4.1 Le reti. Origine L'origine delle reti è strettamente intrecciata con quella dei computers. I primi computers, usciti dai laboratori di ricerca a cavallo degli anni quaranta e cinquanta, cominciarono a diffondersi nelle università e nelle grandi aziende a cavallo tra gli anni cinquanta e sessanta. Erano macchine poco flessibili, progettate per eseguire un solo programma alla volta e per interagire con un solo utente per volta [1] . Inoltre la codifica dei dati e dei programmi e la loro successiva somministrazione alla macchina avvenivano tramite modalità e supporti (schede perforate) tutt'altro che intuitivi e comodi, che richiedevano l'intervento di tecnici esperti. Per tutti questi motivi, oltre che per il loro costo, i computers di allora erano gestiti da centri di calcolo specializzati. Tali centri organizzavano l'accesso degli utenti e fornivano assistenza specializzata, come ancora oggi avviene per i supercomputers gestiti da organizzazioni universitarie [Tesler 1991].La nascita delle reti di computers è di poco successiva a quella dei computers, e si può collocare all'incirca tra la metà degli anni cinquanta e la metà degli anni sessanta, negli Stati Uniti. Nel 1950, in piena guerra fredda e dopo l'esplosione della prima bomba atomica sovietica, le istituzioni militari statunitensi affidarono all'IBM la realizzazione di un progetto denominato SAGE (Semi Automatic Ground Environment), che può a buon diritto definirsi l'antenato di tutte le reti di elaborazione a distanza. Nel 1955, grazie all'esperienza maturata in tale progetto, l'IBM dà autonomamente inizio al progetto SABRE (Semi Automatic Business Related Environment), consistente nel collegamento di 1200 telescriventi dell'American Airlines dislocate su tutto il territorio degli USA. SABRE è la prima rete commerciale di elaborazione a distanza e la prima banca dati mondiale. La realizzazione di tale progetto durò dieci anni, alla fine dei quali 20.000 Km di collegamenti specializzati servivano 2000 terminali [Banaudi 1994, 111]. Negli anni sessanta maturarono innovazioni fondamentali nelle tecnologie e nelle modalità operative dei calcolatori, che permisero di aumentarne le capacità di elaborazione e di modificarne, semplificandole, le modalità di interazione con l'esterno. Tali innovazioni furono dovute a progressi, rispettivamente, nella scienza dei materiali, che permisero di integrare un numero sempre più alto di transistors su un unico chip [Mayo 1986; Meindl 1987]; e nella progettazione delle interfacce, ovvero di quella parte del software che fa da tramite fra il computer e l'utente. Tali progressi portarono a:
Tutto questo favorì la crescente richiesta di accesso alle potenti risorse di calcolo centrali, soprattutto da parte di ricercatori universitari. Poiché nell'uso normale (come ad esempio nell'elaborazione di un testo) le risorse di un grosso calcolatore centralizzato venivano sfruttate solo in minima parte, si pensò che sarebbe stato vantaggioso, anche dal punto di vista economico, poter servire più utenti contemporaneamente. A tale crescente domanda di accesso venne incontro lo sviluppo di nuovi tipi di sistemi operativi [2] . Essi permettevano ai computers di eseguire più programmi contemporaneamente (caratteristica che viene detta multitasking) e consentivano l'utilizzo contemporaneo di un calcolatore da parte di più utenti, tramite una modalità operativa chiamata time sharing [3] (divisione di tempo). La sostituzione della codificazione su carta dei comandi e dei programmi con una loro codificazione su supporti magnetici ed elettronici, unita alla relativa facilità d'uso dei nuovi terminali [4] e alla disponibilità di sistemi operativi time sharing, creò le condizioni iniziali per lo sviluppo delle prime reti. L'accesso a tali reti avveniva tramite terminali, costituiti di solito da un video e una tastiera posti nella stessa stanza o nello stesso edificio in cui si trovava il calcolatore centrale. I nuovi terminali di input/output erano fisicamente molto più svincolati dalle apparecchiature di elaborazione vera e propria del computer centrale di quanto fossero i vecchi terminali a schede perforate. Invece di recarsi nella stanza del computer per somministrargli fogli di carta perforata, si poteva stare davanti al proprio terminale in qualsiasi parte dell'edificio del centro di calcolo e da qui inviare dati e comandi e attendere le risposte [Kahn, 1986; Tesler, 1991]. Il modello di comunicazione a cui si rifacevano tali primitive reti era del tipo "punto a punto", ovvero ogni terminale poteva comunicare solo con il calcolatore centrale, ma non comunicare con altri calcolatori o inviare messaggi ad altri terminali. Solo il gestore del sistema, non i suoi utenti, poteva sapere chi era collegato in un certo momento al computer [Berretti e Zambardino 1995, 22]. L'esperienza fatta con i calcolatori time sharing, mostrò che un piccolo gruppo di utenti dispersi in un'area relativamente limitata (un campus universitario) poteva condividere le risorse di un unico calcolatore centrale. A questo punto venne naturale chiedersi se una grande comunità di utenti dispersa su un territorio più ampio (una città o uno stato) potesse condividere le risorse di vari calcolatori. Tutto ciò che occorreva, a questo punto, erano cavi di trasporto dati sufficientemente lunghi da collegare i vari computer tra loro e ai terminali, situati ora presso i luoghi abituali di lavoro dei ricercatori. Ci si rivolse così alle compagnie telefoniche, le quali possedevano le competenze e le attrezzature necessarie. I primi collegamenti furono di tipo "dedicato", ovvero tramite linee telefoniche usate esclusivamente per collegare il computer centrale od ospitante (host) ad ogni singolo terminale remoto (remote) [5] . In seguito si cominciò a connettere non solo singoli computers centrali a terminali, ma gli stessi computers centrali tra di loro e con altri computers, anche appartenenti ad altre organizzazioni [Kahn 1987]. Al modello di comunicazione punto-punto si affiancarono così via via, pur senza sostituirlo, altri due modelli di comunicazione: quello da uno a molti e quello da molti a molti [Banaudi 1994, 115]. Nacquero in tal modo i primi esempi di e-mail (posta elettronica), di talk e di chat [6] via computer. La posta elettronica in particolare riassume bene in sé queste tre modalità comunicative: essa infatti permette ad ogni utente di mandare lo stesso messaggio non solo a un singolo utente, ma anche a più utenti per volta, senza la necessità di comporre un nuovo messaggio per ogni destinatario, tramite la formazione di mailing lists [7] . [1] Erano cioè macchine monoutente e
monotasking (con la parola "task" si indica genericamente un
programma in esecuzione). Torna Su
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