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Violante: seduta 09

Violante: seduta 09
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                         Pag. 215
        AUDIZIONE DEL DOTTOR ELIO SPALLITTA,
   PROCURATORE DISTRETTUALE DELLA REPUBBLICA (F.F.)
     DI PALERMO E DI ALCUNI SOSTITUTI PROCURATORI
      DELLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA DI
                         PALERMO
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione del dottor Elio Spallitta,
Procuratore distrettuale della Repubblica (f.f.)
di Palermo e di alcuni sostituti procuratori
della Direzione distrettuale antimafia di
Palermo:
Violante Luciano, Presidente ............ 217, 219, 220, 221
                                222, 229, 234, 235, 239, 240
                                241, 242, 243, 244, 245, 246
Ayala Giuseppe Maria ................................... 232
Brutti Massimo .......................... 230, 240, 242, 244
Cabras Paolo ....................... 219, 220, 234, 240, 243
Calvi Maurizio ......................................... 232
Cutrera Achille ........................................ 229
D'Amato Carlo ...................... 229, 240, 241, 245, 246
D'Amelio Saverio ....................................... 233
Ferrauto Romano ................................... 234, 240
Folena Pietro ................................ 227, 228, 241
Frasca Salvatore .................................. 233, 234
Galasso Alfredo .................... 224, 225, 239, 240, 246
Imposimato Ferdinando .................................. 223
Matteoli Altero ........................................ 222
Natoli Gioacchino, Sostituto procuratore
della Repubblica presso la Direzione distrettuale
antimafia di Palermo .............................. 219, 220
                                221, 228, 236, 238, 239, 240
                                241, 242, 243, 244, 245, 246
Rapisarda Santi ........................................ 233
Riggio Vito ....................................... 223, 243
Rossi Luigi .................................. 225, 227, 244
Scalia Massimo ............................... 221, 222, 245
Scotti Vincenzo ................................... 222, 244
Spallitta Elio, Procuratore distrettuale
                   della Repubblica f.f. di Palermo 217, 219
                                                    235, 239
Taradash Marco .......................... 225, 238, 242, 243
Tripodi Girolamo ....................................... 229
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente ........................... 246
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente ...................... 247, 248
Brutti Massimo ......................................... 247
Calvi Maurizio ......................................... 247
Galasso Alfredo ........................................ 248
Scalia Massimo ......................................... 248
                         Pag. 216
                         Pag. 217
La seduta comincia alle 10,15.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione del dottor Elio Spallitta, procuratore
distrettuale della Repubblica f.f. di Palermo e di alcuni
sostituti procuratori della Direzione distrettuale antimafia
di Palermo.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
dottor Elio Spallitta, procuratore distrettuale della
Repubblica (facente funzioni) di Palermo e del dottor
Gioacchino Natoli, sostituto procuratore della Repubblica
presso la Direzione distrettuale antimafia di Palermo.
   Do la parola al dottor Spallitta, al quale ho inviato il 2
novembre una memoria su quello che sarebbe stato il contenuto
dell'audizione odierna.
  ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della
Repubblica f.f. di Palermo. Signor presidente, avrei voluto
preparare una relazione ma purtroppo questa seduta è coincisa
con un'altra convocazione che ho ricevuto dal Consiglio
superiore della magistratura, per cui non ho avuto il tempo
materiale di preparare una relazione più completa
sull'argomento all'ordine del giorno. Cercherò di essere
conciso e sintetico parlando a braccio.
   Per quanto riguarda Cosa nostra, non mi voglio diffondere
in questioni di carattere sociologico: già sapete molto bene,
anche in base alle risultanze processuali, quale ne sia
l'organizzazione. Mi voglio quindi riferire principalmente
alla nostra ultima richiesta di custodia cautelare nei
confronti di Riina Salvatore, Madonia Francesco, Di Trapani
Francesco e molti altri (in tutto 24 persone), tutti
componenti di Cosa nostra e facenti parte della cosiddetta
cupola. Dopo indagini laboriose, nel corso delle quali ci è
stato molto utile l'ausilio della DIA, siamo pervenuti
all'identificazione dei mandanti dell'omicidio di Salvatore
Lima. Nel corso di queste indagini, e in base al contributo
molto prezioso fornitoci da diversi collaboratori della
giustizia (che abbiamo ascoltato anche di recente), siamo
potuti pervenire alle conclusioni trascritte nella richiesta
che ho citato poc'anzi, che è stata integralmente accolta dal
giudice per le indagini preliminari. Evidentemente queste
conclusioni non sono definitive e vanno sottoposte al vaglio
delle ulteriori indagini che si potranno fare in proposito.
   In base alle dichiarazioni raccolte e alle indagini
svolte, è emerso che Cosa nostra già da tempo assicura il suo
favore in materia elettorale alla democrazia cristiana, che
Cosa nostra ha sempre cercato di impedire in Sicilia che si
votasse per il partito comunista italiano; che Cosa nostra, in
base a quello che abbiamo potuto accertare, aveva dei
referenti che dovevano fare da tramite con uomini politici,
sia in Sicilia sia a Roma. Uno dei principali referenti era
per l'appunto Lima.
   Faccio un breve excursus della posizione di Cosa
nostra negli affari politici in Sicilia e in Italia in genere.
Per quanto attiene al cosiddetto maxiprocesso, in base a
notizie ricevute da Lima e da altri uomini politici non
nominati o non indicati con precisione, era convinzione dei
componenti della cupola e degli imputati che si trovavano già
in carcere che il
                         Pag. 218
momento politico era tale per cui in primo grado vi sarebbe
stata sicuramente una condanna ma che le cose si sarebbero
potute "aggiustare" (uno dei pentiti adopera proprio questo
termine) in corte d'appello e che ancor meglio sarebbero
andate in Cassazione, dato il formalismo al quale si ispirava
la sezione presieduta da Carnevale, che avrebbe consentito
molto probabilmente di pervenire ad un annullamento della
sentenza con la possibilità per gli imputati di essere
scarcerati per decorrenza di termini. Senonché,
successivamente, si ebbe la sensazione che la democrazia
cristiana avesse "mollato" (questi sono i termini adoperati
dai collaboratori della giustizia) il processo, tanto che, per
ritorsione, nel 1987, anno di elezioni politiche, per punire
questo partito per il suo atteggiamento sarebbe giunto dal
carcere l'ordine di Cosa nostra di votare per il partito
socialista - il cui capolista era in quel periodo l'onorevole
Martelli - che infatti ebbe una buona affermazione.
   Successivamente, le cose in Cassazione andarono molto
male, come voi ben sapete, in quanto si ebbe una sentenza che
ha valorizzato il principio del libero convincimento del
giudice attraverso una interpretazione che riguarda i
riscontri sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e
dei pentiti, per cui si ebbero numerosi annullamenti per le
assoluzioni verificatesi in primo grado e il processo è
ritornato nuovamente a Palermo. Questa situazione ha
determinato molto sconforto all'interno di Cosa nostra, la cui
reazione è stata quella che sapete: si è deciso di uccidere
Lima perché non era stato ai patti.
   Queste sono nella sostanza le risultanze dell'indagine,
che per la prima volta ci ha consentito certi risultati,
attraverso i collegamenti e i confronti che abbiamo fatto tra
queste dichiarazioni e altre rese in precedenza dallo stesso
Buscetta. Quest'ultimo ha fatto ulteriori dichiarazioni sui
contatti di Cosa nostra con Lima, raccontando che nel 1980,
quando era latitante, incontrò Lima a Roma, ma non voglio
ripetere ciò che già risulta dall'ordinanza.
   Così si possono riassumere le conclusioni alle quali si è
potuti pervenire in base alle dichiarazioni di Giuseppe
Marchese, Leonardo Messina, Rosario Spatola, Vincenzo Marsala,
Francesco Marino Mannoia. Fra l'altro, il Mutolo si è espresso
come segue: "Come ho già spiegato, l'onorevole Lima era stato
ucciso perché considerato il maggiore simbolo di quella
componente politica che, dopo aver attuato per moltissimi anni
un rapporto di pacifica convivenza e di scambi di favori con
Cosa nostra, che riversava su di essa i propri voti, non aveva
più tutelato gli interessi di Cosa nostra proprio in occasione
del processo più importante e mostrava anzi di voler
proseguire in una politica contraria".
   I termini di un tale patto di scambio, suffragato dalle
minacce di morte nei confronti degli uomini politici che non
stavano ai patti - o che non stiano ai patti, come riferisce
lo stesso Mutolo -, si evincono dal complesso delle
dichiarazioni rese dai pentiti che ho poc'anzi nominato e che
da noi sono stati riassunti in una ripetuta richiesta di
misure cautelari.
   Mutolo si è espresso, inoltre, nei seguenti termini: "La
linea politica seguita da Cosa Nostra era quella della
mediazione e della convivenza con il mondo politico. Era
pacifico in Cosa nostra che si dovesse sostenere
elettoralmente la democrazia cristiana, poiché era considerato
il partito che poteva offrire migliori garanzie per gli
interessi dell'organizzazione mafiosa.
   La convinzione unanime era che si potesse utilmente
influire, attraverso i politici, sull'operato dei tribunali e
che, inoltre, la funzione dei politici siciliani fosse
determinante per la politica romana nei riguardi delle cose
della Sicilia concernenti Cosa nostra.
   Salvo Lima era sostenuto elettoralmente da varie famiglie
di Cosa nostra ed era, quindi, uno dei più importanti
referenti
                         Pag. 219
 politici dell'organizzazione. A lui, in particolare dopo che
era diventato parlamentare nazionale ed europeo, gli uomini
d'onore si rivolgevano per tutte le questioni che comportavano
decisioni da adottare a Roma. Fra l'altro, non ogni uomo
d'onore aveva facoltà di prendere contatto direttamente con
l'uomo politico per gli eventuali favori di cui aveva bisogno.
Il contatto doveva avvenire attraverso tramiti precisi ad alto
livello, stabiliti dalla commissione.
   In principio, funsero da tramite alcuni mafiosi ma
successivamente, dopo l'uccisione di Bontade, tale ruolo fu
svolto dai Salvo, cioè dai due esattori di Palermo che avevano
numerosi contatti con diversi uomini politici, e che, a
differenza di Salvo Lima, erano uomini d'onore.
   In sostanza, credo sia questo il succo di ciò che abbiamo
potuto accertare.
  PAOLO CABRAS. Mutolo afferma che soltanto Ignazio Salvo
era uomo d'onore.
  ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della
Repubblica f.f. di Palermo. Mutolo sostiene che erano
entrambi uomini d'onore.
  PRESIDENTE. Dottor Natoli, lei desidera aggiungere altro
a quanto già detto dal dottor Spallitta?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distettuale antimafia di
Palermo. Dopo la dettagliata ed esauriente ricostruzione
del dottor Spallitta in merito all'ultima fase delle indagini
da noi condotte, riterrei opportuno - qualora la Commissione
acconsenta - rispondere ad eventuali domande.
  PRESIDENTE. Al fine di chiarire il quadro generale,
vorrei rivolgerle una domanda, perché se è chiara l'utilità
che ne derivava ai politici ...
  ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della
Repubblica f.f. di Palermo. Ricevevano un compenso
elettorale.
  PRESIDENTE. Questo è chiaro. Ciò che va chiarito è
relativo all'utilità che ne conseguivano i mafiosi. In
pratica, qual era il sinallagma?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Il sinallagma appare abbastanza chiaro, stando a
quanto riferitoci dai vari collaboratori, così come appare
chiara la scelta da questi ultimi operata, cioè quella di far
convogliare i voti verso questo e quel partito. Aggiungo,
comunque, che bisognerebbe attuare una distinzione tra i vari
collaboratori, anche con riferimento alle aree geografiche,
nel senso che i collaboratori della provincia di Palermo hanno
quasi tutti detto, in buona sostanza, che facevano convergere
naturalmente i loro voti verso la democrazia cristiana, in
quanto essa aveva sempre rappresentato, fin dalla costituzione
della Repubblica, il centro e l'asse d'equilibrio dell'intero
sistema.
   Un'ulteriore sottolineatura credo debba essere fatta a
proposito degli uomini politici appoggiati, nel senso che
generalizzare il fatto che Cosa nostra sostenesse un partito,
sotto un profilo logico può apparire perfettamente fondato,
almeno stando alle dichiarazioni di alcuni collaboratori, i
quali sostengono che, di volta in volta, venivano appoggiati
esponenti di un certo partito; per quanto riguarda l'area
palermitana, per esempio, essi appartenevano sempre alla
democrazia cristiana. Però, bisogna tener conto di un aspetto
che recentemente ci è stato riconfermato anche da Calderone,
il quale proviene dall'area orientale della Sicilia: egli ha
dichiarato che in un certo momento la famiglia di Catania alla
quale lui apparteneva, ed il cui esponente di primo piano era
suo fratello Giuseppe, aveva appoggiato un uomo politico -
peraltro ormai defunto - esponente del partito
socialdemocratico.
   Il perché di ciò - che costituisce l'oggetto del
sinallagma - va ricercato nel fatto che nell'immediato o nel
futuro - in ogni caso laddove si fosse presentata
                         Pag. 220
l'occasione utile od opportuna - l'appoggio dato doveva
garantire un ritorno. Per esempio, abbiamo già anticipato che
in ordine all'indagine che stiamo conducendo sull'omicidio
dell'onorevole Lima, il ritorno avrebbe dovuto essere di tipo
giudiziario, cioè un appoggio in tutte le sedi, locali e
centrali, per far sì che il maxiprocesso, che da subito Cosa
nostra ha avvertito come mirato al cuore ed al cervello della
stessa organizzazione, crollasse non solo in chiave
giudiziaria ma anche abbattendo la figura morale e
professionale di Giovanni Falcone, cioè dell'uomo simbolo che,
più di tutti, lo aveva voluto e portato avanti.
   Nel momento in cui, per una serie di fatti interni ed
esterni imprevisti ed imprevedibili, tale disegno non si
perfeziona, si inaugura quella strategia che da alcuni mesi è
sotto gli occhi di tutti e a proposito della quale, se mi è
consentito, vorrei spendere qualche parola, nel senso di ...
  PRESIDENTE. Senz'altro, dottor Natoli, ma prima gradirei
una precisazione: se per circa 45 anni la mafia ha appoggiato
esponenti di uno o più partiti di Governo, ciò che alla
Commissione interessa è conoscere l'utile che ne è derivato
alla mafia. Non credo che sia possibile concentrare tutto
sulla sentenza.
  PAOLO CABRAS. Nelle dichiarazioni dei pentiti ed in
altri atti processuali i riferimenti non sono soltanto ad
esponenti della democrazia cristiana e non riguardano solo
alcune circoscrizioni elettorali (mi riferisco, per esempio,
alla posizione dell'onorevole Gunnella e a quella di altri
uomini politici citati). Immaginare che lo scambio possa
ridursi soltanto alla vicenda del maxiprocesso, credo
significhi limitarsi a considerare un aspetto non certo
esaustivo degli interessi della mafia. Ritengo che
quest'ultima, infiltrandosi nella vita economica degli enti
locali e trovando collusioni con i politici, avesse un raggio
di interesse assai più vasto. Intendo dire che non è la
vicenda del maxiprocesso a far nascere la collusione
mafia-politica, altrimenti non si spiegherebbe il
coinvolgimento di uomini politici rappresentativi di modeste
realtà - a volte si è trattato di sindaci o di assessori - e
di esponenti locali (mi riferisco a Trapani, Caltanisetta e
Agrigento) appartenenti a partiti presenti nel governo locale
oltre che in quello nazionale.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Il riferimento al maxiprocesso è stato da me
sottolineato perché, per la prima volta - e per quello che
riguarda la mia personale esperienza di questi ultimi nove
anni è anche l'unica - vi sono stati uno o più collaboratori i
quali hanno identificato esattamente l'oggetto del patto di
scambio. Ripeto: costoro hanno identificato, a partire dal
1985 e quindi in tutta la seconda metà degli anni ottanta, in
questo obiettivo quello che Totò Riina, in particolare a nome
del gruppo dei cosiddetti corleonesi, perseguiva come
obiettivo prioritario.
   In ordine alle altre domande che sono state poste dal
senatore Cabras, non posso fornire una risposta precisa così
come ho fatto per l'omicidio Lima, perché possiamo logicamente
e - se mi consentite una considerazione a titolo personale -
fondatamente ritenere che gli effetti di ricaduta riguardino
anche altri aspetti della vita pubblica ed amministrativa;
però nessuno dei collaboratori con i quali ho avuto modo di
lavorare in questi anni ha mai fornito un'esatta
identificazione dell'oggetto dello scambio.
   Dobbiamo quindi fondatamente ritenere che la ricaduta non
possa che essere in termini di appalti, di favori. Non sono
però in grado di fornire elementi specifici in riferimento a
casi concreti. Si dice sempre, ed evidentemente ritengo che la
cosa sia abbastanza grave, anche se manca il riferimento ad un
fatto concreto: "Io, esponente di Cosa nostra, esponente di
una famiglia o di un mandamento di Cosa nostra, appoggiavo
quel tale uomo politico perché" - per dirla con Calderone
                         Pag. 221
 - "subito dopo potevo prenderlo per la collottola e fargli
fare quello che era necessario agli interessi della famiglia".
Tant'è che - e questo è un caso specifico - quando l'uomo
politico, dopo aver lucrato l'appoggio, avesse negato di aver
ricevuto quell'appoggio, lo si poteva anche pubblicamente
prendere a schiaffi ancorché si trattasse di un uomo politico
di non secondario livello e di rilievo nazionale.
  PRESIDENTE. Poiché poc'anzi il dottor Natoli ha
preannunciato alcune dichiarazioni riservate, da questo
momento i nostri lavori continuano in seduta segreta. Dispongo
la disattivazione del circuito audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta pubblica. Dispongo
l'attivazione del circuito televisivo interno.
   Invito i colleghi a porre quesiti specifici a cui i
magistrati possano fornire risposta.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Mi sia consentita una precisazione, signor
presidente.
   Poiché l'onorevole Cabras ha accennato all'onorevole
Gunnella, voglio precisare che nessuno dei collaboratori ai
quali faccio riferimento ha fatto il suo nome. Credo sia
chiaro che si tratta di altro collaboratore, per cui vorrei
limitarmi a rispondere in base alle mie conoscenze personali e
non a quelle del relato, che, in buona sostanza,
corrisponderebbero alle fonti di cui disponete voi.
  MASSIMO SCALIA. Prima di passare alle domande, mi sia
consentita una premessa, anche perché non so se potremo
continuare i nostri lavori in seduta pubblica.
   Sarei contrario alla sua ipotesi, signor presidente, se
ella intendesse formalizzarla, in quanto non ritengo opportuno
escludere dall'audizione odierna temi che la stampa ha posto
in grande rilievo. La motivazione della mia contrarietà è
molto semplice, nel senso che tali temi sono la spiegazione di
ciò che lei ha definito il sinallagma ed il dottor Natoli il
patto di scambio. Proprio perché molti si sono chiesti come
funzioni il patto di scambio e in che modo esso si articoli,
credo che si debbano rivolgere domande in merito ai
rappresentanti della procura di Palermo. La prego, pertanto,
di non formalizzare la sua ipotesi e di consentirmi...
  PRESIDENTE. Onorevole Scalia, mi sono permesso di
chiedere ai colleghi di non rivolgere domande a proposito di
un'altra questione, cioè quella relativa alle accuse nei
confronti di taluni magistrati, perché, a prescindere dal
fatto che non sappiamo se siano giuste o infondate, il fatto
che una Commissione parlamentare si occupi di tale materia
senza alcun elemento in suo possesso significherebbe compiere
operazioni di depistaggio e favorire accuse di cui non
conosciamo la fondatezza.
   Se in questa sede esaltassimo dati di cui non siamo a
conoscenza, e comunque in assenza degli elementi utili a
valutarne l'attendibilità, credo che non renderemmo un buon
servizio al nostro lavoro. Se i colleghi desiderano
intervenire su questa materia, potranno farlo dopo che la
Commissione avrà acquisito e valutato tutti gli elementi utili
ai fini della conoscenza.
   Ricordo che la seduta odierna è destinata ad approfondire
i rapporti tra mafia e politica.
  MASSIMO SCALIA. La mia intenzione non era assolutamente
di esprimere valutazioni o giudizi ma di acquisire
un'informazione diretta rispetto ad argomenti di cui si è
discusso.
   Premesso che devo basarmi su notizie stampa della cui
validità non posso essere certo, accolgo l'invito del
presidente e formulo anch'io le mie domande.
   Stando a quanto mi è stato confermato anche a Palermo,
sembra che nel
                         Pag. 222
febbraio-marzo 1991 alla procura di tale città sia stato
consegnato, da parte del ROS dei carabinieri, un rapporto di
circa 900 pagine che conteneva, con nomi e cognomi, una
ricostruzione assai precisa del patto di scambio. Vorrei
dunque sapere perché non sia stato dato seguito ad un rapporto
così documentato. Si dice addirittura - ma questo può
appartenere al mito - che, sulla base della conoscenza di tale
rapporto, a suo tempo lo stesso giudice Falcone ebbe a
riflettere e ad assumere decisioni.
   Più di recente, cioè nel maggio di quest'anno, al
sostituto procuratore di Catania, Felice Lima, si è rivolto
l'ex responsabile commerciale della Rizzani De Eccher in
Sicilia, e un rapporto dei ROS conferma sostanzialmente le
dichiarazioni rese da persona facente parte di un patto di
coté industriale. Circa il modo in cui veniva realizzata
la distribuzione, vengono citati dalla stampa fatti e luoghi
precisi (comuni di Trecastagni e di Giarre), vengono definite
assai bene le percentuali e le modalità. Che ciò sia accaduto
non mi stupisce, perché corrisponde esattamente - se mi è
consentita l'osservazione - ad un modo di fare che, anche
senza l'intervento della mafia, è già stato praticato da un ex
ministro, il quale proprio per questo ha ricevuto una
comunicazione giudiziaria.
   Non voglio formulare giudizi su tali episodi, ma devo
rilevare che, nonostante il sostituto procuratore di Catania
fosse dell'avviso di inviare avvisi di garanzia e
comunicazioni giudiziarie, il capo del suo ufficio ha inviato
gli atti a Palermo, ritenendo che essi fossero di competenza
della procura di tale città. Abbiamo avuto notizia della dura
presa di posizione dei magistrati ma devo dire che mi ha
stupito il fatto che essa sia avvenuta poche ore dopo la
trasmissione di quel rapporto e non in sintonia con la
valutazione di un altro magistrato, cioè quello di Catania, il
quale riteneva, invece, che sussistessero motivi di urgenza
per procedere all'invio di comunicazioni giudiziarie.
   Gradirei una risposta anche su tale vicenda.
  PRESIDENTE. In merito alla domanda dell'onorevole
Scalia, credo che i magistrati nostri ospiti possano limitarsi
a rispondere al punto relativo all'esito del rapporto dei ROS
sulla questione degli appalti.
  MASSIMO SCALIA. Sì, ma vi sono due momenti diversi
oggetto di due rapporti.
  ALTERO MATTEOLI. Nell'ordinanza di custodia cautelare
che lei, signor procuratore, ha sintetizzato vi è una pagina
in cui è ben descritta la corsa a costituirsi avvenuta prima
dell'omicidio Lima. In particolare, si legge che non si era
mai verificato un fatto del genere, per cui gradirei un
chiarimento ulteriore su questo aspetto.
   Sempre nell'ordinanza, come lei ha ricordato, si dice che
i mafiosi si rivolgevano, appoggiandoli, ai partiti della
democrazia cristiana e socialista, convinti che potessero
essere utili in qualche modo, mentre escludevano da qualunque
appoggio il partito comunista ed il movimento sociale
italiano. Ma c'è un altro piccolo partito coinvolto che non è
della maggioranza, quello radicale, di cui nell'ordinanza si
dice che è uno dei partiti "appoggiati". Come dicevo, il
partito radicale non fa parte della maggioranza e, quindi, il
potere di cui dispone è proporzionale alla forza; risulta
pertanto indebolita la tesi - forse questa domanda potrebbe
rivolgerla il collega Taradash - in base alla quale si
appoggia un partito in quanto garantista. Vorrei sapere se vi
siano ulteriori elementi per chiarire se tale partito poteva
avere un ritorno in sede centrale.
  VINCENZO SCOTTI. La prima delle quattro domande che
desidero rivolgere fa riferimento all'omicidio Lima e alle
indagini in corso: qual è l'accertamento compiuto ed ancora in
corso relativo alle prestazioni dell'onorevole Lima nei
confronti delle famiglie mafiose? L'ordinanza
                         Pag. 223
 fa riferimento essenzialmente al maxiprocesso e a quello che
è avvenuto ma vorrei sapere se siano emerse altre questioni
durante le indagini riguardanti appalti ed altri tipi di
prestazioni. Sono emersi altri elementi dello "scambio" in
riferimento all'onorevole Lima?
   La seconda domanda si aggancia a quell'abbattimento di
credibilità e onorabilità attuato nei confronti del giudice
Falcone. Vorrei sapere se al riguardo siano stati individuati
nuovi elementi.
   Per la terza domanda faccio riferimento a pagina 37
dell'ordinanza, laddove, a proposito della richiesta di
applicazione di misure cautelari da parte dei quattro PM, si
dice: "Il Marchese ha poi aggiunto una notizia di estremo
interesse per la comprensione dell'attuale strategia dei
corleonesi, solo apparentemente incuranti delle conseguenze
delle loro azioni". A pagina 38, inoltre, si legge: "E che
tale ragionamento del Madonia non fosse per nulla illogico fra
il giugno ed il luglio 1992 può desumersi dal fatto che,
proprio in quel periodo, pur dopo la strage di Capaci, negli
ambienti parlamentari, forensi e perfino giudiziari, nonché
nei mezzi di informazione, si andava ricreando un clima
favorevole ad una revisione del cosiddetto decreto Martelli
dell'8 giugno 1992, volta a snaturarne l'efficacia e
l'originario rigore".
   Poiché si tratta di due affermazioni precise - "estremo
interesse" e "attuale strategia" - vorrei sapere se vi siano
ulteriori elementi di approfondimento. D'altra parte, dottor
Natoli, lei stesso ha sottolineato che è la prima volta che un
corleonese parla e pone tali questioni.
   La quarta domanda riguarda ancora l'omicidio Lima, anche
se nell'ordinanza gli omicidi successivi, fino a quelli di
Salvo, Falcone e Borsellino vengono inseriti in un'unica
strategia, sia pure articolata e diversificata, come lei
stesso ha dichiarato prima. Vorrei sapere se dalle indagini
attualmente in corso risultino ulteriori elementi relativi al
punto centrale del rapporto tra mafia e politica, al fine di
comprendere i termini effettivi dello scambio e, quindi, della
possibilità di toccare la strategia in corso ed il perverso
rapporto instaurato ed instaurabile.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Desidero innanzitutto rivolgere
un saluto ed un ringraziamento ai magistrati Spallitta e
Natoli per l'importante contributo da loro offerto alla
Commissione antimafia al fine di comprendere il rapporto tra
mafia e politica.
   Credo di aver letto che Lima sarebbe stato ucciso per il
fatto di non aver onorato l'impegno che aveva assunto nei
confronti di Cosa nostra, nel senso di incidere sull'esito del
processo. Tale affermazione mi spinge a rivolgerle due
domande, la prima delle quali è la seguente: dobbiamo ritenere
che Lima prima del maxiprocesso avesse avuto un ruolo
importante sull'esito di altri processi che si erano svolti
precedentemente? Da ciò si deduce che praticamente Lima fino a
quel momento aveva onorato gli impegni con Cosa nostra nel
senso di influire, a certi livelli, sulla magistratura per
determinare il dissolvimento e la disgregazione dei processi.
   Il secondo quesito nasce dal fatto che Totò Riina avrebbe
incaricato alcuni emissari di pagare ingenti somme di denaro a
Roma per ottenere un buon risultato. Non si è capito se tale
azione integrasse quella svolta da Lima o si muovesse nella
stessa direzione. Se è possibile avere una risposta senza
violare il segreto istruttorio e senza influire sul buon esito
delle indagini, sarebbe opportuno chiarire questo aspetto e,
soprattutto, se una parte della magistratura abbia avuto un
ruolo sull'esito dei processi che hanno preceduto il
maxiprocesso ed anche su quest'ultimo.
  VITO RIGGIO. Nel confermare le domande dell'onorevole
Scotti, insisto su una in particolare. Avete parlato di Lima
come di un referente politico-giudiziario. Nel passaggio dalla
vecchia alla nuova cupola, il referente rimane lo stesso? Come
si evince dagli incontri con Bontade, con Buscetta ed altri,
il referente ha
                         Pag. 224
avuto un rapporto con la mafia che abbiamo sempre considerato
perdente. Però Riina dice ai suoi, che lo ripetono - la
testimonianza di Marchese è in questo senso -, che ci si
rivolge sempre alla stessa persona. Vi sono elementi che
facciano pensare che in realtà, oltre all'onorevole Lima, che
secondo queste dichiarazioni era stato punto di riferimento
della mafia perdente, vi possa essere un cambiamento, con la
ricerca di referenti diversi?
   Sono convinto che, come voi sostenete, stia continuando
una strategia di resistenza in risposta agli interventi
legislativi e governativi compiuti negli ultimi anni. Come si
inserisce in questa strategia - questo ragionamento lo ha
citato il dottor Natoli e lo ha ripreso l'onorevole Scotti -
il discredito di Falcone? Cosa vuol dire e come si pensa che
si potesse esercitare, in che modo e in quale direzione, tale
discredito?
  ALFREDO GALASSO. Vorrei fare alcune domande che, nella
mia intenzione, rappresentano punti all'ordine del giorno di
una discussione, diciamo anche di un confronto e di una
collaborazione, che credo parta qui ma non possa esaurirsi
qui. Manifesto, ma senza ombra di polemica - è un dato di
fatto - tutta la mia insoddisfazione per il fatto di trattare
una materia così delicata e complessa con i magistrati che ne
sono protagonisti, e anche con tanti parlamentari che ne sono
protagonisti, nell'ambito di una serie di domande da mettere
insieme e di risposte senza interlocuzione. Poiché la mia non
è una polemica ma soltanto una constatazione, considero queste
domande come punti all'ordine del giorno di un rapporto che
ritengo debba avviarsi in maniera corretta, ciascuno
nell'ambito delle proprie competenze, tra Commissione e
magistratura, e particolarmente la procura distrettuale di
Palermo.
   La mia prima domanda è una richiesta che avevo già
formulato precedentemente in Commissione, e che ripeto:
abbiamo ricevuto dalla procura di Palermo i verbali di alcuni
interrogatori dei pentiti Mutolo, Marchese, Messina e Spatola,
carichi di omissis che rendono estremamente difficoltosa
la lettura e la comprensione. Chiedo se sia possibile avere la
copia integrale ed eventualmente perché gli omissis
siano stati mantenuti. Anche perché - ed è la seconda domanda
che pongo - in alcuni passaggi, in particolare in uno di
Mutolo, vi è un'esplicita riserva di riferimenti a fatti e
personaggi che attengono al rapporto tra Cosa nostra e la
politica; è possibile presumere siano negli omissis
successivi ma è anche possibile che Mutolo si sia riservato di
parlarne successivamente. Questo non è tema di poco conto
perché il dottor Spallitta e il dottor Natoli sanno bene qual
è l'argomento dell'inchiesta che stiamo trattando in questo
momento.
   L'insieme degli atti giudiziari mi dà la sensazione che si
sia concentrata su Lima ucciso, quasi una sorta di capro
espiatorio, una storia che è lunga, complessa e che ha molti
altri personaggi. Siccome qui non ci interessa la rilevanza
penale bensì la conoscenza dei fatti, delle trame e delle
relazioni, è del tutto evidente che, al di là degli stessi
nomi formulati e ricorrenti nella richiesta e nell'ordinanza,
vi sono altri referenti. Quali sono, oltre a Lima? Il che
significa quali altre trame e quali altri fatti a prescindere
dal maxiprocesso, su cui rivolgerò una domanda specifica.
   Riprendendo le cose che diceva il collega Riggio, questo
significa anche porsi un problema. In un passaggio
significativo degli interrogatori di Marchese si dice:
reazione dello Stato di fronte all'omicidio di Salvo Lima?
 Non ricordo esattamente la risposta ma il senso era
senz'altro questo: siamo abituati a costituirci comunque una
solida base politica.
   Peraltro, credo che molti di noi ricorderanno che allorché
Liggio decise di lasciare la campagna e di aggredire la città
con la speculazione urbanistica, uccise, anche per ragioni di
vendetta, Navarra ma in quel momento aveva già Ciancimino come
referente politico. Dunque, considerato che non si tratta di
episodi isolati, credo si debba conoscere
                         Pag. 225
se si sia definitivamente concluso il capitolo dei rapporti
tra mafia e politica, e da questo punto di vista può essere
importante il problema dei nomi e dei cognomi ma lo è di più
comprendere in che direzione si sta andando.
   Vorrei adesso richiamare l'attenzione su un altro punto di
natura giudiziaria, il quale ha sì un peso politico ma
soprattutto istituzionale: poiché le rivelazioni in corso,
quindi non ancora compiute, incidono sui processi in atto che
sono giunti persino in dibattimento, credo sia giusto che in
merito ai medesimi la procura distrettuale ci faccia conoscere
la sua strategia. Mattarella-bis, Mattarella-ter?
Riaprire l'istruttoria? E in caso affermativo in che termini?
Sono elementi di non poco conto quelli che stanno emergendo,
alcuni a conferma, altri a rettifica, altri ancora in
contrapposizione. Lo stesso maxiprocesso sarà riaperto, è già
in atto il processo Mattarella-Reina-La Torre, nonché il
processo contro uno degli autori materiali dell'assassinio del
colonnello Russo. Vi sono, dunque, problemi di non poco conto,
i quali attengono proprio al funzionamento corrotto della
macchina della giustizia e della macchina processuale in
particolare.
    Un argomento che considero centrale ai fini del nostro
lavoro è quello relativo alla strategia. Il dottor Natoli ha
lanciato un avvertimento con parole cariche d'allarme, che
voglio rimarcare fortemente, e che in quest'aula sono suonate
in modo molto pesante, allorché ha sottolineato l'evoluzione
della strategia militare di Cosa nostra, la quale è passata
dall'omicidio puntuale alla strage, dalla strage all'omicidio
puntuale. Ciò è verissimo perché la diversità delle modalità
di esecuzione dei delitti è un messaggio che Cosa nostra ha
indirizzato negli anni. A me sembra di comprendere che oggi
questa strategia militare si estrinsechi in un'operazione, che
definirei di annientamento o di sterminio, conseguente agli
esiti del maxiprocesso. Vorrei essere certo di questo, vorrei
essere certo del fatto che ci si sta attrezzando compiutamente
in questa direzione, per evitare, come altre volte è accaduto,
di trovarci del tutto sprovveduti e a dover poi piangere
lacrime e sangue.
   Ma oltre ad interrogarmi sulla strategia militare di Totò
Riina, di chi comunque dirige Cosa nostra o di schegge
impazzite - e non per questo meno pericolose -, mi chiedo
anche se oggi vi siano elementi per individuare una strategia
politica di Cosa nostra. Infatti, un conto è chiudere - anche
in maniera sanguinaria, si dice - la partita apertasi con il
maxiprocesso, un altro è conoscere la strategia politica di
Cosa nostra...
  LUIGI ROSSI. La domanda, per fa-vore!
  ALFREDO GALASSO. E' questa la domanda, onorevole Rossi.
Stiamo parlando di cose piuttosto complicate, non possiamo
cavarcela con una battuta!
   Mi stavo chiedendo se vi siano elementi per individuare
l'attuale strategia politica di Cosa nostra, per comprendere
in che contesto si inserisca, anche perché credo siano ovvi i
collegamenti di tale questione con un certo tipo di forze
politiche o di esponenti politici di oggi.
   Comprendo le preoccupazioni del presidente ma in questo
momento non posso non farmi carico delle preoccupazioni
dell'opinione pubblica, che in qualche modo rappresentiamo.
Chiedo che già in questa sede sia fatta chiarezza, chiedo che
nei limiti in cui il segreto istruttorio ce lo consente,
qualche zona di opacità scompaia: mi riferisco alla vicenda
degli appalti, già richiamata dal collega Scalia, e alla
necessità di conoscere lo stato degli atti, in quanto è
doveroso eliminare tutti i possibili polveroni.
  MARCO TARADASH. Rispetto all'impostazione complessiva
dell'ordinanza, che fa perno sulla figura di Salvo Lima, prima
di formulare una domanda vorrei esprimere una valutazione.
   Nel mondo politico, l'uccisione di Lima per i mancati
servizi resi credo che oggi terrorizzi i nuovi referenti della
mafia. Ciò che vorremmo capire è se vi
                         Pag. 226
sia o meno un'idea a proposito dei nuovi referenti politici,
perché la storia di Salvo Lima è interessante ma si rischia di
relegarla all'archeologia della mafia, se non ci si chiede per
quale motivo non sia stato mai inquisito, considerato che da
trent'anni a questa parte tutti sostenevano che fosse il
referente della mafia. Oggi, in un momento in cui vi è grande
disordine sia sotto il cielo politico sia sotto quello
mafioso, Lima diviene il punto di riferimento di tutti gli
intrighi perpetrati. Francamente, per me questo modo di
ragionare non è soddisfacente.
   Vi chiedo quindi se riteniate o meno che al posto di Lima
vi sia qualcun altro. Vorrei sapere se vi siano indagini in
questo senso e se le parole dei pentiti in merito a tali
vicende non debbano essere valutate con un certo sospetto,
contrariamente a quanto è scritto nell'ordinanza, dove sono
espressi grandi elogi nei confronti dei collaboratori della
giustizia finalmente schieratisi dalla parte dello Stato
democratico. Eppure, l'unico servizio concreto che essi hanno
reso è stato quello di formulare accuse, neanche
circostanziate, in merito all'operato di Salvo Lima. Sono
preoccupato di ciò che è stato detto, e cioè che mancano fatti
concreti rispetto allo scambio tra mafia e politica. Mi rende
perplesso il fatto che non vi sia nessun riferimento, né sugli
appalti né su una legge proibizionista, che può favorire il
mercato mafioso della droga.
   Un altro aspetto che credo debba essere evidenziato è
relativo al problema dello scambio tra magistratura e mafia.
Anche senza considerare il versante di Catania - che pure
dovremo valutare - nella stessa ordinanza si sottolineano le
aspettative dei mafiosi sia dalla corte d'appello sia dalla
Cassazione. La domanda che rivolgo è la seguente: è stata
aperta una procedura d'inchiesta dinanzi al Consiglio
superiore della magistratura o in altra sede rispetto al
funzionamento della corte d'Appello di Palermo, all'eventuale
inquinamento mafioso all'interno della magistratura
palermitana a seguito delle precise o imprecise accuse dei
pentiti? Emerge sempre un solo nome, quello del giudice
Carnevale!
   Dalla stessa ordinanza, ciò che non si riesce a
comprendere bene è se da Carnevale i mafiosi si attendessero
l'assoluzione in quanto la sua dottrina giuridica portava a
ritenere necessario per la condanna anche un riscontro
materiale; la I sezione ha invece sostenuto che tale riscontro
non era necessario, che a determinare la condanna era
sufficiente l'accusa del pentito, se attendibile, e che per
individuare responsabilità collettive erano sufficienti la
visione del quadro complessivo della cupola e del controllo
territoriale. Si tratta di una dottrina giuridica che
personalmente considero gravissima, non soltanto rispetto alle
libertà individuali ma anche rispetto alla comprensione del
fenomeno mafioso. Comunque, dal momento che Carnevale viene
individuato come il referente, mi chiedo se tra lui e la
"terra ferma" vi sia qualcos'altro, così come mi chiedo se nel
mondo della politica tra Lima e la "terra ferma" non vi sia
assolutamente nulla nelle inchieste e nelle denunce dei
collaboratori.
   Il dottor Natoli ha sottolineato le profonde modificazioni
portate da Riina all'interno della struttura mafiosa, per cui
da una democrazia - è questo il termine che ha usato, e che
personalmente non considero appropriato - si è passati alla
oligarchia ed alla dittatura. Il fatto che quest'ultima
esista, comunque, non pone in discussione le valutazioni sulla
corresponsabilità di tutti i membri della cupola e dei capi
mandamento rispetto a certe decisioni, scelte ed omicidi,
tant'è che addirittura si sostiene che anche se non vi era un
accordo preventivo la mancanza di successivi dissensi e di
guerre mafiose può considerarsi un elemento di prova del
consenso stesso. Ma poichè sappiamo che la dittatura esclude
il consenso, vorrei comprendere meglio le affermazioni del
dottor Natoli.
   Ho letto un'affermazione del giudice Caponnetto, il quale
sostiene che un pa-store come Riina non può essere il capo di
Cosa nostra. Anche in merito a tale
                         Pag. 227
affermazione desidererei una valutazione da parte dei dottori
Spallitta e Natoli.
   Per quanto riguarda le elezioni del 1987, ritengo che il
collega Matteoli non abbia letto bene l'ordinanza, in quanto
in essa non è detto che i mafiosi cercavano nuovi referenti
politici in partiti diversi dalla democrazia cristiana ma
soltanto che quest'ultima fungeva da referente. E' per dare un
segnale alla democrazia cristiana che il voto si sposta in un
primo momento sul partito socialista e sul partito radicale,
ma a proposito di quest'ultimo sembra - stando alle
affermazioni di un pentito - che Liggio dica di no, perché
Marco Pannella è considerato personaggio troppo volubile, per
cui non vale la pena dargli voti.
  LUIGI ROSSI. Dico subito che sarò particolarmente breve,
anche se, oltre alle mie, dovrò formulare le domande del
senatore Boso, il mio collega di partito che ha dovuto
assentarsi dall'aula.
   Poiché in questa sede si è parlato di cupola, tenuto conto
delle elezioni in corso a Reggio Calabria ed in altre zone del
sud, desidero sapere se esista un'intesa tra la cupola
siciliana e, per esempio, la Sacra corona unita, la
'ndrangheta, eccetera.   Passando alla seconda domanda, leggo
a proposito del maxiprocesso: "Il Madonia Giuseppe, infatti,
proprio parlando dell'omicidio Lima e, in generale, dei
delitti molto eclatanti, gli aveva spiegato che "loro" (i
Madonia ed il Riina) non nutrivano eccessive preoccupazioni
sulle conseguenti reazioni dello Stato, poiché in questi casi
curavano prima di assicurarsi una "base forte" a livello di
politici, intendendo così fare riferimento ad appoggi poltici
che potessero "metterli al riparo" dalle possibili
conseguenze".
   Chiedo pertanto (è una domanda di carattere generale):
esistono eventuali connessioni - chiamiamoli patti di scambio
- anche con alcuni magistrati? In secondo luogo: in quali
ambienti si sarebbero svolte, per fare luce sullo stato
attuale dei rapporti mafia-politica-affari esistenti
specialmente in Sicilia? Continua questo approfondimento
oppure ci si ferma fino a questo punto, pur dando ai pentiti
la possibilità di continuare a parlare?
   Infine: poiché si è parlato di referenti politici, è
possibile che ve ne siano stati alcuni in Sicilia che,
attraverso la mafia, abbiano determinato anche il delitto
Dalla Chiesa?
  PIETRO FOLENA. Vorrei porre anzitutto la seguente
domanda: sulla base del quadro fornito dai nuovi
collaboratori, siete in grado di esprimere un giudizio più
compiuto sul ruolo delle cosiddette "stidde" e degli
"stiddari"? Siamo già di fronte ad una organizzazione, come
qualcuno ha ventilato, che forse può arrivare a contrapporsi
all'organizzazione di Cosa nostra?
   A proposito del ruolo dei cugini Salvo - mi pare sia stato
affermato che erano membri dell'organizzazione di Cosa nostra
-, essi intervengono (la notizia è riportata anche
nell'ordinanza) per sollecitare la nomina di Flenda a
direttore del Banco di Sicilia. Non si può configurare -
vorrei conoscere il vostro giudizio su questo punto - accanto
all'interesse di Cosa nostra intorno al rapporto con gli
ambienti politici, in modo particolare con quelli vicini
all'onorevole Salvo Lima, un interesse diretto rispetto al
mondo bancario, finanziario e degli appalti?
   In merito ai delitti politici, è in corso il processo per
quelli di Reina, Mattarella e La Torre e già la parte civile
del PDS ha chiesto l'acquisizione degli elementi nuovi che
risultano dalle rivelazioni di questi collaboratori. Sarei
tuttavia interessato a conoscere il vostro giudizio rispetto
alla requisitoria sulla cui base si è andati a questo
dibattimento; vorrei sapere se rispetto agli elementi
tracciati allora - circa un anno fa - siete in grado di
disegnare un quadro di riferimento più largo e più stringente,
anche relativamente al ruolo di alcuni mediatori politici.
   E' stato ucciso l'onorevole Salvo Lima. Si fa riferimento
agli ambienti politici, alla corrente - diciamo così - che si
                         Pag. 228
collega all'onorevole Lima. Siete in grado di escludere che
già nel corso degli ultimi anni e poi con l'uccisione di Lima
Cosa nostra sia andata alla ricerca o abbia già trovato nuovi
referenti politici nello stesso o in altri partiti?
   Avete rivisto le dichiarazioni dei collaboratori Spatola e
Filippello? Spatola, tra l'altro, è uno di quelli che vengono
considerati attendibili; credo che il dottor Borsellino lo
considerasse particolarmente attendibile. Nell'estate
dell'anno scorso furono rese dichiarazioni, a partire dalle
quali sorsero anche polemiche interne alla magistratura
trapanese, che chiamavano in causa alcuni uomini politici
siciliani (Gunnella, Mannino, Reina e Pizzo), di cui si occupò
la procura distrettuale.
   Rispetto al rapporto tra Cosa nostra e l'onorevole Lima in
funzione (come dice il pentito Messina ad un certo punto in
modo esplicito) di garante, non si può immaginare che questa
funzione di garanzia per quello che riguarda aspetti di
politica nazionale potesse essere svolta senza ulteriori
passaggi e rapporti tra l'onorevole Lima e i suoi referenti
nazionali. Siete in grado di segnalare da questo punto di
vista elementi che permettano di dire che questo rapporto non
si verificava solo in Sicilia, ma aveva anche una ricaduta
nella politica nazionale? Mi riferisco in particolar modo al
ruolo che la corrente cui si collegava l'onorevole Lima, che
fa capo al senatore Giulio Andreotti, può avere svolto.
   Durante il dibattimento in corso sui delitti politici si è
tornati a discutere di alcuni aspetti relativi a settori dei
servizi segreti. E' stato sentito l'ammiraglio Martini, che ha
ammesso l'esistenza dal 1986 di una sezione siciliana di
Gladio; non solo, ha anche ammesso che dal 1976 l'onorevole
Pio La Torre non fu più seguito così come era avvenuto nella
fase precedente, ma passò ad un ufficio riservato, organo
occulto che ne controllava fino al momento del suo assassinio,
i movimenti, gli spostamenti, le azioni.
   Vorrei domandare se in rapporto a questi fatti e anche a
quanto ha avuto modo di dire la famiglia Mattarella e la
vedova Irma Chiazzese su una certa reticenza nella deposizione
dell'allora ministro dell'interno onorevole Rognoni, e in base
agli elementi che avete raccolto fino a questo punto vi sia
possibile prospettare in qualche forma anche coinvolgimenti di
settori deviati o di persone che possono essere state legate
ai servizi. Si è letto in proposito a più riprese sulla stampa
- è stato anche detto alla televisione - che l'ex
sindaco di Palermo Insalaco, poi assassinato, sarebbe stato
membro di questa Gladio siciliana o dei servizi; l'altro
giorno, se non erro, il pentito Calderone ha affermato che
l'ex sindaco Insalaco era stato eletto con voti mafiosi.
   Siete in grado di dire qualcosa di più sui livelli
medio-bassi del rapporto mafia-politica? I collaboratori hanno
disegnato un quadro (evidentemente, siamo qui attorno alla
vicenda dell'omicidio dell'onorevole Lima); altre inchieste
sono in corso, ma per quanto riguarda alcune province sarei
interessato a conoscere il vostro giudizio sul grado di
diffusione del rapporto mafia-politica. Mi riferisco in
particolar modo alla provincia di Caltanissetta perché mi
risulta che il pentito Messina abbia fornito...
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Su Caltanissetta non siamo informati.
  PIETRO FOLENA. Non chiedo elementi specifici, ma
desidero conoscere il quadro.
   Vorrei conoscere il vostro giudizio sul merito dello
scritto anonimo che circolò a Palermo nelle prime settimane
successive alla strage di Capaci. Non mi riferisco al lato
dell'inchiesta che so essere stata aperta: mi interessa un
giudizio sul merito, sul quadro che disegnava tale anonimo.
   In ordine alla massoneria, siamo di fronte proprio in
questi giorni a nuove inchieste piuttosto rilevanti che
coinvolgono le logge massoniche. I giornali sono
                         Pag. 229
tornati a parlare della loggia di via Roma - tra l'altro,
questo era uno degli argomenti dell'anonimo - e del ruolo di
Pino Mandalari. Vorrei sapere se esistano al riguardo
accertamenti specifici e se esista da parte vostra un
riferimento al rapporto mafia-massoneria e non solo
mafia-politica-affari.
  PRESIDENTE. Poiché le domande poste e le questioni
sollevate sono moltissime e di grande rilievo, faccio presente
ai magistrati Spallitta e Natoli che è loro facoltà riservarsi
di completare per iscritto le risposte.
  ACHILLE CUTRERA. Vorrei domandare se da quanto è stato
accertato e valutato fino ad ora appaiano elementi che portano
a rapporti di Cosa nostra con la 'ndrangheta calabrese a
proposito del delitto Scopelliti. La mia domanda fa espresso
riferimento a quel cenno da voi fatto alla magistratura.
   Il procuratore Spallitta ha distinto fra i partiti di
Governo presenti a Catania e la democrazia cristiana presente
a Palermo; desidero avere ulteriori chiarimenti al riguardo,
più specificatamente sui singoli candidati che partecipano
alle competizioni regionali e nazionali.
  GIROLAMO TRIPODI. La prima domanda che intendo rivolgere
riguarda il problema posto dalle rivelazioni dei pentiti a
proposito della garanzia dell'impunità per i mafiosi; in
particolare da quelle sull'azione di neutralizzazione della
corte d'appello di Palermo condotta nei confronti della prima
sezione della Corte di cassazione presieduta dal giudice
Carnevale il quale, come è noto, nel corso degli ultimi anni
ha annullato decine di sentenze di condanna nei confronti di
cosche mafiose, di appartenenti alla 'ndrangheta e alla
camorra. Si dice che Lima sia stato il garante anche
attraverso i suoi rapporti con il suo capocorrente Andreotti,
uomo politico che ha sempre fatto parte dei Governi sia nella
veste di Presidente del consiglio sia in quella di ministro.
Vi sono elementi più precisi per delineare eventuali
responsabilità?
   La seconda domanda riguarda la corte d'appello di Palermo.
Vorrei sapere a chi vadano attribuite le dichiarazioni secondo
cui le parole dei pentiti neutralizzavano l'impegno della
magistratura.
   Vorrei conoscere ulteriori elementi sui rapporti con la
'ndrangheta. Alcuni pentiti hanno confermato le dichiarazioni
di esponenti mafiosi della provincia di Reggio Calabria sul
fatto che essi avevano tutti i mezzi per influire sulla Corte
di cassazione per ottenere gli stessi risultati raggiunti
dagli affiliati a Cosa nostra di Palermo. Fra i pentiti non è
stato nominato un certo Marasco di Rosarno, che proprio in
questi giorni è al centro di un processo che si sta svolgendo
a Palmi contro alcune cosche della piana di Gioia Tauro.
   Si è detto che nel 1987 i voti sono stati dirottati -
attraverso una decisione assai inquietante assunta nel carcere
dell'Ucciardone - dal partito della democrazia cristiana, che
in quel momento dimostrava titubanza nel suo tradizionale
impegno di protezione della mafia, verso il partito radicale.
Avete potuto riscontrare se tale "dirottamento" di voti si sia
realmente verificato?
   Infine, l'ultimo quesito riguarda i rapporti tra Cosa
nostra e massoneria.
  CARLO D'AMATO. Poiché molti dei colleghi che mi hanno
preceduto hanno rivolto gli stessi quesiti che io avrei posto,
desidero porre una domanda sulla questione dei pentiti, in
particolare sulla loro attendibilità sia dal punto di vista
personale sia in rapporto alle leggi fissate in materia.
L'ordinanza trasmessa alla Commissione contiene, da una parte,
valutazioni sui riscontri effettuati dai magistrati circa
l'attendibilità dei pentiti e, dall'altra, i criteri posti
alla base della sentenza della Corte di cassazione.
   Non sono un esperto di mafia ma da più parti ho raccolto
voci circa l'inattendibilità di uno di questi pentiti, Rosario
Spatola, il quale nell'ordinanza viene invece ritenuto
credibile e che per alcuni
                         Pag. 230
aspetti viene definito un infiltrato della polizia. A costui
vengono anche attribuite talune considerazioni che non sono
obiettivamente oggetto di riscontro. Mi risulta fra l'altro
che persone nominate da Spatola siano nella condizione di
dimostrare in maniera chiara l'inattendibilità delle sue
dichiarazioni. Tutto ciò avrebbe richiesto da parte della
magistratura una verifica maggiore perché se giustamente vi è
un certo riserbo in merito ai rapporti tra i magistrati di
Palermo e di Catania, lo stesso riserbo dovrebbe valere quando
si definiscono fondate ed attendibili le dichiarazioni di
pentiti che espongono una serie di uomini politici.
   Il dottor Natoli non si è esentato dal fare una serie di
valutazioni di ordine personale, che poi sono l'oggetto dei
lavori di questa Commissione, sugli aspetti non strettamente
giudiziari dei rapporti tra mafia e politica. In particolare,
egli ha detto che in base alla sua esperienza il fenomeno
mafioso oggi si è evoluto perché, conclusasi, con l'uccisione
di Lima, una certa fase di riferimento ufficiale,
evidentemente sono saltati tutti gli equilibri. Ciò non è
ipotizzabile, a meno che non si tratti di altre strategie.
Ripeto che mi riferisco alla sua esperienza e vorrei un suo
giudizio personale, se ritiene di esprimerlo.
   Occorre tenere conto anche di un altro dato contenuto
nell'ordinanza di cui ci stiamo occupando e che rappresenta un
aspetto assai preoccupante; mi riferisco ai rapporti con la
magistratura, perché i rapporti erano trilaterali: partiti,
Cosa nostra e un punto di riferimento finale, cioè la
magistratura. Nelle dichiarazioni di Marchese si rileva che vi
erano due livelli di interventi, uno di secondo grado,
probabilmente la Corte d'appello di Palermo, e poi quello
della Cassazione. A questo riguardo, il procuratore Spallitta
ha usato un termine obiettivo, parlando dell'"eccessivo
formalismo" che poteva essere la garanzia di uno
stravolgimento di una sentenza. Se questo fosse stato, che
tipo di mediazione doveva avere Lima con la magistratura? Se
quella era la cultura giuridica che ispirava l'azione di un
magistrato, che uniformava la sua azione in una disamina
obiettiva dei vari passaggi procedurali per arrivare
all'annullamento delle sentenze, che bisogno c'era di Lima?
Carnevale, obiettivamente, è il punto di riferimento, almeno
stando ai dati che emergono, alla storia delle decisioni
assunte dalla Corte di cassazione ed anche ad un'indicazione
precisa sullo stralcio di un processo annullato dalla
Cassazione. E' un teorema abbastanza preciso, e in questo
quadro evidentemente emergono indagini anche a carico di
Carnevale. E' un fatto talmente evidente che non può essere
sottolineato soltanto come un dato appartenente ad una cultura
formalistica: si fa infatti riferimento ad una serie di
atteggiamenti e di decisioni addirittura anticipatori del
disegno criminoso di cui Carnevale sarebbe stato il
protagonista. Nel momento in cui si afferma che lo stralcio di
un processo dimostra che questo sarebbe avvenuto se Carnevale
non fosse stato rimosso, credo che una nostra conoscenza
approfondita della questione debba essere definita.
  MASSIMO BRUTTI. Vorrei che fosse chiarito, in base alle
attuali conoscenze, quali sono state e quali sono le concrete
modalità del sostegno di Cosa nostra prima alla democrazia
cristiana, poi al PSI, a entrambi o ad altri partiti. Nella
sentenza di primo grado del maxiprocesso è contenuto un
calcolo approssimativo in base alle dichiarazioni dei pentiti,
e cioè che Cosa nostra fosse in grado di controllare, nella
provincia di Palermo, circa 180 mila voti. Calderone ha
parlato della famiglia di Santa Maria del Gesù che ha 200
affiliati, ciascuno dei quali controlla 40 o 50 voti. Chiedo
quali siano i dati attuali e attraverso quali modalità i voti
siano controllati. Esistono comitati elettorali di cui fanno
parte uomini politici e mafiosi? Vale soltanto
l'intimidazione? Ci sono capi quartiere che gestiscono
pacchetti di voti e si fanno pagare? Vorrei sapere come
funzionano in concreto questi rapporti.
                         Pag. 231
   Vorrei anche sapere se la procura della Repubblica di
Palermo abbia dato seguito a due rapporti della Guardia di
finanza del 1983 che segnalavano l'onorevole Salvo Lima come
persona coinvolta in un traffico internazionale clandestino di
armi. Di questi rapporti si dava menzione già in una sentenza
di primo grado della corte d'assise di Caltanissetta per
l'omicidio del giudice Ciaccio Montalto.
   Vorrei inoltre sapere, sulla base delle dichiarazioni dei
collaboratori della giustizia, quali elementi vi siano, o se
ve ne siano di ulteriori, a carico di singoli uomini politici
menzionati in quelle deposizioni. Mi riferisco all'onorevole
Mario D'Acquisto, all'ex deputato Egidio Alagna, attualmente
segretario particolare del ministro della difesa Salvo Andò, e
ad un collega eletto senatore nelle liste del partito
socialista e il cui nome sarebbe menzionato da Rosario
Spatola, cui faceva riferimento poco fa il collega D'Amato.
Fra gli uomini politici citati ve ne è uno che ha avuto
disavventure giudiziarie già in passato e che è uscito dalla
democrazia cristiana. Mi riferisco a Di Fresco: vorrei sapere
quale sia la sua posizione attuale anche sotto il profilo
giudiziario.
   Vorrei porre ai magistrati di Palermo una domanda sulla
struttura e sul modus operandi dell'organizzazione Cosa
nostra. Sono stato colpito da due elementi che emergono dalle
deposizioni richiamate anche nella richiesta di rinvio a
giudizio. A pagina 103 della motivazione di richiesta di
rinvio a giudizio si dice che i cugini Salvo di Salemi, oltre
ad essere uomini d'onore, si trovavano in una collocazione
particolare all'interno dell'organizzazione Cosa nostra poiché
il loro vincolo di affiliazione era particolarmente riservato.
Il fatto che fossero uomini d'onore e quindi membri di Cosa
nostra non era noto a tutti gli appartenenti e io credo anche
ad una parte dei suoi dirigenti. Ancora, a pagina 31, si fa
riferimento ad analoga condizione di riservatezza nella quale
si trovava Giuseppe Marchese, affiliato direttamente da Totò
Riina. Vorrei capire in cosa consista questa particolare
condizione di riservatezza, che mi ricorda un punto
significativo delle dichiarazioni accusatorie del pentito
Calderone. Il punto significativo si riferisce a cose dette da
suo fratello, cioè al fatto che membri rilevanti
dell'organizzazione mafiosa nelle diverse provincie fossero
affiliati alla massoneria all'insaputa di molti altri
componenti dell'organizzazione Cosa nostra. Per la provincia
di Palermo, Calderone fa riferimento a due personalità del
mondo mafioso, che tra l'altro in quello stesso periodo erano
già in lotta tra loro, cioè Michele Greco e Stefano Bontade.
Alcuni personaggi rilevanti delle diverse provincie diventano
quindi massoni all'insaputa di una parte dell'organizzazione
mafiosa e sono collocati in logge particolarmente riservate,
coperte.
   Poiché questi diversi elementi suggeriscono la necessità
di saperne di più, vorrei chiedere ai magistrati presenti se
possano dirci qualcosa in proposito. Siamo di fronte ad
elementi di struttura dell'organizzazione: particolare
segretezza di alcuni affiliati a Cosa nostra, intersezioni tra
Cosa nostra e logge massoniche. Chiedo anche se sia vero che
esisteva un fascicolo giudiziario a carico di Giuseppe
Mandalari, credo in seguito alla scoperta del piè di lista
della loggia di via Roma e che fine abbia fatto, se sia
intervenuta un'archiviazione e per quali motivi.
   Può darsi che si tratti soltanto di una supposizione priva
di fondamento o anche solo di una voce (si sa quanto contino e
spesso siano fuorvianti le voci nelle vicende palermitane), ma
vorrei anche sapere se sia stata svolta una qualche forma di
indagine sulla posizione e sul ruolo che può aver avuto Pino
Mandalari in relazione al delitto Scopelliti. Inoltre, vorrei
sapere quali fossero i rapporti tra i corleonesi e Lima,
perché dai testi che abbiamo letto in questi giorni risulta
una sorta di asimmetria: Ciancimino è più direttamente
l'interlocutore politico dei corleonesi e tuttavia questi
puntano su Lima per arrivare a Carnevale. Vorrei capire meglio
come si configurassero i rapporti tra i corleonesi, Lima, Roma
                         Pag. 232
e gli interlocutori politici più congeniali ai corleonesi come
appunto era ed è Ciancimino.
   Su Carnevale sono state avviate indagini, esiste un
fascicolo? Mutolo afferma che Giangiacomo Gambino gli aveva
detto che il presidente Carnevale era per loro la massima
garanzia e aveva citato una decisione che in effetti rimane
scandalosa nella storia giudiziaria del nostro paese, cioè
quella relativa alla sentenza sull'omicidio del capitano
Basile: è stata scandalosa perché è l'unico caso di
annullamento per quelle ragioni. Subito dopo, le sezioni unite
si pronunciano in modo diverso. Rimane l'unico caso, però è
bastato a far saltare un processo di quella rilevanza e ha
posto le premesse per l'omicidio Saetta.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Vorrei una riflessione dei giudici
di Palermo su quello che è il dato processuale più
significativo. E' inutile negare che i pentiti hanno sempre
dato un grande aiuto. Naturalmente, sorge sempre il problema
della gestione processuale del pentito, che non è il Vangelo:
guai ad andargli dietro e lasciarsi portare dove lui vuole, ma
questo è un problema diverso, riguardando la professionalità
del giudice. Non c'è dubbio che un notevole salto di qualità
lo abbiamo raggiunto, sette od otto anni fa, grazie ai
pentiti, che però si fermavano quasi tutti - come se una sorta
di parola d'ordine avesse attraversato il circuito di
collaborazione - sulla soglia dei rapporti tra mafia e
politica, che nessuno negava (basti ricordare quanto ha detto
Buscetta) ma che non si riteneva potesse essere superata.
   Vi sono due fatti che mi sembrano molto importanti, su
questo che è, ripeto, un terreno decisivo dal punto di vista
processuale. In primo luogo, dopo un periodo di contrazione
del numero di collaboratori, siamo passati ad una fase - per
fortuna, per le sorti della giustizia - di proliferazione. In
secondo luogo, a questo fenomeno si accompagna un salto di
qualità, cioè finalmente il mistero sui rapporti tra mafia e
politica comincia ad essere svelato.
   Il collega Natoli, giustamente, faceva prima riferimento
ad un effetto che potrebbe derivare dalla legislazione sui
pentiti, che peraltro - vale la pena ricordarlo - fu richiesta
da un documento che portava anche la mia firma nel 1984. Sono
perciò pienamente convinto che questa legislazione ha un suo
peso, ma vorrei sapere se secondo i colleghi giudici non vi
siano anche altri fattori concomitanti, il che può apparire di
una certa importanza sul piano delle previsioni che si possono
fare per il futuro. E' possibile che questa corsa al
pentimento sia determinata anche da una sorta di ribellione
all'eccessivo tasso dittatoriale che indubbiamente è presente
all'interno dell'organizzazione? Sono affezionato a questa
ipotesi perché l'ho scritta nel 1988 nei motivi d'appello del
maxiprocesso, come ipotesi futuribile. Mi piacerebbe accertare
se si stia verificando, non tanto per soddisfazione personale,
che è del tutto marginale e secondaria, quanto perché questo è
un modo attraverso il quale capire lo stato interno
dell'organizzazione. Ho l'impressione, ripeto, che questa
corsa al pentimento sia dovuta anche al rifiuto di soggiacere
ad un potere che si fonda sulla violenza e sul terrore anche
all'interno, e quindi porta al discorso dell'implosione cui si
è fatto riferimento.
   Un'altra ipotesi da non sottovalutare - mi piacerebbe
avere il conforto dei giudici di Palermo - è se per caso una
delle ragioni per cui si preferiva non parlare dei rapporti
tra mafia e politica era il timore di una reazione del sistema
politico, mentre oggi si ritiene di poterlo fare perché si è
preso atto che il sistema tradizionale dei loro referenti è
indebolito e, tutto sommato, forse non bisogna temere alcuna
reazione, o comunque nessuna delle reazioni che si temevano
prima.
  MAURIZIO CALVI. Salvo un intervento, alla Commissione
sembra sfuggire il senso e la portata della dichiarazione
                         Pag. 233
clamorosa del dottor Natoli circa il senso della svolta della
strategia mafiosa, verificatasi all'interno di Cosa nostra con
l'uccisione di Falcone, di Borsellino e di Salvo Lima, la
quale può portare ad un nuovo periodo di sangue e di terrore.
   Dottor Natoli, quando lei sottolinea il fatto che potrebbe
saltare un intero quartiere, credo che intenda far riferimento
ad una strategia a più alto tasso di scontro, dalle
conseguenze nefaste. Vorrei chiederle se il senso e la portata
delle sue parole derivino dalla sua sensibilità, dalla
conoscenza di Cosa nostra circa le sue scadenze, il suo
muoversi ed il suo atteggiarsi o se, invece, questo suo
clamosoro giudizio sia conseguente a nuovi ed ulteriori
elementi di cui sta venendo in possesso soprattutto tramite
l'uso del fenomeno del pentitismo. In quest'ultimo caso,
infatti, la Commissione antimafia ritengo che abbia il dovere,
stante la gravità della sua dichiarazione, di informare
immediatamente il Presidente della Repubblica, il Presidente
del Consiglio dei ministri ed il ministro dell'interno per
capire se l'ipotesi da lei formulata possa, in qualche modo,
essere studiata più attentamente al fine di evitare il
disastro che lei paventa nella già tragica realtà siciliana.
  SANTI RAPISARDA. Si parla dei vertici di Cosa nostra
come di persone intelligenti, furbe ma ignoranti. Alla luce di
ciò desidero sapere se si sappia qualcosa a proposito dei
consiglieri di Cosa nostra, cioè avvocati, commercialisti e
altri professionisti che li assistono.
  SAVERIO D'AMELIO. Anzitutto, desidero ringraziare i
magistrati presenti per il contributo notevole che hanno
offerto al lavoro della Commissione. Voglio anche ringraziare
tutti coloro che si sono impegnati per acquisire i dati che
fanno parte dell'ordinanza sul caso Lima.
   Anche riflettendo su ciò che è stato detto da chi mi ha
preceduto - mi riferisco, in particolare, ad un'affermazione
del collega Ayala - considero anch'io positivo il fatto che i
collaboratori della giustizia non si fermino più ad
limina, dinanzi ad una soglia, quasi fosse un muro
invalicabile, però è sospetta questa improvvisa proliferazione
di collaboratori e di pentiti, nonché la loro volontà di
superare il muro dell'omertà, poiché tutto ciò potrebbe far
sorgere il dubbio che ci si trovi di fronte ad una nuova
strategia del pentitismo.
   Ciò premesso, la mia domanda è la seguente: non può essere
che i pentiti di mafia si siano organizzati in modo che le
loro dichiarazioni e rivelazioni corrispondano ad una
strategia finalizzata non soltanto a destabilizzare la
struttura mafiosa per costruire al suo interno nuovi assetti
ma anche a far saltare i canoni tradizionali - il che è
positivo, perché ci consente di fare passi in avanti
nell'acquisizione delle notizie - e la strategia dello Stato
democratico? Se così fosse, lo Stato correrebbe il rischio
dell'ingenuità - mi si passi il termine - cioè di basare tutto
il suo piano su dichiarazioni che comunque non sono puntuali e
che in ogni caso lasciano dubbi in merito alla costruzione di
un disegno organico e funzionale alle ragioni dello Stato
stesso. D'altra parte, lo stesso Galasso, quando dice che le
rivelazioni incidono su una serie di processi in atto
evidenzia quello che può essere un altro argomento.
   Mi sorge allora un dubbio che esprimo: che i cosiddetti
pentiti si siano passati la parola d'ordine per determinare un
nuovo quadro che forse non è funzionale alla logica e alle
finalità dello Stato democratico. Dobbiamo pertanto porre
tutti attenzione a questo fatto e soprattutto i magistrati che
hanno a portata di mano i pentiti; credo dunque che sia
scontato sollecitare la necessità di procedere a nuovi
riscontri rispetto a queste rivelazioni.
  SALVATORE FRASCA. Desidero anzitutto ringraziare anch'io
i magistrati che hanno accolto il nostro invito e ci stanno
ascoltando con tanta attenzione.
   Dalla loro relazione emerge che la mafia avrebbe deciso ad
un certo momento di appoggiare, oltre che la DC,
                         Pag. 234
anche il PSI ed i partiti di Governo. Mi domando: in una
società pluralista come la nostra, dove chi è al Governo a
Roma può trovarsi all'opposizione in Sicilia, essendo la mafia
l'ombra del potere, è possibile che abbia avuto connivenze
anche con i partiti che si definiscono di opposizione? Mi
sembra infatti che la distinzione tra partiti di Governo e di
opposizione sia una esemplificazione di comodo. Desidererei
che venisse data autorevole risposta a questo interrogativo.
   In secondo luogo, non scopriamo adesso, sulla base
dell'ordinanza di cui questa mattina si è abbondantemente
parlato, che Ciancimino, Lima e ancor prima Gioia fossero
uomini politici chiacchierati, avendo connivenze e
collegamenti con la mafia. E' scritto nella prima relazione
della Commissione Cattaneo. Che vi siano giudici chiacchierati
è detto abbondantemente non soltanto nella letteratura che per
comodità potremmo definire mafiosa ma anche nelle relazioni
cui ho fatto riferimento, per non parlare poi di Michele
Pantaleone, che non viene mai ricordato pur essendo stato uno
dei più coraggiosi esponenti della lotta alla mafia,
riportando nelle sue pubblicazioni nome e cognome.
   La domanda che pongo è la seguente: come mai lo Stato non
è stato in grado di fare chiarezza su questi collegamenti con
il mondo della politica e della magistratura? Una domanda
nella domanda: perché del giudice Falcone si parla bene solo
adesso, confermando il sistema secondo cui nel nostro paese un
uomo deve morire per essere apprezzato? Come mai se ne parla
bene soltanto adesso quando sappiamo che negli ambienti
giudiziari palermitani e siciliani è stato torturato sul piano
psicologico al punto tale da essere indotto a trasferirsi da
Palermo a Roma?
  PAOLO CABRAS. Bisogna sempre dire chi, come e quando,
altrimenti le indicazioni risultano generiche, si fa di tutta
l'erba un fascio!
  SALVATORE FRASCA. Ho parlato di ambiente, non ho parlato
della magistratura. Come fine conoscitore della lingua
italiana sa che ho voluto riferirmi ad alcuni comparti della
magistratura. Non ho inventato io queste cose, sono state
dette nelle varie commemorazioni fatte a Palermo, a Catania e
altrove da valorosi magistrati, come la stampa ha evidenziato
e come tutti sappiamo; se volete posso esibire anche i ritagli
dei giornali dove sono stati scritti questi fatti.
   Nel Vangelo è affermato un principio: è bene che un uomo
muoia per la salvezza del popolo. Non conosco il giudice
Carnevale, non l'ho mai visto, ritengo anche sia responsabile
di qualche misfatto, ma credo che sulla sua persona si voglia
far cadere la responsabilità di tutte le disfunzioni della
giustizia del nostro paese. Dalla lettura dei giornali e delle
riviste emerge, con riferimento alla famosa sentenza, il
seguente itinerario: una cattiva sentenza in primo grado, una
sentenza migliore in secondo grado, l'assoluzione o
l'annullamento della stessa in terzo grado. Le responsabilità
sono dunque maggiori ed è assurdo fermarsi su un solo nome.
Dovremmo semmai chiedere agli illustri magistrati qui presenti
- mi collego alla domanda di ordine più generale già formulata
- se ritengono che la magistratura in Sicilia sia, sebbene
parzialmente, inquinata e che cosa pensano di fare attraverso
l'organo di autogoverno per il disinquinamento della
magistratura siciliana.
  PRESIDENTE. Desidero dire ai colleghi che martedì
ascolteremo i rappresentanti del comitato antimafia del
Consiglio superiore della magistratura, per cui alcune delle
questioni potranno essere poste in quella sede.
  ROMANO FERRAUTO. Sono state espresse considerazioni più
che domande; ritengo che le valutazioni dovranne essere
riformulate in una sede opportuna e successiva. A me è parso
di cogliere questa mattina alcuni elementi inquietanti di
svolta che mi inducono a rivolgere due domande alle quali non
so quale risposta possa essere data. Si è parlato di Lima
                         Pag. 235
che certamente non era un uomo isolato; poiché conosciamo i
suoi contigui ed i suoi amici, mi chiedo se questi possano
essere considerati i nuovi referenti ovvero se i nuovi
referenti siano già altri. Mi chiedo cioè se la fase
riguardante Lima sia da considerare preistoria perché ci
troviamo in un'altra fase, quella della ricerca di nuovi
referenti.
   Ai magistrati oggi qui presenti vorrei chiedere, se
possibile, un'anticipazione sul movente dell'omicidio Salvo
perché mi sembra che possa esservi un nesso estremamente
significativo con l'omicidio Lima.
  PRESIDENTE. Intendo anch'io rivolgere tre domande ai
magistrati Spallitta e Natoli, la prima delle quali è la
seguente: esistono elementi sui rapporti tra Lima e Siino? Al
riguardo ho avuto notizia di una recente informativa dell'Arma
dei carabinieri direttamente rivolta alla procura della
Repubblica di Palermo.
   La seconda domanda riguarda i cugini Salvo ed è di
notevole importanza poiché Lima sarebbe stato ucciso in un
quadro di vendetta per un mancato sostegno (probabilmente vi
erano altri motivi ma questo sembra essere quello
determinante), mentre riguardo a Salvo non si possono che
formulare ipotesi. Quindi vorrei conoscere quelle avanzate
dall'autorità giudiziaria a proposito di tale delitto.
   Nel replicare a talune insinuazioni tanto ingiuste quanto
volgari nei confronti di alcuni magistrati della procura della
Repubblica di Palermo, un comunicato stampa ha dichiarato che
in questo momento tale procura è interessata da indagini
riguardanti anche settori istituzionali deviati (viene usata
una formulazione di questo genere). Anche a tale proposito
chiedo un chiarimento.
   Nel ricordare ai magistrati Spallitta e Natoli che
potranno inviare per iscritto le risposte alle domande alle
quali oggi non possono rispondere, li informo che sarà cura
della Commissione inviare loro il resoconto stenografico della
seduta odierna affinché abbiano un quadro chiaro delle
questioni sollevate.
  ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della
Repubblica f.f. di Palermo. La qualità, la quantità, il
contenuto ed i termini delle numerose domande che ci sono
state rivolte non mi consentono di dare una risposta
esauriente in questa sede, anche per ragioni di tempo dal
momento che impegni imprescindibili a Palermo mi impongono di
andare via non oltre le ore 13.
   Quando decidiamo su determinati argomenti teniamo conto
delle situazioni processuali quali effettivamente risultano ed
evitiamo di formulare ipotesi che poi non possano trovare
addentellati precisi nei documenti o nelle testimonianze
raccolte. Come giustamente qualcuno ha osservato, molte delle
domande che ci sono state poste sono soprattutto
considerazioni alle quali potremmo rispondere solo esponendo
nostre idee o nostri sospetti personali, mentre non potremmo
dare risposta se ci dovessimo riferire alle risultanze
processuali. Per altro tipo di domande vorremmo effettivamente
dare una risposta anche adesso ma ci sono motivi di strategia
processuale, su cui potrà meglio parlare il collega Natoli,
che ci impediscono almeno per il momento di soddisfare le
legittime attese di questo nobile consesso.
   Considerati gli sbocchi che l'attuale pentitismo ci
permette, possiamo arrivare a risultati che sicuramente non si
sarebbero potuti ottenere fino a poco tempo fa, quando senza
l'attuale legislazione premiale ci trovavamo di fronte ad un
muro. Non dimentichiamo che un pentito ha detto spesso a
Falcone - benché questi insistesse sulle connessioni tra mafia
e politica - che non avrebbe parlato e che comunque non
avrebbe potuto farlo fino a quando non avesse verificato quale
clima politico si sarebbe instaurato in Italia.
   Rispondendo in maniera generica ad una delle ultime
domande che ci sono state poste, sono convinto che
sull'atteggiamento
                         Pag. 236
 dei pentiti influisca non solo la nuova legislazione che li
riguarda ma soprattutto quel nuovo clima politico che si è
venuto ad instaurare in Italia dopo le recenti elezioni. Non
lo escludo, anzi penso che questo possa effettivamente
influire su di loro; voglio però subito aggiungere che, almeno
per quel che mi riguarda, nell'incarico che in questo momento
ricopro, non sono abituato a giurare in verba magistri.
Anche alla luce della recente sentenza della Corte di
cassazione che ha giudicato sul primo maxiprocesso, noi siamo
tenuti a valutare l'attendibilità dei pentiti sia sotto il
profilo obiettivo, sia sotto quello soggettivo, sia sotto
quello dei relativi riscontri tra le dichiarazioni rese da
ciascuno di essi. Evidentemente, nel valutare l'attendibilità
delle dichiarazioni dei pentiti riportate nell'ordinanza
abbiamo tenuto conto anche dei riscontri effettuati nei
processi precedenti. Questo è un criterio di valutazione di
tipo giuridico al quale non ci possiamo sottrarre.
   Per quanto riguarda i fatti singoli relativi ad eventuali
rapporti tra mafia e politici, vi sono indagini in corso e
quindi non ritengo opportuno aggiungere altro perché tutto
questo potrebbe portarci ad un pregiudizio. Ho detto fin
dall'inizio che ci troviamo di fronte ad una "breccia" che
molto probabilmente si potrà allargare; non sappiamo ancora
quanto ci verrà riferito e quali ulteriori indagini occorrerà
svolgere. E' certo però che, se avessimo avuto ulteriori e
precisi elementi, non più coperti dal segreto istruttorio, da
portare a base della nostra ordinanza, certamente li avremmo
inseriti e molte delle domande che ci sono state oggi rivolte
avrebbero potuto trovare risposta nell'ordinanza stessa. Per
quanto mi riguarda, sono abituato a lavorare stando con i
piedi per terra, anche nel rispetto e a tutela di tutte le
garanzie dovute ai cittadini italiani, siano essi uomini
politici o no. Per questo desideriamo andare avanti con la
massima decisione e fermezza ma con la massima prudenza,
approfondendo argomenti che per la prima volta - ce lo vorrete
riconoscere - nella nostra ordinanza abbiamo affrontato in
maniera molto più chiara e precipua, anche se determinati
aspetti del connubio tra politica e mafia non sono stati
ancora esaminati come meritano e come speriamo di poter fare.
Ciò posto, ritengo che a determinate altre domande potrà
rispondere il collega Natoli.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Dopo la premessa esauriente del procuratore
Spallitta, gran parte delle opportune ed interessantissime
domande che sono state poste non può purtroppo avere risposta
in questa sede, ad eccezione probabilmente di taluni aspetti
in ordine ai quali, se il procuratore mi consente, tenterò di
dare qualche risposta.
   Desidero sottolineare che mi dispiace moltissimo - come
credo, anzi sono certo, dispiaccia al procuratore Spallitta e
dispiacerebbe a qualunque altro dei colleghi del mio ufficio
che si trovasse al mio posto - di non poter dare talune
risposte, ma ricordava il procuratore Spallitta che abbiamo
l'abitudine - consentiteci questa presunzione - di rispondere
attraverso atti giudiziari. Mi meraviglia - mi consentirete la
meraviglia - che taluno dei parlamentari abbia chiesto se
c'era bisogno della nostra ordinanza per dire che l'onorevole
Lima, il signor Vito Ciancimino e il defunto onorevole
Giovanni Gioia erano personaggi discussi e discutibili e che
bastava leggere la relazione Cattani. L'abbiamo letta, abbiamo
letto anche quelle successive; personalmente - e credo di non
essere stato il solo - sono un attento lettore anche delle
relazioni di minoranza. Credo che la grande differenza tra
quegli atti importantissimi e questo, recentemente fatto
proprio dal giudice per le indagini preliminari di Palermo,
risieda nel fatto che oggi vi sono fonti procedimentali, allo
stato plurime e convergenti, che ci portano a dire che quelle
che erano state le giustissime intuizioni e analisi fatte dai
membri della Commissione antimafia di vent'anni fa
                         Pag. 237
avevano visto bene. La differenza è che, purtroppo (questo lo
dico da cittadino), non sono state tratte le possibili
conseguenze dalle conclusioni delle precedenti Commissioni
antimafia e si è dovuto aspettare che l'onorevole Lima venisse
ucciso - purtroppo per lui - per poter dire le cose che la
Commissione e comunque molti altri cittadini italiani
autonomamente già pensavano, sulla base di quello che si
poteva leggere e conoscere.
   Questo, verosimilmente, potrà valere anche per situazioni
attuali. Molte domande erano incentrate sul punto - mi rendo
conto interessantissimo - riguardante la presenza di nuovi
referenti. La logica ci porta a dire che nuovi referenti vi
saranno, anche se il riserbo che non può che
contraddistinguere il nostro ruolo e le nostre risposte ci
impedisce ovviamente di dare oggi adeguata risposta. Però,
anche a nome dell'ufficio, vorrei tranquillizzare tutti in
ordine alla portata delle indagini che attualmente la
direzione distrettuale antimafia presso la procura di Palermo
sta conducendo, indagini che si muovono su un ventaglio ampio
di fatti o di ipotesi investigative. Tale ventaglio è stato
ribadito anche nel documento recente e unitario che il
presidente Violante ha avuto la bontà di ricordare poc'anzi e
ci inducono (faccio pertanto da portavoce anche del pensiero
dei miei colleghi) a dirvi: attenzione, siamo ad uno dei
passaggi nodali della storia del nostro paese, abbiamo delle
possibilità che questo passaggio sia favorevole per le
istituzioni e speriamo di far diventare questa possibilità,
con il contributo di tutti, una forte probabilità di sviluppo
della democrazia nel nostro paese.
   Un eventuale risultato negativo, infatti, non solo sarebbe
l'ulteriore risultato negativo ma farebbe anche venir meno la
speranza che si è accessa in molti e che è una delle cose più
importanti - è una valutazione personale - che ha indotto,
induce e indurrà, mi auguro, i collaboratori della giustizia
ad accettare di mettersi nelle mani di questo Stato.
   Qualcuno ha giustamente lanciato un allarme. Esiste una
strategia dei pentiti per inquinare la strategia che lo Stato
eventualmente sta ponendo in essere o mostra di voler porre in
essere? Non posso dare una risposta, perché sarebbe ovvia: la
strategia dei pentiti potrebbe essere tale o potrebbe essere
definita così se la professionalità - scusatemi - di coloro
che raccolgono determinate dichiarazioni consentisse a questi
collaboratori di porre in essere impunemente ed efficacemente
una strategia. Ma poiché tra coloro che raccolgono queste
dichiarazioni ci sono anch'io, non vorrei assolutamente
esprimere valutazioni sul mio modo di lavorare e sul mio
operato. Comunque, un metro di riferimento c'è ed è stabilito
dalla legge: le dichiarazioni di tutti i collaboratori della
mulare alcune domande=  =poiché lo stato della discussione è tale da non consentire lo=  =svolgimento di considera
normativamente stabiliti, che oggi hanno avuto anche il
conforto dell'interpretazione della suprema Corte di
cassazione sull'articolo 192 del nuovo codice di procedura
penale. Quindi, diciamo che siamo nelle condizioni di poter
essere immediatamente ed efficacemente "stoppati" laddove
dovessimo, per mancanza di professionalità, per disavventura
nostra o di altri, eventualmente, non accorgerci che i pentiti
stanno ponendo in essere addirittura una strategia.
   Credo che in ciò stia la possibilità di fornire una
risposta alla domanda avanzata dall'onorevole Scotti a
proposito dei passi della nostra richiesta di ordinanza di
custodia cautelare in cui si faceva riferimento al clima
venutosi a creare, anche in Parlamento, tra l'emanazione del
decreto-legge dell'8 giugno e la conversione in legge del
medesimo. Purtroppo, è sufficiente leggere - come abbiamo
fatto noi - le rassegne stampa di quei giorni per avere la
prova che per motivi oggettivi - sottolineo questo termine -
le giustissime preoccupazioni che esponenti di partiti
politici, operatori della giustizia ed opinionisti potevano
muovere o possono aver mosso in merito al "pericolo" che
determinate norme avrebbero potuto comportare per il livello
                         Pag. 238
complessivo della libertà personale nel nostro paese, si
andavano a sposare perfettamente con quelli che erano e sono
gli interessi precisi di Cosa nostra. Questi ultimi sono stati
rappresentati anche nella nostra ordinanza, quando si è detto
che nel 1987, indipendentemente dai rapporti di tipo personale
- sui quali non posso esprimermi, in quanto oggetto di
indagine - gli interessi di Cosa nostra venivano sponsorizzati
o comunque trovavano un modo per essere portati a conoscenza
...
  MARCO TARADASH. E' lei che sta usando il linguaggio
stalinista. A me basta che lei lo sappia. Dire
"oggettivamente", significa usare un linguaggio stalinista...
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Mi perdoni, onorevole Taradash, probabilmente mi
sono espresso male. Ho fatto quel riferimento proprio per
evitare ingiuste generalizzazioni, perché è detto chiaramente
nelle dichiarazioni che determinati approcci prescindevano -
per lo meno sulla base dei rapporti personali instauratisi tra
i collaboranti e la fonte delle loro conoscenze - dalla
possibilità di dire che vi fossero accordi e scambi
sottostanti. Si parlava, semplicemente, di fatti oggettivi: ci
stava bene ciò che veniva sostenuto da un certo partito o da
un certo movimento, indipendentemente da ciò che può essere
stato un rapporto di tipo personale, che non ci consta (mi
riferisco alle dichiarazioni delle due persone che hanno reso
testimonianza su questi fatti).
   Quindi, mi permetta di dirle, onorevole Taradash, che
probabilmente la parola ha tradito il pensiero, perché non
avevo assolutamente intenzione di usare il termine "oggettivo"
nel senso che lei ha interpretato.
   Taluno dei commissari, in particolare l'onorevole Galasso,
si è chiesto se sussista il pericolo di interferenze sui
processi in corso. Non credo che tale timore sia fondato,
perché in merito a qualunque processo in corso giunto in fase
dibattimentale, di primo o di secondo grado, doverosamente
saranno utilizzate queste fonti di accusa, nei casi in cui ciò
sarà ritenuto opportuno dai vari rappresentanti del pubblico
ministero. Va chiarito che il travaso delle comunicazioni da
chi sta raccogliendo le dichiarazioni, che peraltro sono a
conoscenza di tutta la direzione processuale, ad altri
pubblici ministeri, della stessa procura di Palermo o di altre
procure d'Italia, è già stato attuato. Per un breve periodo vi
è stata l'impossibilità di travasare tempestivamente quelle
comunicazioni, perché della collaborazione di Giuseppe
Marchese non era a conoscenza nessuno, se non chi stava
trattando con lui. Per tale motivo non era possibile attuare
l'invio degli stralci degli atti, che è invece avvenuto
immediatamente dopo la comunicazione ufficiale dell'esistenza
anche di questo pentito.
   Molti commissari hanno posto domande per sapere se siano
in corso indagini su altri giudici o su altri omicidi, per
alcuni dei quali si è già alla fase dibattimentale. Rispondo
affermativamente ma aggiungo che, in ogni caso, si sta
valutando l'influenza delle nuove dichiarazioni su coloro che
sono stati imputati in precedenti processi, nel senso di
controllare, soprattutto, se tali processi fossero stati
istruiti con il vecchio o con il nuovo rito, cercando di
mettere insieme e di recuperare tutto ciò che è ritenuto utile
al fine di riattivare nuove indagini. Da questo punto di
vista, quindi, anche a nome del mio ufficio, ritengo di poter
rassicurare la Commissione, nel senso di escludere che
sussistano parti di dichiarazioni che non siano state
utilizzate.
   Un punto che credo necessario sottolineare, perché
altrimenti molte domande non sarebbero state poste, è che in
questa ordinanza ci si interessava - e non poteva essere
diversamente - dell'omicidio dell'onorevole Lima. Va chiarito
altresì che si tratta di un documento processuale, e alla luce
di ciò ritengo di dover fornire a tutti i commissari un altro
chiarimento,
                         Pag. 239
in particolare all'onorevole Galasso, il quale si
meravigliava degli omissis...
  ALFREDO GALASSO. Non mi sono meravigliato, ho chiesto
...
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Gli atti che la procura di Palermo ha prodotto
alla Commissione antimafia sono, né più né meno, quelli
depositati al GIP, già a disposizione del tribunale della
libertà e, conseguentemente, in buona sostanza, anche dei
difensori degli indagati. Pertanto era necessario apporre
degli omissis, che sono esattamente quelli riguardanti
le parti delle dichiarazioni che era possibile "desecretare"
in relazione all'ottenimento di una ordinanza di custodia
cautelare. Sarebbe stato poco professionale - se mi è
consentita questa espressione - depositare tutte le
dichiarazioni attinenti ad aspetti diversi di processi in
corso o ancora da espletare. E' quindi normale che vi siano
degli omissis, i quali, come avrete constatato, coprono
parte delle dichiarazioni rese. Non appena queste ultime
saranno rese pubbliche, cioè poste a disposizione anche dei
difensori in una qualunque fase del processo, senz'altro
saranno depositate, come è già avvenuto in passato per
analoghe dichiarazioni rese da altri pentiti...
  PRESIDENTE. In realtà, se mi permette, la questione si
pone in termini un po' diversi. Poiché in base alla
Costituzione questa Commissione ha i poteri dell'autorità
giudiziaria, credo che dovranno rendere segreti nei nostri
confronti quegli atti che renderebbero segreti nei confronti
di altre autorità giudiziarie, non nei confronti degli
avvocati.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. In questa sede state procedendo con i poteri
dell'autorità giudiziaria?
  PRESIDENTE. Certo; altrimenti non potremmo chiedere,
sarebbe un atto di cortesia pura e semplice...
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Sarebbe un atto di doverosa collaborazione che non
viene ad influenzare altre indagini. Quello che è importante -
credetemi - in un rapporto di assoluta collaborazione e di
reciproca fiducia è questo: depositare determinate
dichiarazione significa in buona sostanza accrescere la
probabilità che, al di là di ogni possibile coinvolgimento di
ciascuno di noi, determinati nomi e situazioni filtrino prima
che indagini o, peggio ancora, richieste nei confronti degli
indagati vengano avanzate.
   Si tratta solo di valutare qual è in un rapporto
costi-benefici il beneficio che tutti otterremmo nel leggere
in tempo reale quanto viene dichiarato.
  PRESIDENTE. Sta di fatto soltanto che nella valutazione
di questa opportunità occorre tener presente i fondamenti
costituzionali della Commissione di inchiesta.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la direzione distruttuale antimafia di
Palermo. Senz'altro; saranno tenuti nella doverosa
considerazione.
  ELIO SPALLITTA, Procuratore distrettuale della
Repubblica f.f. di Palermo. Mi scuso con i colleghi e con
la Commissione dovendomi necessariamente accomiatare.
  (Il procuratore Spallitta viene accompagnato fuori
dall'aula).
  ALFREDO GALASSO. Dottor Natoli, la mia richiesta non era
poi tanto ...
  GIACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. No, assolutamente. Era un chiarimento.
   In questa fase che, come avete avuto modo di vedere,
riguarda l'iniziale collaborazione addirittura per uno dei due
                         Pag. 240
cosiddetti pentiti, non è possibile, con il massimo dello
spirito di collaborazione, non è opportuno eliminare gli
omissis. Si tratta ancora di parte di atti che
potrebbero venire smentiti da accertamenti in corso.
  ALFREDO GALASSO. Tanto ero d'accordo che avevo detto che
non era il caso di acquisirli!
  GIOACCHINO NATOLI, Sostittuto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Abbiamo invece ritenuto immediatamente di poterli
mettere a disposizione; se già circolano, come circolano, da
alcuni giorni, nel palazzo di giustizia di Palermo - le copie
sono state rilasciate dai difensori degli imputati - non vedo
perché la Commissione parlamentare non debba essere a
conoscenza di ciò che è noto a ben altri soggetti.
  ROMANO FERRAUTO. Una precisazione: la copia in possesso
dei difensori, ovviamente, non contiene gli omissis?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. No, no! Ha gli omissis! E' esattamente
identica all'altra.
   In ordine ad una domanda rivolta dal senatore Brutti su
rapporti della Guardia di finanza del 1993 su Lima e traffico
d'armi, non ho alcuna conoscenza personale di questo fatto;
tra l'altro, l'onorevole Brutti faceva riferimento ad atti
provenienti da Caltanissetta, quindi completamente estranei
quanto meno alla mia persona. Ovviamente, non vi è alcuna
possibilità di risposta sui vari nomi relativamente a chi è
indagato e a chi non lo è. Possiamo solo assicurare che le
indagini si stanno svolgendo...
  MASSIMO BRUTTI. Rispetto ad eventuali archiviazioni in
passato...
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. A proposito di archiviazione, l'unica notizia che
ho (non riguardava me) concerne una archiviazione della quale
si è già ampiamente parlato sulla stampa per la cosiddetta
loggia di Via Roma, che credo fosse la "Armando Diaz". Non so
dire se tra i nomi inseriti tra gli iscritti a quella loggia
vi fosse quello di Pino Mandalari; personalmente non mi
risulta.
  PAOLO CABRAS. E' la stessa di Miceli Crimi?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Credo di no. Se ne era interessato a suo tempo
come giudice istruttore il collega De Francisci.
  PAOLO CABRAS. Quella era la Camea.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Sì.
   Per quanto riguarda Mandalari, è un commercialista che
inizialmente venne imputato nel maxiprocesso ex articoli 416 e
416-bis e per traffico di stupefacenti; successivamente
è stato rinviato a giudizio e, se i miei ricordi sono esatti,
anche condannato soltanto per intermediazione ricettatoria.
Non so se esistano fatti successivi e più recenti riguardanti
il Mandalari; comunque, sicuramente non sono a mia conoscenza,
anche perché non posso ovviamente avere una nozione diretta di
tutto, né di altri colleghi della procura perché diversamente
nelle riunioni della direzione distrettuale se ne sarebbe
parlato.
  CARLO D'AMATO. Questa domanda ha attinenza con il
rapporto mafia-politica?
  PRESIDENTE. La questione cui ha fatto riferimento il
senatore Brutti riguarda ciò che è scritto in un atto
pubblico, una sentenza di condanna.
                         Pag. 241
   PIETRO FOLENA. Non le risulta che sia stato trasmesso
recentemente alla procura di Palermo un rapporto dei
carabinieri di Corleone su Pino Manda-lari?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Non mi risulta, ma, se mi consente, anche se mi
risultasse, non potrei darle una risposta. Comunque, ho già
detto che personalmente non mi risulta. Ho letto anch'io la
rassegna stampa di ieri e so che su l'Unità è stata
avanzata la domanda che oggi lei ha posto. Personalmente non
mi risulta, ma - mi consenta - anche se mi risultasse non
potrei ugualmente darle una risposta.
  CARLO D'AMATO. Presidente, chi è Mandalari?
  PRESIDENTE. Come lei sa, onorevole D'Amato, di Mandalari
si è parlato anche nel corso dell'incontro con l'autorità di
polizia tenutosi l'altra sera; in quella sede si è detto chi
era Mandalari, che tipo di attività stanno svolgendo alcuni
organi di polizia nei suoi confronti. In breve: è accusato da
alcuni di essere il commercialista di Riina.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Una domanda cui si può probabilmente rispondere
riguarda il ruolo attuale delle cosiddette stidde, quelle
associazioni di tipo mafioso costituite da ex uomini
d'onore di Cosa nostra messi fuori famiglia per i più vari
motivi. Questa è per lo meno la loro radice storica; oggi si
entrerebbe in queste associazioni anche indipendentemente dal
passaggio attraverso Cosa nostra. Inizialmente vi era sempre
un ex uomo d'onore che costituiva tale associazione ma
oggi sembrerebbe formarsi anche autonomamente. E' un fenomeno
nato e sviluppatosi recentemente soprattutto in talune plaghe
della provincia di Agrigento e nel nisseno, che oggi si
estende, da quello che ho avuto modo di leggere, anche verso
il ragusano. Non è mai stata registrata, viceversa, una
presenza di questo tipo di associazioni nelle province di
Palermo o di Trapani che costituiscono - specialmente la prima
- lo "zoccolo duro" di Cosa nostra. Quindi, anche determinate
regole vengono osservate con un rigore che non si ritrova in
altre parti della Sicilia. E' una questione di tipo culturale
che nasce dal modo di essere dei singoli componenti, i quali
sono diversi da zona a zona.
   Circa le forme di affiliazione segreta non esiste, per
quanto riguarda il mio grado di conoscenza del fenomeno,
nessuna assimilazione tra la cosiddetta affiliazione
riservata, di cui ha parlato anche Giuseppe Marchese e che era
stata già definita tale anche per i cugini Salvo, e
l'associazione ad una loggia massonica riservata e non
segreta. L'essere riservati all'interno di Cosa nostra
significa che un uomo d'onore non viene presentato normalmente
a tutti gli altri uomini d'onore con i quali si incontra ma
solo nel caso in cui sia necessario in relazione a quello che
si deve fare. Ci è stato spiegato che il rituale della
presentazione non è senza significato: poiché tra uomini
d'onore ovviamente non si possono tenere determinati
atteggiamenti, perché ciò implicherebbe refluenze anche a
livello delle rispettive famiglie di appartenenza, il rituale
della presentazione serve ad evitare che due uomini d'onore
possano entrare in conflitto tra loro.
   Nelle carceri, per esempio, dove più facilmente per lo
stato di cattività in cui tutti vivono, potrebbero scoppiare
liti, malumori o dissidi tra detenuti, si usa presentare fra
loro gli uomini d'onore per evitare che i dissidi possano
degenerare in qualcosa di diverso e di più grave. Nei
confronti di un "riservato" ovviamente si corre il rischio che
vi possa essere questo comportamento indesiderato perché
l'interesse prevalente è che la sua qualità di affiliato resti
congelata all'interno di una cerchia predeterminata di
persone. Tra questi vi erano sicuramente i cugini Salvo i
quali, essendo i tramiti -
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Nino fino a quando fu in vita ed Ignazio anche
successivamente - con il mondo della politica e, per quello
che riguarda questo processo, più particolarmente con
l'onorevole Lima, era bene che non venissero conosciuti da
tutti perché ciò avrebbe determinato nei loro confronti -
uomini d'onore - il libero accesso da parte di tutti gli
uomini d'onore.
   L'onorevole Riggio ha chiesto come mai Lima, legato alla
mafia che abbiamo definito tradizionalista e perdente, sia poi
passato ai corleonesi, quindi alla mafia vincente. Ci è stato
spiegato che la funzione di Lima era talmente importante - e
lo stesso poteva valere per i cugini Salvo anch'essi
appartenenti alle famiglie ritenute vincenti negli anni
settanta - da divenire neutra, cioè da essere utilizzata da
coloro i quali all'interno di Cosa nostra potevano determinare
gli orientamenti in un certo momento storico.
  MASSIMO BRUTTI. La posizione di Ciancimino era diversa?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. La posizione di Ciancimino era diversa perché
legato solo ed esclusivamente a Totò Riina al punto tale che
quando altri andavano a parlargli - è stato detto
espressamente - non è che si rifiutasse di ricevere ma trovava
sempre una buona scusa per rinviare e poi per dimenticare o
dire di no. Quindi, se il passaggio non era attraverso Totò
Riina, il risultato non poteva che essere zero.
   Era possibile accedere a Lima e agli altri uomini
politici, i cui nomi sono stati fatti dai collaboratori,
sempre attraverso questi tramiti; tale "divieto di accesso",
se vogliamo usare questo termine, valeva anche per i capi
mandamento, cioè gli esponenti di vertice di Cosa nostra per
un certo periodo.
  MARCO TARADASH. Mi sembra di capire che esiste una
differenza fra il "referente" ed il "tramite", nel senso che
il "referente" appartiene alla famiglia politica, e quindi
subisce al suo interno vincenti e perdenti - in questo caso la
democrazia cristiana - mentre il "tramite" è una via di mezzo.
C'è una differenza tra Ciancimino e Lima da questo punto di
vista?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Da come ci è stato dipinto, il ruolo sembra essere
diverso.
  PRESIDENTE. L'onorevole Taradash faceva un riferimento
forse eccessivamente formale perché quello che ci domandiamo è
se le parole "referente" e "tramite" abbiano lo stesso
significato e possano essere usate indistintamente.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Hanno un significato diverso. Quando i
collaboratori hanno detto che il "referente" di Cosa nostra
per gli affari romani o comunque per gli affari che dovevano
decidersi in sede parlamentare o di Governo era Lima
intendevano fare riferimento ad un organo di vertice, anche se
poi hanno soggiunto che era estremamente logico, non essendo
mai stati fatti loro i nomi di eventuali altri, dedurre che
determinate cose non potevano essere fatte solo ed
esclusivamente dall'onorevole Lima (non fosse altro perché
sapevano che era a Strasburgo e non a Roma).
   Quando si parla di "tramiti" si fa riferimento alla
funzione dei Salvo che mettevano in collegamento con Lima
stesso quei pochi esponenti di Cosa nostra che potevano
rivolgersi a lui.
  PRESIDENTE. Quale ruolo aveva Ciancimino?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Da quanto ci è stato detto, Ciancimino aveva un
ruolo limitato alla copertura degli
                         Pag. 243
interessi dei corleonesi, nel senso che, quando era ancora
vivo Bontade, se una richiesta veniva avanzata da questi, egli
non poteva riferirsi direttamente a Ciancimino per ottenerla.
Un passaggio delle dichiarazioni di Buscetta chiarisce questo
aspetto laddove ha detto che Vito Ciancimino era "nelle mani"
dei corleonesi.
  VITO RIGGIO. In sostanza si lamentavano che i corleonesi
non mettevano a disposizione...
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Mentre si avvalevano dei "referenti" degli altri.
  VITO RIGGIO. Una volta fatti fuori i vecchi referenti,
si apre questo nuovo canale che è a disposizione di tutti,
dopo la lotta che c'è stata.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. No, questa è una illazione.
  PRESIDENTE. Questo non c'entra.
  VITO RIGGIO. Mi pare un punto estremamente importante.
Per le vicende che il dottor Natoli conosce, per averle
seguite per altro verso su altre requisitorie, vi è stata una
spaccatura politica a partire da una certa fase che ha
riguardato il rapporto con Ciancimino e Lima; dopodiché,
eliminata quasi tutta la vecchia guardia (i Bontade, i
Buscetta e altri), nonostante questo scontro, perché
Ciancimino era già in mano a Riina, il vincente, cioè lo
stesso Riina, continua a rivolgersi a Lima.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Sì, perché sostanzialmente operano su piani
diversi, secondo quanto ci è stato detto. Ciancimino avrebbe
operato alla fine degli anni settanta e nei primi anni
ottanta; ma comunque il riferimento a Ciancimino era, alla
fine degli anni settanta, per far capire come, mentre taluni
referenti, e segnatamente Lima ed altri uomini politici, erano
a disposizione di tutti, sia pure con quelle forme di accesso
particolari, Totò Riina utilizzava per sé solo ed
esclusivamente Ciancimino. Quindi, gli eventuali favori di
Ciancimino non potevano che essere mediati da Totò Riina.
  PAOLO CABRAS. Il livello di Ciancimino era molto
diverso.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Certo, è chiaro.
  PRESIDENTE. Era diverso il livello. Ciancimino non
serviva a tenere i collegamenti con Roma.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. No, perlomeno ...
  PAOLO CABRAS. Era uomo di potere a Palermo.
  MARCO TARADASH. Lima era uomo della DC e quindi era uomo
che rispondeva alle vicende interne alla democrazia cristiana.
Ci sono periodi di offuscamento di Lima perché nella DC
prevalgono altri gruppi, ci sono invece periodi in cui torna
in auge perché prevale il gruppo di riferimento di Lima, cioè
quello andreottiano. Quindi, Lima è uomo della DC che tratta
con il mondo mafioso e che ne è un referente. Altri politici
non sono uomini della DC e referenti della mafia dentro questo
partito, bensì uomini che non si sa bene se siano della mafia
immessi dentro la democrazia cristiana o uomini-ponte tra la
mafia e la DC. In questo senso, è molto diversa la figura di
Lima, molto più importante e anche determinante per il nostro
lavoro, riguardando il complesso
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di un rapporto tra un partito dominante in Italia per
quarant'anni e cosche mafiose, che in quarant'anni sono
cresciute. A differenza di quello che può essere Ciancimino e
che sicuramente erano i Salvo, Lima non era un organo della
mafia ma il braccio politico della DC in Sicilia.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Credo che non vi siano altre domande alle quali
rispondere.
  LUIGI ROSSI. Avevo rivolto una domanda sull'omicidio
Dalla Chiesa.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Rientra nella risposta già data: per tutte le
refluenze con altri processi che sono in atto o che saranno
riaperti, ovviamente sono stati attivati i canali di
collegamento. Quindi, se vi sono parti di queste dichiarazioni
che potranno rifluire anche per il processo sull'omicidio del
prefetto Dalla Chiesa, saranno prontamente attivate.
  LUIGI ROSSI. Quindi, in un secondo tempo avremo maggiori
chiarimenti in proposito?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Può darsi anche non da me. Ero stato invitato
semplicemente per fornire un quadro di riferimento
dell'attuale fase di Cosa nostra.
  PRESIDENTE. E' chiaro.
  VINCENZO SCOTTI. Poiché in una serie di domande si è
fatto riferimento a fatti e situazioni processuali su Lima e
altri, vorrei chiedere al dottor Natoli se, con i suoi
colleghi, possa fare una rilettura attenta dei quesiti, magari
riordinati dagli uffici della Commissione, per aiutarci nel
nostro lavoro dandoci risposte puntuali. Per quanto riguarda
la richiesta del collega Galasso circa gli omissis, per
esempio, ricordo che le risposte sarebbero comunque coperte da
segreto dato che la Commissione ha i poteri dell'autorità
giudiziaria e rispetterebbe il segreto.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Sicuramente. Già sulla base degli appunti che ho
raccolto personalmente potrò anticipare agli altri colleghi le
domande dei commissari.
  MASSIMO BRUTTI. Dottor Natoli, può dirci già oggi
qualcosa sulle modalità dell'afflusso del voto mafioso
sull'uno o sull'altro esponente di partito, cioè sul modo in
cui si contrattano e si orientano i voti?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Su questo non posso che rifarmi a quello che,
anche in questi giorni, ha ribadito Calderone che, se i miei
ricordi sono corretti, è stato l'unico a fare una
quantificazione, peraltro basata solo su elementi di deduzione
logica.
   Da quanto ci è stato spiegato risulterebbe, stranamente,
che le modalità di orientamento del voto non si estrinsecano
in attività di tipo intimidatorio diretto. Gaspare Mutolo mi
ha detto: all'interno di un certo quartiere o di un paese i
miei compaesani o concittadini sapevano perfettamente chi ero,
per cui, pur non conoscendo le mie attività criminali in
dettaglio, sapevano che mi collocavo nell'ambiente in maniera
diversa da altri. Quindi, se chiedevo una cortesia mi veniva
fatta.
   Un altro collaboratore, invece, Vincenzo Calcara,
riferendo sue esperienze personali su elezioni comunali o
provinciali nel suo territorio (il comune di Castelvetrano o
la provincia di Trapani), ha affermato che lui ed altri, anche
in questo caso conosciuti per il loro modo di
                         Pag. 245
atteggiarsi all'interno del paese, chiedevano questi "favori"
e poi si limitavano a passare, nel giorno della consultazione
elettorale, davanti alla sezione elettorale o alle case delle
persone a cui si erano rivolti per ricordare che erano
presenti. Calcara è sceso maggiormente in dettaglio anche su
modalità di presunto controllo del voto spiegandoci però che
l'importante era avvalorare l'idea che erano in grado di
controllare il voto. Si diceva: attenzione, devi votare i
numeri 1 e 4 (quando il voto era plurimo) oppure il 4 e l'1
perché, controllando questa combinazione, sapremo se ti sei
attenuto all'indicazione che hai ricevuto. Questo è il massimo
che personalmente sono riuscito ad ottenere.
  PRESIDENTE. E' stato chiesto se vi siano elementi a
proposito dei rapporti tra Lima e Siino. Al riguardo ritiene
di poter rispondere adesso, dottor Natoli?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Preferirei di no, anche perché non sono tra i
titolari di quest'indagine.
  PRESIDENTE. A cosa si riferivano le dichiarazioni sui
settori istituzionali deviati?
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Signor presidente, in merito a tale aspetto, non
posso che rifarmi, puntualmente, al contenuto del comunicato
stampa della procura - che è recentissimo -, in quanto
riassume la volontà di tutti i componenti...
  PRESIDENTE. Dottor Natoli, mi permetta di insistere su
questa domanda.
   Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo
interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta pubblica.
   Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  MASSIMO SCALIA. Vorrei insistere su una questione, cioè
quella relativa ad un primo rapporto dei ROS, del 2 marzo
1991, al quale non ha fatto seguito alcuna azione, ed al
secondo rapporto ...
  PRESIDENTE. Sì, onorevole Scalia ma vi è un processo in
corso...
  MASSIMO SCALIA. Desideravo dal dottor Natoli una
risposta sui due rapporti dei ROS, uno del 2 febbraio 1991,
l'altro recentissimo, di venerdì, il quale non risulta coperto
da nulla e che, almeno da quanto ho appreso dalle
dichiarazioni della stampa, sembra sia stato dichiarato
inutilizzabile da parte dei 18 sostituti della procura di
Palermo.
  PRESIDENTE. Onorevole Scalia, mi perdoni ma credo di
poter rispondere io alla sua domanda. In questi giorni è in
corso un dibattimento su un primo rapporto. In merito al
secondo rapporto, devo dire che la Commissione antimafia ha
chiesto al procuratore distrettuale di Palermo di fornirle in
merito tutte le possibili informazioni.
  CARLO D'AMATO. Anzitutto, desidero dar atto al dottor
Natoli della grande disponibilità dimostrata. Voglio comunque
ricordare che da più parti è stato sollevato - perché
nell'ordinanza se ne fa cenno - il problema del ruolo di
alcuni settori della magistratura rispetto alla presunta
impunità che si realizzava nel rapporto mafia-politica. Su
questo punto, non ci è stata data alcuna risposta.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Non vi è stata data una risposta diretta!
                         Pag. 246
   PRESIDENTE. Vorrei che i colleghi comprendessero la
difficoltà in cui viene a trovarsi il dottor Natoli, dovendo
rispondere a questioni che riguardano l'ufficio nel suo
complesso.
  CARLO D'AMATO. Lo comprendiamo benissimo, dottor Natoli.
  PRESIDENTE. Comunque, credo che inviare all' ufficio del
dottor Natoli le domande poste dai commissari risolva il
problema.
  ALFREDO GALASSO. Gradirei una precisazione anche per una
forma di correttezza nei rapporti con i magistrati qui
presenti.
   Nell'opinione pubblica resta aperta una questione spinosa,
disorientante, a cui ha fatto riferimento anche il presidente.
E' diritto-dovere della Commissione e dei parlamentari
conoscere i dati esatti di una questione in merito alla quale
ho compreso la risposta del dottor Natoli, proprio perché mi
rendo conto di quanto sia estremamente delicata. Ma non posso
non sottolineare come la mancanza di conoscenza da parte del
Parlamento e dell'opinione pubblica finisca con l'alimentare
ogni possibile illazione, con danni incalcolabili, in questo
momento, nei confronti della credibilità dell'azione
giudiziaria. La mia osservazione è mossa solo da un'esigenza
di trasparenza, non dal desiderio di mettere il naso in chissà
che cosa.
   Tuttavia, mi rendo conto che una cosa è ritenere opportuno
di ricorrere al segreto perché vi sono indagini in corso,
altra cosa è dire che non è importante che ne veniamo a
conoscenza perché non si tratta di affari nostri. Ovviamente,
non è certo quest'ultima l'interpretazione che ho dato alle
parole del dottor Natoli. Voglio soltanto sottolineare che
quando non sono chiari i termini della questione si rischia di
ingenerare qualunque tipo di sospetto. E poiché credo che il
dottor Natoli sappia benissimo che nell'opinione pubblica è
sempre presente il rischio che lo scontro non si limiti al
settore politico ma investa anche quello della magistratura,
ritengo che egli si renda conto dell'opportunità di
disinnescare tale rischio il più rapidamente possibile.
  PRESIDENTE. Nel ringraziare il dottor Natoli, dichiaro
conclusa l'audizione odierna.
  GIOACCHINO NATOLI, Sostituto procuratore della
Repubblica presso la Direzione distrettuale antimafia di
Palermo. Nel ringraziare anch'io il presidente e tutti i
componenti la Commissione antimafia, mi auguro che il mio
ufficio possa fornire risposte più esaurienti, rispetto a
quelle che sia io sia il dottor Spallitta abbiamo potuto
offrirvi oggi.
(Il dottor Natoli viene accompagnato fuori
dell'aula).
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. Desidero darvi lettura della lettera che
intendo inviare ai Presidenti della Camera e del Senato a
proposito dell'interrogazione relativa al collega Rapisarda:
"Nel corso della seduta della Commissione del 15 ottobre, il
senatore Santi Rapisarda chiese che fosse accertata la
fondatezza delle affermazioni contenute in una interrogazione
parlamentare e concernenti lo stesso senatore.
   In quella circostanza, adempiendo ad un mandato ricevuto
dalla Commissione nella seduta del 6 ottobre 1992, assicurai
di compiere gli opportuni accertamenti e di informare i
Presidenti delle Camere qualora l'interrogazione fosse
risultata priva di fondamento.
   Interessai immediatamente il procuratore della Repubblica
presso il tribunale di Milano, dottor Borrelli, e la direzione
per la vigilanza creditizia e finanziaria della Banca
d'Italia, affinché appurassero rispettivamente se quanto
indicato nell'interrogazione rispondesse a verità.
   Il procuratore della Repubblica di Milano, in merito a
contatti del senatore Rapisarda con persone successivamente
inquisite nel processo "Duomo connection",
                         Pag. 247
 confermò l'esistenza in atti di una fotografia del senatore
Rapisarda in compagnia di altre persone, ma precisò che mai il
senatore Rapisarda entrò nel novero delle persone indagate
dalla procura della Repubblica di Milano non essendo emerse a
suo carico né allora, né successivamente, notizie o ipotesi di
reato.
   Quanto poi alla notizia circa un presunto credito di un
miliardo, esente da interessi e privo di garanzie, concesso al
medesimo senatore dalla Banca popolare di Belpasso, la
direzione per la vigilanza creditizia e finanziaria della
Banca d'Italia ha trasmesso a questa Commissione una relazione
riguardante i rapporti tra la summenzionata Banca popolare e
il senatore Rapisarda. Dalla relazione emerge che il senatore
Rapisarda, nell'arco di tempo dal 1979 al 1992, ha ottenuto
diversi affidamenti per un ammontare complessivo inferiore
alla somma indicata nell'interrogazione, che comunque questi
affidamenti erano tutti garantiti da beni immobili e crediti
patrimoniali, infine che il senatore Rapisarda ha corrisposto
interessi oscillanti negli anni in questione tra il 16 e il 22
per cento.
   Alla luce di quanto esposto, i fatti denunciati
nell'interrogazione parlamentare risultano sprovvisti di
qualsiasi fondamento".
   Trasmetterò questa lettera ai Presidenti della Camera e
del Senato.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Desidero informare la Commissione che la
settimana prossima sarà piuttosto piena di impegni.
   Martedì mattina alle 10 avrà luogo una riunione
dell'ufficio di presidenza con la commissione antimafia del
Consiglio superiore della magistratura, mentre nel pomeriggio
alle 18 incontreremo la Direzione distrettuale antimafia di
Catania.
   Chiedo in proposito di essere autorizzato ad inviare a
quella procura le domande che sono state rivolte ai magistrati
di Palermo, affinché si renda ben conto del tenore dei nostri
quesiti, salva restando la possibilità di formularne di nuovi.
   E' pervenuta in casella la richiesta di formulare le
domande relative all'interrogatorio di Calderone, che si
svolgerà mercoledì mattina. E' inutile dire prima dove avrà
luogo, in quanto un pullman accompagnerà i componenti della
Commissione; possiamo fissare un appuntamento qui per le 9 di
mercoledì prossimo.
   Venerdì mattina avremo infine un incontro con la procura
distrettuale di Caltanissetta.
   Vi prego pertanto di far pervenire entro lunedì, anche via
fax come è scritto nella lettera, le domande che
intenderete porre, così da avere il tempo di riformularle e
sistemarle al meglio.
  MAURIZIO CALVI. Dal momento che nella prossima settimana
i senatori saranno impegnati in Aula per l'esame del decreto
n. 384 del 1992, pregherei l'onorevole Violante di informare i
Presidenti della Camera e del Senato degli impegni di questa
Commissione.
  PRESIDENTE. Informeremo i Presidenti della Camera e del
Senato della questione, evidenziando come si tratti di
adempimenti non rinviabili. Si consideri che nell'uno e
nell'altro ramo del Parlamento la competenza spetta ai
capigruppo; comunque è importante che i Presidenti siano
informati.
  MASSIMO BRUTTI. Non ho voluto chiedere al dottor Natoli
di essere più preciso sulle ultime questioni, anche perché
vedo addensarsi su Palermo una nuova stagione di difficoltà,
conflitti interni e veleni; vorrei che tutti noi facessimo il
possibile per evitare che ciò accada. Tuttavia la questione
deve essere affrontata e chiederei di investire il presidente
della Commissione di un mandato specifico al riguardo.
   In un comunicato pubblico sottoscritto dal magistrato che
attualmente regge la procura della Repubblica di Palermo e da
                         Pag. 248
numerosi altri (vi sono diciotto firme in calce a tale
documento) ci si pronuncia sull'inattendibilità di un
teste senza aver visto il contenuto delle sue
deposizioni rese davanti ad altra autorità giudiziaria.
Contemporaneamente vengono formulate alcune valutazioni -
forse si dice qualcosa di più - circa deviazioni di settori
istituzionali.
   Vorrei che dessimo mandato al presidente di prendere tutte
le iniziative necessarie perché sia fatta subito chiarezza
sulla questione posta e si eviti il crescere di
contrapposizioni e conflitti.
   Considero improprio questo comunicato pubblico e avrei
preferito che quei magistrati non lo firmassero. Ritengo si
debbano assumere iniziative per superare il problema che si
sta delineando, per cui vorrei che il presidente si attivasse
in questo senso.
  PRESIDENTE. Forse la questione può essere affrontata in
ufficio di presidenza. Vi è un problema assai delicato: più
volte la procura di Palermo è stata oggetto di scontri tra
istituzioni, tra parti politiche, usata come una sorta di
palla da baseball. Vorrei evitare, se possibile,
adempiendo fino in fondo i nostri compiti, di essere una della
parti, anche perché si rischia di essere coinvolti in un gioco
che non conosciamo.
  MASSIMO SCALIA. Condivido pienamente quanto detto dal
collega Brutti perché il documento firmato dai diciotto
magistrati cui ha fatto più volte riferimento è onestamente
molto preoccupante, in quanto esprime chiaramente una
valutazione sulla messa a disposizione di informazioni da
parte di un collaboratore della giustizia, prescindendo dalla
lettura di ciò che questi diceva.
   Vorrei capire se, a fronte delle preoccupazioni ora
avanzate, che condivido, non possiamo averne una di segno
diverso: in questo momento, ove le dichiarazioni del
collaboratore della giustizia corrispondessero a realtà,
potrebbe avanzarsi un'ipotesi del tutto diversa secondo cui
qualcuno starebbe cercando di non far arrivare informazioni
pesantissime che descrivono esattamente come avviene lo
scambio.
   Tutti sappiamo abbastanza in ordine ai veleni del palazzo
di Palermo, per cui sono molto sconcertato di fronte al fatto
- credo di non sbagliarmi - che tutti i sostituti procuratori
di Palermo hanno firmato il documento. Mi sembra un episodio
di integralismo che vedo sempre con sospetto.
   Chiedo dunque al presidente, non avendo prima ben
compreso: tra le iniziative assunte vi è anche quella di
richiedere per la Commissione questo rapporto?
  PRESIDENTE. Abbiamo chiesto di acquisire dati prima a
Catania, quindi, non essendone più quella procura in possesso,
a Palermo; in ogni caso i magistrati della procura
distrettuale di Catania saranno ascoltati martedì, per cui
avremo modo di chiedere loro informazioni.
   Comunque, le dichiarazioni di questo pentito riguardano
allo stato tre questioni distinte: due - gli appalti relativi
all'ospedale e al comune di Trecastagni - concernono Catania,
la terza si riferisce ai magistrati. A Catania è rimasta la
parte riguardante l'ospedale, tutto il resto è andato a
Palermo, mentre a Caltanissetta sono rimasti frammenti di
dichiarazioni che riguarderebbero i magistrati.
  ALFREDO GALASSO. E' nostro compito ricomporre il quadro.
  PRESIDENTE. Infatti abbiamo chiesto l'acquisizione dei
dati.
La seduta termina alle 13,50.

 


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