Andava in cerca di suo figlio, Amore,
Ciprigna, alto gridando: "Se qualcuno
ha visto Amor gironzolar pei trivi,
egli è mio figlio: mi scappò di casa.
Chi mi dice dov'è ci avrà un regalo,
ci avrà in regalo un bacio d'Afrodite.
Se lo riporti, amico, non un nudo
bacio ci avrai, ma qualcos'altro ancora.
Riconoscibilissima è, la lenza:
lo riconosceresti anche tra venti.
Non bianco è il colorito: esso è di fuoco.
Ha le pupille penetranti, in fiamme,
lo spirito maligno, il parlar dolce.
Altro pensa, altro dice: ha miele al labbro
e fiele in cuor. Selvaggio, ingannatore
e menzognero egli è: scaltro monello
che si diletta a far scherzi crudeli.
Ha graziosi riccioli sul capo,
ma che faccia sfrontata! Ha le manine
fragili, ma colpisce assai lontano:
arriva fino all'Acheronte, all'Ade.
Nudo è il corpo, e la mente ben coperta.
Come un uccello ha l'ali, e dall'un uomo
e donna ei vola all'altro, e quindi posa
nel loro cuore. Ha un arco minuscolo
e sull'arco una freccia. Piccolina
anche è la freccia, ma ti vola in cielo.
Ha faretra dorata sulle spalle
piena di frecce amare, con cui spesso
ferisce pure me. Tutto è selvaggio
in lui, tutto, ma più di tutto cruda
è la sua torcia: essa è poca favilla
ma brucia il sole stesso. Se lo prendi,
portalo incatenato, non ne avere
pietà. Se tu lo vedi lagrimare,
guarda che non ti pigli per il naso.
Se sorride, trascinalo, e se vuole
baciarti, fuggi: funesto è il suo bacio
e quelle labbra sue sono veleno.
S'egli ti dice: Prenditi queste armi:
te le regalo, tutte, non toccare
gl'infidi doni: spirano le fiamme".
(Antologia Palatina, trad. di G. Gualtieri, Vallecchi, Firenze, 1973) |