Friedrich Engels, Karl Marx: Il Manifesto del Partito Comunista
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Nota ai testi

Frontespizio della prima edizione del 1848Contrariamente alle abitudini di Marx, che ne fu, com’è noto, l’unico estensore materiale, il Manifest der Kommunistischen Partei venne scritto in un lasso di tempo sorprendentemente breve. Dal 9 dicembre 1847 – giorno di chiusura del secondo congresso della Lega dei comunisti, ove Marx ed Engels ricevettero l’incarico di redigere l’opera – al primo febbraio 1848 – giorno perentoriamente stabilito dalla Lega per la consegna del lavoro – trascorse circa un mese e mezzo, nel corso del quale Marx non smise comunque di tenere lezioni, organizzare riunioni, rinsaldare i contatti con rivoluzionari di varie parti d’Europa. Ferme restando le indubbie doti intellettuali e stilistiche marxiane, è probabile che tale celerità possa essere spiegata dal poter contare su diversi documenti messi a disposizione dal Comitato centrale della Lega, su proprie precedenti elaborazioni teoriche, su alcuni scritti di Engels (in particolare sui Grundsätze des Kommunismus, quei Princìpi del comunismo scritti e più volte rielaborati a partire dal giugno 1847), e soprattutto sull’aver discusso il piano dell’opera con Engels, il quale riteneva che «bisogna più o meno narrare la storia» abbandonando la forma di catechismo da lui conferita ai Grundsätze, e proponeva il titolo che poi sarebbe stato effettivamente scelto.

Ad ogni modo, il manoscritto del Manifesto non si è conservato. Spedito da Bruxelles – dove Marx risiedeva – a Londra, il testo fu composto con i caratteri gotici che la Lega aveva comprato in Germania utilizzando parte di una colletta di 25 lire sterline, e – non avendo la Lega una tipografia – venne stampato nella tipografia di J. E. Burghard, membro dell’Associazione educativa degli operai tedeschi (Bildungs-Gesellschaft für Arbeiter) fondata nel 1840 dalla Lega dei Giusti e – a carattere non segreto, contrariamente alla Lega – veicolo di arruolamento per la Lega dei Giusti stessa e poi per quella dei comunisti. Pertanto, la dicitura nel frontespizio che indica l’Associazione come sede della tipografia è da considerarsi errata, come si evince anche dal fatto che l’indirizzo citato è quello della tipografia di Burghard.

Privo del nome dei due autori, il Manifesto venne stampato nella seconda metà di febbraio 1848 in mille esemplari di 23 pagine destinati inizialmente non alla vendita, bensì alla propaganda interna. Le esigenze di quest’ultima, alimentate dallo scoppio delle rivoluzioni in Europa, e l’avvertita utilità di una diffusione pubblica, imposero tre ristampe nel mese di marzo e un’uscita del testo sulla "Deutsche Londoner Zeitung" (dal 3 marzo al 28 luglio 1848), nonché una seconda edizione di 30 pagine, apparsa tra aprile e maggio, a opera dello stesso stampatore della prima, nella quale si correggevano alcuni refusi e veniva migliorata la punteggiatura. È il testo di tale seconda edizione – base delle successive ristampe ed edizioni – che viene qui tradotto e riprodotto, previo un confronto con il testo presente nel vol. 6 della Marx-Engels Historisch-kritische Gesamtausgabe (MEGA), Marx-Engels-Institut Moskau, Moskau-Leningrad 1933, pp. 525-57, e nel vol. 4 dei Marx-Engels Werke (MEW), Dietz Verlag, Berlin 1959, pp. 459-93.

Un’ulteriore edizione si ebbe nel 1872, in cui il titolo veniva mutato in Das Kommunistische Manifest e il testo preceduto da una prefazione dei due autori; morto Marx, altre due edizioni (1883 e 1890) vennero prefate dal solo Engels. Tali prefazioni sono riportate in traduzione nel presente volume, con l’eccezione di quella del 1890 (alla quale si è preferita la prefazione all’edizione inglese del 1888, ripresa pressoché in toto nel 1890) e l’aggiunta della prefazione scritta da Engels appositamente per l’edizione italiana del 1893 (cfr. infra). La prefazione di Marx ed Engels all’edizione russa del 1882 e quella di Engels all’edizione polacca del 1892 – che non presentano sostanziali novità rispetto alle altre – non sono qui tradotte.

Nonostante quanto affermato alla fine del preambolo del Manifesto, l’Italia non doveva vedere una traduzione se non con un ritardo di quarantun’anni. Ciò non significa che l’opera fosse ignota al pubblico italiano: a partire perlomeno dal 1874, suoi brani furono oggetto di citazioni più o meno lunghe, di epigrafi, di una serrata discussione in un corso universitario (quello tenuto da Antonio Labriola nel 1892-93, sfociato nel suo celebre scritto In memoria del Manifesto dei Comunisti pubblicato nel 1895, prima in francese e poi in italiano). Una traduzione fu eseguita nel 1885 da Pasquale Martignetti, ma non venne pubblicata per mancanza di soldi.

Finalmente, nel 1889, quella che è a tutti gli effetti la prima traduzione italiana apparve in appendice dal numero 35 del 30-31 agosto al numero 44 del 3-4 novembre su "L’eco del popolo", un foglio settimanale diretto a Cremona da Leonida Bissolati. Nell’editoriale di presentazione ci si riferisce all’opera una volta come Manifesto dei Comunisti, un’altra come Manifesto dei Socialisti, e si indica il 1847 come anno di redazione. Non viene fatta alcuna menzione del traduttore, ma diversi studiosi convergono nell’individuarlo nello stesso Bissolati. La traduzione è piuttosto infedele al testo originale: manca il preambolo, alcuni brani dei primi due capitoli vengono riassunti o omessi (anche in mancanza dei classici puntini di sospensione, che ricorrono giusto un paio di volte), il terzo capitolo viene saltato, e del quarto viene dato soltanto l’ultimo capoverso.

Tuttavia, malgrado la sua imperfezione filologica, tale traduzione conserva un proprio valore intrinseco, posta com’è all’origine della diffusione italiana del testo fondamentale della dottrina comunista. Con sporadici miglioramenti nella punteggiatura e l’eliminazione di qualche refuso, la riprendiamo nel presente volume, che viene così a contenere la prima e, al momento, l’ultima traduzione italiana del Manifesto.

Dopo un’ulteriore traduzione – lacunosa e all’epoca piuttosto criticata – eseguita da Pietro Gori per i tipi dell’editore Flaminio Fantuzzi nel 1891, l’anno successivo apparve a puntate sul periodico milanese "Lotta di classe" la prima traduzione italiana corretta, opera del poeta Pompeo Bettini, che si poté giovare della revisione di Anna Kuliscioff e Filippo Turati. Nell’impossibilità di fare fronte alle ripetute richieste di copie, il testo venne pubblicato in brossura nel 1893, preceduto dalle prefazioni del 1872, 1883, e 1890, nonché da una nuova prefazione espressamente chiesta a Engels da Turati, il quale – oltre a tradurla insieme alle altre – la intitolò "Al lettore italiano".

Per quanto sopra, si vedano: F. Cagnetta, «Le traduzioni italiane del "Manifesto del Partito comunista"», in Il 1848. Raccolta di saggi e testimonianze, a cura di G. Manacorda, "Quaderni di Rinascita", n. 1, Roma 1848, pp. 21-30; G. Bosio, «La diffusione degli scritti di Marx e di Engels in Italia dal 1871 al 1892», in Società, vii (1951), pp. 268-84 e 444-77; Die Erstdrucke der Werke von Marx und Engels, Dietz Verlag, Berlin 1955; M. Rubel, Bibliographie des œuvres de Karl Marx avec en appendice un répertoire des œuvres de Friedrich Engels, Rivière, Paris 1956; Marx e Engels in lingua italiana: 1848-1960, a cura di G. M. Bravo, Edizioni Avanti!, Milano 1962; B. Andréas, Le Manifeste Communiste de Marx et Engels: Histoire et Bibliographie 1848-1918, Feltrinelli, Milano 1963; D. McLellan, Karl Marx: His Life and Thought, Macmillan, London 1973, trad. it. Rizzoli, Milano 1976.

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