni
dell'isola presso le varie etnie (Antemoro, Vezo, Merina, Betsimisaraka, Antesaka,
Sakalava), Estrade si convince della profonda omogeneità dei tromba, al di là di
qualche variante di stile e di qualche sviluppo nel pantheon. Basandosi su ciò che ha
visto e sulle informazioni raccolte tra i posseduti, Estrade ricostruisce le cerimonie del
tromba, che generalmente consistono in due sedute che si svolgono nell'arco di un
mese: la prima (volambelo) il venerdì che segue l'apparizione della luna
nuova, la seconda (valirombo, azione di grazia) il venerdì della luna piena. La
descrizione dei preparativi fatta da Estrade (1977) si differenzia da quella fornita da
Rusillon (1912) per il fatto che a fianco agli oggetti tradizionali (il piatto con
l'acqua, il blocco di terra bianca e il brucia-profumi) se ne ritrovano alcuni moderni,
quali cappelli, chiavi, coltelli, carte da gioco, specchi, profumi, saponi, sigarette; per
quanto riguarda le bevande, è presente il rhum, il vino, la birra e la limonata.
Preparativi materiali. Nella capanna del
"maître-possédé" i discepoli e gli assistenti provvedono ai preparativi.
Sulla parete est dell'edificio si tende una stoffa rossa, impressa di vari motivi; su di
un tavolino o a terra si dispongono gli oggetti rituali: il piatto colmo d'acqua,
zuccherato al miele, in cui vengono immersi delle piante, una moneta d'argento o d'oro,
perle, bijoux o semplici biglietti di banca, in modo che ciascuno comunichi all'acqua le
proprie virtù. Affianco al piatto: un blocco di terra bianca per le unzioni, il brucia -
profumi (dove si consumerà l'incenso), gli oggetti moderni favoriti dai tromba (cappelli,
chiavi, coltelli, le carte da gioco, specchi, profumi, saponette...). Grande spazio è
occupato dalle bevande: il rhum innanzitutto, ma anche il vino, la birra, la limonata,
secondo l'identità dei tromba evocati. Presso l'altare vi sono una sorta di trono, gli
scettri e i bastoni magici dei capi tromba. Infine il tessuto, bianco o rosso, destinato
alla vestizione.
Il Volambelo:
Evocazione. Gli invitati presentano le loro offerte al capo spirituale, spesso come
voto dopo una guarigione. Il capo tromba è rivolto nella direzione dell'est; alla
sua destra c'è l'assistente-interprete, alla sinistra il suonatore di valiha e
"l'orchestra", dietro, i membri della confraternita (malati-guariti che hanno
assunto la possessione, chiamati Zana-tromba), i consulenti, i partecipanti
ed infine i curiosi. Una officiante marca le fronti con la terra bianca della
propiziazione: tutti sono uniti in un rito che deve loro assicurare i favori del tromba.
Il medium comincia una lunga evocazione degli spiriti più famosi.
Le attrattive. Terminate le ultime parole della supplica, la valiha
lancia i primi accordi, seguita da tutta l'orchestra. E' la prima fase della cerimonia e
consiste nel "carezzare" i tromba con operazioni gradevoli ai sensi che
hanno lo scopo di spingerli a discendere tra gli uomini. Alle sensazioni olfattive (viene
bruciato l'incenso e i vestiti sono impregnati con del profumo) e sonore (il rombo e
le arie favorite dai tromba), si aggiunge il piacere degli occhi, offerto dai
colori delle decorazioni.
Le tecniche dell'estasi. Durante il canto, i futuri posseduti sono
"preparati" con delle imposizioni supplementari di terra bianca con i segni dei tromba
invitati e con delle aspersioni di acqua sacra. In ginocchio, i candidati alla
possessione, sull'esempio del capo-medium, cominciano ad agitare in cadenza dapprima la
testa, poi tutto il corpo. Colui che conduce il gioco gira intorno al gruppo agitando una
sciarpa rossa e giocando con gli specchi, per allontanare gli spiriti malefici. Infine
mette sotto il naso dei Zana-tromba delle foglie dal profumo violento. Talvolta i
posseduti si alzano in piedi e vanno incontro agli spiriti, danzando.
La discesa dei tromba. Improvvisamente si produce la trance: il posseduto
soffoca, lo sguardo diviene assente, l'espressione dolorosa o beata, l'andatura
sonnambolica. Ognuno ha il proprio stile, dettato dal tromba che lo abita. Dopo una
brutale caduta e la morte simbolica (rappresentata da un lenzuolo bianco con cui viene
coperto il posseduto per qualche secondo) appare la nuova personalità. Allora comincia la
messa in scena: i posseduti (uomini o donne) si travestono e modificano la voce a seconda
del sesso dello spirito. Ma ci sono anche dei tromba sconosciuti, selvaggi, che
eseguono prodezze ginniche. Se si incontrano, invece, degli spiriti muti, che non vogliono
scoprire la propria identità, il capo della possessione, con gesti simbolici, riesce a
farli parlare; a ciò segue il rito della vestizione. Le "toilette" sono
conservate nell'angolo degli Antenati, a nord-est della capanna e comprendono abiti
tradizionali (spesso semplici pezzi di tessuto), o moderni (completi con cappello, bastone
ed occhiali) per gli eventuali spiriti stranieri che si incarneranno in un tromba.
L'accoglienza. Quando la vestizione è terminata (questa avviene sotto la
protezione di una tenda) ed il re e i principi si sono installati sul proprio trono, hanno
luogo i riti di accoglienza: scambio di complimenti in un'atmosfera di gioia e di
familiarità. Il vecchio rituale delle visite ai re sakalava prevedeva un'etichetta
servile ed umiliante, ma nella cerimonia il rapporto con i re è idealizzato. I tromba
ritornano, talvolta, con le loro intere famiglie, i figli e i servitori (venuti in trance
complementari): è un singolare teatro al quale il pubblico partecipa intonando canzoni di
benvenuto o canti folkloristici dei luoghi d'origine dei re e adeguando il proprio
comportamento all'attitudine storica di quel re.
Consultazioni ed oracoli. Dopo aver bevuto soprattutto del rhum (bevanda sacra,
utilizzata per le libagioni religiose) i tromba sono più loquaci, ma il loro
linguaggio è incomprensibile (vengono usati la lingua d'origine, metafore, termini nobili
sinonimi di quelli profani o vocaboli sacri) ed esige un interprete.
Profezie. Gli strumenti musicali zittiscono, tranne la valiha e vengono
pronunciati gli oracoli, molto vaghi ed ambigui. Nel complesso i discorsi dello spirito
rilevano più dal genere oratorio che da quello oracolare.
Prescrizioni mediche. I malati avanzano, vengono esaminati e curati con precise
prescrizioni, che consistono, spesso, in un'applicazione di terra bianca sull'organo
malato.
Il ballo sacro. Ai canti di supplica, di omaggio, succedono quelli di gioia, in
cui la fantasia trova posto. Si tratta spesso di improvvisazioni sulla natura e le sue
bellezze. I canti e il battito delle mani accompagnano generalmente la danza, eseguita dai
soli posseduti, spesso con gli occhi chiusi. I danzatori formano un tondo. I piedi battono
sul suolo lentamente poi più velocemente, le anche oscillano, il busto è dritto, le
braccia tese orizzontalmente segnano la distanza, si alzano e si abbassano insieme e
separatamente, le mani tremano. La festa continua fino all'esaurimento del rhum. Uno dopo
l'altro i posseduti crollano. Gli inservienti ne controllano le membra e soffiano loro
nelle orecchie per riparare agli effetti dell' "irradiazione" soprannaturale. Si
effettua il ritorno al quotidiano.
Il Valirombo:
Circa quindici giorni dopo, alla luna piena, ci sarà una nuova seduta, di gioiosa
riconoscenza. Al centro della festa, questa volta, il malato guarito e il suo medium. La
famiglia riconoscente versa dei soldi che serviranno all'acquisto di ex-voto (collane,
braccialetti, perle) che il "miracolato" porterà su di sé. Ma la maggior parte
della spesa servirà a comprare un giovane zebù da consacrare allo spirito, i benefici
della cui vendita saranno distribuiti a tutti (Estrade, 1977, 112-127).
Estrade ritrova anche in altre cerimonie reali alcuni elementi presenti nelle sedute
del tromba. L'offerta della coppa di rhum al posseduto che troneggia nella sua
maestosità, il linguaggio speciale utilizzato nei suoi confronti e l'interprete del re
che funge da mediatore ricordano la cerimonia di intronizzazione dei re, mentre il
lenzuolo da dove emerge il posseduto nel momento in cui è raggiunto dal tromba
evoca, invece, i funerali reali.
La fine delle cerimonie tromba, secondo le descrizioni sia di Rusillon (1912)
che di Estrade (1977), è marcata dalla consacrazione allo spirito di uno zebù o di un
bue, il quale deve rimanere in vita. Questa pratica, detta joro velo, non è
del tutto scomparsa e viene infatti ritrovata da Jaovelo-Dzao (1996) in qualche zona del
Madagascar attuale, anche se lo zebù sacro, sempre più raro, viene sostituito da un
volatile.
La presenza della possessione tromba sulla costa est del Madagascar è
testimoniata anche da P. Lahady (1979) e da G. Althabe (1969), ma mentre il primo fa
risalire la comparsa e la formazione di tale culto presso i Bemihisatra all'inizio del
XVII secolo con l'espansione sakalava ad est, il secondo ritiene che il tromba sia
unicamente un fenomeno post-coloniale apparso presso i Betsimisaraka solo nel 1960.
Pascal Lahady si è interessato in modo specifico alle credenze religiose dell'etnia
betsimisaraka sul cui territorio ha raccolto, negli anni settanta, numerose testimonianze
tra gli anziani e i capi religiosi dell'intera regione sul rito di possessione tromba,
qui chiamato Manongehy.
Nella capanna del capo del tromba si riuniscono gli abitanti del
villaggio e dei dintorni, ciascuno portando ciò che gli è stato comandato durante la
riunione precedente. Il capo spirituale rivolge la parola direttamente all'assemblea. Egli
pretende obbedienza e sottomissione: è una vera ristrutturazione della comunità intorno
alla figura del longobe (capo dei medium) o piuttosto della divinità. Poi si
prepara la venuta degli spiriti con la costruzione simbolica del santuario. La "sposa
dello spirito" (assistente del capo religioso) prende un piatto sacro e vi depone del
miele (frutto della foresta) ed una liana arrotolata (dimora in miniatura e simbolo delle
divinità della foresta). Brucia poi dell'incenso. Anche qui sono impiegati dei materiali
moderni: piatto in porcellana o in duralex, scatola di Nestlé, bottiglie e pasticche
mentolate. L'invito, rivolto alle divinità delle foresta, presenta innanzitutto il
riconoscimento degli errori e le domande di perdono degli adepti (temi ripresi con
insistenza nei canti e nei discorsi). L'appello è dapprima collettivo, rivolto alla
società degli "Spiriti Illustri" (i Venerabili Ra, spiriti della Natura e della
Fecondità universale), poi ad un genio in particolare, presentato come re e Zañahary.
Anche se altre persone possono entrare in trance, la possessione del
capo spirituale è essenziale. Il longobe si veste con gli abiti rosso-porpora del tromba,
prende della terra bianca e resta in attesa. L'arrivo dello spirito è marcato dal
cambiamento di personalità e della lingua parlata. Egli si pone come uno straniero e si
impone attraverso dimostrazioni di violenza verbale e comportamentale. La "sposa
dello spirito" lo saluta usando la sua lingua. Gli spiriti che arrivano sono di tutti
i tipi: europei, merina, antandroy, antemoro, sakalava, geni abitanti dell'acqua...
Dopo la sottomissione il dialogo continua in un tono quasi familiare. A turno tutti
prendono la parola raccontando i loro infortuni, il "Grande-Sole" risponde,
ispirato dal tromba che è in lui, indicando le cause dei mali e facendo dei segni
di terra bianca sul suo bastone sacerdotale (forse per ricordarsi di ciò che è stato
detto e che, alla fine della seduta, dovrà riassumere). Lo spirito annuncia la sua
dipartita e, dopo essersi fatto pregare, resta ancora un po'; infine parte, emettendo un
forte grido, simile a quello che ha segnato il suo arrivo.
Dopo un istante giunge lo spirito burlone ed altri ancora; ad ogni manifestazione di
spiriti tromba il capo spirituale beve del toaka, saluta i presenti e ne
distribuisce anche a loro, poi indica i diversi divieti che devono osservare coloro che
sono in trattamento. Fino all'alba (che segna il termine della cerimonia) anche altre
persone possono levarsi bruscamente in trance. Quando tutti gli spiriti si sono
manifestati, il capo spirituale riassume le diverse malattie, i divieti da osservare ed i
rimedi. Infine, fa diversi annunci riguardanti la data della riunione seguente e le
modalità da rispettare per il suo svolgimento (Lahady, 1979, 116-118).
Anche se la struttura della cerimonia (presentazione delle offerte, appello vocale con
canti, arrivo e consultazione degli spiriti e loro partenza) e parte degli oggetti rituali
impiegati (la terra bianca, ilpiatto con l'acqua, gli abiti rosso-porpora) sono in effetti
identici a quelli descritti da Estrade, tuttavia a proposito del Manongehy Lahady
parla di un vero tromba betsimisaraka con caratteristiche culturali proprie. Al
contrario del tromba sakalava, da cui ha avuto origine, il carattere reale scompare a
profitto della tematica del capo carismatico autoritario o benevolo. L'officiante
principale della possessione è infatti un capo militare o un gran fratello (detto Longobe),
potente e lucente come il sole (è chiamato anche Johary, Grande-Sole), che prende
sotto la sua cura i fedeli (figli di Manongehy) come degli orfani. Inoltre gli
adepti non frequentano né le tombe né le stele sepolcrali (che costituiscono, invece, i
santuari del tromba reale sakalava) considerate dai Betsimisaraka luoghi
pericolosi. Il tromba betsimisaraka si rivolge poi generalmente a Zañahary
e alle divinità della foresta. Infine una particolarità, che dà anche il nome alla
possessione, è la presenza dello spirito burlone Manongehy, che rende scherzoso il
suo medium.
Anche Gérard Althabe (1969) ci fornisce una testimonianza della presenza di cerimonie tromba
in paese betsimisaraka. In realtà l'autore sceglie per la sua inchiesta un'area limitata
del territorio betsimisaraka, la piccola comunità di Fetraomby, scelta che gli causerà
pesanti critiche. La sua ricerca, iniziata nel 1964 e che era destinata all'origine a
definire le modalità di sviluppo economico di tale area, lo ha condotto ad assistere in
modo diretto al rito del tromba. Le varie fasi della cerimonia di cui fornisce una
precisa descrizione sono più o meno le stesse che ritroviamo presso i Sakalava, descritte
da Estrade (1977).
Quadro temporale e spaziale. La cerimonia ha luogo di notte e
dura dal sorgere della luna all'alba. La data è determinata dalle fasi della luna, e,
generalmente, è fissata alla luna piena. La casa dove ha luogo la cerimonia, costruita
sulla collina del tavy (cioè fuori dal villaggio e sul territorio dei discendenti
dei posseduti) ha una doppia caratteristica: è composta di materiale straniero comprato
(tetto in lamiera; all'angolo est, sulla tavola apparecchiata, vi sono rhum e vino, un
piatto con del denaro, un bicchiere d'acqua con gioielli d'argento, uno specchio
rivoltato, un pacchetto di sigarette) e la sua posizione è stata definita da necessità
astrologiche complesse. Questa europeanizzazione del quadro materiale è in contrasto
violento con il tavy, luogo che esprime il ritorno al modo di vita degli antenati.
I presenti sono vestiti con abiti europei, sono disposti in modo disordinato e non,
come nelle altre cerimonie, secondo regole precise (l'appartenenza al gruppo dei
discendenti o ad una comunità di villaggio, l'età, il sesso). L'unica separazione che
emerge è quella tra il gruppo che si trova all'interno della casa, appartenenti ai
discendenti dei posseduti, e gli stranieri che restano fuori. Non vi sono spettatori, ma
ciascuno è attore: partecipa ai canti e batte in cadenza le mani, seguendo il ritmo dei
tre tamburi e della fisarmonica che suonano nella casa.
Un codice verbale nuovo, inedito, non utilizzato nella quotidianità, designa i nomi di
luogo e dei posseduti.
L'evocazione. Il preludio della cerimonia è molto lungo. Il
futuro posseduto dirige la supplica dei presenti e ne è l'attore principale. Si implora
lo spirito di venire con singhiozzi, preghiere, canti, danze. Se l'attesa è troppo lunga,
ci si interroga se vi siano dei colpevoli tra i presenti. Talvolta qualcuno confessa le
proprie colpe, che devono essere espiate aggiungendo doni in danaro; altre volte il
colpevole è denunciato ed allontanato. In qualche raro caso lo spirito non si manifesta;
si attende, allora, un suo segno (spesso appare in sogno al posseduto) attraverso cui
farà conoscere il suo scontento, a cui si dovrà rimediare prima di evocarlo nuovamente.
Se il segno non giunge il gruppo dei posseduti effettuerà personalmente delle inchieste,
prima all'interno del proprio lignaggio, poi sull'intera comunità. Le supposte colpe si
situano in rapporto allo stesso tromba o agli antenati.
Presenza del tromba. Spesso, lo spirito risponde
all'appello: il ritmo si ferma ed il posseduto cade a terra, raggiunto dallo spirito.
Quest'ultimo è soprattutto un insieme caratteriale che verrà espresso dal posseduto
attraverso i vestiti indossati, l'espressione del viso, i gesti, l'accento, l'uso di
parole straniere. Vi sono tre categorie di spiriti: alcuni sono re, regine e generali
dell'epoca pre-coloniale, merina e sakalava; altri sono designati unicamente dall'etnia di
appartenenza; altri ancora sono esseri più astratti (Vorombe, il grande uccello; Ampelamena,
la donna rossa).
I presenti non si rivolgono direttamente allo spirito ma al vady tromba (il
congiunto del tromba). Egli interviene nelle relazioni individuali tra il
posseduto-tromba ed i presenti, specialmente nel momento della presentazione dei
malati. Non interviene, invece, nelle prediche, nelle minacce di morte e nelle
imprecazioni lanciate dallo spirito ai presenti. Per affermare la sua dominazione egli dà
anche degli ordini bizzarri, accompagnati da insulti, che vengono scrupolosamente
eseguiti. In ogni momento minaccia di ripartire; lo si trattiene con suppliche e con la
promessa di nuovi doni. Il ruolo di intermediario, in un primo tempo tenuto dal futuro
posseduto, è assunto, dopo l'arrivo dello spirito, dal vady tromba.
Comunione. Il tromba prende il rhum ed il vino che
sono sulla tavola, li mischia all'acqua in cui sono immersi i gioielli d'argento, beve per
primo e, nello stesso bicchiere, fa bere i presenti: il tromba designa alcune
persone seguendo la fantasia, senza seguire le normali regole di precedenza. Si beve
inginocchiati, manifestando il più profondo rispetto: è un segno di comunione e di
unità di tutti i presenti nella subordinazione al tromba.
Presentazione dei malati. Ciascuno dei presenti può presentarsi
allo spirito, rivolgendosi al vady tromba e versando una somma di danaro;
può intercedere per se stesso o per quei componenti della famiglia che abitano nella sua
casa. La malattia è legata ad una colpa che rinvia o direttamente al tromba (in
questo caso egli esige dei doni - tutti oggetti stranieri, comprati da commercianti - ed
impone dei divieti) o agli antenati (la terapia sarà allora il sacrificio di un animale e
la cerimonia di riparazione). La colpa e la malattia implicano la famiglia nella sua
unità: i divieti devono essere rispettati da tutti i componenti e riguardano attività
che si svolgono solo all'interno della casa. Quando il malato è guarito, lo spirito può
dispensare da tali costrizioni.
La quiete. Lo spirito-padrone è ormai installato nel suo ruolo,
come i servitori nel loro; non vi è più tra i due termini la tensione dell'inizio della
cerimonia. Il tromba danza, tra la gioia dei presenti, e, mostrando il suo
buonumore, distribuisce a qualche privilegiato una parte dei doni monetari che sono nel
piatto, racconta storie, parla di sé, fa scherzi divertenti.
La partenza. Con l'arrivo dell'alba, lo spirito proclama la sua imminente
partenza, tra le suppliche ed i gemiti dei presenti; la tensione tra il padrone ed i
servitori riappare. Lo spirito, innervositosi, lancia minacce e ricorda i doveri di
obbedienza; infine ordina ai suonatori ed ai cantanti di lanciarsi in un ritmo rapido ed
assordante. Talvolta accompagna la sua danza, che segue tale ritmo, con un canto in cui
nomina gli abitanti del luogo dove sta per arrivare. Bruscamente il posseduto cade a terra
in ginocchio, con la testa tra le mani che toccano il suolo e resta immobile, i suoni ed i
canti si sono arrestati nello stesso momento della caduta. Poi si alza e stira le sue
membra come svegliandosi da un profondo sogno, riprende i suoi vestiti e mette ordine
nella casa, mentre i presenti si disperdono.
Tra i differenti tromba che si manifestano esistono due tipi di
relazioni, di parentela o di dominazione-subordinazione. Al momento dell'evocazione, il re
può inviare uno dei suoi servi, portavoce dei suoi desideri. La situazione può divenire
buffa quando il servitore si finge re ed è insultato e scacciato, una volta scoperto.
I vestiti ed i piatti utilizzati durante la cerimonia sono esposti in casa, non toccati
da nessuno, segni della presenza permanente del tromba (Althabe, 1969, 96-104).
I culti di possessione sono tuttora praticati con uno straordinario vigore anche presso
le tombe reali dell'Imerina, come è dimostrato dalle manifestazioni di possessione
accertate negli anni 1956-1962 sulle tombe delle dodici colline sante e in luoghi meno
conosciuti (Raison-Jourde, 1983). Questi culti non sono stati rilevati da Estrade, che
classifica l'Imerina tra le zone di "tromba rarissime" (Estrade, 1977,
188), forse perché, come afferma F. Raison-Jourde (1983), qui i re della possessione
hanno uno statuto particolare. Infatti sotto l'influenza del cristianesimo i culti fanno
riferimento a un dio unico, Andriamanitra, di cui gli spiriti reali sono divenuti
gli intercessori.
Anche Radavidrason Zafisoatompoina Noro (1988-1989) (77)
dà testimonianza della presenza del tromba sugli altipiani dell'Imerina. Secondo
l'autrice il manasina o tromba trae origine dalla credenza in esseri
invisibili, detti Vazimba nell'Imerina e kokolampy presso gli Antandroy,
che rappresentano gli antichi re fondatori della stirpe o comunque antenati remoti di
grande prestigio. Nel passato tali riti di possessione venivano celebrati in occasione di
circostanze straordinarie, quali carestie, epidemie, guerre; attualmente per influenzare
positivamente il destino nelle vicende quotidiane (Radavidrason, 1988-1989).
Il rito si celebra presso un "santuario", luogo sacro e
vietato, costituito da una tomba di un re o di un altro personaggio eminente del passato
oppure da una stele sacra posta presso una sorgente o un lago. La cerimonia ha inizio al
tramonto con l'invocazione dello spirito del grande antenato formulata dal voatsindry
(posseduto scelto dallo spirito) che presiede il rito. Le offerte dei convenuti vengono
disposte sulla tomba o sulla stele. Voti e suppliche sono pronunciati e le pietre sacre
vengono asperse di miele e di sangue di pollame. Nelle prime ore del mattino del giorno
fissato, l'acqua lustrale è attinta dalla sorgente sacra. Il liquido riceve una forza
supplementare posto in contatto con un anello d'oro, metallo un tempo riservato ai
principi. Quest'acqua servirà a purificare lo zebù che verrà sacrificato. Il colore di
quest'ultimo è scelto secondo l'oroscopo. L'animale deve essere privo di difetti ed il
suo uccisore deve avere entrambi i genitori viventi. Il rà-velona (sangue
vivo) verrà raccolto ancora caldo, prima che l'animale muoia, e consumato sul posto dai
partecipanti ovvero conservato in coagulo per gli infermi che non hanno potuto recarsi al
rito. Lo zebù viene quindi squartato e la testa e la gobba saranno disposte sulla tomba.
Dopo l'ingestione del sangue ed il contatto prolungato con il luogo sacro, si manifesta la
trance dei voatsindry. Questi sono presi da convulsioni e si agitano a ritmo di
musica, profferendo nel contempo frasi più o meno enigmatiche che un seguace cerca di
interpretare per gli astanti. Sarà sempre questo accolito a trasmettere al posseduto le
domande poste dai partecipanti a voce bassa. Si tratta per lo più di richieste di
realizzazione di desideri (Radavidrason, 1988-1989, 101-102).
La credenza malgascia, come testimonia Estrade (1977), vuole che gli spiriti prendano
un mese di riposo all'anno (mese di settembre), che quindi segna un tempo di pausa per le
cerimonie. I tromba si raggruppano nei doany da dove inviano i sogni oppure,
in casi eccezionali, possono fissarsi come presenza maligna, nella capanna dei loro
posseduti.
Trascorso questo tempo detto di "luna vuota", il mese di ottobre (la
primavera malgascia) viene inaugurato con una festa detta "bain de renouveau"
(Estrade, 1977, 128), dal momento che i malgasci non usano immergersi nelle acque
dell'isola durante l'inverno. Il bagno sarà condotto dal capo-medium e avrà luogo in
mare e, dopo una settimana, sotto una cascata (Estrade, 1977). Secondo Lahady (1979), che
preferisce chiamarlo "bagno del giudizio" (Misetra am-pitsarana), è un
rito di purificazione e di rigenerazione di tutta la società degli adepti. Lo spogliarsi
ha un significato di ritorno agli albori dell'umanità, alla natura indifferenziata della
nudità e di abbandono simbolico dello stato di impurità. L'acqua (del diluvio) presente
alle origini del mondo è allo stesso tempo segno di morte e di rigenerazione e segna le
due tappe di una nuova esistenza (il pentimento e l'assoluzione da un lato, il ritorno
alla vita dall'altro). Il fatto che tutti gli adepti (il saha, i posseduti e i
malati) partecipino al bagno collettivo dà a questo rito il carattere di rito di
ricostruzione dell'intera comunità sotto la guida del capo-medium. Durante il bagno, il
contatto con l'acqua fredda provoca spesso delle crisi nervose che vengono interpretate
come il risveglio dei tromba, così "une nouvelle saison du tromba
commence" (Estrade, 1977, 129).
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