Violante: seduta 22
|
Pag. 821 AUDIZIONE DEL PROCURATORE DELLA REPUBBLICA DI FIRENZE, DOTTOR PIERLUIGI VIGNA, E DEI MAGISTRATI DELLA DIREZIONE DISTRETTUALE ANTIMAFIA DI FIRENZE PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE CARLO D'AMATO INDICE pag. Audizione del procuratore della Repubblica di Firenze, dottor Pierluigi Vigna, e dei magistrati della direzione distrettuale antimafia di Firenze: Violante Luciano, Presidente ...................... 823, 824 826, 829, 831, 832, 833, 835, 839, 844 D'Amato Carlo, Presidente ......................... 839, 840 845, 846, 847, 848, 849 Angelini Piero Mario ................................... 837 Brutti Massimo ............................... 831, 839, 844 Butini Ivo ............................................. 842 Cabras Paolo ........................................... 841 Cutrera Achille ........................................ 837 Della Monica Silvia, Sostituto procuratore della Repubblica di Firenze, addetto alla direzione distrettuale antimafia ................................. 849 Pag. 822 De Matteo Aldo ......................................... 836 Ferrara Salute Giovanni ................................ 838 Galasso Alfredo ................................... 832, 842 Garofalo Carmine ....................................... 838 Grasso Tano ............................................ 843 Imposimato Ferdinando ............................. 840, 841 Matteoli Altero .......... 825, 831, 833, 834, 835, 845, 848 Nicolosi Giuseppe, Sostituto procuratore della Repubblica di Firenze, addetto alla direzione distrettuale antimafia ................................. 832 Rapisarda Santi ........................................ 835 Tripodi Girolamo ....................................... 836 Vigna Pierluigi, Procuratore della Repubblica di Firenze ............................ 823, 824, 825, 826, 829 831, 832, 833, 834, 840, 841, 844, 845, 846, 847, 848 Zuffa Grazia .......................................... 838 Sostituzione di un componente della Commissione: Violante Luciano, Presidente .......................... 823 Pag. 823 La seduta comincia alle ore 9,40. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sostituzione di un componente della Commissione. PRESIDENTE. Comunico che, in data 19 gennaio 1993, il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari il senatore Francesco Alberto Covello, in sostituzione del senatore Albino Fontana dimissionario. Il senatore Covello è presente e, nel ringraziarlo, formulo un reciproco augurio di buon lavoro. Audizione del procuratore della Repubblica di Firenze, dottor Pierluigi Vigna, e dei magistrati della direzione distrettuale antimafia di Firenze. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore distrettuale antimafia di Firenze, dottor Pierluigi Vigna, e dei magistrati della direzione distrettuale antimafia di Firenze. Sappiamo che questi magistrati svolgono un eccellente lavoro in Toscana. Li ringraziamo per la loro attività e do subito la parola al dottor Pierluigi Vigna. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Ringrazio il presidente e i membri di questa Commissione. Se essi fossero d'accordo, riterrei di compiere una brevissima ricognizione sulla struttura della direzione distrettuale antimafia presso la procura di Firenze, cercando di mettere in luce alcuni problemi che abbiamo dovuto affrontare; successivamente passerei, essendo naturalmente a loro disposizione gli atti, all'enunciazione di alcuni dati statistici circa il numero delle persone indagate; infine, nei limiti in cui mi è consentito dallo stato delle indagini, vorrei accennare ad alcuni dei principali procedimenti in corso, il che darà modo di capire quali insediamenti di tipo mafioso vi siano nella nostra regione. Subito dopo l'entrata in vigore del decreto-legge n. 367 del 1991, fu da me istituita la direzione distrettuale antimafia presso la procura di Firenze. Essa è composta dai colleghi Della Monica, Cassano e Nicolosi, che mi assistono in questa audizione. Tale direzione è dunque composta di tre magistrati. Si tenga presente che l'organico dei sostituti procuratori di Firenze, dopo gli aumenti previsti per la direzione distrettuale antimafia, è di sedici magistrati, ma in realtà i sostituti procuratori attualmente in servizio presso la procura sono quattordici. In precedenza erano tredici e per periodi abbastanza lunghi l'ufficio è stato retto solo da nove sostituti. L'organico attuale è, quindi, di sedici sostituti, un procuratore aggiunto e un procuratore della Repubblica, ma in realtà i sostituti in forza alla procura, anziché sedici, sono quattordici e tre di essi fanno parte della direzione distrettuale antimafia. Il primo problema affrontato e molto dibattuto anche nel corso degli incontri che si ebbero con il procuratore nazionale antimafia aggiunto, dottor Di Gennaro, fu se tali magistrati dovessero occuparsi solo Pag. 824 dei procedimenti per i delitti di mafia indicati dall'articolo 51, comma 3-bis del codice, oppure no. Ho dato soluzione positiva a questo problema. I colleghi però, per non gravare troppo, anche dal punto di vista psicologico, gli altri magistrati del nostro ufficio, per loro spontanea volontà hanno voluto continuare a gestire i precedenti procedimenti che già avevano seguito, ma per quanto riguarda i procedimenti instaurati dopo l'entrata in vigore del decreto-legge n. 367 del 1991 ad essi vengono attribuiti solo i procedimenti relativi ai delitti di mafia. Tali colleghi, per razionalizzare le misure di prevenzione, sono anche destinatari esclusivi della trattazione delle misure di prevenzione relative a soggetti sospettati di appartenere ad associazioni mafiose, mentre le misure di prevenzione relative a soggetti genericamente pericolosi sono attribuite ad un altro magistrato dell'ufficio. I colleghi della direzione distrettuale antimafia non solo seguono i procedimenti relativi ai delitti di mafia, ma anche il turno di urgenza unicamente per questi delitti. In altri termini, nel nostro ufficio sono stati formati due turni d'urgenza, uno per la criminalità comune, l'altro specificamente per i delitti di mafia. Quindi i colleghi si ripartiscono ogni mese in tre turni di urgenza esterna. Ovviamente i loro nominativi vengono tempestivamente comunicati, in relazione ai turni, a tutti gli organi di polizia del distretto. Ho riservato a me le funzioni che la legge prevede possa svolgere il procuratore della Repubblica o un suo delegato per quanto riguarda l'organizzazione e la guida della direzione distrettuale antimafia. E' da tener presente che questi tre colleghi (ciò spiega anche, insieme alle loro capacità, l'ottimo funzionamento di questo organismo a Firenze) già facevano parte di un pool che si interessava in precedenza di tutti i reati in tema di sostanze stupefacenti. Quindi, per me è stato abbastanza facile individuare come membri della direzione distrettuale antimafia questi tre colleghi che, oltre all'esperienza nel settore degli stupefacenti, ne avevano una specifica nei vari settori del crimine organizzato. Abbiamo avuto cura, proprio mentre era in corso l'approvazione del decreto-legge e subito dopo la conclusione dell'iter, di procedere ad una serie di riunioni, innanzitutto stimolate dal procuratore generale, con i procuratori e poi con le forze di polizia del distretto per impartire le prime direttive, che poi ho messo per iscritto. Tali direttive riguardavano innanzitutto le procedure relative alla comunicazione delle notizie di reato concernenti questi determinati delitti, indirizzate quindi non più al procuratore del luogo, ma al procuratore distrettuale, anche se per mia scelta contemporaneamente doveva essere informato il procuratore del luogo per ragioni di correttezza istituzionale; inoltre, la spiegazione di tutta la normativa riguardante gli arresti in flagranza, i fermi e via dicendo. Il secondo problema affrontato fu quello relativo all'utilizzazione della polizia giudiziaria. Il decreto-legge n. 152 del 1991 all'articolo 12 prevede che, per le indagini sul crimine organizzato, il procuratore della Repubblica debba di regola avvalersi dei servizi interprovinciali, quindi della Criminalpol, dei ROS, dei GICO della guardia di finanza. PRESIDENTE. Anche della DIA. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Questa è a livello centrale e successivamente ne parlerò. Tutto ciò è stato fatto seguendo le indicazioni del legislatore. D'altra parte, se la competenza della procura distrettuale è interprovinciale, è chiaro che il referente deve essere un organismo di polizia giudiziaria interprovinciale. Noi, anche nel caso in cui la notizia di reato provenga da un organo locale, ad esempio la squadra mobile di Livorno, non depotenziamo l'organo locale, che va sempre valorizzato, ma uniamo ad esso nell'investigazione anche l'organo interprovinciale. Pag. 825 Ad esempio, se la notizia di reato proviene dalla squadra mobile, coinvolgiamo la Criminalpol, se proviene dai carabinieri, il ROS, infine, se proviene dalla guardia di finanza, il GICO. Integriamo quindi il livello superiore con quello locale. Siamo inoltre giunti ad ottimali forme di collaborazione fra i vari servizi interprovinciali, nonché tra i carabinieri e la squadra mobile. L'ultimo servizio è stato effettuato pochi giorni fa, con l'arresto e la perquisizione di varie persone, dal GICO della guardia di finanza e dal ROS dei carabinieri. Proprio in questi giorni diviene funzionante a Firenze una struttura periferica della divisione investigativa antimafia, organismo con il quale avevamo già avuto rapporti a livello centrale per certe indagini. Si tratterà ora di individuare, nell'attuale situazione normativa, lo spazio di azione della nuova struttura periferica della divisione investigativa antimafia. La legge istitutiva prevede anzitutto che la DIA debba svolgere le indagini in stretto collegamento con le altre forze di polizia, un dovere di collaborazione di tutti gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria nei suoi confronti e che, in caso di indagini collegate svolte dalla DIA e dai servizi interprovinciali, questi ultimi debbano fornirle un supporto informativo e svolgere gli accertamenti che essa richieda. Ritengo che la DIA sia un organismo soprattutto destinato in questa fase, permanendo i servizi interprovinciali, allo studio del fenomeno e delle articolazioni dello stesso. Il fatto interessa in quanto serve a ricostruire il fenomeno organizzativo in una certa regione. Cerco di dare spazio, in base alla nuova legislazione di giugno, anche alle intercettazioni preventive, che sono delegate dal ministro dell'interno e servono a conoscere l'andamento di un fenomeno anche quando non emergano notizie di reati (pronti sempre a trasformare tali intercettazioni preventive in intercettazioni investigative quando emergano notizie di reato). Sono state avviate altre iniziative dopo l'istituzione della DDA. Mi sono mosso al fine di sensibilizzare le categorie e le associazioni produttive, sia a livello fiorentino sia a livello regionale, facendo prendere personali contatti dal dirigente della Criminalpol con gli esponenti di tali realtà e con le organizzazioni sindacali delle varie zone della Toscana. Ciò è potuto avvenire grazie al supporto della prefettura e del comune ed è stato attuato mutuando l'idea dalla normativa sulla limitazione dell'uso del denaro contante in funzione antiriciclaggio. Come il bancario che ha un sospetto lo comunica a determinati organi di polizia, che iniziano le investigazioni atte ad appurare se il sospetto si traduca o meno in notizia di reato, così, a volte, le associazioni di categoria possono percepire (mi riferisco anche alla Camera di commercio) certi mutamenti di assetti, certi trasferimenti di beni, che non sono di per sé indicativi, ma che, attraverso una segnalazione all'organo di polizia, possono servire ad un eventuale sviluppo investigativo. Con il comune e con la prefettura è stata iniziata, secondo certi criteri, una mappatura delle cessioni di esercizi pubblici, per vedere se determinati tipi di esercizi pubblici, bar... ALTERO MATTEOLI. Parlando di prefettura e di comune si riferisce solo a Firenze? PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. A Firenze! Tuttavia, attraverso riunioni indette dal prefetto di Firenze, la cui autorità è sovraprovinciale, questo messaggio è stato trasmesso anche ai prefetti delle altre province affinché si cercasse di avviare una mappatura rispondente a determinati criteri su certi trasferimenti di determinati esercizi. Un altro problema che ci siamo trovati ad affrontare e che presenta importanti risvolti è quello del rapporto con le altre procure del distretto. Tale rapporto non ha ingenerato problemi, sia perché ci conoscevamo da tempo con i colleghi Pag. 826 sia perché si è sempre raggiunto un accordo sulla qualificazione di un fatto come delitto di mafia oppure no. Posso dire che vi è stato un solo caso di conflitto positivo tra la nostra procura distrettuale ed un'altra, che è stato rapidamente risolto dal procuratore generale presso la corte d'appello di Firenze con l'attribuzione della legittimazione alle indagini alla procura distrettuale, secondo quanto avevamo prospettato. Non ci sono particolari problemi, almeno io non li ho colti. Come risulta dalle statistiche che tra breve illustrerò, il procuratore della Repubblica si trova o potrà trovarsi di fronte al problema di ampliare il ruolo della DDA e quindi il numero dei magistrati che vi attendono. Gli attuali componenti della struttura stanno infatti conducendo una vita piuttosto faticosa. Sono del parere che la DDA abbia bisogno, per funzionare al meglio, di un estremo accordo tra coloro che la compongono. Deve esistere una circolazione interna di notizie franca e leale, non devono sussistere gelosie investigative e deve prodursi la massima collaborazione possibile. Come ho detto ai miei colleghi in un discorso che non ho difficoltà a ripetere in questa sede, ritengo che gli stessi colleghi, non appena reputino opportuno ampliare la struttura, debbano indicarmi i magistrati idonei a rinforzare il pool, riservandomi naturalmente le valutazioni relative al possesso da parte dei colleghi presi in considerazione dei requisiti previsti dalla legge per l'appartenenza alla DDA. Sottolineo nuovamente, tuttavia, che tengo molto all'affiatamento interno. Questo affiatamento è basato innanzitutto sulle doti di carattere dei colleghi; in secondo luogo, seguiamo il sistema della assegnazione congiunta dei procedimenti, che vengono appunto assegnati a tutti i magistrati della DDA, che ovviamente non compiono insieme tutti gli atti necessari, ma privilegiano ciascuno uno specifico settore di lavoro, con l'avvertenza tuttavia che, quando si renda necessario effettuare atti significativi di un procedimento o che possono riguardare più procedimenti, questi vengono compiuti insieme da tutti i magistrati del pool. Valga l'esempio dell'interrogatorio di Messina o di persone importanti (il caso di Mutolo) in relazione a più procedimenti. Partecipo qualche volta direttamente a queste attività di indagine; inoltre ricevo dai colleghi tutti gli atti più rilevanti di ciascun procedimento, in modo da avere una visione dei vari procedimenti, che, se ve ne fosse bisogno (ma non ve ne è, stante il continuo scambio di informazioni) mi permetta di segnalare i vari punti di collegamento. Ho con me un tabulato contenente tutti i procedimenti relativi alla DDA, che consente di individuare attraverso il sistema computerizzato le posizioni dei soggetti indagati. PRESIDENTE. Quali elementi sono computerizzati? PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Sono computerizzati i procedimenti, i nomi delle persone indagate, i delitti loro attribuiti, le misure cautelari richieste, le scarcerazioni e così via. Ritengo - ho parlato di questo con il procuratore generale, che si è dimostrato molto disponibile - che possa essere utile, per venire in aiuto al nostro lavoro, ricorrere all'istituto dell'applicazione. In base all'articolo 110-bis dell'ordinamento giudiziario il procuratore generale può infatti disporre applicazioni da altre procure del distretto alla procura distrettuale. Questo sistema dell'applicazione di magistrati appartenenti ad altre procure a quella distrettuale è, a mio parere, molto importante almeno sotto tre profili. In primo luogo, è importante perché non sempre i delitti attribuiti alla nostra struttura sono intrinsecamente mafiosi: ci viene ad esempio attribuita l'associazione per trafficare in stupefacenti, perché normalmente tale attività fa capo a personaggi che hanno collegamenti mafiosi, ma essa potrebbe anche essere stata posta in Pag. 827 essere da elementi locali che non hanno relazioni con la mafia. In tali casi l'esperienza del collega del luogo, che magari ha già iniziato il procedimento e dovrebbe passarlo di mano, può essere utilmente sfruttata mediante l'applicazione alla procura distrettuale. In secondo luogo, questo sistema serve a potenziare lo spirito di colleganza e di iniziativa investigativa che deve animare i colleghi delle varie procure. In terzo luogo, come loro sanno, in attesa dell'auspicata istituzione del giudice distrettuale, la competenza per i dibattimenti è radicata presso i vari organi giudicanti, presso i quali dovranno trasmigrare (salvo il caso eccezionale dell'applicazione di colleghi appartenenti ad altre procure da parte del procuratore generale) i magistrati della DDA. Alcuni procedimenti sono già giunti alla fase del dibattimento: la collega Della Monica sarà impegnata per tre mesi a Firenze in un grande processo e la collega Cassano per un mese ed oltre. Ebbene, in tale situazione, l'attività investigativa della DDA subisce una flessione e pertanto, soprattutto per i procedimenti nati fuori, il collega applicato diviene il naturale destinatario delle funzioni di pubblico ministero presso il giudice del luogo ove il reato è stato consumato. Questo in attesa dell'auspicata istituzione del giudice distrettuale, che, secondo me, non ponendosi in contrasto con alcuna norma costituzionale, consentirà di risolvere numerosissimi problemi pratici, evitando anche in certe zone possibili pressioni ambientali delle organizzazioni criminali in particolare sui giudici togati e consentendo di applicare norme processuali, anche favorevoli all'imputato, oggi non applicabili. Per esempio, la riunione dei processi per influenza di prova attualmente è consentita solo qualora gli stessi pendano davanti al medesimo giudice, per cui risulta impossibile se pendono davanti al giudice di Pistoia e a quello, pur vicino, di Prato. La strumentazione del nostro ufficio è costituita dai computer che ciascun magistrato ha. Anzi, ora me ne vengono richiesti - penso di essere in grado di soddisfare tale esigenza - due perché in tal modo il segretario può occuparsi del lavoro amministrativo, mentre il magistrato e il suo collaboratore possono svolgere l'attività di indagine. Abbiamo anche un apparato per la videoregistrazione degli atti d'indagine. Debbo dire molto francamente che questo apparato, per mancanza di spazi nella procura, è stato installato presso la sezione di polizia giudiziaria, che è un po' distante, per cui è scarsamente utilizzabile. La procura della Repubblica di Firenze, grazie alla sensibilità del nuovo assessore all'edilizia, fra pochi giorni vedrà liberarsi e mettere a sua disposizione nuovi locali (purtroppo a Firenze vi è una frantumazione di locali giudiziari in attesa del famoso nuovo palazzo di giustizia). Comunque noi non stavamo più lì, né ci stava il tribunale; quindi trasmigreremo nella vicina piazza della Repubblica, passando da circa 700 a 1.700 metri quadrati. Nei nuovi locali sarà collocato anche questo impianto di videoregistrazione che, a mio parere, è importante soprattutto per raccogliere dichiarazioni di collaboratori: il sistema esatto di documentazione dell'atto può far cadere riserve e problematiche connesse a questo istituto. Ho qui con me alcuni dati statistici che sono stati elaborati e che naturalmente sono a loro disposizione. Questa documentazione vede attualmente 804 persone sottoposte alle indagini per delitti di mafia (loro sanno benissimo che questa struttura funziona da un anno ed un mese): 69 sono quelle attualmente indagate per l'articolo 416-bis del codice penale; 311, per l'articolo 74 del testo unico delle leggi sugli stupefacenti; 28, per delitti aggravati dall'articolo 7 della legge n. 203 del 1991; 290, per l'articolo 416-bis del codice penale e l'articolo 74 del testo unico delle leggi sugli stupefacenti; solo una, per l'articolo 630 del codice penale. Sono state tratte in arresto - i dati come voi comprenderete sono in continua evoluzione, Pag. 828 per cui forse sono da fare alcune aggiunte - 113 persone, delle quali solo 6 sono state poi rimesse in libertà. Consegnerò alla presidenza questi dati statistici, cui si accompagnano alcune spiegazioni ed elaborazioni grafiche per rendere l'idea dei vari tipi di procedimento e di delitti, dati che sono a mio parere di una dimensione notevole. L'istituzione della Direzione distrettuale antimafia ha rivelato a noi, e a me per primo, un mondo sconosciuto. Non vi era da parte mia e penso neppure dei colleghi un'idea di quello che poteva essere il collegamento o l'insediamento con cosche mafiose nella regione toscana. L'idea è stata quindi facilissima, perché si trattava di parametrare l'organo dell'indagine sull'organizzazione criminale. Non si può fare diversamente se non attribuire un più vasto respiro territoriale ed una più vasta conoscenza del fenomeno ad un organo che deve indagare su fenomeni i quali non sopportano per loro natura limitazioni territoriali. Sono diventati più facili i collegamenti; loro sanno che i punti di indagine per questi delitti son passati da 161 a 26, per cui tutto è stato maggiormente facilitato. Passerò a considerare alcuni problemi oltre a quelli cui ho già accennato. Abbiamo il problema, accanto a quello della DDA, del rafforzamento dell'ufficio del giudice per le indagini preliminari, che, come loro sanno, è il nostro interlocutore per tutta una serie di atti procedimentali, dalle intercettazioni alle misure cautelari. Tale ufficio è scarso come numero e come supporti. Sono solo cinque i giudici che si occupano di tutto: dei procedimenti ordinari e di quelli connessi alle indagini preliminari. Loro comprendono che per l'investigatore - come noi siamo, come mi ostino a dire - è molto importante avere un'intercettazione in termini brevissimi, sebbene pur potendola fare in via d'urgenza; di fronte ad una richiesta di misura cautelare è essenziale non che il GIP ce la dia, ma che decida in proposito. Se ce la respinge adottiamo una diversa strategia investigativa: possiamo fare le perquisizioni che nell'attesa rinviamo per farle con la misura cautelare. I nostri giudici per le indagini preliminari sono quanto di meglio si possa ritenere per l'impegno nel loro lavoro e per la sensibilizzazione avuta verso questi processi, che d'altra parte avevano trattato anche con il vecchio rito. Tuttavia un potenziamento dell'ufficio del GIP come mezzi e come personale di supporto sarebbe estremamente importante. Abbiamo già detto della distrettualizzazione auspicabile del giudice, alla quale andrà accompagnata la distrettualizzazione delle misure di prevenzione per questi delitti. Restano alcuni problemi più pratici. Un mezzo investigativo per eccellenza è l'intercettazione e loro sanno di quante giuste cautele essa sia circondata, tanto che spetta al GIP la competenza primaria a disporla. E' noto che, come regola, le intercettazioni telefoniche normali debbono essere eseguite con apparati installati presso le procure della Repubblica, ma loro sanno che attualmente il mezzo privilegiato di indagine è l'intercettazione dei cellulari e quella ambientale. E' dunque sorprendente che le procure della Repubblica italiana non siano dotate di strumenti per effettuare tale tipo di intercettazione. Dobbiamo rivolgerci agli organi di polizia, il che andrebbe bene se essi ne fossero ampiamente forniti, o ricorrere, come noi facciamo e come fanno tante altre procure, a ditte private, le quali vengono nominate come persone in possesso di determinate cognizioni ex articolo 348 comma 4 del codice di procedura penale, cui paghiamo somme notevoli per il noleggio degli apparati. Mi sono fatto carico di esporre questa situazione al Ministero di grazia e giustizia. Ebbi anche un colloquio con il presidente Verde, che prese a cuore il problema; so che erano in corso - almeno quando ne parlai - contatti con il Ministero dell'interno. Se il presidente ritiene, posso dare copia della nota 12 giugno 1992 che inviai al Ministero di grazia e giustizia per segnalare la questione. Pag. 829 Direi che il procedimento penale va meglio - sicuramente sotto il profilo del pubblico ministero - dopo gli aggiustamenti che sono stati apportati con il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 convertito nella legge n. 357 approvata nell'agosto successivo. Sicuramente il legislatore, modellando due tipi procedimentali, uno più forte per le indagini di criminalità organizzata ed uno normale per i procedimenti di criminalità ordinaria, ha preso atto che quella della criminalità organizzata è una realtà fattuale diversa da quella degli altri procedimenti. Da qui l'idea di questo doppio binario, del quale troviamo riscontro in varie norme. Significativi sono i maggiori tempi concessi per le indagini, la proroga al coperto dei tempi dell'indagine e tutto il resto. Residuano forse alcuni punti che devono essere ancora esaminati. Li espongo con estrema franchezza. Il ricorso al tribunale della libertà avverso una misura cautelare fatta dal GIP è diventato un espediente non tanto per restaurare posizioni di libertà lese dal provvedimento, quanto per conoscere gli atti dell'indagine. Come loro sanno, mandiamo gli atti su cui si fonda la nostra richiesta al GIP, il quale provvede; in presenza del ricorso al tribunale della libertà, questi atti vengono messi a disposizione dei difensori. I commissari si renderanno sicuramente conto del lavoro materiale che il pubblico ministero è costretto a fare distogliendo ore e giorni dal suo lavoro per le fotocopiature degli atti da inviare al tribunale della libertà, perché naturalmente deve seguitare le indagini. Deve oltretutto occuparsi degli omissis, perché se in un processo contro 30 persone viene chiesta la misura cautelare contro 1, manderemo ciò che riguarda la posizione di quel singolo. Infatti, spesso, le dichiarazioni e le intercettazioni relative a questa persona non sono estrapolate, sono tutte racchiuse in un contesto di altre dichiarazioni. Vedo con un certo disgusto (per il disdoro cui sono costretti i colleghi, qualche volta con il mio aiuto), la circostanza per cui devono prendere questi verbali, estrapolare, mettere pezzettini di carta, fare le fotocopie e via dicendo. Oltretutto è un lavoro difficilmente delegabile al collaboratore, perché richiede l'individuazione dei vari punti dell'atto che possono essere inviati. Come loro sanno, le soluzioni sono varie; una potrebbe consistere nel mettere tutto a disposizione del giudice perché rivaluti, se vuole, completamente il provvedimento del GIP. Vi sono persone che fanno uno, due, tre, quattro ricorsi al tribunale della libertà; accade inoltre che, se vi sono dieci indagati con misure cautelari, tali ricorsi vengano fatti a catena proprio per seguire il corso delle indagini, il che ci mette in grosse difficoltà. Probabilmente va ristrutturato l'incidente probatorio; su questo già la Commissione Pisapia aveva predisposto e presentato un elaborato, ma poi per le note vicende, per la mancata ricostituzione e proroga del triennio non è stato possibile rivederlo nel senso di una maggiore riservatezza. Non è possibile che quando si rendono dichiarazioni in incidente probatorio l'indagato abbia diritto ad essere presente sempre e indiscriminatamente, quando loro sanno meglio di me che la semplice presenza o il semplice sguardo può costituire un'intimidazione. PRESIDENTE. La Commissione antimafia nella scorsa legislatura aveva posto questi problemi. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Ho letto ed apprezzato la relazione della Commissione. Occorre poi disciplinare - ma a questo proposito la Commissione Pisapia aveva già individuato un sistema molto idoneo - la trascrizione delle intercettazioni. Si tratta di un aspetto molto importante, considerato che per questa operazione si devono impiegare mesi. Peraltro la norma prevede che il giudice per le indagini preliminari può autorizzare il pubblico ministero a ritardare il deposito delle Pag. 830 intercettazioni fino al termine delle indagini preliminari, cioè fino alla richiesta di rinvio a giudizio. Ma una volta ritardato il deposito chi fa la trascrizione fino al termine delle indagini preliminari? La Commissione Pisapia era dell'idea che alla trascrizione dovesse provvedere, con le solite forme garantite, il presidente del tribunale o della corte nei tempi morti degli atti preliminari al dibattimento, vale a dire da quando viene fissata l'udienza al momento in cui questa venga effettivamente svolta (ovviamente mettendo prima a disposizione delle parti, attraverso il deposito, il testo dei brogliacci e delle trascrizioni effettuate dalla polizia giudiziaria). In queste indagini, a mio parere, ha molta importanza, come ho già avuto modo di rilevare, il polo tecnologico che ho in mente. Il procedimento penale, infatti, nella fase delle indagini ha sempre maggiore bisogno di altre forme di conoscenza piuttosto che del sapere giuridico. In sostanza, il pubblico ministero, l'organo dell'indagine, ha bisogno di avere conoscenze nel campo delle telecomunicazioni, delle tecniche di riciclaggio, della medicina legale (nelle sue centinaia di specializzazioni) e della balistica (nelle varie specializzazioni). La scienza giustamente progredisce e gli organi dell'indagine (mi riferisco anche a quelli di polizia) non sempre conoscono il progresso della scienza che potrebbe essere utile per le indagini. Non solo: il nostro Stato non si preoccupa di seguire il progresso della scienza (non dico che lo rallenti) per trovare gli strumenti che possano servire a paralizzare il suo cattivo uso. Sapete meglio di me che l'introduzione dei telefoni cellulari (l'evento più sciocco del mondo) ha paralizzato decine e decine di inchieste sul traffico di sostanze stupefacenti perché non si sapeva come intercettarlo, né l'organo che produce questi apparati ha interesse a fornire spiegazioni (in caso contrario credo che il calo delle vendite sarebbe abbastanza evidente). Deriva da qui pertanto l'idea di un trust di cervelli, non giuridici ma tecnici, situati dove si voglia, che portino a conoscenza delle indagini i progressi della scienza (dal DNA in poi), individuando nello stesso momento i mezzi per entrare nel progresso tecnologico quando questo venga sviato a fini illeciti. Vorrei brevemente fornirvi una traccia di alcuni procedimenti. In linea generale dalla lettura degli atti, possiamo constatare che la Toscana - che negli anni settanta era la terza regione in Italia per l'invio di soggiornanti obbligati dalla Sicilia e da altre regioni - è divenuta luogo privilegiato di residenza e di insediamento sia di personaggi mafiosi appartenenti alle correnti perdenti (aspetto singolarissimo di cui l'esempio più significativo è quello di Mutolo), sia di personaggi appartenenti alle correnti vincenti (Giacomo Riina, Santapaola ed altri). Questa duplice presenza è meravigliosamente rappresentata, come dicevo poc'anzi, da Mutolo che, mentre gestiva i suoi notevoli traffici di armi e stupefacenti in Toscana, nel contempo doveva continuamente guardarsi dalle persone con cui instaurava alleanze affinché non fossero corleonesi o persone ad essi vicine che avrebbero potuto ucciderlo. Emerge, dunque, questo strano panorama. Più specificamente, abbiamo avuto un procedimento relativo a Giacomelli Reno ed altri a proposito del quale sono indagate sessantaquattro persone (trentasei in stato di custodia cautelare) ed i delitti contestati sono quelli di associazione mafiosa, traffico di stupefacenti, armi ed altro. Le indagini partono dalla scoperta di un grosso traffico di armi pesanti, esplosivi e almeno un congegno per attivazione di cariche esplosive, che si sviluppa dalla Romagna (soprattutto da Morciano) attraverso Montecatini Terme e la Sicilia (soprattutto il catanese). Vi sono stati sequestri di armi ed esiti produttivi derivati da intercettazioni. Le armi e le munizioni venivano indicate come "giubbotti e bottoni" (proprio in relazione ad una telefonata in cui si parlava dell'arrivo di giubbotti e bottoni - con una operazione apparentemente estemporanea dall'intercettazione, ma da questa originata - Pag. 831 furono sequestrate appunto armi e munizioni). Le intercettazioni parlano anche di carichi di esplosivo che, nell'estate del 1991, sarebbero arrivati a Catania. PRESIDENTE. Quindi la Toscana era una zona di passaggio, ma da dove provenivano le armi? PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di Firenze. Circa la provenienza siamo arrivati a stabilire che almeno le armi dovevano provenire con quasi assoluta certezza dal Belgio, transitando poi, ma non sempre, per la Sardegna, giungendo infine in continente. Questo traffico era interamente gestito dal gruppo emiliano-romagnolo Riina-Giacomelli, che faceva poi transitare queste armi per la Toscana per andare a finire in Sicilia attraverso camion. ALTERO MATTEOLI. Quindi le armi partivano dal Belgio? PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di Firenze. Non so se l'origine fosse proprio il Belgio, tant'è che in quest'indagine sono detenute non solo persone come Riina e Giacomelli o personaggi catanesi come Casale ed altri, ma anche sardi, uno dei quali aveva sicuramente referenti in Belgio, in particolare una donna con la quale abbiamo intercettato alcune conversazioni. La partita di armi che abbiamo sequestrato veniva comunque dal Belgio; non so poi, perché non ce lo vogliono dire, da dove provenissero le armi partite dal Belgio. ALTERO MATTEOLI. Anche Messina ha parlato della facilità con la quale le armi dalla Germania... PRESIDENTE. Però Messina ha parlato di armi, mentre se ho ben capito mi sembra che in questo caso si tratti di munizioni. PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di Firenze. Munizioni, armi ed esplosivo. Abbiamo sequestrato anche mitragliette UZI. MASSIMO BRUTTI. Ritiene che vi siano armi ed esplosivi che provengono dalla Croazia? PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di Firenze. Questo è un altro discorso. Ho l'impressione di sì, tant'è che al riguardo ho aperto un'indagine, tutt'ora in corso, sulla presenza a suo tempo segnalata di un personaggio, Schaudin, che sarebbe stato in Croazia. Questi personaggi mafiosi appartengono al clan di Santapaola. Naturalmente questi soggetti oltre a trafficare in armi e droga hanno compiuto numerose rapine, estorsioni e truffe, ed avevano creato anche le condizioni per l'acquisizione di attività economiche, dopo aver affiancato imprenditori in difficoltà. Questo messaggio lo ritroveremo in altri procedimenti. E' stata accertata, come dicevo, una comunanza di interessi con personaggi appartenenti storicamente ai corleonesi, Giacomo Riina e Pace Pietro. In particolare Giacomo Riina, persona molto anziana, è attualmente nel carcere di Pisa perché malato. ALTERO MATTEOLI. E' parente di Totò Riina? PIERLUIGI VIGNA, Pocuratore della Repubblica di Firenze. Non è parente, come egli stesso afferma e come risulta anche dalle nostre indagini, anche se è di Corleone. Vi è poi un processo contro Madonia Giuseppe ed altri che vede indagate settanta persone, di cui ventotto in custodia cautelare, per associazione mafiosa, traffico di stupefacenti ed altro. Il vasto traffico di stupefacenti è gestito direttamente da Giuseppe Madonia di cui i più stretti collaboratori sono Rinzivillo, Romano Raimondo e Pasquale Trubia. In quest'indagine abbiamo avuto una soddisfazione investigativa: un gruppo di queste persone, tra cui Raimondo Trubia, sono state condannate due mesi fa dal tribunale di Firenze a pesanti pene (15-18 anni) per traffico di stupefacenti. Abbiamo poi appreso, prima dalla lettura Pag. 832 della loro audizione e poi dalle dichiarazioni di Messina, che questa era la decina instauratasi nella zona di Campi Bisenzio o in prossimità di Firenze che avevamo già individuato e che era stata condannata in primo grado. Messina non conosceva tutti i membri della decina, ma conosceva il Raimondo che per noi rappresentava la punta di diamante e che ne era il capo, come ci è stato confermato. ALFREDO GALASSO. Si tratta della decina di Gela? PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Esatto, infatti il procedimento va sotto il nome di processo dei gelesi o del clan dei trentenni. Sono emerse poi implicazioni chiarissime, ribadite da Messina, con Madonia Giuseppe. Abbiamo poi un procedimento che ci sta impegnando molto, trattandosi di una di quelle vaste indagini che richiedono un impegno enorme, cioè quello relativo all'autoparco di Milano, del quale forse avete sentito parlare. Nel primo processo di cui parlavo poc'anzi relativo al traffico di armi e di stupefacenti era implicato Riina e si partiva con una dimensione al sud. Orbene, sviluppando un'altra tranche di questo medesimo procedimento si risale, per così dire, al nord. Anche qui troviamo l'anziano Riina Giacomo, invischiato anche in questa proiezione al nord. Prima dell'intervento del 17 ottobre del 1992 viene svolta per vari mesi un'attività investigativa. Quest'attività non ha alcun apporto di collaboratori della giustizia: si svolge infatti attraverso intercettazioni, riprese cinematografiche e fotografiche. Il 17 ottobre si deve intervenire, anche se la polizia giudiziaria voleva aspettare ancora un po', perché da certi discorsi captati attraverso le intercettazioni ambientali da un lato si fa riferimento a qualcuno che poteva aver parlato di questo garage, dall'altro sentiamo da due persone la lettura di una lettera venuta dal carcere dove si parla di un magistrato che dovrebbe andare in quello stesso carcere a interrogare. Ecco che si interviene. La figura che gestiva questo autoparco era Salesi Giovanni. Vengono trovate decine e decide di armi (kalashnikov, fucili a pompa), centinaia e centinaia di milioni in contanti; vengono trovate anche altre cose (le indagini sono ancora in corso) su cui brevemente mi soffermerò. Ci interessiamo noi della vicenda innanzitutto perché ci siamo arrivati e perché per primi abbiamo iscritto il procedimento penale. Va tenuto presente che questo autoparco occupava un terreno dell'intendenza di finanza di Milano. Anche al riguardo stiamo verificando la situazione perché erano stati posti problemi ambientali, di inquinamento ai quali non era stato dato rimedio. PRESIDENTE. Il terreno era in concessione o abusivo? GIUSEPPE NICOLOSI, Sostituto procuratore della Repubblica di Firenze, addetto alla direzione distrettuale antimafia. Era abusivo. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Lo stesso rappresentante dell'autoparco ed altri si erano recati presso l'intendenza di finanza forse per regolarizzare. Dopo gli arresti abbiamo avuto (la questione si è conclusa nei giorni scorsi) un dichiarante detenuto per questioni della costa versiliese (la banda Musumeci Tancredi); un personaggio ci ha parlato dei suoi rifornimenti di eroina presso l'autoparco e di tutti i suoi terminali per gestire il traffico di droga attraverso la struttura toscana. In realtà questa centrale si strutturava in varie sedi locali, di cui una era la Toscana. Pensate che questo signore in soli due mesi e mezzo ha pagato (ovviamente si paga meno rispetto a quanto poi si rivende) 1,2-1,3 miliardi per rifornimenti di eroina da distribuire attraverso la sua rete ai signori dell'autoparco. Pag. 833 L'indagine è stata fruttuosa perché questi personaggi tenevano le prime note e le schede contabili del traffico di eroina con nomi, ovviamente di battaglia, relativi a ciascuna scheda che attraverso le dichiarazioni del collaboratore o di altri si sono potuti identificare. C'erano i giorni delle consegne e le somme ricevute. Esemplifico: il nostro collaboratore aveva il nome di un personaggio che ha giocato in una squadra di calcio e ha dichiarato: "Poiché ora mi dite che venivano tenute schede contabili, vedrete che le mie sono intestate o portiere o pallone". Infatti abbiamo trovato schede intestate a "portiere" e a "pallone", a dimostrazione del riscontro che si è potuto ottenere attraverso tali dichiarazioni. Abbiamo rilevato che in questa organizzazione aveva gran parte Jimmy Miano (che, detenuto a Napoli, è stato ferito e poi trasferito a Livorno) al quale faceva capo il gruppo dei Cursoti che però si erano coalizzati anche con personaggi facenti riferimento all'area dei corleonesi. Lo stesso Giacomo Riina appartiene certamente all'area dei corleonesi ed aveva riferimenti diretti (abbiamo dichiarazioni in questo senso); egli stesso, singolarmente, ammette la conoscenza dell'autoparco, sia pure perché un suo conoscente doveva comperare una macchina usata. Questi vive in Romagna, dove naturalmente non c'è nessuno che venda macchine usate e occorre andare all'autoparco di Milano! Come abbiamo visto, si tratta di una vera e propria struttura aziendale. Abbiamo rilevato due aspetti singolari, il primo dei quali è che l'autoparco era frequentato da appartenenti alla polizia di Stato, in particolare da appartenenti al quarto distretto di polizia di Milano. Tali persone sono state perquisite; una è stata anche sottoposta ad indagini per il delitto di abuso d'ufficio. L'autoparco era frequentato anche da un finanziere che prestava servizio all'aeroporto di Linate (tale dato è stato per noi piuttosto traumatizzante). Come ho detto, su tali persone sono in corso indagini, portate avanti con le cautele con le quali procediamo nei confronti di tutti; volendo capire la natura di tali rapporti, abbiamo ritenuto di operare prima perquisizioni, poi di assumere dichiarazioni testimoniali (sia detto tra virgolette), e così via. Nell'autoparco sono stati trovati anche atti relativi ad una società indagata dai colleghi di Milano nell'ambito della nota inchiesta, atti di cui furono informati immediatamente quei colleghi che li acquisirono. Con gli stessi colleghi di Milano ci siamo incontrati più volte per consegne di copie di atti. Salesi Giovanni era il gestore principale dell'autoparco, dopo che era divenuto latitante... PRESIDENTE. Le ricordo che la seduta è pubblica, cosa della quale pensavo fosse stato avvertito. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. No, non lo sapevo; comunque ritengo di aver dato notizie già comparse sui giornali. D'ora in avanti preferirei però parlare in forma riservata. PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. Desidero informare i nostri ospiti che i commissari rivolgeranno loro domande sul tema oggetto dell'audizione cui ciascuno risponderà a seconda del settore di competenza. ALTERO MATTEOLI. Anch'io desidero ringraziare il dottor Vigna, rilevando che se avessimo avuto sempre la possibilità, attraverso le audizioni parlamentari, di conoscere un quadro così preciso della situazione, come quello che ci ha cortesemente Pag. 834 illustrato oggi, avremmo forse capito qualcosa di più. Anch'io sono toscano e conosco molte delle persone che egli ha citato, per questo prego il presidente di fare un'eccezione e consentirmi di rivolgergli numerose domande. Ricordo innanzitutto che il primo giorno di insediamento della Commissione ho chiesto al presidente ed ai colleghi di porre particolare attenzione alla situazione della Toscana; molti commissari hanno condiviso la mia preoccupazione, altri sono stati scettici, ma oggi credo che tutti abbiano capito quanto la Toscana sia interessata dal fenomeno mafioso. Secondo alcuni dati, risulterebbero coinvolte 804 persone, i procedimenti che stanno concludendo l'iter sono otto, ed altri sono ancora in corso di svolgimento. Il livello di tali procedimenti dimostra che in Toscana la criminalità organizzata ha acquisito caratteristiche preoccupanti. Il dottor Vigna ci ha informato che la DIA ha il compito di studiare il fenomeno mafioso, ed il collega Scotti, interrompendolo, gli ha consentito di darci già una prima risposta. Tra l'altro sappiamo che, dal punto di vista culturale, il fenomeno della mafia si è radicato in Toscana da alcuni decenni, ma si è sviluppato in questa misura solo recentemente. Nella mia regione esiste la massoneria, un'organizzazione non criminale ma segreta, che si addice poco al temperamento dei toscani, i quali non riescono a mantenere un segreto; quindi, quando affermiamo che la massoneria è segreta in realtà non diciamo il vero, perché - ripeto - il toscano può fare tutto, tranne mantenere un segreto. Tuttavia, la criminalità organizzata ha raggiunto proporzioni di questo livello perché alcuni toscani (i mafiosi non possono essere tutti siciliani e calabresi) hanno collaborato. A questo punto mi chiedo se ciò si è verificato perché in quelle zone sono stati inviati tanti soggiornanti obbligati oppure se è dovuto al fatto che la Toscana è divenuta un passaggio obbligato dei traffici criminali, provenienti dal Belgio, che si sono così ramificati dal nord al sud d'Italia. Si può peraltro supporre che, oltre all'influenza del mondo carcerario, la criminalità organizzata sia stata favorita dal fatto che in Toscana è molto diffuso il lavoro stagionale. Per esempio la Versilia e Montecatini, che sono zone ricchissime, richiamano molti lavoratori, soprattutto camerieri, da ogni parte del paese. Questi giovani, provenienti dalle scuole della Calabria o del nord - non pongo la questione soltanto per i meridionali - arrivano in Versilia e si trovano di fronte un nuovo mondo edonista. A settembre, al termine della stagione estiva, malvolentieri accettano di ritornare nel paese di provenienza e, restando, diventano facile preda della criminalità organizzata. A mio avviso questi ragazzi possono diventare strumento della malavita, se si considera che in quelle zone il gioco d'azzardo è molto diffuso. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. E' un punto che intendevo sottolineare. ALTERO MATTEOLI. Si tratta, dicevo, di un fenomeno diffuso tra persone di vario livello sociale, che scommettono su qualsiasi cosa, non soltanto sulla partita di calcio; se per esempio alcune persone siedono in un bar e vedono sopraggiungere una macchina scommettono sul tempo che essa impiega per percorrere quel determinato tratto di strada. Ho appreso con piacere che la DIA dovrà studiare il fenomeno mafioso, perché ritengo importante capire cosa è accaduto anche dal punto di vista culturale. Il dottor Vigna ha dichiarato che vi è stato un solo conflitto tra la DDA ed una procura; vorrei sapere se esso ha interessato la procura di Lucca. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. No. ALTERO MATTEOLI. Inoltre, lei ha detto che negli anni settanta la Toscana Pag. 835 era la terza regione d'Italia ad ospitare soggiornanti obbligati, ed ha citato un certo Fedeli, che conosco bene (essendo nato a Cecina, in provincia di Livorno). Mi sono sempre chiesto come mai nessuno si sia accorto che in un centro come Donoratico (dove d'inverno i residenti sono circa mille, ma d'estate si arriva con i villeggianti a 5 mila presenze), una persona aprisse agenzie immobiliari e di assicurazioni, viaggiasse in Ferrari ed offrisse da bere a decine di persone in locali notturni. Mi chiedo come sia possibile che una persona con questo tenore di vita non sia stata notata, in piccoli paesi come Donoratico o Castagneto Carducci, dove comunque esiste una caserma dei carabinieri. Pongo innanzitutto a me stesso il seguente interrogativo: come si spiega che in vent'anni questa persona abbia realizzato una fortuna, comprando tra l'altro complessi residenziali, a nome proprio e della famiglia, senza destare sospetti? Capisco che ciò possa verificarsi a Napoli, a Milano ed anche a Firenze, ma non a Castagneto Carducci, un comune di 6 mila abitanti. Per esempio, a Castiglioncello, un centro oggi forse un po' decaduto, dove abito con la mia famiglia, sono ben 31 le persone in soggiorno obbligato; si tratta di un piccolo comune a prevalente vocazione turistica, con particolari caratteristiche geografiche, collegato con altri sette centri, alcuni agricoli, come Nibiaia, ed altri industriali. Queste 31 persone hanno occupato il territorio: alcuni bar sono frequentati dalle famiglie dei soggiornanti, che operano quasi tutte nel settore dell'edilizia. Ricordo che l'allora ministro dell'interno Scotti ha sventato la proposta di chiudere il commissariato di Rosignano, presente in quel paese ormai da tanti anni, dove peraltro i carabinieri alle 20 inseriscono la segreteria telefonica: mentre lo Stato va a letto, la criminalità organizzata comincia ad operare! Chi vive in quelle zone, e vede queste cose come può non cercarne la spiegazione? Il dottor Vigna ci ha informato che nel traffico illegale, il quale parte dal Belgio e, attraverso Milano, arriva in Toscana, risulterebbe coinvolto sempre lo stesso personaggio, un certo Giacomo Riina; il procuratore per descrivere tale situazione ha usato l'espressione "struttura aziendale", che rende molto bene l'idea; vorrei sapere qual è il livello di ramificazione raggiunto da tale struttura, perché probabilmente in Sicilia la criminalità, essendo di altro tipo, non ha creato un'analoga struttura. SANTI RAPISARDA. Comunque ha una sua struttura. ALTERO MATTEOLI. Sì, ma è limitata al nucleo familiare. In Toscana, queste persone operano nel rispetto di determinate regole: per esempio, richiedendo la licenza di commercio e l'iscrizione alla camera di commercio. In Sicilia, invece, non si preoccupano di osservare tali regole, poiché si tratta di aziende criminali che operano nel sottobosco della criminalità. In proposito posso testimoniare, poiché mi erano stati segnalati alcuni casi sospetti, che una famiglia, di cui ho controllato la situazione presso la camera di commercio di Pistoia, svolge una prospera attività aziendale, gestendo agenzie immobiliari, perfettamente in regola dal punto di vista dell'immagine. Infine, mi preoccupa quanto ha detto il dottor Vigna in merito al fatto che per il rilascio della licenza verrebbe introdotto l'obbligo di dimostrarne la provenienza. Ciò è da un certo punto di vista interessante ma, data la sua esperienza, ritengo ancora più interessante conoscere la sua opinione sulla questione della libertà personale. Poiché ho una cultura garantista e non forcaiola, mi preoccupa che una persona del suo livello possa condividere l'introduzione di una normativa riguardante la libertà personale, su cui vorrei maggiori informazioni. PRESIDENTE. Eccezionalmente ho consentito all'onorevole Matteoli di prolungare il suo intervento, ma invito i colleghi ad una disciplinata autoregolamentazione. Pag. 836 ALDO DE MATTEO. Anch'io desidero ringraziare il procuratore Vigna per la lucidità e chiarezza della sua esposizione. Il primo problema riguarda l'organizzazione strumentale, cui egli ha dedicato particolare attenzione, arrivando ad ipotizzare il valore del polo tecnologico; ricordo che già in un'altra discussione, svoltasi probabilmente alla presenza del ministro Martelli, si parlava di un fax destinato alla procura di Firenze. In altri termini mi sembra che l'intensità del lavoro e la metodologia scelta - compresa l'assegnazione collegiale - richiedano un organico più consistente. Questo, ossia il due più due, sarà anche perfetto, ma ho l'impressione che di fronte a casi specifici ed all'ampiezza che possono assumere, l'organico sia inadeguato. Il secondo problema concerne un nuovo campo di indagini, ossia i rapporti con le associazioni produttive e con i sindacati per ottenere la mappatura e valutare i trasferimenti. A ciò si collega anche la dimostrazione della provenienza delle risorse prima di avviare un'attività commerciale. Se studiata bene, questa può garantire il soggetto perché si tratta di verificare se siamo di fronte a persone perbene, che hanno pagato sempre le tasse e se le risorse provengono da fonti legittime. Naturalmente occorrerà studiare le relative modalità. Vorrei comunque sapere quali significativi risultati siano stati raggiunti. Quanto al traffico delle armi, credo che la Toscana sia al centro di un'attività di smistamento. Ho in mente Talamone e, senza ricordare Garibaldi che mi pare si sia fermato in questa località per approvvigionarsi di armi, vorrei sapere se l'ultimo provvedimento legislativo in materia di commercio delle armi faciliti l'attività oppure occorrerà intervenire. Le armi, accanto alla droga, costituiscono l'altro forte riferimento in Toscana. GIROLAMO TRIPODI. Desidero innanzitutto ringraziare il procuratore Vigna per l'esposizione che ha evidenziato non solo impegno nella lotta alla criminalità organizzata, ma anche capacità, organizzazione ed efficienza della direzione distrettuale, fornendo un contributo alla conoscenza del fenomeno mafioso radicato in Toscana. In proposito vorrei chiedere se al fenomeno da lei illustrato minuziosamente oltre che nella zona di Firenze, in Versilia e nell'area di Grosseto, sia interessata l'intera regione Toscana e soprattutto qual è il rischio di un suo rafforzamento. Lei ha parlato di trasferimento di esplosivi dalla Toscana ad altre regioni, soprattutto la Sicilia. Dopo le stragi di Capaci e di via d'Amelio si è sostenuto che l'esplosivo sarebbe arrivato dalla Toscana: si hanno notizie più precise in merito? Un altro quesito concerne le indicazioni da lei fornite circa il rapporto tra l'autoparco di Milano e taluni appartenenti alla polizia di Stato. Se è possibile, vorrei conoscere la consistenza delle unità interessate ed a quale titolo queste partecipavano o frequentavano l'autoparco. Quali rapporti questi frequentatori avevano con le strutture della Polizia di Stato? E quali effetti inquinanti potevano produrre, o hanno prodotto, in questa attività oscura e certamente condannabile? Infine, poiché ci stiamo occupando dei rapporti tra mafia e politica e poiché si sono registrati casi in Toscana di intrecci tra gli appartenenti a queste cosche con ambienti politici, vorrei sapere se costoro hanno collegamenti e protezioni nell'ambito delle istituzioni locali o della pubblica amministrazione in generale. Lei, procuratore Vigna, ha sottolineato che l'attività criminale svolta da queste cosche ha interessato il settore del traffico degli stupefacenti e delle armi, oltre a quello finanziario (rapporti con le banche): mi permetto perciò di chiederle se anche nell'edilizia, specialmente negli appalti, l'organizzazione criminale comincia ad essere presente. Lei ha parlato anche di Fedele: conosco l'area della piana di Gioia Tauro dove dominano le cosche mafiose dei Piromalli, Pag. 837 dei Mammoliti e dei Mazzaferro. Vorrei sapere se, con riferimento a questo personaggio e ad altri, avete avuto la possibilità di individuare rapporti o collegamenti stabili con le cosche mafiose delle zone originarie di provenienza, ossia per quanto riguarda la Calabria con i calabresi, la Sicilia con i siciliani, la Campania con la camorra ed anche con riferimento alla Puglia. In relazione, infine, ai rapporti con la massoneria, recentemente la procura di Palmi ha rinviato a giudizio per i reati di cui all'articolo 416-bis del codice penale il venerabile Licio Gelli. Vorrei sapere se siano stati individuati anche rapporti di questo personaggio o di altri appartenenti alla massoneria con le cosche che operano o hanno operato in Toscana. ACHILLE CUTRERA. Signor presidente, mi associo ai ringraziamenti già formulati, senza ripetere ulteriori complimenti per quanto è stato esposto ed illustrato questa mattina. Con riferimento al caso importante, tra i tanti indicati, concernente l'autoparco di Milano, vorrei porre al procuratore Vigna due interrogativi. Si è accennato al fatto che il cosiddetto autoparco - che sinceramente non ho visto, pur essendo milanese - sorge su un terreno dell'intendenza di finanza. Vorrei avere maggiori chiarimenti in proposito perché vi è incertezza su un aspetto, ossia se l'opera edilizia abbia carattere abusivo o sia stata realizzata in concessione. Dico questo perché a Milano, normalmente, se si abbatte un tramezzo tra una stanza e l'altra ci si deve aspettare in giornata la visita di due vigili; quindi non è normale che esista una costruzione abusiva su un terreno demaniale, realizzata oltretutto senza licenza edilizia. Chiedo di ottenere delucidazioni anche per comprendere quali complicità abbiano "assistito" l'autoparco. Lo dico preoccupato anche da altri accenni circa le frequentazioni con aspirazioni di Palazzo Marino. Mi riferisco a Fiaccabrino, nonché alle attese politiche prima nel PSI e poi nel PSDI ed ora anche verso il consiglio comunale. Se le frequentazioni toccano taluni elementi - come si è letto - appartenenti alla Polizia di Stato, non vorrei che esistessero rapporti concernenti la vigilanza urbana circa la non rilevazione dell'abusività delle opere. Passo ora al secondo quesito. Nel suo intervento è stata ripetutamente sottolineata l'importanza del commercio delle armi; immagino che il commercio richieda l'esistenza di depositi. L'autoparco di Milano probabilmente era un deposito che serviva anche per le armi. In Toscana ne avete rilevati altri oppure quello di Milano è l'unico individuato? Con riferimento a quanto lei ha detto circa Giacomelli e la sua posizione o al discorso armi-Belgio o altro, se vi è un terminale, sia pur di passaggio, in Toscana, chi vi opera fisicamente? Chiedo questo perché credo che la vigilanza sul traffico delle armi possa essere svolta sui luoghi di deposito. Quali caratteristiche questi debbono o possono avere? Infine, vorrei sapere se avete constatato infiltrazioni malavitose nella pubblica amministrazione o nei rapporti con la pubblica amministrazione. Si è sempre parlato del settore commerciale forse perché nella pubblica amministrazione il fenomeno non si è ancora riscontrato? PIERO MARIO ANGELINI. Nel ringraziare il procuratore Vigna per l'analisi precisa e dettagliata, vorrei soffermarmi su due vicende. La prima concerne l'autoparco rispetto al quale si evidenzia la relazione tra due direzioni distrettuali antimafia. Mi interesserebbe conoscere non tanto le attività successive, quanto le modalità di gestione - che ritengo intelligenti - della fase iniziale in un territorio così lontano com'è Milano. Credo anch'io che la necessaria cautela di fronte a possibili infiltrazioni e compromissioni abbiano impegnato la DIA toscana in un'azione che oggettivamente segnava una possibile contrapposizione polemica con l'altra direzione. Dalla lettura dei quotidiani mi è sembrato che le compromissioni, nel Pag. 838 campo delle forze di polizia, fossero consistenti rispetto a quelle elencate dal procuratore. Ritengo che, a partire dagli anni settanta, in Toscana si sia sviluppato un insediamento malavitoso determinato dal soggiorno obbligato, dall'adozione di una serie di misure di sicurezza oltre al sistema carcerario, che hanno creato una rete vasta e connessa all'interno della regione. Mi è sembrato però di capire che vi sia stata anche una fase successiva passata attraverso una serie di circuiti economici. Per quanto riguarda i rifiuti ritengo si siano sviluppate interconnessioni e fenomeni di ritorno della malavita organizzata dai luoghi dove il complesso dei rifiuti urbani e quelli tossico-nocivi toscani venivano inviati. Mi sembra che sia avanzata una certa preoccupazione sul fatto che la direzione distrettuale toscana era occupata nel circuito fiorentino a trovare correlazioni, impegnando in una sorta di collaborazione le categorie industriali, commerciali ed artigianali; il quadro non risulta però esteso in modo organico a tutta la Toscana, come a mio avviso sarebbe più opportuno. Inoltre, dalle informazioni che il dottor Vigna ci ha fornito, sono emerse alcune compromissioni nel settore creditizio; vorrei sapere se, per quanto riguarda in particolare l'economia toscana, in questa fase di maggiore insediamento della mafia risultino evidenti società in comune o altri tipi di compromissione con il tessuto originario toscano, oppure se i fenomeni malavitosi in Toscana rimangano una forma estranea dotata di autosufficienza. CARMINE GAROFALO. Vorrei porre una sola questione, che in parte ripropone quanto ha detto il collega Angelini: è possibile quantificare, sia pure in senso lato, la dimensione dell'infiltrazione criminale nell'economia toscana? Vorrei inoltre sapere quali siano le attività (agricoltura, industria, commercio e così via) che vedono una prevalente presenza delle organizzazioni criminali e se, nella gestione di queste attività, sia possibile scorgere una compromissione dell'imprenditoria locale ed anche una sorta di favoreggiamento da parte della pubblica amministrazione. GIOVANNI FERRARA SALUTE. Dottor Vigna, nel corso delle vostre indagini in che misura potete ricostruire la gravità del fenomeno del riciclaggio in Toscana? Vorrei inoltre sapere se i fenomeni, da voi individuati episodicamente, di compromissione di soggetti del mondo bancario siano effettivamente soltanto episodici oppure se si possa pensare che vi siano guasti più profondi del sistema complessivo del credito in Toscana. La domanda seguente è già stata posta dal collega Tripodi: a livello dell'amministrazione locale, che viene chiamata mondo politico - i politici a volte sono anche consiglieri comunali di paesi di duemila abitanti - si possono riscontrare connivenze? L'ultima domanda riguarda la situazione particolare - non essendovi da parte mia l'intenzione di criminalizzare nessuno - per cui in Toscana, specialmente nella valle dell'Arno fra le province di Firenze e di Prato, esiste il singolare fenomeno dell'insediamento di crescenti masse di asiatici. Poiché uno dei problemi della mafia è quello dell'infiltrazione e soprattutto dell'utilizzazione della manovalanza legata alla povertà, alla disoccupazione, alla non occupazione, all'emarginazione sociale ed alla clandestinità, vi sono tracce di una qualche intenzione da parte delle organizzazioni criminali di sfruttare eventuali situazioni drammatiche di queste comunità? GRAZIA ZUFFA. La prima domanda che intendevo porre è già stata formulata in termini esatti dal collega Garofalo e quindi non la ripeterò. La seconda credo sia giusto rivolgerla alla dottoressa Della Monica, trattandosi di una sollecitazione avanzata nel suo intervento: dottoressa, lei ha parlato dei problemi connessi ai permessi premio ed alla concessione della semilibertà e mi è parso di capire che a suo avviso non Pag. 839 sempre risulta sufficiente il parere del giudice di sorveglianza. Ha quindi auspicato una forma di coordinamento tra chi svolge le indagini ed il giudice di sorveglianza; vorrei sapere se si riferiva ad una modalità operativa, cioè ad un concerto (credo infatti che nulla osti a che il giudice di sorveglianza, fra i tanti canali informativi a sua disposizione, ascolti anche chi sta svolgendo le indagini), oppure se, non essendo sufficiente questa forma di coordinamento operativo, alludeva anche ad una modifica normativa che istituzionalizzasse questo concerto. Dottor Vigna, lei ha accennato alla necessità di un ordinamento penitenziario agevolato, in strutture separate, mirato a precise esigenze rispetto ai collaboratori di giustizia, che tuttavia creerebbe un problema rispetto all'attuale situazione carceraria. Una proposta di questo genere farebbe pensare ad una notevole durata nel tempo del fenomeno dei pentiti in relazione ad una forte persistenza del fenomeno della mafia; vorrei quindi capire come pensa di articolare meglio la sua proposta in relazione al suo giudizio sulla persistenza del fenomeno. MASSIMO BRUTTI. Vorrei alcune informazioni in relazione alla vicenda Budrio ed alla presenza di Giacomo Riina e di una famiglia piuttosto articolata e complessa insediatasi alla fine degli anni sessanta: risultano collegamenti fra questo gruppo ed elementi della camorra, posto che già agli atti del maxiprocesso - e se ne fa menzione nell'ordinanza di rinvio a giudizio - vi era una fotografia nella quale Giacomo Riina compariva assieme ad elementi della famiglia di Altofonte e a Lorenzo Nuvoletta? Nell'ordinanza era quello il punto di partenza per impostare un ragionamento sulle alleanze dei corleonesi e Giacomo Riina veniva indicato come figlio di Totò Riina; comunque egli è imparentato anche con la famiglia Leggio (suo nipote è Salvatore Leggio, di 48 anni) e poi vi è un altro giovane che è stato arrestato qualche mese fa, Piero Leggio, sposato con la figlia di Rizzuto, scomparso nel 1989 da Bologna. Vi è insomma un sistema organico sul territorio, composto di famiglie mafiose. Vorrei ora trattare una parte riservata. PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, procediamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. CARLO D'AMATO. Nel ribadire il giudizio positivo espresso dai colleghi mi sembra di compiere un atto doveroso e necessario, tenuto conto dell'esperienza che abbiamo vissuto finora in Commissione antimafia. Vorrei utilizzare la disponibilità e la competenza del dottor Vigna per rivolgergli alcune domande di ordine più generale. Innanzitutto condivido l'esigenza prospettata dal giudice distrettuale e chiedo al dottor Vigna se ritiene soddisfacente il grado di collaborazione fra le forze di polizia, soprattutto in ordine alla lotta alle attività criminali e mafiose in particolare. E' una domanda che rivolgo quasi sempre perché a mio avviso tutti questi corpi - ROS, GICO, DIA, SISMI, SISDE - danno la dimostrazione di una grande potenzialità di intervento, e ad essi vanno aggiunti polizia e carabinieri. Tuttavia, senza togliere nulla al merito dei magistrati ed alle indagini che sono state attivate, alla fine il salto di qualità, almeno nell'opinione corrente, è stato determinato dal contributo dei collaboratori della giustizia. Le chiedo se consideri utile la proposta del ministro dell'interno di configurare il segretario generale come punto di coordinamento delle attività delle forze di polizia. Vorrei ora riferirmi ad un fenomeno che il collega Matteoli ha sostenuto essere specificamente riconducibile alla regione Pag. 840 Toscana ma che a mio avviso è invece riscontrabile su tutto il territorio nazionale: il consolidamento di ingenti patrimoni da parte di famiglie mafiose e camorristiche (penso in particolare all'esperienza della Campania e segnatamente di Napoli). Mi chiedo in sostanza come si sia potuto consentire nel corso degli ultimi anni la formazione di cospicui capitali (che in alcuni casi ammontano a centinaia di miliardi) in capo alle famiglie mafiose e camorristiche. Vorrei anche sapere se, allo stato attuale, il procuratore Vigna giudichi sufficiente la legislazione emanata di recente e, in particolare, se la consideri idonea a rappresentare un salto di qualità nell'intervento dello Stato e dei suoi organi. Chiedo infine se ritenga sufficientemente motivate - uso un eufemismo - le forze di polizia rispetto all'azione di prevenzione da condurre in ordine all'accumulo dei patrimoni mafiosi. Analisi e ricerche particolarmente attente hanno messo in evidenza come nel Mezzogiorno la condizione socio-economica rappresenti una premessa del fenomeno criminale, mentre la Toscana, al contrario, è una regione ricca. Probabilmente l'aver scelto quella regione come luogo di insediamento dei mafiosi inviati al confino ha rappresentato un incentivo al radicamento del fenomeno. Le chiedo se, al di là del traffico d'armi e degli ulteriori aspetti da lei richiamati, la Toscana sia stata individuata come territorio per immettere capitali da riciclare in funzione della sua produttività. Dottor Vigna, lei ha fatto cenno all'impegno politico di Fiaccabrino ed in particolare si è riferito ai trascorsi di Fiaccabrino come militante... PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Ho riferito quello che è stato dichiarato dall'interessato. CARLO D'AMATO. Sì, d'accordo. Siccome però la stampa ha ricondotto l'episodio Fiaccabrino alla più generale questione della cosiddetta tangentopoli milanese, proponendo una serie di considerazioni che facevano trasparire un legame con la vicenda che ha coinvolto esponenti del partito socialista, vorrei chiederle se lei disponga di elementi che consentano in maniera obiettiva di considerare Fiaccabrino un esponente del partito socialista nel momento in cui ha svolto una certa attività e se lo stesso Fiaccabrino abbia conservato legami con l'organizzazione politica di Milano e con esponenti nazionali. Non so se in maniera maliziosa o per mera superficialità, le cronache giudiziarie avevano fatto intendere tale possibilità. FERDINANDO IMPOSIMATO. Vorrei innanzitutto scusarmi con il procuratore della Repubblica Vigna e con i colleghi magistrati per non aver potuto seguire direttamente l'illustrazione della relazione (che certamente sarà stata molto interessante) perché impegnato in una seduta dell'Assemblea della Camera nel corso della quale sono emersi problemi di numero legale. Anche se mi è mancata quindi la possibilità di ascoltare la relazione, certamente dettagliata, del dottor Vigna, tuttavia dispongo di una serie di elementi ricavati dalle cronache giornalistiche e sono quindi nella condizione di porre alcune domande che mi interessano in modo particolare. Vorrei anzitutto sapere se nell'ambito di quella che possiamo definire operazione autoparco siano confermate, e a quale livello, le deviazioni di esponenti degli apparati dello Stato. Le chiedo anche se lei sia stato costretto, a fronte di tali deviazioni, a procedere a particolari opzioni nella scelta degli ufficiali di polizia giudiziaria che avrebbero dovuto eseguire gli ordini di perquisizione e le ordinanze di custodia cautelare. Compatibilmente con le esigenze del segreto istruttorio e sempre che sia possibile, vorrei inoltre sapere se in ordine al traffico di armi e di esplosivi sia nuovamente emersa la figura di Schaudin che, come sappiamo, è anche un personaggio chiave dell'inchiesta avviata a Roma che ha portato all'arresto ed all'incriminazione di Pippo Calò e della banda Pag. 841 della Magliana (che, come è stato appurato, faceva parte di Cosa nostra). Gradirei conoscere se per caso questo personaggio - che durante l'inchiesta della magistratura romana era sembrato essere di secondo piano tanto che, dopo un periodo agli arresti domiciliari, gli fu riconosciuta la libertà provvisoria - abbia invece assunto una nuova dimensione nelle successive vicende processuali. Se non ricordo male, Schaudin era stato condannato in contumacia perché latitante... PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Certo. FERDINANDO IMPOSIMATO. Era stato arrestato a Roma insieme ad una serie di soggetti particolarmente pericolosi, tra i quali Pippo Calò; alla fine, gli fu riconosciuta la libertà provvisoria. Il problema è di stabilire se fin da allora vi fossero elementi tali da assoggettare un personaggio chiave di diverse inchieste ad indagini più approfondite e ad una restrizione della libertà, per evitare che diventasse un consulente ad altissimo livello per le stragi. Ricordo - per aver partecipato, almeno in parte, alle indagini avviate a Roma - che egli era un esperto di esplosivi e delle tecniche per l'accensione a distanza, mediante telecomandi, di potentissime cariche di esplosivo (alcune delle quali furono trovate in zone della campagna romana). Un ulteriore quesito riguarda alcune operazioni, sempre avviate a Roma, che tuttavia non ebbero grande fortuna: mi riferisco al sequestro di grandi appezzamenti di terreno acquisiti dalla banda della Magliana a Monte San Savino, in Toscana. Se non ricordo male, tali appezzamenti di terreno sarebbero stati restituiti agli apparenti titolari, prestanome dei veri proprietari. Vorrei sapere se quest'operazione, che rientra nell'ambito della vicenda Fiaccabrino, possa in qualche modo essere collegata con quella avviata a suo tempo dal procuratore Vigna con riferimento alle attività di riciclaggio poste in essere in Toscana dalla banda di Pippo Calò. Infine, sarebbe interessante sapere se, per quanto concerne il ruolo svolto dalla magistratura in ordine alla scoperta della preparazione dell'attentato a Di Pietro, vi siano elementi tali da far presupporre un collegamento tra l'operazione "mani pulite" e quella che ha portato all'arresto di alcuni esponenti della mafia. Si tratta, in sostanza, di stabilire se vi siano intrecci soggettivi tra esponenti della mafia e rappresentanti del mondo politico milanese. PAOLO CABRAS. Signor procuratore, nella sua relazione così esauriente ed illuminante sulla diffusione e sull'articolazione della mafia nella regione Toscana (relazione per la quale la ringrazio, associandomi all'apprezzamento dei colleghi) lei ha fatto riferimento all'importante vicenda dell'autoparco di Milano. Ha parlato di un'attività di smistamento e di traffico di eroina che proveniva dall'autoparco e che aveva diramazioni in altre regioni. Se fosse possibile, sarebbe interessante saperne di più su quello che sta a monte di questa organizzazione di smistamento, con riferimento alle vie lungo le quali si svolge il traffico della droga. Ciò, ovviamente, sempre che sia possibile e, soprattutto, compatibile con le indagini e l'istruttoria in corso. La presenza di alcuni nomi farebbe pensare che, oltre al Salesi, vi siano gruppi ed organizzazioni probabilmente riconducibili a piani più alti, forse al gotha dell'organizzazione mafiosa. Del resto, l'accenno che lei ha dedicato al reperimento di documenti che riguardano il coinvolgimento di grandi imprese nella operazione "mani pulite" farebbe pensare a quest'autoparco come ad una sorta di stanza di scambio tra interessi economici e finanziari mafiosi e non mafiosi, nell'ambito di un'attività criminale concentrata non solo nella regione specifica ma estesa a tutto il territorio nazionale. Immagino che si tratti di un'inchiesta ancora in fase di sviluppo; credo tuttavia che abbiate orientato la vostra ricerca su un punto nodale per confermare come tutto avvenga nell'universo mafioso e Pag. 842 come sia difficile pensare che quello che accade in Sicilia, in Calabria o in Campania, non abbia intrecci e diramazioni in tutto il resto del paese. Quanto alla vicenda Fiaccabrino, lei ci ha descritto il personaggio in questione. Dalla stampa abbiamo appreso che Fiaccabrino farebbe parte di una loggia massonica. Dico questo anche perché il ricorso dei mafiosi a relazioni sociali (che poi diventano un modo per rinvigorire le loro conoscenze ed i loro traffici), sembra rappresentare (anche alla luce delle rivelazioni dei collaboratori della giustizia e delle risultanze di indagini come quelle che si stanno svolgendo presso altre procure italiane), una delle iniziative deputate allo scambio dell'attività mafiosa. In particolare, vorrei sapere se si tratti di una loggia coperta e se è vero che quest'ultima, come pure qualche quotidiano ha scritto, abbia avuto rapporti con la massoneria di piazza del Gesù a Roma. IVO BUTINI. Desidero anch'io ringraziare il procuratore Vigna ed esprimere un particolare apprezzamento per la sistematicità del metodo prescelto e per l'alto contenuto informativo della sua esposizione. Mi permetterò di compiere alcune riflessioni, che spero siano legittimate dal contenuto dell'informazione. Tengo presenti questi riferimenti. La Toscana è rappresentata come una regione colta e civile, con un sistema politico-amministrativo sostanzialmente stabile nel tempo e un modello industriale che è stato variamente considerato nel paese. Negli ultimi tempi abbiamo verificato un indebolimento della presenza delle partecipazioni statali e una forte crisi della media e grande industria, per quanto di grande poteva esistere in Toscana. La struttura geografica è in direzione nord-sud: la costa tirrenica, la dorsale appenninica, le infrastrutture hanno accentuato questo fenomeno. Mi riferisco all'autostrada del sole, alla direttissima e alla litoranea. Vi è insomma una rete di comunicazione agevole tra il nord e il sud dell'Italia che passa attraverso la Toscana. In questa situazione economica, i più recenti inserimenti della mafia, secondo le interpretazioni che il dottor Vigna può dare dal suo osservatorio, rappresentano fenomeni usuali di riciclaggio o si può pensare a un tentativo di normalizzazione in attività economico-commerciali, con quelle caratteristiche di cui la Toscana è in possesso? Il secondo problema è costituito dalle armi. Vi sono stati anche fenomeni legati al terrorismo, poi è venuta la mafia e manifestazioni criminali si sono avute dopo alcuni insediamenti di sardi. Facendo esclusivo riferimento a quanto ho letto sulla stampa, ricordo che vi sono stati rapimenti anche clamorosi. Mi chiedo se, a suo giudizio, siamo di fronte a fenomeni criminali successivi che si sovrappongono, se vi sia una tendenza di tali fenomeni a diventare endemici e se, in caso affermativo, vi sia qualche elemento che favorisca tale tendenza. Non è sufficiente affermare che sono le assegnazioni carcerarie ad esaltare il fenomeno. Premesso che l'istituto del soggiorno obbligato ha sicuramente una sua funzione storica nella manifestazione criminale quale il procuratore Vigna ci ha rappresentato, vi è qualcosa di più profondo, secondo quanto i magistrati della procura della Repubblica di Firenze vedono, anche attraverso l'esperienza diretta del contatto sociale con queste persone? Qualcuno ha fatto riferimento ai fenomeni dell'emigrazione. Ho sentito parlare di mafia cinese: è rilevante dal punto di vista criminale o è più un fenomeno sociale che criminale? Nei nostri giudizi siamo deviati da interpretazioni giornalistiche, che non hanno poi riscontro nel fenomeno; la magistratura invece può darci contenuti quali quelli che il dottor Vigna esemplarmente ci ha offerto. ALFREDO GALASSO. Per me questo incontro con il dottor Vigna e con i suoi collaboratori non è una sorpresa in termini di puntualità e di acume, caso mai è una lieta conferma. Dopo le domande che sono state formulate, non ho ulteriori Pag. 843 notizie da chiedere e quindi mi limito a formulare un'osservazione e porre un interrogativo. Il quadro, che viene disegnato e che in parte conoscevamo, è quello di una criminalità di tipo mafioso - sottolineo questo termine - diffusa in Toscana, come ormai in tutto il territorio nazionale. Esiste un'articolazione pericolosissima, che riguarda affari illeciti, a partire dal traffico di droga e di armi, per finire al riciclaggio. Credo tuttavia che sia importante verificare se in questa articolazione vi sia una sorta di strategia e di politica, come quella che abbiamo conosciuto quando abbiamo trattato, in varie occasioni e in diversi momenti della nostra storia, di un'organizzazione criminale come Cosa nostra, dotata di una strategia e di una politica criminali che toccavano il mondo degli affari, della pubblica amministrazione, della magistratura e via dicendo. Sembrerebbe di no, nel senso che questo genere di fenomeno, così come si presenta, è tale da determinare grandi preoccupazioni esclusivamente di ordine pubblico, per intenderci, e che come tale va contrastato. Sarebbe bene anche conoscere il parere del dottor Vigna su questo aspetto più generale e più preoccupante, visto che fra l'altro stiamo conducendo un'inchiesta sugli intrecci tra mafia e politica che ha a che fare proprio con questo genere di strategia criminale, su una sorta di soggetto politico che si muove dentro un quadro complicato. Sono stati riscontrati intrecci, anche se di scarsa consistenza, con inchieste che riguardano le vicende di tangenti, ma sono pur sempre episodi puntiformi, non danno il senso di una strategia generale. Questo è un punto importante, perché ho l'impressione - lo dico subito per scambiare un'opinione - che noi dovremmo individuare, in questo genere di utilissima illustrazione e di esposizione, categorie, concetti e parametri di valutazione assolutamente diversi rispetto a quelli che abbiamo praticato in passato. Stiamo scoprendo adesso che, con una esemplificazione, la mafia esiste anche in Toscana, come in Lombardia e in altre regioni del centro-nord; se è vero che elementi in tal senso erano presenti anche in passato, è anche vero che questo fatto muta la natura e la composizione del fenomeno. Non si tratta di una semplice dislocazione territoriale di Cosa nostra, ma di qualcosa di molto diverso, che proprio perché siamo qui in sede di Commissione parlamentare antimafia dovremmo conoscere. Sull'argomento ho un dubbio, in ordine al quale proprio l'esperienza della Toscana può essere significativa. Mi domando se vi sia soltanto un'ignoranza ed una sottovalutazione di questo fenomeno in sede politica e soprattutto in sede di pubblica amministrazione, il che rappresenta un dato abbastanza ricorrente, oppure vi sia qualche ragione non dico di complicità, ma di compiacenza dovuta non tanto al fatto che vi sono personaggi collusi (non è questo il punto), quanto al fatto che il sistema di tipo economico, sociale e politico riesce a integrarsi agevolmente con queste articolazioni, seguendo il concetto che al di là dei rami troppo puntuti che occorre in qualche modo segare, il resto può essere anche tollerato perché fa parte di quel modello. Mi piacerebbe sapere dal dottor Vigna e dai suoi collaboratori se vi sia qualcosa di preciso e concreto - il dottor Vigna del resto è sempre preciso e concreto - che si possa chiedere alla pubblica amministrazione in termini di comportamenti attivi, distinti beninteso da quelli di ordine giudiziario, cioè puramente repressivi. Un accenno vi è stato a proposito di licenze. Non so se, allo stato attuale dell'ordinamento, vi sia qualche piega nella quale il potere amministrativo possa intervenire più efficacemente in termini di autorizzazioni, concessioni e licenze. TANO GRASSO. Ritengo di dover sollevare soltanto un caso. Tempo fa mi sono trovato a Prato, una città che ha costruito le sue fortune sul "disordine" economico, senza con ciò esprimere giudizi Pag. 844 di valore. In quella città ho avuto modo di conoscere il fenomeno della mafia del tessile, che mi è sembrato assai inquietante perché esemplare ed esemplificativo del modo in cui in una realtà ricca si possa determinare una penetrazione mafiosa nell'economia. Condivido alcuni concetti espressi dal collega Galasso. A livello di imprenditori economici ho tratto anch'io l'impressione non di una sottovalutazione bensì dell'accettazione dell'idea che si debba necessariamente convivere con fenomeni di questo tipo. La sottovalutazione dipende da un fatto di ignoranza, ma in questo caso vi è qualcosa di più. Intanto chiedo al dottor Vigna notizie sulle indagini (mi sembra sia stato arrestato Pietro Vaccaro), quindi sul livello di penetrazione dal punto di vista qualitativo e quantitativo e sul modo in cui rispetto a questo fenomeno si collochi l'attività delle finanziarie o di gestione del credito in quella città. Chiedo, infine, se per caso nel corso delle indagini la procura di Firenze abbia avuto modo di imbattersi in quel famoso crack della Cassa di risparmio, che si verificò alcuni anni fa. Sempre a proposito di Prato, desidero sapere se si possa parlare di associazioni o di forme di aggregazione di tipo occulto che sono dietro a cooperazioni di questo tipo, non necessariamente di connotazione mafiosa. Per quanto riguarda la Versilia, condivido quanto affermava il collega Matteoli: è ormai un dato acquisito che nelle zone di traffico turistico vi siano significative forme di penetrazione mafiose. Ho seguito da lontano la vicenda di Campi Bisenzio, e da lontano ho percepito un atteggiamento di isolamento, oltre che di solitudine. Mi riferisco alla signora, di cui parlava prima il procuratore, che è stata vittima di estorsioni. Si tratta del procedimento contro Cavataio. Ho percepito questo tipo di atteggiamento anche da parte di alcune categorie sociali. Chiedo al dottor Vigna un giudizio su questo livello di sensibilizzazione. PRESIDENTE. Intendo soltanto chiedere se dalle indagini che avete svolto emerga un ruolo dell'Emilia-Romagna analogo a quello della Toscana. MASSIMO BRUTTI. Forse sarebbe utile sentire i magistrati della procura distrettuale di Bologna. Non so se sia previsto. PRESIDENTE. E' previsto un incontro con questi magistrati il 5 febbraio prossimo e in quella sede potremmo eventualmente rivolgere questa domanda. Do ora la parola al dottor Vigna e ai suoi colleghi, informandoli che, qualora lo ritengano, la seduta può svolgersi con le forme della riservatezza. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CARLO D'AMATO PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Ringrazio tutti i membri della Commissione per le domande che hanno posto, perché a mio parere offrono nuovi stimoli e nuove indicazioni per le indagini che stiamo svolgendo e che ci accingiamo a compiere. Mi propongo di intervenire su alcuni punti. Prego i colleghi di prendere appunti quando farò uno specifico riferimento su talune questioni, in modo di poter dare successivamente risposte puntuali. Avranno la compiacenza di considerare che facendo il pubblico ministero do risposte sicure per ciò che effettivamente conosco. Diverse sono le valutazioni di ordine generale che posso dare come studioso del fenomeno per ragioni di lavoro o come cittadino. Dico in premessa che alcune domande sono simili, analoghe, per cui rispondendo all'una, rispondo anche all'altra. Ho trovato molto interessanti le questioni poste dall'onorevole Matteoli. Rispetto alle modalità con cui nasce il fenomeno mafioso in Toscana, ho già indicato quali sono verosimilmente i poli. Pag. 845 In primo luogo, vi sono gli insediamenti attraverso i soggiorni obbligati che trascinano le famiglie; si intessono relazioni parentali, per cui una caratteristica di questi gruppi è l'intersecazione parentale (attraverso padrinaggi, matrimoni, figli che nascono dalle nuove coppie), che dà una certa sicurezza a chi ne fa parte. Abbiamo avviato in proposito con il gruppo della Guardia di finanza uno studio molto interessante delle parentele per conoscere il tessuto; questo aspetto crea nei primi tempi delle indagini alcune difficoltà perché occorre sceverare le omonimìe per risalire ai gruppi originari. Un secondo fattore è costituito sicuramente dal carcere: quando un soggetto è detenuto stabilmente in un certo luogo si registra un avvicinamento dei familiari. Il terzo elemento è dato dalla posizione logistica della Toscana che poi acquista una dimensione più rilevante se si tiene presente la ricchezza della regione diversificata in vari comparti: dal settore agricolo a quello degli insediamenti turistici, a quello industriale e soprattutto a quello del terziario commerciale. Mi sembra molto rilevante quanto ha detto l'onorevole Matteoli a proposito della Versilia. Sicuramente siamo di fronte ad un modo di vita squilibrato a seconda delle varie stagioni dell'anno; vi è inoltre in Toscana, in particolare nella Versilia, una presenza di bische che hanno formato oggetto di interesse da parte di questi gruppi mafiosi, in particolare di Riina, che si occupava anche di bische, e di un soggetto, attuale collaboratore, che costituiva la struttura portante del traffico di droga (dall'autoparco di Milano alla Toscana). Di tale aspetto ci parla addirittura Mutolo, che non aveva di questi interessi, alludendo ad un progetto di Jimmy Miano - si ritorna là - di impossessarsi, per quanto possibile, di tutte le attività turistiche in Versilia, del gioco d'azzardo e delle estorsioni. Debbo manifestare certe difficoltà investigative che nascono per questa particolare situazione. Come l'onorevole Matteoli sa, quanto e meglio di me, la costa versiliese confina con la provincia di Massa Carrara. Spesso notiamo che il flusso criminale è estremamente omologo tra Massa Carrara e la Versilia. Che cosa succede? Accade che Massa Carrara pur essendo in Toscana dipende dalla Corte d'appello di Genova e quindi dalla direzione distrettuale antimafia di quella città, il che a volte determina uno scollamento delle indagini: il fenomeno criminale unico, che si svolge sulla medesima costa, viene ad essere frazionato nelle indagini. ALTERO MATTEOLI. Ronchi, dove ha soggiornato Madonìa, e Massa distano ... PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Questo è tanto vero che sono stati elaborati diversi progetti per promuovere gli opportuni provvedimenti al fine di razionalizzare rendendo la circoscrizione giudiziaria omologa al territorio regionale. Condivido quindi ampiamente l'individuazione dell'onorevole Matteoli dei lavori stagionali, delle bische, nonché degli stabilimenti balneari come mezzo di aggressione. Se fosse possibile, sarebbe opportuno dare alcune informazioni in seduta segreta. PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, procediamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Ho l'impressione che quando vi è un insediamento stabilizzato diventa un tantino più difficile la ricostruzione. Pag. 846 Deve inoltre tener presente, onorevole Matteoli, che questi strumenti di indagine voluti dal Parlamento come le procure distrettuali - ovviamente, senza enfatizzare - ci hanno messo in possesso di dati conoscitivi che prima non avevamo perché erano abbastanza frazionati. Ci può essere stata qualche disattenzione, ma punto molto sul fatto che siamo stati potenziati nei poteri conoscitivi. Questo di per sé non direbbe nulla o direbbe meno, ma se lo collego ad altre conoscenze il fenomeno emerge. L'onorevole Matteoli ha fatto riferimento all'idea che avevo lanciato di giustificare il possesso delle risorse come presupposto per ottenere un provvedimento amministrativo di licenza o di concessione. Attualmente la pubblica amministrazione è vincolata; non può rifiutare una licenza anche quando - sarebbe anche ingiusto - un soggetto è figlio di mafiosi o di camorristi, per cui non vengono posti ostacoli alla creazione di un'attività commerciale. Abbiamo avuto l'esempio di Franzese, il quale aveva avuto un fratello ammazzato negli anni ottanta per guerre di camorra; è stato ucciso, era detenuto nel carcere di Firenze, era uscito, aveva impiantato attraverso nominativi di familiari esercizi commerciali per la vendita di abbigliamento che ora sono passati ad altre persone. E' molto difficile negare una licenza in questi casi. Mi riferivo a quando si cerca di fare uno spettro del passaggio di certi esercizi commerciali; li possiamo trovare intestati ad una persona che non fa nulla, ad una persona anziana. Bisogna capire come questi può gestire una certa attività, né vedo ostacoli come quelli cui l'onorevole Matteoli alludeva sotto il profilo costituzionale per il contrasto con il principio di libertà dell'iniziativa economica previsto dall'articolo 41 della Costituzione; tale norma contiene sempre una riserva: l'iniziativa economica si deve sempre svolgere tenuto conto dei parametri ... PRESIDENTE. Se mi permette, anzi, potrebbe essere persino a vantaggio dell'iniziativa economica: far intervenire un capitale illegale sacrifica l'iniziativa economica! PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. E' questo l'importante! Ciò, a mio avviso, servirebbe - con ciò accenno ad un altro argomento che è stato sollevato - a separare sempre di più l'economia legale da quella illegale. Come mai un fenomeno insiste in una regione (parlo non solo della Toscana, ma anche di altre regioni)? Perché si crea una zona grigia in cui non si riesce a distinguere, pur con tutta l'acutezza che uno ci voglia mettere (non è certo la mia), dove finisce il nero e dove comincia il bianco! Si potrebbe cominciare, partendo da questo piccolo e grosso esempio, a chiedere come presupposto del procedimento amministrativo un'indicazione. Non è che l'amministrazione si debba mettere a fare indagini; se per caso la realtà risulterà diversa dall'indicazione fornita vi sarà una sanzione penale per aver fatto false dichiarazioni alla pubblica amministrazione e si avrà una sanzione amministrativa di decadenza dalla licenza. Questo è il sistema che io immagino. Tenga presente, onorevole Matteoli, che con il nuovo delitto previsto dalla legge approvata dal Parlamento sul possesso ingiustificato dei beni, è soggetto a sanzione penale da uno a cinque anni chi, essendo indagato per uno dei delitti tipici - ma qui siamo addirittura in campo penale -, non riesca a dare giustificazione dei beni che ha. PRESIDENTE. Di cui dispone. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. La legge dice: direttamente o indirettamente attraverso persone fisiche o giuridiche. Abbiamo quindi una legge che addirittura prevede una forte sanzione penale per la mancata giustificazione del possesso di beni quando uno è indagato per certi delitti. Pag. 847 Qui naturalmente la cosa è molto più soft. Si richiede semplicemente come presupposto del procedimento amministrativo di concessione della licenza questa indicazione. L'onorevole Matteoli ha fatto anche riferimento, insieme ad altri componenti della Commissione, alla presenza sul territorio delle forze di polizia (egli si è riferito ad un luogo particolare). A tutti è noto che certi uffici di polizia, con particolare riferimento alle caserme dei carabinieri, per insufficienza di organico e di strutture osservano un orario ridotto. E' previsto anche nei programmi del potere esecutivo di dare una certa ripartizione sul territorio alle varie forze di polizia; se il progetto verrà portato avanti, ho l'impressione che, attraverso una ripartizione delle forze di polizia nelle aree territoriali, si potrà arrivare ad una presenza maggiore, che è importantissima. Prima il pretore era in ogni comune, in ogni mandamento, ed era anche pubblico ministero, quindi rappresentava la prima presenza di riferimento per il cittadino dal punto di vista dell'autorità di indagine. Oggi, invece, con l'istituzione delle procure presso le preture circondariali nei vari comuni della Toscana (tranne quelli che siano sede della procura circondariale) non troviamo più il pubblico ministero pretore, non possiamo più trovarlo, per esempio, a Gambassi, a Vicchio o a Borgo San Lorenzo. Si esalta, quindi, ancora di più, la presenza della forza di polizia come primo elemento di contatto con il cittadino. Al riguardo mi sforzo sempre di ribadire la necessità di rinforzare l'approccio con il cittadino denunciante, quindi le strutture di coloro che ricevono le denunce. Il cittadino che presenta una denuncia non può perdere tempo; pertanto la sua denuncia deve essere raccolta più rapidamente possibile e con un ringraziamento particolare. Le attese a volte di ore - credo che ad ognuno di noi sia capitato - disamorano, quindi inducono a non denunciare; la denuncia, infatti, è fatta spesso a fini assicurativi, non per senso di solidarietà civica, cui dovrebbe essere finalizzata. Ho già risposto al senatore De Matteo in merito alla necessaria dimostrazione dei redditi per ottenere una licenza, e mi pare che abbia apprezzato lo stimolo che abbiamo cercato di dare alle associazioni di categoria e a quelle produttive. Le dirò, inoltre, che alcune segnalazioni alle autorità di polizia sono pervenute e sicuramente, come lei diceva, il fenomeno va esteso (so che le iniziative del prefetto di Firenze sono in questo senso). Per quanto riguarda il monitoraggio, naturalmente stiamo mettendo a punto il sistema; ad ogni modo si cerca soprattutto di acquisire i dati da un certo punto in poi, perché non è possibile, o è molto difficile, con le strutture a disposizione - tanto più che non si tratta di una struttura che gestisco io e sarebbe impossibile gestirla per me - poter ricostruire fenomeni passati. Vorrei far ora riferimento all'ultima legge sul materiale di armamento. PRESIDENTE. Proseguiamo i nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Come loro comprendono, molto dipende dal magistrato e dal pubblico ministero, il quale deve agevolare il rapporto di collaborazione tra le forze di polizia, un rapporto che da noi è operante (nell'ultima operazione si è avuto tra GICO, carabinieri e ROS; di regola esiste tra Guardia di finanza e polizia di Stato). Noto che questa cultura progredisce e sono favorevole a qualunque ipotesi normativa Pag. 848 che preveda istituti atti a rafforzare tale coordinamento. Desidero sottolineare che da noi ha dato risultati ottimi la sezione di polizia giudiziaria presso la procura della Repubblica di Firenze, dove viene attuato il principio del lavoro interforze. Questa sezione non viene utilizzata, tranne casi urgenti, per notifiche di atti ma solo per forti indagini di polizia giudiziaria e reati contro la pubblica amministrazione, nonché per forme di criminalità organizzata non mafiosa (ad esempio, per una vasta indagine sull'utilizzo di carte di credito false) e per l'esecuzione di numerosissime misure cautelari. ALTERO MATTEOLI. In questo traffico di carte di credito era coinvolto quel Salvatore Riina anziano? PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Può darsi, non ricordo. Quanto alla legislazione in materia di patrimoni, direi che il legislatore di giugno ha compiuto una scelta positiva, creando quel delitto di possesso ingiustificato di beni che trasporta nel campo della repressione penale gran parte di ciò che era prima confinato nelle misure di prevenzione patrimoniale. Bisogna rendersi conto che il magistrato, per la sua formazione, di fronte alle misure di prevenzione si trova in una difficoltà di tipo culturale: chi è avvezzo a ragionare in termini di prova non va d'accordo con il sospetto. Allora, l'aver portato nel settore della prevenzione, prevedendo non solo la punizione per chi non dà giustificazione ma anche il sequestro e la confisca dei beni, mi sembra sia stata un'operazione estremamente intelligente. Conosco bene la situazione di Monte San Savino e passo quindi a rispondere all'acuta domanda posta dal senatore Butini circa la stratificazione delle forme di delinquenza. In effetti, negli anni 70 e nel 1989 la Toscana è stata famosa per i sequestri di persona a scopo di estorsione. La presenza sarda, dovuta al particolare tipo di economia di certe zone, si è avuta dall'Appennino tosco-emiliano, attraverso la maremma, fino a Roma; tutto il raccordo anulare è circondato da possidenze di sardi, che spero siano brave persone, anche se nel 1989 non si è avuta questa impressione. Tali insediamenti hanno comportato un fenomeno particolare. Mi riferisco alla capacità di aggregazione dei sardi delinquenti - tanti altri hanno dato un ottimo impulso alla nostra economia agropastorale - con altre forme di delinquenza. Ho già portato l'esempio di Giacomelli per il traffico di armi, vicende nella quale troviamo referenti sardi. PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione prosegue in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. PIERLUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. L'onorevole Galasso ha posto problemi più generali, sui quali non vi è motivo di segretezza, chiedendo se vi sia una strategia ravvisabile anche in manifestazioni di mafia al di fuori della Sicilia. Mi sembra indubbio, che da parte di Cosa nostra vi sia una strategia e che questa sia di tipo "politico", cioè interessata a certi assetti. Proprio nell'indagine sulla strage al treno rapido fu coniata l'espressione, poi rivelatasi esatta, di terrorismo mafioso, per comprendere le valenze eversive dell'ordine costituzionale che il fenomeno mafioso poteva avere. Mi sembra inimmaginabile pensare che un ordinamento come quello mafioso, non foss' altro per le enormi ricchezze che gestisce, non abbia interesse ad un certo assetto della società. Poiché in queste zone esistono collegamenti con la "casa madre", mi sembra Pag. 849 difficile escludere che questo progetto non sia unitario. L'ingresso in certi territori avviene perché il mercato è appetibile. Se l'azione è motivata prevalentemente dall'interesse economico, sicuramente certe zone vengono privilegiate in relazione a ciò che possono fornire come strumenti di riciclaggio o di acquisizione di attività economiche e di settori di mercato. L'onorevole Brutti mi ha rivolto una domanda specifica sulla situazione dell'Emilia Romagna; posso rispondere, senza entrare nei particolari, che con i colleghi della DDA abbiamo frequenti contatti, varie volte si sono recati a Firenze per compiere indagini collegate. Anzi, abbiamo valutato l'opportunità di incontrarci periodicamente, perché abbiamo constatato che l'asse Emilia Romagna-Toscana è particolarmente interessante sotto molti profili. Nel concludere, desidero scusarmi se le risposte non sono state esaurienti o se ho fatto qualche omissione. PRESIDENTE. Vorrei pregare la dottoressa Della Monica di trasmetterci una nota sui problemi di carattere legislativo ed organizzativo che si incontrano nel contrasto del traffico di armi. SILVIA DELLA MONICA, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Firenze. Provvederò senz'altro, signor presidente. PRESIDENTE. Ringrazio vivamente tutti gli ospiti intervenuti per il loro contributo. La seduta termina alle 14. |
[ Precedente ] [ Copertina ] [ Indice ] [ Successiva ] |
Total folders: 4 |
Total files: 0 |
Total size of all files: 0 |
Date generated: 26/03/2024 08:28 |