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Violante: seduta 22

Violante: seduta 22
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                         Pag. 821
AUDIZIONE DEL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI
                FIRENZE, DOTTOR PIERLUIGI
VIGNA, E DEI MAGISTRATI DELLA DIREZIONE DISTRETTUALE
                   ANTIMAFIA DI FIRENZE
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                           indi
             DEL VICEPRESIDENTE CARLO D'AMATO
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione del procuratore della Repubblica di
Firenze, dottor Pierluigi Vigna, e dei magistrati
della direzione distrettuale antimafia di Firenze:
Violante Luciano, Presidente ...................... 823, 824
                      826, 829, 831, 832, 833, 835, 839, 844
D'Amato Carlo, Presidente ......................... 839, 840
                                     845, 846, 847, 848, 849
Angelini Piero Mario ................................... 837
Brutti Massimo ............................... 831, 839, 844
Butini Ivo ............................................. 842
Cabras Paolo ........................................... 841
Cutrera Achille ........................................ 837
Della Monica Silvia, Sostituto procuratore della
Repubblica di Firenze, addetto alla direzione
distrettuale antimafia ................................. 849
                         Pag. 822
De Matteo Aldo ......................................... 836
Ferrara Salute Giovanni ................................ 838
Galasso Alfredo ................................... 832, 842
Garofalo Carmine ....................................... 838
Grasso Tano ............................................ 843
Imposimato Ferdinando ............................. 840, 841
Matteoli Altero .......... 825, 831, 833, 834, 835, 845, 848
Nicolosi Giuseppe, Sostituto procuratore della
Repubblica di Firenze, addetto alla direzione
distrettuale antimafia ................................. 832
Rapisarda Santi ........................................ 835
Tripodi Girolamo ....................................... 836
Vigna Pierluigi, Procuratore della Repubblica di
Firenze ............................ 823, 824, 825, 826, 829
       831, 832, 833, 834, 840, 841, 844, 845, 846, 847, 848
Zuffa Grazia  .......................................... 838
Sostituzione di un componente della
Commissione:
Violante Luciano, Presidente  .......................... 823
                         Pag. 823
La seduta comincia alle ore 9,40.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Sostituzione di un componente della Commissione.
  PRESIDENTE. Comunico che, in data 19 gennaio 1993, il
Presidente del Senato ha chiamato a far parte della
Commissione d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre
associazioni criminali similari il senatore Francesco Alberto
Covello, in sostituzione del senatore Albino Fontana
dimissionario.
   Il senatore Covello è presente e, nel ringraziarlo,
formulo un reciproco augurio di buon lavoro.
Audizione del procuratore della Repubblica di Firenze,
dottor Pierluigi Vigna, e dei magistrati della direzione
distrettuale antimafia di Firenze.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
procuratore distrettuale antimafia di Firenze, dottor
Pierluigi Vigna, e dei magistrati della direzione distrettuale
antimafia di Firenze.
   Sappiamo che questi magistrati svolgono un eccellente
lavoro in Toscana. Li ringraziamo per la loro attività e do
subito la parola al dottor Pierluigi Vigna.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Ringrazio il presidente e i membri di questa
Commissione. Se essi fossero d'accordo, riterrei di compiere
una brevissima ricognizione sulla struttura della direzione
distrettuale antimafia presso la procura di Firenze, cercando
di mettere in luce alcuni problemi che abbiamo dovuto
affrontare; successivamente passerei, essendo naturalmente a
loro disposizione gli atti, all'enunciazione di alcuni dati
statistici circa il numero delle persone indagate; infine, nei
limiti in cui mi è consentito dallo stato delle indagini,
vorrei accennare ad alcuni dei principali procedimenti in
corso, il che darà modo di capire quali insediamenti di tipo
mafioso vi siano nella nostra regione.
   Subito dopo l'entrata in vigore del decreto-legge n. 367
del 1991, fu da me istituita la direzione distrettuale
antimafia presso la procura di Firenze. Essa è composta dai
colleghi Della Monica, Cassano e Nicolosi, che mi assistono in
questa audizione.
   Tale direzione è dunque composta di tre magistrati. Si
tenga presente che l'organico dei sostituti procuratori di
Firenze, dopo gli aumenti previsti per la direzione
distrettuale antimafia, è di sedici magistrati, ma in realtà i
sostituti procuratori attualmente in servizio presso la
procura sono quattordici. In precedenza erano tredici e per
periodi abbastanza lunghi l'ufficio è stato retto solo da nove
sostituti. L'organico attuale è, quindi, di sedici sostituti,
un procuratore aggiunto e un procuratore della Repubblica, ma
in realtà i sostituti in forza alla procura, anziché sedici,
sono quattordici e tre di essi fanno parte della direzione
distrettuale antimafia.
   Il primo problema affrontato e molto dibattuto anche nel
corso degli incontri che si ebbero con il procuratore
nazionale antimafia aggiunto, dottor Di Gennaro, fu se tali
magistrati dovessero occuparsi solo
                         Pag. 824
dei procedimenti per i delitti di mafia indicati
dall'articolo 51, comma 3-bis del codice, oppure no.
   Ho dato soluzione positiva a questo problema. I colleghi
però, per non gravare troppo, anche dal punto di vista
psicologico, gli altri magistrati del nostro ufficio, per loro
spontanea volontà hanno voluto continuare a gestire i
precedenti procedimenti che già avevano seguito, ma per quanto
riguarda i procedimenti instaurati dopo l'entrata in vigore
del decreto-legge n. 367 del 1991 ad essi vengono attribuiti
solo i procedimenti relativi ai delitti di mafia.
   Tali colleghi, per razionalizzare le misure di
prevenzione, sono anche destinatari esclusivi della
trattazione delle misure di prevenzione relative a soggetti
sospettati di appartenere ad associazioni mafiose, mentre le
misure di prevenzione relative a soggetti genericamente
pericolosi sono attribuite ad un altro magistrato
dell'ufficio.
   I colleghi della direzione distrettuale antimafia non solo
seguono i procedimenti relativi ai delitti di mafia, ma anche
il turno di urgenza unicamente per questi delitti. In altri
termini, nel nostro ufficio sono stati formati due turni
d'urgenza, uno per la criminalità comune, l'altro
specificamente per i delitti di mafia. Quindi i colleghi si
ripartiscono ogni mese in tre turni di urgenza esterna.
Ovviamente i loro nominativi vengono tempestivamente
comunicati, in relazione ai turni, a tutti gli organi di
polizia del distretto.
   Ho riservato a me le funzioni che la legge prevede possa
svolgere il procuratore della Repubblica o un suo delegato per
quanto riguarda l'organizzazione e la guida della direzione
distrettuale antimafia.
   E' da tener presente che questi tre colleghi (ciò spiega
anche, insieme alle loro capacità, l'ottimo funzionamento di
questo organismo a Firenze) già facevano parte di un
pool che si interessava in precedenza di tutti i reati
in tema di sostanze stupefacenti. Quindi, per me è stato
abbastanza facile individuare come membri della direzione
distrettuale antimafia questi tre colleghi che, oltre
all'esperienza nel settore degli stupefacenti, ne avevano una
specifica nei vari settori del crimine organizzato.
   Abbiamo avuto cura, proprio mentre era in corso
l'approvazione del decreto-legge e subito dopo la conclusione
dell'iter, di procedere ad una serie di riunioni, innanzitutto
stimolate dal procuratore generale, con i procuratori e poi
con le forze di polizia del distretto per impartire le prime
direttive, che poi ho messo per iscritto. Tali direttive
riguardavano innanzitutto le procedure relative alla
comunicazione delle notizie di reato concernenti questi
determinati delitti, indirizzate quindi non più al procuratore
del luogo, ma al procuratore distrettuale, anche se per mia
scelta contemporaneamente doveva essere informato il
procuratore del luogo per ragioni di correttezza
istituzionale; inoltre, la spiegazione di tutta la normativa
riguardante gli arresti in flagranza, i fermi e via dicendo.
   Il secondo problema affrontato fu quello relativo
all'utilizzazione della polizia giudiziaria. Il decreto-legge
n. 152 del 1991 all'articolo 12 prevede che, per le indagini
sul crimine organizzato, il procuratore della Repubblica debba
di regola avvalersi dei servizi interprovinciali, quindi della
Criminalpol, dei ROS, dei GICO della guardia di finanza.
  PRESIDENTE. Anche della DIA.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Questa è a livello centrale e successivamente ne
parlerò.
   Tutto ciò è stato fatto seguendo le indicazioni del
legislatore. D'altra parte, se la competenza della procura
distrettuale è interprovinciale, è chiaro che il referente
deve essere un organismo di polizia giudiziaria
interprovinciale. Noi, anche nel caso in cui la notizia di
reato provenga da un organo locale, ad esempio la squadra
mobile di Livorno, non depotenziamo l'organo locale, che va
sempre valorizzato, ma uniamo ad esso nell'investigazione
anche l'organo interprovinciale.
                         Pag. 825
 Ad esempio, se la notizia di reato proviene dalla squadra
mobile, coinvolgiamo la Criminalpol, se proviene dai
carabinieri, il ROS, infine, se proviene dalla guardia di
finanza, il GICO. Integriamo quindi il livello superiore con
quello locale.
   Siamo inoltre giunti ad ottimali forme di collaborazione
fra i vari servizi interprovinciali, nonché tra i carabinieri
e la squadra mobile. L'ultimo servizio è stato effettuato
pochi giorni fa, con l'arresto e la perquisizione di varie
persone, dal GICO della guardia di finanza e dal ROS dei
carabinieri.
   Proprio in questi giorni diviene funzionante a Firenze una
struttura periferica della divisione investigativa antimafia,
organismo con il quale avevamo già avuto rapporti a livello
centrale per certe indagini. Si tratterà ora di individuare,
nell'attuale situazione normativa, lo spazio di azione della
nuova struttura periferica della divisione investigativa
antimafia. La legge istitutiva prevede anzitutto che la DIA
debba svolgere le indagini in stretto collegamento con le
altre forze di polizia, un dovere di collaborazione di tutti
gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria nei suoi
confronti e che, in caso di indagini collegate svolte dalla
DIA e dai servizi interprovinciali, questi ultimi debbano
fornirle un supporto informativo e svolgere gli accertamenti
che essa richieda.
   Ritengo che la DIA sia un organismo soprattutto destinato
in questa fase, permanendo i servizi interprovinciali, allo
studio del fenomeno e delle articolazioni dello stesso. Il
fatto interessa in quanto serve a ricostruire il fenomeno
organizzativo in una certa regione.
   Cerco di dare spazio, in base alla nuova legislazione di
giugno, anche alle intercettazioni preventive, che sono
delegate dal ministro dell'interno e servono a conoscere
l'andamento di un fenomeno anche quando non emergano notizie
di reati (pronti sempre a trasformare tali intercettazioni
preventive in intercettazioni investigative quando emergano
notizie di reato).
   Sono state avviate altre iniziative dopo l'istituzione
della DDA. Mi sono mosso al fine di sensibilizzare le
categorie e le associazioni produttive, sia a livello
fiorentino sia a livello regionale, facendo prendere personali
contatti dal dirigente della Criminalpol con gli esponenti di
tali realtà e con le organizzazioni sindacali delle varie zone
della Toscana. Ciò è potuto avvenire grazie al supporto della
prefettura e del comune ed è stato attuato mutuando l'idea
dalla normativa sulla limitazione dell'uso del denaro contante
in funzione antiriciclaggio. Come il bancario che ha un
sospetto lo comunica a determinati organi di polizia, che
iniziano le investigazioni atte ad appurare se il sospetto si
traduca o meno in notizia di reato, così, a volte, le
associazioni di categoria possono percepire (mi riferisco
anche alla Camera di commercio) certi mutamenti di assetti,
certi trasferimenti di beni, che non sono di per sé
indicativi, ma che, attraverso una segnalazione all'organo di
polizia, possono servire ad un eventuale sviluppo
investigativo.
   Con il comune e con la prefettura è stata iniziata,
secondo certi criteri, una mappatura delle cessioni di
esercizi pubblici, per vedere se determinati tipi di esercizi
pubblici, bar...
  ALTERO MATTEOLI. Parlando di prefettura e di comune si
riferisce solo a Firenze?
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. A Firenze! Tuttavia, attraverso riunioni indette
dal prefetto di Firenze, la cui autorità è sovraprovinciale,
questo messaggio è stato trasmesso anche ai prefetti delle
altre province affinché si cercasse di avviare una mappatura
rispondente a determinati criteri su certi trasferimenti di
determinati esercizi.
   Un altro problema che ci siamo trovati ad affrontare e che
presenta importanti risvolti è quello del rapporto con le
altre procure del distretto. Tale rapporto non ha ingenerato
problemi, sia perché ci conoscevamo da tempo con i colleghi
                         Pag. 826
sia perché si è sempre raggiunto un accordo sulla
qualificazione di un fatto come delitto di mafia oppure no.
Posso dire che vi è stato un solo caso di conflitto positivo
tra la nostra procura distrettuale ed un'altra, che è stato
rapidamente risolto dal procuratore generale presso la corte
d'appello di Firenze con l'attribuzione della legittimazione
alle indagini alla procura distrettuale, secondo quanto avevamo
prospettato. Non ci sono particolari problemi, almeno io non li
ho colti.
   Come risulta dalle statistiche che tra breve illustrerò,
il procuratore della Repubblica si trova o potrà trovarsi di
fronte al problema di ampliare il ruolo della DDA e quindi il
numero dei magistrati che vi attendono. Gli attuali componenti
della struttura stanno infatti conducendo una vita piuttosto
faticosa.
   Sono del parere che la DDA abbia bisogno, per funzionare
al meglio, di un estremo accordo tra coloro che la compongono.
Deve esistere una circolazione interna di notizie franca e
leale, non devono sussistere gelosie investigative e deve
prodursi la massima collaborazione possibile. Come ho detto ai
miei colleghi in un discorso che non ho difficoltà a ripetere
in questa sede, ritengo che gli stessi colleghi, non appena
reputino opportuno ampliare la struttura, debbano indicarmi i
magistrati idonei a rinforzare il pool, riservandomi
naturalmente le valutazioni relative al possesso da parte dei
colleghi presi in considerazione dei requisiti previsti dalla
legge per l'appartenenza alla DDA. Sottolineo nuovamente,
tuttavia, che tengo molto all'affiatamento interno.
   Questo affiatamento è basato innanzitutto sulle doti di
carattere dei colleghi; in secondo luogo, seguiamo il sistema
della assegnazione congiunta dei procedimenti, che vengono
appunto assegnati a tutti i magistrati della DDA, che
ovviamente non compiono insieme tutti gli atti necessari, ma
privilegiano ciascuno uno specifico settore di lavoro, con
l'avvertenza tuttavia che, quando si renda necessario
effettuare atti significativi di un procedimento o che possono
riguardare più procedimenti, questi vengono compiuti insieme
da tutti i magistrati del pool. Valga l'esempio
dell'interrogatorio di Messina o di persone importanti (il
caso di Mutolo) in relazione a più procedimenti.
   Partecipo qualche volta direttamente a queste attività di
indagine; inoltre ricevo dai colleghi tutti gli atti più
rilevanti di ciascun procedimento, in modo da avere una
visione dei vari procedimenti, che, se ve ne fosse bisogno (ma
non ve ne è, stante il continuo scambio di informazioni) mi
permetta di segnalare i vari punti di collegamento.
   Ho con me un tabulato contenente tutti i procedimenti
relativi alla DDA, che consente di individuare attraverso il
sistema computerizzato le posizioni dei soggetti indagati.
  PRESIDENTE. Quali elementi sono computerizzati?
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Sono computerizzati i procedimenti, i nomi delle
persone indagate, i delitti loro attribuiti, le misure
cautelari richieste, le scarcerazioni e così via.
   Ritengo - ho parlato di questo con il procuratore
generale, che si è dimostrato molto disponibile - che possa
essere utile, per venire in aiuto al nostro lavoro, ricorrere
all'istituto dell'applicazione. In base all'articolo
110-bis dell'ordinamento giudiziario il procuratore
generale può infatti disporre applicazioni da altre procure
del distretto alla procura distrettuale.
   Questo sistema dell'applicazione di magistrati
appartenenti ad altre procure a quella distrettuale è, a mio
parere, molto importante almeno sotto tre profili. In primo
luogo, è importante perché non sempre i delitti attribuiti
alla nostra struttura sono intrinsecamente mafiosi: ci viene
ad esempio attribuita l'associazione per trafficare in
stupefacenti, perché normalmente tale attività fa capo a
personaggi che hanno collegamenti mafiosi, ma essa potrebbe
anche essere stata posta in
                         Pag. 827
essere da elementi locali che non hanno relazioni con la
mafia. In tali casi l'esperienza del collega del luogo, che
magari ha già iniziato il procedimento e dovrebbe passarlo di
mano, può essere utilmente sfruttata mediante l'applicazione
alla procura distrettuale.
   In secondo luogo, questo sistema serve a potenziare lo
spirito di colleganza e di iniziativa investigativa che deve
animare i colleghi delle varie procure.
   In terzo luogo, come loro sanno, in attesa dell'auspicata
istituzione del giudice distrettuale, la competenza per i
dibattimenti è radicata presso i vari organi giudicanti,
presso i quali dovranno trasmigrare (salvo il caso eccezionale
dell'applicazione di colleghi appartenenti ad altre procure da
parte del procuratore generale) i magistrati della DDA. Alcuni
procedimenti sono già giunti alla fase del dibattimento: la
collega Della Monica sarà impegnata per tre mesi a Firenze in
un grande processo e la collega Cassano per un mese ed oltre.
Ebbene, in tale situazione, l'attività investigativa della DDA
subisce una flessione e pertanto, soprattutto per i
procedimenti nati fuori, il collega applicato diviene il
naturale destinatario delle funzioni di pubblico ministero
presso il giudice del luogo ove il reato è stato consumato.
Questo in attesa dell'auspicata istituzione del giudice
distrettuale, che, secondo me, non ponendosi in contrasto con
alcuna norma costituzionale, consentirà di risolvere
numerosissimi problemi pratici, evitando anche in certe zone
possibili pressioni ambientali delle organizzazioni criminali
in particolare sui giudici togati e consentendo di applicare
norme processuali, anche favorevoli all'imputato, oggi non
applicabili. Per esempio, la riunione dei processi per
influenza di prova attualmente è consentita solo qualora gli
stessi pendano davanti al medesimo giudice, per cui risulta
impossibile se pendono davanti al giudice di Pistoia e a
quello, pur vicino, di Prato.
   La strumentazione del nostro ufficio è costituita dai
computer che ciascun magistrato ha. Anzi, ora me ne
vengono richiesti - penso di essere in grado di soddisfare
tale esigenza - due perché in tal modo il segretario può
occuparsi del lavoro amministrativo, mentre il magistrato e il
suo collaboratore possono svolgere l'attività di indagine.
   Abbiamo anche un apparato per la videoregistrazione degli
atti d'indagine. Debbo dire molto francamente che questo
apparato, per mancanza di spazi nella procura, è stato
installato presso la sezione di polizia giudiziaria, che è un
po' distante, per cui è scarsamente utilizzabile.
   La procura della Repubblica di Firenze, grazie alla
sensibilità del nuovo assessore all'edilizia, fra pochi giorni
vedrà liberarsi e mettere a sua disposizione nuovi locali
(purtroppo a Firenze vi è una frantumazione di locali
giudiziari in attesa del famoso nuovo palazzo di giustizia).
Comunque noi non stavamo più lì, né ci stava il tribunale;
quindi trasmigreremo nella vicina piazza della Repubblica,
passando da circa 700 a 1.700 metri quadrati. Nei nuovi locali
sarà collocato anche questo impianto di videoregistrazione
che, a mio parere, è importante soprattutto per raccogliere
dichiarazioni di collaboratori: il sistema esatto di
documentazione dell'atto può far cadere riserve e
problematiche connesse a questo istituto.
   Ho qui con me alcuni dati statistici che sono stati
elaborati e che naturalmente sono a loro disposizione.
   Questa documentazione vede attualmente 804 persone
sottoposte alle indagini per delitti di mafia (loro sanno
benissimo che questa struttura funziona da un anno ed un
mese): 69 sono quelle attualmente indagate per l'articolo
416-bis del codice penale; 311, per l'articolo 74 del
testo unico delle leggi sugli stupefacenti; 28, per delitti
aggravati dall'articolo 7 della legge n. 203 del 1991; 290,
per l'articolo 416-bis del codice penale e l'articolo 74
del testo unico delle leggi sugli stupefacenti; solo una, per
l'articolo 630 del codice penale. Sono state tratte in arresto
- i dati come voi comprenderete sono in continua evoluzione,
                         Pag. 828
 per cui forse sono da fare alcune aggiunte - 113 persone,
delle quali solo 6 sono state poi rimesse in libertà.
   Consegnerò alla presidenza questi dati statistici, cui si
accompagnano alcune spiegazioni ed elaborazioni grafiche per
rendere l'idea dei vari tipi di procedimento e di delitti,
dati che sono a mio parere di una dimensione notevole.
   L'istituzione della Direzione distrettuale antimafia ha
rivelato a noi, e a me per primo, un mondo sconosciuto. Non vi
era da parte mia e penso neppure dei colleghi un'idea di
quello che poteva essere il collegamento o l'insediamento con
cosche mafiose nella regione toscana. L'idea è stata quindi
facilissima, perché si trattava di parametrare l'organo
dell'indagine sull'organizzazione criminale. Non si può fare
diversamente se non attribuire un più vasto respiro
territoriale ed una più vasta conoscenza del fenomeno ad un
organo che deve indagare su fenomeni i quali non sopportano
per loro natura limitazioni territoriali. Sono diventati più
facili i collegamenti; loro sanno che i punti di indagine per
questi delitti son passati da 161 a 26, per cui tutto è stato
maggiormente facilitato.
   Passerò a considerare alcuni problemi oltre a quelli cui
ho già accennato.
   Abbiamo il problema, accanto a quello della DDA, del
rafforzamento dell'ufficio del giudice per le indagini
preliminari, che, come loro sanno, è il nostro interlocutore
per tutta una serie di atti procedimentali, dalle
intercettazioni alle misure cautelari. Tale ufficio è scarso
come numero e come supporti. Sono solo cinque i giudici che si
occupano di tutto: dei procedimenti ordinari e di quelli
connessi alle indagini preliminari. Loro comprendono che per
l'investigatore - come noi siamo, come mi ostino a dire - è
molto importante avere un'intercettazione in termini
brevissimi, sebbene pur potendola fare in via d'urgenza; di
fronte ad una richiesta di misura cautelare è essenziale non
che il GIP ce la dia, ma che decida in proposito. Se ce la
respinge adottiamo una diversa strategia investigativa:
possiamo fare le perquisizioni che nell'attesa rinviamo per
farle con la misura cautelare.
   I nostri giudici per le indagini preliminari sono quanto
di meglio si possa ritenere per l'impegno nel loro lavoro e
per la sensibilizzazione avuta verso questi processi, che
d'altra parte avevano trattato anche con il vecchio rito.
Tuttavia un potenziamento dell'ufficio del GIP come mezzi e
come personale di supporto sarebbe estremamente importante.
   Abbiamo già detto della distrettualizzazione auspicabile
del giudice, alla quale andrà accompagnata la
distrettualizzazione delle misure di prevenzione per questi
delitti.
   Restano alcuni problemi più pratici. Un mezzo
investigativo per eccellenza è l'intercettazione e loro sanno
di quante giuste cautele essa sia circondata, tanto che spetta
al GIP la competenza primaria a disporla. E' noto che, come
regola, le intercettazioni telefoniche normali debbono essere
eseguite con apparati installati presso le procure della
Repubblica, ma loro sanno che attualmente il mezzo
privilegiato di indagine è l'intercettazione dei cellulari e
quella ambientale. E' dunque sorprendente che le procure della
Repubblica italiana non siano dotate di strumenti per
effettuare tale tipo di intercettazione. Dobbiamo rivolgerci
agli organi di polizia, il che andrebbe bene se essi ne
fossero ampiamente forniti, o ricorrere, come noi facciamo e
come fanno tante altre procure, a ditte private, le quali
vengono nominate come persone in possesso di determinate
cognizioni ex articolo 348 comma 4 del codice di
procedura penale, cui paghiamo somme notevoli per il noleggio
degli apparati.
   Mi sono fatto carico di esporre questa situazione al
Ministero di grazia e giustizia. Ebbi anche un colloquio con
il presidente Verde, che prese a cuore il problema; so che
erano in corso - almeno quando ne parlai - contatti con il
Ministero dell'interno. Se il presidente ritiene, posso dare
copia della nota 12 giugno 1992 che inviai al Ministero di
grazia e giustizia per segnalare la questione.
                         Pag. 829
   Direi che il procedimento penale va meglio - sicuramente
sotto il profilo del pubblico ministero - dopo gli
aggiustamenti che sono stati apportati con il decreto-legge 8
giugno 1992, n. 306 convertito nella legge n. 357 approvata
nell'agosto successivo.
   Sicuramente il legislatore, modellando due tipi
procedimentali, uno più forte per le indagini di criminalità
organizzata ed uno normale per i procedimenti di criminalità
ordinaria, ha preso atto che quella della criminalità
organizzata è una realtà fattuale diversa da quella degli
altri procedimenti.
   Da qui l'idea di questo doppio binario, del quale troviamo
riscontro in varie norme. Significativi sono i maggiori tempi
concessi per le indagini, la proroga al coperto dei tempi
dell'indagine e tutto il resto.
   Residuano forse alcuni punti che devono essere ancora
esaminati. Li espongo con estrema franchezza.
   Il ricorso al tribunale della libertà avverso una misura
cautelare fatta dal GIP è diventato un espediente non tanto
per restaurare posizioni di libertà lese dal provvedimento,
quanto per conoscere gli atti dell'indagine. Come loro sanno,
mandiamo gli atti su cui si fonda la nostra richiesta al GIP,
il quale provvede; in presenza del ricorso al tribunale della
libertà, questi atti vengono messi a disposizione dei
difensori.
   I commissari si renderanno sicuramente conto del lavoro
materiale che il pubblico ministero è costretto a fare
distogliendo ore e giorni dal suo lavoro per le fotocopiature
degli atti da inviare al tribunale della libertà, perché
naturalmente deve seguitare le indagini. Deve oltretutto
occuparsi degli omissis, perché se in un processo contro
30 persone viene chiesta la misura cautelare contro 1,
manderemo ciò che riguarda la posizione di quel singolo.
Infatti, spesso, le dichiarazioni e le intercettazioni
relative a questa persona non sono estrapolate, sono tutte
racchiuse in un contesto di altre dichiarazioni. Vedo con un
certo disgusto (per il disdoro cui sono costretti i colleghi,
qualche volta con il mio aiuto), la circostanza per cui devono
prendere questi verbali, estrapolare, mettere pezzettini di
carta, fare le fotocopie e via dicendo. Oltretutto è un lavoro
difficilmente delegabile al collaboratore, perché richiede
l'individuazione dei vari punti dell'atto che possono essere
inviati.
   Come loro sanno, le soluzioni sono varie; una potrebbe
consistere nel mettere tutto a disposizione del giudice perché
rivaluti, se vuole, completamente il provvedimento del GIP.
   Vi sono persone che fanno uno, due, tre, quattro ricorsi
al tribunale della libertà; accade inoltre che, se vi sono
dieci indagati con misure cautelari, tali ricorsi vengano
fatti a catena proprio per seguire il corso delle indagini, il
che ci mette in grosse difficoltà.
   Probabilmente va ristrutturato l'incidente probatorio; su
questo già la Commissione Pisapia aveva predisposto e
presentato un elaborato, ma poi per le note vicende, per la
mancata ricostituzione e proroga del triennio non è stato
possibile rivederlo nel senso di una maggiore riservatezza.
Non è possibile che quando si rendono dichiarazioni in
incidente probatorio l'indagato abbia diritto ad essere
presente sempre e indiscriminatamente, quando loro sanno
meglio di me che la semplice presenza o il semplice sguardo
può costituire un'intimidazione.
  PRESIDENTE. La Commissione antimafia nella scorsa
legislatura aveva posto questi problemi.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Ho letto ed apprezzato la relazione della
Commissione. Occorre poi disciplinare - ma a questo proposito
la Commissione Pisapia aveva già individuato un sistema molto
idoneo - la trascrizione delle intercettazioni. Si tratta di
un aspetto molto importante, considerato che per questa
operazione si devono impiegare mesi. Peraltro la norma prevede
che il giudice per le indagini preliminari può autorizzare il
pubblico ministero a ritardare il deposito delle
                         Pag. 830
intercettazioni fino al termine delle indagini preliminari,
cioè fino alla richiesta di rinvio a giudizio. Ma una volta
ritardato il deposito chi fa la trascrizione fino al termine
delle indagini preliminari? La Commissione Pisapia era
dell'idea che alla trascrizione dovesse provvedere, con le
solite forme garantite, il presidente del tribunale o della
corte nei tempi morti degli atti preliminari al dibattimento,
vale a dire da quando viene fissata l'udienza al momento in
cui questa venga effettivamente svolta (ovviamente mettendo
prima a disposizione delle parti, attraverso il deposito, il
testo dei brogliacci e delle trascrizioni effettuate dalla
polizia giudiziaria).
   In queste indagini, a mio parere, ha molta importanza,
come ho già avuto modo di rilevare, il polo tecnologico che ho
in mente. Il procedimento penale, infatti, nella fase delle
indagini ha sempre maggiore bisogno di altre forme di
conoscenza piuttosto che del sapere giuridico. In sostanza, il
pubblico ministero, l'organo dell'indagine, ha bisogno di
avere conoscenze nel campo delle telecomunicazioni, delle
tecniche di riciclaggio, della medicina legale (nelle sue
centinaia di specializzazioni) e della balistica (nelle varie
specializzazioni). La scienza giustamente progredisce e gli
organi dell'indagine (mi riferisco anche a quelli di polizia)
non sempre conoscono il progresso della scienza che potrebbe
essere utile per le indagini. Non solo: il nostro Stato non si
preoccupa di seguire il progresso della scienza (non dico che
lo rallenti) per trovare gli strumenti che possano servire a
paralizzare il suo cattivo uso. Sapete meglio di me che
l'introduzione dei telefoni cellulari (l'evento più sciocco
del mondo) ha paralizzato decine e decine di inchieste sul
traffico di sostanze stupefacenti perché non si sapeva come
intercettarlo, né l'organo che produce questi apparati ha
interesse a fornire spiegazioni (in caso contrario credo che
il calo delle vendite sarebbe abbastanza evidente).
   Deriva da qui pertanto l'idea di un trust di
cervelli, non giuridici ma tecnici, situati dove si voglia,
che portino a conoscenza delle indagini i progressi della
scienza (dal DNA in poi), individuando nello stesso momento i
mezzi per entrare nel progresso tecnologico quando questo
venga sviato a fini illeciti.
   Vorrei brevemente fornirvi una traccia di alcuni
procedimenti. In linea generale dalla lettura degli atti,
possiamo constatare che la Toscana - che negli anni settanta
era la terza regione in Italia per l'invio di soggiornanti
obbligati dalla Sicilia e da altre regioni - è divenuta luogo
privilegiato di residenza e di insediamento sia di personaggi
mafiosi appartenenti alle correnti perdenti (aspetto
singolarissimo di cui l'esempio più significativo è quello di
Mutolo), sia di personaggi appartenenti alle correnti vincenti
(Giacomo Riina, Santapaola ed altri). Questa duplice presenza
è meravigliosamente rappresentata, come dicevo poc'anzi, da
Mutolo che, mentre gestiva i suoi notevoli traffici di armi e
stupefacenti in Toscana, nel contempo doveva continuamente
guardarsi dalle persone con cui instaurava alleanze affinché
non fossero corleonesi o persone ad essi vicine che avrebbero
potuto ucciderlo. Emerge, dunque, questo strano panorama.
   Più specificamente, abbiamo avuto un procedimento relativo
a Giacomelli Reno ed altri a proposito del quale sono indagate
sessantaquattro persone (trentasei in stato di custodia
cautelare) ed i delitti contestati sono quelli di associazione
mafiosa, traffico di stupefacenti, armi ed altro. Le indagini
partono dalla scoperta di un grosso traffico di armi pesanti,
esplosivi e almeno un congegno per attivazione di cariche
esplosive, che si sviluppa dalla Romagna (soprattutto da
Morciano) attraverso Montecatini Terme e la Sicilia
(soprattutto il catanese). Vi sono stati sequestri di armi ed
esiti produttivi derivati da intercettazioni. Le armi e le
munizioni venivano indicate come "giubbotti e bottoni"
(proprio in relazione ad una telefonata in cui si parlava
dell'arrivo di giubbotti e bottoni - con una operazione
apparentemente estemporanea dall'intercettazione, ma da questa
originata -
                         Pag. 831
furono sequestrate appunto armi e munizioni). Le
intercettazioni parlano anche di carichi di esplosivo che,
nell'estate del 1991, sarebbero arrivati a Catania.
  PRESIDENTE. Quindi la Toscana era una zona di passaggio,
ma da dove provenivano le armi?
  PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di
Firenze. Circa la provenienza siamo arrivati a stabilire
che almeno le armi dovevano provenire con quasi assoluta
certezza dal Belgio, transitando poi, ma non sempre, per la
Sardegna, giungendo infine in continente. Questo traffico era
interamente gestito dal gruppo emiliano-romagnolo
Riina-Giacomelli, che faceva poi transitare queste armi per la
Toscana per andare a finire in Sicilia attraverso camion.
  ALTERO MATTEOLI. Quindi le armi partivano dal Belgio?
  PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di
Firenze. Non so se l'origine fosse proprio il Belgio,
tant'è che in quest'indagine sono detenute non solo persone
come Riina e Giacomelli o personaggi catanesi come Casale ed
altri, ma anche sardi, uno dei quali aveva sicuramente
referenti in Belgio, in particolare una donna con la quale
abbiamo intercettato alcune conversazioni. La partita di armi
che abbiamo sequestrato veniva comunque dal Belgio; non so
poi, perché non ce lo vogliono dire, da dove provenissero le
armi partite dal Belgio.
  ALTERO MATTEOLI. Anche Messina ha parlato della facilità
con la quale le armi dalla Germania...
  PRESIDENTE. Però Messina ha parlato di armi, mentre se
ho ben capito mi sembra che in questo caso si tratti di
munizioni.
  PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di
Firenze. Munizioni, armi ed esplosivo. Abbiamo sequestrato
anche mitragliette UZI.
  MASSIMO BRUTTI. Ritiene che vi siano armi ed esplosivi
che provengono dalla Croazia?
  PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di
Firenze. Questo è un altro discorso. Ho l'impressione di
sì, tant'è che al riguardo ho aperto un'indagine, tutt'ora in
corso, sulla presenza a suo tempo segnalata di un personaggio,
Schaudin, che sarebbe stato in Croazia.
   Questi personaggi mafiosi appartengono al clan di
Santapaola. Naturalmente questi soggetti oltre a trafficare in
armi e droga hanno compiuto numerose rapine, estorsioni e
truffe, ed avevano creato anche le condizioni per
l'acquisizione di attività economiche, dopo aver affiancato
imprenditori in difficoltà. Questo messaggio lo ritroveremo in
altri procedimenti.
   E' stata accertata, come dicevo, una comunanza di
interessi con personaggi appartenenti storicamente ai
corleonesi, Giacomo Riina e Pace Pietro. In particolare
Giacomo Riina, persona molto anziana, è attualmente nel
carcere di Pisa perché malato.
  ALTERO MATTEOLI. E' parente di Totò Riina?
  PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di
Firenze. Non è parente, come egli stesso afferma e come
risulta anche dalle nostre indagini, anche se è di Corleone.
   Vi è poi un processo contro Madonia Giuseppe ed altri che
vede indagate settanta persone, di cui ventotto in custodia
cautelare, per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti
ed altro. Il vasto traffico di stupefacenti è gestito
direttamente da Giuseppe Madonia di cui i più stretti
collaboratori sono Rinzivillo, Romano Raimondo e Pasquale
Trubia. In quest'indagine abbiamo avuto una soddisfazione
investigativa: un gruppo di queste persone, tra cui Raimondo
Trubia, sono state condannate due mesi fa dal tribunale di
Firenze a pesanti pene (15-18 anni) per traffico di
stupefacenti. Abbiamo poi appreso, prima dalla lettura
                         Pag. 832
della loro audizione e poi dalle dichiarazioni di Messina,
che questa era la decina instauratasi nella zona di Campi
Bisenzio o in prossimità di Firenze che avevamo già
individuato e che era stata condannata in primo grado. Messina
non conosceva tutti i membri della decina, ma conosceva il
Raimondo che per noi rappresentava la punta di diamante e che
ne era il capo, come ci è stato confermato.
  ALFREDO GALASSO. Si tratta della decina di Gela?
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Esatto, infatti il procedimento va sotto il nome
di processo dei gelesi o del clan dei trentenni. Sono
emerse poi implicazioni chiarissime, ribadite da Messina, con
Madonia Giuseppe.
   Abbiamo poi un procedimento che ci sta impegnando molto,
trattandosi di una di quelle vaste indagini che richiedono un
impegno enorme, cioè quello relativo all'autoparco di Milano,
del quale forse avete sentito parlare.
   Nel primo processo di cui parlavo poc'anzi relativo al
traffico di armi e di stupefacenti era implicato Riina e si
partiva con una dimensione al sud. Orbene, sviluppando
un'altra tranche di questo medesimo procedimento si
risale, per così dire, al nord. Anche qui troviamo l'anziano
Riina Giacomo, invischiato anche in questa proiezione al nord.
Prima dell'intervento del 17 ottobre del 1992 viene svolta per
vari mesi un'attività investigativa. Quest'attività non ha
alcun apporto di collaboratori della giustizia: si svolge
infatti attraverso intercettazioni, riprese cinematografiche e
fotografiche. Il 17 ottobre si deve intervenire, anche se la
polizia giudiziaria voleva aspettare ancora un po', perché da
certi discorsi captati attraverso le intercettazioni
ambientali da un lato si fa riferimento a qualcuno che poteva
aver parlato di questo garage, dall'altro sentiamo da due
persone la lettura di una lettera venuta dal carcere dove si
parla di un magistrato che dovrebbe andare in quello stesso
carcere a interrogare. Ecco che si interviene.
   La figura che gestiva questo autoparco era Salesi
Giovanni. Vengono trovate decine e decide di armi
(kalashnikov, fucili a pompa), centinaia e centinaia di
milioni in contanti; vengono trovate anche altre cose (le
indagini sono ancora in corso) su cui brevemente mi
soffermerò.
   Ci interessiamo noi della vicenda innanzitutto perché ci
siamo arrivati e perché per primi abbiamo iscritto il
procedimento penale. Va tenuto presente che questo autoparco
occupava un terreno dell'intendenza di finanza di Milano.
Anche al riguardo stiamo verificando la situazione perché
erano stati posti problemi ambientali, di inquinamento ai
quali non era stato dato rimedio.
  PRESIDENTE. Il terreno era in concessione o abusivo?
  GIUSEPPE NICOLOSI, Sostituto procuratore della
Repubblica di Firenze, addetto alla direzione distrettuale
antimafia. Era abusivo.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Lo stesso rappresentante dell'autoparco ed altri
si erano recati presso l'intendenza di finanza forse per
regolarizzare.
   Dopo gli arresti abbiamo avuto (la questione si è conclusa
nei giorni scorsi) un dichiarante detenuto per questioni della
costa versiliese (la banda Musumeci Tancredi); un personaggio
ci ha parlato dei suoi rifornimenti di eroina presso
l'autoparco e di tutti i suoi terminali per gestire il
traffico di droga attraverso la struttura toscana.
   In realtà questa centrale si strutturava in varie sedi
locali, di cui una era la Toscana. Pensate che questo signore
in soli due mesi e mezzo ha pagato (ovviamente si paga meno
rispetto a quanto poi si rivende) 1,2-1,3 miliardi per
rifornimenti di eroina da distribuire attraverso la sua rete
ai signori dell'autoparco.
                         Pag. 833
   L'indagine è stata fruttuosa perché questi personaggi
tenevano le prime note e le schede contabili del traffico di
eroina con nomi, ovviamente di battaglia, relativi a ciascuna
scheda che attraverso le dichiarazioni del collaboratore o di
altri si sono potuti identificare. C'erano i giorni delle
consegne e le somme ricevute. Esemplifico: il nostro
collaboratore aveva il nome di un personaggio che ha giocato
in una squadra di calcio e ha dichiarato: "Poiché ora mi dite
che venivano tenute schede contabili, vedrete che le mie sono
intestate o portiere o pallone". Infatti abbiamo trovato
schede intestate a "portiere" e a "pallone", a dimostrazione
del riscontro che si è potuto ottenere attraverso tali
dichiarazioni.
   Abbiamo rilevato che in questa organizzazione aveva gran
parte Jimmy Miano (che, detenuto a Napoli, è stato ferito e
poi trasferito a Livorno) al quale faceva capo il gruppo dei
Cursoti che però si erano coalizzati anche con personaggi
facenti riferimento all'area dei corleonesi. Lo stesso Giacomo
Riina appartiene certamente all'area dei corleonesi ed aveva
riferimenti diretti (abbiamo dichiarazioni in questo senso);
egli stesso, singolarmente, ammette la conoscenza
dell'autoparco, sia pure perché un suo conoscente doveva
comperare una macchina usata. Questi vive in Romagna, dove
naturalmente non c'è nessuno che venda macchine usate e
occorre andare all'autoparco di Milano!
   Come abbiamo visto, si tratta di una vera e propria
struttura aziendale. Abbiamo rilevato due aspetti singolari,
il primo dei quali è che l'autoparco era frequentato da
appartenenti alla polizia di Stato, in particolare da
appartenenti al quarto distretto di polizia di Milano. Tali
persone sono state perquisite; una è stata anche sottoposta ad
indagini per il delitto di abuso d'ufficio. L'autoparco era
frequentato anche da un finanziere che prestava servizio
all'aeroporto di Linate (tale dato è stato per noi piuttosto
traumatizzante).
   Come ho detto, su tali persone sono in corso indagini,
portate avanti con le cautele con le quali procediamo nei
confronti di tutti; volendo capire la natura di tali rapporti,
abbiamo ritenuto di operare prima perquisizioni, poi di
assumere dichiarazioni testimoniali (sia detto tra
virgolette), e così via.
   Nell'autoparco sono stati trovati anche atti relativi ad
una società indagata dai colleghi di Milano nell'ambito della
nota inchiesta, atti di cui furono informati immediatamente
quei colleghi che li acquisirono. Con gli stessi colleghi di
Milano ci siamo incontrati più volte per consegne di copie di
atti.
   Salesi Giovanni era il gestore principale dell'autoparco,
dopo che era divenuto latitante...
  PRESIDENTE. Le ricordo che la seduta è pubblica, cosa
della quale pensavo fosse stato avvertito.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. No, non lo sapevo; comunque ritengo di aver dato
notizie già comparse sui giornali. D'ora in avanti preferirei
però parlare in forma riservata.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i
nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione
del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
   Desidero informare i nostri ospiti che i commissari
rivolgeranno loro domande sul tema oggetto dell'audizione cui
ciascuno risponderà a seconda del settore di competenza.
  ALTERO MATTEOLI. Anch'io desidero ringraziare il dottor
Vigna, rilevando che se avessimo avuto sempre la possibilità,
attraverso le audizioni parlamentari, di conoscere un quadro
così preciso della situazione, come quello che ci ha
cortesemente
                         Pag. 834
 illustrato oggi, avremmo forse capito qualcosa di più.
   Anch'io sono toscano e conosco molte delle persone che
egli ha citato, per questo prego il presidente di fare
un'eccezione e consentirmi di rivolgergli numerose domande.
   Ricordo innanzitutto che il primo giorno di insediamento
della Commissione ho chiesto al presidente ed ai colleghi di
porre particolare attenzione alla situazione della Toscana;
molti commissari hanno condiviso la mia preoccupazione, altri
sono stati scettici, ma oggi credo che tutti abbiano capito
quanto la Toscana sia interessata dal fenomeno mafioso.
Secondo alcuni dati, risulterebbero coinvolte 804 persone, i
procedimenti che stanno concludendo l'iter sono otto, ed altri
sono ancora in corso di svolgimento. Il livello di tali
procedimenti dimostra che in Toscana la criminalità
organizzata ha acquisito caratteristiche preoccupanti.
   Il dottor Vigna ci ha informato che la DIA ha il compito
di studiare il fenomeno mafioso, ed il collega Scotti,
interrompendolo, gli ha consentito di darci già una prima
risposta. Tra l'altro sappiamo che, dal punto di vista
culturale, il fenomeno della mafia si è radicato in Toscana da
alcuni decenni, ma si è sviluppato in questa misura solo
recentemente.
   Nella mia regione esiste la massoneria, un'organizzazione
non criminale ma segreta, che si addice poco al temperamento
dei toscani, i quali non riescono a mantenere un segreto;
quindi, quando affermiamo che la massoneria è segreta in
realtà non diciamo il vero, perché - ripeto - il toscano può
fare tutto, tranne mantenere un segreto. Tuttavia, la
criminalità organizzata ha raggiunto proporzioni di questo
livello perché alcuni toscani (i mafiosi non possono essere
tutti siciliani e calabresi) hanno collaborato. A questo punto
mi chiedo se ciò si è verificato perché in quelle zone sono
stati inviati tanti soggiornanti obbligati oppure se è dovuto
al fatto che la Toscana è divenuta un passaggio obbligato dei
traffici criminali, provenienti dal Belgio, che si sono così
ramificati dal nord al sud d'Italia. Si può peraltro supporre
che, oltre all'influenza del mondo carcerario, la criminalità
organizzata sia stata favorita dal fatto che in Toscana è
molto diffuso il lavoro stagionale. Per esempio la Versilia e
Montecatini, che sono zone ricchissime, richiamano molti
lavoratori, soprattutto camerieri, da ogni parte del paese.
Questi giovani, provenienti dalle scuole della Calabria o del
nord - non pongo la questione soltanto per i meridionali -
arrivano in Versilia e si trovano di fronte un nuovo mondo
edonista. A settembre, al termine della stagione estiva,
malvolentieri accettano di ritornare nel paese di provenienza
e, restando, diventano facile preda della criminalità
organizzata. A mio avviso questi ragazzi possono diventare
strumento della malavita, se si considera che in quelle zone
il gioco d'azzardo è molto diffuso.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. E' un punto che intendevo sottolineare.
  ALTERO MATTEOLI. Si tratta, dicevo, di un fenomeno
diffuso tra persone di vario livello sociale, che scommettono
su qualsiasi cosa, non soltanto sulla partita di calcio; se
per esempio alcune persone siedono in un bar e vedono
sopraggiungere una macchina scommettono sul tempo che essa
impiega per percorrere quel determinato tratto di strada.
   Ho appreso con piacere che la DIA dovrà studiare il
fenomeno mafioso, perché ritengo importante capire cosa è
accaduto anche dal punto di vista culturale.
   Il dottor Vigna ha dichiarato che vi è stato un solo
conflitto tra la DDA ed una procura; vorrei sapere se esso ha
interessato la procura di Lucca.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. No.
  ALTERO MATTEOLI. Inoltre, lei ha detto che negli anni
settanta la Toscana
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era la terza regione d'Italia ad ospitare soggiornanti
obbligati, ed ha citato un certo Fedeli, che conosco bene
(essendo nato a Cecina, in provincia di Livorno). Mi sono
sempre chiesto come mai nessuno si sia accorto che in un
centro come Donoratico (dove d'inverno i residenti sono circa
mille, ma d'estate si arriva con i villeggianti a 5 mila
presenze), una persona aprisse agenzie immobiliari e di
assicurazioni, viaggiasse in Ferrari ed offrisse da bere a
decine di persone in locali notturni. Mi chiedo come sia
possibile che una persona con questo tenore di vita non sia
stata notata, in piccoli paesi come Donoratico o Castagneto
Carducci, dove comunque esiste una caserma dei carabinieri.
Pongo innanzitutto a me stesso il seguente interrogativo: come
si spiega che in vent'anni questa persona abbia realizzato una
fortuna, comprando tra l'altro complessi residenziali, a nome
proprio e della famiglia, senza destare sospetti? Capisco che
ciò possa verificarsi a Napoli, a Milano ed anche a Firenze,
ma non a Castagneto Carducci, un comune di 6 mila abitanti.
   Per esempio, a Castiglioncello, un centro oggi forse un
po' decaduto, dove abito con la mia famiglia, sono ben 31 le
persone in soggiorno obbligato; si tratta di un piccolo comune
a prevalente vocazione turistica, con particolari
caratteristiche geografiche, collegato con altri sette centri,
alcuni agricoli, come Nibiaia, ed altri industriali. Queste 31
persone hanno occupato il territorio: alcuni bar sono
frequentati dalle famiglie dei soggiornanti, che operano quasi
tutte nel settore dell'edilizia. Ricordo che l'allora ministro
dell'interno Scotti ha sventato la proposta di chiudere il
commissariato di Rosignano, presente in quel paese ormai da
tanti anni, dove peraltro i carabinieri alle 20 inseriscono la
segreteria telefonica: mentre lo Stato va a letto, la
criminalità organizzata comincia ad operare! Chi vive in
quelle zone, e vede queste cose come può non cercarne la
spiegazione?
   Il dottor Vigna ci ha informato che nel traffico illegale,
il quale parte dal Belgio e, attraverso Milano, arriva in
Toscana, risulterebbe coinvolto sempre lo stesso personaggio,
un certo Giacomo Riina; il procuratore per descrivere tale
situazione ha usato l'espressione "struttura aziendale", che
rende molto bene l'idea; vorrei sapere qual è il livello di
ramificazione raggiunto da tale struttura, perché
probabilmente in Sicilia la criminalità, essendo di altro
tipo, non ha creato un'analoga struttura.
  SANTI RAPISARDA. Comunque ha una sua struttura.
  ALTERO MATTEOLI. Sì, ma è limitata al nucleo familiare.
   In Toscana, queste persone operano nel rispetto di
determinate regole: per esempio, richiedendo la licenza di
commercio e l'iscrizione alla camera di commercio. In Sicilia,
invece, non si preoccupano di osservare tali regole, poiché si
tratta di aziende criminali che operano nel sottobosco della
criminalità. In proposito posso testimoniare, poiché mi erano
stati segnalati alcuni casi sospetti, che una famiglia, di cui
ho controllato la situazione presso la camera di commercio di
Pistoia, svolge una prospera attività aziendale, gestendo
agenzie immobiliari, perfettamente in regola dal punto di
vista dell'immagine.
   Infine, mi preoccupa quanto ha detto il dottor Vigna in
merito al fatto che per il rilascio della licenza verrebbe
introdotto l'obbligo di dimostrarne la provenienza. Ciò è da
un certo punto di vista interessante ma, data la sua
esperienza, ritengo ancora più interessante conoscere la sua
opinione sulla questione della libertà personale. Poiché ho
una cultura garantista e non forcaiola, mi preoccupa che una
persona del suo livello possa condividere l'introduzione di
una normativa riguardante la libertà personale, su cui vorrei
maggiori informazioni.
  PRESIDENTE. Eccezionalmente ho consentito all'onorevole
Matteoli di prolungare il suo intervento, ma invito i colleghi
ad una disciplinata autoregolamentazione.
                         Pag. 836
  ALDO DE MATTEO. Anch'io desidero ringraziare il
procuratore Vigna per la lucidità e chiarezza della sua
esposizione.
   Il primo problema riguarda l'organizzazione strumentale,
cui egli ha dedicato particolare attenzione, arrivando ad
ipotizzare il valore del polo tecnologico; ricordo che già in
un'altra discussione, svoltasi probabilmente alla presenza del
ministro Martelli, si parlava di un fax destinato alla procura
di Firenze.
   In altri termini mi sembra che l'intensità del lavoro e la
metodologia scelta - compresa l'assegnazione collegiale -
richiedano un organico più consistente. Questo, ossia il due
più due, sarà anche perfetto, ma ho l'impressione che di
fronte a casi specifici ed all'ampiezza che possono assumere,
l'organico sia inadeguato.
   Il secondo problema concerne un nuovo campo di indagini,
ossia i rapporti con le associazioni produttive e con i
sindacati per ottenere la mappatura e valutare i
trasferimenti. A ciò si collega anche la dimostrazione della
provenienza delle risorse prima di avviare un'attività
commerciale. Se studiata bene, questa può garantire il
soggetto perché si tratta di verificare se siamo di fronte a
persone perbene, che hanno pagato sempre le tasse e se le
risorse provengono da fonti legittime. Naturalmente occorrerà
studiare le relative modalità. Vorrei comunque sapere quali
significativi risultati siano stati raggiunti.
   Quanto al traffico delle armi, credo che la Toscana sia al
centro di un'attività di smistamento. Ho in mente Talamone e,
senza ricordare Garibaldi che mi pare si sia fermato in questa
località per approvvigionarsi di armi, vorrei sapere se
l'ultimo provvedimento legislativo in materia di commercio
delle armi faciliti l'attività oppure occorrerà intervenire.
Le armi, accanto alla droga, costituiscono l'altro forte
riferimento in Toscana.
  GIROLAMO TRIPODI. Desidero innanzitutto ringraziare il
procuratore Vigna per l'esposizione che ha evidenziato non
solo impegno nella lotta alla criminalità organizzata, ma
anche capacità, organizzazione ed efficienza della direzione
distrettuale, fornendo un contributo alla conoscenza del
fenomeno mafioso radicato in Toscana.
   In proposito vorrei chiedere se al fenomeno da lei
illustrato minuziosamente oltre che nella zona di Firenze, in
Versilia e nell'area di Grosseto, sia interessata l'intera
regione Toscana e soprattutto qual è il rischio di un suo
rafforzamento.
   Lei ha parlato di trasferimento di esplosivi dalla Toscana
ad altre regioni, soprattutto la Sicilia. Dopo le stragi di
Capaci e di via d'Amelio si è sostenuto che l'esplosivo
sarebbe arrivato dalla Toscana: si hanno notizie più precise
in merito?
   Un altro quesito concerne le indicazioni da lei fornite
circa il rapporto tra l'autoparco di Milano e taluni
appartenenti alla polizia di Stato. Se è possibile, vorrei
conoscere la consistenza delle unità interessate ed a quale
titolo queste partecipavano o frequentavano l'autoparco. Quali
rapporti questi frequentatori avevano con le strutture della
Polizia di Stato? E quali effetti inquinanti potevano
produrre, o hanno prodotto, in questa attività oscura e
certamente condannabile?
   Infine, poiché ci stiamo occupando dei rapporti tra mafia
e politica e poiché si sono registrati casi in Toscana di
intrecci tra gli appartenenti a queste cosche con ambienti
politici, vorrei sapere se costoro hanno collegamenti e
protezioni nell'ambito delle istituzioni locali o della
pubblica amministrazione in generale.
   Lei, procuratore Vigna, ha sottolineato che l'attività
criminale svolta da queste cosche ha interessato il settore
del traffico degli stupefacenti e delle armi, oltre a quello
finanziario (rapporti con le banche): mi permetto perciò di
chiederle se anche nell'edilizia, specialmente negli appalti,
l'organizzazione criminale comincia ad essere presente.
   Lei ha parlato anche di Fedele: conosco l'area della piana
di Gioia Tauro dove dominano le cosche mafiose dei Piromalli,
                         Pag. 837
dei Mammoliti e dei Mazzaferro. Vorrei sapere se, con
riferimento a questo personaggio e ad altri, avete avuto la
possibilità di individuare rapporti o collegamenti stabili con
le cosche mafiose delle zone originarie di provenienza, ossia
per quanto riguarda la Calabria con i calabresi, la Sicilia
con i siciliani, la Campania con la camorra ed anche con
riferimento alla Puglia.
   In relazione, infine, ai rapporti con la massoneria,
recentemente la procura di Palmi ha rinviato a giudizio per i
reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale il
venerabile Licio Gelli. Vorrei sapere se siano stati
individuati anche rapporti di questo personaggio o di altri
appartenenti alla massoneria con le cosche che operano o hanno
operato in Toscana.
  ACHILLE CUTRERA. Signor presidente, mi associo ai
ringraziamenti già formulati, senza ripetere ulteriori
complimenti per quanto è stato esposto ed illustrato questa
mattina.
   Con riferimento al caso importante, tra i tanti indicati,
concernente l'autoparco di Milano, vorrei porre al procuratore
Vigna due interrogativi. Si è accennato al fatto che il
cosiddetto autoparco - che sinceramente non ho visto, pur
essendo milanese - sorge su un terreno dell'intendenza di
finanza. Vorrei avere maggiori chiarimenti in proposito perché
vi è incertezza su un aspetto, ossia se l'opera edilizia abbia
carattere abusivo o sia stata realizzata in concessione. Dico
questo perché a Milano, normalmente, se si abbatte un tramezzo
tra una stanza e l'altra ci si deve aspettare in giornata la
visita di due vigili; quindi non è normale che esista una
costruzione abusiva su un terreno demaniale, realizzata
oltretutto senza licenza edilizia.
   Chiedo di ottenere delucidazioni anche per comprendere
quali complicità abbiano "assistito" l'autoparco. Lo dico
preoccupato anche da altri accenni circa le frequentazioni con
aspirazioni di Palazzo Marino. Mi riferisco a Fiaccabrino,
nonché alle attese politiche prima nel PSI e poi nel PSDI ed
ora anche verso il consiglio comunale. Se le frequentazioni
toccano taluni elementi - come si è letto - appartenenti alla
Polizia di Stato, non vorrei che esistessero rapporti
concernenti la vigilanza urbana circa la non rilevazione
dell'abusività delle opere.
   Passo ora al secondo quesito. Nel suo intervento è stata
ripetutamente sottolineata l'importanza del commercio delle
armi; immagino che il commercio richieda l'esistenza di
depositi. L'autoparco di Milano probabilmente era un deposito
che serviva anche per le armi. In Toscana ne avete rilevati
altri oppure quello di Milano è l'unico individuato?
   Con riferimento a quanto lei ha detto circa Giacomelli e
la sua posizione o al discorso armi-Belgio o altro, se vi è un
terminale, sia pur di passaggio, in Toscana, chi vi opera
fisicamente? Chiedo questo perché credo che la vigilanza sul
traffico delle armi possa essere svolta sui luoghi di
deposito. Quali caratteristiche questi debbono o possono
avere?
   Infine, vorrei sapere se avete constatato infiltrazioni
malavitose nella pubblica amministrazione o nei rapporti con
la pubblica amministrazione. Si è sempre parlato del settore
commerciale forse perché nella pubblica amministrazione il
fenomeno non si è ancora riscontrato?
  PIERO MARIO ANGELINI. Nel ringraziare il procuratore
Vigna per l'analisi precisa e dettagliata, vorrei soffermarmi
su due vicende. La prima concerne l'autoparco rispetto al
quale si evidenzia la relazione tra due direzioni distrettuali
antimafia.
   Mi interesserebbe conoscere non tanto le attività
successive, quanto le modalità di gestione - che ritengo
intelligenti - della fase iniziale in un territorio così
lontano com'è Milano. Credo anch'io che la necessaria cautela
di fronte a possibili infiltrazioni e compromissioni abbiano
impegnato la DIA toscana in un'azione che oggettivamente
segnava una possibile contrapposizione polemica con l'altra
direzione. Dalla lettura dei quotidiani mi è sembrato che le
compromissioni, nel
                         Pag. 838
campo delle forze di polizia, fossero consistenti rispetto a
quelle elencate dal procuratore.
   Ritengo che, a partire dagli anni settanta, in Toscana si
sia sviluppato un insediamento malavitoso determinato dal
soggiorno obbligato, dall'adozione di una serie di misure di
sicurezza oltre al sistema carcerario, che hanno creato una
rete vasta e connessa all'interno della regione. Mi è sembrato
però di capire che vi sia stata anche una fase successiva
passata attraverso una serie di circuiti economici. Per quanto
riguarda i rifiuti ritengo si siano sviluppate
interconnessioni e fenomeni di ritorno della malavita
organizzata dai luoghi dove il complesso dei rifiuti urbani e
quelli tossico-nocivi toscani venivano inviati. Mi sembra che
sia avanzata una certa preoccupazione sul fatto che la
direzione distrettuale toscana era occupata nel circuito
fiorentino a trovare correlazioni, impegnando in una sorta di
collaborazione le categorie industriali, commerciali ed
artigianali; il quadro non risulta però esteso in modo
organico a tutta la Toscana, come a mio avviso sarebbe più
opportuno.
   Inoltre, dalle informazioni che il dottor Vigna ci ha
fornito, sono emerse alcune compromissioni nel settore
creditizio; vorrei sapere se, per quanto riguarda in
particolare l'economia toscana, in questa fase di maggiore
insediamento della mafia risultino evidenti società in comune
o altri tipi di compromissione con il tessuto originario
toscano, oppure se i fenomeni malavitosi in Toscana rimangano
una forma estranea dotata di autosufficienza.
  CARMINE GAROFALO. Vorrei porre una sola questione, che
in parte ripropone quanto ha detto il collega Angelini: è
possibile quantificare, sia pure in senso lato, la dimensione
dell'infiltrazione criminale nell'economia toscana? Vorrei
inoltre sapere quali siano le attività (agricoltura,
industria, commercio e così via) che vedono una prevalente
presenza delle organizzazioni criminali e se, nella gestione
di queste attività, sia possibile scorgere una compromissione
dell'imprenditoria locale ed anche una sorta di
favoreggiamento da parte della pubblica amministrazione.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Dottor Vigna, nel corso delle
vostre indagini in che misura potete ricostruire la gravità
del fenomeno del riciclaggio in Toscana? Vorrei inoltre sapere
se i fenomeni, da voi individuati episodicamente, di
compromissione di soggetti del mondo bancario siano
effettivamente soltanto episodici oppure se si possa pensare
che vi siano guasti più profondi del sistema complessivo del
credito in Toscana.
   La domanda seguente è già stata posta dal collega Tripodi:
a livello dell'amministrazione locale, che viene chiamata
mondo politico - i politici a volte sono anche consiglieri
comunali di paesi di duemila abitanti - si possono riscontrare
connivenze?
   L'ultima domanda riguarda la situazione particolare - non
essendovi da parte mia l'intenzione di criminalizzare nessuno
- per cui in Toscana, specialmente nella valle dell'Arno fra
le province di Firenze e di Prato, esiste il singolare
fenomeno dell'insediamento di crescenti masse di asiatici.
Poiché uno dei problemi della mafia è quello
dell'infiltrazione e soprattutto dell'utilizzazione della
manovalanza legata alla povertà, alla disoccupazione, alla non
occupazione, all'emarginazione sociale ed alla clandestinità,
vi sono tracce di una qualche intenzione da parte delle
organizzazioni criminali di sfruttare eventuali situazioni
drammatiche di queste comunità?
  GRAZIA ZUFFA. La prima domanda che intendevo porre è già
stata formulata in termini esatti dal collega Garofalo e
quindi non la ripeterò.
   La seconda credo sia giusto rivolgerla alla dottoressa
Della Monica, trattandosi di una sollecitazione avanzata nel
suo intervento: dottoressa, lei ha parlato dei problemi
connessi ai permessi premio ed alla concessione della
semilibertà e mi è parso di capire che a suo avviso non
                         Pag. 839
sempre risulta sufficiente il parere del giudice di
sorveglianza. Ha quindi auspicato una forma di coordinamento
tra chi svolge le indagini ed il giudice di sorveglianza;
vorrei sapere se si riferiva ad una modalità operativa, cioè
ad un concerto (credo infatti che nulla osti a che il giudice
di sorveglianza, fra i tanti canali informativi a sua
disposizione, ascolti anche chi sta svolgendo le indagini),
oppure se, non essendo sufficiente questa forma di
coordinamento operativo, alludeva anche ad una modifica
normativa che istituzionalizzasse questo concerto.
   Dottor Vigna, lei ha accennato alla necessità di un
ordinamento penitenziario agevolato, in strutture separate,
mirato a precise esigenze rispetto ai collaboratori di
giustizia, che tuttavia creerebbe un problema rispetto
all'attuale situazione carceraria. Una proposta di questo
genere farebbe pensare ad una notevole durata nel tempo del
fenomeno dei pentiti in relazione ad una forte persistenza del
fenomeno della mafia; vorrei quindi capire come pensa di
articolare meglio la sua proposta in relazione al suo giudizio
sulla persistenza del fenomeno.
  MASSIMO BRUTTI. Vorrei alcune informazioni in relazione
alla vicenda Budrio ed alla presenza di Giacomo Riina e di una
famiglia piuttosto articolata e complessa insediatasi alla
fine degli anni sessanta: risultano collegamenti fra questo
gruppo ed elementi della camorra, posto che già agli atti del
maxiprocesso - e se ne fa menzione nell'ordinanza di rinvio a
giudizio - vi era una fotografia nella quale Giacomo Riina
compariva assieme ad elementi della famiglia di Altofonte e a
Lorenzo Nuvoletta? Nell'ordinanza era quello il punto di
partenza per impostare un ragionamento sulle alleanze dei
corleonesi e Giacomo Riina veniva indicato come figlio di Totò
Riina; comunque egli è imparentato anche con la famiglia
Leggio (suo nipote è Salvatore Leggio, di 48 anni) e poi vi è
un altro giovane che è stato arrestato qualche mese fa, Piero
Leggio, sposato con la figlia di Rizzuto, scomparso nel 1989
da Bologna. Vi è insomma un sistema organico sul territorio,
composto di famiglie mafiose. Vorrei ora trattare una parte
riservata.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, procediamo in
seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito
audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  CARLO D'AMATO. Nel ribadire il giudizio positivo
espresso dai colleghi mi sembra di compiere un atto doveroso e
necessario, tenuto conto dell'esperienza che abbiamo vissuto
finora in Commissione antimafia. Vorrei utilizzare la
disponibilità e la competenza del dottor Vigna per rivolgergli
alcune domande di ordine più generale. Innanzitutto condivido
l'esigenza prospettata dal giudice distrettuale e chiedo al
dottor Vigna se ritiene soddisfacente il grado di
collaborazione fra le forze di polizia, soprattutto in ordine
alla lotta alle attività criminali e mafiose in particolare.
E' una domanda che rivolgo quasi sempre perché a mio avviso
tutti questi corpi - ROS, GICO, DIA, SISMI, SISDE - danno la
dimostrazione di una grande potenzialità di intervento, e ad
essi vanno aggiunti polizia e carabinieri. Tuttavia, senza
togliere nulla al merito dei magistrati ed alle indagini che
sono state attivate, alla fine il salto di qualità, almeno
nell'opinione corrente, è stato determinato dal contributo dei
collaboratori della giustizia. Le chiedo se consideri utile la
proposta del ministro dell'interno di configurare il
segretario generale come punto di coordinamento delle attività
delle forze di polizia.
   Vorrei ora riferirmi ad un fenomeno che il collega
Matteoli ha sostenuto essere specificamente riconducibile alla
regione
                         Pag. 840
Toscana ma che a mio avviso è invece riscontrabile su tutto
il territorio nazionale: il consolidamento di ingenti
patrimoni da parte di famiglie mafiose e camorristiche (penso
in particolare all'esperienza della Campania e segnatamente di
Napoli). Mi chiedo in sostanza come si sia potuto consentire
nel corso degli ultimi anni la formazione di cospicui capitali
(che in alcuni casi ammontano a centinaia di miliardi) in capo
alle famiglie mafiose e camorristiche. Vorrei anche sapere se,
allo stato attuale, il procuratore Vigna giudichi sufficiente
la legislazione emanata di recente e, in particolare, se la
consideri idonea a rappresentare un salto di qualità
nell'intervento dello Stato e dei suoi organi. Chiedo infine
se ritenga sufficientemente motivate - uso un eufemismo - le
forze di polizia rispetto all'azione di prevenzione da
condurre in ordine all'accumulo dei patrimoni mafiosi.
   Analisi e ricerche particolarmente attente hanno messo in
evidenza come nel Mezzogiorno la condizione socio-economica
rappresenti una premessa del fenomeno criminale, mentre la
Toscana, al contrario, è una regione ricca. Probabilmente
l'aver scelto quella regione come luogo di insediamento dei
mafiosi inviati al confino ha rappresentato un incentivo al
radicamento del fenomeno. Le chiedo se, al di là del traffico
d'armi e degli ulteriori aspetti da lei richiamati, la Toscana
sia stata individuata come territorio per immettere capitali
da riciclare in funzione della sua produttività.
   Dottor Vigna, lei ha fatto cenno all'impegno politico di
Fiaccabrino ed in particolare si è riferito ai trascorsi di
Fiaccabrino come militante...
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Ho riferito quello che è stato dichiarato
dall'interessato.
  CARLO D'AMATO. Sì, d'accordo. Siccome però la stampa ha
ricondotto l'episodio Fiaccabrino alla più generale questione
della cosiddetta tangentopoli milanese, proponendo una serie
di considerazioni che facevano trasparire un legame con la
vicenda che ha coinvolto esponenti del partito socialista,
vorrei chiederle se lei disponga di elementi che consentano in
maniera obiettiva di considerare Fiaccabrino un esponente del
partito socialista nel momento in cui ha svolto una certa
attività e se lo stesso Fiaccabrino abbia conservato legami
con l'organizzazione politica di Milano e con esponenti
nazionali. Non so se in maniera maliziosa o per mera
superficialità, le cronache giudiziarie avevano fatto
intendere tale possibilità.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Vorrei innanzitutto scusarmi con
il procuratore della Repubblica Vigna e con i colleghi
magistrati per non aver potuto seguire direttamente
l'illustrazione della relazione (che certamente sarà stata
molto interessante) perché impegnato in una seduta
dell'Assemblea della Camera nel corso della quale sono emersi
problemi di numero legale. Anche se mi è mancata quindi la
possibilità di ascoltare la relazione, certamente dettagliata,
del dottor Vigna, tuttavia dispongo di una serie di elementi
ricavati dalle cronache giornalistiche e sono quindi nella
condizione di porre alcune domande che mi interessano in modo
particolare.
   Vorrei anzitutto sapere se nell'ambito di quella che
possiamo definire operazione autoparco siano confermate, e a
quale livello, le deviazioni di esponenti degli apparati dello
Stato. Le chiedo anche se lei sia stato costretto, a fronte di
tali deviazioni, a procedere a particolari opzioni nella
scelta degli ufficiali di polizia giudiziaria che avrebbero
dovuto eseguire gli ordini di perquisizione e le ordinanze di
custodia cautelare.
   Compatibilmente con le esigenze del segreto istruttorio e
sempre che sia possibile, vorrei inoltre sapere se in ordine
al traffico di armi e di esplosivi sia nuovamente emersa la
figura di Schaudin che, come sappiamo, è anche un personaggio
chiave dell'inchiesta avviata a Roma che ha portato
all'arresto ed all'incriminazione di Pippo Calò e della banda
                         Pag. 841
della Magliana (che, come è stato appurato, faceva parte di
Cosa nostra). Gradirei conoscere se per caso questo personaggio
- che durante l'inchiesta della magistratura romana era
sembrato essere di secondo piano tanto che, dopo un periodo
agli arresti domiciliari, gli fu riconosciuta la libertà
provvisoria - abbia invece assunto una nuova dimensione nelle
successive vicende processuali. Se non ricordo male, Schaudin
era stato condannato in contumacia perché latitante...
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Certo.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Era stato arrestato a Roma
insieme ad una serie di soggetti particolarmente pericolosi,
tra i quali Pippo Calò; alla fine, gli fu riconosciuta la
libertà provvisoria. Il problema è di stabilire se fin da
allora vi fossero elementi tali da assoggettare un personaggio
chiave di diverse inchieste ad indagini più approfondite e ad
una restrizione della libertà, per evitare che diventasse un
consulente ad altissimo livello per le stragi. Ricordo - per
aver partecipato, almeno in parte, alle indagini avviate a
Roma - che egli era un esperto di esplosivi e delle tecniche
per l'accensione a distanza, mediante telecomandi, di
potentissime cariche di esplosivo (alcune delle quali furono
trovate in zone della campagna romana).
   Un ulteriore quesito riguarda alcune operazioni, sempre
avviate a Roma, che tuttavia non ebbero grande fortuna: mi
riferisco al sequestro di grandi appezzamenti di terreno
acquisiti dalla banda della Magliana a Monte San Savino, in
Toscana. Se non ricordo male, tali appezzamenti di terreno
sarebbero stati restituiti agli apparenti titolari, prestanome
dei veri proprietari. Vorrei sapere se quest'operazione, che
rientra nell'ambito della vicenda Fiaccabrino, possa in
qualche modo essere collegata con quella avviata a suo tempo
dal procuratore Vigna con riferimento alle attività di
riciclaggio poste in essere in Toscana dalla banda di Pippo
Calò.
   Infine, sarebbe interessante sapere se, per quanto
concerne il ruolo svolto dalla magistratura in ordine alla
scoperta della preparazione dell'attentato a Di Pietro, vi
siano elementi tali da far presupporre un collegamento tra
l'operazione "mani pulite" e quella che ha portato all'arresto
di alcuni esponenti della mafia. Si tratta, in sostanza, di
stabilire se vi siano intrecci soggettivi tra esponenti della
mafia e rappresentanti del mondo politico milanese.
  PAOLO CABRAS. Signor procuratore, nella sua relazione
così esauriente ed illuminante sulla diffusione e
sull'articolazione della mafia nella regione Toscana
(relazione per la quale la ringrazio, associandomi
all'apprezzamento dei colleghi) lei ha fatto riferimento
all'importante vicenda dell'autoparco di Milano. Ha parlato di
un'attività di smistamento e di traffico di eroina che
proveniva dall'autoparco e che aveva diramazioni in altre
regioni. Se fosse possibile, sarebbe interessante saperne di
più su quello che sta a monte di questa organizzazione di
smistamento, con riferimento alle vie lungo le quali si svolge
il traffico della droga. Ciò, ovviamente, sempre che sia
possibile e, soprattutto, compatibile con le indagini e
l'istruttoria in corso. La presenza di alcuni nomi farebbe
pensare che, oltre al Salesi, vi siano gruppi ed
organizzazioni probabilmente riconducibili a piani più alti,
forse al gotha dell'organizzazione mafiosa. Del resto,
l'accenno che lei ha dedicato al reperimento di documenti che
riguardano il coinvolgimento di grandi imprese nella
operazione "mani pulite" farebbe pensare a quest'autoparco
come ad una sorta di stanza di scambio tra interessi economici
e finanziari mafiosi e non mafiosi, nell'ambito di un'attività
criminale concentrata non solo nella regione specifica ma
estesa a tutto il territorio nazionale. Immagino che si tratti
di un'inchiesta ancora in fase di sviluppo; credo tuttavia che
abbiate orientato la vostra ricerca su un punto nodale per
confermare come tutto avvenga nell'universo mafioso e
                         Pag. 842
come sia difficile pensare che quello che accade in Sicilia,
in Calabria o in Campania, non abbia intrecci e diramazioni in
tutto il resto del paese.
   Quanto alla vicenda Fiaccabrino, lei ci ha descritto il
personaggio in questione. Dalla stampa abbiamo appreso che
Fiaccabrino farebbe parte di una loggia massonica. Dico questo
anche perché il ricorso dei mafiosi a relazioni sociali (che
poi diventano un modo per rinvigorire le loro conoscenze ed i
loro traffici), sembra rappresentare (anche alla luce delle
rivelazioni dei collaboratori della giustizia e delle
risultanze di indagini come quelle che si stanno svolgendo
presso altre procure italiane), una delle iniziative deputate
allo scambio dell'attività mafiosa. In particolare, vorrei
sapere se si tratti di una loggia coperta e se è vero che
quest'ultima, come pure qualche quotidiano ha scritto, abbia
avuto rapporti con la massoneria di piazza del Gesù a Roma.
  IVO BUTINI. Desidero anch'io ringraziare il procuratore
Vigna ed esprimere un particolare apprezzamento per la
sistematicità del metodo prescelto e per l'alto contenuto
informativo della sua esposizione. Mi permetterò di compiere
alcune riflessioni, che spero siano legittimate dal contenuto
dell'informazione.
   Tengo presenti questi riferimenti. La Toscana è
rappresentata come una regione colta e civile, con un sistema
politico-amministrativo sostanzialmente stabile nel tempo e un
modello industriale che è stato variamente considerato nel
paese. Negli ultimi tempi abbiamo verificato un indebolimento
della presenza delle partecipazioni statali e una forte crisi
della media e grande industria, per quanto di grande poteva
esistere in Toscana. La struttura geografica è in direzione
nord-sud: la costa tirrenica, la dorsale appenninica, le
infrastrutture hanno accentuato questo fenomeno. Mi riferisco
all'autostrada del sole, alla direttissima e alla litoranea.
Vi è insomma una rete di comunicazione agevole tra il nord e
il sud dell'Italia che passa attraverso la Toscana.
   In questa situazione economica, i più recenti inserimenti
della mafia, secondo le interpretazioni che il dottor Vigna
può dare dal suo osservatorio, rappresentano fenomeni usuali
di riciclaggio o si può pensare a un tentativo di
normalizzazione in attività economico-commerciali, con quelle
caratteristiche di cui la Toscana è in possesso?
   Il secondo problema è costituito dalle armi. Vi sono stati
anche fenomeni legati al terrorismo, poi è venuta la mafia e
manifestazioni criminali si sono avute dopo alcuni
insediamenti di sardi. Facendo esclusivo riferimento a quanto
ho letto sulla stampa, ricordo che vi sono stati rapimenti
anche clamorosi.
   Mi chiedo se, a suo giudizio, siamo di fronte a fenomeni
criminali successivi che si sovrappongono, se vi sia una
tendenza di tali fenomeni a diventare endemici e se, in caso
affermativo, vi sia qualche elemento che favorisca tale
tendenza. Non è sufficiente affermare che sono le assegnazioni
carcerarie ad esaltare il fenomeno. Premesso che l'istituto
del soggiorno obbligato ha sicuramente una sua funzione
storica nella manifestazione criminale quale il procuratore
Vigna ci ha rappresentato, vi è qualcosa di più profondo,
secondo quanto i magistrati della procura della Repubblica di
Firenze vedono, anche attraverso l'esperienza diretta del
contatto sociale con queste persone?
   Qualcuno ha fatto riferimento ai fenomeni
dell'emigrazione. Ho sentito parlare di mafia cinese: è
rilevante dal punto di vista criminale o è più un fenomeno
sociale che criminale? Nei nostri giudizi siamo deviati da
interpretazioni giornalistiche, che non hanno poi riscontro
nel fenomeno; la magistratura invece può darci contenuti quali
quelli che il dottor Vigna esemplarmente ci ha offerto.
  ALFREDO GALASSO. Per me questo incontro con il dottor
Vigna e con i suoi collaboratori non è una sorpresa in termini
di puntualità e di acume, caso mai è una lieta conferma. Dopo
le domande che sono state formulate, non ho ulteriori
                         Pag. 843
notizie da chiedere e quindi mi limito a formulare
un'osservazione e porre un interrogativo.
   Il quadro, che viene disegnato e che in parte conoscevamo,
è quello di una criminalità di tipo mafioso - sottolineo
questo termine - diffusa in Toscana, come ormai in tutto il
territorio nazionale. Esiste un'articolazione pericolosissima,
che riguarda affari illeciti, a partire dal traffico di droga
e di armi, per finire al riciclaggio.
   Credo tuttavia che sia importante verificare se in questa
articolazione vi sia una sorta di strategia e di politica,
come quella che abbiamo conosciuto quando abbiamo trattato, in
varie occasioni e in diversi momenti della nostra storia, di
un'organizzazione criminale come Cosa nostra, dotata di una
strategia e di una politica criminali che toccavano il mondo
degli affari, della pubblica amministrazione, della
magistratura e via dicendo. Sembrerebbe di no, nel senso che
questo genere di fenomeno, così come si presenta, è tale da
determinare grandi preoccupazioni esclusivamente di ordine
pubblico, per intenderci, e che come tale va contrastato.
   Sarebbe bene anche conoscere il parere del dottor Vigna su
questo aspetto più generale e più preoccupante, visto che fra
l'altro stiamo conducendo un'inchiesta sugli intrecci tra
mafia e politica che ha a che fare proprio con questo genere
di strategia criminale, su una sorta di soggetto politico che
si muove dentro un quadro complicato. Sono stati riscontrati
intrecci, anche se di scarsa consistenza, con inchieste che
riguardano le vicende di tangenti, ma sono pur sempre episodi
puntiformi, non danno il senso di una strategia generale.
   Questo è un punto importante, perché ho l'impressione - lo
dico subito per scambiare un'opinione - che noi dovremmo
individuare, in questo genere di utilissima illustrazione e di
esposizione, categorie, concetti e parametri di valutazione
assolutamente diversi rispetto a quelli che abbiamo praticato
in passato.
   Stiamo scoprendo adesso che, con una esemplificazione, la
mafia esiste anche in Toscana, come in Lombardia e in altre
regioni del centro-nord; se è vero che elementi in tal senso
erano presenti anche in passato, è anche vero che questo fatto
muta la natura e la composizione del fenomeno. Non si tratta
di una semplice dislocazione territoriale di Cosa nostra, ma
di qualcosa di molto diverso, che proprio perché siamo qui in
sede di Commissione parlamentare antimafia dovremmo conoscere.
   Sull'argomento ho un dubbio, in ordine al quale proprio
l'esperienza della Toscana può essere significativa. Mi
domando se vi sia soltanto un'ignoranza ed una
sottovalutazione di questo fenomeno in sede politica e
soprattutto in sede di pubblica amministrazione, il che
rappresenta un dato abbastanza ricorrente, oppure vi sia
qualche ragione non dico di complicità, ma di compiacenza
dovuta non tanto al fatto che vi sono personaggi collusi (non
è questo il punto), quanto al fatto che il sistema di tipo
economico, sociale e politico riesce a integrarsi agevolmente
con queste articolazioni, seguendo il concetto che al di là
dei rami troppo puntuti che occorre in qualche modo segare, il
resto può essere anche tollerato perché fa parte di quel
modello.
   Mi piacerebbe sapere dal dottor Vigna e dai suoi
collaboratori se vi sia qualcosa di preciso e concreto - il
dottor Vigna del resto è sempre preciso e concreto - che si
possa chiedere alla pubblica amministrazione in termini di
comportamenti attivi, distinti beninteso da quelli di ordine
giudiziario, cioè puramente repressivi. Un accenno vi è stato
a proposito di licenze. Non so se, allo stato attuale
dell'ordinamento, vi sia qualche piega nella quale il potere
amministrativo possa intervenire più efficacemente in termini
di autorizzazioni, concessioni e licenze.
  TANO GRASSO. Ritengo di dover sollevare soltanto un
caso. Tempo fa mi sono trovato a Prato, una città che ha
costruito le sue fortune sul "disordine" economico, senza con
ciò esprimere giudizi
                         Pag. 844
 di valore. In quella città ho avuto modo di conoscere il
fenomeno della mafia del tessile, che mi è sembrato assai
inquietante perché esemplare ed esemplificativo del modo in
cui in una realtà ricca si possa determinare una penetrazione
mafiosa nell'economia.
   Condivido alcuni concetti espressi dal collega Galasso. A
livello di imprenditori economici ho tratto anch'io
l'impressione non di una sottovalutazione bensì
dell'accettazione dell'idea che si debba necessariamente
convivere con fenomeni di questo tipo. La sottovalutazione
dipende da un fatto di ignoranza, ma in questo caso vi è
qualcosa di più.
   Intanto chiedo al dottor Vigna notizie sulle indagini (mi
sembra sia stato arrestato Pietro Vaccaro), quindi sul livello
di penetrazione dal punto di vista qualitativo e quantitativo
e sul modo in cui rispetto a questo fenomeno si collochi
l'attività delle finanziarie o di gestione del credito in
quella città. Chiedo, infine, se per caso nel corso delle
indagini la procura di Firenze abbia avuto modo di imbattersi
in quel famoso crack della Cassa di risparmio, che si
verificò alcuni anni fa.
   Sempre a proposito di Prato, desidero sapere se si possa
parlare di associazioni o di forme di aggregazione di tipo
occulto che sono dietro a cooperazioni di questo tipo, non
necessariamente di connotazione mafiosa. Per quanto riguarda
la Versilia, condivido quanto affermava il collega Matteoli: è
ormai un dato acquisito che nelle zone di traffico turistico
vi siano significative forme di penetrazione mafiose.
   Ho seguito da lontano la vicenda di Campi Bisenzio, e da
lontano ho percepito un atteggiamento di isolamento, oltre che
di solitudine. Mi riferisco alla signora, di cui parlava prima
il procuratore, che è stata vittima di estorsioni. Si tratta
del procedimento contro Cavataio. Ho percepito questo tipo di
atteggiamento anche da parte di alcune categorie sociali.
Chiedo al dottor Vigna un giudizio su questo livello di
sensibilizzazione.
  PRESIDENTE. Intendo soltanto chiedere se dalle indagini
che avete svolto emerga un ruolo dell'Emilia-Romagna analogo a
quello della Toscana.
  MASSIMO BRUTTI. Forse sarebbe utile sentire i magistrati
della procura distrettuale di Bologna. Non so se sia previsto.
  PRESIDENTE. E' previsto un incontro con questi
magistrati il 5 febbraio prossimo e in quella sede potremmo
eventualmente rivolgere questa domanda.
   Do ora la parola al dottor Vigna e ai suoi colleghi,
informandoli che, qualora lo ritengano, la seduta può
svolgersi con le forme della riservatezza.
              PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                      CARLO D'AMATO
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Ringrazio tutti i membri della Commissione per le
domande che hanno posto, perché a mio parere offrono nuovi
stimoli e nuove indicazioni per le indagini che stiamo
svolgendo e che ci accingiamo a compiere.
   Mi propongo di intervenire su alcuni punti. Prego i
colleghi di prendere appunti quando farò uno specifico
riferimento su talune questioni, in modo di poter dare
successivamente risposte puntuali.
   Avranno la compiacenza di considerare che facendo il
pubblico ministero do risposte sicure per ciò che
effettivamente conosco. Diverse sono le valutazioni di ordine
generale che posso dare come studioso del fenomeno per ragioni
di lavoro o come cittadino.
   Dico in premessa che alcune domande sono simili, analoghe,
per cui rispondendo all'una, rispondo anche all'altra.
   Ho trovato molto interessanti le questioni poste
dall'onorevole Matteoli. Rispetto alle modalità con cui nasce
il fenomeno mafioso in Toscana, ho già indicato quali sono
verosimilmente i poli.
                         Pag. 845
   In primo luogo, vi sono gli insediamenti attraverso i
soggiorni obbligati che trascinano le famiglie; si intessono
relazioni parentali, per cui una caratteristica di questi
gruppi è l'intersecazione parentale (attraverso padrinaggi,
matrimoni, figli che nascono dalle nuove coppie), che dà una
certa sicurezza a chi ne fa parte. Abbiamo avviato in
proposito con il gruppo della Guardia di finanza uno studio
molto interessante delle parentele per conoscere il tessuto;
questo aspetto crea nei primi tempi delle indagini alcune
difficoltà perché occorre sceverare le omonimìe per risalire
ai gruppi originari.
   Un secondo fattore è costituito sicuramente dal carcere:
quando un soggetto è detenuto stabilmente in un certo luogo si
registra un avvicinamento dei familiari.
   Il terzo elemento è dato dalla posizione logistica della
Toscana che poi acquista una dimensione più rilevante se si
tiene presente la ricchezza della regione diversificata in
vari comparti: dal settore agricolo a quello degli
insediamenti turistici, a quello industriale e soprattutto a
quello del terziario commerciale.
   Mi sembra molto rilevante quanto ha detto l'onorevole
Matteoli a proposito della Versilia. Sicuramente siamo di
fronte ad un modo di vita squilibrato a seconda delle varie
stagioni dell'anno; vi è inoltre in Toscana, in particolare
nella Versilia, una presenza di bische che hanno formato
oggetto di interesse da parte di questi gruppi mafiosi, in
particolare di Riina, che si occupava anche di bische, e di un
soggetto, attuale collaboratore, che costituiva la struttura
portante del traffico di droga (dall'autoparco di Milano alla
Toscana). Di tale aspetto ci parla addirittura Mutolo, che non
aveva di questi interessi, alludendo ad un progetto di Jimmy
Miano - si ritorna là - di impossessarsi, per quanto
possibile, di tutte le attività turistiche in Versilia, del
gioco d'azzardo e delle estorsioni.
   Debbo manifestare certe difficoltà investigative che
nascono per questa particolare situazione. Come l'onorevole
Matteoli sa, quanto e meglio di me, la costa versiliese
confina con la provincia di Massa Carrara. Spesso notiamo che
il flusso criminale è estremamente omologo tra Massa Carrara e
la Versilia. Che cosa succede? Accade che Massa Carrara pur
essendo in Toscana dipende dalla Corte d'appello di Genova e
quindi dalla direzione distrettuale antimafia di quella città,
il che a volte determina uno scollamento delle indagini: il
fenomeno criminale unico, che si svolge sulla medesima costa,
viene ad essere frazionato nelle indagini.
  ALTERO MATTEOLI. Ronchi, dove ha soggiornato Madonìa, e
Massa distano ...
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Questo è tanto vero che sono stati elaborati
diversi progetti per promuovere gli opportuni provvedimenti al
fine di razionalizzare rendendo la circoscrizione giudiziaria
omologa al territorio regionale.
   Condivido quindi ampiamente l'individuazione
dell'onorevole Matteoli dei lavori stagionali, delle bische,
nonché degli stabilimenti balneari come mezzo di aggressione.
   Se fosse possibile, sarebbe opportuno dare alcune
informazioni in seduta segreta.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, procediamo in
seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito
audiovisivo interno.
  (La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Ho l'impressione che quando vi è un insediamento
stabilizzato diventa un tantino più difficile la
ricostruzione.
                         Pag. 846
   Deve inoltre tener presente, onorevole Matteoli, che
questi strumenti di indagine voluti dal Parlamento come le
procure distrettuali - ovviamente, senza enfatizzare - ci
hanno messo in possesso di dati conoscitivi che prima non
avevamo perché erano abbastanza frazionati. Ci può essere
stata qualche disattenzione, ma punto molto sul fatto che
siamo stati potenziati nei poteri conoscitivi. Questo di per
sé non direbbe nulla o direbbe meno, ma se lo collego ad altre
conoscenze il fenomeno emerge.
   L'onorevole Matteoli ha fatto riferimento all'idea che
avevo lanciato di giustificare il possesso delle risorse come
presupposto per ottenere un provvedimento amministrativo di
licenza o di concessione.
   Attualmente la pubblica amministrazione è vincolata; non
può rifiutare una licenza anche quando - sarebbe anche
ingiusto - un soggetto è figlio di mafiosi o di camorristi,
per cui non vengono posti ostacoli alla creazione di
un'attività commerciale.
   Abbiamo avuto l'esempio di Franzese, il quale aveva avuto
un fratello ammazzato negli anni ottanta per guerre di
camorra; è stato ucciso, era detenuto nel carcere di Firenze,
era uscito, aveva impiantato attraverso nominativi di
familiari esercizi commerciali per la vendita di abbigliamento
che ora sono passati ad altre persone.
   E' molto difficile negare una licenza in questi casi. Mi
riferivo a quando si cerca di fare uno spettro del passaggio
di certi esercizi commerciali; li possiamo trovare intestati
ad una persona che non fa nulla, ad una persona anziana.
Bisogna capire come questi può gestire una certa attività, né
vedo ostacoli come quelli cui l'onorevole Matteoli alludeva
sotto il profilo costituzionale per il contrasto con il
principio di libertà dell'iniziativa economica previsto
dall'articolo 41 della Costituzione; tale norma contiene
sempre una riserva: l'iniziativa economica si deve sempre
svolgere tenuto conto dei parametri ...
  PRESIDENTE. Se mi permette, anzi, potrebbe essere
persino a vantaggio dell'iniziativa economica: far intervenire
un capitale illegale sacrifica l'iniziativa economica!
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. E' questo l'importante! Ciò, a mio avviso,
servirebbe - con ciò accenno ad un altro argomento che è stato
sollevato - a separare sempre di più l'economia legale da
quella illegale. Come mai un fenomeno insiste in una regione
(parlo non solo della Toscana, ma anche di altre regioni)?
Perché si crea una zona grigia in cui non si riesce a
distinguere, pur con tutta l'acutezza che uno ci voglia
mettere (non è certo la mia), dove finisce il nero e dove
comincia il bianco!
   Si potrebbe cominciare, partendo da questo piccolo e
grosso esempio, a chiedere come presupposto del procedimento
amministrativo un'indicazione. Non è che l'amministrazione si
debba mettere a fare indagini; se per caso la realtà risulterà
diversa dall'indicazione fornita vi sarà una sanzione penale
per aver fatto false dichiarazioni alla pubblica
amministrazione e si avrà una sanzione amministrativa di
decadenza dalla licenza. Questo è il sistema che io immagino.
   Tenga presente, onorevole Matteoli, che con il nuovo
delitto previsto dalla legge approvata dal Parlamento sul
possesso ingiustificato dei beni, è soggetto a sanzione penale
da uno a cinque anni chi, essendo indagato per uno dei delitti
tipici - ma qui siamo addirittura in campo penale -, non
riesca a dare giustificazione dei beni che ha.
  PRESIDENTE. Di cui dispone.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. La legge dice: direttamente o indirettamente
attraverso persone fisiche o giuridiche. Abbiamo quindi una
legge che addirittura prevede una forte sanzione penale per la
mancata giustificazione del possesso di beni quando uno è
indagato per certi delitti.
                         Pag. 847
   Qui naturalmente la cosa è molto più soft. Si
richiede semplicemente come presupposto del procedimento
amministrativo di concessione della licenza questa
indicazione.
   L'onorevole Matteoli ha fatto anche riferimento, insieme
ad altri componenti della Commissione, alla presenza sul
territorio delle forze di polizia (egli si è riferito ad un
luogo particolare). A tutti è noto che certi uffici di
polizia, con particolare riferimento alle caserme dei
carabinieri, per insufficienza di organico e di strutture
osservano un orario ridotto. E' previsto anche nei programmi
del potere esecutivo di dare una certa ripartizione sul
territorio alle varie forze di polizia; se il progetto verrà
portato avanti, ho l'impressione che, attraverso una
ripartizione delle forze di polizia nelle aree territoriali,
si potrà arrivare ad una presenza maggiore, che è
importantissima.
   Prima il pretore era in ogni comune, in ogni mandamento,
ed era anche pubblico ministero, quindi rappresentava la prima
presenza di riferimento per il cittadino dal punto di vista
dell'autorità di indagine. Oggi, invece, con l'istituzione
delle procure presso le preture circondariali nei vari comuni
della Toscana (tranne quelli che siano sede della procura
circondariale) non troviamo più il pubblico ministero pretore,
non possiamo più trovarlo, per esempio, a Gambassi, a Vicchio
o a Borgo San Lorenzo. Si esalta, quindi, ancora di più, la
presenza della forza di polizia come primo elemento di
contatto con il cittadino.
   Al riguardo mi sforzo sempre di ribadire la necessità di
rinforzare l'approccio con il cittadino denunciante, quindi le
strutture di coloro che ricevono le denunce. Il cittadino che
presenta una denuncia non può perdere tempo; pertanto la sua
denuncia deve essere raccolta più rapidamente possibile e con
un ringraziamento particolare. Le attese a volte di ore -
credo che ad ognuno di noi sia capitato - disamorano, quindi
inducono a non denunciare; la denuncia, infatti, è fatta
spesso a fini assicurativi, non per senso di solidarietà
civica, cui dovrebbe essere finalizzata.
   Ho già risposto al senatore De Matteo in merito alla
necessaria dimostrazione dei redditi per ottenere una licenza,
e mi pare che abbia apprezzato lo stimolo che abbiamo cercato
di dare alle associazioni di categoria e a quelle produttive.
Le dirò, inoltre, che alcune segnalazioni alle autorità di
polizia sono pervenute e sicuramente, come lei diceva, il
fenomeno va esteso (so che le iniziative del prefetto di
Firenze sono in questo senso).
   Per quanto riguarda il monitoraggio, naturalmente stiamo
mettendo a punto il sistema; ad ogni modo si cerca soprattutto
di acquisire i dati da un certo punto in poi, perché non è
possibile, o è molto difficile, con le strutture a
disposizione - tanto più che non si tratta di una struttura
che gestisco io e sarebbe impossibile gestirla per me - poter
ricostruire fenomeni passati.
   Vorrei far ora riferimento all'ultima legge sul materiale
di armamento.
  PRESIDENTE. Proseguiamo i nostri lavori in seduta
segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo
interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Come loro comprendono, molto dipende dal
magistrato e dal pubblico ministero, il quale deve agevolare
il rapporto di collaborazione tra le forze di polizia, un
rapporto che da noi è operante (nell'ultima operazione si è
avuto tra GICO, carabinieri e ROS; di regola esiste tra
Guardia di finanza e polizia di Stato).
   Noto che questa cultura progredisce e sono favorevole a
qualunque ipotesi normativa
                         Pag. 848
 che preveda istituti atti a rafforzare tale coordinamento.
Desidero sottolineare che da noi ha dato risultati ottimi la
sezione di polizia giudiziaria presso la procura della
Repubblica di Firenze, dove viene attuato il principio del
lavoro interforze. Questa sezione non viene utilizzata, tranne
casi urgenti, per notifiche di atti ma solo per forti indagini
di polizia giudiziaria e reati contro la pubblica
amministrazione, nonché per forme di criminalità organizzata
non mafiosa (ad esempio, per una vasta indagine sull'utilizzo
di carte di credito false) e per l'esecuzione di numerosissime
misure cautelari.
  ALTERO MATTEOLI. In questo traffico di carte di credito
era coinvolto quel Salvatore Riina anziano?
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. Può darsi, non ricordo.
   Quanto alla legislazione in materia di patrimoni, direi
che il legislatore di giugno ha compiuto una scelta positiva,
creando quel delitto di possesso ingiustificato di beni che
trasporta nel campo della repressione penale gran parte di ciò
che era prima confinato nelle misure di prevenzione
patrimoniale. Bisogna rendersi conto che il magistrato, per la
sua formazione, di fronte alle misure di prevenzione si trova
in una difficoltà di tipo culturale: chi è avvezzo a ragionare
in termini di prova non va d'accordo con il sospetto. Allora,
l'aver portato nel settore della prevenzione, prevedendo non
solo la punizione per chi non dà giustificazione ma anche il
sequestro e la confisca dei beni, mi sembra sia stata
un'operazione estremamente intelligente.
   Conosco bene la situazione di Monte San Savino e passo
quindi a rispondere all'acuta domanda posta dal senatore
Butini circa la stratificazione delle forme di delinquenza. In
effetti, negli anni 70 e nel 1989 la Toscana è stata famosa
per i sequestri di persona a scopo di estorsione. La presenza
sarda, dovuta al particolare tipo di economia di certe zone,
si è avuta dall'Appennino tosco-emiliano, attraverso la
maremma, fino a Roma; tutto il raccordo anulare è circondato
da possidenze di sardi, che spero siano brave persone, anche
se nel 1989 non si è avuta questa impressione. Tali
insediamenti hanno comportato un fenomeno particolare. Mi
riferisco alla capacità di aggregazione dei sardi delinquenti
- tanti altri hanno dato un ottimo impulso alla nostra
economia agropastorale - con altre forme di delinquenza. Ho
già portato l'esempio di Giacomelli per il traffico di armi,
vicende nella quale troviamo referenti sardi.
  PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i
nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione
del circuito audiovisivo interno.
(La Commissione prosegue in seduta segreta).
  PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo
interno.
  PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di
Firenze. L'onorevole Galasso ha posto problemi più
generali, sui quali non vi è motivo di segretezza, chiedendo
se vi sia una strategia ravvisabile anche in manifestazioni di
mafia al di fuori della Sicilia.
   Mi sembra indubbio, che da parte di Cosa nostra vi sia una
strategia e che questa sia di tipo "politico", cioè
interessata a certi assetti. Proprio nell'indagine sulla
strage al treno rapido fu coniata l'espressione, poi
rivelatasi esatta, di terrorismo mafioso, per comprendere le
valenze eversive dell'ordine costituzionale che il fenomeno
mafioso poteva avere. Mi sembra inimmaginabile pensare che un
ordinamento come quello mafioso, non foss' altro per le enormi
ricchezze che gestisce, non abbia interesse ad un certo
assetto della società.
   Poiché in queste zone esistono collegamenti con la "casa
madre", mi sembra
                         Pag. 849
 difficile escludere che questo progetto non sia unitario.
L'ingresso in certi territori avviene perché il mercato è
appetibile. Se l'azione è motivata prevalentemente
dall'interesse economico, sicuramente certe zone vengono
privilegiate in relazione a ciò che possono fornire come
strumenti di riciclaggio o di acquisizione di attività
economiche e di settori di mercato.
   L'onorevole Brutti mi ha rivolto una domanda specifica
sulla situazione dell'Emilia Romagna; posso rispondere, senza
entrare nei particolari, che con i colleghi della DDA abbiamo
frequenti contatti, varie volte si sono recati a Firenze per
compiere indagini collegate. Anzi, abbiamo valutato
l'opportunità di incontrarci periodicamente, perché abbiamo
constatato che l'asse Emilia Romagna-Toscana è particolarmente
interessante sotto molti profili.
   Nel concludere, desidero scusarmi se le risposte non sono
state esaurienti o se ho fatto qualche omissione.
  PRESIDENTE. Vorrei pregare la dottoressa Della Monica di
trasmetterci una nota sui problemi di carattere legislativo ed
organizzativo che si incontrano nel contrasto del traffico di
armi.
  SILVIA DELLA MONICA, Sostituto procuratore della
direzione distrettuale antimafia di Firenze. Provvederò
senz'altro, signor presidente.
  PRESIDENTE. Ringrazio vivamente tutti gli ospiti
intervenuti per il loro contributo.
La seduta termina alle 14.

 


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