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Violante: seduta 32

Violante: seduta 32
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                        Pag. 1491
AUDIZIONE DEL GOVERNATORE DELLA BANCA D'ITALIA, DOTTOR
                   CARLO AZEGLIO CIAMPI
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                           indi
             DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione del governatore della Banca d'Italia, dottor
Carlo Azeglio Ciampi:
Violante Luciano, Presidente .............. 1493, 1500, 1503
                    1504, 1507, 1511, 1512, 1513, 1514, 1520
                    1521, 1525, 1526, 1527, 1530, 1531, 1532
Cabras Paolo, Presidente .............................. 1531
Bargone Antonio ........................... 1510, 1511, 1514
Borghezio Mario ........................... 1502, 1503, 1507
Buttitta Antonino ............................... 1520, 1521
Calvi Maurizio .................................. 1523, 1525
Cappuzzo Umberto ...................................... 1517
Ciampi Carlo Azeglio, Governatore della Banca
d'Italia    ......................... 1493, 1500, 1501, 1503
                    1505, 1508, 1511, 1512, 1513, 1514, 1515
                    1517, 1518, 1520, 1521, 1523, 1524, 1525
                    1526, 1527, 1528, 1529, 1530, 1531, 1532
Ciampicali Pier Antonio, Direttore dell'ufficio italiano
                            dei cambi.1502, 1506, 1509, 1525
D'Amato Carlo ......................................... 1529
De Matteo Aldo .................................. 1527, 1528
Galasso Alfredo ....................................... 1504
Garofalo Carmine .......................... 1500, 1526, 1527
Lamanda Carmine, Capo del Servizio vigilanza normativa e
affari generali della Banca d'Italia ...... 1501, 1507, 1509
                             1513,    1514, 1517, 1525, 1531
Olivo Rosario ......................................... 1500
Rossi Luigi ..................................... 1514, 1515
Scotti Vincenzo ........................... 1507, 1508, 1527
Sorice Vincenzo ....................................... 1522
Taradash Marco ............................ 1529, 1530, 1531
Tripodi Girolamo ................................ 1516, 1517
                        Pag. 1492
                        Pag. 1493
La seduta comincia alle 9,30.
  (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione del governatore della Banca d'Italia, dottor
                  Carlo Azeglio Ciampi.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
governatore della Banca d'Italia, dottor Carlo Azeglio Ciampi,
che ringraziamo per la sua presenza e per avermi inviato
tempestivamente due relazioni che sono state distribuite a
tutti i componenti della Commissione. Egli ha redatto anche
una sintesi, di cui darà lettura prima che si passi alla fase
delle domande e delle risposte.
   Il dottor Ciampi è accompagnato da due funzionari, al fine
di offrire alla Commissione un panorama di informazioni più
ampio.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Nel ringraziarla, signor presidente, desidero
sottolineare che sono con me il dottor Ciampicali, direttore
dell'Ufficio italiano dei cambi e il dottor Lamanda, capo del
servizio di vigilanza della Banca d'Italia, competente per le
materie che ci interessano.
   Ricordo di essere già stato ascoltato dalla Commissione
antimafia nel 1983, nel 1985 e nel 1989, data della mia ultima
audizione, svoltasi quando era stata da poco emanata la
dichiarazione di principi di Basilea, con la quale per la
prima volta le autorità di vigilanza internazionali si
facevano carico di questi problemi. Da allora si sono
registrati importanti progressi nel campo della lotta al
riciclaggio sia in sede internazionale sia sul piano interno.
   A livello internazionale si segnala, in particolare, la
costituzione del GAFI (Gruppo di azione finanziaria) avvenuta
nel 1989 per iniziativa dei Governi dei paesi del "gruppo dei
sette". Il GAFI ha assunto ora carattere di struttura
permanente incardinata presso l'OCSE di Parigi. Lo scorso mese
i rappresentanti del GAFI sono venuti a Roma per verificare
come venivano applicate nel nostro paese le misure adottate in
sede internazionale. Attendiamo ora di avere i loro
riferimenti, che mi auguro siano positivi.
   Di rilievo è stata anche la direttiva del Consiglio della
CEE intervenuta nel giugno del 1991, nel corso del semestre di
presidenza italiana, con la quale è stata resa cogente
l'applicazione in tutta l'area comunitaria di criteri omogenei
di lotta al riciclaggio.
   Sul piano interno il fatto più importante (è inutile che
lo ricordi ai legislatori) è rappresentato dalla legge n. 197
del 5 luglio 1991, su cui ora non mi soffermerò.
   Occorre inoltre tenere presente numerose altre leggi
emanate negli ultimi anni nel settore del credito e della
finanza, che concorrono, sia pure in maniera indiretta,
all'azione di contrasto del riciclaggio. Ricordo, in
particolare, le norme concernenti il controllo sugli assetti
proprietari, i requisiti di onorabilità e di professionalità,
la disciplina delle società di intermediazione mobiliare e dei
gruppi creditizi, nonché la tutela delle informazioni
riservate (il cosiddetto insider trading).
   Accanto agli sviluppi della normativa primaria, sul piano
amministrativo la
                        Pag. 1494
Banca d'Italia, utilizzando gli strumenti della vigilanza
creditizia, ha proseguito nella linea volta a stimolare gli
intermediari a dotarsi di assetti organizzativi adeguati e di
efficaci sistemi di controllo interno. L'esperienza dimostra
che le strutture più deboli e meno organizzate sono quelle più
esposte al rischio di deviazioni e di coinvolgimento in
rapporti con operatori appartenenti all'area dell'illecito.
   Aggiungo inoltre che nei controlli ispettivi della Banca
d'Italia è stato incluso, quale compito ordinario, quello
della verifica dell'osservanza della normativa
antiriciclaggio, al fine di rafforzare l'azione di
sensibilizzazione e di formazione in una materia che, per i
suoi caratteri innovativi, richiede tempi non brevi di
assimilazione e quindi perseveranza di azione. L'applicazione
sostanziale della disciplina presuppone, a mio avviso, le
decisioni degli organi centrali degli enti, ma è affidata
soprattutto ai comportamenti degli operatori nelle filiali e
negli altri punti periferici.
   Il complesso di tali innovazioni normative e istituzionali
e, in particolare, l'entrata in vigore della legge n.197 hanno
accresciuto i compiti sia della Banca d'Italia sia
dell'Ufficio italiano dei cambi. Dal momento che sono qui in
veste sia di governatore della Banca d'Italia sia di
presidente dell'Ufficio italiano dei cambi, la mia esposizione
sarà riferita a entrambi gli enti.
   Nei giorni scorsi, come il presidente ha ricordato, i due
istituti hanno inviato a questa Commissione due relazioni
sull'attività svolta, delle quali mi limiterò ora a richiamare
i punti principali.
   Come è noto, la legge n.197 ha affidato all'Ufficio
italiano dei cambi importanti funzioni in materia di
antiriciclaggio. Si tratta di una sorta di conversione
dell'attività dell'Ufficio, il quale ha visto venir meno le
proprie funzioni di prevenzione e controllo in campo valutario
a seguito della liberalizzazione dei movimenti di capitale,
mentre ora gli vengono affidati questi compiti in una materia
diversa, ma certamente non meno importante, come quella del
riciclaggio. In particolare, all'Ufficio italiano dei cambi
sono state attribuite competenze per la definizione di un
sistema di archiviazione informatica standardizzato,
l'elaborazione di un modello di analisi statistiche idoneo a
individuare eventuali anomalie, lo svolgimento dei controlli
sull'osservanza della normativa antiriciclaggio, la tenuta
dell'elenco delle società finanziarie (che in precedenza erano
completamente ignorate), la gestione di un sistema informativo
concernente i procedimenti sanzionatori.
   Per quanto riguarda i controlli ispettivi, la competenza
dell'Ufficio italiano dei cambi riguarda solo le banche e le
altre categorie di intermediari abilitati al trasferimento del
contante e dei titoli al portatore per importi superiori a 20
milioni di lire, per cui l'Ufficio opera d'intesa con la Banca
d'Italia e con le autorità di vigilanza di settore. Per le
altre società finanziarie, questo tipo di controlli viene
svolto dalla Guardia di finanza.
   Per tutte le aree di intervento sopra indicate, l'Ufficio
italiano dei cambi ha avviato i complessi meccanismi
organizzativi e operativi occorrenti per l'entrata a regime
della disciplina. In tale contesto si colloca l'azione di
supporto fornita dallo stesso Ufficio italiano dei cambi e
dalla Banca d'Italia al Ministero del tesoro per l'emanazione
della normativa secondaria prevista dalla legge n.197 e delle
circolari interpretative e applicative.
   Per quanto concerne i principali aspetti riguardanti
l'applicazione della legge n.197, occorre ricordare la
standardizzazione informatica degli archivi localizzati presso
i singoli intermediari. L'elemento importante è rappresentato
dal fatto di essere passati dall'annotazione da parte dei vari
sportelli bancari delle operazioni da registrare all'obbligo
che tali informazioni siano tradotte in supporti informatici e
accentrate presso ogni azienda di credito. Affinché ciò
avvenisse in modo omogeneo, l'Ufficio italiano dei cambi ha
dettato regole uniformi per la tenuta degli archivi, che sono
divenuti operativi dallo scorso mese di gennaio.
                        Pag. 1495
   La legge affida inoltre all'Ufficio italiano dei cambi il
compito di effettuare analisi statistiche di dati aggregati,
allo scopo di far emergere sospetti di eventuali fenomeni di
riciclaggio nell'ambito di determinate aree territoriali. Si
tratta di un aspetto molto importante, che emerse tra l'altro
in occasione di una riunione svoltasi presso il Ministero
dell'interno (l'onorevole Scotti era allora titolare di quel
dicastero), nel corso della quale sottolineammo che l'analisi
dei dati consente di mettere in evidenza le anomalie rispetto
ai comportamenti, per così dire, generali. In sostanza,
l'Ufficio italiano dei cambi riceve i dati, li elabora e con
riferimento alle singole aree (che si identificano non
necessariamente con le province ma anche con aree interne a
queste ultime) deve valutare se, per quanto riguarda fenomeni
importanti (come, per esempio, l'uso del contante), vi siano
"punte" rispetto al comportamento medio delle altre aree o
della stessa area in tempi diversi. Ciò darebbe luogo al
sospetto che in una determinata zona avvenga qualcosa di
anomalo; in tal caso è prevista la segnalazione all'autorità
competente, affinché approfondisca questi aspetti.
   Non essendo possibile delineare "in positivo" e a
priori le fattispecie oggettive di riciclaggio, ci si è
orientati verso la costruzione pragmatica di un modello
statistico basato su raffronti spaziali e/o temporali idonei a
individuare "in negativo" scostamenti e variazioni che possano
denunciare l'esistenza di fenomeni patologici, nel qual caso è
necessario effettuare le opportune verifiche.
   I dati per le analisi statistiche verranno desunti dagli
archivi informatici degli intermediari abilitati. I primi
invii sono previsti entro il corrente mese di marzo, mentre
gli archivi, come ho già ricordato, sono stati messi in
funzione a gennaio. Si prevede un flusso di circa 10 milioni
di informazioni al mese e i risultati delle prime elaborazioni
potranno essere disponibili alla fine del 1993: infatti, per
valutare gli scostamenti, è necessario disporre di una serie
di dati, in quanto un solo dato non consente di rilevare
anomalie.
   Un altro aspetto nuovo e molto importante di cui l'Ufficio
italiano dei cambi è chiamato ad occuparsi è rappresentato
dall'elenco degli intermediari finanziari. Come è noto, finora
non esisteva alcun censimento di tali intermediari, mentre la
legge n.197 lo ha previsto attraverso la creazione di un
apposito elenco presso l'Ufficio italiano dei cambi, cui si
ricollega il rispetto dei requisiti di onorabilità.
   Nell'ambito di tali intermediari, la legge individua una
seconda fascia più ristretta di soggetti che hanno rapporti
con il pubblico o che esercitano credito al consumo, per i
quali detta norme più stringenti in materia di forma
giuridica, capitale minimo e requisiti di professionalità e
prevede ulteriori obblighi (deposito dei bilanci, indicazione
dei soci, comunicazione delle altre cariche ricoperte dagli
esponenti). Dovrà infine essere enucleato un terzo più
ristretto raggruppamento di società che per dimensioni,
livello di indebitamento e tipo di operatività siano
suscettibili di innescare, in caso di dissesto, un rischio
sistemico.
   Gli intermediari finanziari rientreranno pertanto in tre
raggruppamenti diversi: il primo di questi consiste
nell'anagrafe, per cui sono giunte all'Ufficio italiano dei
cambi circa 29 mila segnalazioni di società finanziarie. Sulla
base di questo primo elenco, l'Ufficio ha effettuato una
revisione in base alla quale ha escluso circa 4-5 mila società
che non potevano assolutamente rientrarvi. Il numero delle
società finanziarie è quindi di 24.726, delle quali 4.344
svolgono attività nei confronti del pubblico e quindi
rientrano nel secondo gruppo; esse pertanto, oltre ad inviare
i dati relativi agli amministratori, devono indicare i soci ed
effettuare altre comunicazioni.
   Le società più grandi rientreranno in un terzo gruppo,
formato da alcune centinaia di società, che saranno incluse in
                        Pag. 1496
un elenco più ristretto sul quale la vigilanza di merito sarà
svolta dalla Banca d'Italia.
   In conclusione, la Banca d'Italia si occuperà del terzo
gruppo, l'Ufficio italiano dei cambi gestirà le informazioni
dell'anagrafe per gli altri due gruppi, mentre i controlli
antiriciclaggio sono demandati alla Guardia di finanza. A
proposito dell'anagrafe occorre domandarsi in che modo
quest'ultima possa essere meglio sfruttata in futuro. Mi
chiedo, in particolare, se debba solo esservi un'anagrafe
disponibile alla quale gli organi di polizia e di giustizia
possano chiedere elementi, ma anche fino a che punto il fatto
di disporre di un elenco con tutti i nominativi degli
amministratori sia utile per verificare se alcuni di questi
nominativi appartengano a persone coinvolte in attività di
criminalità. L'importante è comunque avere l'anagrafe e
l'elenco delle società e degli amministratori.
   Un terzo aspetto riguarda l'attività di vigilanza: subito
dopo la promulgazione della legge n.197, la Banca d'Italia e
l'Ufficio italiano dei cambi hanno sollecitato gli
intermediari a predisporre i necessari interventi per il
puntuale adempimento degli obblighi previsti dalla legge ed
hanno quindi avviato un'indagine per la verifica dello stato
di attuazione della disciplina. Le risultanze hanno posto in
luce un apprezzabile grado di impegno e di sensibilità da
parte del sistema, le cui iniziative sono apparse nel
complesso appropriate e coerenti; sono stati tuttavia rilevati
alcuni ritardi concernenti la messa a punto delle procedure,
l'utilizzo degli strumenti informatici e l'attivazione delle
verifiche interne. Solamente ora, con la prima segnalazione di
marzo, verificheremo quali siano le aziende che presentano
ancora ritardi nell'organizzarsi sotto questo aspetto.
   Nel febbraio del 1992 la Banca d'Italia e l'UIC hanno
sottoscritto un protocollo d'intesa per il coordinamento
dell'attività di vigilanza e per lo scambio di informazioni.
E' stato svolto subito dai due enti un primo accertamento
ispettivo presso le aziende operanti nella provincia di Lecce,
che era stata indicata come zona in cui l'abusivismo bancario
era particolarmente diffuso. Nel novembre del 1992 è stato
avviato, ancora in stretto coordinamento tra la Banca d'Italia
e l'UIC, un ampio programma di accertamenti ispettivi che
hanno riguardato oltre 400 sportelli bancari delle quattro
regioni meridionali caratterizzate dalla maggiore penetrazione
della criminalità organizzata. Sono in arrivo i risultati di
tali accertamenti e direi che dalle prime indicazioni che
posso trarre dai rapporti che passano sul mio tavolo risulta
che le infrazioni riguardano soprattutto la tenuta dei
registri, ossia la mancata registrazione di operazioni
superiori ai 20 milioni oppure inferiori a tale cifra, ma
frazionate, così che la loro somma supera quella cifra.
Naturalmente, tali infrazioni saranno comunicate alle autorità
competenti.
   Di recente, il ministro del tesoro ha incaricato l'UIC di
stringere i contatti con le altre autorità di vigilanza di
settore (ISVAP, CONSOB e Ministero dell'industria) allo scopo
di definire le intese necessarie per il sistematico e
coordinato espletamento dell'attività ispettiva. E'
interessante notare che il ministro ha stabilito che l'UIC
intervenga in via surrogatoria nei casi in cui le suddette
autorità non siano in grado di adempiere la funzione
ispettiva.
   Per quanto riguarda indicazioni operative per la
segnalazione di operazioni sospette, un ruolo centrale nel
disegno generale di contrasto al riciclaggio è rivestito dal
principio della collaborazione attiva, che si traduce
nell'obbligo per tutti gli intermediari di segnalare
all'autorità di polizia le operazioni che possono ritenersi
effettuate con denaro proveniente dai quattro gravi reati
indicati dalla norma del codice penale relativa al
riciclaggio. Per agevolare l'adempimento di tale obbligo, la
Banca d'Italia ha predisposto, con il concorso
dell'Associazione bancaria italiana, un documento, chiamato
"decalogo", che è stato inviato nei giorni scorsi a tutti gli
operatori
                        Pag. 1497
bancari, naturalmente dopo aver avuto contatti con tutte le
altre autorità coinvolte - Guardia di finanza, carabinieri e
polizia -, in modo da verificare se tale decalogo fosse
considerato anche da loro adeguato alla bisogna. Tale
documento contiene, tra l'altro, una casistica di operazioni:
non è, insomma, un manuale che prescrive comportamenti
formali, ma deve essere considerato un aiuto, uno stimolo
perché lo spirito di collaborazione attiva si diffonda tra gli
operatori, intendendo con quest'ultimo termine non i
presidenti o gli amministratori delegati delle banche, ma
coloro che operano a livello di filiale, di sportello.
   La Banca d'Italia e l'UIC, nell'ambito dei rispettivi
compiti istituzionali, hanno in atto un'ampia collaborazione
con gli altri organi dello Stato impegnati nella lotta alla
criminalità organizzata: abbiamo rapporti, insomma, davvero
molto stretti e pervasi da grande spirito di collaborazione
con la Guardia di finanza, con la DIA, con le altre forze
dell'ordine, con i prefetti, con i comitati provinciali per
l'ordine e la sicurezza pubblica. Quando se ne è presentata la
necessità, poi, abbiamo creato gruppi di lavoro che hanno già
svolto un'opera positiva per l'approfondimento di specifiche
problematiche.
   Vi è poi una collaborazione di vecchia data con l'autorità
giudiziaria, che in termini di giornate di lavoro è giunta a
cifre davvero molto elevate. Non dispongo al momento dei dati
precisi, ma mediamente credo vi siano una ventina di ispettori
della Banca d'Italia occupati in accertamenti tecnici per
conto dell'autorità giudiziaria. Si tratta di accertamenti che
a volte richiedono la presenza degli ispettori per anni: in
alcuni casi, ad esempio in Sicilia, vi sono ispettori che
hanno lavorato con continuità per due o tre anni presso i
magistrati, per fornire il loro contributo di periti tecnici,
necessario a comprendere la massa di documenti che erano stati
sequestrati presso le banche.
   Un aspetto nuovo, anche dal punto di vista della
disciplina normativa, è quello dell'abusivismo bancario e
finanziario, al quale si accompagnano frequentemente l'usura
ed altri fatti delittuosi. La possibilità di indagare sul
fenomeno è stata favorita dalla disciplina relativa alle
società finanziarie, che ho illustrato in precedenza, dalla
ripenalizzazione dell'abusivismo bancario e, infine, dal fatto
che sono state sanzionate altre forme di abusivismo
finanziario.
   La Banca d'Italia, in collegamento con l'UIC, ha condotto
un'azione conoscitiva ad ampio raggio, ed ha segnalato
all'autorità giudiziaria ed alla Guardia di finanza numerose
ipotesi di abusivismo bancario. Ha proseguito inoltre
nell'opera di sensibilizzazione, anche presso la magistratura,
volta ad evitare che vengano omologati atti costitutivi e
statuti di società finanziarie che contemplino lo svolgimento
di attività riservate per legge alle banche o ad altre
categorie di intermediari sottoposti a controlli. Vi sono già
state numerose pronunce giudiziarie, sia in sede penale sia in
sede civile, in materia, appunto, di abusivismo bancario.
   Ritengo necessario fare un accenno al raccordo, che è di
fondamentale importanza, con le iniziative e le indicazioni
emerse in sede internazionale. Ho sempre sostenuto, anche nel
corso delle precedenti audizioni, come sia necessario che
l'azione venga svolta a livello internazionale, quanto meno
comunitario, altrimenti finisce per perdere efficacia e
rischia di avere soltanto l'effetto di penalizzare il nostro
sistema finanziario ed economico a vantaggio di altri paesi
che non seguono analoghe regole di lotta ai fenomeni
criminali.
   E' inutile dire che i costi complessivi per attuare la
disciplina antiriciclaggio non sono lievi, però noi sosteniamo
- e le banche se ne stanno convincendo sempre di più - che si
tratta, in fondo, di investimenti che poi produrranno un
ritorno in termini di affidabilità, funzionalità e stabilità
degli intermediari finanziari. Sono costi che bisogna
sopportare, in vista non soltanto dell'interesse generale
                        Pag. 1498
 del paese, ma anche di quello specifico del sistema
creditizio.
   Le prime esperienze applicative delle nuove norme
consentono di formulare alcuni suggerimenti per integrazioni e
miglioramenti della normativa che potrebbero essere presi in
considerazione. In particolare, in relazione ai problemi
segnalati dalle aziende ed a quelli rilevati in sede
ispettiva, potrebbe essere integrata la normativa secondaria,
al fine di risolvere le residue incertezze, riguardanti ad
esempio le modalità di registrazione di talune categorie di
operazioni e l'apprestamento dei mezzi tecnici per la
rilevazione delle operazioni frazionate.
   Per quanto riguarda l'obbligo di segnalazione delle
operazioni sospette, si condivide la proposta contenuta in un
disegno di legge governativo per l'ampliamento dei reati-base
del riciclaggio e, conseguentemente, per l'estensione
dell'obbligo di segnalazione alle operazioni effettuate con
denaro proveniente da altre gravi fattispecie criminose e non
solo dai quattro reati attualmente contemplati dall'articolo
648-bis del codice penale. Tale impostazione risponde
anche alle previsioni della direttiva CEE ed alle indicazioni
contenute negli altri documenti internazionali, tra cui la
recente convenzione del Consiglio d'Europa di Strasburgo.
   Sempre in materia di obbligo di segnalazione delle
operazioni sospette, andrebbero adottati tutti gli
accorgimenti necessari, sul piano operativo e procedurale, per
garantire la riservatezza e consentire al personale degli enti
creditizi e finanziari di operare con maggiore serenità
nell'assolvimento di questo delicato compito. Come sapete, è
questo un punto di grande importanza psicologica: se ci
mettiamo nei panni di chi sta allo sportello della filiale di
un piccolo paese, possiamo comprendere le sue titubanze ed i
suoi timori nell'effettuare una segnalazione che poi entri a
far parte del dossier che verrà presentato al processo. Non si
può pretendere dalle persone che si comportino in modo eroico.
Se, invece, la segnalazione servirà soltanto ai fini di
promuovere un'azione di investigazione, ma poi non diventerà
necessariamente un documento inserito tra gli atti del
processo, è evidente che gli operatori potranno essere più
solleciti ed avranno meno remore a comportarsi nella maniera
dovuta. Come gli onorevoli commissari sanno, a questo
proposito in Francia è stata adottata un'apposita disposizione
di legge, in base alla quale tali segnalazioni non possono
entrare a far parte degli atti processuali, ma servono
soltanto ad attivare l'azione di polizia giudiziaria.
   Proseguendo nell'indicazione dei suggerimenti relativi a
possibili perfezionamenti della normativa, riteniamo che
potrebbero essere rafforzati i compiti dell'Ufficio italiano
cambi (che, per la verità, sono già molti) per quanto riguarda
l'emanazione della normativa secondaria ed il coordinamento
operativo. L'efficacia dell'azione dipende infatti dalla
possibilità di adeguare tempestivamente, in stretto
coordinamento tra le diverse autorità, la capacità di lettura
e di regolamentazione dei fenomeni, in un contesto
caratterizzato da un'incessante evoluzione. In sostanza, è
opportuno che non si aspetti l'approvazione di una legge per
disciplinare aspetti che, man mano che se ne ravvisi la
necessità, potrebbero essere oggetto di una normativa
secondaria.
   Occorre inoltre considerare che l'attività di riciclaggio
può svilupparsi in altre direzioni, al riparo dai controlli e
dagli obblighi previsti per gli intermediari finanziari. Il
problema va considerato alla luce dell'indicazione contenuta
nella direttiva CEE che prevede l'ipotesi di estendere
l'applicazione della normativa ad altre attività
potenzialmente idonee a fungere da canale di riciclaggio, per
la loro capacità di intermediare rilevanti movimentazioni di
attività finanziarie e reali. In proposito mi riferisco
soprattutto all'opportunità di potenziare gli strumenti di
accertamento mirato ai patrimoni che non risultano correlati
alle capacità economiche e finanziarie dei titolari o che
presentano repentine e cospicue variazioni, prive di apparente
giustificazione o
                        Pag. 1499
realizzate con modalità non trasparenti. In questa direzione
si muovono i recenti provvedimenti legislativi che consentono
il sequestro di patrimoni di sospetta provenienza illecita e
l'iniziativa promossa dal Governo per introdurre controlli sui
trasferimenti rilevanti di proprietà immobiliari e di
partecipazioni societarie.
   Ho già accennato alla cooperazione internazionale.
L'azione deve essere molto attenta e sollecita da parte di
tutti gli appartenenti alle istituzioni internazionali: in
particolare, è molto importante l'attività del GAFI - che a
nostro avviso può essere potenziata - quale promotore di una
concertazione normativa ed operativa tra i paesi membri e
della contestuale diffusione di idonee linee-guida presso
paesi terzi. Non dimentichiamo, infatti, che esistono paesi i
quali, non facendo parte del GAFI, possono facilmente
diventare luoghi attraverso i quali riesce ad incanalarsi il
denaro sporco.
   I rischi di instabilità dei mercati finanziari si
accrescono notevolmente quando all'attività di speculazione
ordinaria si aggiungono componenti patologiche come quelle
della criminalità organizzata. Si pone pertanto l'esigenza di
irrobustire le strutture che si occupano, a livello
internazionale, dello studio e dell'analisi dei flussi
finanziari e dei mercati, nella consapevolezza che la capacità
di individuazione precoce delle manifestazioni di patologia
costituisce elemento fondamentale di qualsiasi attività di
prevenzione delle turbative dei sistemi finanziari.
   In conclusione, mi sembra che il quadro normativo per il
contrasto del riciclaggio sia stato sostanzialmente definito:
si tratta ora di pensare ad alcune integrazioni volte a
rafforzarlo. Il momento attuativo è stato avviato ed è
iniziata ormai la fase delle verifiche. E' prematuro dare una
valutazione dei risultati. Ricordiamo sempre, comunque, che
questi vanno misurati non tanto in base al numero delle
anomalie rilevate, quanto in base alla capacità del sistema di
mantenersi indenne dal coinvolgimento con l'area
dell'illegalità, coerentemente con l'impostazione di
prevenzione voluta dal legislatore. Ricordo sempre (e a questo
proposito mi rivolgo in particolare al senatore Cappuzzo,
rammentando quando rivestiva un altro importante incarico)
quando promuovemmo insieme la legge che assegnava all'Arma dei
carabinieri il compito di tutelare la sicurezza della Banca
d'Italia e di tutti i valori che al suo interno circolano
quotidianamente. Oggi, a distanza di dieci anni, possiamo dire
che non vi è stato alcun incidente, quindi si potrebbe
eccepire che forse quella decisione non era necessaria: al
contrario, a mio avviso il fatto che non si sia verificato
alcun evento spiacevole in un settore così delicato dimostra
la necessità di quella scelta. Si ricordi che, allora, eravamo
in pieno nel periodo di attività del terrorismo e
l'argomentazione principale che sostenne la nostra decisione
fu questa: se fanno un colpo alla Banca d'Italia, o in uno
stabilimento o su un convoglio che trasporta valori, possono
finanziare una vera rivoluzione. Fu questo il motivo che
indusse il Parlamento ed il Governo a varare rapidamente
quella legge. Così, nel campo di cui ci stiamo oggi occupando,
l'importante è la prevenzione, per cui il risultato va
analizzato non in termini di fatti anomali verificatisi, bensì
in termini di miglioramento della situazione.
   E' importante - si tratta, del resto, di uno dei compiti
ai quali attende la Banca d'Italia - che negli operatori del
credito si radichi la consapevolezza del ruolo attivo che essi
sono chiamati a svolgere. Ciò non solo perché tali operatori
rendono un servizio al paese ma anche perché essi debbono
difendere le loro aziende da condizionamenti impropri. Se è
vero che la criminalità organizzata rappresenta un pericolo
gravissimo per l'intera economia ciò è vero a maggior ragione
con riferimento al settore del credito. Il crimine
organizzato, infatti, incide in primo luogo sulla fiducia;
poiché il sistema del credito si basa appunto sulla fiducia,
quando quest'ultima viene meno finisce per perdere la sua
capacità
                        Pag. 1500
di vero intermediario del risparmio ai fini dello sviluppo
del paese.
  PRESIDENTE. Nel ringraziare il governatore della Banca
d'Italia per la sua relazione, chiedo ai colleghi che
intendano porre domande e quesiti se preferiscano che il
dottor Ciampi ed i suoi collaboratori rispondano con un unico
intervento complessivo o se, al contrario, ritengano opportuno
che i nostri ospiti rispondano di volta in volta alle domande
poste da ciascun commissario.
  CARMINE GAROFALO. Ritengo sia preferibile la seconda
ipotesi da lei indicata.
  PRESIDENTE. Poiché anche gli altri colleghi sono
d'accordo, procediamo senz'altro in questo senso.
  ROSARIO OLIVO. Ho ascoltato attentamente l'ottima
relazione del governatore Ciampi, che giudico sintetica ma
tuttavia molto efficace e significativa, ed ho apprezzato
l'impegno posto in essere dalla Banca d'Italia sul piano
interno ed internazionale nell'azione di contrasto alla
criminalità organizzata.
   Vorrei sapere innanzitutto in che modo nel nostro paese si
sia modificato lo schema dell'approvvigionamento del risparmio
e dei depositi negli ultimi 10-15 anni. Quanti nuovi istituti
bancari sono sorti (mi riferisco alle casse rurali ed
artigiane ed alle casse di risparmio, cioè a banche di
prevalente rilevanza locale)? Qual è la loro articolazione
territoriale, in particolare per quanto riguarda le regioni a
rischio, e quale il volume dei depositi? Chiedo questo per
comprendere se vi sia un nesso tra sviluppo delle attività
criminali e sviluppo delle attività finanziarie individuate
territorialmente.
   Il governatore si è intrattenuto sulla questione degli
strumenti di carattere internazionale utilizzati per favorire
la collaborazione tra le banche centrali. Vorrei sapere se
tali strumenti consentano l'esercizio di un controllo adeguato
dei movimenti dei capitali sporchi. Inoltre le chiedo: la
collaborazione tra le banche centrali di diversi Stati risulta
soddisfacente, efficace ed idonea a conseguire risultati
incoraggianti?
   Per quanto riguarda le ripetute speculazioni sulla nostra
moneta, vorrei sapere se vi siano ragioni tali da indurre a
ritenere attiva e presente un'influenza di carattere mafioso.
In sostanza: sui movimenti speculativi attivati nei confronti
della lira hanno influito anche i capitali mafiosi? Qualora
sia stato appurato questo aspetto, in che modo intendete
muovervi ed operare?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Vorrei fornire alcuni dati con riferimento alla
prima domanda posta dal senatore Olivo, riservandomi di
fornire ulteriori informazioni alla Commissione in un momento
successivo. In particolare, vorrei segnalare che in Sicilia,
alla data del 31 dicembre 1989, esistevano 94 banche locali,
ridottesi ad 80 alla data del 31 dicembre 1992. Tra l'altro,
va rilevato che due di queste erano entrate a far parte di
gruppi di banche a carattere nazionale, per cui il dato
definitivo aggiornato al 1992 è di 78 banche locali operanti
in Sicilia. Per quanto riguarda gli sportelli bancari, nel
dicembre 1989 le banche siciliane ne avevano 1154 divenuti
1219 (con una percentuale dell'1,8 in più) nel dicembre 1992.
Nel frattempo gli sportelli di banche non siciliane, che erano
appena 160 nel 1989, erano diventati 309 nel 1992. Sul totale
degli sportelli bancari nel 1989, l'88 per cento faceva capo a
banche siciliane ed il 12 per cento a banche non siciliane. Al
31 dicembre 1992 la percentuale delle banche siciliane è scesa
all'80 per cento e quella delle banche non siciliane è salita
al 20. Tali dati dimostrano che vi era in atto un processo di
razionalizzazione degli sportelli, con conseguenti vantaggi
non solo sul versante della lotta alla criminalità ma anche su
quello della concorrenza.
  PRESIDENTE. Tale situazione è il frutto di una scelta
specifica della Banca d'Italia oppure è un fatto casuale?
                        Pag. 1501
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. No, non è casuale. Gli sportelli bancari, come
loro sanno, sono stati sottoposti fino al 1989 a regime
autorizzativo. Già negli ultimi tempi di permanenza di tale
regime (mi riferisco all'inizio degli anni ottanta) avevamo
cercato di consentire l'ingresso di banche a carattere
nazionale nelle regioni meridionali (non solo in Sicilia, ma
anche in Sardegna). Successivamente, avendo liberalizzato
l'apertura di sportelli bancari (per cui oggi non è più
necessaria l'autorizzazione della Banca d'Italia, essendo
previsto che le banche debbano soltanto presentarci un
programma, non certo perché noi intendiamo esprimere giudizi
sulla localizzazione ma perché dobbiamo accertare se l'azienda
abbia la potenzialità per potersi ampliare), il fenomeno si è
ovviamente incrementato in modo notevole.
   Va considerato che nel sud vi è spazio per gli sportelli
bancari: il fatto stesso che nel Mezzogiorno si riscontri una
presenza di risparmio postale di gran lunga maggiore -
ovviamente in termini relativi - rispetto a quella dell'Italia
centro settentrionale lo dimostra efficacemente. Ovviamente,
sarebbe preferibile aumentare la quota di risparmio bancario
rispetto a quello postale perché quest'ultimo è indirizzato al
centro ed è destinato ad utilizzazioni di carattere generale
decise dal Governo e dallo Stato mentre quello bancario
dovrebbe essere impiegato in attività imprenditoriali locali.
Pertanto, in questo caso vi sarebbero vantaggi anche ai fini
dello sviluppo.
  CARMINE LAMANDA, Capo del Servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia. Vorrei
segnalare che il numero degli sportelli in Sicilia è aumentato
del 5,16 per cento nel triennio 1990-92 mentre nel resto del
paese la percentuale è del 10,50. La politica degli sportelli
è oggi legata alla situazione tecnica delle banche. Noi non
influiamo sulla localizzazione ma accertiamo che gli sportelli
siano aperti da strutture forti. Il fatto che in Sicilia si
registri un incremento minore rispetto alla media nazionale
può derivare dalla debolezza delle strutture esistenti, oltre
che dalla situazione di mercato. La presenza di banche di
interesse nazionale può favorire lo sviluppo di sportelli e di
strutture sane.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. In sostanza, mentre le banche non siciliane hanno
fatto registrare un aumento degli sportelli del 25 per cento,
ben superiore alla media del 10 per cento nazionale, le banche
siciliane hanno fatto registrare un aumento minimo. Per di
più, sia per motivi legati alla debolezza delle banche sia per
questioni di criminalità, abbiamo dovuto procedere alla
chiusura di numerose banche siciliane.
   Tenete presente che negli ultimi 4 anni in Italia sono
state commissariate 22 banche. Di queste, 14 si trovavano
nelle regioni cosiddette a rischio (Sicilia, Calabria, Puglia
e Campania). Sempre nello stesso periodo sono state liquidate
in via coatta amministrativa 6 banche; di queste, ben 5 si
trovavano nelle menzionate regioni a rischio. A parte questi
provvedimenti di rigore - mi si consenta la definizione -
abbiamo avviato interventi straordinari che si risolveranno in
fusioni di banche o in iniziative di altra natura. Tali
interventi riguardano 12 casse rurali artigiane in Sicilia, 5
casse rurali e una banca popolare in Calabria, 6 casse rurali
in Campania, 3 casse rurali e una banca popolare in Puglia.
Queste banche non sono incorse in iniziative di rigore, ma
erano in condizione di tale debolezza e precarietà da
costringerci ad intervenire per promuovere una loro volontaria
chiusura o, nella maggior parte dei casi, un assorbimento da
parte di aziende più forti.
   Per quanto riguarda la collaborazione nella materia che
stiamo trattando tra le banche centrali del gruppo dei dieci
(mi riferisco ai 7 maggiori paesi industrializzati europei,
oltre al Canada, al Giappone e, in particolare, agli Stati
Uniti) il rapporto è buono, nonostante siano riscontrabili
alcuni elementi di diversità. Vi sono per esempio alcuni paesi
della Comunità
                        Pag. 1502
 nei quali vi è una realtà caratterizzata dalla prevalenza e
dall'importanza attribuita a determinati fattori. La Gran
Bretagna, ad esempio, da un lato ha fatto cose molto
importanti ed è stato il primo paese ad assicurare una
collaborazione attiva delle banche (sulla base di un decalogo
analogo a quello che abbiamo predisposto noi) ma dall'altro,
proprio in funzione della libertà che deve avere il mercato di
Londra, è stata poco attenta ad alcuni aspetti. Vi sono poi
altri paesi minori, per esempio il Lussemburgo, in riferimento
ai quali si riscontrano punti di debolezza.
   Per quanto riguarda la speculazione sulla lira, non
abbiamo elementi per poter affermare che vi sia stato un
inserimento di operatori mafiosi. In Banca d'Italia, non
appena avvenuta la svalutazione del settembre scorso, fu
costituito un gruppo interno per studiare tecnicamente il
fenomeno che si era verificato. I risultati di tale studio
sono stati pubblicati nell'ultimo numero del bollettino della
Banca d'Italia. Francamente, non sono emersi fatti che possano
far supporre attività come quelle segnalate.
  PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio
italiano dei cambi. Per dare l'idea della dimensione delle
somme trattate quotidianamente sui mercati dei cambi,
un'indagine condotta lo scorso anno dalle principali banche
centrali in collaborazione con la Banca dei regolamenti
internazionali, ha evidenziato che ogni giorno vengono
trattati sui mercati dei cambi mondiali circa 900 miliardi di
dollari. Questo ammontare equivale al prodotto lordo interno
italiano di un anno. Di questo ammontare, sul mercato dei
cambi italiano, che pure è uno dei più piccoli, vengono
trattati 22 miliardi di dollari, che equivalgono a 30 mila
miliardi di lire al giorno (ogni mese sul mercato dei cambi
italiano si tratta un valore equivalente a metà del prodotto
interno lordo del paese). La dimensione è tale che, anche dal
punto di vista generale, non si può ragionevolmente ipotizzare
che singole, anche se grandissime, operazioni di origine
mafiosa possano influenzare in maniera significativa questo
andamento.
  MARIO BORGHEZIO. Riallacciandomi alla precedente domanda
sulla situazione degli istituti bancari nelle regioni a
rischio, vorrei anzitutto chiedere al governatore se vi sia
una particolare vigilanza nei confronti di tali istituti,
anche di quelli di grandi dimensioni; per esempio, mi viene in
mente la situazione del Banco di Sicilia, che è il principale
istituto della regione. Non si può immaginare che questa
situazione di controllo molto stretto di settori del potere
politico da parte di Cosa nostra o di influenza nei confronti
dell'ambiente politico non si ripercuota anche su banche di
questo livello.
   Tenendo conto dei compiti istituzionali di questa
Commissione, che sono anche quelli di esaminare i modi di
attuazione delle normative antimafia, vorrei soffermarmi
sull'argomento che ritengo chiave, cioè l'attuazione della
normativa antiriciclaggio. Al convegno del CNEL del settembre
1992 mi hanno colpito i dati forniti dal generale Mezzetti
della Guardia di finanza non solo sull'entità preoccupante
delle segnalazioni al giugno 1992 ma anche sulla
localizzazione dei dati più sconfortanti: una sola
comunicazione per le province di Bari, Catania, Lecce, Napoli
e Salerno e nessuna comunicazione per le province di
Agrigento, Caltanissetta, Messina, Ragusa, Siracusa, Enna,
Trapani, Catanzaro, Cosenza, Avellino, Benevento, Caserta,
Foggia e Taranto. A questo proposito vorrei conoscere il
giudizio del governatore e quali provvedimenti siano stati
assunti o si intenda assumere.
   Vorrei anche che il governatore si pronunciasse con
chiarezza in merito ad un' altra indicazione scaturita da quel
convegno del CNEL, cioè la necessità di una modifica della
previsione legislativa circa la delimitazione dei delitti a
monte del riciclaggio. Chiedo se non ritenga che la sfera
debba essere ampliata o meglio definita. Penso, per esempio,
al di là del
                        Pag. 1503
reato di narcotraffico, all'importanza che in relazione ai
traffici economici di Cosa nostra possono assumere reati come
l'usura, il totonero, lo sfruttamento dell'immigrazione
clandestina.
   Vorrei anche sapere qualcosa di più su ciò che viene fatto
in relazione al controllo sull'abusivismo nell'esercizio
dell'attività bancaria e finanziaria, tenendo conto dei
profondi legami tra le organizzazioni mafiose e l'attività di
usura, sia attraverso finanziarie sia attraverso l'utilizzo di
conti correnti bancari.
   Venendo al punto chiave, quello dell'applicazione della
normativa antiriciclaggio, vorrei brevemente rifarmi a quanto
contenuto nella relazione del dottor Desario della Banca
d'Italia al già citato convegno del settembre 1992, il quale
ha scritto: "Sono emersi ritardi nella messa a punto delle
procedure, nell'utilizzo degli strumenti informatici,
nell'attivazione delle verifiche di competenza degli
ispettorati e dei collegi sindacali", aggiungendo poi: "Sarà
avviata a breve termine una nuova indagine presso gli enti
sottoposti a vigilanza". Vorrei conoscere i risultati di
quest'indagine, anche perché mi è giunto un documento di
un'importante banca di interesse nazionale, l'Istituto San
Paolo di Torino, distribuito a tutti i dipendenti all'inizio
del presente anno. A pagina 17 di tale documento, a proposito
della procedura di individuazione delle operazioni sospette,
si legge testualmente la seguente frase: "In pratica si può
affermare che non è necessario attuare controlli diversi da
quelli che abitualmente si attuano nella normale gestione
quotidiana del rapporto con la clientela". A pagina 22 si
parla della norma che prevede l'obbligo di predisporre gli
strumenti ...
  PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Borghezio, ma la
procedura che abbiamo deciso di adottare esige domande precise
e brevi.
  MARIO BORGHEZIO. Devo documentare la mia domanda. Vorrei
citare un'altra frase. A pagina 23, a proposito dei casi
tipici in cui si concreta l'attività di individuazione, si
legge testualmente: "Ciò non è esattamente rispondente" - ci
si riferisce a quel che l'operatore deve fare - "al dettato
legislativo: d'altra parte la legge vuole essere uno strumento
concreto di supporto alla magistratura nella lotta contro il
crimine e non un mezzo per impedire alle banche la loro
attività". Vorrei sapere se il nuovo "decalogo" - che con
piacere apprendiamo essere stato divulgato - sia conforme o
meno a questa impostazione, che mi sembra estremamente
preoccupante.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Per quanto riguarda l'attività di vigilanza nelle
zone meridionali, in particolare in Sicilia, posso assicurare
l'onorevole Borghezio che essa è più intensa che nel resto del
territorio nazionale e potremo inviare alla Commissione i dati
specifici. Le ispezioni sono assai più frequenti che nel resto
del paese - anche attualmente ve ne sono alcune importanti in
corso in Sicilia - e soprattutto l'attività ispettiva ha dato
luogo ad interventi di vigilanza molto più ampi di quelli che
avvengono nella media del territorio italiano.
   Per quanto riguarda l'abusivismo bancario, negli ultimi
tre anni, dal 1991 al 1993, abbiamo segnalato alla Guardia di
finanza, all'autorità giudiziaria e agli altri organi
inquirenti, ben 187 casi di società finanziarie operanti
nell'Italia meridionale - la maggior parte dei quali, ben 112,
operavano in Campania - che supponevano attività di abusivismo
bancario. Naturalmente, consegnerò alla Commissione l'elenco
delle segnalazioni effettuate.
   Abbiamo poi svolto un'azione particolare per quanto
riguarda le casse di mutualità. In molti casi abbiamo
riscontrato una raccolta di risparmio ed un'attività di
impiego svolta ben al di là del vero concetto di cassa di
mutualità. Infatti, tali istituti dovrebbero essere ammessi
solo laddove operino nei confronti dei soci: in realtà, spesso
non operano nei confronti solo dei soci ma nei confronti di
                        Pag. 1504
altri soggetti; inoltre, il concetto di socio è talora
estremamente ampio. Fra l'altro, abbiamo invitato l'autorità
giudiziaria a non accettare la definizione di cassa di
mutualità qualora l'acquisizione della qualifica di socio sia
legata a requisiti così generici da consentire a chiunque di
farne parte; in questo caso, si fa una banca, non una cassa di
mutualità.
   Quanto al riciclaggio, sono perfettamente d'accordo con
l'onorevole Borghezio - mi sono permesso di indicarlo nella
relazione - che si dovrebbero per legge ampliare i reati di
riferimento rispetto ai quattro attualmente previsti.
   Per quanto riguarda le considerazioni svolte dal dottor
Desario al convegno del settembre 1992, abbiamo svolto nel
novembre scorso quell'indagine su 400 sportelli nell'Italia
meridionale, per controllare come avveniva la registrazione
delle operazioni di cui si deve prendere nota ai sensi di
legge.
   Quanto alla creazione di un archivio a carattere aziendale
su base informatica e tale da permettere il trasferimento dei
dati, sia pure aggregati, dalle singole banche all'Ufficio
italiano cambi, la procedura è in atto: dovrebbe essere già
stata completata, perché il termine ultimo scadeva a gennaio.
Da fine marzo disporremo delle prime segnalazioni; vedremo
quali aziende non sono in grado di adempiere le nuove
procedure e su quelle interverremo.
   Non conosco il documento del San Paolo di Torino ma da
quel che lei ha letto posso dire che il cosiddetto "decalogo"
di Bankitalia è ben diverso da quelle indicazioni. Fra
l'altro, abbiamo cercato di far entrare nella mentalità delle
aziende due concetti particolari. In primo luogo, che le spese
che esse devono sostenere sono investimenti che renderanno
alla banca stessa; in secondo luogo, che il singolo bancario
deve avere consapevolezza che nella misura in cui fa opera
attiva nella lotta al riciclaggio difende la propria azienda e
quindi il proprio posto di lavoro, perché se il riciclaggio
entra nella sua azienda essa prima o poi diventerà infetta,
rischierà di chiudere ed egli di perdere il proprio posto di
lavoro.
  PRESIDENTE. E' la contropartita per l'altro rischio.
  ALFREDO GALASSO. Credo che a noi interessi in questa
sede soprattutto una valutazione di carattere generale, più
che conoscere un insieme di misure, peraltro apprezzabili.
Proverò a stabilire i punti sui quali vorrei che si
soffermasse nella sua risposta, governatore.
   Non c'è dubbio che a livello nazionale e internazionale si
è rovesciato - in maniera direi rivoluzionaria - un principio
di fondo: la prassi precedente era guidata dal principio
pecunia non olet; ora si è stabilito il principio che il
denaro puzza e dunque si affrontano i problemi della
provenienza illecita e del riciclaggio. Nelle banche e negli
intermediari finanziari c'è un sufficiente livello di
consapevolezza di questa novità straordinaria? Dobbiamo capire
come vanno le cose anche perché abbiamo ricevuto giudizi non
propriamente tranquillizzanti da parte dell'autorità di
polizia e di quella giudiziaria.
   Vi è consapevolezza che il problema non sia limitato dal
punto di vista territoriale? Nella sua relazione lei fa
riferimento alla Sicilia ed alle altre regioni meridionali, ma
non preoccupa soltanto lo sportello bancario di Ragusa, in
quanto cominciano a preoccupare anche quelli di Domodossola e
di Arzignano. Il fenomeno è diffuso, vi è una mobilità
straordinaria, perciò domando: su questo l'insieme delle
banche manifesta attenzione?
   In questo quadro generale, può spiegare qual è la ragione
del ritardo relativo al "decalogo"? Ricordo che la legge è
entrata in vigore nel luglio 1991, mentre il "decalogo" è del
febbraio 1993: perché si è registrato tale ritardo?
L'adeguamento spontaneo alla legge n. 197 non c'è stato e
dunque la Banca d'Italia ha ritenuto di intervenire con
maggiore determinazione?
   Mi sembra si avvertano preoccupazioni nell'affrontare il
rapporto tra istituto
                        Pag. 1505
 di vigilanza e singole banche, dal momento che da parte sua
si sente il bisogno di dire che questo è un consiglio, non un
indirizzo o una direttiva particolare. Personalmente sarei
contento, per l'autorità morale della Banca d'Italia, se si
dessero direttive piuttosto che raccomandazioni, anche se mi
rendo conto che vi sono problemi delicati e che la situazione
è estremamente grave.
   Si è parlato della collaborazione con le altre banche
centrali. Rispetto alle segnalazioni delle operazioni
sospette, che rappresenta uno dei punti all'ordine del giorno
del GAFI già nel 1989, credo si stiano "rovesciando" - ma è
anche un difetto della legislazione italiana - in una serie di
indicazioni per l'autorità giudiziaria. Le domando, signor
governatore: non si avverte una forte esigenza di autotutela,
che non deve necessariamente "rovesciarsi" sul versante
giudiziario tanto da rendersi necessarie alcune misure, come
la riservatezza? Mi riferisco all'autotutela affinché sulle
operazioni sospette possa intervenire l'autorità di vigilanza
prima ancora della giudiziaria; d'altra parte il punto
fondamentale della raccomandazione del GAFI del 1989 non era
costituito tanto dalla segnalazione all'autorità giudiziaria
quanto da una sorta di capacità di autotutela, di autodifesa e
quindi di espulsione dei circuiti infetti.
   In relazione al complesso di iniziative, di attribuzioni e
di compiti - che personalmente mi auguro siano estesi e resi
il più possibile incisivi - la Banca d'Italia si è attrezzata
dal punto di vista tecnico-professionale ed organizzativo
oppure considera questa funzione collaterale o marginale
rispetto a quelle che tradizionalmente svolge?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Mi pare che tutte le domande dell'onorevole
Galasso siano incentrate sull'impostazione e sulla sostanza.
Non vi è dubbio che non solo si è passati dal pecunia non
olet al pecunia olet, ma è stato compiuto anche un
salto di qualità a livello di collaborazione passando da
quella passiva a quella attiva. Mentre prima non ce ne
occupavamo, successivamente ci siamo attivati: anzi, onorevole
Galasso, l'Italia è stata tra i primi paesi - forse perché il
fenomeno da noi aveva una rilevanza maggiore - a farsi carico
del problema. Ricordo di aver dedicato, subito prima o subito
dopo la prima audizione dinanzi a questa Commissione, nel
discorso davanti all'assemblea annuale della Banca d'Italia un
passaggio a questo aspetto, evidenziando l'importanza per il
sistema bancario di difendersi dall'inquinamento della
criminalità organizzata. Ciò non tanto per rendere un servigio
a terzi, sia esso il paese o altri settori, quanto in
primis per renderlo a se stessi: mi permetterò di inviarle
questo passaggio, onorevole Galasso che risale se non erro al
1984. Quindi, siamo perfettamente d'accordo in argomento.
   Per quanto riguarda le zone, si parla soprattutto delle
quattro aree a rischio, perché lì nasce ed è più presente e
grave il fenomeno della criminalità organizzata. Siamo
perfettamente consapevoli però che esso riguarda l'intero
paese tanto che la disciplina emanata dalla Banca d'Italia e
dall'Ufficio italiano cambi concerne il territorio nazionale.
   E' ovvio che, in ordine alla vigilanza bancaria, la nostra
attenzione si è dovuta concentrare su alcune regioni, in
particolare la Sicilia in cui abbiamo registrato casi
rilevanti, denunciati dalla debolezza delle imprese e
dall'esistenza di criminalità in alcune banche (è inutile che
io vi citi i nomi degli istituti interessati, in quanto sono
stati riportati dagli organi di stampa per le conseguenze
giudiziarie prodottesi).
   Il nostro interessamento riguarda l'intero paese, anche se
è chiaro che risulta concentrato nelle quattro regioni citate.
   L'onorevole Galasso ha chiesto chiarimenti sul ritardo
nella redazione del "decalogo". Premesso che il GAFI è sorto
nel 1989 e che il nostro paese ha svolto una parte non
indifferente per la sua costituzione, il "decalogo" si è avuto
alla fine del 1992 in quanto il concetto di
                        Pag. 1506
collaborazione attiva è scattato con la legge del 1991 che di
fatto è stata attuata soltanto nel 1992.
   Rispetto al merito del "decalogo", occorre evitare di dire
all'operatore bancario ciò che deve denunciare e ciò che non
deve denunciare, al contrario si deve cercare di indicare i
comportamenti da adottare. Nessuno si presenta allo sportello
bancario con il collarino recante la scritta "sono un mafioso
o un criminale"; l'importante è che l'operatore bancario
conosca il cliente, la persona cioè che vuole effettuare
un'operazione di importo inusitato, ossia chi fino a ieri
compiva operazioni da 50 milioni mentre oggi ne effettua di
importo pari a 500 milioni. E' difficile indicare criteri,
l'importante è dare orientamenti e battere con tenacia su di
essi, con tenacia e perseveranza.
   Non riteniamo di aver assolto completamente al nostro
compito con la predisposizione del "decalogo". Per tale
motivo, nella mia relazione di stamani ho sostenuto che gli
ispettori della Banca d'Italia devono, come compito ordinario
di attività ispettiva, controllare come viene applicata nella
forma e nella sostanza la normativa antiriciclaggio. Solo
battendo e ribattendo nell'azione periferica, da parte dei
nostri direttori di filiale, con i direttori delle singole
aziende di credito si può far acquisire questa mentalità. E'
una questione di mentalità, come giustamente ha sottolineato
l'onorevole Galasso.
   Quanto alla collaborazione con le banche centrali, esiste
in misura diversa, da caso a caso. In materia, la banca
centrale del nostro paese ha giocato un ruolo di avanguardia,
perché siamo stati sempre convinti - lo dissi anche in
precedenti audizioni - che una normativa riguardante soltanto
l'Italia non è utile, anzi è un danno per il paese non potendo
dare alcun effettivo e sostanziale apporto alla lotta alla
criminalità.
   Quanto poi alle attrezzature della Banca d'Italia e
dell'Ufficio italiano cambi, quest'ultimo ha modificato,
almeno per il 50 per cento, la sua attività; venuta meno la
parte dei controlli valutari, si è rivolto al nuovo compito
affidatogli dalla legge, che occupa in modo significativo
l'attività complessiva dell'Ufficio, compresa quella
ispettiva. La Banca d'Italia svolge la vigilanza sull'intero
sistema creditizio: importante però è aver fatto emergere,
come elemento ordinario dell'attività ispettiva, la lotta alla
criminalità e al riciclaggio.
  PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio
italiano dei cambi. Per quanto riguarda l'Ufficio italiano
cambi il grosso dell'attività è concentrato sugli elementi
innovatori della legge n. 197 rispetto a quanto avviene negli
altri paesi più sviluppati del mondo.
   Oltre alla collaborazione attiva che non si esaurisce con
la segnalazione di operazioni sospette - le quali sono una
tipologia limitata perché legata all'articolo 648-bis
del codice penale, ossia quattro ipotesi di reato - un altro
elemento innovatore è costituito dalla creazione degli archivi
informatici standardizzati uguali, come ossatura e struttura
informatica, per le banche nonché le società di assicurazione,
le finanziarie, le SIM e i soggetti che operano nel mondo
dell'intermediazione finanziaria. Ciò significa che l'autorità
inquirente, non appena gli archivi avranno accumulato dati -
hanno iniziato dal gennaio 1993, in coerenza coi tempi
previsti dalla legge secondo la quale entro giugno 1992 doveva
essere emanato il decreto attuativo del ministro del tesoro e
sei mesi dopo vi sarebbe stata l'entrata in funzione degli
archivi medesimi -, potrà seguire, con lo stesso tipo di
informazione presso qualsiasi intermediario, "l'odore"
lasciato dalla pecunia durante i suoi trasferimenti,
secondo modalità di accesso uguali per tutti.
   L'altro elemento che assorbe pesantemente l'attività
dell'Ufficio, non della parte ispettiva ma della struttura
statistica informatica, è relativo all'elaborazione del
modello statistico che, dagli archivi standardizzati
informatici delle banche e degli altri intermediari abilitati,
                        Pag. 1507
dovrà trarre dati aggregati sui quali fare elaborazioni
capaci di identificare situazioni anomale che, segnalate al
Ministero del tesoro, consentiranno di sviluppare l'attività
inquirente.
   Ribadisco quindi che i due aspetti innovativi della legge
n. 197 sono questi, in quanto la segnalazione delle operazioni
sospette non può che centrare alcuni elementi limitati. Credo
di poter leggere in questo senso la visione del legislatore
perché,se si fosse pensato che le segnalazioni delle
operazioni sospette potessero concludere l'attività di
controllo del riciclaggio, non si sarebbe avvertito il bisogno
della legge n. 197 che invece serve a identificare nuove vie
di perseguimento e prevenzione del fenomeno del riciclaggio.
  MARIO BORGHEZIO. Il caso recentissimo, individuato
dall'autorità giudiziaria, relativo alla Cassa di risparmio di
Saluzzo, contraddice i buoni propositi enunciati dal
governatore della Banca d'Italia. E' possibile, infatti, come
abbiamo letto sui giornali piemontesi, che la colf di una
signora che esercita l'usura si rechi alla Cassa di risparmio
di Saluzzo con la borsa della spesa e ritiri mazzette di
denaro, consegnate poi a Milano ad uno dei boss della mafia
turca?
  PRESIDENTE. Quindi, vi sono operazioni apparentemente
sospette che non sono state denunciate. E' questo il punto?
  CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia. Non
abbiamo elementi diretti...
  PRESIDENTE. Appena li avrete acquisiti, vi preghiamo di
comunicarceli.
  CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia.
Senz'altro.
  VINCENZO SCOTTI. Dottor Ciampi, credo sia fuori luogo
sottolineare la sensibilità e l'impegno della Banca d'Italia
in questa direzione perché ritengo che in Europa sia quella
che ha dimostrato la maggiore attenzione su questo tema e
ritengo che abbia anche anticipato le decisioni ed i
provvedimenti del Parlamento e del Governo.
   La prima domanda che voglio porle è la seguente: tenuto
conto che oggi disponiamo della standardizzazione informatica
degli archivi presso i singoli intermediari, siamo pronti a
compiere un passo successivo, cioè a seguire in tempo reale le
operazioni incrociando i dati, non solo bancari ma anche
finanziari, dei diversi intermediari, in modo da seguire
l'attività ed attuare operazioni preventive? Credo infatti che
il cuore del problema sia qui, nel senso che la segnalazione
dell'operazione anomala di per sé non è sufficiente. Una volta
compiuto il primo passo standardizzando gli archivi dei
singoli intermediari, oggi si potrebbe guardare più avanti
cercando di assemblare e di utilizzare i dati in tempo reale.
   La seconda domanda attiene alle analisi statistiche. Ai
fini delle medesime è importante l'incrocio dei dati
finanziari con quelli reali (previdenziali, assicurativi e
fiscali), in modo tale da poter avere indicatori utili alle
indagini giudiziarie e di polizia. Lei sa che la possibilità
di incrocio dei dati può consentire risultati eccezionali dal
punto di vista della investigazione. Oggi, disporre dei dati
finanziari aggregati e di quelli di economia reale delle altre
banche dati credo sia estremamente utile. Su questo punto vi
sono anche problemi legislativi tuttora aperti perché è
necessario che questioni di tale natura siano regolamentate.
Ritengo pertanto che tra i punti che dovremo affrontare debba
esservi anche quello relativo all'utilizzazione, con gli
opportuni riferimenti al codice fiscale, dell'insieme dei dati
finanziari reali.
   L'ultima domanda attiene al riciclaggio del denaro nei
paesi dell'est. Da questo punto di vista, la Banca d'Italia
presta attenzione ai movimenti bancari e agli intermediari
finanziari? Cosa ritiene possibile fare, dati sia la debolezza
delle banche centrali e del sistema bancario di
                        Pag. 1508
quei paesi sia, e soprattutto, il loro interesse ad ottenere
valuta forte senza guardare in faccia nessuno?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. La prima domanda dell'onorevole Scotti è centrata
su un fatto oggetto di discussioni nel contesto non solo
italiano ma internazionale.
   Rispetto al passato, quando le segnalazione pervenivano
agli sportelli delle singole aziende, per cui si doveva
procedere ad una ricerca complessiva delle medesime anche nel
caso di indagini da parte dell'autorità giudiziaria e della
polizia, oggi queste informazioni sono riportate in modo
omogeneo e utilizzando il supporto informatico.
   La scelta della legge n. 197 è stata quella di far sì che
le informazioni assunte sulla base delle singole operazioni
fossero elaborate ed aggregate; ciò sta a significare che le
singole aziende non inviano all'Ufficio dei cambi i dati
elementari ma i dati aggregati secondo le indicazioni che
ricevono dall'ufficio stesso e che riguardano, appunto, le
caratteristiche delle operazioni compiute; queste ultime, per
esempio, possono essere quelle svolte da tutti i concessionari
automobilistici di una determinata zona. Quindi, è già in atto
l'accentramento delle informazioni.
   Se ci riferiamo all'accentramento di tutte le operazioni
elementari, va detto che tale scelta non è stata effettuata
con la legge n. 197; la proposta è stata oggetto di opinioni
diverse da parte degli stessi legislatori e che appare
soprattutto legata, a mio avviso, alla necessità di acquisire
una valenza internazionale, perché se fosse attuata da un solo
paese della Comunità non avrebbe senso.
   Un accentramento di questo tipo è stato compiuto soltanto
negli Stati Uniti e ricordo che non oggi ma una decina di anni
fa, non appena fu posto in essere, fu inviata a tutte le
banche centrali la richiesta di segnalare tutte le operazioni
superiori ai 5 mila dollari. La risposta delle banche fu
negativa. Il che dimostra che gli Stati Uniti si resero conto
che questo tipo di accentramento rendeva molto poco in quanto
non veniva attuato anche in altri paesi.
   Dunque, prima è importante convincersi della necessità e
dell'opportunità di una simile operazione, poi è necessario
concretizzarla quanto meno su base comunitaria, perché
altrimenti vi è il rischio che permanga una situazione non
omogenea e che questa produca dei danni economici, nel senso
che certe operazioni non saranno più compiute nel paese che
l'ha posta in essere ma altrove.
  VINCENZO SCOTTI. Il danno economico è già stato
realizzato - se vogliamo dire così - con la registrazione
delle operazioni. Quindi, per la banca e per il cliente il
costo è pagato...
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Anche il danno è diverso, onorevole Scotti.
Infatti, la registrazione oggi avviene in molti paesi, non
soltanto in Italia...
  VINCENZO SCOTTI. No, io mi riferisco al nostro
sistema...
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Vedo il danno dove vi è una normativa non
omogenea. Dove lo strumento non funziona vi è un danno di
carattere economico per il paese che lo adotta.
   Oggi l'operatore sa che la sua operazione è registrata ma
sa anche che non viene ancora portata ad un livello di
accentramento generale. In gran parte, onorevole Scotti, la
mia obiezione è di fattibilità più che di merito.
   Per quanto riguarda l'incrocio dei dati finanziari con
quelli reali, bisogna anzitutto chiarire se ci si riferisce
all'incrocio preventivo o a quello su richiesta. Infatti,
quest'ultimo già oggi può avvenire, mentre per ciò che attiene
all'incrocio preventivo credo che vi siano limitazioni anche
di carattere legislativo. Non vi sono problemi sul cosiddetto
incrocio successivo perché, se si indaga su una persona o su
un gruppo, oggi l'autorità giudiziaria
                        Pag. 1509
o la polizia possono tranquillamente chiedere informazioni ai
vari enti e banche, compreso l'Ufficio cambi. Non avviene
invece, come ho detto poc'anzi, l'incrocio preventivo.
   In merito ai paesi dell'est, ci siamo trovati di fronte ad
un aspetto nuovo che crea preoccupazione. Infatti, questi
paesi hanno interesse per motivi di sviluppo ad attrarre
capitali da tutto il mondo, e poiché sono in grado di farlo
perché non hanno controlli, evidentemente creano problemi
all'intera Europa. E' già in atto un tentativo per convincerli
ad introdurre, quanto meno, alcuni rudimentali tipi di
controllo. Per quanto riguarda la situazione attuale, concordo
con lei, onorevole Scotti, sui rischi che anche per noi
comporta sotto questo aspetto l'apertura ai paesi dell'est.
  CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia. Desidero
chiarire all'onorevole Scotti i problemi che incontriamo dal
punto di vista tecnico.
   E' stato facile acquisire le informazioni finanziarie
perché vi era lo strumento. Si è puntato sull'onere. In
pratica, a chi voleva il finanziamento è stato chiesto di
fornire le informazioni. Non è facile attuare la stessa cosa
sul piano delle informazioni patrimoniali, nel senso che non
vi è un momento in cui si richiede di dare informazioni per
ottenere qualcosa in corrispettivo. Dunque, oltre alle
difficoltà dal punto di vista tecnico, vi è anche un problema
di analisi di questioni di varia natura. Ovviamente, si tratta
di un problema legislativo, come anch'ella aveva evidenziato,
onorevole Scotti.
  PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio
italiano dei cambi. Vorrei aggiungere alcune considerazioni
quantitative.
   E' vero che negli Stati Uniti esiste la banca
centralizzata sulle operazioni di pagamento ma essa riguarda
soltanto le operazioni di pagamento in contanti superiori ai
10 mila dollari. In Italia, invece, vengono registrate negli
archivi informatici unici delle aziende di credito tutte le
operazioni di pagamento, fatte in qualsiasi forma, non
soltanto in contanti, superiori a 20 milioni di lire.
   Queste registrazioni devono essere compiute non soltanto
dalle circa mille banche che esistono in Italia ma anche dalle
circa 500 società fiduciarie, dalle circa 300 compagnie di
assicurazioni, dalle circa 60 società di gestione di fondi
comuni, da circa 600 intermediari in valori mobiliari (SIM,
Commissionarie, agenti di cambio eccetera).
   I dati da elaborare sono già una quantità enorme quando
vengono inviati in forma di aggregazione mensile articolata
per tipo di operazione, per comune in cui l'operazione è
compiuta, per categoria del pagante e del beneficiario.
Realizzare una banca dati nazionale in grado di funzionare in
tempo reale su tali informazioni significa dar vita ad una
rete informativa che unisca tutti questi soggetti. Si tratta
di un'impresa praticamente irrealizzabile, perché a parte
l'investimento finanziario che richiederebbe, di dimensioni
non immaginabili in questo momento, comporterebbe una
difficoltà di gestione di tipo eccezionale. E' sufficiente
ricordare che ogni mese soltanto nelle banche italiane vengono
effettuate circa 12 milioni di operazioni di pagamento aventi
le caratteristiche per essere registrate nell'archivio unico
informatico.
   Quindi, si è scelto il procedimento di un avvicinamento
graduale. Il decreto del ministro - il cosiddetto decreto
statistico del 7 agosto - prevede che le banche, attingendo
dai loro archivi informatici inviino dei dati aggregati,
secondo una prima aggregazione abbastanza limitata, in base ai
quali l'ufficio, con stadi di avanzamento successivi, valuterà
poi se e come arrivare a dettagli idonei ad identificare
situazioni statisticamente anomale.
   Dunque, al momento si tratta di un sistema ragionevolmente
fattibile e con costi già attualmente molto elevati, che sono
stati affrontati perché si è riusciti a realizzarlo in tempi
brevi. Tanto per fare un esempio, vorrei dire che l'anagrafe
fiscale, che è alimentata soltanto da pochi
                        Pag. 1510
soggetti e che esiste da circa venti anni, ancora non è in
grado di compiere tutti gli incroci che potrebbero servire
alle varie autorità. Nel nostro caso, invece, si tratta di un
sistema avviato il 7 gennaio 1993 e che pertanto può procedere
per passi successivi.
  ANTONIO BARGONE. Desidero tornare sulla questione degli
sportelli bancari e delle nuove banche chiedendo al
governatore Ciampi se non ritenga che vi sia una
contraddizione tra il rigore della normativa sul movimento del
denaro e la liberalizzazione di questo fenomeno. Ciò tenuto
conto peraltro del fatto che il numero degli sportelli bancari
e delle nuove banche, soprattutto nel Mezzogiorno, è
inversamente proporzionale al reddito pro capite ed al
denaro di provenienza lecita che circola in quelle realtà.
   Inoltre, la normativa comunitaria che ha introdotto questa
novità credo contrasti anche con la strategia della Banca
d'Italia - che nel corso della passata legislatura verificammo
anche in Sicilia - diretta all'accorpamento di banche anche
con una politica di fusioni e d'incorporazioni. Mi sembra
quindi che la Banca d'Italia avesse manifestato sensibilità ed
attenzione al problema e che la direttiva comunitaria abbia
fatto segnare un passo indietro rispetto alla strategia che
ricordavo. A questo proposito, vorrei sapere dal governatore
se non vi sia la necessità di intervenire anche con
provvedimenti legislativi per promuovere un maggiore rigore, o
se si possa ovviare al problema con un controllo più attento.
   Voglio poi richiamare un'altra questione che si riconnette
strettamente a quella di cui ho testé parlato, ossia al
problema dell'economia criminale che, soprattutto nel sud, sta
in qualche modo alterando il mercato e - come ha di recente
sottolineato il ministro Mancino - minaccia addirittura di
impadronirsi di imprese, di ditte e, in genere, di attività
economiche e commerciali. Questo processo è facilitato anche
dal ruolo delle banche: l'onorevole Galasso diceva prima che
il denaro comincia a puzzare, ma mi sembra che questo fenomeno
- chiamiamolo così - non riesca ad essere incisivo,
soprattutto nelle regioni meridionali. Vorrei quindi sapere
dal governatore Ciampi quale sia la politica del credito
rispetto a questo problema, ossia se si accolgano ancora a
braccia aperte coloro che realizzano operazioni disponendo di
consistenti risorse di denaro di provenienza oscura.
   Il governatore Ciampi ha inoltre parlato di una
collaborazione attiva con la Guardia di finanza, la DIA e la
magistratura: vorrei sapere di che tipo di rapporto si tratti
e se, per esempio, serva a verificare la provenienza di questo
denaro e ad impedire alla radice operazioni di una certa
natura che con l'appoggio della banca portano poi anche a
creare consolidati blocchi sociali ed economici. La mia
impressione è che si favorisca comunque la raccolta dei fondi
piuttosto che controllare la liceità dell'operazione.
   A ciò si aggiunge un dato che abbiamo acquisito nel corso
delle nostre audizioni, relativo al fatto che nel Mezzogiorno
si praticano tassi di interesse molto più elevati che nelle
altre regioni, il che penalizza ulteriormente le attività
economiche e commerciali sane, che incontrano problemi proprio
nell'accesso al credito. In moltissime occasioni abbiamo
addirittura rilevato che il discrimine tra l'azienda lecita e
quella illecita - a sfavore della prima - è rappresentato
proprio dall'accesso al credito. Tale accesso, infatti,
costituisce un problema per l'azienda che svolge attività
lecite, dato anche il generale contesto di crisi economica,
mentre per le altre imprese l'operazione bancaria addirittura
è quasi sempre diretta non al finanziamento, ma al riciclaggio
di denaro.
   Un'ulteriore domanda che intendo porre al governatore
riguarda il tema del controllo esercitato dalla Banca
d'Italia. Mi sembra, infatti, che questo controllo funziona
quando è centralizzato, mentre la sua efficacia è molto
inferiore in sede periferica. Questa è l'impressione che
abbiamo tratto anche dalle nostre audizioni: man mano che si
scende verso la
                        Pag. 1511
periferia, sembra che l'attenzione e la sensibilità della
Banca d'Italia scemino notevolmente.
   Lei, governatore Ciampi, ha osservato prima che rispetto
alla legislazione sopravvenuta è probabilmente necessaria
anche una riconversione culturale dei funzionari addetti...
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Non mi riferivo ai funzionari della Banca
d'Italia, ma a quelli delle aziende di credito.
  ANTONIO BARGONE. Io invece mi riferisco ai funzionari
della Banca d'Italia. In Puglia abbiamo fatto un'esperienza
che ci ha lasciato piuttosto sconcertati: i funzionari che
abbiamo ascoltato non erano in possesso di alcun dato né
mostravano per essi alcun interesse, ma ci rimandavano
continuamente al Bollettino della Banca d'Italia.
  PRESIDENTE. Inoltre, non dimostravano di essere in
possesso di elementi di conoscenza e sembravano quasi svolgere
un altro mestiere.
  ANTONIO BARGONE. Questo dato ci ha sconcertato, ecco
perché dicevo che forse il controllo va esercitato meglio sul
territorio; inoltre la sensibilità che a questo livello si
mostra in modo abbastanza evidente deve trovare una sua
articolazione anche in sede periferica.
   Vorrei inoltre sapere quali controlli abbia svolto la
Banca d'Italia sui fondi per il terremoto depositati presso le
banche che hanno esercitato funzioni di tesorieri dei comuni,
quali la Banca dell'Irpinia e la Banca commerciale, e se vi
sia stato un controllo sui tassi praticati, sull'entità dei
depositi nonché sull'utilizzazione dei fondi provenienti dagli
interessi attivi.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Per quanto riguarda gli sportelli bancari, con
tutta franchezza, la nostra politica punta proprio a
rafforzare nel Mezzogiorno la presenza di banche
centro-settentrionali. Sappiamo che la realtà del sud è stata
per decenni dominata da due grandi istituzioni locali e da
alcuni altri istituti minori anch'essi a carattere locale,
mentre le banche del centro-nord non erano di fatto presenti
nel Mezzogiorno. Come dicevo, quindi, la politica della Banca
d'Italia è stata quella di favorire questo ingresso; l'aumento
di sportelli al quale lei, onorevole Bargone, si riferisce è
dovuto quasi esclusivamente all'incremento di sportelli di
banche centro-settentrionali, oltre che all'acquisizione di
banche locali da parte di altre aziende anch'esse quasi tutte
del centro-nord.
   Peraltro, guardando ai dati basati sul numero degli
abitanti (che naturalmente bisognerebbe correggere con
riferimento a quelli rapportati al reddito) nel Mezzogiorno
non vi è un eccesso di sportelli bancari. Infatti, mentre in
base alla media nazionale vi sono 4,21 sportelli per ogni 10
mila abitanti, in Campania il rapporto è di 2,20, in Puglia di
2,43, in Calabria di 1,67, in Sicilia di 3,10. Quindi, tutte e
quattro queste regioni si collocano sensibilmente al di sotto
della media nazionale, dato questo che naturalmente deve
essere corretto con riferimento al reddito. Se si va a
verificare l'ammontare del deposito per sportello bancario, si
riscontra infatti che, mentre in base alla media nazionale i
depositi bancari per ciascun sportello è pari a 43 miliardi,
in Campania è 41, in Puglia e Calabria 39, in Sicilia 29.
Questo riscontro corregge in qualche misura i dati rapportati
al numero degli abitanti, ma non li ribalta completamente
anche perché, a mio avviso, nel sud è ancora forte la presenza
del risparmio postale.
   Non valuto negativamente l'aumento di sportelli nel sud:
ciò che è importante è che si riducano le aziende locali
proprio perché si tratta di istituti minori, che spesso hanno
creato problemi anche di criminalità organizzata (perché il
primo aspetto che consideriamo è quello della debolezza
dell'azienda in sé e per sé). Peraltro, può capitare che
un'azienda con problemi di criminalità si presenti come
                        Pag. 1512
un'impresa forte proprio perché a mantenerla tale è la stessa
malavita. I due aspetti, quindi, interagiscono. Trasmetterò
comunque alla Commissione l'elenco delle banche che abbiamo
fatto chiudere nel Mezzogiorno e di cui ho fornito prima i
dati globali.
   L'onorevole Bargone mi ha posto anche una domanda sui
rapporti della Banca d'Italia con la Guardia di finanza e con
la DIA. La collaborazione con quest'ultima continua quella già
instaurata con l'Alto commissario, al quale abbiamo sempre
segnalato l'inizio e la fine di qualsiasi ispezione che si
avviasse, trasmettendogli poi le eventuali denunce affinché
egli fosse in grado di manifestarci sue eventuali esigenze
specifiche già durante l'ispezione in modo che noi potessimo
tenerne conto. L'Alto commissario, comunque, a fine ispezione
sapeva che una certa azienda era stata sottoposta a controllo
anche se, magari, non c'erano elementi da segnalare e poteva
chiedere di esaminare il rapporto ispettivo.
   Con l'Alto commissario abbiamo adottato lo stesso
atteggiamento tenuto dei confronti dell'autorità giudiziaria:
se ci viene richiesto un rapporto ispettivo, lo esaminiamo
insieme al magistrato od al funzionario dell'Alto
commissariato fornendo tutte le informazioni richieste. La
collaborazione che noi prestiamo, quindi, è totale; comunque,
ulteriori elementi sull'argomento potranno essere forniti dal
dottor Lamanda.
   Passando ad un'altra questione, debbo dire che è difficile
stabilire fino a che punto oggi una banca privilegi
l'acquisizione di depositi rispetto allo svolgimento di
un'attività antiriciclaggio: è chiaro che il primo obiettivo
di chi commercia in un certo settore è di fare affari. Siamo
noi che dobbiamo aggiungere - come è giusto fare - all'impegno
professionale ed aziendale un altro compito che non è slegato,
ma del tutto funzionale al primo: un istituto non può svolgere
bene l'attività bancaria se non fa altrettanto bene l'azione
antiriciclaggio perché, prima o dopo, ciò andrebbe a danno
dell'istituto stesso.
   In merito al problema dei tassi d'interesse praticati nel
Mezzogiorno, posso fornire dati statistici: considerando i
tassi attivi (quelli cioè che pagano i prestiti bancari, che è
il dato di maggiore interesse), riscontriamo una differenza
tra la media nazionale e le regioni del sud che nel 1992 è di
1,40 punti, mentre nel 1987 era di 1,68 punti. Dunque, se
mediamente il tasso d'interesse praticato in Italia è del 15
per cento, nel sud sarà del 16,40 per cento. Questa è la
differenza che abbiamo riscontrato e che viene in qualche modo
influenzata dalla diversa composizione per dimensione delle
aziende.
   E' noto che le imprese di maggiori dimensioni pagano tassi
di interesse attivo inferiori rispetto alle piccole, perché
hanno maggiore capacità contrattuale. Se consideriamo i dati
scomposti per classi di grandezza delle aziende, emerge che le
differenze si riducono fortemente - soprattutto per le classi
più basse - scendendo al di sotto dell'1 per cento. In
sostanza, prendendo in considerazione clienti di uguale
dimensione aziendale, si constata che la differenza tra quanto
paga d'interesse un'azienda con un certo fatturato nel sud
d'Italia rispetto ad un'altra analoga del nord scende allo
0,75 per cento.
   Queste sono le indicazioni relative ai tassi d'interesse,
che non escludono casi come uno, particolarmente doloroso, che
abbiamo preso in esame e nel quale la differenza d'interesse
pagata dal cliente era dovuta al fatto che gli era stato
consentito di "sconfinare" dal fido che aveva con la
conseguenza che sul credito ulteriore veniva praticato un
tasso maggiore - ossia una penalizzazione - e ciò faceva
aumentare il tasso globale.
  PRESIDENTE. Era molto basso il credito concesso.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Questa è una tecnica per cercare di far pagare di
più. Teniamo presente che le banche del sud giustificano la
differenza dei tassi attivi rispetto a quelli praticati al
nord con il maggiore
                        Pag. 1513
rischio. Infatti, la media nazionale della quantità delle
sofferenze sugli impieghi è del 6 per cento circa, mentre al
sud raggiunge il 14 per cento circa. Il rischio è
effettivamente maggiore, per cui si paga di più. Questo è un
argomento delicato e, per quanto possibile, anche attraverso
controlli ispettivi, cercheremo di svolgere un'azione di
contenimento della differenza.
   Per quanto riguarda il controllo svolto dalla Banca
d'Italia, onorevole Bargone, prendo atto di quanto lei ha
rilevato nel corso delle sue visite al sud e cioè
l'insufficiente conoscenza e la limitata sensibilità dei
funzionari della Banca d'Italia.
  PRESIDENTE. In un solo posto.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Si è trattato di un episodio particolare sul
quale mi riservo di riferire. Posso solo dire che i controlli
di vigilanza sono centralizzati; in sostanza, le ispezioni
vengono decise al centro: ogni anno il capo del servizio
ispezioni mi sottopone, d'accordo con il capo della vigilanza,
l'elenco delle ispezioni da fare, alle quali si aggiungono, in
corso d'anno, quelle urgenti perché si è verificato qualche
fatto particolare. Tutti i rapporti ispettivi vengono inviati
al centro e qui vengono esaminati con criteri uniformi; vi è
quindi un'azione di omogeneizzazione, anche dal punto di vista
della reazione dalla Banca d'Italia.
   A livello locale si svolge un'azione importante per due
motivi: in primo luogo perché il direttore locale e
soprattutto l'addetto alla vigilanza svolgono un esame di
tutti gli aspetti dell'azienda, quindi individuano le prime
irregolarità; inoltre, l'ispezione locale, per le aziende più
piccole, è svolta in parte da elementi locali designati però
dal centro che ne verifica la capacità professionale. Il
sottoscritto ad esempio ha cominciato a fare ispezioni di
vigilanza sulle varie casse rurali quando lavorava presso una
filiale della Banca d'Italia e, un po' alla volta, si è
formato attraverso questa attività di carattere locale. Si
tratta, in effetti, di un'attività non facile dal punto di
vista tecnico perché, mentre in una grande banca vi è il
supporto dell'organizzazione, per cui i dati dei quali si ha
bisogno vengono facilmente forniti, in una piccola banca non
vi è quasi nulla. Ai miei tempi si faceva, addirittura, la
rischiatura delle singole cambiali. Intendo dire con questo
che l'attività di ispezione rappresenta un apprendistato che
si svolge anche oggi nei confronti di elementi locali,
accompagnati da esperti provenienti dal centro. Infatti, se si
deve svolgere un'ispezione su una banca di una certa
importanza, vengono inviati tre o quattro elementi da Roma ai
quali se ne aggiungono uno o due locali.
   Questo è un punto al quale sono particolarmente sensibile,
per cui terrò conto della segnalazione del presidente.
   Per quanto riguarda i fondi per il terremoto, abbiamo
svolto alcune indagini nate da richieste specifiche. Tra
l'altro, proprio in questo edificio abbiamo riferito alla
Commissione allora presieduta dall'onorevole Scàlfaro.
  CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia. A
proposito dei depositi bancari e postali, devo dire che sul
territorio nazionale la quota dei depositi postali è molto più
bassa di quella che si può rilevare in Sicilia dove si aggira
intorno al 17 per cento (a fronte del 13 per cento su base
nazionale).
   Per quanto riguarda l'adeguamento legislativo, riteniamo
che le modificazioni intervenute abbiano aumentato i nostri
poteri sulle strutture organizzative, perché possiamo puntare
molto di più sugli aspetti tecnici della banca e quindi
contenere l'espansione di strutture poco affidabili. Inoltre,
la legislazione recente inserisce come elemento di valutazione
importante l'organizzazione quale base di riferimento
dell'apprezzamento discrezionale della Banca d'Italia: è
chiaramente indicata la possibilità di escludere imprese
bancarie non affidabili.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. In futuro si potrà
                        Pag. 1514
rifiutare l'assenso ad aprire nuovi sportelli a chi non sia
stato in grado di mettere in piedi un'adeguata organizzazione.
  ANTONIO BARGONE. E per la costituzione di nuove banche?
  CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia. Sono
previsti livelli minimali per iniziare e poi scatta subito il
livello organizzativo. Occorre sempre confrontarsi con due
esigenze: da una parte il controllo sarebbe più semplice se vi
fosse una sola banca e dall'altra vi sono un mercato da
sviluppare ed un'economia da sostenere. Il governatore
segnalava che nelle regioni del meridione gli sportelli sono
meno di quelli che dovrebbero essere, per cui dobbiamo fare in
modo che se ne aprano di nuovi, retti però da strutture forti.
Bloccare l'apertura di banche scoraggia la concorrenza e non
giova all'intermediazione nel suo complesso.
   Riteniamo di avere gli strumenti adeguati per controllare
che l'espansione delle strutture creditizie si basi anche
sulla qualità dell'organizzazione.
   Dal punto di vista dei tassi, il rilievo tecnico
dell'organizzazione è importante perché entrano in gioco non
solo i rischi della controparte - il governatore ha segnalato
l'ampiezza delle sofferenze riscontrabile al meridione,
rispetto al nord - ma anche i costi della struttura. Anche
qui, puntando sulla situazione tecnica della banca e
sull'organizzazione, possiamo ampliare gli spazi delle
strutture più efficienti.
   Bisogna notare che la realizzazione del gran numero di
interventi effettuati nelle piccole banche è, in fondo,
affidata al direttore locale: devo dire che questo tipo di
azione è stato svolto correttamente, nel senso che le
strutture si sono assottigliate e sono state effettuate
operazioni di accorpamento. D'altronde simili interventi si
possono attuare attraverso le filiali e non direttamente dal
centro.
   Per quanto riguarda i rapporti con l'alto commissario,
segnaliamo non soltanto i fatti penalmente rilevanti...
  PRESIDENTE. Anche con la DIA?
  CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia. Sì. Come
dicevo, segnaliamo anche l'esistenza di questioni tecniche
delicate come i casi in cui la struttura vigilata si esponga
ad un possibile intervento di gestione commissariale o di
liquidazione coatta.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Desidero aggiungere che quando ci giunge una
richiesta di apertura di nuove banche al sud (casse rurali o
piccole banche), ci troviamo di fronte ad un'alternativa: non
possiamo dire di no in via pregiudiziale perché vi è libertà
di creazione di nuove banche, libertà che riteniamo debba
essere mantenuta, però, al tempo stesso, siamo preoccupati dal
rischio di creare banche deboli. Cerchiamo, quindi, per quanto
possibile, di svolgere un'azione di rallentamento, pur senza
"attaccarci" a questioni burocratiche. Quando, ad esempio, ci
troviamo di fronte ad iniziative di banche vicine, cerchiamo
di creare un'unica iniziativa e di comprendere chi siano e chi
rappresentino i soci promotori. Oltre un certo punto, però,
non possiamo andare, perché la banca non può non essere
autorizzata alla costituzione, come prevedono le leggi
generali, in riferimento alle quali non ritengo di dover
chiedere modificazioni, considerato che fermare l'apertura di
nuove banche ostacolerebbe le iniziative sane.
  LUIGI ROSSI. Onorevoli colleghi, innanzitutto desidero
chiedere, extra limina communicationis, cioè a parte, se
sia il caso che la Commissione, dopo le numerose sedute
svolte, faccia conoscere, attraverso una conferenza stampa
organizzata dal presidente ed alla quale tutti potremmo
partecipare, alla stampa italiana e a quella estera l'attività
svolta.
   Vorrei ora rivolgere alcune domande al dottor Ciampi. Ho
letto sul Financial
                        Pag. 1515
times e sul Wall street journal, giornali
particolarmente interessati ai discorsi del governatore che
anch'io ho seguito con molta attenzione, che il governatore
chiude la porta centrale ma non vede le porte aperte dietro le
sue spalle attraverso le quali il denaro sporco uscirebbe
dall'Italia. Ho parlato poi con un collega che si interessa di
problemi finanziari, il quale mi ha chiesto se il dottor
Ciampi ultimamente, nel corso dell'incontro che ha avuto con
il presidente della Germania, si sia interessato delle
possibilità di riciclaggio di denaro sporco dall'Italia alla
Bundesbank e da questa ai paesi dell'est.
   Considerato il boom del nostro commercio con
l'estero, vorrei sapere se la Banca d'Italia e l'UIC
controllino i finanziamenti e gli introiti che derivano
dall'aumento delle importazioni e delle esportazioni e se
vengano svolti controlli effettivi per individuare eventuali
retroscena di carattere mafioso.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Francamente non ho presente l'articolo del
Financial times che lei ha citato.
  LUIGI ROSSI. Non l'ho citato letteralmente ma ne ho
riassunto il contenuto.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Non ho la presunzione di affermare che la Banca
d'Italia riesce a controllare tutti. Può accadere che ciò che
entra dalla porta esca dalla finestra, per cui non posso fare
altro che una dichiarazione d'umiltà e di consapevolezza del
fatto che ciò che si sta facendo può essere migliorato e può
produrre risultati maggiori.
  LUIGI ROSSI. Il mio non era un attacco nei suoi
confronti.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Infatti, ho risposto a nome dell'Istituto.
Riteniamo in coscienza di aver fatto molti passi avanti ma
sappiamo di non essere in grado di controllare tutto, cosa che
non riusciremo mai a fare. Di ciò occorre prendere atto. Senza
la piena collaborazione dei singoli operatori, non riusciremo
a risolvere i problemi solo con i controlli che hanno
esclusivamente una funzione di remora e di prevenzione. Non le
nascondo che neanche nei recenti incontri con il presidente
della Bundesbank, Schlesinger, abbiamo parlato dei problemi
del riciclaggio; se lei si riferisce al fatto che quest'ultimo
lunedì scorso si trovava a Milano per tenere una conferenza,
posso aggiungere che il sabato precedente era stato mio ospite
personale a Roma, dove abbiamo parlato di varie cose ma non di
riciclaggio.
   Per quanto riguarda l'aumento delle esportazioni,
onorevole Rossi, tenga presente che vige la piena libertà di
movimento dei capitali; certamente siamo di fronte ad un forte
aumento delle esportazioni, di cui non abbiamo ancora evidenza
statistica piena, che non è collegato ad episodi mafiosi ma
alla situazione economica e politica del paese. Dal 1^
gennaio, a seguito dell'abolizione delle dogane (per lo meno
in senso nominale, perché di fatto ancora esistono) sono
cessate le rilevazioni da parte delle dogane stesse dei
movimenti delle merci nella Comunità. Mentre in precedenza,
alla fine di ogni mese, si potevano conoscere i dati relativi
all'importazione ed all'esportazione delle merci, oggi questi
dati li abbiamo soltanto per il commercio extracomunitario,
che rappresenta poco più del 40 per cento: è emerso che le
esportazioni in gennaio sono aumentate di circa il 19 per
cento. Si deve pertanto ritenere che esse siano aumentate
anche nella Comunità (avremo qualche dato fra un paio di
settimane, almeno così ritiene il presidente dell'istituto di
statistica).
   Non vi è dubbio, comunque, che a seguito della
svalutazione della lira, che fra l'altro è andata oltre le
esigenze di competitività del paese - esco per un po' dal tema
dell'antimafia - abbiamo in atto un considerevole aumento
delle esportazioni, che bisogna cercare di mantenere; grazie
ad una buona gestione della svalutazione riusciremo a fare
uscire il paese
                        Pag. 1516
da questa situazione negativa di partenza facendo sì che la
svalutazione, non traducendosi in inflazione, lasci alle
imprese italiane questo guadagno di competitività rispetto
agli altri paesi. Occorre impegnarsi affinché già oggi, in
situazione di recessione europea, ma ancor più domani in fase
di ripresa, l'economia italiana possa trarre vantaggio
aumentando fortemente la componente delle esportazioni. Ciò
detto, constatiamo che, in conseguenza della situazione di
incertezza che il paese soffre, a fronte delle esportazioni
non si nota in campo valutario un altrettanto importante
reingresso di valuta. Vi è da ritenere che parte dei proventi
delle esportazioni non riaffluiscano in Italia e questo
purtroppo oggi è lecito, poiché un'impresa italiana può
tranquillamente detenere in un conto all'estero i suoi
proventi.
   E' difficile affermare che vi è un rapporto mafioso,
onorevole Rossi: tutto è da collegare alla situazione
economica di incertezza e quindi alla necessità di
riconquistare credibilità e fiducia in primis agli occhi
dei cittadini.
  GIROLAMO TRIPODI. Porrò qualche domanda inerente alla
questione di cui maggiormente ci occupiamo, quella cioè
dell'utilizzazione del sistema bancario e finanziario in
relazione alla crescita ed all'espansione dell'organizzazione
mafiosa. Infatti, senza un rapporto con le banche le
organizzazioni mafiose e criminali non possono assolutamente
espandersi, né aumentare i loro poteri sul piano economico e
finanziario o imporre le loro scelte sul piano dell'attività
illecita. Tale problema non riguarda più soltanto le quattro
regioni del Mezzogiorno, ma ha carattere nazionale; qualche
collega ha precedentemente accennato che non è sufficiente
accertare eventuali rapporti e collusioni con la mafia in
queste regioni meridionali, ma bisogna rivolgere l'attenzione
a tutto il sistema bancario italiano.
   Il governatore Ciampi ha affermato che il sistema del
credito si basa sulla fiducia: vorrei sapere se siano stati
fatti degli accertamenti ed in che modo e misura le banche
realizzino operazioni di credito verso le cosche mafiose e le
imprese inquinate. Si è compiuto un accertamento mirato in
questo settore per individuare la quantità e le dimensioni di
questo fenomeno e, in caso affermativo, con quali modalità è
avvenuto? Non mi riferisco soltanto alla Banca popolare di
Scilla, che è stata chiusa dopo le note vicende che hanno
condotto a vari arresti per collusioni con la mafia e per aver
utilizzato questa banca come strumento di finanziamento
nell'ambito di un rapporto illecito con le organizzazioni
criminali calabresi. Su tale questione occorrono informazioni
più precise affinché possiamo fornire un contributo in termini
di proposte legislative.
   La seconda domanda riguarda la legge n. 197, che
stabilisce che quando vengono accertati illeciti ne debba
esser fatta segnalazione all'autorità giudiziaria. E'
possibile avere informazioni in ordine al numero di episodi
che si sono verificati?
   Il terzo quesito concerne eventuali rapporti, in contrasto
con la legge, che le banche italiane possono aver intrattenuto
con quelle estere sotto il profilo del trasferimento di grandi
capitali, provenienti soprattutto da attività illecite.
   Si è molto parlato del fatto che al sud le banche hanno un
minor numero di sportelli rispetto alle altre realtà; a questo
proposito vorrei che si tenesse conto che ciò non è legato
soltanto a fattori statistici, storici o di altro genere. E'
vero che nelle regioni del Mezzogiorno può esistere una
percentuale comparativa inferiore rispetto alle altre regioni,
però vi è anche un livello economico delle regioni meridionali
che non bisogna assolutamente trascurare. Non vi è dubbio che
un tasso del 20 per cento di disoccupazione ha il suo peso nel
determinare tale situazione; se nel Mezzogiorno il reddito
pro capite in molte zone raggiunge il 50 per cento di
quello nazionale, non vi è dubbio che ciò influisce anche sul
risparmio e sui depositi.
   Infine, secondo le stime che sono state fatte, qual è
l'ammontare annuo dell'importo
                        Pag. 1517
complessivo proveniente da attività illecite e quindi
dal riciclaggio?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Onorevole Tripodi, lei ha richiesto svariati dati
relativi ad accertamenti, denunce e segnalazioni provenienti
dalle banche nonché all'ammontare annuo delle attività
illecite eventualmente emerse da indagini particolari su
imprese inquinate. Mi riservo di inviare la documentazione in
possesso dei nostri uffici, però vorrei far presente che le
denunce fatte da singole banche ai sensi della legge n. 197
non passano attraverso la Banca d'Italia ma vengono presentate
direttamente.
   Per quanto riguarda gli accertamenti sulle imprese
inquinate, la Banca d'Italia non li compie di propria
iniziativa: possiamo solo fornire elementi nel quadro
dell'attività ispettiva generale dietro richiesta specifica
dell'autorità giudiziaria; approfittiamo cioè, di un'ispezione
ordinaria per esaminare più a fondo i rapporti di quella banca
con le eventuali imprese di cui ci sia stata data
segnalazione. Non ci è mai stato dato un elenco di imprese
considerate inquinate o criminali...
  GIROLAMO TRIPODI. I cavalieri del lavoro della Sicilia!
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della banca
d'Italia. Non è mai stata fatta una cosa del genere. Non
dimentichiamo che la Banca d'Italia ha il compito di svolgere
un'attività di vigilanza di carattere generale e può procedere
ad accertamenti particolari solo in via eccezionale. Non
possiamo affermare che, supponendo che la tale impresa
intestata al tale soggetto sia inquinata, ci riteniamo
abilitati a svolgere un'indagine particolare: non l'abbiamo
mai fatto e riteniamo che da parte nostra sarebbe un andare
oltre i limiti delle competenze che ci sono attribuite.
   I dati relativi al sud che ho esposto tenevano sempre
presente il livello economico: quando ho fornito il numero
degli sportelli bancari per 10 mila abitanti ho cercato di
correggere il dato fornendo anche il numero dei depositi
bancari per ciascuno sportello, che dà l'indicazione del minor
livello di reddito in quella regione. Probabilmente il dottor
Lamanda o il dottor Ciampicali potranno aggiungere qualcosa su
questo argomento.
  CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza
normativa ed affari generali della Banca d'Italia. Non ho
altro da aggiungere. Possiamo tuttavia riservarci di inviare
alla Commissione i dati in nostro possesso.
  UMBERTO CAPPUZZO. Signor governatore, le sono molto
grato per il richiamo che ha voluto fare ad una collaborazione
di qualche anno fa, che ha dato dei frutti, ad una decisione
presa allora quasi contro tutto e contro tutti e che è
arrivata in porto grazie alla sua perseveranza ed alla mia
disponibilità.
   Le volevo perciò chiedere se, in analogia a quanto attuato
allora ai fini della sicurezza materiale fisica, non si possa
oggi pensare a creare - vista l'evoluzione dei tempi - una
sorta di "polizia finanziaria". Dicendo questo, penso alla
Guardia di finanza, perché non voglio certo fare assumere
altri oneri alla Banca d'Italia, oltre quelli già presi per i
2.500 carabinieri. Ritengo, però, che sia utile disporre di
"sensori" che consentano un'attività mirata di controllo sui
flussi finanziari anomali o sulle possibilità di inquinamenti
locali degli istituti bancari. Forse questa mia domanda potrà
apparire un po' naive, ma ritengo comunque che una
iniziativa di tal genere possa essere presa in considerazione
nell'ambito dell'evoluzione delle strategie.
   Mi domando inoltre, nel caso in cui il sistema bancario
diventasse efficiente al punto da creare un deterrente per i
flussi finanziari impropri, se questi non cercheranno altre
strade. Rivolgendomi ad un esperto, qual è il governatore
della Banca d'Italia, penso di poter dire che il futuro deve
essere previsto e predeterminato. Ho
                        Pag. 1518
infatti la sensazione che si sottovalutino le possibilità di
guidare, in un mondo sempre più aperto, i flussi finanziari
con mezzi diversi.
   L'esperienza di Tangentopoli ci fornisce abbondanti esempi
su come tutto o quasi possa sfuggire, al punto che si è
addirittura parlato di sacchi di plastica portati nelle
anticamere di certe istituzioni per evitare ogni controllo. Mi
chiedo, perciò, se questi sacchi non possano anche essere
portati altrove e trovare così canali di riciclaggio in uno
dei tanti paradisi fiscali.
   Oggi noi concentriamo la nostra attenzione sulla Comunità
europea che si muove sulla base di una serie di accordi
interstatali. In ambito mondiale esistono poi accordi di
massima con le banche centrali. A questo proposito, vorrei
chiedere al governatore della Banca d'Italia se il tanto
decantato sistema americano - che vede notevoli flussi
finanziari illeciti quali quelli derivanti dal traffico degli
stupefacenti - abbia ottenuto risultati concreti. Non vorrei,
infatti, che ci si fermasse al gusto della statistica: a volte
mi sorge il dubbio che certe strutture sofisticate forniscano
soltanto dei dati, delle mappe, senza però consentire un vero
e proprio controllo.
   Sempre in questo contesto, vorrei ricordare come l'Unione
Sovietica, non avendo un cambio, non esportava rubli in
Svizzera attraverso regolari passaggi: partivano dei TIR
carichi di rubli che venivano comprati anche ufficialmente
dagli occidentali - a prezzi pari a un quinto o ad un sesto
del valore ufficiale - e che poi venivano rimessi in circolo
nella stessa Unione Sovietica. Quanto dico non è certo un
mistero ed oggi se ne può parlare tranquillamente. A fronte di
queste possibilità, cosa in concreto si può fare?
   Esiste poi un altro problema interno: il sistema bancario
può controllare soltanto quanto avviene attraverso manovre
effettuate tramite banche. Sappiamo, però, che c'è sempre la
possibilità di sfuggire al fisco attraverso il pagamento in
contanti. Penso a tanti illustri professionisti che non
vogliono neppure assegni, ma soltanto anonimi contanti in
busta. Mi chiedo dunque quali altre maglie di filtro dovremmo
noi istituire per esercitare un minimo controllo all'interno e
all'esterno.
   Ritornando alle questioni attinenti ai rapporti con l'est,
desidero ricordare che è ormai risaputo che italiani lì
comprano aziende ed imprese statali decotte: tutto ciò
sfuggirà al sistema del controllo bancario. Lei ha già detto
che, per evitarlo, occorrerà prendere accordi con il sistema
bancario locale, peraltro primitivo sotto molti aspetti.
Sarebbe però molto interessante verificare cos'altro sia
possibile fare nell'ambito del gruppo dei sette, quanto meno
per assumere un comportamento uniforme nei riguardi di questo
fenomeno.
   L'ultima domanda che desidero porre al governatore
riguarda le anomalie riscontrate in certi istituti bancari.
Tali anomalie, se hanno rilevanza penale, sono di competenza
della magistratura; se invece ne rivestono una diversa, la
competenza è della Banca d'Italia, almeno ai fini della
credibilità dell'istituto preso in esame. Mi piacerebbe perciò
conoscere più dettagliatamente alcuni fatti emblematici
verificatisi in Sicilia, quale la chiusura di una banca di
Agrigento. In particolare, vorrei sapere se i fatti
riscontrati rivestivano aspetti meramente formali - quali
disfunzioni nella gestione del denaro - oppure se ne sono
emersi altri di diversa natura.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. La prima domanda del senatore Cappuzzo riguarda
una scelta istituzionale. E' evidente che per creare qualcosa
di nuovo si può pensare a tutto; ritengo, però, che nel clima
di piena collaborazione tra la Banca d'Italia, l'Ufficio
cambi, la Guardia di finanza e gli altri organi dello Stato,
la cosa migliore da fare ai fini di una "pulizia" finanziaria
sia proprio quella di continuare in questa collaborazione che
ormai va oltre il quotidiano per arrivare alla formazione. In
sostanza, funzionari della
                        Pag. 1519
Banca d'Italia tengono corsi, concordati con il comando
generale della Guardia di finanza, per portare in quella sede
l'esperienza maturata sul campo.
   E' ovvio che il legislatore può sempre decidere di creare
nuovi corpi, ma secondo me la strada da seguire è quella della
collaborazione. Negli anni passati abbiamo cercato di
migliorare in maniera sostanziale i rapporti con la
magistratura, dalla quale ci divideva una netta separazione
dei compiti ed una scarsa collaborazione e comprensione delle
reciproche finalità. Oggi questo non esiste più e ciò è stato
possibile proprio attraverso la continua partecipazione a
seminari e convegni tenuti in tema di criminalità finanziaria.
Con la Guardia di finanza oggi è in atto un'analoga piena
collaborazione.
   Il senatore Cappuzzo guarda lontano per cui giustamente
sostiene che non ci si può limitare ad agire in ambito
comunitario. Su questo io concordo pienamente, non foss'altro
perché, una volta che si riesce a bloccare un certo flusso,
quasi certamente se ne apre un altro. Poc'anzi dicevo che
occorre una grande umiltà per confessare che non ci troviamo
in una situazione ottimale: e questo vale non solo per l'oggi,
ma soprattutto per il futuro.
   In campo internazionale, cioè nell'ambito del gruppo dei
sette cui si aggiungono altri quattro paesi (impropriamente si
parla dei Dieci, perché di fatto di Undici si tratta), vale a
dire gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e la Svizzera,
esiste una fortissima collaborazione. Come sapete, tutti i
mesi si tiene a Basilea una riunione di due giorni tra i
governatori delle banche centrali: un giorno viene dedicato al
gruppo dei Dieci ed il secondo alla Comunità. In tale sede, ad
esempio, la collaborazione e la vigilanza bancaria, intesa in
senso ampio, hanno avuto negli ultimi anni un forte impulso,
anche perché il Comitato per la vigilanza bancaria è stato
presieduto negli ultimi tre anni da una persona di grande
livello, cioè dal presidente della Banca centrale di New York.
Come tutti sapete, la Federal reserve costituisce una
complessa struttura di banche centrali, ai vertici della quale
siedono il capo dell'organo federale che ha sede a Washington,
nonché tutti i capi delle banche partecipanti, tra le quali la
più importante è proprio quella di New York che ha compiti
operativi. Come dicevo, il presidente di quest'ultima chiese
di poter presiedere il Comitato per la vigilanza bancaria che
ha così ricevuto da lui un grande impulso, al quale ha
contribuito la Banca d'Italia che ha per questo ottenuto
importanti e numerosi riconoscimenti da parte del presidente.
   In questo campo, dunque, molto si sta facendo e la stessa
Banca dei regolamenti internazionali di Basilea - che ha
compiti istituzionali di altra natura - compie un
consistentissimo lavoro statistico in molti casi induttivo
(quando non è possibile disporre di dati completi ex
post) di tutti i movimenti di capitali internazionali. Si
tratta di un contributo importante che mette in evidenza
l'enormità del problema. Esso è servito, però, per individuare
i punti più delicati del sistema che in passato, ad esempio,
erano rappresentati dai centri off shore, ai quali
conseguentemente è stata estesa la vigilanza.
   Oggi non soltanto l'Italia ma anche gli altri paesi non
permettono ad una banca di aprire una filiale in un centro
off shore che non sia controllato da un qualche organo
di vigilanza; cosa, questa, che invece fino a cinque o sei
anni fa avveniva tranquillamente. Ogni giorno, però, si
presenta un fatto nuovo da affrontare: oggi è quello dei
rapporti con i paesi dell'est i quali hanno un obiettivo
interesse a chiudere entrambi gli occhi purché arrivino
capitali.
   Per quel che concerne le anomalie riscontrate in Sicilia -
ed anche a questo proposito possiamo in seguito fornire dati
dettagliati - dico subito che in molti casi non erano certo
formali ma, al contrario, sostanziali e gravi sotto il profilo
sia bancario sia criminale. I due aspetti anzi si
congiungevano ed in particolare in una banca è stato rilevato
un importante
                        Pag. 1520
intreccio internazionale. Per fortuna siamo intervenuti in
tempo.
  ANTONINO BUTTITTA. Sono fra coloro che hanno sollecitato
il consulto dei centri finanziari del paese ai fini di una
migliore conoscenza del fenomeno su cui stiamo indagando e
riflettendo. Devo dire che la sensazione - ed è forse qualcosa
di più - che ho ricavato da questo primo contatto è proprio
quella di aver scelto la via maestra per raggiungere il nostro
obiettivo. Sembra, infatti, che la Banca d'Italia sul piano
strutturale e conoscitivo - e di ciò i dirigenti della Banca
d'Italia hanno qui dato larga dimostrazione - si sia dotata di
tutti gli strumenti necessari per conoscere ed intervenire.
   Naturalmente attendiamo i risultati. Penso, comunque, che
questi saranno decisivi a far sì che la Commissione,
diversamente dalle precedenti, non scantoni nel mero
sociologismo.
   Poiché quanto ho segnalato mi sembra giusto, rivolgo al
governatore alcuni quesiti su fatti specifici; innanzitutto
desidero sapere se la Banca d'Italia ha effettuato un
censimento (non un elenco) delle società finanziarie italiane
in grado di fornirci elementi di conoscenza su questo
misterioso continente che rimane per me, che sono un quidam
de populo, qualcosa di inesplorato.
   Vorrei sapere quali risultati ha dato l'attività ispettiva
della Banca d'Italia nei confronti del Banco di Sicilia e
della Sicilcassa; inoltre mi chiedo se il governatore è in
grado di smentire la notizia che in passato il Banco di
Sicilia ha avuto rapporti non sporadici con banche private,
poi fallite, del sud degli Stati Uniti d'America. Vorrei
sapere se si sta esercitando un'attività ispettiva organica su
tutto il sistema bancario privato della Sicilia, all'interno
del quale, in questi ultimi anni, si è registrata una crescita
miracolosa che non trova una giustificazione razionale.
   Infine, sul piano economico-finanziario, non riesco a
capire per quale motivo viene considerato come positivo il
fenomeno dell'espansione nel sud, in particolare in Sicilia,
di alcuni istituti bancari del nord. Non sono un economista,
tuttavia il fatto che le banche meridionali registrino un
progressivo indebolimento, a differenza di quanto avviene per
quelle del nord, non mi sembra trascurabile; mi riferisco, per
esempio, all'espansione del Credito emiliano, presente anche
in piccoli paesi della Sicilia. Non riesco a capire perché
questo fenomeno debba essere valutato come positivo, in
termini di mercato finanziario, se si considerano le esigenze
di sviluppo economico del sud. Non comprendo - ripeto - perché
questo fenomeno, che potrebbe essere un ulteriore segnale di
colonialismo economico, debba essere valutato positivamente.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Il censimento anagrafico è stato effettuato, come
può confermarle il dottor Ciampicali, e riguarda 29 mila
società finanziarie. Proprio ieri abbiamo inviato, su
richiesta del presidente, un primo elenco di queste società,
distinte per province; poiché il censimento anagrafico esiste,
possiamo fornirle tutti i dati richiesti.
  ANTONINO BUTTITTA. Disponete di un elenco?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Posso inviarle l'elenco delle 29 mila società,
nel quale sono contenuti i nomi di tutti gli amministratori.
   Per quanto riguarda il Banco di Sicilia è in corso
un'ispezione i cui risultati saranno noti nei prossimi mesi.
  PRESIDENTE. Da quanto tempo è in corso l'ispezione?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. E' cominciata tre mesi fa; inizialmente
riguardava accertamenti particolari, ma da circa un mese è
stata estesa a fatti generali.
                        Pag. 1521
  PRESIDENTE. L'ispezione interessa tutta l'attività
dell'istituto?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Sì.
   L'ispezione della Cassa di risparmio è stata effettuata
uno o due anni fa, ma non abbiamo alcuna difficoltà a far
conoscere ai commissari gli aspetti che più suscitano il loro
interesse.
  PRESIDENTE. Consideriamo queste sue parole come
accoglimento della nostra richiesta.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Non sono in grado di rispondere sulla domanda
specifica riguardante i rapporti che il Banco di Sicilia
avrebbe avuto con le banche del sud degli Stati Uniti
d'America.
   Per quanto riguarda l'espansione di banche dell'Italia
continentale...
  ANTONINO BUTTITTA. In particolare le banche private
siciliane.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Di tutte le banche esistenti in Sicilia possiamo
fornire l'elenco delle ispezioni effettuate, dei provvedimenti
adottati, che sono peraltro moltissimi; se poi su alcune di
esse la Commissione vuole acquisire maggiori elementi di
conoscenza non ho difficoltà a comunicarli.
   In passato riscontrammo in Sicilia, ma anche in Sardegna,
in Campania ed in Calabria la presenza di istituti di credito
operanti in una situazione di quasi monopolio, cioè dove è
largamente prevalente la presenza di un solo istituto o di
pochissimi istituti. E' questo il motivo per il quale il costo
del denaro era particolarmente elevato; ricordo che dopo
l'autorizzazione all'apertura di sportelli in Sicilia ed in
Sardegna, mi recai casualmente a Cagliari ed ebbi una riunione
con gli esponenti locali. Poiché da pochi mesi avevano aperto
cinque o sei filiali di banche del continente, si lamentarono
con me del fatto che erano crollati i tassi d'interesse, ma
chiarii loro che era proprio questo il nostro obiettivo.
Infatti, la banca del centro-nord che apriva uno sportello in
Sicilia praticava tassi d'interesse inferiori rispetto a
quelli della banca locale, che fino ad allora aveva operato in
situazione di quasi monopolio. Ciò è successo in Sicilia, in
Sardegna, nella Campania e nelle regioni confinanti ed il
nostro intervento mirava a "rompere" tale situazione.
   Per quanto riguarda il caso del Credito emiliano, ricordo
che per evitare la chiusura di una banca locale si ricercò una
soluzione che consentiva di mantenere in vita la struttura;
infatti, il suo assorbimento da parte di un'altra azienda
consentiva di assicurare il servizio e di salvare
l'occupazione. Di fatto, il Credito emiliano si è dichiarato
disposto ad intervenire ed è stata effettuata questa
operazione, ma non vi è stata da parte nostra l'autorizzazione
ad aprire nuovi sportelli.
   Lo stesso è avvenuto per numerose banche del continente;
ricordo che in Campania agli inizi degli anni ottanta, la
banca Fabbrocini, doveva essere chiusa, ma il San Paolo di
Torino intervenne e si accollò una parte degli oneri e la
gestione dei suoi 20 sportelli.
   Questo è il criterio che preferiamo seguire quando di
fronte alla chiusura dell'azienda è possibile scegliere
l'intervento di un'altra azienda. Bisogna tenere presente che
le liquidazioni non sono salvataggi in bonis; a volte
favoriamo fusioni con società che versano in condizioni
discrete ed avviene una incorporazione per fusione per cui
l'azienda continua a rimanere in vita. La condizione sine
qua non per un nostro intervento a favore delle aziende che
si trovano in una situazione fallimentare è la liquidazione
coatta amministrativa, come è accaduto per la banca
Fabbrocini.
   Non effettuiamo salvataggi in bonis, ma decidiamo la
chiusura della vecchia azienda, la sua liquidazione, con
eventuali richieste di bancarotta fraudolenta, e l'intervento
di una nuova società che mantiene in vita quel patrimonio di
                        Pag. 1522
professionalità, anche in termini occupazionali, e di
gestione della clientela. E' ovvio, per esempio, che se chiude
una banca con circa 50 sportelli tutta la sua clientela deve
rivolgersi ad un altro istituto.
  VINCENZO SORICE. La mia domanda riguarda solo un aspetto
della relazione del Governatore, ossia quello sull'attività di
vigilanza. Mi preoccupa l'enorme pericolo che stiamo correndo,
soprattutto nelle zone a rischio, per quanto riguarda il
riciclaggio del denaro sporco.
   Ricordo - non se ne dorrà il governatore - l'enorme
difficoltà che si riscontrò tra i rappresentanti del Ministero
di grazia e giustizia e quello dell'interno, quando nella sede
governativa, e poi legislativa, fu affrontata la questione del
riciclaggio e dell'indisponibilità della Banca d'Italia a
consentire l'accesso al cosiddetto segreto bancario. Mi sembra
che la relazione del governatore guardi con particolare
rispetto quella iniziativa del Parlamento, anche se mi lascia
perplesso il fatto che l'attività di vigilanza non ha prodotto
risultati.
   Cito testualmente quanto riportato a pagina 9 della
relazione del governatore: "Le risultanze hanno posto in luce
un apprezzabile grado di impegno e di sensibilità da parte del
sistema, le cui iniziative sono apparse nel complesso
appropriate e coerenti; sono stati tuttavia rilevati alcuni
ritardi - imputabili in parte all'incompletezza, a
quell'epoca, della normativa secondaria - concernenti la messa
a punto delle procedure, l'utilizzo degli strumenti
informatici e l'attivazione delle verifiche interne."
   Quanto segue, sempre a pagina 9, mi lascia ancora più
perplesso, perché risulta che "nel novembre 1992 è stato
avviato, ancora in stretto coordinamento tra la Banca d'Italia
e l'UIC, un ampio programma di accertamenti ispettivi che
hanno riguardato oltre 400 sportelli bancari ubicati nelle
quattro regioni meridionali caratterizzate da una maggiore
penetrazione della criminalità organizzata. Le irregolarità
riscontrate in sede ispettiva, concernenti soprattutto omesse
registrazioni e libretti al portatore con saldo superiore al
limite di legge" - questa è la frase che mi lascia perplesso -
"saranno segnalate, come di consueto, alle autorità
competenti".
   Dalla relazione emerge, salvo che lei non mi smentisca,
dottor Ciampi, che allo stato attuale questi controlli non
hanno ancora dato risultati.
   Sono preoccupato perché, come è stato detto in precedenza,
soprattutto nelle zone dove non esiste la criminalità
organizzata intesa in senso classico ma dove prospera un
habitat idoneo per il riciclaggio delle attività
economiche, ci troviamo di fronte ad un fenomeno preoccupante
rappresentato dall'inserimento nelle attività lecite di
soggetti aventi capitali provenienti da attività illecite. I
canali che favoriscono questa situazione sono due, il primo è
quello dell'usura, che viene evidenziata in modo evidente e
che è in raccordo con le attività delle società finanziarie,
mentre il secondo è quello del movimento bancario.
   Di fatto assistiamo ad un'alterazione del mercato con
conseguenze che tutti possono ben immaginare, per cui la
classe dirigente imprenditoriale avrà di fronte a sé
prospettive ad alto rischio.
   Le proposte della Banca d'Italia per migliorare la fase di
applicazione della legge riguardano l'ampliamento dei reati
base del riciclaggio (su cui concordo pienamente) e la
garanzia della riservatezza. Mi permetto di affermare che
proprio su questo secondo aspetto abbiamo bisogno di un aiuto
maggiore. Intendo dire che le Commissioni parlamentari devono
essere poste nella condizione di esaminare in maniera più
appropriata le varie questioni, anche perché esiste una certa
conflittualità tra Guardia di finanza e DIA (ci auguriamo che
non vi sia anche con la Banca d'Italia), come avvenne anche
durante l'iter di approvazione della legge.
   Ritengo che le due soluzioni proposte dalla Banca d'Italia
non siano sufficienti a dare una risposta tecnica al problema
                        Pag. 1523
perché abbiamo bisogno di qualcosa di più. Come dimostrano le
missioni compiute dalla Commissione in alcune regioni
italiane, le articolazioni periferiche della Banca d'Italia
sono chiuse in un formalismo eccessivo e quindi sono incapaci
di penetrare nelle varie questioni e di dare una risposta
idonea a questo tipo di problema. Ho l'impressione che la
legge approvata dal Parlamento non abbia ancora fornito
risposte adeguate sul tema della vigilanza.
   Nella relazione non vi è traccia di ulteriori suggerimenti
tecnici per evitare il rischio della commistione di capitali
che sta alterando il tessuto sociale ed economico di queste
regioni. Come la moneta cattiva scaccia quella buona, così vi
è un'alterazione profonda dell'intero sistema economico
imprenditoriale.
   Vorrei sapere dal governatore Ciampi quali altri strumenti
operativi potranno essere adottati perché i risultati fin qui
raggiunti in questo campo sono del tutto carenti.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Non mi dilungherò sull'aspetto relativo al
segreto bancario e la conseguente posizione della Banca
d'Italia perché in questo momento la questione è superata. La
Banca d'Italia non ha mai frapposto alcun ostacolo
all'introduzione di provvedimenti contro la criminalità
organizzata ma nell'ambito del segreto bancario non può non
rispettare la legge. Tale istituto è stato previsto dalla
legge ma con numerose eccezioni, di cui chi poteva avvalersene
si è scarsamente avvalso.
   Quanto alle sue osservazioni specifiche, onorevole Sorice,
le voglio far presente che siamo in un momento in cui stiamo
attuando la legge, per cui la mia affermazione che le banche
stanno attrezzandosi abbastanza bene è soltanto una
constatazione della situazione oggi esistente. Comunque,
un'idea esatta della situazione si avrà alla fine del mese di
marzo, quando le banche invieranno le prime segnalazioni, da
cui si potrà verificare fino a che punto l'organizzazione
delle singole banche si sia adeguata. Quanto è scritto nella
relazione non è stato un modo per coprire le deficienze ma
solo l'indicazione che gran parte delle banche si sta
attrezzando, anche se alcune sono ancora in ritardo.
   Quanto alle 400 ispezioni, risalgono allo scorso mese di
novembre e proprio due giorni fa ho vistato i primi risultati.
Vorrei sottolineare che le ispezioni della Banca d'Italia,
grandi o piccole che siano, seguono lo stesso iter:
l'ispettore compie l'ispezione, redige il proprio rapporto, lo
invia all'organo di vigilanza che ha sede a Roma;
quest'ultimo, a sua volta, esamina e valuta i risultati che
vengono poi sottoposti al governatore. E' solo dopo
quest'ultima fase che avvengono le varie segnalazioni. Le 400
ispezioni di cui si è parlato sono state ultimate; i primi
rapporti già rivisti nelle conclusioni dagli organi della
Banca d'Italia sono stati sottoposti qualche giorno fa al mio
visto e presto verranno inviate le segnalazioni alle autorità
competenti. Le irregolarità riscontrate riguardano soprattutto
mancate registrazioni sia di operazioni sopra i venti milioni
sia di operazioni superiori a questa cifra ma camuffate con
una frammentazione della cifra.
   La Banca d'Italia non è qui oggi per dire che tutto va
bene, purché si ampli il discorso oltre i quattro reati e si
cerchi di trovare la maniera di assicurare una maggiore
riservatezza. Sono questi possibili contributi minori al
funzionamento di una legge che ha ben altre dimensioni e che
di fatto ancora non è stata completamente applicata.
   Penso che potremo portare elementi importanti per
l'applicazione della legge non prima della fine del corrente
anno, quando avremo a disposizione le elaborazioni
dell'Ufficio italiano cambi e quando le diverse segnalazioni
saranno giunte a destinazione.
  MAURIZIO CALVI. La prima questione che vorrei affrontare
riguarda l'eventuale compatibilità nel nostro sistema
economico con la normativa antimafia. Quali riflessi diretti
od indiretti, quali
                        Pag. 1524
implicazioni, quali nessi ha avuto la nuova normativa
sull'intero sistema economico italiano, considerata la
singolarità della normativa italiana rispetto a quella di
altri paesi europei? L'Italia può pagare ulteriori sofferenze
o rischi rispetto alle economie europee o mondiali? L'Italia
può sopportare il rischio di un'ulteriore legislazione di
contrasto che in qualche modo crei nuove sofferenze alla
nostra economia?
   Dando per scontato che questo è il prezzo inevitabile che
il nostro paese deve pagare nella lotta alla criminalità
organizzata, esiste uno studio comparato relativamente
all'impatto della legislazione sull'intero sistema economico
italiano?
   Passando a questioni più particolari, si avverte un
interesse della criminalità organizzata di varia tendenza
(nazionale o internazionale) volto a canalizzare flussi
finanziari illeciti nel sistema economico austriaco, perché
l'Austria è il punto debole del sistema internazionale dal
punto di vista dei flussi finanziari illeciti. Può fornire
utili elementi a questo riguardo?
   Circa il fenomeno delle 29 mila società finanziarie
censite, è stato riportato a titolo esemplificativo (non so se
esistano dati comparati e se lei possa fornirli) un rilievo
fatto sul sistema delle società finanziarie nella provincia di
Reggio Calabria, dove si evidenzia un dato drammaticamente
inquietante: esiste un'altissima percentuale, pari al 45 per
cento, di soci o amministratori con precedenti per reati
associativi o comunque con gravi plurimi precedenti di
polizia. Le chiedo se sia in grado di confermare questi dati o
se ne esistano analoghi relativi ad altre province italiane e
se vi siano ispezioni in corso sulle infiltrazioni mafiose
nelle banche popolari. Sappiamo che sono state effettuate
indagini coperte dal segreto in Lombardia, Emilia-Romagna,
Campania, Puglia, Calabria e Sicilia e sembra accertato che
nel Lazio vi siano, soprattutto nel settore bancario,
infiltrazioni, avvenute sia direttamente sia per interposta
persona, di elementi della criminalità organizzata nel settore
di cui trattasi.
   Vorremmo conoscere i risultati del monitoraggio effettuato
sul fenomeno dei prestanome; vorremmo anche sapere se vi sia
una collaborazione tra la Banca d'Italia ed il Ministero delle
finanze che renda più semplice l'individuazione di soggetti
titolari di patrimoni illeciti, presupposto che attraverso il
prestanome si nascondono vaste aree dell'illecito finanziario
del nostro paese.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Per quanto riguarda il peso della legislazione
antimafia sulle nostre aziende non disponiamo di studi
comparati; non c'è dubbio che ciò ha un costo non piccolo ma
che le banche debbono sopportare perché è necessario per la
loro sopravvivenza, così come è stato necessario affrontare il
costo aggiuntivo delle misure di sicurezza contro l'ondata di
rapine di qualche anno fa.
   Certamente è importante che vi sia una certa omogeneità di
carattere internazionale perché se questo tipo di legislazione
è uniforme in tutta Europa non si creano condizioni
sperequative nei confronti delle nostre banche. I controlli
sono dunque importanti ma devono avvenire in modo omogeneo.
   Per quanto riguarda l'Austria, è noto che negli ultimi
tempi si è determinato non solo per l'Italia ma anche per
altri paesi un problema relativo ai movimenti di capitali
verso quello Stato, come verso altri, anche per motivi
fiscali. Per esempio, una delle ragioni principali delle
difficoltà finanziarie della Germania è legata al fatto che
anch'essa ha introdotto una tassazione dell'attività
finanziaria, che in precedenza non era prevista. Ciò ha
determinato una fuoriuscita di fondi dalla Germania verso i
paesi limitrofi: i capitali si dirigono in particolare verso
l'Austria, la Svizzera e il Lussemburgo, per poi ritornare in
Germania. Finalmente riceviamo un appoggio maggiore anche da
parte di quest'ultima affinché, per esempio in sede
comunitaria, si effettui un'omogeneizzazione nella tassazione
delle attività finanziarie. Se infatti il trattamento fiscale
é diverso nei vari
                        Pag. 1525
paesi, si verificano spostamenti di capitali. L'Austria
rientra purtroppo in questa fattispecie. Per quanto riguarda
la criminalità è in corso un'azione internazionale per
coinvolgere anche quest'ultimo paese, ma finora non abbiamo
ottenuto importanti risultati concreti.
  PRESIDENTE. Le chiedo scusa, signor governatore, ma mi
risulta (l'ho letto su una rivista austriaca) che in quel
paese si sta discutendo la possibilità di modificare la norma
della Costituzione che prevede il segreto bancario.
   Ho letto inoltre (non so se si tratti di un dato
attendibile) che su 7 milioni di abitanti vi sono 49 milioni
di conti correnti, circa il 90 per cento dei quali sarebbe
anonimo.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Si tratta di un problema che investe l'intera
Europa.
   Per quanto riguarda le società finanziarie, abbiamo svolto
finora alcune indagini, una delle quali nella provincia di
Lecce. Nel caso di Reggio Calabria, invece, non abbiamo svolto
alcuna indagine particolare ma, giacché esiste l'anagrafe,
siamo in grado di fornire alla Commissione i relativi dati.
  MAURIZIO CALVI. Il Ministero delle finanze ha inviato,
in data 15 febbraio 1993, alcuni dati da cui risulta
l'esistenza in provincia di Reggio Calabria di società i cui
soci sarebbero al 45 per cento colpiti da...
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Possiamo fornirvi i dati relativi alle società
finanziarie operanti a Reggio Calabria. Se poi gli
amministratori di queste finanziarie siano colpiti da qualche
provvedimento, ve lo diranno i responsabili di altre
amministrazioni.
  CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia. Questi
dati riguardano tutte le società o una serie di esse?
  MAURIZIO CALVI. Su tutte le società esistenti in
provincia di Reggio Calabria è stato accertato che il 45 per
cento dei soci risulta colpito da...
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Non mi risulta che dal Ministero delle finanze ci
sia stata chiesta collaborazione per quanto riguarda i
prestanome, o almeno non ne sono a conoscenza, così come non
conosco queste indagini specifiche relative alle banche
popolari.
  MAURIZIO CALVI. Gli elementi sono forniti dallo stesso
rapporto del Ministero delle finanze del 15 febbraio, in cui
si parla di indagini coperte da segreto istruttorio che
riguarderebbero le banche popolari nelle regioni che ho
elencato.
  PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio
italiano dei cambi. L'elenco delle società finanziarie
attualmente disponibile riguarda i due raggruppamenti
fondamentali ricordati dal governatore nel suo intervento
(circa 25 mila intermediari finanziari di cui circa 5 mila
intermediari che svolgono attività di gestione di credito al
consumo nei confronti del pubblico), che sono già classificati
per quanto riguarda le dimensioni, la distribuzione
territoriale, le caratteristiche di formazione del capitale e
così via.
   L'elenco dei soci riguarda però, ai sensi della legge,
soltanto il secondo raggruppamento.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Abbiamo però i dati relativi agli amministratori.
  PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio
italiano dei cambi. Questi dati esistono di fatto, anche se
c'è chi sostiene che il primo raggruppamento non dovrebbe
fornire neanche questi. I soci sono invece quelli risultanti
dall'assemblea che ha approvato il primo bilancio avviato nel
1991 e riguardano
                        Pag. 1526
soltanto queste circa 5 mila società finanziarie, e non
l'intero universo contenuto nell'elenco.
   Da questo punto di vista, tutte le autorità che possono
accedere all'elenco sono in grado di verificare i nominativi
attualmente esistenti. Non è questo un lavoro che può essere
svolto dall'Ufficio, il quale non dispone di informazioni sui
soggetti nei cui confronti sono in corso azioni penali di
qualunque genere.
  CARMINE GAROFALO. Mi pare che il governatore della Banca
d'Italia abbia giudicato valido il quadro normativo,
suggerendo altresì alcuni aggiustamenti, uno dei quali
riguarda il criterio della riservatezza per quanto attiene
alle segnalazioni. Se però colui che deve effettuare la
segnalazione va incontro ad un passaggio obbligato consistente
nel comunicare la segnalazione ad un altro prima di
effettuarla, si introduce un elemento che fa venire meno la
riservatezza. Chiedo allora se non si ritenga utile prevedere
che la segnalazione avvenga direttamente.
   Dal momento che, in occasione della discussione del
progetto di legge vertente su tale materia, si è svolta una
certa discussione, vorrei sapere se il governatore ritenga
giusta, proprio ai fini della riservatezza, l'abolizione di
quel passaggio.
  PRESIDENTE. Lei ritiene quindi che questo possa
costituire un fatto dannoso?
  CARMINE GAROFALO. Certamente, perché se prima di
effettuare la segnalazione quest'ultima deve essere comunicata
al capofiliale o al capufficio, il criterio della riservatezza
in qualche modo viene meno.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Questo è certamente vero, ma la nostra situazione
è analoga, per esempio, a quella della Francia, in cui é in
vigore una norma che recita: "La dichiarazione può essere
verbale o scritta; l'organismo può domandare che il servizio
istituito all'articolo 5 non accusi ricevuta della
segnalazione. Nel caso in cui il servizio prende contatto con
il procuratore della repubblica, la dichiarazione di cui
quest'ultimo è avvertito non figura nel dossier della
procedura".
  CARMINE GAROFALO. Prima di effettuare la segnalazione,
chi opera allo sportello deve comunicarlo al capufficio. In
determinate aree, questo è un elemento che crea problemi ai
fini della riservatezza.
   Mi rendo conto che l'abolizione di tale passaggio potrebbe
portare a segnalazioni scarsamente motivate ma la domanda che
ho posto mi sembra comunque legittima.
   Un'altra domanda che desidero rivolgere al governatore
della Banca d'Italia riguarda una misura che non so se venga
seguita, ed in quale misura, dalle banche. Vorrei sapere, in
particolare, se nelle situazioni di particolare rischio si
preveda - o almeno si consideri opportuna - una rotazione
molto rapida per quanto riguarda il servizio agli sportelli e
le stesse responsabilità in alcune aree e filiali. Infatti, la
permanenza molto prolungata di una stessa persona nella stessa
funzione rappresenta un elemento che può creare problemi.
   La terza domanda riguarda la questione dell'abusivismo
bancario, in ordine alla quale vorrei sapere (se le risulta)
quali siano le aree in cui tale fenomeno si è manifestato in
modo particolare.
   Desidero infine chiedere al governatore della Banca
d'Italia se il monitoraggio che è stato disposto in ordine
all'applicazione della legge n.197 sia stato previsto, per
così dire, a campione, in maniera casuale, oppure seguendo un
criterio collegato al rischio per gli istituti sottoposti al
controllo.
   Per quanto riguarda la banca dati centrale, si tratta di
una misura certamente molto difficile da attuare. Ricordo però
che, quando fu approvata la legge, una delle questioni che
emersero fu il timore che la banca potesse essere utilizzata a
fini fiscali.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Per quanto riguarda
                        Pag. 1527
la rotazione, si tratta di un criterio che seguo in maniera
molto attenta nell'ambito della Banca d'Italia, i cui
direttori ruotano normalmente ogni cinque anni, mentre in
alcune zone d'Italia preferisco adottare una rotazione più
frequente.
  CARMINE GAROFALO. Non mi riferivo soltanto alla Banca
d'Italia.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Certamente. E' evidente comunque che, a livello
locale, le rotazioni dovrebbero essere effettuate maggiormente
dagli istituti che non hanno la loro sede centrale nella
stessa zona. Infatti, una banca locale, una cassa rurale o una
piccola banca popolare può effettuare rotazioni solo in misura
minima oppure non prevederne affatto. Lo stesso Banco di
Sicilia, per esempio, ha una possibilità di rotazione limitata
perché i suoi sportelli sono collocati per l'80 per cento in
Sicilia; tale istituto potrà quindi spostare i propri
dipendenti da una zona all'altra, ma sempre nell'ambito della
stessa regione, mentre una banca di livello nazionale può
effettuare più agevolmente le rotazioni.
  PRESIDENTE. Mi risulta che una circostanza particolare
si sia verificata in Calabria, dove il Monte dei Paschi ha
rilevato alcuni istituti nella zona di Lamezia Terme: poiché
il personale è rimasto, per ovvie ragioni, lo stesso, non sono
mutate le prassi seguite. Sono quindi continuati i favoritismi
nei confronti di alcuni soggetti, per così dire, non proprio
innocenti oltre ad alcune forme di discriminazione. Tutto ciò
è avvenuto perché, nonostante il mutamento della ragione
sociale dell'istituto, il personale è rimasto lo stesso.
   Credo pertanto che anche in questo caso non sia sbagliato
incentivare la rotazione.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Per quanto riguarda l'abusivismo bancario, i casi
più rilevanti si sono verificati con riferimento alle casse di
mutualità.
   Circa il monitoraggio, questo è stato effettuato in 400
sportelli, volutamente presi nelle quattro regioni
meridionali. Abbiamo seguito quindi un criterio territoriale,
visto che non disponevamo ancora di elementi sufficienti per
adottarne un altro.
   Per quanto attiene alla questione della banca dati
centrale, si pone sempre il problema di stabilire fino a che
punto sia opportuno che la banca diventi strumento di
accertamento fiscale.
  PRESIDENTE. Si pone anche il problema della concorrenza
tra banche: esiste in particolare qualche preoccupazione circa
il fatto che attraverso il rilevamento del complesso delle
operazioni emergano dati tali da comportare un danno.
  VINCENZO SCOTTI. Si pone il problema di dove collocare
la banca e delle procedure di accesso.
  ALDO DE MATTEO. Desidero soffermarmi su un argomento che
è già stato al centro di molti interventi e che rappresenta, a
mio avviso, lo scenario naturale rispetto al tema di cui
stiamo discutendo: mi riferisco al livello internazionale. Non
a caso la prima parte della relazione del governatore della
Banca d'Italia è dedicata a quanto si sta facendo sul piano
internazionale per contrastare il fenomeno del riciclaggio. Si
fa riferimento, in particolare, al GAFI, nell'ambito del G7,
ed alle iniziative della Comunità europea. Ritengo che il
richiamo all'OCSE sia di natura soltanto organizzativa e
riguardi il luogo cui fa riferimento la struttura permanente
del GAFI.
   Devo però rilevare una contraddizione che si collega alle
responsabilità soprattutto politiche del governatore, laddove
non si individuano strumenti idonei nell'ambito delle
politiche che si stanno sostenendo nei confronti dei paesi
terzi. Mi sembra comunque che non vi sia una grande tensione
neppure a livello comunitario e in questa fase tali problemi
non sono vissuti con grande preoccupazione
                        Pag. 1528
(frequentando ambienti comunitari ho questa sensazione). A
parte ciò, mi accorgo che tali strumenti mancano soprattutto
in una fase in cui la Comunità rappresenta un elemento
dinamico e non statico: non ci si può infatti limitare a
considerare soltanto i dodici paesi membri, poiché sono in
atto processi di allargamento che hanno una loro consistenza
soprattutto sul terreno economico e dello sviluppo di paesi
come quelli dell'EFTA e in generale di tutti quelli nei cui
confronti sono in corso progetti di associazione
particolarmente significativi.
   Non mi pare che nell'ambito di tali accordi e convenzioni
possa essere individuato un significativo livello di
attenzione nei confronti di queste problematiche. Se lei,
signor governatore, avesse invece un parere diverso, la
pregherei di aiutarmi in questa ricerca. Per quanto mi
riguarda, ribadisco che, essendomi occupato in questa fase di
accordi e di convenzioni, ho dovuto constatare con molta
amarezza un'assenza di attenzione.
   Le considerazioni del collega Galasso mi lasciano molto
perplesso. Non credo che il problema sia collegato al
principio del pecunia non olet ma che, al contrario,
abbia natura diversa. In particolare, ritengo che vada
considerato in modo più approfondito uno dei dati che
caratterizza lo sviluppo delle società e delle economie
moderne, cioè l'interdipendenza. Si tratta infatti di un
elemento reale, che richiama interessi e non soltanto aspetti
di carattere etico. Credo che il dato dell'interdipendenza
possa mettere in moto meccanismi anche pratici nell'ambito del
G7, della CEE e degli accordi tra paesi associati, sì da
giungere a misure efficaci e da evitare di assistere a
spostamenti delle azioni delittuose da un luogo meno protetto
ad uno maggiormente protetto.
   Vorrei svolgere un'ulteriore considerazione, ponendomi
nella veste del cittadino che cerca di prendere coscienza
delle misure adottate e che si interroga su certi fenomeni. Mi
riferisco, in particolare, alla misura che ha introdotto il
limite di 20 milioni per le operazioni in contanti. Quali sono
stati gli effetti di tale provvedimento? Si è soltanto
verificata una riduzione dei versamenti di tale entità oppure
si è affermata una situazione rilevante sotto il profilo delle
indagini e della individuazione del fenomeno del riciclaggio?
A mio avviso tale misura, considerata a sé stante, non ha
alcun significato, a meno che non venga inserita in un
intreccio di elementi che costituiscano i riferimenti
necessari per individuare il fenomeno e per colpirne le
manifestazioni.
              PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                       PAOLO CABRAS
  ALDO DE MATTEO. Sotto questo profilo, credo che debbano
venire necessariamente in aiuto la tecnologia,
l'organizzazione, l'informatizzazione. Tale finalità va a mio
avviso perseguita con maggiore determinazione perché
probabilmente rappresenta l'unico obiettivo concreto che può
consentire di modificare sostanzialmente la situazione. Per il
resto, ci si muove sempre nell'ambito di aggiustamenti e di
traguardi provvisori.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia.
Concordo con la sua prima osservazione. La sensibilità
internazionale sui temi da lei richiamati è inferiore a quella
che sarebbe auspicabile e alla stessa attenzione che si
registra nel nostro paese. Non a caso, ho sempre invitato
coloro i quali hanno la possibilità di svolgere un'azione in
questo campo nelle diverse istituzioni di cui fanno parte, ad
intraprendere iniziative, delle quali vi è senz'altro bisogno.
Spesso in alcuni paesi i problemi attinenti al riciclaggio e
alla criminalità sono considerati come un "fastidio".
   Concordo con lei sull'opportunità di privilegiare
l'aspetto dell'interdipendenza; del resto, si va sempre più
affermando la consapevolezza che questi malanni tendono a
propagarsi (non è solo l'afta epizootica a propagarsi!). E'
quindi opportuno che in questi paesi, nel loro stesso
interesse, si registri in futuro una
                        Pag. 1529
reazione maggiore. Non si tratta dunque solo di un'esigenza
etica ma anche di interesse economico. Allo stesso modo di
quanto avviene a livello interno, dove la collaborazione delle
banche rappresenta un'esigenza collegata all'interesse di
difendere la salute della propria azienda, la stessa
impostazione dovrebbe valere a livello internazionale.
   Siamo passati dalla fase della registrazione manuale delle
operazioni bancarie di un certo importo (finalizzata a
garantire, sia pure con grande difficoltà, una determinata
ricostruzione) all'impostazione informatica, che offre
vantaggi non solo sotto il profilo della ricostruzione delle
operazioni ma anche sotto l'aspetto dell'individuazione di
aree e di settori a rischio. Sotto tale profilo, il lavoro
dell'Ufficio italiano dei cambi assume particolare rilievo.
Sono contento che l'attuale direttore dell'Ufficio sia l'ex
capo del servizio informatico della Banca d'Italia, perché ha
maturato un'esperienza che gli consente di individuare e di
utilizzare al meglio le potenzialità tecniche e le capacità
tecnologiche.
  CARLO D'AMATO. Il Banco di Napoli è un istituto di
credito che, pur avendo una dimensione nazionale, opera
prevalentemente nelle regioni meridionali, in particolare in
Campania. Vorrei sapere se la Banca d'Italia abbia effettuato
indagini sull'attività e sulla gestione di questo istituto,
con particolare riferimento ad alcune notizie diffuse nel
corso di questi anni dalla stampa, relative a procedure di
aperture di credito a favore di famiglie camorristiche nel
napoletano o a prestiti concessi, al di fuori della normalità
e della correttezza della banca, a magistrati e a giornalisti.
   Nel corso di un sopralluogo della nostra Commissione a
Caserta abbiamo appreso che, probabilmente per leggerezza o
per mancato approfondimento della situazione specifica, una
filiale del Banco di Napoli era stata addirittura allocata in
uno stabile di proprietà di una famiglia camorristica
dell'agro aversano.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Al momento, non ho elementi per poter rispondere
alle sue domande relative al Banco di Napoli. Credo comunque
che alcuni aspetti ai quali lei ha fatto riferimento siano
stati approfonditi, anche perché hanno costituito oggetto di
interrogazioni parlamentari.
  CARLO D'AMATO. Sì, ma non è noto l'esito di queste
interrogazioni.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Per quanto riguarda l'allocazione di una filiale
del banco di Napoli presso uno stabile di proprietà di una
famiglia camorristica, non dispongo di informazioni
specifiche.
  MARCO TARADASH. Ho l'impressione che il sistema
complessivo dei controlli sia assimilabile ad una sorta di
codice della strada, con sensi unici, divieti di accesso ed
altro, e che non venga considerato adeguatamente lo scopo
ultimo che è quello di fare in modo che il flusso del denaro
sporco finisca in un inceneritore o in un burrone.
                PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
                     LUCIANO VIOLANTE
  MARCO TARADASH. In Italia, in Europa e negli altri paesi
dove sono in vigore determinate leggi, si ottengono buoni
risultati sotto il profilo dell'instradamento del denaro
sporco e dell'esigenza di impedire che quest'ultimo si
confonda con il denaro pulito, ma non si riesce ad impedire
che il denaro sporco trovi uno sbocco in determinate
direziorni. Fino a quando l'Austria confinerà con l'Italia,
potremo anche avere le migliori regole del mondo, ma il
meccanismo di controllo continuerà a non funzionare! Del
resto, siamo consapevoli che, anche nell'ipotesi in cui non
esistesse l'Austria, vi sarebbero comunque Berlino, l'isola di
Saint Martin e tutti i paesi dell'est europeo! Sta di fatto
che il denaro sporco, ritornando dai luoghi di "lavaggio"
internazionale, rientra depurato nel
                        Pag. 1530
circuito economico. Se le cose stanno in questi termini - di
questo chiedo conferma al governatore Ciampi - mi chiedo se i
costi di questa operazione siano giustificati rispetto ai
risultati. Non ritiene che sarebbe prioritario, sotto il
profilo politico, preoccuparci maggiormente di impedire la
formazione del denaro sporco considerato che, una volta
formatosi, è praticamente impossibile - se non nei minimi
termini - riuscire ad impedire che tale denaro rientri
attraverso attrezzati corridoi nell'economia di mercato?
   Vorrei inoltre chiedere quanto costerebbe al nostro paese
la rinuncia al denaro criminale. In un rapporto del gruppo
Pompidou ho letto che il denaro connesso al traffico di droga
ha prodotto negli ultimi dieci anni profitti per ottocento
mila miliardi di lire. Considerata la svalutazione, si tratta
di una cifra pressoché equivalente ai limiti del nostro debito
pubblico! Se venisse meno il denaro dell'attività criminale
(non di quella di intermediazione, ma di quella che produce
valore aggiunto, per esempio attraverso il traffico di droga),
cosa accadrebbe del nostro paese? La società italiana potrebbe
resistere all'impatto del venir meno del denaro criminale
(almeno nel breve periodo) oppure dovrebbe elaborare una sorta
di piano Marshall per surrogare il denaro che verrebbe a
mancare in certe zone?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. In realtà, si tratta di problemi che esulano
dalla mia competenza, essendo di carattere socio-politico. Mi
sia permesso comunque di osservare che la consapevolezza
dell'impossibilità di controllare e reprimere certi fenomeni è
ovvia. Né si può accettare il discorso in base al quale in
considerazione del fatto che ogni giorno avvengono omicidi e
furti, sarebbe opportuno fare a meno della polizia ...
  PRESIDENTE. C'è una parte nascosta nel ragionamento
dell'onorevole Taradash. Non vi è un problema di
legalizzazione dei furti e degli omicidi.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Come si fa ad impedire la formazione del denaro
sporco? O legalizzandolo oppure impedendo il commercio di
droga ...
  MARCO TARADASH. La mia domanda è questa: si intercetta
il denaro sporco oppure lo si instrada lungo le vie del
riciclaggio?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Se ne intercetta una parte.
  MARCO TARADASH. La potrebbe quantificare?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Credo sia quasi impossibile. Comunque, se non
altro si rende più difficile la vita ... Il fenomeno è
paragonabile ad un flusso d'acqua: se non si riesce a ridurre
la fonte, l'acqua finisce per incanalarsi in altre direzioni.
Tuttavia, se vengono frapposte difficoltà al flusso - ed è
quello che noi speriamo di fare - vi sarà un aumento di costi.
   Per quanto riguarda il problema relativo a quanto il
nostro paese perderebbe nella condizione da lei configurata, è
notorio, per esempio, che in alcune zone del sud il traffico
illegale di sigarette era fonte di vita per migliaia di
persone. Se in quelle zone lo Stato fosse intervenuto
impedendo di colpo il commercio ...
  MARCO TARADASH. In questo caso si tratta di una
questione economica, non sociale.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. No, si tratta anche di una questione economica,
ove si consideri che molte persone (sia pure disoccupate sulla
carta e che di fatto traevano una fonte di guadagno da certe
attività), si sarebbero trovate a vivere del solo sussidio di
disoccupazione, la cui entità probabilmente avrebbe dovuto
essere aumentata.
                        Pag. 1531
  PAOLO CABRAS. Recenti indagini giudiziarie ed anche
attività investigative delle forze dell'ordine hanno indicato
che gli obiettivi dei flussi dei capitali illeciti sono anche
molto più ambiziosi di quelli che riscontriamo nell'attività
degenerata di istituti di credito locali, nell'acquisto di
industrie decotte, nel subentro in aziende in crisi. Per la
vastità di questi obiettivi dell'attività economica di gruppi
mafiosi, per la presenza di società ed anche di personaggi che
fanno parte del capitalismo venturistico o che hanno anche
illuminato le cronache nere di questo paese, le chiedo se vi
sia il pericolo che il capitale mafioso si possa trovare nei
pacchetti azionari di grandi imprese del nostro paese, se
l'inquinamento cioè possa arrivare molto in alto.
Conseguentemente, le chiedo cosa si possa fare per sapere e
per prevenire.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Purtroppo, casi di inquinamento anche di grosse
istituzioni ne abbiamo vissuti anche nel settore del credito.
Non debbo ricordare i due casi più eclatanti che abbiamo
vissuto anni fa. Credo però che oggi, nel settore del credito,
con le misure di legge approvate, a cominciare da quella
sull'onorabilità e sui requisiti di professionalità, si siano
fatti importanti passi avanti. Ritengo che oggi questi
pericoli siano più difficili di ieri. Non voglio dire che non
succederà più, perché sarebbe una presunzione o un auspicio,
ma oggi sono convinto che sia tutto molto più difficile.
Quelle due vicende le ho vissute in prima persona, una quando
non avevo l'attuale responsabilità, l'altra durante il mio
mandato. Ebbene, noi stessi avemmo difficoltà a renderci conto
della rilevanza e della profondità del marcio che era in
quelle istituzioni. Quasi non ci credevamo, o meglio alcune
cose era impossibile saperle perché mancava un minimo di
collaborazione internazionale. Quando cominciammo ad avere
sospetti importanti ricevemmo un rifiuto di collaborazione
anche da parte di importanti organi di vigilanza europei; oggi
questo non accade più.
  MARCO TARADASH. Il caso della BCCI è scoppiato un anno
fa.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI Governatore della Banca
d'Italia. Ha coinvolto attività con paesi del Medio Oriente
ma per quanto riguarda l'Italia quei due casi ci hanno
vaccinato più che altrove. Il fatto che siano stati accertati
ha rappresentato non dico una nostra rivincita ma quanto meno
la dimostrazione che prestare attenzione a certi problemi non
era un nostro difetto.
  PRESIDENTE. San Marino costituisce un problema da questo
punto di vista?
  CARLO AZEGLIO CIAMPI Governatore della Banca
d'Italia. Certamente San Marino presenta delle anomalie,
basti vedere i dati del rapporto fra depositi e numero di
abitanti. Ma è un problema minore rispetto ad altri, sia per
la dimensione limitata sia perché esiste di fatto una base di
collaborazione. Come lei sa, è stato stipulato un protocollo
di intesa sul monitoraggio del riciclaggio, anche se la
convenzione non è stata ancora ratificata dai due Stati.
  CARMINE LAMANDA, Capo del Servizio vigilanza
normativa e affari generali della Banca d'Italia. Non è
stata ancora ratificata, perché aspettiamo di esaminare la
normativa che verrà adottata da San Marino.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Penso che la convenzione sarà oggetto di ratifica
in tempi brevi. Tra l'altro, San Marino è portato a
collaborare anche per la presenza tra i suoi consulenti di
cittadini della Repubblica italiana, che spero si diano carico
di questi problemi.
  PRESIDENTE. Dalle considerazioni svolte dal governatore
emerge come sia radicalmente mutato il quadro rispetto ai
precedenti incontri. Nel passato avevamo un problema di
modernizzazione legislativa; ora abbiamo un problema di
razionalizzazione legislativa - relativo al riciclaggio
                        Pag. 1532
 e alla garanzia dell'anonimato, nei termini che qui sono
stati posti -, nonché un problema di amministrazione delle
informazioni. Credo che questa sia una questione
particolarmente delicata sulla quale bisognerà svolgere un
approfondimento quando il sistema sarà rodato.
   Mi pare anche che dal quadro che lei e i suoi
collaboratori hanno illustrato emerga un rilevante interesse
alla internazionalizzazione di tali problemi, essendo il
mercato finanziario internazionale. Credo che il suggerimento
che dava il senatore De Matteo, il quale sosteneva la
necessità di perseguire una logica di interdipendenza per far
comprendere ai paesi meno esposti dal punto di vista della
criminalità visibile il loro interesse ad affrontare tali
problemi, vada proprio in questa direzione.
   Il comitato che si occupa dei problemi del riciclaggio e
dell'economia "sporca", presieduto dall'onorevole Scotti, ha
in programma su questi temi un Forum che dovrebbe svolgersi
nel mese di maggio. Sappiamo però che, per alcune difficoltà
legate a scadenze interne della Banca, in quel periodo sarebbe
assai problematico avere la presenza del governatore e dei
suoi collaboratori. Poiché, però, teniamo particolarmente a
che il governatore e i suoi collaboratori siano presenti per
darci il loro contributo, se loro non hanno nulla in contrario
potremmo spostare questo appuntamento ai primi giorni di
giugno.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. D'accordo.
  PRESIDENTE. Sinora abbiano avuto un considerevole aiuto
da parte dell'Istituto, sia direttamente sia attraverso il
dottor Berionne. La ringraziamo della collaborazione che la
Banca d'Italia sta dando alla nostra Commissione.
  CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca
d'Italia. Signor presidente, le confermo che la Banca
intende essere pienamente a disposizione della Commissione per
tutto il supporto che può dare. Credo sia altrettanto indubbio
il nostro impegno, che sentiamo come impegno di istituto e
anche personale. Sono d'accordo con lei che oggi siamo in una
fase diversa: prima era necessario adottare una normativa,
oggi l'abbiamo e dobbiamo verificare se sia valida e se siamo
capaci di farla funzionare. Sono anche d'accordo con lei sul
fatto che, appena possibile, sarebbe opportuno effettuare un
primo check della nuova normativa, per verificare come
abbia funzionato, se i problemi dipendano da noi o se invece
siano necessari aggiustamenti.
  PRESIDENTE. Vi ringraziamo nuovamente.
La seduta termina alle 13.30.

 


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