Parenti: seduta 29
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Pagina 791 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Audizione del dottor Pier Luigi Vigna, Procuratore della Repubblica di Firenze: Parenti Tiziana, Presidente ................ 793, 794, 800 801, 802, 804 Arlacchi Giuseppe ......................... 800, 801, 804 Bonsanti Alessandra ....................... 800, 801, 803 Grasso Tano .......................................... 801 Mattarella Sergio .................................... 798 Scopelliti Francesca ........................... 799, 803 Ramponi Luigi ........................................ 803 Vigna Pier Luigi, Procuratore della Repubblica di Firenze ..................................... 793, 794, 799 800, 801, 802, 803, 804 Pagina 792 Pagina 793 La seduta comincia alle 14,25. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del dottor Pier Luigi Vigna, procuratore della Repubblica di Firenze. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del procuratore della Repubblica di Firenze, dottor Pier Luigi Vigna. La Commissione è interessata a conoscere la situazione della criminalità tradizionale e non tradizionale nell'Italia centrale, con particolare riferimento ad eventuali collegamenti con la mafia, la camorra e la 'ndrangheta oltre che con la nuova criminalità cinese e colombiana. Ci interesserebbe anche che il procuratore Vigna inquadrasse lo stato delle indagini sull'attentato di via dei Georgofili a Firenze nonché degli altri attentati che a questo hanno fatto seguito, nell'ipotesi in cui il suo ufficio fosse diventato titolare dei relativi procedimenti. In sostanza, chiediamo al dottor Vigna di fornirci una visione d'insieme evitando, ovviamente, riferimenti che potrebbero pregiudicare le indagini in corso. Ricordo al nostro ospite che la seduta è pubblica e che, nell'ipotesi in cui egli intendesse rilasciare dichiarazioni riservate, disattiveremmo l'impianto di circuito chiuso. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Cercherò di essere estremamente sintetico. Per inquadrare la situazione della Toscana, comincerò con il ricordare che la direzione distrettuale antimafia di Firenze, la cui responsabilità è riferita al procuratore della Repubblica, è attualmente composta da quattro sostituti. A tale composizione - originariamente i sostituti erano tre - si è giunti proprio a seguito della strage del 27 maggio 1993, oltre che per adeguarsi all'indicazione del CSM in base alla quale il numero dei componenti della direzione distrettuale antimafia deve essere pari ad un quarto di quello dei sostituti. Ecco perché, a fronte di un totale di sedici sostituti, la direzione distrettuale è composta da quattro membri. Recentemente gli altri sostituti sono stati inquadrati in tre dipartimenti di indagine: criminalità economica; criminalità-pubblica amministrazione; criminalità organizzata. Tali dipartimenti hanno competenza su una fascia di delitti che, pur essendo di criminalità organizzata, non sfociano comunque nella criminalità di tipo mafioso. Farò ora riferimento ad una serie di dati aggiornati al 15 dicembre 1994, riportati in un documento che lascerò agli atti della Commissione. Risultano iscritti 197 procedimenti; sottoposte ad indagini 2.144 persone per reati di mafia; rinviate a giudizio 415 persone; condannati 110 imputati per delitti di mafia. Come si può constatare, siamo passati dalla fase delle indagini a quella dei processi; ciò rende particolarmente attuale il problema - che credo dovrà essere affrontato anche da voi - dei tribunali distrettuali antimafia. Senza dilungarmi su specifiche problematiche, mi limito a constatare che la procura di Firenze, alla pari di quella di Palermo e di altre, è pienamente favorevole all'istituzione di tali tribunali. Recentemente il GIP di Firenze ha disposto un rinvio a giudizio davanti al tribunale di Livorno per 120-130 persone: il relativo procedimento, qualora dovesse essere svolto nell'arco di tre giorni a settimana, occuperà sei mesi di dibattimento (quattro mesi, se invece dovessero essere impegnati quattro giorni a settimana). Il tribunale di Livorno, al quale erano stati assegnati altri procedimenti - penso, per esempio a quello sulla Moby Prince-, per evitare la scarcerazione di persone detenute ha dovuto rinviare alla fine dell'anno l'altro processo. Seguendo la regola di competenza dei giudici ordinari, cioè facendo riferimento ai tribunali non aventi sede nel Pagina 794 capolugo del distretto, finiamo per soffocare questi ultimi. Del resto, bisogna essere attenti ai problemi di competenza: come avete potuto tutti constatare, il procedimento sull'autoparco di Milano è stato restituito alla procura di quella città. Certo, nulla di impressionante: ne è derivato, quanto meno, che le persone coinvolte sono state neutralizzate, anche perché le prove erano molto forti. Come mai è avvenuto tutto questo? Il Consiglio superiore della magistratura, nel momento in cui si stava ancora studiando il nuovo codice di procedura penale, osservò opportunamente che bisognava indicare una regola di competenza per i reati associativi (associazione mafiosa e reati associativi per traffico di stupefacenti). Si tratta di un aspetto sul quale la Commissione dovrebbe adeguatamente riflettere. In realtà, non si sa bene dove radicare la competenza ed è possibile che i giudici la pensino diversamente al riguardo. Nelle indagini da noi esperite coinvolgiamo i servizi di polizia giudiziaria, prevalentemente la DIA (della quale a Firenze ha sede un centro operativo), il ROS dei carabinieri, il GICO della guardia di finanza, ma anche le forze di polizia giudiziaria locali (quelle di Grosseto, di Livorno e di Pisa). Uno dei difetti dell'accentrazione di competenza che si registra a fronte degli enormi vantaggi è, infatti, che le polizie giudiziarie locali si sentono demotivate e ragionano pressappoco in questi termini: "Siccome le indagini non le farà il mio procuratore, la mafia per me passa in sott'ordine, anche perché per combattere quel tipo di reati esistono servizi specializzati". E' quindi opportuno coinvolgere nelle indagini anche le forze di polizia locale. Quali sono, a mio parere, le ragioni dell'insediamento mafioso in Toscana? In Toscana, infatti, vi è un insediamento mafioso. Come ho già detto altre volte, una delle ragioni è riconducibile ai vecchi soggiornanti obbligati. Ho esaminato alcuni studi in base ai quali negli anni sessanta-settanta la Toscana era al secondo o terzo posto tra le regioni che ospitavano soggiornanti obbligati, soprattutto in quelle fasce di territorio - penso alla costa tirrenica o ad altre aree interne - dove poi è stata riscontrata una più consistente presenza di insediamenti mafiosi. La ragione principale non è dovuta tanto al soggiorno obbligato in sé considerato ma al relativo "trascinamento". In sostanza, la persona costretta al soggiorno obbligato "trascina" parenti ed amici. La cosa stupenda è constatare la ragnatela di parentele che si è creata in Toscana tra soggetti provenienti da altre regioni, per effetto di matrimoni e di forme di padrinaggio. La seconda causa di allignamento dell'organizzazione mafiosa è rappresentata dalla diversificazione di ricchezze. In Toscana non vi sono grandissime industrie ma c'è una serie ramificata di imprenditoria media e piccola che diventa appetibile per le organizzazioni criminali, che vi penetrano attraverso l'usura. Abbiamo avuto un processo riferito ad una novantina di consistenti casi di usura, avvenuti tra Livorno e Cecina, con conseguente impossessamento di molte imprese familiari. Tale meccanismo consente il controllo del territorio e la gestione di fatto della piccola e media impresa, anche lasciandola formalmente intestata ai vecchi titolari, nonché la sua utilizzazione come cassa di riciclaggio. Abbiamo poi un'agricoltura appetibilissima; si tratta di un dato particolare sul quale ora sto vedendo qualcosa. Chiedo se su questo punto sia possibile proseguire in seduta segreta. PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Importante, secondo me, è la posizione strategica della Toscana. Come avveniva all'epoca del terrorismo, è Pagina 795 situata in una posizione mediana, ottima per gli scambi (ci sono anche dei porti utili per il traffico di stupefacenti, come quello di Livorno) ed anche per gli incontri fra quelli che sono collocati al nord e quelli che sono collocati al sud. Un altro fattore che agevola l'insediamento mafioso è quello carcerario. In Toscana, oltre a certe carceri come quelli di Volterra e di San Gimignano, abbiamo anche Pianosa. Il fatto che in certe carceri della Toscana vadano persone soggette al regime dell'articolo 41-bis ha determinato un effetto di trascinamento: parenti più o meno stretti si sono spostati nel luogo in cui è situato il carcere. Un esempio tipico sul quale cerchiamo di lavorare è l'isola d'Elba, che a me preoccupa abbastanza per certe infiltrazioni. Quali caratteristiche presentano questi soggetti? Innanzitutto sono soggetti di tutte le "razze"; abbiamo, cioè, persone esponenti di Cosa nostra, sia i vincenti, cioé legati all'ala corleonese (cito l'esempio di Giacomo Riina, persona anziana che stava in Emilia-Romagna ma aveva propaggini in Toscana), sia gli esponenti dell'ala perdente (faccio riferimento a Mutolo che essendo in soggiorno obbligato a Gavorrano dal 1986-1987, poi ha trafficato alleandosi con vari soggetti); abbiamo rappresentanti di 'ndrangheta: per l'appunto, Fedele Michelangelo, con tutta una sua corte di persone che aveva instaurato questo sistema di usura (per cui vi è stato il rinvio a giudizio) con la complicità piena di operatori bancari. Vi erano cioé agenzie di almeno due banche (abbiamo effettuato un'indagine servendoci di ispettori della Banca d'Italia come consulenti) depositarie di titoli fasulli, che venivano poi messi all'incasso e che erano portati lì dai titolari di certe finanziarie che erano in mano all'organizzazione, perché servivano come mezzo per erogare denari ad interessi usurari (interessi ancora più usurari, in caso di urgenza, li praticava lo stesso Fedele). Vi era quindi la complicità di alcuni operatori bancari, che fornivano all'organizzazione anche indicazioni sulle rapine da commettere nelle loro agenzie e che custodivano nelle cassette di sicurezza le armi della banda. Abbiamo quindi questa cosa variopinta. Vi sono poi gli esponenti della camorra e vi sono anche catanesi (che hanno lavorato molto in Toscana); tutte persone legate soprattutto a Jimmy Miano (del quale si prevedeva una evasione clamorosa dal carcere di Livorno). Che caratteristiche hanno questi soggetti di rango veramente mafioso? Hanno la caratteristica di fungere da momento aggregante della delinquenza locale. Troviamo cioè il soggetto di spicco "targato DOC", tipo Cosa nostra o 'ndrangheta o camorra, sul quale poi si concentrano i delinquenti locali e di ciò è ben evidente la ragione. La delinquenza locale, di fronte all'intervento della delinquenza mafiosa, ha tre possibilità: o si ritira (ma è una scelta non dignitosa né lucrosa) oppure si allea, oppure imita i modelli dell'organizzazione mafiosa e fa la guerra. Ma la guerra costa sacrificio, per cui più spesso si assiste alla aggregazione sul delinquente mafioso della delinquenza locale. Quali sono i settori di attività? Quello prevalente è ovviamente il settore degli stupefacenti, che sono un poco la forza trainante di tutte le organizzazioni criminali, e si assiste al fenomeno (che non voglio dire a volte scoraggi, perché sono fondamentalmente ottimista) per cui come se ne arrestano cento ve ne sono già duecento in fila per prendere il posto dei cento messi in carcere. Esiste cioè una sorta di lista di attesa, che si spiega, appunto, con l'enorme lucrosità di questo mercato degli stupefacenti. Un mercato attrattivo, almeno di passaggio, ma anche per insediamento, in Toscana è quello delle armi. Circa un anno prima della strage di Capaci (mi riferisco quindi all'aprile 1991), abbiamo avuto passaggi molto consistenti, effettuati da soggetti di organizzazioni toscane (questa volta imperniate sui catanesi), di esplosivi e congegni per accensione di esplosivi diretti a Catania, circa un anno prima della strage di Capaci (mi riferisco quindi all'aprile 1991). Naturalmente tutte queste piste di indagine sono state messe a disposizione dei colleghi. Pagina 796 Abbiamo anche trovato depositi forti di armi. Questo è dovuto soprattutto alle guerre di mafia; mi riferisco, per esempio, a quella fra il "Malpassotu" ed un'altra famiglia di Misterbianco, trasferitasi in Toscana per timore. Qui avevano portato un deposito di armi del quale si servivano soprattutto per regolare i conti con spedizioni giornaliere o settimanali nei luoghi di origine. Naturalmente le armi servivano anche per fare rapine. Attraverso collaboratori abbiamo scoperto - non esagero - centinaia di rapine compiute tra il 1986 ed il 1992 ed i cui autori erano rimasti ignoti. Se vi era un settore forte era quello delle rapine, sia ai portavalori sia soprattutto alle banche. Vi ho già detto che vi è una forte presenza di usura. Ne abbiamo parlato spesso anche con l'onorevole Grasso. Abbiamo il grosso problema dei numeri oscuri relativi ai fatti di usura. Ho parlato poco fa di una novantina di casi scoperti nel processo contro Fedele (mentre la famiglia scappata da Misterbianco per lotte con Pulvirenti alla quale alludevo era quella di Nicotra): li abbiamo scoperti perché ce ne ha parlato un collaboratore, tant'è che ho suggerito ai miei colleghi di fare perquisizioni alle persone offese, agli usurati, ed abbiamo trovato tutti i "conticini", altrimenti non avrebbero parlato. Si tratta di casi di usura nell'ambito dei quali si sono verificati due suicidi, il sequestro di una famiglia per tutta una notte, perché pagasse, esplosioni di arma da fuoco contro due persone con relative accuse di tentato omicidio e sono stati dati alle fiamme un paio di locali notturni (tutto questo è emerso in un solo processo). Il riciclaggio è anch'esso un punto oscuro: con la DIA sto cercando di tracciare una mappa processuale. Come sapete, le forze di polizia hanno le loro mappe della criminalità; ho avviato questo processo informatico con la DIA nel modo seguente: le ho consegnato tutti gli elenchi riguardanti le 2.100 persone sottoposte da noi ad indagine (non ha importanza se qualcuna è stata archiviata) e le stiamo "collocando" sul territorio. Dunque questa volta si inizia dalle indagini processualizzate, non più dai motivi di sospetto, per distribuire sul territorio i vari soggetti. Si tratta poi di compiere una correlazione tra questi insediamenti così collocati e le informazioni che ci provengono da altri archivi sempre in ordine a tali soggetti, al fine di cercare di riuscire a svelare anche qualche caso di riciclaggio. Su alcuni di essi stiamo già lavorando. Di consolante vi è che non abbiamo rilevato rapporti tra mafia ed istituzioni, neppure a livello di pubblica amministrazione. C'è altresì (ovviamente in Toscana non esiste una forma oppressiva di controllo del territorio, come accade invece in altre regioni) che non si verificano numerosi fatti di sangue, i quali, anzi, si contano sulle dita di una mano. La commistione di più presenze (ad esempio, tra perdenti e vincenti di Cosa nostra) non conduce infatti a scontri ma piuttosto favorisce una divisione di territori di influenza. Ciò lo si comprende bene perché, in fondo, la Toscana è una regione non tipica ma di rifugio, in cui si va, cioè, per allargare gli investimenti, secondo le logiche proprie di Cosa nostra. Sotto il profilo informatico siamo ben attrezzati e di questo va dato atto al Ministero di grazia e giustizia. Abbiamo come direzione distrettuale antimafia una banca dati, che, come apparati, è già a posto e nel prossimo mese pensiamo di iniziare l'attività di inserimento. Come sapete, le singole banche dati delle procure distrettuali (per ora ce l'hanno le procure di Caltanissetta, di Palermo e di Firenze, che è tra le più aggiornate essendo l'ultima) potranno poi "colloquiare" con la banca dati della procura nazionale e, attraverso quest'ultima, con le banche dati dei vari uffici. Ho inoltre avviato un accordo, che si sta perfezionando, con la regione Toscana, la quale sta predisponendo un sistema informatico per numerosi comuni della Toscana, riguardante, tra l'altro, l'anagrafe, le licenze e i cantieri di lavoro. La regione si è offerta, ed io ho accettato, tramite il ministero, ben volentieri, di mettere a disposizione della nostra banca dati anche Pagina 797 il raccordo con questa banca dati operativa. E' poi attiva l'informatizzazione: ogni collega si avvale di un computer. Nel mio ufficio ho fatto mettere anche una apparecchiatura per videoregistrare le dichiarazioni di eventuali collaboratori. Tutti i colleghi della DIA e molti altri sono in possesso di computer portatili che utilizzano per inserire i dati raccolti nel corso di interrogatori in carcere. A proposito della videoregistrazione dei verbali - che dovrà essere una novità in questo pacchetto di riforme - si pone, come è noto, il problema se la presenza dell'apparecchiatura di registrazione, o addirittura di videoregistrazione, possa avere una sorta di effetto bloccante sotto il profilo psicologico. Si tratta di un problema reale, che può variare da dichiarante a dichiarante. Sembra impossibile ma anche se ben mascherata la presenza di tali apparecchiature (di cui in ogni caso va dato atto a verbale), unitamente al fatto che un domani possa essere fatta sentire al pentito di rango proprio la voce di colui che lo accusa, può avere in certi soggetti un effetto bloccante. A Firenze, ma direi in tutta la Toscana, c'è un grosso impegno della comunità sociale e vi è un analogo impegno della scuola per l'affermazione del principio di legalità e per conoscere la mafia. Insieme ai colleghi della direzione distrettuale antimafia abbiamo tenuto, due anni fa, una serie di conversazioni con gli alunni della scuola media, che sono state riportate in un libretto stampato dal comune di Firenze. C'è un impegno fortissimo della regione che ha più volte trasmesso per televisione dibattiti sull'argomento, collegando in rete le varie emittenti televisive della regione, ed ha anche provveduto a pubblicare dei dossier, in collaborazione con l'università, sul fenomeno delle estorsioni e dell'usura. Vi è poi un dato nuovo che richiama la nostra attenzione e sul quale penso, visto che non ha valore soltanto per la Toscana, di spendere qualche parola. E' il problema dei cinesi. Come sapete a Firenze, nel vicino comune di Campi Bisenzio e a Prato vi sono moltissimi cittadini cinesi. In base ad alcuni calcoli che sono stati effettuati, i "regolari" sarebbero 2.919, suddivisi in 1.715 maschi e 1.204 femmine, mentre gli "irregolari" sarebbero circa 6 mila. Ma il problema non si limita alla loro presenza (io sono un fautore delle integrazioni): infatti, riguarda l'organizzazione tipicamente mafiosa che assumono certe organizzazioni criminali interne alla comunità cinese. Questo ci consta perché abbiamo avuto la fortuna che alcuni (soltanto tre o quattro) cinesi dell'area toscana hanno reso ad un organo di polizia dichiarazioni informali (in quanto non volevano comparire) ma delle quali è stato redatto un rapporto, che hanno una singolare omogeneità con dichiarazioni rese a verbale da cinesi clandestini (alcuni di Firenze) trovati in Puglia durante uno sbarco, i quali, presi dai carabinieri, hanno riferito - questa volta è stato redatto un verbale - sulla organizzazione della malavita cinese. Dirò molto sinteticamente (ma su questo punto ci si dovrà ritornare perché simili fenomeni si verificano anche a Torino oltre che in altre città) che tali persone si aggregano secondo la città di provenienza. Questo è il primo dato caratteristico che emerge. In relazione alla città di provenienza si formano poi vari gruppi, in cui c'è un personaggio emergente. Si tratta di gruppi che si ritiene abbiano collegamenti a livello internazionale, soprattutto con quelli insediati in Francia. Vi è una strutturazione uguale - non vi è nulla di nuovo sotto il sole! - a quella delle famiglie di Cosa nostra. Ossia c'è un capofamiglia, c'è un consigliere, così come avviene nella famiglia mafiosa, e ci sono gli aderenti. Vi è un rito di iniziazione che consiste nel pungersi, versare il sangue in un infuso di riso e poi berlo. Vi sono riti molto interessanti, come per esempio quello di inviare un certo tipo di fiore ad una persona, che equivale ad una condanna a morte. Molto valore è attribuito alla cosiddetta faccia ed anche in questo non vi è nulla di nuovo, perché la faccia di una persona è il rispetto della reputazione criminale di cui essa gode, e che Pagina 798 aumenta o diminuisce a seconda dell'andamento delle sue imprese criminali. Bisogna tenere presente che fino a questo momento i reati sono stati commessi all'interno della comunità cinese, il che può aver portato a sottovalutarne la pericolosità, come è avvenuto negli Stati Uniti d'America, all'epoca delle prime immigrazioni: la Mano nera inizialmente ha agito nell'ambito della comunità originaria, ma una volta saturata ha cominciato ad operare anche all'esterno, ed è quello che noi temiamo. 1Il Ministero dell'interno ha intessuto relazioni con l'ambasciata della Cina popolare perché venissero inviati investigatori cinesi; le trattative vanno avanti da circa due anni, ma la diplomazia cinese è molto cauta, osserva un certo cerimoniale, che ancora non ha portato a nulla. Il nostro problema è quello della lingua: come loro sanno, i dialetti cinesi, che sono più di cento, si differenziano per l'intensità con la quale vengono pronunciate determinate sillabe: per esempio, a seconda che io pronunci sien o shien dico due cose diverse e questo implica difficoltà enormi nelle intercettazioni telefoniche, perché anche se eseguite, non si riesce a capire esattamente cosa dicono. A Firenze disponiamo di due o tre interpreti che sembrano sicuri, ma anche questi probabilmente conoscono soltanto alcuni dialetti cinesi. Un altro problema molto importante riguarda l'attendibilità o meno dei documenti di identificazione, perché nella trascrizione si possono verificare errori a causa della diversa pronuncia dei nomi propri (questo è un problema presente in tutto il contesto europeo) e la stessa persona può essere identificata sotto cinque, dieci o quindici nomi diversi, senza che si riesca a conoscere quello vero. A parte queste difficoltà, è anche molto importante individuare i reati ai quali si dedicano i cinesi. SERGIO MATTARELLA. Qual è il tasso di criminalità rispetto alla popolazione residente? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. E' ignoto, perché i reati vengono consumati all'interno della comunità cinese e fino ad ora sono emersi solo alcuni fatti, dei quali mi accingo a riferire. Il reato più consumato è quello del gioco d'azzardo, che è sfruttato anche come mezzo di estorsione; i collaboratori, per ora sotto copertura (ho chiesto alla polizia di spiegare il nostro sistema di tutela e spero di far approvare una proposta di programma di protezione per un cinese), ci riferiscono che vengono invitati a giocare a poker o ad un altro loro gioco, quattro imprenditori cinesi (a Firenze, sono passati dal settore della pelletteria a quello tessile, oltre alla ristorazione), che non possono rifiutare. Un membro dell'organizzazione si siede accanto ad essi e preleva metà della vincita ad ogni mano senza che gli interessati possano dire nulla, perché le pene (anche in questo caso, Cosa nostra insegna poco!) sono ovviamente gravissime. La seconda attività prediletta è l'estorsione ed il sequestro di persona a scopo di estorsione, alcuni dei quali sono venuti alla luce; per esempio, a Roma si sono verificati uno o due episodi finalizzati all'impossessamento di un ristorante. La terza attività importantissima, e la più spregevole, è l'importazione di uomini: per ogni cinese importato si pagano circa venti milioni, di cui dieci in Cina. Questi uomini fanno un viaggio pazzesco, con documenti falsi, a seconda degli stati che devono attraversare. Per esempio, se in Russia è richiesto il passaporto, viene falsificato soltanto questo; se poi si deve attraversare l'Ungheria ed è richiesta la carta d'identità, viene falsificata anche questa, fino a giungere in Italia, attraverso la Francia (al riguardo, pare vi siano responsabilità e complicità anche del personale addetto alla vigilanza ferroviaria, che chiudono i clandestini negli scompartimenti), oppure attraverso le coste. Se i clandestini sbarcano in Puglia è segno che vi è un accordo con la Sacra corona unita, altrimenti non sbarcherebbero certo in questa regione. Pagina 799 Il clandestino cinese, una volta entrato nel nostro paese, deve pagare gli altri dieci milioni, e per questo viene ridotto in schiavitù, ed abbiamo effettuato arresti per sequestro di persona. Ci risulta che i clandestini cinesi sono costretti a lavorare rinchiusi e finché non hanno riscattato il loro debito vengono tenuti chiusi nei luoghi di lavoro, senza documenti. Questa è un vera e propria riduzione in schiavitù, tant'è vero che pensiamo di contestare questo reato. Sappiamo che nel nostro territorio vi è disponibilità di armi, perché riceviamo queste informazioni sia da persone fermate in Puglia, sia da altre con cui abbiamo avuto colloqui in Toscana, ma non siamo stati in grado di trovarle, perché non vengono sempre portate addosso ma usate soltanto per spedizioni punitive, nelle quali vengono commessi anche omicidi. Le persone fermate ci hanno riferito di omicidi che non erano emersi, compiuti non in Toscana, ma in altre zone. Il motivo di queste spedizioni è che vi deve essere una sorta di accaparramento del movimento di clandestini. E' successo che alcuni cinesi siano partiti armati da Firenze, da Campi Bisenzio, per andare in una città del nord (non ricordo se Parma o Piacenza), abbiano sparato ad un altro importatore, prelevato dieci clandestini da questo portati in Italia e poi li abbiano rinchiusi in un furgone e trasferiti a Firenze. Quindi, la situazione è estremamente grave, perché non siamo in presenza soltanto di un fenomeno regionale. So che i toscani - a parte me - sono abbastanza tranquilli, ma ricordo che quando ho tenuto una conferenza a Campi Bisenzio sul problema dell'estorsione, cui era assoggettata una famosa merciaia, la gente esasperata mi ha invitato a provvedere, perché altrimenti avrebbero agito in proprio. Questo per dire che il fenomeno assumeva, ed assume, anche un rilievo di ordine pubblico; quindi, il pericolo è esistente ed i mezzi investigativi sono difficilissimi. Tra l'altro, sto cercando di far collaborare i cinesi, altrimenti le dichiarazioni confidenziali non hanno un gran valore. Vi ho già riferito della difficoltà delle intercettazioni e meno che mai si può pensare di trovare un italiano che si possa inserire come infiltrato, per cui bisognerebbe trovare un cinese. Consegno alla Commissione un documento, che ho predisposto d'accordo con il procuratore generale della Repubblica, che si propone di promuovere una riunione tra tutte le procure della Toscana. Tutti i colleghi sono stati d'accordo nel ritenere che queste sono associazioni di tipo mafioso (articolo 416-bis del codice penale) per cui, di conseguenza, la competenza spetta alla procura distrettuale di Firenze che, insieme alla Polizia di Stato, si è dotata di una banca dati relativa proprio alla criminalità cinese. Tutte le procure, anche se procedono per reati minori (per esempio, gli scippi), hanno poi assunto l'impegno di trasmetterci copia degli atti per consentirci di correlare le varie informazioni sui soggetti, con obbligo, da parte nostra, di rendere altre notizie importanti. Se il presidente lo ritiene utile, consegnerò il documento in cui si esprimono queste valutazioni. FRANCESCA SCOPELLITI. Desidero rivolgerle una domanda, dottor Vigna: nel momento in cui la persona che viene importata ha pagato il riscatto - per esempio, i dieci milioni - rimane all'interno dell'associazione a delinquere oppure può uscirne? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Può lavorare, perché le vengono restituiti i documenti, mentre prima si trovava in clandestinità - si tratta poi di verificare se questi documenti siano veri o fasulli - e potrà partecipare alla vita sociale, potrà uscire, giocare, dormire e così via. In precedenza, invece, veniva tenuta segregata. FRANCESCA SCOPELLITI. Però non è costretta a delinquere. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. No, no. Sia ben chiaro, non tutti sono appartenenti ad associazioni criminali, molti ne sono vittime. Esistono, però, associazioni criminali di Pagina 800 tipo mafioso che agiscono nell'ambito della comunità cinese. Con l'internazionalizzazione delle mafie alla quale stiamo assistendo - non sono idee da film, perché esiste uno stretto legame - vi è il grave pericolo che si realizzi - come a mio avviso è già avvenuto in Puglia - un'alleanza della criminalità cinese con altri tipi di criminalità. In Toscana vi è anche la presenza di colombiani, soprattutto dediti all'importazione di sostanze stupefacenti. PRESIDENTE. Ritengo opportuno proseguire i nostri lavori in seduta segreta. Se non vi sono obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Un ultimo aspetto, senza dire nulla che sia coperto dal segreto di indagine, riguarda la questione delle stragi. Come loro hanno appreso, tutte le indagini sulle stragi avvenute nel 1993 (vale a dire quella di via Fauro del 14 maggio, quella di Firenze del 27 maggio, quelle di Roma di San Giovanni e di San Giorgio al Velabro del 27 luglio, quella di via Palestro a Milano del 27 luglio) sono unificate presso la procura della Repubblica di Firenze. E' stata presa questa decisione, dopo che tutti i colleghi avevano svolto un ottimo lavoro investigativo, a partire dai colleghi di Roma, dal collega Piro, dal collega Saviotti fino al collega Spataro di Milano, insieme a Pomarici. Tale decisione è stata assunta in base ad una norma del codice di procedura penale. Avendo infatti verificato in base a fatti precisi che tutti gli episodi sono legati tra loro, l'indagine doveva essere affidata al giudice del foro in cui si è verificato il fatto più grave o il primo dei fatti più gravi, che si è appunto verificato a Firenze, dove vi sono stati cinque morti: anche a Milano i morti sono stati cinque, ma Firenze è stata la prima ad avere questo triste primato. Direi che le indagini sono a buon punto per quanto riguarda la ricostruzione fattuale di chi ha trasportato e sistemato l'esplosivo: il passo ulteriore da compiere sarà quello di identificare tutti i soggetti. ALESSANDRA BONSANTI. Scusi, signor presidente, siamo ancora in seduta pubblica? PRESIDENTE. Sì. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Quelli che ho citato erano fatti noti, ma forse ora è opportuno proseguire in seduta segreta. PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Mi scuso con la Commissione, ma purtroppo alle 16 ho un impegno presso il Consiglio superiore della magistratura. Se avrete ancora bisogno di ascoltarmi, sarò a vostra disposizione. GIUSEPPE ARLACCHI. Vorrei chiedere un'informazione circa i cinesi: avete individuato la triade di appartenenza? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Non è tanto questione di triade, è questione di provenienza dal medesimo luogo, dalla medesima provincia o città. Non ho questa informazione negli appunti, ma ci hanno comunicato da quale città prevalentemente provengano questi delinquenti. Esiste sicuramente un collegamento fra le varie famiglie, che loro collocano in Francia, in un organismo che ha sede in quel paese e del quale non sanno di più. Pagina 801 GIUSEPPE ARLACCHI. Questo pentito non è stato in grado di dire altro? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Queste fonti confidenziali, questi collaboratori occulti sono tre. GIUSEPPE ARLACCHI. E non sono stati in grado di dire a quale precisa organizzazione criminale facessero riferimento? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. No. Ci dicono quali siano le famiglie esistenti in Italia e soprattutto in Toscana, i nomi dei capi, dei vicecapi, dei membri, senza però, almeno fino a questo punto, fare collegamenti ulteriori. GIUSEPPE ARLACCHI. Non hanno fatto neppure il nome della triade? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze. Il nome della triade no, solo quello della famiglia, che prende il nome dal capofamiglia oppure dal soprannome di quest'ultimo, con il suo consigliere e con i suoi soldati. TANO GRASSO. Vorrei formulare una domanda velocissima, rispetto a tutte quelle che mi ero segnato, concernente le indagini sull'autoparco. E' stata individuata una pista di riciclaggio che partiva da Catania e veniva svolta a Milano. Nel corso di questa indagine, da quanto ho letto sulla stampa, sono stati individuati alcuni personaggi che poi sono stati trovati anche in talune indagini siciliane; le chiedo se possa dirci qualcosa sul ruolo di Cattafi, indagato anche per traffico di armi in Sicilia, e se possa darci una spiegazione del comportamento di questo soggetto, piuttosto particolare rispetto agli uomini d'onore tradizionali e rispetto anche alla sua storia politica (apparteneva a Ordine nuovo insieme a Rampulla, l'artificiere di Capaci). PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Questo personaggio è stato indagato: ha origini ordinoviste, è stato processato e condannato - mi pare - per il possesso di un mitra alla stessa epoca di Rampulla; è un personaggio indagato con informazione di garanzia anche dalla procura di Messina per traffico di armi; in base ad intercettazioni ambientali effettuate nell'autoparco di Milano ed ai racconti che questi faceva a proposito di fatti di mafia radicati, se non sbaglio, soprattutto a Barcellona Pozzo di Gotto, fu catturato su richiesta della procura della Repubblica di Firenze. Secondo la tesi difensiva di Cattafi, egli questi discorsi li aveva fatti, ma perché avendo testimoniato nel 1984 nel processo Epaminonda e avendo rivisto dopo dieci anni il Salesi per la strada, impauritosi, andava in questo suo raccontare magnificando o facendo finta di raccontare storie di mafia alle quali era estraneo. Ciò per fornire la versione dell'uno e dell'altro. Secondo la nostra prospettazione d'accusa, era invece intraneo all'autoparco di Milano. Abbiamo anche perquisito una sua abitazione di Taormina, a lui locata - del resto gli atti sono pubblici - da un magistrato della procura generale di Milano, secondo me (io l'ho ascoltato) in perfetta buona fede; comunque abitava in questa casa, tanto che mi ricordo che alla Guardia di finanza, che si recò a perquisirla, esibì il contratto di locazione redatto con tutti i crismi da questo collega, sentito come testimone. PRESIDENTE. Una parte degli atti è arrivata alla Commissione; il dottor Vigna ha inviato la sentenza. Vi è un elenco dei documenti che sono pervenuti. ALESSANDRA BONSANTI. Non voglio addentrarmi nella questione delle stragi, perché penso che dovremo chiedere al dottor Vigna di tornare qui, quando saranno noti alcuni fatti. Gradirei però sapere qualcosa in ordine alle motivazioni, se non sono coperte anche queste da segreto. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. No, ormai queste Pagina 802 sono state ampiamente divulgate. Sono state dette anche in audizioni o in processi pubblici da vari collaboratori di giustizia. Gli obiettivi erano essenzialmente due: in primo luogo, far eliminare l'articolo 41-bis; in secondo luogo, far rivedere la legge sui collaboratori. Quindi, mozzare il fenomeno della collaborazione processuale e scardinare l'articolo 41-bis. Ciò si spiega perché tale articolo pone in grossa crisi l'organizzazione mafiosa, non solo perché impedisce fisicamente i contatti e la trasmissione di ordini, ma anche perché, a mio avviso, incrina l'immagine piramidale che il mafioso ha come propria cultura: se cioè, spezzandosi l'immagine piramidale, al mafioso non arrivano più ordini dal capo, per il mafioso entra in crisi la stessa struttura di Cosa nostra che, come dicono i collaboratori - bontà loro! - un tempo era democratica, nel senso che per ammazzare uno votavano tutti; invece, dopo l'arrivo dei corleonesi, la struttura di Cosa nostra è piramidale e verticistica. All'uomo d'onore, dunque, l'articolo 41-bis distrugge il senso della piramidalità dell'organizzazione, la forte struttura gerarchica, perché si impedisce, con tale articolo, la trasmissione di comandi, per cui le leve non funzionano più. Inoltre, come dicevo, si vogliono destrutturare i collaboratori. PRESIDENTE. Perché proprio quegli obiettivi? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Questi obiettivi perché si tratta di fatti pericolosi per l'organizzazione... PRESIDENTE. No, mi riferivo ai fatti di Firenze... PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. L'obiettivo, nel caso di Firenze, è stato indicato da un non mafioso del quale non faccio il nome, che però aveva contatti e che si è rivelato preziosissimo: l'obiettivo derivava da una grossa idea, che certi pentiti dicono non possa essere stata la mente di Cosa nostra a formulare, quella di trasportare gli attentati fuori dal territorio siciliano. Inoltre, nelle dichiarazioni di vari pentiti ricorre che bisognava colpire... Insomma, una cosa è ammazzare una persona che può essere rimpiazzata, altra è buttar giù gli Uffizi o Palazzo Vecchio, perché rifarli è un problema. Questa è un'espressione che ricorre, nel senso che si sono resi conto anche loro che, in fondo, ammazzare una persona è un'operazione abbastanza perdente: se uno ti dà noia lo si può ammazzare, però ve ne è un altro che ne prende il suo posto. Invece, altra cosa è se si butta giù un museo, se si butta giù San Giovanni a Roma o gli Uffizi a Firenze. Le immagini degli attentati che abbiamo visto richiamano quelle della guerra in modo impressionante: giorni fa ho visto una serie di foto di come fu lasciata Firenze quando se ne andarono i tedeschi e l'analogia con le immagini dell'attentato era impressionante. Nel caso di questi attentati, infatti, non solo gli obiettivi sono insostituibili, ma si provoca anche un effetto deprimente sull'economia, sul turismo. Immaginate che un progetto, buttato lì a mo' d'esempio, era di far trovare piena di siringhe infettate una spiaggia di una località dell'Adriatico molto frequentata da turisti stranieri. Se l'avessero fatta trovare piena di siringhe infettate, chi ci sarebbe più andato a fare il turista? Dunque, in questi casi si provoca un forte danno all'economia dello Stato. Questa è la scelta... PRESIDENTE. Per Milano il discorso è un po' diverso? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Milano no, perché c'è la Galleria. Caso mai, il discorso è diverso per Costanzo. Benché la matrice sia unica, per Costanzo il discorso è diverso, in quanto la motivazione è incentrata sulla posizione che egli aveva assunto, sulla presa in giro di un appartenente alla famiglia Madonìa, su certe battute che aveva fatto, su certe campagne portate avanti. Però, anche lì si tende a colpire un'articolazione dello Stato: non quello dei musei e delle opere d'arte ma lo Stato inteso come manifestazione della libertà di pensiero, di Pagina 803 stampa, di critica e così via. Quindi, vi è una costante... LUIGI RAMPONI. Vi è stata un'eco mondiale... Infatti, secondo me non hanno nemmeno cercato di uccidere gente. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Probabilmente, era un rischio accettato. Altrimenti basterebbe mettere una bomba in un supermercato. LUIGI RAMPONI. D'accordo, ma l'eco mondiale della distruzione degli Uffizi è ben diversa... ALESSANDRA BONSANTI. Recentemente, mi pare che lei abbia chiesto di acquisire i nuovi documenti su Gladio usciti negli Stati Uniti. Quali sono? PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Sì, unicamente per una curiosità investigativa, chiamiamola così. Ho svolto indagini su certi attentati che si erano verificati sulla linea Firenze-Bologna, che non avevano avuto morti, ma che avrebbero potuto causarne centinaia (1974, 1975, 1978 e agosto 1983: si potrebbe dire l'8 agosto, quando Gelli scappò da Champ d'Ollon). Nell'ambito di tali indagini, riesumando tutti gli atti dei procedimenti sparsi emerse una storia relativa al rinvenimento di 100 mitra MAB in un paesino del comune di Prato. Il caso volle che questo posto fosse al confine con una tenuta che il principe Borghese aveva ed ha nel Mugello. Svolsi allora delle indagini (il giornalista mi disse che aveva ricevuto la notizia dal solito anonimo), mandai la polizia a vedere, da vecchie persone, perché questo fatto riemerse alla mia attenzione 16 anni dopo, ma non ci fu gran ché. Adesso, avendo constatato l'abbinamento fatto dai documenti americani fra la struttura Gladio, che era anche l'emblema della Repubblica di Salò o della Decima MAS (quindi Valerio Borghese), andando con i ricordi a quest'affare, ho chiesto al giornalista che me li inviasse. Li sto facendo tradurre per vedere se trovo qualcosa di interessante. Diciamo, però, che si tratta di una curiosità investigativa. LUIGI RAMPONI. Però, potrebbe chiedere ai servizi... PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. A suo tempo l'ho chiesto. Ovviamente mi hanno inviato i ritagli di stampa dove si parlava di questa notizia. Mi hanno detto che non sapevano nulla. LUIGI RAMPONI. Certo, i ritagli di stampa. Ma loro, sia per Gladio sia per diverse altre organizzazioni avevano - li ho visti io - determinati depositi... PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. No, quella è un'altra questione. Per la precisione, debbo dire che in Toscana non è segnalato alcun deposito... LUIGI RAMPONI. Mentre sono segnalati anche altri depositi che in questo momento risultano essere di altre organizzazioni. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Ecco, di altre organizzazioni. Certo, stia tranquillo, andremo a vedere. FRANCESCA SCOPELLITI. Una domanda brevissima. Vorrei tornare un attimo al traffico di stupefacenti per sapere se è in grado di indicarmi, in cifre anche approssimative, la percentuale, rispetto a tutti gli introiti del delinquere, relativa alla fetta riguardante il traffico di stupefacenti. Vorrei inoltre sapere se dal traffico poi si passi al consumo e quanto ciò incida in Toscana sulla microcriminalità. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Per quanto riguarda la prima domanda, è molto difficile fornire cifre attendibili. Se dovessi giudicare dall'intensità con cui questo traffico viene praticato rispetto ad altri (rapina o traffico d'armi, per esempio), direi che il 60-70 per cento viene dagli stupefacenti. Sicuramente, vi è un indotto Pagina 804 di microcriminalità molto forte, non solo per la presenza del forte e del medio spacciatore. Poi si passa ai "rivoli dei cavallini", cioè a quelli che a loro volta devono rivenderla. Tra questi ci sono i fortunati che la rivendono e ne possono tenere un po' per uso personale, ma accanto ad essi c'è tutta la teoria di scippi, furti e qualche volta rapine commesse per procurarsi i denari necessari a comprare la sostanza stupefacente. Quindi c'è un effetto indotto notevole che si nota soprattutto in particolari momenti dell'anno. Ho potuto constatare con raccapriccio, per esempio, che sotto le feste di Natale si registra un aumento delle segnalazioni degli ospedali dei casi di overdose (loro sanno meglio di me che, se non fosse stato inventato il Narcam, ogni giorno in una città in fondo piccola come Firenze ci sarebbero 8-10 morti per overdose); ciò dipende dal fatto che in questo periodo, per santificare le feste, ricorre agli stupefacenti chi non ne fa uso abitualmente e quindi è più sottoposto al rischio dell'overdose, bastandogli un nulla per sballare. Oppure dipende dal tipo di sostanza. GIUSEPPE ARLACCHI. Questo va bilanciato anche con l'effetto di diminuzione della criminalità derivante dall'uso della droga. Perché ci sono ladri e rapinatori che diventano spacciatori e che smettono di compiere rapine. PIER LUIGI VIGNA, Procuratore della Repubblica di Firenze. Sì, il fenomeno è molto complesso. PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Vigna per la sua disponibilità, sperando di non aver sottratto troppo tempo al suo successivo impegno. La seduta termina alle 15,35. Pagina 805 |
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