Violante: seduta 32
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Pag. 1491 AUDIZIONE DEL GOVERNATORE DELLA BANCA D'ITALIA, DOTTOR CARLO AZEGLIO CIAMPI PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS INDICE pag. Audizione del governatore della Banca d'Italia, dottor Carlo Azeglio Ciampi: Violante Luciano, Presidente .............. 1493, 1500, 1503 1504, 1507, 1511, 1512, 1513, 1514, 1520 1521, 1525, 1526, 1527, 1530, 1531, 1532 Cabras Paolo, Presidente .............................. 1531 Bargone Antonio ........................... 1510, 1511, 1514 Borghezio Mario ........................... 1502, 1503, 1507 Buttitta Antonino ............................... 1520, 1521 Calvi Maurizio .................................. 1523, 1525 Cappuzzo Umberto ...................................... 1517 Ciampi Carlo Azeglio, Governatore della Banca d'Italia ......................... 1493, 1500, 1501, 1503 1505, 1508, 1511, 1512, 1513, 1514, 1515 1517, 1518, 1520, 1521, 1523, 1524, 1525 1526, 1527, 1528, 1529, 1530, 1531, 1532 Ciampicali Pier Antonio, Direttore dell'ufficio italiano dei cambi.1502, 1506, 1509, 1525 D'Amato Carlo ......................................... 1529 De Matteo Aldo .................................. 1527, 1528 Galasso Alfredo ....................................... 1504 Garofalo Carmine .......................... 1500, 1526, 1527 Lamanda Carmine, Capo del Servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia ...... 1501, 1507, 1509 1513, 1514, 1517, 1525, 1531 Olivo Rosario ......................................... 1500 Rossi Luigi ..................................... 1514, 1515 Scotti Vincenzo ........................... 1507, 1508, 1527 Sorice Vincenzo ....................................... 1522 Taradash Marco ............................ 1529, 1530, 1531 Tripodi Girolamo ................................ 1516, 1517 Pag. 1492 Pag. 1493 La seduta comincia alle 9,30. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione del governatore della Banca d'Italia, dottor Carlo Azeglio Ciampi. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del governatore della Banca d'Italia, dottor Carlo Azeglio Ciampi, che ringraziamo per la sua presenza e per avermi inviato tempestivamente due relazioni che sono state distribuite a tutti i componenti della Commissione. Egli ha redatto anche una sintesi, di cui darà lettura prima che si passi alla fase delle domande e delle risposte. Il dottor Ciampi è accompagnato da due funzionari, al fine di offrire alla Commissione un panorama di informazioni più ampio. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Nel ringraziarla, signor presidente, desidero sottolineare che sono con me il dottor Ciampicali, direttore dell'Ufficio italiano dei cambi e il dottor Lamanda, capo del servizio di vigilanza della Banca d'Italia, competente per le materie che ci interessano. Ricordo di essere già stato ascoltato dalla Commissione antimafia nel 1983, nel 1985 e nel 1989, data della mia ultima audizione, svoltasi quando era stata da poco emanata la dichiarazione di principi di Basilea, con la quale per la prima volta le autorità di vigilanza internazionali si facevano carico di questi problemi. Da allora si sono registrati importanti progressi nel campo della lotta al riciclaggio sia in sede internazionale sia sul piano interno. A livello internazionale si segnala, in particolare, la costituzione del GAFI (Gruppo di azione finanziaria) avvenuta nel 1989 per iniziativa dei Governi dei paesi del "gruppo dei sette". Il GAFI ha assunto ora carattere di struttura permanente incardinata presso l'OCSE di Parigi. Lo scorso mese i rappresentanti del GAFI sono venuti a Roma per verificare come venivano applicate nel nostro paese le misure adottate in sede internazionale. Attendiamo ora di avere i loro riferimenti, che mi auguro siano positivi. Di rilievo è stata anche la direttiva del Consiglio della CEE intervenuta nel giugno del 1991, nel corso del semestre di presidenza italiana, con la quale è stata resa cogente l'applicazione in tutta l'area comunitaria di criteri omogenei di lotta al riciclaggio. Sul piano interno il fatto più importante (è inutile che lo ricordi ai legislatori) è rappresentato dalla legge n. 197 del 5 luglio 1991, su cui ora non mi soffermerò. Occorre inoltre tenere presente numerose altre leggi emanate negli ultimi anni nel settore del credito e della finanza, che concorrono, sia pure in maniera indiretta, all'azione di contrasto del riciclaggio. Ricordo, in particolare, le norme concernenti il controllo sugli assetti proprietari, i requisiti di onorabilità e di professionalità, la disciplina delle società di intermediazione mobiliare e dei gruppi creditizi, nonché la tutela delle informazioni riservate (il cosiddetto insider trading). Accanto agli sviluppi della normativa primaria, sul piano amministrativo la Pag. 1494 Banca d'Italia, utilizzando gli strumenti della vigilanza creditizia, ha proseguito nella linea volta a stimolare gli intermediari a dotarsi di assetti organizzativi adeguati e di efficaci sistemi di controllo interno. L'esperienza dimostra che le strutture più deboli e meno organizzate sono quelle più esposte al rischio di deviazioni e di coinvolgimento in rapporti con operatori appartenenti all'area dell'illecito. Aggiungo inoltre che nei controlli ispettivi della Banca d'Italia è stato incluso, quale compito ordinario, quello della verifica dell'osservanza della normativa antiriciclaggio, al fine di rafforzare l'azione di sensibilizzazione e di formazione in una materia che, per i suoi caratteri innovativi, richiede tempi non brevi di assimilazione e quindi perseveranza di azione. L'applicazione sostanziale della disciplina presuppone, a mio avviso, le decisioni degli organi centrali degli enti, ma è affidata soprattutto ai comportamenti degli operatori nelle filiali e negli altri punti periferici. Il complesso di tali innovazioni normative e istituzionali e, in particolare, l'entrata in vigore della legge n.197 hanno accresciuto i compiti sia della Banca d'Italia sia dell'Ufficio italiano dei cambi. Dal momento che sono qui in veste sia di governatore della Banca d'Italia sia di presidente dell'Ufficio italiano dei cambi, la mia esposizione sarà riferita a entrambi gli enti. Nei giorni scorsi, come il presidente ha ricordato, i due istituti hanno inviato a questa Commissione due relazioni sull'attività svolta, delle quali mi limiterò ora a richiamare i punti principali. Come è noto, la legge n.197 ha affidato all'Ufficio italiano dei cambi importanti funzioni in materia di antiriciclaggio. Si tratta di una sorta di conversione dell'attività dell'Ufficio, il quale ha visto venir meno le proprie funzioni di prevenzione e controllo in campo valutario a seguito della liberalizzazione dei movimenti di capitale, mentre ora gli vengono affidati questi compiti in una materia diversa, ma certamente non meno importante, come quella del riciclaggio. In particolare, all'Ufficio italiano dei cambi sono state attribuite competenze per la definizione di un sistema di archiviazione informatica standardizzato, l'elaborazione di un modello di analisi statistiche idoneo a individuare eventuali anomalie, lo svolgimento dei controlli sull'osservanza della normativa antiriciclaggio, la tenuta dell'elenco delle società finanziarie (che in precedenza erano completamente ignorate), la gestione di un sistema informativo concernente i procedimenti sanzionatori. Per quanto riguarda i controlli ispettivi, la competenza dell'Ufficio italiano dei cambi riguarda solo le banche e le altre categorie di intermediari abilitati al trasferimento del contante e dei titoli al portatore per importi superiori a 20 milioni di lire, per cui l'Ufficio opera d'intesa con la Banca d'Italia e con le autorità di vigilanza di settore. Per le altre società finanziarie, questo tipo di controlli viene svolto dalla Guardia di finanza. Per tutte le aree di intervento sopra indicate, l'Ufficio italiano dei cambi ha avviato i complessi meccanismi organizzativi e operativi occorrenti per l'entrata a regime della disciplina. In tale contesto si colloca l'azione di supporto fornita dallo stesso Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d'Italia al Ministero del tesoro per l'emanazione della normativa secondaria prevista dalla legge n.197 e delle circolari interpretative e applicative. Per quanto concerne i principali aspetti riguardanti l'applicazione della legge n.197, occorre ricordare la standardizzazione informatica degli archivi localizzati presso i singoli intermediari. L'elemento importante è rappresentato dal fatto di essere passati dall'annotazione da parte dei vari sportelli bancari delle operazioni da registrare all'obbligo che tali informazioni siano tradotte in supporti informatici e accentrate presso ogni azienda di credito. Affinché ciò avvenisse in modo omogeneo, l'Ufficio italiano dei cambi ha dettato regole uniformi per la tenuta degli archivi, che sono divenuti operativi dallo scorso mese di gennaio. Pag. 1495 La legge affida inoltre all'Ufficio italiano dei cambi il compito di effettuare analisi statistiche di dati aggregati, allo scopo di far emergere sospetti di eventuali fenomeni di riciclaggio nell'ambito di determinate aree territoriali. Si tratta di un aspetto molto importante, che emerse tra l'altro in occasione di una riunione svoltasi presso il Ministero dell'interno (l'onorevole Scotti era allora titolare di quel dicastero), nel corso della quale sottolineammo che l'analisi dei dati consente di mettere in evidenza le anomalie rispetto ai comportamenti, per così dire, generali. In sostanza, l'Ufficio italiano dei cambi riceve i dati, li elabora e con riferimento alle singole aree (che si identificano non necessariamente con le province ma anche con aree interne a queste ultime) deve valutare se, per quanto riguarda fenomeni importanti (come, per esempio, l'uso del contante), vi siano "punte" rispetto al comportamento medio delle altre aree o della stessa area in tempi diversi. Ciò darebbe luogo al sospetto che in una determinata zona avvenga qualcosa di anomalo; in tal caso è prevista la segnalazione all'autorità competente, affinché approfondisca questi aspetti. Non essendo possibile delineare "in positivo" e a priori le fattispecie oggettive di riciclaggio, ci si è orientati verso la costruzione pragmatica di un modello statistico basato su raffronti spaziali e/o temporali idonei a individuare "in negativo" scostamenti e variazioni che possano denunciare l'esistenza di fenomeni patologici, nel qual caso è necessario effettuare le opportune verifiche. I dati per le analisi statistiche verranno desunti dagli archivi informatici degli intermediari abilitati. I primi invii sono previsti entro il corrente mese di marzo, mentre gli archivi, come ho già ricordato, sono stati messi in funzione a gennaio. Si prevede un flusso di circa 10 milioni di informazioni al mese e i risultati delle prime elaborazioni potranno essere disponibili alla fine del 1993: infatti, per valutare gli scostamenti, è necessario disporre di una serie di dati, in quanto un solo dato non consente di rilevare anomalie. Un altro aspetto nuovo e molto importante di cui l'Ufficio italiano dei cambi è chiamato ad occuparsi è rappresentato dall'elenco degli intermediari finanziari. Come è noto, finora non esisteva alcun censimento di tali intermediari, mentre la legge n.197 lo ha previsto attraverso la creazione di un apposito elenco presso l'Ufficio italiano dei cambi, cui si ricollega il rispetto dei requisiti di onorabilità. Nell'ambito di tali intermediari, la legge individua una seconda fascia più ristretta di soggetti che hanno rapporti con il pubblico o che esercitano credito al consumo, per i quali detta norme più stringenti in materia di forma giuridica, capitale minimo e requisiti di professionalità e prevede ulteriori obblighi (deposito dei bilanci, indicazione dei soci, comunicazione delle altre cariche ricoperte dagli esponenti). Dovrà infine essere enucleato un terzo più ristretto raggruppamento di società che per dimensioni, livello di indebitamento e tipo di operatività siano suscettibili di innescare, in caso di dissesto, un rischio sistemico. Gli intermediari finanziari rientreranno pertanto in tre raggruppamenti diversi: il primo di questi consiste nell'anagrafe, per cui sono giunte all'Ufficio italiano dei cambi circa 29 mila segnalazioni di società finanziarie. Sulla base di questo primo elenco, l'Ufficio ha effettuato una revisione in base alla quale ha escluso circa 4-5 mila società che non potevano assolutamente rientrarvi. Il numero delle società finanziarie è quindi di 24.726, delle quali 4.344 svolgono attività nei confronti del pubblico e quindi rientrano nel secondo gruppo; esse pertanto, oltre ad inviare i dati relativi agli amministratori, devono indicare i soci ed effettuare altre comunicazioni. Le società più grandi rientreranno in un terzo gruppo, formato da alcune centinaia di società, che saranno incluse in Pag. 1496 un elenco più ristretto sul quale la vigilanza di merito sarà svolta dalla Banca d'Italia. In conclusione, la Banca d'Italia si occuperà del terzo gruppo, l'Ufficio italiano dei cambi gestirà le informazioni dell'anagrafe per gli altri due gruppi, mentre i controlli antiriciclaggio sono demandati alla Guardia di finanza. A proposito dell'anagrafe occorre domandarsi in che modo quest'ultima possa essere meglio sfruttata in futuro. Mi chiedo, in particolare, se debba solo esservi un'anagrafe disponibile alla quale gli organi di polizia e di giustizia possano chiedere elementi, ma anche fino a che punto il fatto di disporre di un elenco con tutti i nominativi degli amministratori sia utile per verificare se alcuni di questi nominativi appartengano a persone coinvolte in attività di criminalità. L'importante è comunque avere l'anagrafe e l'elenco delle società e degli amministratori. Un terzo aspetto riguarda l'attività di vigilanza: subito dopo la promulgazione della legge n.197, la Banca d'Italia e l'Ufficio italiano dei cambi hanno sollecitato gli intermediari a predisporre i necessari interventi per il puntuale adempimento degli obblighi previsti dalla legge ed hanno quindi avviato un'indagine per la verifica dello stato di attuazione della disciplina. Le risultanze hanno posto in luce un apprezzabile grado di impegno e di sensibilità da parte del sistema, le cui iniziative sono apparse nel complesso appropriate e coerenti; sono stati tuttavia rilevati alcuni ritardi concernenti la messa a punto delle procedure, l'utilizzo degli strumenti informatici e l'attivazione delle verifiche interne. Solamente ora, con la prima segnalazione di marzo, verificheremo quali siano le aziende che presentano ancora ritardi nell'organizzarsi sotto questo aspetto. Nel febbraio del 1992 la Banca d'Italia e l'UIC hanno sottoscritto un protocollo d'intesa per il coordinamento dell'attività di vigilanza e per lo scambio di informazioni. E' stato svolto subito dai due enti un primo accertamento ispettivo presso le aziende operanti nella provincia di Lecce, che era stata indicata come zona in cui l'abusivismo bancario era particolarmente diffuso. Nel novembre del 1992 è stato avviato, ancora in stretto coordinamento tra la Banca d'Italia e l'UIC, un ampio programma di accertamenti ispettivi che hanno riguardato oltre 400 sportelli bancari delle quattro regioni meridionali caratterizzate dalla maggiore penetrazione della criminalità organizzata. Sono in arrivo i risultati di tali accertamenti e direi che dalle prime indicazioni che posso trarre dai rapporti che passano sul mio tavolo risulta che le infrazioni riguardano soprattutto la tenuta dei registri, ossia la mancata registrazione di operazioni superiori ai 20 milioni oppure inferiori a tale cifra, ma frazionate, così che la loro somma supera quella cifra. Naturalmente, tali infrazioni saranno comunicate alle autorità competenti. Di recente, il ministro del tesoro ha incaricato l'UIC di stringere i contatti con le altre autorità di vigilanza di settore (ISVAP, CONSOB e Ministero dell'industria) allo scopo di definire le intese necessarie per il sistematico e coordinato espletamento dell'attività ispettiva. E' interessante notare che il ministro ha stabilito che l'UIC intervenga in via surrogatoria nei casi in cui le suddette autorità non siano in grado di adempiere la funzione ispettiva. Per quanto riguarda indicazioni operative per la segnalazione di operazioni sospette, un ruolo centrale nel disegno generale di contrasto al riciclaggio è rivestito dal principio della collaborazione attiva, che si traduce nell'obbligo per tutti gli intermediari di segnalare all'autorità di polizia le operazioni che possono ritenersi effettuate con denaro proveniente dai quattro gravi reati indicati dalla norma del codice penale relativa al riciclaggio. Per agevolare l'adempimento di tale obbligo, la Banca d'Italia ha predisposto, con il concorso dell'Associazione bancaria italiana, un documento, chiamato "decalogo", che è stato inviato nei giorni scorsi a tutti gli operatori Pag. 1497 bancari, naturalmente dopo aver avuto contatti con tutte le altre autorità coinvolte - Guardia di finanza, carabinieri e polizia -, in modo da verificare se tale decalogo fosse considerato anche da loro adeguato alla bisogna. Tale documento contiene, tra l'altro, una casistica di operazioni: non è, insomma, un manuale che prescrive comportamenti formali, ma deve essere considerato un aiuto, uno stimolo perché lo spirito di collaborazione attiva si diffonda tra gli operatori, intendendo con quest'ultimo termine non i presidenti o gli amministratori delegati delle banche, ma coloro che operano a livello di filiale, di sportello. La Banca d'Italia e l'UIC, nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali, hanno in atto un'ampia collaborazione con gli altri organi dello Stato impegnati nella lotta alla criminalità organizzata: abbiamo rapporti, insomma, davvero molto stretti e pervasi da grande spirito di collaborazione con la Guardia di finanza, con la DIA, con le altre forze dell'ordine, con i prefetti, con i comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica. Quando se ne è presentata la necessità, poi, abbiamo creato gruppi di lavoro che hanno già svolto un'opera positiva per l'approfondimento di specifiche problematiche. Vi è poi una collaborazione di vecchia data con l'autorità giudiziaria, che in termini di giornate di lavoro è giunta a cifre davvero molto elevate. Non dispongo al momento dei dati precisi, ma mediamente credo vi siano una ventina di ispettori della Banca d'Italia occupati in accertamenti tecnici per conto dell'autorità giudiziaria. Si tratta di accertamenti che a volte richiedono la presenza degli ispettori per anni: in alcuni casi, ad esempio in Sicilia, vi sono ispettori che hanno lavorato con continuità per due o tre anni presso i magistrati, per fornire il loro contributo di periti tecnici, necessario a comprendere la massa di documenti che erano stati sequestrati presso le banche. Un aspetto nuovo, anche dal punto di vista della disciplina normativa, è quello dell'abusivismo bancario e finanziario, al quale si accompagnano frequentemente l'usura ed altri fatti delittuosi. La possibilità di indagare sul fenomeno è stata favorita dalla disciplina relativa alle società finanziarie, che ho illustrato in precedenza, dalla ripenalizzazione dell'abusivismo bancario e, infine, dal fatto che sono state sanzionate altre forme di abusivismo finanziario. La Banca d'Italia, in collegamento con l'UIC, ha condotto un'azione conoscitiva ad ampio raggio, ed ha segnalato all'autorità giudiziaria ed alla Guardia di finanza numerose ipotesi di abusivismo bancario. Ha proseguito inoltre nell'opera di sensibilizzazione, anche presso la magistratura, volta ad evitare che vengano omologati atti costitutivi e statuti di società finanziarie che contemplino lo svolgimento di attività riservate per legge alle banche o ad altre categorie di intermediari sottoposti a controlli. Vi sono già state numerose pronunce giudiziarie, sia in sede penale sia in sede civile, in materia, appunto, di abusivismo bancario. Ritengo necessario fare un accenno al raccordo, che è di fondamentale importanza, con le iniziative e le indicazioni emerse in sede internazionale. Ho sempre sostenuto, anche nel corso delle precedenti audizioni, come sia necessario che l'azione venga svolta a livello internazionale, quanto meno comunitario, altrimenti finisce per perdere efficacia e rischia di avere soltanto l'effetto di penalizzare il nostro sistema finanziario ed economico a vantaggio di altri paesi che non seguono analoghe regole di lotta ai fenomeni criminali. E' inutile dire che i costi complessivi per attuare la disciplina antiriciclaggio non sono lievi, però noi sosteniamo - e le banche se ne stanno convincendo sempre di più - che si tratta, in fondo, di investimenti che poi produrranno un ritorno in termini di affidabilità, funzionalità e stabilità degli intermediari finanziari. Sono costi che bisogna sopportare, in vista non soltanto dell'interesse generale Pag. 1498 del paese, ma anche di quello specifico del sistema creditizio. Le prime esperienze applicative delle nuove norme consentono di formulare alcuni suggerimenti per integrazioni e miglioramenti della normativa che potrebbero essere presi in considerazione. In particolare, in relazione ai problemi segnalati dalle aziende ed a quelli rilevati in sede ispettiva, potrebbe essere integrata la normativa secondaria, al fine di risolvere le residue incertezze, riguardanti ad esempio le modalità di registrazione di talune categorie di operazioni e l'apprestamento dei mezzi tecnici per la rilevazione delle operazioni frazionate. Per quanto riguarda l'obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, si condivide la proposta contenuta in un disegno di legge governativo per l'ampliamento dei reati-base del riciclaggio e, conseguentemente, per l'estensione dell'obbligo di segnalazione alle operazioni effettuate con denaro proveniente da altre gravi fattispecie criminose e non solo dai quattro reati attualmente contemplati dall'articolo 648-bis del codice penale. Tale impostazione risponde anche alle previsioni della direttiva CEE ed alle indicazioni contenute negli altri documenti internazionali, tra cui la recente convenzione del Consiglio d'Europa di Strasburgo. Sempre in materia di obbligo di segnalazione delle operazioni sospette, andrebbero adottati tutti gli accorgimenti necessari, sul piano operativo e procedurale, per garantire la riservatezza e consentire al personale degli enti creditizi e finanziari di operare con maggiore serenità nell'assolvimento di questo delicato compito. Come sapete, è questo un punto di grande importanza psicologica: se ci mettiamo nei panni di chi sta allo sportello della filiale di un piccolo paese, possiamo comprendere le sue titubanze ed i suoi timori nell'effettuare una segnalazione che poi entri a far parte del dossier che verrà presentato al processo. Non si può pretendere dalle persone che si comportino in modo eroico. Se, invece, la segnalazione servirà soltanto ai fini di promuovere un'azione di investigazione, ma poi non diventerà necessariamente un documento inserito tra gli atti del processo, è evidente che gli operatori potranno essere più solleciti ed avranno meno remore a comportarsi nella maniera dovuta. Come gli onorevoli commissari sanno, a questo proposito in Francia è stata adottata un'apposita disposizione di legge, in base alla quale tali segnalazioni non possono entrare a far parte degli atti processuali, ma servono soltanto ad attivare l'azione di polizia giudiziaria. Proseguendo nell'indicazione dei suggerimenti relativi a possibili perfezionamenti della normativa, riteniamo che potrebbero essere rafforzati i compiti dell'Ufficio italiano cambi (che, per la verità, sono già molti) per quanto riguarda l'emanazione della normativa secondaria ed il coordinamento operativo. L'efficacia dell'azione dipende infatti dalla possibilità di adeguare tempestivamente, in stretto coordinamento tra le diverse autorità, la capacità di lettura e di regolamentazione dei fenomeni, in un contesto caratterizzato da un'incessante evoluzione. In sostanza, è opportuno che non si aspetti l'approvazione di una legge per disciplinare aspetti che, man mano che se ne ravvisi la necessità, potrebbero essere oggetto di una normativa secondaria. Occorre inoltre considerare che l'attività di riciclaggio può svilupparsi in altre direzioni, al riparo dai controlli e dagli obblighi previsti per gli intermediari finanziari. Il problema va considerato alla luce dell'indicazione contenuta nella direttiva CEE che prevede l'ipotesi di estendere l'applicazione della normativa ad altre attività potenzialmente idonee a fungere da canale di riciclaggio, per la loro capacità di intermediare rilevanti movimentazioni di attività finanziarie e reali. In proposito mi riferisco soprattutto all'opportunità di potenziare gli strumenti di accertamento mirato ai patrimoni che non risultano correlati alle capacità economiche e finanziarie dei titolari o che presentano repentine e cospicue variazioni, prive di apparente giustificazione o Pag. 1499 realizzate con modalità non trasparenti. In questa direzione si muovono i recenti provvedimenti legislativi che consentono il sequestro di patrimoni di sospetta provenienza illecita e l'iniziativa promossa dal Governo per introdurre controlli sui trasferimenti rilevanti di proprietà immobiliari e di partecipazioni societarie. Ho già accennato alla cooperazione internazionale. L'azione deve essere molto attenta e sollecita da parte di tutti gli appartenenti alle istituzioni internazionali: in particolare, è molto importante l'attività del GAFI - che a nostro avviso può essere potenziata - quale promotore di una concertazione normativa ed operativa tra i paesi membri e della contestuale diffusione di idonee linee-guida presso paesi terzi. Non dimentichiamo, infatti, che esistono paesi i quali, non facendo parte del GAFI, possono facilmente diventare luoghi attraverso i quali riesce ad incanalarsi il denaro sporco. I rischi di instabilità dei mercati finanziari si accrescono notevolmente quando all'attività di speculazione ordinaria si aggiungono componenti patologiche come quelle della criminalità organizzata. Si pone pertanto l'esigenza di irrobustire le strutture che si occupano, a livello internazionale, dello studio e dell'analisi dei flussi finanziari e dei mercati, nella consapevolezza che la capacità di individuazione precoce delle manifestazioni di patologia costituisce elemento fondamentale di qualsiasi attività di prevenzione delle turbative dei sistemi finanziari. In conclusione, mi sembra che il quadro normativo per il contrasto del riciclaggio sia stato sostanzialmente definito: si tratta ora di pensare ad alcune integrazioni volte a rafforzarlo. Il momento attuativo è stato avviato ed è iniziata ormai la fase delle verifiche. E' prematuro dare una valutazione dei risultati. Ricordiamo sempre, comunque, che questi vanno misurati non tanto in base al numero delle anomalie rilevate, quanto in base alla capacità del sistema di mantenersi indenne dal coinvolgimento con l'area dell'illegalità, coerentemente con l'impostazione di prevenzione voluta dal legislatore. Ricordo sempre (e a questo proposito mi rivolgo in particolare al senatore Cappuzzo, rammentando quando rivestiva un altro importante incarico) quando promuovemmo insieme la legge che assegnava all'Arma dei carabinieri il compito di tutelare la sicurezza della Banca d'Italia e di tutti i valori che al suo interno circolano quotidianamente. Oggi, a distanza di dieci anni, possiamo dire che non vi è stato alcun incidente, quindi si potrebbe eccepire che forse quella decisione non era necessaria: al contrario, a mio avviso il fatto che non si sia verificato alcun evento spiacevole in un settore così delicato dimostra la necessità di quella scelta. Si ricordi che, allora, eravamo in pieno nel periodo di attività del terrorismo e l'argomentazione principale che sostenne la nostra decisione fu questa: se fanno un colpo alla Banca d'Italia, o in uno stabilimento o su un convoglio che trasporta valori, possono finanziare una vera rivoluzione. Fu questo il motivo che indusse il Parlamento ed il Governo a varare rapidamente quella legge. Così, nel campo di cui ci stiamo oggi occupando, l'importante è la prevenzione, per cui il risultato va analizzato non in termini di fatti anomali verificatisi, bensì in termini di miglioramento della situazione. E' importante - si tratta, del resto, di uno dei compiti ai quali attende la Banca d'Italia - che negli operatori del credito si radichi la consapevolezza del ruolo attivo che essi sono chiamati a svolgere. Ciò non solo perché tali operatori rendono un servizio al paese ma anche perché essi debbono difendere le loro aziende da condizionamenti impropri. Se è vero che la criminalità organizzata rappresenta un pericolo gravissimo per l'intera economia ciò è vero a maggior ragione con riferimento al settore del credito. Il crimine organizzato, infatti, incide in primo luogo sulla fiducia; poiché il sistema del credito si basa appunto sulla fiducia, quando quest'ultima viene meno finisce per perdere la sua capacità Pag. 1500 di vero intermediario del risparmio ai fini dello sviluppo del paese. PRESIDENTE. Nel ringraziare il governatore della Banca d'Italia per la sua relazione, chiedo ai colleghi che intendano porre domande e quesiti se preferiscano che il dottor Ciampi ed i suoi collaboratori rispondano con un unico intervento complessivo o se, al contrario, ritengano opportuno che i nostri ospiti rispondano di volta in volta alle domande poste da ciascun commissario. CARMINE GAROFALO. Ritengo sia preferibile la seconda ipotesi da lei indicata. PRESIDENTE. Poiché anche gli altri colleghi sono d'accordo, procediamo senz'altro in questo senso. ROSARIO OLIVO. Ho ascoltato attentamente l'ottima relazione del governatore Ciampi, che giudico sintetica ma tuttavia molto efficace e significativa, ed ho apprezzato l'impegno posto in essere dalla Banca d'Italia sul piano interno ed internazionale nell'azione di contrasto alla criminalità organizzata. Vorrei sapere innanzitutto in che modo nel nostro paese si sia modificato lo schema dell'approvvigionamento del risparmio e dei depositi negli ultimi 10-15 anni. Quanti nuovi istituti bancari sono sorti (mi riferisco alle casse rurali ed artigiane ed alle casse di risparmio, cioè a banche di prevalente rilevanza locale)? Qual è la loro articolazione territoriale, in particolare per quanto riguarda le regioni a rischio, e quale il volume dei depositi? Chiedo questo per comprendere se vi sia un nesso tra sviluppo delle attività criminali e sviluppo delle attività finanziarie individuate territorialmente. Il governatore si è intrattenuto sulla questione degli strumenti di carattere internazionale utilizzati per favorire la collaborazione tra le banche centrali. Vorrei sapere se tali strumenti consentano l'esercizio di un controllo adeguato dei movimenti dei capitali sporchi. Inoltre le chiedo: la collaborazione tra le banche centrali di diversi Stati risulta soddisfacente, efficace ed idonea a conseguire risultati incoraggianti? Per quanto riguarda le ripetute speculazioni sulla nostra moneta, vorrei sapere se vi siano ragioni tali da indurre a ritenere attiva e presente un'influenza di carattere mafioso. In sostanza: sui movimenti speculativi attivati nei confronti della lira hanno influito anche i capitali mafiosi? Qualora sia stato appurato questo aspetto, in che modo intendete muovervi ed operare? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Vorrei fornire alcuni dati con riferimento alla prima domanda posta dal senatore Olivo, riservandomi di fornire ulteriori informazioni alla Commissione in un momento successivo. In particolare, vorrei segnalare che in Sicilia, alla data del 31 dicembre 1989, esistevano 94 banche locali, ridottesi ad 80 alla data del 31 dicembre 1992. Tra l'altro, va rilevato che due di queste erano entrate a far parte di gruppi di banche a carattere nazionale, per cui il dato definitivo aggiornato al 1992 è di 78 banche locali operanti in Sicilia. Per quanto riguarda gli sportelli bancari, nel dicembre 1989 le banche siciliane ne avevano 1154 divenuti 1219 (con una percentuale dell'1,8 in più) nel dicembre 1992. Nel frattempo gli sportelli di banche non siciliane, che erano appena 160 nel 1989, erano diventati 309 nel 1992. Sul totale degli sportelli bancari nel 1989, l'88 per cento faceva capo a banche siciliane ed il 12 per cento a banche non siciliane. Al 31 dicembre 1992 la percentuale delle banche siciliane è scesa all'80 per cento e quella delle banche non siciliane è salita al 20. Tali dati dimostrano che vi era in atto un processo di razionalizzazione degli sportelli, con conseguenti vantaggi non solo sul versante della lotta alla criminalità ma anche su quello della concorrenza. PRESIDENTE. Tale situazione è il frutto di una scelta specifica della Banca d'Italia oppure è un fatto casuale? Pag. 1501 CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. No, non è casuale. Gli sportelli bancari, come loro sanno, sono stati sottoposti fino al 1989 a regime autorizzativo. Già negli ultimi tempi di permanenza di tale regime (mi riferisco all'inizio degli anni ottanta) avevamo cercato di consentire l'ingresso di banche a carattere nazionale nelle regioni meridionali (non solo in Sicilia, ma anche in Sardegna). Successivamente, avendo liberalizzato l'apertura di sportelli bancari (per cui oggi non è più necessaria l'autorizzazione della Banca d'Italia, essendo previsto che le banche debbano soltanto presentarci un programma, non certo perché noi intendiamo esprimere giudizi sulla localizzazione ma perché dobbiamo accertare se l'azienda abbia la potenzialità per potersi ampliare), il fenomeno si è ovviamente incrementato in modo notevole. Va considerato che nel sud vi è spazio per gli sportelli bancari: il fatto stesso che nel Mezzogiorno si riscontri una presenza di risparmio postale di gran lunga maggiore - ovviamente in termini relativi - rispetto a quella dell'Italia centro settentrionale lo dimostra efficacemente. Ovviamente, sarebbe preferibile aumentare la quota di risparmio bancario rispetto a quello postale perché quest'ultimo è indirizzato al centro ed è destinato ad utilizzazioni di carattere generale decise dal Governo e dallo Stato mentre quello bancario dovrebbe essere impiegato in attività imprenditoriali locali. Pertanto, in questo caso vi sarebbero vantaggi anche ai fini dello sviluppo. CARMINE LAMANDA, Capo del Servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. Vorrei segnalare che il numero degli sportelli in Sicilia è aumentato del 5,16 per cento nel triennio 1990-92 mentre nel resto del paese la percentuale è del 10,50. La politica degli sportelli è oggi legata alla situazione tecnica delle banche. Noi non influiamo sulla localizzazione ma accertiamo che gli sportelli siano aperti da strutture forti. Il fatto che in Sicilia si registri un incremento minore rispetto alla media nazionale può derivare dalla debolezza delle strutture esistenti, oltre che dalla situazione di mercato. La presenza di banche di interesse nazionale può favorire lo sviluppo di sportelli e di strutture sane. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. In sostanza, mentre le banche non siciliane hanno fatto registrare un aumento degli sportelli del 25 per cento, ben superiore alla media del 10 per cento nazionale, le banche siciliane hanno fatto registrare un aumento minimo. Per di più, sia per motivi legati alla debolezza delle banche sia per questioni di criminalità, abbiamo dovuto procedere alla chiusura di numerose banche siciliane. Tenete presente che negli ultimi 4 anni in Italia sono state commissariate 22 banche. Di queste, 14 si trovavano nelle regioni cosiddette a rischio (Sicilia, Calabria, Puglia e Campania). Sempre nello stesso periodo sono state liquidate in via coatta amministrativa 6 banche; di queste, ben 5 si trovavano nelle menzionate regioni a rischio. A parte questi provvedimenti di rigore - mi si consenta la definizione - abbiamo avviato interventi straordinari che si risolveranno in fusioni di banche o in iniziative di altra natura. Tali interventi riguardano 12 casse rurali artigiane in Sicilia, 5 casse rurali e una banca popolare in Calabria, 6 casse rurali in Campania, 3 casse rurali e una banca popolare in Puglia. Queste banche non sono incorse in iniziative di rigore, ma erano in condizione di tale debolezza e precarietà da costringerci ad intervenire per promuovere una loro volontaria chiusura o, nella maggior parte dei casi, un assorbimento da parte di aziende più forti. Per quanto riguarda la collaborazione nella materia che stiamo trattando tra le banche centrali del gruppo dei dieci (mi riferisco ai 7 maggiori paesi industrializzati europei, oltre al Canada, al Giappone e, in particolare, agli Stati Uniti) il rapporto è buono, nonostante siano riscontrabili alcuni elementi di diversità. Vi sono per esempio alcuni paesi della Comunità Pag. 1502 nei quali vi è una realtà caratterizzata dalla prevalenza e dall'importanza attribuita a determinati fattori. La Gran Bretagna, ad esempio, da un lato ha fatto cose molto importanti ed è stato il primo paese ad assicurare una collaborazione attiva delle banche (sulla base di un decalogo analogo a quello che abbiamo predisposto noi) ma dall'altro, proprio in funzione della libertà che deve avere il mercato di Londra, è stata poco attenta ad alcuni aspetti. Vi sono poi altri paesi minori, per esempio il Lussemburgo, in riferimento ai quali si riscontrano punti di debolezza. Per quanto riguarda la speculazione sulla lira, non abbiamo elementi per poter affermare che vi sia stato un inserimento di operatori mafiosi. In Banca d'Italia, non appena avvenuta la svalutazione del settembre scorso, fu costituito un gruppo interno per studiare tecnicamente il fenomeno che si era verificato. I risultati di tale studio sono stati pubblicati nell'ultimo numero del bollettino della Banca d'Italia. Francamente, non sono emersi fatti che possano far supporre attività come quelle segnalate. PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio italiano dei cambi. Per dare l'idea della dimensione delle somme trattate quotidianamente sui mercati dei cambi, un'indagine condotta lo scorso anno dalle principali banche centrali in collaborazione con la Banca dei regolamenti internazionali, ha evidenziato che ogni giorno vengono trattati sui mercati dei cambi mondiali circa 900 miliardi di dollari. Questo ammontare equivale al prodotto lordo interno italiano di un anno. Di questo ammontare, sul mercato dei cambi italiano, che pure è uno dei più piccoli, vengono trattati 22 miliardi di dollari, che equivalgono a 30 mila miliardi di lire al giorno (ogni mese sul mercato dei cambi italiano si tratta un valore equivalente a metà del prodotto interno lordo del paese). La dimensione è tale che, anche dal punto di vista generale, non si può ragionevolmente ipotizzare che singole, anche se grandissime, operazioni di origine mafiosa possano influenzare in maniera significativa questo andamento. MARIO BORGHEZIO. Riallacciandomi alla precedente domanda sulla situazione degli istituti bancari nelle regioni a rischio, vorrei anzitutto chiedere al governatore se vi sia una particolare vigilanza nei confronti di tali istituti, anche di quelli di grandi dimensioni; per esempio, mi viene in mente la situazione del Banco di Sicilia, che è il principale istituto della regione. Non si può immaginare che questa situazione di controllo molto stretto di settori del potere politico da parte di Cosa nostra o di influenza nei confronti dell'ambiente politico non si ripercuota anche su banche di questo livello. Tenendo conto dei compiti istituzionali di questa Commissione, che sono anche quelli di esaminare i modi di attuazione delle normative antimafia, vorrei soffermarmi sull'argomento che ritengo chiave, cioè l'attuazione della normativa antiriciclaggio. Al convegno del CNEL del settembre 1992 mi hanno colpito i dati forniti dal generale Mezzetti della Guardia di finanza non solo sull'entità preoccupante delle segnalazioni al giugno 1992 ma anche sulla localizzazione dei dati più sconfortanti: una sola comunicazione per le province di Bari, Catania, Lecce, Napoli e Salerno e nessuna comunicazione per le province di Agrigento, Caltanissetta, Messina, Ragusa, Siracusa, Enna, Trapani, Catanzaro, Cosenza, Avellino, Benevento, Caserta, Foggia e Taranto. A questo proposito vorrei conoscere il giudizio del governatore e quali provvedimenti siano stati assunti o si intenda assumere. Vorrei anche che il governatore si pronunciasse con chiarezza in merito ad un' altra indicazione scaturita da quel convegno del CNEL, cioè la necessità di una modifica della previsione legislativa circa la delimitazione dei delitti a monte del riciclaggio. Chiedo se non ritenga che la sfera debba essere ampliata o meglio definita. Penso, per esempio, al di là del Pag. 1503 reato di narcotraffico, all'importanza che in relazione ai traffici economici di Cosa nostra possono assumere reati come l'usura, il totonero, lo sfruttamento dell'immigrazione clandestina. Vorrei anche sapere qualcosa di più su ciò che viene fatto in relazione al controllo sull'abusivismo nell'esercizio dell'attività bancaria e finanziaria, tenendo conto dei profondi legami tra le organizzazioni mafiose e l'attività di usura, sia attraverso finanziarie sia attraverso l'utilizzo di conti correnti bancari. Venendo al punto chiave, quello dell'applicazione della normativa antiriciclaggio, vorrei brevemente rifarmi a quanto contenuto nella relazione del dottor Desario della Banca d'Italia al già citato convegno del settembre 1992, il quale ha scritto: "Sono emersi ritardi nella messa a punto delle procedure, nell'utilizzo degli strumenti informatici, nell'attivazione delle verifiche di competenza degli ispettorati e dei collegi sindacali", aggiungendo poi: "Sarà avviata a breve termine una nuova indagine presso gli enti sottoposti a vigilanza". Vorrei conoscere i risultati di quest'indagine, anche perché mi è giunto un documento di un'importante banca di interesse nazionale, l'Istituto San Paolo di Torino, distribuito a tutti i dipendenti all'inizio del presente anno. A pagina 17 di tale documento, a proposito della procedura di individuazione delle operazioni sospette, si legge testualmente la seguente frase: "In pratica si può affermare che non è necessario attuare controlli diversi da quelli che abitualmente si attuano nella normale gestione quotidiana del rapporto con la clientela". A pagina 22 si parla della norma che prevede l'obbligo di predisporre gli strumenti ... PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Borghezio, ma la procedura che abbiamo deciso di adottare esige domande precise e brevi. MARIO BORGHEZIO. Devo documentare la mia domanda. Vorrei citare un'altra frase. A pagina 23, a proposito dei casi tipici in cui si concreta l'attività di individuazione, si legge testualmente: "Ciò non è esattamente rispondente" - ci si riferisce a quel che l'operatore deve fare - "al dettato legislativo: d'altra parte la legge vuole essere uno strumento concreto di supporto alla magistratura nella lotta contro il crimine e non un mezzo per impedire alle banche la loro attività". Vorrei sapere se il nuovo "decalogo" - che con piacere apprendiamo essere stato divulgato - sia conforme o meno a questa impostazione, che mi sembra estremamente preoccupante. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Per quanto riguarda l'attività di vigilanza nelle zone meridionali, in particolare in Sicilia, posso assicurare l'onorevole Borghezio che essa è più intensa che nel resto del territorio nazionale e potremo inviare alla Commissione i dati specifici. Le ispezioni sono assai più frequenti che nel resto del paese - anche attualmente ve ne sono alcune importanti in corso in Sicilia - e soprattutto l'attività ispettiva ha dato luogo ad interventi di vigilanza molto più ampi di quelli che avvengono nella media del territorio italiano. Per quanto riguarda l'abusivismo bancario, negli ultimi tre anni, dal 1991 al 1993, abbiamo segnalato alla Guardia di finanza, all'autorità giudiziaria e agli altri organi inquirenti, ben 187 casi di società finanziarie operanti nell'Italia meridionale - la maggior parte dei quali, ben 112, operavano in Campania - che supponevano attività di abusivismo bancario. Naturalmente, consegnerò alla Commissione l'elenco delle segnalazioni effettuate. Abbiamo poi svolto un'azione particolare per quanto riguarda le casse di mutualità. In molti casi abbiamo riscontrato una raccolta di risparmio ed un'attività di impiego svolta ben al di là del vero concetto di cassa di mutualità. Infatti, tali istituti dovrebbero essere ammessi solo laddove operino nei confronti dei soci: in realtà, spesso non operano nei confronti solo dei soci ma nei confronti di Pag. 1504 altri soggetti; inoltre, il concetto di socio è talora estremamente ampio. Fra l'altro, abbiamo invitato l'autorità giudiziaria a non accettare la definizione di cassa di mutualità qualora l'acquisizione della qualifica di socio sia legata a requisiti così generici da consentire a chiunque di farne parte; in questo caso, si fa una banca, non una cassa di mutualità. Quanto al riciclaggio, sono perfettamente d'accordo con l'onorevole Borghezio - mi sono permesso di indicarlo nella relazione - che si dovrebbero per legge ampliare i reati di riferimento rispetto ai quattro attualmente previsti. Per quanto riguarda le considerazioni svolte dal dottor Desario al convegno del settembre 1992, abbiamo svolto nel novembre scorso quell'indagine su 400 sportelli nell'Italia meridionale, per controllare come avveniva la registrazione delle operazioni di cui si deve prendere nota ai sensi di legge. Quanto alla creazione di un archivio a carattere aziendale su base informatica e tale da permettere il trasferimento dei dati, sia pure aggregati, dalle singole banche all'Ufficio italiano cambi, la procedura è in atto: dovrebbe essere già stata completata, perché il termine ultimo scadeva a gennaio. Da fine marzo disporremo delle prime segnalazioni; vedremo quali aziende non sono in grado di adempiere le nuove procedure e su quelle interverremo. Non conosco il documento del San Paolo di Torino ma da quel che lei ha letto posso dire che il cosiddetto "decalogo" di Bankitalia è ben diverso da quelle indicazioni. Fra l'altro, abbiamo cercato di far entrare nella mentalità delle aziende due concetti particolari. In primo luogo, che le spese che esse devono sostenere sono investimenti che renderanno alla banca stessa; in secondo luogo, che il singolo bancario deve avere consapevolezza che nella misura in cui fa opera attiva nella lotta al riciclaggio difende la propria azienda e quindi il proprio posto di lavoro, perché se il riciclaggio entra nella sua azienda essa prima o poi diventerà infetta, rischierà di chiudere ed egli di perdere il proprio posto di lavoro. PRESIDENTE. E' la contropartita per l'altro rischio. ALFREDO GALASSO. Credo che a noi interessi in questa sede soprattutto una valutazione di carattere generale, più che conoscere un insieme di misure, peraltro apprezzabili. Proverò a stabilire i punti sui quali vorrei che si soffermasse nella sua risposta, governatore. Non c'è dubbio che a livello nazionale e internazionale si è rovesciato - in maniera direi rivoluzionaria - un principio di fondo: la prassi precedente era guidata dal principio pecunia non olet; ora si è stabilito il principio che il denaro puzza e dunque si affrontano i problemi della provenienza illecita e del riciclaggio. Nelle banche e negli intermediari finanziari c'è un sufficiente livello di consapevolezza di questa novità straordinaria? Dobbiamo capire come vanno le cose anche perché abbiamo ricevuto giudizi non propriamente tranquillizzanti da parte dell'autorità di polizia e di quella giudiziaria. Vi è consapevolezza che il problema non sia limitato dal punto di vista territoriale? Nella sua relazione lei fa riferimento alla Sicilia ed alle altre regioni meridionali, ma non preoccupa soltanto lo sportello bancario di Ragusa, in quanto cominciano a preoccupare anche quelli di Domodossola e di Arzignano. Il fenomeno è diffuso, vi è una mobilità straordinaria, perciò domando: su questo l'insieme delle banche manifesta attenzione? In questo quadro generale, può spiegare qual è la ragione del ritardo relativo al "decalogo"? Ricordo che la legge è entrata in vigore nel luglio 1991, mentre il "decalogo" è del febbraio 1993: perché si è registrato tale ritardo? L'adeguamento spontaneo alla legge n. 197 non c'è stato e dunque la Banca d'Italia ha ritenuto di intervenire con maggiore determinazione? Mi sembra si avvertano preoccupazioni nell'affrontare il rapporto tra istituto Pag. 1505 di vigilanza e singole banche, dal momento che da parte sua si sente il bisogno di dire che questo è un consiglio, non un indirizzo o una direttiva particolare. Personalmente sarei contento, per l'autorità morale della Banca d'Italia, se si dessero direttive piuttosto che raccomandazioni, anche se mi rendo conto che vi sono problemi delicati e che la situazione è estremamente grave. Si è parlato della collaborazione con le altre banche centrali. Rispetto alle segnalazioni delle operazioni sospette, che rappresenta uno dei punti all'ordine del giorno del GAFI già nel 1989, credo si stiano "rovesciando" - ma è anche un difetto della legislazione italiana - in una serie di indicazioni per l'autorità giudiziaria. Le domando, signor governatore: non si avverte una forte esigenza di autotutela, che non deve necessariamente "rovesciarsi" sul versante giudiziario tanto da rendersi necessarie alcune misure, come la riservatezza? Mi riferisco all'autotutela affinché sulle operazioni sospette possa intervenire l'autorità di vigilanza prima ancora della giudiziaria; d'altra parte il punto fondamentale della raccomandazione del GAFI del 1989 non era costituito tanto dalla segnalazione all'autorità giudiziaria quanto da una sorta di capacità di autotutela, di autodifesa e quindi di espulsione dei circuiti infetti. In relazione al complesso di iniziative, di attribuzioni e di compiti - che personalmente mi auguro siano estesi e resi il più possibile incisivi - la Banca d'Italia si è attrezzata dal punto di vista tecnico-professionale ed organizzativo oppure considera questa funzione collaterale o marginale rispetto a quelle che tradizionalmente svolge? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Mi pare che tutte le domande dell'onorevole Galasso siano incentrate sull'impostazione e sulla sostanza. Non vi è dubbio che non solo si è passati dal pecunia non olet al pecunia olet, ma è stato compiuto anche un salto di qualità a livello di collaborazione passando da quella passiva a quella attiva. Mentre prima non ce ne occupavamo, successivamente ci siamo attivati: anzi, onorevole Galasso, l'Italia è stata tra i primi paesi - forse perché il fenomeno da noi aveva una rilevanza maggiore - a farsi carico del problema. Ricordo di aver dedicato, subito prima o subito dopo la prima audizione dinanzi a questa Commissione, nel discorso davanti all'assemblea annuale della Banca d'Italia un passaggio a questo aspetto, evidenziando l'importanza per il sistema bancario di difendersi dall'inquinamento della criminalità organizzata. Ciò non tanto per rendere un servigio a terzi, sia esso il paese o altri settori, quanto in primis per renderlo a se stessi: mi permetterò di inviarle questo passaggio, onorevole Galasso che risale se non erro al 1984. Quindi, siamo perfettamente d'accordo in argomento. Per quanto riguarda le zone, si parla soprattutto delle quattro aree a rischio, perché lì nasce ed è più presente e grave il fenomeno della criminalità organizzata. Siamo perfettamente consapevoli però che esso riguarda l'intero paese tanto che la disciplina emanata dalla Banca d'Italia e dall'Ufficio italiano cambi concerne il territorio nazionale. E' ovvio che, in ordine alla vigilanza bancaria, la nostra attenzione si è dovuta concentrare su alcune regioni, in particolare la Sicilia in cui abbiamo registrato casi rilevanti, denunciati dalla debolezza delle imprese e dall'esistenza di criminalità in alcune banche (è inutile che io vi citi i nomi degli istituti interessati, in quanto sono stati riportati dagli organi di stampa per le conseguenze giudiziarie prodottesi). Il nostro interessamento riguarda l'intero paese, anche se è chiaro che risulta concentrato nelle quattro regioni citate. L'onorevole Galasso ha chiesto chiarimenti sul ritardo nella redazione del "decalogo". Premesso che il GAFI è sorto nel 1989 e che il nostro paese ha svolto una parte non indifferente per la sua costituzione, il "decalogo" si è avuto alla fine del 1992 in quanto il concetto di Pag. 1506 collaborazione attiva è scattato con la legge del 1991 che di fatto è stata attuata soltanto nel 1992. Rispetto al merito del "decalogo", occorre evitare di dire all'operatore bancario ciò che deve denunciare e ciò che non deve denunciare, al contrario si deve cercare di indicare i comportamenti da adottare. Nessuno si presenta allo sportello bancario con il collarino recante la scritta "sono un mafioso o un criminale"; l'importante è che l'operatore bancario conosca il cliente, la persona cioè che vuole effettuare un'operazione di importo inusitato, ossia chi fino a ieri compiva operazioni da 50 milioni mentre oggi ne effettua di importo pari a 500 milioni. E' difficile indicare criteri, l'importante è dare orientamenti e battere con tenacia su di essi, con tenacia e perseveranza. Non riteniamo di aver assolto completamente al nostro compito con la predisposizione del "decalogo". Per tale motivo, nella mia relazione di stamani ho sostenuto che gli ispettori della Banca d'Italia devono, come compito ordinario di attività ispettiva, controllare come viene applicata nella forma e nella sostanza la normativa antiriciclaggio. Solo battendo e ribattendo nell'azione periferica, da parte dei nostri direttori di filiale, con i direttori delle singole aziende di credito si può far acquisire questa mentalità. E' una questione di mentalità, come giustamente ha sottolineato l'onorevole Galasso. Quanto alla collaborazione con le banche centrali, esiste in misura diversa, da caso a caso. In materia, la banca centrale del nostro paese ha giocato un ruolo di avanguardia, perché siamo stati sempre convinti - lo dissi anche in precedenti audizioni - che una normativa riguardante soltanto l'Italia non è utile, anzi è un danno per il paese non potendo dare alcun effettivo e sostanziale apporto alla lotta alla criminalità. Quanto poi alle attrezzature della Banca d'Italia e dell'Ufficio italiano cambi, quest'ultimo ha modificato, almeno per il 50 per cento, la sua attività; venuta meno la parte dei controlli valutari, si è rivolto al nuovo compito affidatogli dalla legge, che occupa in modo significativo l'attività complessiva dell'Ufficio, compresa quella ispettiva. La Banca d'Italia svolge la vigilanza sull'intero sistema creditizio: importante però è aver fatto emergere, come elemento ordinario dell'attività ispettiva, la lotta alla criminalità e al riciclaggio. PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio italiano dei cambi. Per quanto riguarda l'Ufficio italiano cambi il grosso dell'attività è concentrato sugli elementi innovatori della legge n. 197 rispetto a quanto avviene negli altri paesi più sviluppati del mondo. Oltre alla collaborazione attiva che non si esaurisce con la segnalazione di operazioni sospette - le quali sono una tipologia limitata perché legata all'articolo 648-bis del codice penale, ossia quattro ipotesi di reato - un altro elemento innovatore è costituito dalla creazione degli archivi informatici standardizzati uguali, come ossatura e struttura informatica, per le banche nonché le società di assicurazione, le finanziarie, le SIM e i soggetti che operano nel mondo dell'intermediazione finanziaria. Ciò significa che l'autorità inquirente, non appena gli archivi avranno accumulato dati - hanno iniziato dal gennaio 1993, in coerenza coi tempi previsti dalla legge secondo la quale entro giugno 1992 doveva essere emanato il decreto attuativo del ministro del tesoro e sei mesi dopo vi sarebbe stata l'entrata in funzione degli archivi medesimi -, potrà seguire, con lo stesso tipo di informazione presso qualsiasi intermediario, "l'odore" lasciato dalla pecunia durante i suoi trasferimenti, secondo modalità di accesso uguali per tutti. L'altro elemento che assorbe pesantemente l'attività dell'Ufficio, non della parte ispettiva ma della struttura statistica informatica, è relativo all'elaborazione del modello statistico che, dagli archivi standardizzati informatici delle banche e degli altri intermediari abilitati, Pag. 1507 dovrà trarre dati aggregati sui quali fare elaborazioni capaci di identificare situazioni anomale che, segnalate al Ministero del tesoro, consentiranno di sviluppare l'attività inquirente. Ribadisco quindi che i due aspetti innovativi della legge n. 197 sono questi, in quanto la segnalazione delle operazioni sospette non può che centrare alcuni elementi limitati. Credo di poter leggere in questo senso la visione del legislatore perché,se si fosse pensato che le segnalazioni delle operazioni sospette potessero concludere l'attività di controllo del riciclaggio, non si sarebbe avvertito il bisogno della legge n. 197 che invece serve a identificare nuove vie di perseguimento e prevenzione del fenomeno del riciclaggio. MARIO BORGHEZIO. Il caso recentissimo, individuato dall'autorità giudiziaria, relativo alla Cassa di risparmio di Saluzzo, contraddice i buoni propositi enunciati dal governatore della Banca d'Italia. E' possibile, infatti, come abbiamo letto sui giornali piemontesi, che la colf di una signora che esercita l'usura si rechi alla Cassa di risparmio di Saluzzo con la borsa della spesa e ritiri mazzette di denaro, consegnate poi a Milano ad uno dei boss della mafia turca? PRESIDENTE. Quindi, vi sono operazioni apparentemente sospette che non sono state denunciate. E' questo il punto? CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. Non abbiamo elementi diretti... PRESIDENTE. Appena li avrete acquisiti, vi preghiamo di comunicarceli. CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. Senz'altro. VINCENZO SCOTTI. Dottor Ciampi, credo sia fuori luogo sottolineare la sensibilità e l'impegno della Banca d'Italia in questa direzione perché ritengo che in Europa sia quella che ha dimostrato la maggiore attenzione su questo tema e ritengo che abbia anche anticipato le decisioni ed i provvedimenti del Parlamento e del Governo. La prima domanda che voglio porle è la seguente: tenuto conto che oggi disponiamo della standardizzazione informatica degli archivi presso i singoli intermediari, siamo pronti a compiere un passo successivo, cioè a seguire in tempo reale le operazioni incrociando i dati, non solo bancari ma anche finanziari, dei diversi intermediari, in modo da seguire l'attività ed attuare operazioni preventive? Credo infatti che il cuore del problema sia qui, nel senso che la segnalazione dell'operazione anomala di per sé non è sufficiente. Una volta compiuto il primo passo standardizzando gli archivi dei singoli intermediari, oggi si potrebbe guardare più avanti cercando di assemblare e di utilizzare i dati in tempo reale. La seconda domanda attiene alle analisi statistiche. Ai fini delle medesime è importante l'incrocio dei dati finanziari con quelli reali (previdenziali, assicurativi e fiscali), in modo tale da poter avere indicatori utili alle indagini giudiziarie e di polizia. Lei sa che la possibilità di incrocio dei dati può consentire risultati eccezionali dal punto di vista della investigazione. Oggi, disporre dei dati finanziari aggregati e di quelli di economia reale delle altre banche dati credo sia estremamente utile. Su questo punto vi sono anche problemi legislativi tuttora aperti perché è necessario che questioni di tale natura siano regolamentate. Ritengo pertanto che tra i punti che dovremo affrontare debba esservi anche quello relativo all'utilizzazione, con gli opportuni riferimenti al codice fiscale, dell'insieme dei dati finanziari reali. L'ultima domanda attiene al riciclaggio del denaro nei paesi dell'est. Da questo punto di vista, la Banca d'Italia presta attenzione ai movimenti bancari e agli intermediari finanziari? Cosa ritiene possibile fare, dati sia la debolezza delle banche centrali e del sistema bancario di Pag. 1508 quei paesi sia, e soprattutto, il loro interesse ad ottenere valuta forte senza guardare in faccia nessuno? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. La prima domanda dell'onorevole Scotti è centrata su un fatto oggetto di discussioni nel contesto non solo italiano ma internazionale. Rispetto al passato, quando le segnalazione pervenivano agli sportelli delle singole aziende, per cui si doveva procedere ad una ricerca complessiva delle medesime anche nel caso di indagini da parte dell'autorità giudiziaria e della polizia, oggi queste informazioni sono riportate in modo omogeneo e utilizzando il supporto informatico. La scelta della legge n. 197 è stata quella di far sì che le informazioni assunte sulla base delle singole operazioni fossero elaborate ed aggregate; ciò sta a significare che le singole aziende non inviano all'Ufficio dei cambi i dati elementari ma i dati aggregati secondo le indicazioni che ricevono dall'ufficio stesso e che riguardano, appunto, le caratteristiche delle operazioni compiute; queste ultime, per esempio, possono essere quelle svolte da tutti i concessionari automobilistici di una determinata zona. Quindi, è già in atto l'accentramento delle informazioni. Se ci riferiamo all'accentramento di tutte le operazioni elementari, va detto che tale scelta non è stata effettuata con la legge n. 197; la proposta è stata oggetto di opinioni diverse da parte degli stessi legislatori e che appare soprattutto legata, a mio avviso, alla necessità di acquisire una valenza internazionale, perché se fosse attuata da un solo paese della Comunità non avrebbe senso. Un accentramento di questo tipo è stato compiuto soltanto negli Stati Uniti e ricordo che non oggi ma una decina di anni fa, non appena fu posto in essere, fu inviata a tutte le banche centrali la richiesta di segnalare tutte le operazioni superiori ai 5 mila dollari. La risposta delle banche fu negativa. Il che dimostra che gli Stati Uniti si resero conto che questo tipo di accentramento rendeva molto poco in quanto non veniva attuato anche in altri paesi. Dunque, prima è importante convincersi della necessità e dell'opportunità di una simile operazione, poi è necessario concretizzarla quanto meno su base comunitaria, perché altrimenti vi è il rischio che permanga una situazione non omogenea e che questa produca dei danni economici, nel senso che certe operazioni non saranno più compiute nel paese che l'ha posta in essere ma altrove. VINCENZO SCOTTI. Il danno economico è già stato realizzato - se vogliamo dire così - con la registrazione delle operazioni. Quindi, per la banca e per il cliente il costo è pagato... CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Anche il danno è diverso, onorevole Scotti. Infatti, la registrazione oggi avviene in molti paesi, non soltanto in Italia... VINCENZO SCOTTI. No, io mi riferisco al nostro sistema... CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Vedo il danno dove vi è una normativa non omogenea. Dove lo strumento non funziona vi è un danno di carattere economico per il paese che lo adotta. Oggi l'operatore sa che la sua operazione è registrata ma sa anche che non viene ancora portata ad un livello di accentramento generale. In gran parte, onorevole Scotti, la mia obiezione è di fattibilità più che di merito. Per quanto riguarda l'incrocio dei dati finanziari con quelli reali, bisogna anzitutto chiarire se ci si riferisce all'incrocio preventivo o a quello su richiesta. Infatti, quest'ultimo già oggi può avvenire, mentre per ciò che attiene all'incrocio preventivo credo che vi siano limitazioni anche di carattere legislativo. Non vi sono problemi sul cosiddetto incrocio successivo perché, se si indaga su una persona o su un gruppo, oggi l'autorità giudiziaria Pag. 1509 o la polizia possono tranquillamente chiedere informazioni ai vari enti e banche, compreso l'Ufficio cambi. Non avviene invece, come ho detto poc'anzi, l'incrocio preventivo. In merito ai paesi dell'est, ci siamo trovati di fronte ad un aspetto nuovo che crea preoccupazione. Infatti, questi paesi hanno interesse per motivi di sviluppo ad attrarre capitali da tutto il mondo, e poiché sono in grado di farlo perché non hanno controlli, evidentemente creano problemi all'intera Europa. E' già in atto un tentativo per convincerli ad introdurre, quanto meno, alcuni rudimentali tipi di controllo. Per quanto riguarda la situazione attuale, concordo con lei, onorevole Scotti, sui rischi che anche per noi comporta sotto questo aspetto l'apertura ai paesi dell'est. CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. Desidero chiarire all'onorevole Scotti i problemi che incontriamo dal punto di vista tecnico. E' stato facile acquisire le informazioni finanziarie perché vi era lo strumento. Si è puntato sull'onere. In pratica, a chi voleva il finanziamento è stato chiesto di fornire le informazioni. Non è facile attuare la stessa cosa sul piano delle informazioni patrimoniali, nel senso che non vi è un momento in cui si richiede di dare informazioni per ottenere qualcosa in corrispettivo. Dunque, oltre alle difficoltà dal punto di vista tecnico, vi è anche un problema di analisi di questioni di varia natura. Ovviamente, si tratta di un problema legislativo, come anch'ella aveva evidenziato, onorevole Scotti. PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio italiano dei cambi. Vorrei aggiungere alcune considerazioni quantitative. E' vero che negli Stati Uniti esiste la banca centralizzata sulle operazioni di pagamento ma essa riguarda soltanto le operazioni di pagamento in contanti superiori ai 10 mila dollari. In Italia, invece, vengono registrate negli archivi informatici unici delle aziende di credito tutte le operazioni di pagamento, fatte in qualsiasi forma, non soltanto in contanti, superiori a 20 milioni di lire. Queste registrazioni devono essere compiute non soltanto dalle circa mille banche che esistono in Italia ma anche dalle circa 500 società fiduciarie, dalle circa 300 compagnie di assicurazioni, dalle circa 60 società di gestione di fondi comuni, da circa 600 intermediari in valori mobiliari (SIM, Commissionarie, agenti di cambio eccetera). I dati da elaborare sono già una quantità enorme quando vengono inviati in forma di aggregazione mensile articolata per tipo di operazione, per comune in cui l'operazione è compiuta, per categoria del pagante e del beneficiario. Realizzare una banca dati nazionale in grado di funzionare in tempo reale su tali informazioni significa dar vita ad una rete informativa che unisca tutti questi soggetti. Si tratta di un'impresa praticamente irrealizzabile, perché a parte l'investimento finanziario che richiederebbe, di dimensioni non immaginabili in questo momento, comporterebbe una difficoltà di gestione di tipo eccezionale. E' sufficiente ricordare che ogni mese soltanto nelle banche italiane vengono effettuate circa 12 milioni di operazioni di pagamento aventi le caratteristiche per essere registrate nell'archivio unico informatico. Quindi, si è scelto il procedimento di un avvicinamento graduale. Il decreto del ministro - il cosiddetto decreto statistico del 7 agosto - prevede che le banche, attingendo dai loro archivi informatici inviino dei dati aggregati, secondo una prima aggregazione abbastanza limitata, in base ai quali l'ufficio, con stadi di avanzamento successivi, valuterà poi se e come arrivare a dettagli idonei ad identificare situazioni statisticamente anomale. Dunque, al momento si tratta di un sistema ragionevolmente fattibile e con costi già attualmente molto elevati, che sono stati affrontati perché si è riusciti a realizzarlo in tempi brevi. Tanto per fare un esempio, vorrei dire che l'anagrafe fiscale, che è alimentata soltanto da pochi Pag. 1510 soggetti e che esiste da circa venti anni, ancora non è in grado di compiere tutti gli incroci che potrebbero servire alle varie autorità. Nel nostro caso, invece, si tratta di un sistema avviato il 7 gennaio 1993 e che pertanto può procedere per passi successivi. ANTONIO BARGONE. Desidero tornare sulla questione degli sportelli bancari e delle nuove banche chiedendo al governatore Ciampi se non ritenga che vi sia una contraddizione tra il rigore della normativa sul movimento del denaro e la liberalizzazione di questo fenomeno. Ciò tenuto conto peraltro del fatto che il numero degli sportelli bancari e delle nuove banche, soprattutto nel Mezzogiorno, è inversamente proporzionale al reddito pro capite ed al denaro di provenienza lecita che circola in quelle realtà. Inoltre, la normativa comunitaria che ha introdotto questa novità credo contrasti anche con la strategia della Banca d'Italia - che nel corso della passata legislatura verificammo anche in Sicilia - diretta all'accorpamento di banche anche con una politica di fusioni e d'incorporazioni. Mi sembra quindi che la Banca d'Italia avesse manifestato sensibilità ed attenzione al problema e che la direttiva comunitaria abbia fatto segnare un passo indietro rispetto alla strategia che ricordavo. A questo proposito, vorrei sapere dal governatore se non vi sia la necessità di intervenire anche con provvedimenti legislativi per promuovere un maggiore rigore, o se si possa ovviare al problema con un controllo più attento. Voglio poi richiamare un'altra questione che si riconnette strettamente a quella di cui ho testé parlato, ossia al problema dell'economia criminale che, soprattutto nel sud, sta in qualche modo alterando il mercato e - come ha di recente sottolineato il ministro Mancino - minaccia addirittura di impadronirsi di imprese, di ditte e, in genere, di attività economiche e commerciali. Questo processo è facilitato anche dal ruolo delle banche: l'onorevole Galasso diceva prima che il denaro comincia a puzzare, ma mi sembra che questo fenomeno - chiamiamolo così - non riesca ad essere incisivo, soprattutto nelle regioni meridionali. Vorrei quindi sapere dal governatore Ciampi quale sia la politica del credito rispetto a questo problema, ossia se si accolgano ancora a braccia aperte coloro che realizzano operazioni disponendo di consistenti risorse di denaro di provenienza oscura. Il governatore Ciampi ha inoltre parlato di una collaborazione attiva con la Guardia di finanza, la DIA e la magistratura: vorrei sapere di che tipo di rapporto si tratti e se, per esempio, serva a verificare la provenienza di questo denaro e ad impedire alla radice operazioni di una certa natura che con l'appoggio della banca portano poi anche a creare consolidati blocchi sociali ed economici. La mia impressione è che si favorisca comunque la raccolta dei fondi piuttosto che controllare la liceità dell'operazione. A ciò si aggiunge un dato che abbiamo acquisito nel corso delle nostre audizioni, relativo al fatto che nel Mezzogiorno si praticano tassi di interesse molto più elevati che nelle altre regioni, il che penalizza ulteriormente le attività economiche e commerciali sane, che incontrano problemi proprio nell'accesso al credito. In moltissime occasioni abbiamo addirittura rilevato che il discrimine tra l'azienda lecita e quella illecita - a sfavore della prima - è rappresentato proprio dall'accesso al credito. Tale accesso, infatti, costituisce un problema per l'azienda che svolge attività lecite, dato anche il generale contesto di crisi economica, mentre per le altre imprese l'operazione bancaria addirittura è quasi sempre diretta non al finanziamento, ma al riciclaggio di denaro. Un'ulteriore domanda che intendo porre al governatore riguarda il tema del controllo esercitato dalla Banca d'Italia. Mi sembra, infatti, che questo controllo funziona quando è centralizzato, mentre la sua efficacia è molto inferiore in sede periferica. Questa è l'impressione che abbiamo tratto anche dalle nostre audizioni: man mano che si scende verso la Pag. 1511 periferia, sembra che l'attenzione e la sensibilità della Banca d'Italia scemino notevolmente. Lei, governatore Ciampi, ha osservato prima che rispetto alla legislazione sopravvenuta è probabilmente necessaria anche una riconversione culturale dei funzionari addetti... CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Non mi riferivo ai funzionari della Banca d'Italia, ma a quelli delle aziende di credito. ANTONIO BARGONE. Io invece mi riferisco ai funzionari della Banca d'Italia. In Puglia abbiamo fatto un'esperienza che ci ha lasciato piuttosto sconcertati: i funzionari che abbiamo ascoltato non erano in possesso di alcun dato né mostravano per essi alcun interesse, ma ci rimandavano continuamente al Bollettino della Banca d'Italia. PRESIDENTE. Inoltre, non dimostravano di essere in possesso di elementi di conoscenza e sembravano quasi svolgere un altro mestiere. ANTONIO BARGONE. Questo dato ci ha sconcertato, ecco perché dicevo che forse il controllo va esercitato meglio sul territorio; inoltre la sensibilità che a questo livello si mostra in modo abbastanza evidente deve trovare una sua articolazione anche in sede periferica. Vorrei inoltre sapere quali controlli abbia svolto la Banca d'Italia sui fondi per il terremoto depositati presso le banche che hanno esercitato funzioni di tesorieri dei comuni, quali la Banca dell'Irpinia e la Banca commerciale, e se vi sia stato un controllo sui tassi praticati, sull'entità dei depositi nonché sull'utilizzazione dei fondi provenienti dagli interessi attivi. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Per quanto riguarda gli sportelli bancari, con tutta franchezza, la nostra politica punta proprio a rafforzare nel Mezzogiorno la presenza di banche centro-settentrionali. Sappiamo che la realtà del sud è stata per decenni dominata da due grandi istituzioni locali e da alcuni altri istituti minori anch'essi a carattere locale, mentre le banche del centro-nord non erano di fatto presenti nel Mezzogiorno. Come dicevo, quindi, la politica della Banca d'Italia è stata quella di favorire questo ingresso; l'aumento di sportelli al quale lei, onorevole Bargone, si riferisce è dovuto quasi esclusivamente all'incremento di sportelli di banche centro-settentrionali, oltre che all'acquisizione di banche locali da parte di altre aziende anch'esse quasi tutte del centro-nord. Peraltro, guardando ai dati basati sul numero degli abitanti (che naturalmente bisognerebbe correggere con riferimento a quelli rapportati al reddito) nel Mezzogiorno non vi è un eccesso di sportelli bancari. Infatti, mentre in base alla media nazionale vi sono 4,21 sportelli per ogni 10 mila abitanti, in Campania il rapporto è di 2,20, in Puglia di 2,43, in Calabria di 1,67, in Sicilia di 3,10. Quindi, tutte e quattro queste regioni si collocano sensibilmente al di sotto della media nazionale, dato questo che naturalmente deve essere corretto con riferimento al reddito. Se si va a verificare l'ammontare del deposito per sportello bancario, si riscontra infatti che, mentre in base alla media nazionale i depositi bancari per ciascun sportello è pari a 43 miliardi, in Campania è 41, in Puglia e Calabria 39, in Sicilia 29. Questo riscontro corregge in qualche misura i dati rapportati al numero degli abitanti, ma non li ribalta completamente anche perché, a mio avviso, nel sud è ancora forte la presenza del risparmio postale. Non valuto negativamente l'aumento di sportelli nel sud: ciò che è importante è che si riducano le aziende locali proprio perché si tratta di istituti minori, che spesso hanno creato problemi anche di criminalità organizzata (perché il primo aspetto che consideriamo è quello della debolezza dell'azienda in sé e per sé). Peraltro, può capitare che un'azienda con problemi di criminalità si presenti come Pag. 1512 un'impresa forte proprio perché a mantenerla tale è la stessa malavita. I due aspetti, quindi, interagiscono. Trasmetterò comunque alla Commissione l'elenco delle banche che abbiamo fatto chiudere nel Mezzogiorno e di cui ho fornito prima i dati globali. L'onorevole Bargone mi ha posto anche una domanda sui rapporti della Banca d'Italia con la Guardia di finanza e con la DIA. La collaborazione con quest'ultima continua quella già instaurata con l'Alto commissario, al quale abbiamo sempre segnalato l'inizio e la fine di qualsiasi ispezione che si avviasse, trasmettendogli poi le eventuali denunce affinché egli fosse in grado di manifestarci sue eventuali esigenze specifiche già durante l'ispezione in modo che noi potessimo tenerne conto. L'Alto commissario, comunque, a fine ispezione sapeva che una certa azienda era stata sottoposta a controllo anche se, magari, non c'erano elementi da segnalare e poteva chiedere di esaminare il rapporto ispettivo. Con l'Alto commissario abbiamo adottato lo stesso atteggiamento tenuto dei confronti dell'autorità giudiziaria: se ci viene richiesto un rapporto ispettivo, lo esaminiamo insieme al magistrato od al funzionario dell'Alto commissariato fornendo tutte le informazioni richieste. La collaborazione che noi prestiamo, quindi, è totale; comunque, ulteriori elementi sull'argomento potranno essere forniti dal dottor Lamanda. Passando ad un'altra questione, debbo dire che è difficile stabilire fino a che punto oggi una banca privilegi l'acquisizione di depositi rispetto allo svolgimento di un'attività antiriciclaggio: è chiaro che il primo obiettivo di chi commercia in un certo settore è di fare affari. Siamo noi che dobbiamo aggiungere - come è giusto fare - all'impegno professionale ed aziendale un altro compito che non è slegato, ma del tutto funzionale al primo: un istituto non può svolgere bene l'attività bancaria se non fa altrettanto bene l'azione antiriciclaggio perché, prima o dopo, ciò andrebbe a danno dell'istituto stesso. In merito al problema dei tassi d'interesse praticati nel Mezzogiorno, posso fornire dati statistici: considerando i tassi attivi (quelli cioè che pagano i prestiti bancari, che è il dato di maggiore interesse), riscontriamo una differenza tra la media nazionale e le regioni del sud che nel 1992 è di 1,40 punti, mentre nel 1987 era di 1,68 punti. Dunque, se mediamente il tasso d'interesse praticato in Italia è del 15 per cento, nel sud sarà del 16,40 per cento. Questa è la differenza che abbiamo riscontrato e che viene in qualche modo influenzata dalla diversa composizione per dimensione delle aziende. E' noto che le imprese di maggiori dimensioni pagano tassi di interesse attivo inferiori rispetto alle piccole, perché hanno maggiore capacità contrattuale. Se consideriamo i dati scomposti per classi di grandezza delle aziende, emerge che le differenze si riducono fortemente - soprattutto per le classi più basse - scendendo al di sotto dell'1 per cento. In sostanza, prendendo in considerazione clienti di uguale dimensione aziendale, si constata che la differenza tra quanto paga d'interesse un'azienda con un certo fatturato nel sud d'Italia rispetto ad un'altra analoga del nord scende allo 0,75 per cento. Queste sono le indicazioni relative ai tassi d'interesse, che non escludono casi come uno, particolarmente doloroso, che abbiamo preso in esame e nel quale la differenza d'interesse pagata dal cliente era dovuta al fatto che gli era stato consentito di "sconfinare" dal fido che aveva con la conseguenza che sul credito ulteriore veniva praticato un tasso maggiore - ossia una penalizzazione - e ciò faceva aumentare il tasso globale. PRESIDENTE. Era molto basso il credito concesso. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Questa è una tecnica per cercare di far pagare di più. Teniamo presente che le banche del sud giustificano la differenza dei tassi attivi rispetto a quelli praticati al nord con il maggiore Pag. 1513 rischio. Infatti, la media nazionale della quantità delle sofferenze sugli impieghi è del 6 per cento circa, mentre al sud raggiunge il 14 per cento circa. Il rischio è effettivamente maggiore, per cui si paga di più. Questo è un argomento delicato e, per quanto possibile, anche attraverso controlli ispettivi, cercheremo di svolgere un'azione di contenimento della differenza. Per quanto riguarda il controllo svolto dalla Banca d'Italia, onorevole Bargone, prendo atto di quanto lei ha rilevato nel corso delle sue visite al sud e cioè l'insufficiente conoscenza e la limitata sensibilità dei funzionari della Banca d'Italia. PRESIDENTE. In un solo posto. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Si è trattato di un episodio particolare sul quale mi riservo di riferire. Posso solo dire che i controlli di vigilanza sono centralizzati; in sostanza, le ispezioni vengono decise al centro: ogni anno il capo del servizio ispezioni mi sottopone, d'accordo con il capo della vigilanza, l'elenco delle ispezioni da fare, alle quali si aggiungono, in corso d'anno, quelle urgenti perché si è verificato qualche fatto particolare. Tutti i rapporti ispettivi vengono inviati al centro e qui vengono esaminati con criteri uniformi; vi è quindi un'azione di omogeneizzazione, anche dal punto di vista della reazione dalla Banca d'Italia. A livello locale si svolge un'azione importante per due motivi: in primo luogo perché il direttore locale e soprattutto l'addetto alla vigilanza svolgono un esame di tutti gli aspetti dell'azienda, quindi individuano le prime irregolarità; inoltre, l'ispezione locale, per le aziende più piccole, è svolta in parte da elementi locali designati però dal centro che ne verifica la capacità professionale. Il sottoscritto ad esempio ha cominciato a fare ispezioni di vigilanza sulle varie casse rurali quando lavorava presso una filiale della Banca d'Italia e, un po' alla volta, si è formato attraverso questa attività di carattere locale. Si tratta, in effetti, di un'attività non facile dal punto di vista tecnico perché, mentre in una grande banca vi è il supporto dell'organizzazione, per cui i dati dei quali si ha bisogno vengono facilmente forniti, in una piccola banca non vi è quasi nulla. Ai miei tempi si faceva, addirittura, la rischiatura delle singole cambiali. Intendo dire con questo che l'attività di ispezione rappresenta un apprendistato che si svolge anche oggi nei confronti di elementi locali, accompagnati da esperti provenienti dal centro. Infatti, se si deve svolgere un'ispezione su una banca di una certa importanza, vengono inviati tre o quattro elementi da Roma ai quali se ne aggiungono uno o due locali. Questo è un punto al quale sono particolarmente sensibile, per cui terrò conto della segnalazione del presidente. Per quanto riguarda i fondi per il terremoto, abbiamo svolto alcune indagini nate da richieste specifiche. Tra l'altro, proprio in questo edificio abbiamo riferito alla Commissione allora presieduta dall'onorevole Scàlfaro. CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. A proposito dei depositi bancari e postali, devo dire che sul territorio nazionale la quota dei depositi postali è molto più bassa di quella che si può rilevare in Sicilia dove si aggira intorno al 17 per cento (a fronte del 13 per cento su base nazionale). Per quanto riguarda l'adeguamento legislativo, riteniamo che le modificazioni intervenute abbiano aumentato i nostri poteri sulle strutture organizzative, perché possiamo puntare molto di più sugli aspetti tecnici della banca e quindi contenere l'espansione di strutture poco affidabili. Inoltre, la legislazione recente inserisce come elemento di valutazione importante l'organizzazione quale base di riferimento dell'apprezzamento discrezionale della Banca d'Italia: è chiaramente indicata la possibilità di escludere imprese bancarie non affidabili. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. In futuro si potrà Pag. 1514 rifiutare l'assenso ad aprire nuovi sportelli a chi non sia stato in grado di mettere in piedi un'adeguata organizzazione. ANTONIO BARGONE. E per la costituzione di nuove banche? CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. Sono previsti livelli minimali per iniziare e poi scatta subito il livello organizzativo. Occorre sempre confrontarsi con due esigenze: da una parte il controllo sarebbe più semplice se vi fosse una sola banca e dall'altra vi sono un mercato da sviluppare ed un'economia da sostenere. Il governatore segnalava che nelle regioni del meridione gli sportelli sono meno di quelli che dovrebbero essere, per cui dobbiamo fare in modo che se ne aprano di nuovi, retti però da strutture forti. Bloccare l'apertura di banche scoraggia la concorrenza e non giova all'intermediazione nel suo complesso. Riteniamo di avere gli strumenti adeguati per controllare che l'espansione delle strutture creditizie si basi anche sulla qualità dell'organizzazione. Dal punto di vista dei tassi, il rilievo tecnico dell'organizzazione è importante perché entrano in gioco non solo i rischi della controparte - il governatore ha segnalato l'ampiezza delle sofferenze riscontrabile al meridione, rispetto al nord - ma anche i costi della struttura. Anche qui, puntando sulla situazione tecnica della banca e sull'organizzazione, possiamo ampliare gli spazi delle strutture più efficienti. Bisogna notare che la realizzazione del gran numero di interventi effettuati nelle piccole banche è, in fondo, affidata al direttore locale: devo dire che questo tipo di azione è stato svolto correttamente, nel senso che le strutture si sono assottigliate e sono state effettuate operazioni di accorpamento. D'altronde simili interventi si possono attuare attraverso le filiali e non direttamente dal centro. Per quanto riguarda i rapporti con l'alto commissario, segnaliamo non soltanto i fatti penalmente rilevanti... PRESIDENTE. Anche con la DIA? CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. Sì. Come dicevo, segnaliamo anche l'esistenza di questioni tecniche delicate come i casi in cui la struttura vigilata si esponga ad un possibile intervento di gestione commissariale o di liquidazione coatta. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Desidero aggiungere che quando ci giunge una richiesta di apertura di nuove banche al sud (casse rurali o piccole banche), ci troviamo di fronte ad un'alternativa: non possiamo dire di no in via pregiudiziale perché vi è libertà di creazione di nuove banche, libertà che riteniamo debba essere mantenuta, però, al tempo stesso, siamo preoccupati dal rischio di creare banche deboli. Cerchiamo, quindi, per quanto possibile, di svolgere un'azione di rallentamento, pur senza "attaccarci" a questioni burocratiche. Quando, ad esempio, ci troviamo di fronte ad iniziative di banche vicine, cerchiamo di creare un'unica iniziativa e di comprendere chi siano e chi rappresentino i soci promotori. Oltre un certo punto, però, non possiamo andare, perché la banca non può non essere autorizzata alla costituzione, come prevedono le leggi generali, in riferimento alle quali non ritengo di dover chiedere modificazioni, considerato che fermare l'apertura di nuove banche ostacolerebbe le iniziative sane. LUIGI ROSSI. Onorevoli colleghi, innanzitutto desidero chiedere, extra limina communicationis, cioè a parte, se sia il caso che la Commissione, dopo le numerose sedute svolte, faccia conoscere, attraverso una conferenza stampa organizzata dal presidente ed alla quale tutti potremmo partecipare, alla stampa italiana e a quella estera l'attività svolta. Vorrei ora rivolgere alcune domande al dottor Ciampi. Ho letto sul Financial Pag. 1515 times e sul Wall street journal, giornali particolarmente interessati ai discorsi del governatore che anch'io ho seguito con molta attenzione, che il governatore chiude la porta centrale ma non vede le porte aperte dietro le sue spalle attraverso le quali il denaro sporco uscirebbe dall'Italia. Ho parlato poi con un collega che si interessa di problemi finanziari, il quale mi ha chiesto se il dottor Ciampi ultimamente, nel corso dell'incontro che ha avuto con il presidente della Germania, si sia interessato delle possibilità di riciclaggio di denaro sporco dall'Italia alla Bundesbank e da questa ai paesi dell'est. Considerato il boom del nostro commercio con l'estero, vorrei sapere se la Banca d'Italia e l'UIC controllino i finanziamenti e gli introiti che derivano dall'aumento delle importazioni e delle esportazioni e se vengano svolti controlli effettivi per individuare eventuali retroscena di carattere mafioso. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Francamente non ho presente l'articolo del Financial times che lei ha citato. LUIGI ROSSI. Non l'ho citato letteralmente ma ne ho riassunto il contenuto. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Non ho la presunzione di affermare che la Banca d'Italia riesce a controllare tutti. Può accadere che ciò che entra dalla porta esca dalla finestra, per cui non posso fare altro che una dichiarazione d'umiltà e di consapevolezza del fatto che ciò che si sta facendo può essere migliorato e può produrre risultati maggiori. LUIGI ROSSI. Il mio non era un attacco nei suoi confronti. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Infatti, ho risposto a nome dell'Istituto. Riteniamo in coscienza di aver fatto molti passi avanti ma sappiamo di non essere in grado di controllare tutto, cosa che non riusciremo mai a fare. Di ciò occorre prendere atto. Senza la piena collaborazione dei singoli operatori, non riusciremo a risolvere i problemi solo con i controlli che hanno esclusivamente una funzione di remora e di prevenzione. Non le nascondo che neanche nei recenti incontri con il presidente della Bundesbank, Schlesinger, abbiamo parlato dei problemi del riciclaggio; se lei si riferisce al fatto che quest'ultimo lunedì scorso si trovava a Milano per tenere una conferenza, posso aggiungere che il sabato precedente era stato mio ospite personale a Roma, dove abbiamo parlato di varie cose ma non di riciclaggio. Per quanto riguarda l'aumento delle esportazioni, onorevole Rossi, tenga presente che vige la piena libertà di movimento dei capitali; certamente siamo di fronte ad un forte aumento delle esportazioni, di cui non abbiamo ancora evidenza statistica piena, che non è collegato ad episodi mafiosi ma alla situazione economica e politica del paese. Dal 1^ gennaio, a seguito dell'abolizione delle dogane (per lo meno in senso nominale, perché di fatto ancora esistono) sono cessate le rilevazioni da parte delle dogane stesse dei movimenti delle merci nella Comunità. Mentre in precedenza, alla fine di ogni mese, si potevano conoscere i dati relativi all'importazione ed all'esportazione delle merci, oggi questi dati li abbiamo soltanto per il commercio extracomunitario, che rappresenta poco più del 40 per cento: è emerso che le esportazioni in gennaio sono aumentate di circa il 19 per cento. Si deve pertanto ritenere che esse siano aumentate anche nella Comunità (avremo qualche dato fra un paio di settimane, almeno così ritiene il presidente dell'istituto di statistica). Non vi è dubbio, comunque, che a seguito della svalutazione della lira, che fra l'altro è andata oltre le esigenze di competitività del paese - esco per un po' dal tema dell'antimafia - abbiamo in atto un considerevole aumento delle esportazioni, che bisogna cercare di mantenere; grazie ad una buona gestione della svalutazione riusciremo a fare uscire il paese Pag. 1516 da questa situazione negativa di partenza facendo sì che la svalutazione, non traducendosi in inflazione, lasci alle imprese italiane questo guadagno di competitività rispetto agli altri paesi. Occorre impegnarsi affinché già oggi, in situazione di recessione europea, ma ancor più domani in fase di ripresa, l'economia italiana possa trarre vantaggio aumentando fortemente la componente delle esportazioni. Ciò detto, constatiamo che, in conseguenza della situazione di incertezza che il paese soffre, a fronte delle esportazioni non si nota in campo valutario un altrettanto importante reingresso di valuta. Vi è da ritenere che parte dei proventi delle esportazioni non riaffluiscano in Italia e questo purtroppo oggi è lecito, poiché un'impresa italiana può tranquillamente detenere in un conto all'estero i suoi proventi. E' difficile affermare che vi è un rapporto mafioso, onorevole Rossi: tutto è da collegare alla situazione economica di incertezza e quindi alla necessità di riconquistare credibilità e fiducia in primis agli occhi dei cittadini. GIROLAMO TRIPODI. Porrò qualche domanda inerente alla questione di cui maggiormente ci occupiamo, quella cioè dell'utilizzazione del sistema bancario e finanziario in relazione alla crescita ed all'espansione dell'organizzazione mafiosa. Infatti, senza un rapporto con le banche le organizzazioni mafiose e criminali non possono assolutamente espandersi, né aumentare i loro poteri sul piano economico e finanziario o imporre le loro scelte sul piano dell'attività illecita. Tale problema non riguarda più soltanto le quattro regioni del Mezzogiorno, ma ha carattere nazionale; qualche collega ha precedentemente accennato che non è sufficiente accertare eventuali rapporti e collusioni con la mafia in queste regioni meridionali, ma bisogna rivolgere l'attenzione a tutto il sistema bancario italiano. Il governatore Ciampi ha affermato che il sistema del credito si basa sulla fiducia: vorrei sapere se siano stati fatti degli accertamenti ed in che modo e misura le banche realizzino operazioni di credito verso le cosche mafiose e le imprese inquinate. Si è compiuto un accertamento mirato in questo settore per individuare la quantità e le dimensioni di questo fenomeno e, in caso affermativo, con quali modalità è avvenuto? Non mi riferisco soltanto alla Banca popolare di Scilla, che è stata chiusa dopo le note vicende che hanno condotto a vari arresti per collusioni con la mafia e per aver utilizzato questa banca come strumento di finanziamento nell'ambito di un rapporto illecito con le organizzazioni criminali calabresi. Su tale questione occorrono informazioni più precise affinché possiamo fornire un contributo in termini di proposte legislative. La seconda domanda riguarda la legge n. 197, che stabilisce che quando vengono accertati illeciti ne debba esser fatta segnalazione all'autorità giudiziaria. E' possibile avere informazioni in ordine al numero di episodi che si sono verificati? Il terzo quesito concerne eventuali rapporti, in contrasto con la legge, che le banche italiane possono aver intrattenuto con quelle estere sotto il profilo del trasferimento di grandi capitali, provenienti soprattutto da attività illecite. Si è molto parlato del fatto che al sud le banche hanno un minor numero di sportelli rispetto alle altre realtà; a questo proposito vorrei che si tenesse conto che ciò non è legato soltanto a fattori statistici, storici o di altro genere. E' vero che nelle regioni del Mezzogiorno può esistere una percentuale comparativa inferiore rispetto alle altre regioni, però vi è anche un livello economico delle regioni meridionali che non bisogna assolutamente trascurare. Non vi è dubbio che un tasso del 20 per cento di disoccupazione ha il suo peso nel determinare tale situazione; se nel Mezzogiorno il reddito pro capite in molte zone raggiunge il 50 per cento di quello nazionale, non vi è dubbio che ciò influisce anche sul risparmio e sui depositi. Infine, secondo le stime che sono state fatte, qual è l'ammontare annuo dell'importo Pag. 1517 complessivo proveniente da attività illecite e quindi dal riciclaggio? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Onorevole Tripodi, lei ha richiesto svariati dati relativi ad accertamenti, denunce e segnalazioni provenienti dalle banche nonché all'ammontare annuo delle attività illecite eventualmente emerse da indagini particolari su imprese inquinate. Mi riservo di inviare la documentazione in possesso dei nostri uffici, però vorrei far presente che le denunce fatte da singole banche ai sensi della legge n. 197 non passano attraverso la Banca d'Italia ma vengono presentate direttamente. Per quanto riguarda gli accertamenti sulle imprese inquinate, la Banca d'Italia non li compie di propria iniziativa: possiamo solo fornire elementi nel quadro dell'attività ispettiva generale dietro richiesta specifica dell'autorità giudiziaria; approfittiamo cioè, di un'ispezione ordinaria per esaminare più a fondo i rapporti di quella banca con le eventuali imprese di cui ci sia stata data segnalazione. Non ci è mai stato dato un elenco di imprese considerate inquinate o criminali... GIROLAMO TRIPODI. I cavalieri del lavoro della Sicilia! CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della banca d'Italia. Non è mai stata fatta una cosa del genere. Non dimentichiamo che la Banca d'Italia ha il compito di svolgere un'attività di vigilanza di carattere generale e può procedere ad accertamenti particolari solo in via eccezionale. Non possiamo affermare che, supponendo che la tale impresa intestata al tale soggetto sia inquinata, ci riteniamo abilitati a svolgere un'indagine particolare: non l'abbiamo mai fatto e riteniamo che da parte nostra sarebbe un andare oltre i limiti delle competenze che ci sono attribuite. I dati relativi al sud che ho esposto tenevano sempre presente il livello economico: quando ho fornito il numero degli sportelli bancari per 10 mila abitanti ho cercato di correggere il dato fornendo anche il numero dei depositi bancari per ciascuno sportello, che dà l'indicazione del minor livello di reddito in quella regione. Probabilmente il dottor Lamanda o il dottor Ciampicali potranno aggiungere qualcosa su questo argomento. CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza normativa ed affari generali della Banca d'Italia. Non ho altro da aggiungere. Possiamo tuttavia riservarci di inviare alla Commissione i dati in nostro possesso. UMBERTO CAPPUZZO. Signor governatore, le sono molto grato per il richiamo che ha voluto fare ad una collaborazione di qualche anno fa, che ha dato dei frutti, ad una decisione presa allora quasi contro tutto e contro tutti e che è arrivata in porto grazie alla sua perseveranza ed alla mia disponibilità. Le volevo perciò chiedere se, in analogia a quanto attuato allora ai fini della sicurezza materiale fisica, non si possa oggi pensare a creare - vista l'evoluzione dei tempi - una sorta di "polizia finanziaria". Dicendo questo, penso alla Guardia di finanza, perché non voglio certo fare assumere altri oneri alla Banca d'Italia, oltre quelli già presi per i 2.500 carabinieri. Ritengo, però, che sia utile disporre di "sensori" che consentano un'attività mirata di controllo sui flussi finanziari anomali o sulle possibilità di inquinamenti locali degli istituti bancari. Forse questa mia domanda potrà apparire un po' naive, ma ritengo comunque che una iniziativa di tal genere possa essere presa in considerazione nell'ambito dell'evoluzione delle strategie. Mi domando inoltre, nel caso in cui il sistema bancario diventasse efficiente al punto da creare un deterrente per i flussi finanziari impropri, se questi non cercheranno altre strade. Rivolgendomi ad un esperto, qual è il governatore della Banca d'Italia, penso di poter dire che il futuro deve essere previsto e predeterminato. Ho Pag. 1518 infatti la sensazione che si sottovalutino le possibilità di guidare, in un mondo sempre più aperto, i flussi finanziari con mezzi diversi. L'esperienza di Tangentopoli ci fornisce abbondanti esempi su come tutto o quasi possa sfuggire, al punto che si è addirittura parlato di sacchi di plastica portati nelle anticamere di certe istituzioni per evitare ogni controllo. Mi chiedo, perciò, se questi sacchi non possano anche essere portati altrove e trovare così canali di riciclaggio in uno dei tanti paradisi fiscali. Oggi noi concentriamo la nostra attenzione sulla Comunità europea che si muove sulla base di una serie di accordi interstatali. In ambito mondiale esistono poi accordi di massima con le banche centrali. A questo proposito, vorrei chiedere al governatore della Banca d'Italia se il tanto decantato sistema americano - che vede notevoli flussi finanziari illeciti quali quelli derivanti dal traffico degli stupefacenti - abbia ottenuto risultati concreti. Non vorrei, infatti, che ci si fermasse al gusto della statistica: a volte mi sorge il dubbio che certe strutture sofisticate forniscano soltanto dei dati, delle mappe, senza però consentire un vero e proprio controllo. Sempre in questo contesto, vorrei ricordare come l'Unione Sovietica, non avendo un cambio, non esportava rubli in Svizzera attraverso regolari passaggi: partivano dei TIR carichi di rubli che venivano comprati anche ufficialmente dagli occidentali - a prezzi pari a un quinto o ad un sesto del valore ufficiale - e che poi venivano rimessi in circolo nella stessa Unione Sovietica. Quanto dico non è certo un mistero ed oggi se ne può parlare tranquillamente. A fronte di queste possibilità, cosa in concreto si può fare? Esiste poi un altro problema interno: il sistema bancario può controllare soltanto quanto avviene attraverso manovre effettuate tramite banche. Sappiamo, però, che c'è sempre la possibilità di sfuggire al fisco attraverso il pagamento in contanti. Penso a tanti illustri professionisti che non vogliono neppure assegni, ma soltanto anonimi contanti in busta. Mi chiedo dunque quali altre maglie di filtro dovremmo noi istituire per esercitare un minimo controllo all'interno e all'esterno. Ritornando alle questioni attinenti ai rapporti con l'est, desidero ricordare che è ormai risaputo che italiani lì comprano aziende ed imprese statali decotte: tutto ciò sfuggirà al sistema del controllo bancario. Lei ha già detto che, per evitarlo, occorrerà prendere accordi con il sistema bancario locale, peraltro primitivo sotto molti aspetti. Sarebbe però molto interessante verificare cos'altro sia possibile fare nell'ambito del gruppo dei sette, quanto meno per assumere un comportamento uniforme nei riguardi di questo fenomeno. L'ultima domanda che desidero porre al governatore riguarda le anomalie riscontrate in certi istituti bancari. Tali anomalie, se hanno rilevanza penale, sono di competenza della magistratura; se invece ne rivestono una diversa, la competenza è della Banca d'Italia, almeno ai fini della credibilità dell'istituto preso in esame. Mi piacerebbe perciò conoscere più dettagliatamente alcuni fatti emblematici verificatisi in Sicilia, quale la chiusura di una banca di Agrigento. In particolare, vorrei sapere se i fatti riscontrati rivestivano aspetti meramente formali - quali disfunzioni nella gestione del denaro - oppure se ne sono emersi altri di diversa natura. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. La prima domanda del senatore Cappuzzo riguarda una scelta istituzionale. E' evidente che per creare qualcosa di nuovo si può pensare a tutto; ritengo, però, che nel clima di piena collaborazione tra la Banca d'Italia, l'Ufficio cambi, la Guardia di finanza e gli altri organi dello Stato, la cosa migliore da fare ai fini di una "pulizia" finanziaria sia proprio quella di continuare in questa collaborazione che ormai va oltre il quotidiano per arrivare alla formazione. In sostanza, funzionari della Pag. 1519 Banca d'Italia tengono corsi, concordati con il comando generale della Guardia di finanza, per portare in quella sede l'esperienza maturata sul campo. E' ovvio che il legislatore può sempre decidere di creare nuovi corpi, ma secondo me la strada da seguire è quella della collaborazione. Negli anni passati abbiamo cercato di migliorare in maniera sostanziale i rapporti con la magistratura, dalla quale ci divideva una netta separazione dei compiti ed una scarsa collaborazione e comprensione delle reciproche finalità. Oggi questo non esiste più e ciò è stato possibile proprio attraverso la continua partecipazione a seminari e convegni tenuti in tema di criminalità finanziaria. Con la Guardia di finanza oggi è in atto un'analoga piena collaborazione. Il senatore Cappuzzo guarda lontano per cui giustamente sostiene che non ci si può limitare ad agire in ambito comunitario. Su questo io concordo pienamente, non foss'altro perché, una volta che si riesce a bloccare un certo flusso, quasi certamente se ne apre un altro. Poc'anzi dicevo che occorre una grande umiltà per confessare che non ci troviamo in una situazione ottimale: e questo vale non solo per l'oggi, ma soprattutto per il futuro. In campo internazionale, cioè nell'ambito del gruppo dei sette cui si aggiungono altri quattro paesi (impropriamente si parla dei Dieci, perché di fatto di Undici si tratta), vale a dire gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e la Svizzera, esiste una fortissima collaborazione. Come sapete, tutti i mesi si tiene a Basilea una riunione di due giorni tra i governatori delle banche centrali: un giorno viene dedicato al gruppo dei Dieci ed il secondo alla Comunità. In tale sede, ad esempio, la collaborazione e la vigilanza bancaria, intesa in senso ampio, hanno avuto negli ultimi anni un forte impulso, anche perché il Comitato per la vigilanza bancaria è stato presieduto negli ultimi tre anni da una persona di grande livello, cioè dal presidente della Banca centrale di New York. Come tutti sapete, la Federal reserve costituisce una complessa struttura di banche centrali, ai vertici della quale siedono il capo dell'organo federale che ha sede a Washington, nonché tutti i capi delle banche partecipanti, tra le quali la più importante è proprio quella di New York che ha compiti operativi. Come dicevo, il presidente di quest'ultima chiese di poter presiedere il Comitato per la vigilanza bancaria che ha così ricevuto da lui un grande impulso, al quale ha contribuito la Banca d'Italia che ha per questo ottenuto importanti e numerosi riconoscimenti da parte del presidente. In questo campo, dunque, molto si sta facendo e la stessa Banca dei regolamenti internazionali di Basilea - che ha compiti istituzionali di altra natura - compie un consistentissimo lavoro statistico in molti casi induttivo (quando non è possibile disporre di dati completi ex post) di tutti i movimenti di capitali internazionali. Si tratta di un contributo importante che mette in evidenza l'enormità del problema. Esso è servito, però, per individuare i punti più delicati del sistema che in passato, ad esempio, erano rappresentati dai centri off shore, ai quali conseguentemente è stata estesa la vigilanza. Oggi non soltanto l'Italia ma anche gli altri paesi non permettono ad una banca di aprire una filiale in un centro off shore che non sia controllato da un qualche organo di vigilanza; cosa, questa, che invece fino a cinque o sei anni fa avveniva tranquillamente. Ogni giorno, però, si presenta un fatto nuovo da affrontare: oggi è quello dei rapporti con i paesi dell'est i quali hanno un obiettivo interesse a chiudere entrambi gli occhi purché arrivino capitali. Per quel che concerne le anomalie riscontrate in Sicilia - ed anche a questo proposito possiamo in seguito fornire dati dettagliati - dico subito che in molti casi non erano certo formali ma, al contrario, sostanziali e gravi sotto il profilo sia bancario sia criminale. I due aspetti anzi si congiungevano ed in particolare in una banca è stato rilevato un importante Pag. 1520 intreccio internazionale. Per fortuna siamo intervenuti in tempo. ANTONINO BUTTITTA. Sono fra coloro che hanno sollecitato il consulto dei centri finanziari del paese ai fini di una migliore conoscenza del fenomeno su cui stiamo indagando e riflettendo. Devo dire che la sensazione - ed è forse qualcosa di più - che ho ricavato da questo primo contatto è proprio quella di aver scelto la via maestra per raggiungere il nostro obiettivo. Sembra, infatti, che la Banca d'Italia sul piano strutturale e conoscitivo - e di ciò i dirigenti della Banca d'Italia hanno qui dato larga dimostrazione - si sia dotata di tutti gli strumenti necessari per conoscere ed intervenire. Naturalmente attendiamo i risultati. Penso, comunque, che questi saranno decisivi a far sì che la Commissione, diversamente dalle precedenti, non scantoni nel mero sociologismo. Poiché quanto ho segnalato mi sembra giusto, rivolgo al governatore alcuni quesiti su fatti specifici; innanzitutto desidero sapere se la Banca d'Italia ha effettuato un censimento (non un elenco) delle società finanziarie italiane in grado di fornirci elementi di conoscenza su questo misterioso continente che rimane per me, che sono un quidam de populo, qualcosa di inesplorato. Vorrei sapere quali risultati ha dato l'attività ispettiva della Banca d'Italia nei confronti del Banco di Sicilia e della Sicilcassa; inoltre mi chiedo se il governatore è in grado di smentire la notizia che in passato il Banco di Sicilia ha avuto rapporti non sporadici con banche private, poi fallite, del sud degli Stati Uniti d'America. Vorrei sapere se si sta esercitando un'attività ispettiva organica su tutto il sistema bancario privato della Sicilia, all'interno del quale, in questi ultimi anni, si è registrata una crescita miracolosa che non trova una giustificazione razionale. Infine, sul piano economico-finanziario, non riesco a capire per quale motivo viene considerato come positivo il fenomeno dell'espansione nel sud, in particolare in Sicilia, di alcuni istituti bancari del nord. Non sono un economista, tuttavia il fatto che le banche meridionali registrino un progressivo indebolimento, a differenza di quanto avviene per quelle del nord, non mi sembra trascurabile; mi riferisco, per esempio, all'espansione del Credito emiliano, presente anche in piccoli paesi della Sicilia. Non riesco a capire perché questo fenomeno debba essere valutato come positivo, in termini di mercato finanziario, se si considerano le esigenze di sviluppo economico del sud. Non comprendo - ripeto - perché questo fenomeno, che potrebbe essere un ulteriore segnale di colonialismo economico, debba essere valutato positivamente. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Il censimento anagrafico è stato effettuato, come può confermarle il dottor Ciampicali, e riguarda 29 mila società finanziarie. Proprio ieri abbiamo inviato, su richiesta del presidente, un primo elenco di queste società, distinte per province; poiché il censimento anagrafico esiste, possiamo fornirle tutti i dati richiesti. ANTONINO BUTTITTA. Disponete di un elenco? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Posso inviarle l'elenco delle 29 mila società, nel quale sono contenuti i nomi di tutti gli amministratori. Per quanto riguarda il Banco di Sicilia è in corso un'ispezione i cui risultati saranno noti nei prossimi mesi. PRESIDENTE. Da quanto tempo è in corso l'ispezione? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. E' cominciata tre mesi fa; inizialmente riguardava accertamenti particolari, ma da circa un mese è stata estesa a fatti generali. Pag. 1521 PRESIDENTE. L'ispezione interessa tutta l'attività dell'istituto? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Sì. L'ispezione della Cassa di risparmio è stata effettuata uno o due anni fa, ma non abbiamo alcuna difficoltà a far conoscere ai commissari gli aspetti che più suscitano il loro interesse. PRESIDENTE. Consideriamo queste sue parole come accoglimento della nostra richiesta. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Non sono in grado di rispondere sulla domanda specifica riguardante i rapporti che il Banco di Sicilia avrebbe avuto con le banche del sud degli Stati Uniti d'America. Per quanto riguarda l'espansione di banche dell'Italia continentale... ANTONINO BUTTITTA. In particolare le banche private siciliane. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Di tutte le banche esistenti in Sicilia possiamo fornire l'elenco delle ispezioni effettuate, dei provvedimenti adottati, che sono peraltro moltissimi; se poi su alcune di esse la Commissione vuole acquisire maggiori elementi di conoscenza non ho difficoltà a comunicarli. In passato riscontrammo in Sicilia, ma anche in Sardegna, in Campania ed in Calabria la presenza di istituti di credito operanti in una situazione di quasi monopolio, cioè dove è largamente prevalente la presenza di un solo istituto o di pochissimi istituti. E' questo il motivo per il quale il costo del denaro era particolarmente elevato; ricordo che dopo l'autorizzazione all'apertura di sportelli in Sicilia ed in Sardegna, mi recai casualmente a Cagliari ed ebbi una riunione con gli esponenti locali. Poiché da pochi mesi avevano aperto cinque o sei filiali di banche del continente, si lamentarono con me del fatto che erano crollati i tassi d'interesse, ma chiarii loro che era proprio questo il nostro obiettivo. Infatti, la banca del centro-nord che apriva uno sportello in Sicilia praticava tassi d'interesse inferiori rispetto a quelli della banca locale, che fino ad allora aveva operato in situazione di quasi monopolio. Ciò è successo in Sicilia, in Sardegna, nella Campania e nelle regioni confinanti ed il nostro intervento mirava a "rompere" tale situazione. Per quanto riguarda il caso del Credito emiliano, ricordo che per evitare la chiusura di una banca locale si ricercò una soluzione che consentiva di mantenere in vita la struttura; infatti, il suo assorbimento da parte di un'altra azienda consentiva di assicurare il servizio e di salvare l'occupazione. Di fatto, il Credito emiliano si è dichiarato disposto ad intervenire ed è stata effettuata questa operazione, ma non vi è stata da parte nostra l'autorizzazione ad aprire nuovi sportelli. Lo stesso è avvenuto per numerose banche del continente; ricordo che in Campania agli inizi degli anni ottanta, la banca Fabbrocini, doveva essere chiusa, ma il San Paolo di Torino intervenne e si accollò una parte degli oneri e la gestione dei suoi 20 sportelli. Questo è il criterio che preferiamo seguire quando di fronte alla chiusura dell'azienda è possibile scegliere l'intervento di un'altra azienda. Bisogna tenere presente che le liquidazioni non sono salvataggi in bonis; a volte favoriamo fusioni con società che versano in condizioni discrete ed avviene una incorporazione per fusione per cui l'azienda continua a rimanere in vita. La condizione sine qua non per un nostro intervento a favore delle aziende che si trovano in una situazione fallimentare è la liquidazione coatta amministrativa, come è accaduto per la banca Fabbrocini. Non effettuiamo salvataggi in bonis, ma decidiamo la chiusura della vecchia azienda, la sua liquidazione, con eventuali richieste di bancarotta fraudolenta, e l'intervento di una nuova società che mantiene in vita quel patrimonio di Pag. 1522 professionalità, anche in termini occupazionali, e di gestione della clientela. E' ovvio, per esempio, che se chiude una banca con circa 50 sportelli tutta la sua clientela deve rivolgersi ad un altro istituto. VINCENZO SORICE. La mia domanda riguarda solo un aspetto della relazione del Governatore, ossia quello sull'attività di vigilanza. Mi preoccupa l'enorme pericolo che stiamo correndo, soprattutto nelle zone a rischio, per quanto riguarda il riciclaggio del denaro sporco. Ricordo - non se ne dorrà il governatore - l'enorme difficoltà che si riscontrò tra i rappresentanti del Ministero di grazia e giustizia e quello dell'interno, quando nella sede governativa, e poi legislativa, fu affrontata la questione del riciclaggio e dell'indisponibilità della Banca d'Italia a consentire l'accesso al cosiddetto segreto bancario. Mi sembra che la relazione del governatore guardi con particolare rispetto quella iniziativa del Parlamento, anche se mi lascia perplesso il fatto che l'attività di vigilanza non ha prodotto risultati. Cito testualmente quanto riportato a pagina 9 della relazione del governatore: "Le risultanze hanno posto in luce un apprezzabile grado di impegno e di sensibilità da parte del sistema, le cui iniziative sono apparse nel complesso appropriate e coerenti; sono stati tuttavia rilevati alcuni ritardi - imputabili in parte all'incompletezza, a quell'epoca, della normativa secondaria - concernenti la messa a punto delle procedure, l'utilizzo degli strumenti informatici e l'attivazione delle verifiche interne." Quanto segue, sempre a pagina 9, mi lascia ancora più perplesso, perché risulta che "nel novembre 1992 è stato avviato, ancora in stretto coordinamento tra la Banca d'Italia e l'UIC, un ampio programma di accertamenti ispettivi che hanno riguardato oltre 400 sportelli bancari ubicati nelle quattro regioni meridionali caratterizzate da una maggiore penetrazione della criminalità organizzata. Le irregolarità riscontrate in sede ispettiva, concernenti soprattutto omesse registrazioni e libretti al portatore con saldo superiore al limite di legge" - questa è la frase che mi lascia perplesso - "saranno segnalate, come di consueto, alle autorità competenti". Dalla relazione emerge, salvo che lei non mi smentisca, dottor Ciampi, che allo stato attuale questi controlli non hanno ancora dato risultati. Sono preoccupato perché, come è stato detto in precedenza, soprattutto nelle zone dove non esiste la criminalità organizzata intesa in senso classico ma dove prospera un habitat idoneo per il riciclaggio delle attività economiche, ci troviamo di fronte ad un fenomeno preoccupante rappresentato dall'inserimento nelle attività lecite di soggetti aventi capitali provenienti da attività illecite. I canali che favoriscono questa situazione sono due, il primo è quello dell'usura, che viene evidenziata in modo evidente e che è in raccordo con le attività delle società finanziarie, mentre il secondo è quello del movimento bancario. Di fatto assistiamo ad un'alterazione del mercato con conseguenze che tutti possono ben immaginare, per cui la classe dirigente imprenditoriale avrà di fronte a sé prospettive ad alto rischio. Le proposte della Banca d'Italia per migliorare la fase di applicazione della legge riguardano l'ampliamento dei reati base del riciclaggio (su cui concordo pienamente) e la garanzia della riservatezza. Mi permetto di affermare che proprio su questo secondo aspetto abbiamo bisogno di un aiuto maggiore. Intendo dire che le Commissioni parlamentari devono essere poste nella condizione di esaminare in maniera più appropriata le varie questioni, anche perché esiste una certa conflittualità tra Guardia di finanza e DIA (ci auguriamo che non vi sia anche con la Banca d'Italia), come avvenne anche durante l'iter di approvazione della legge. Ritengo che le due soluzioni proposte dalla Banca d'Italia non siano sufficienti a dare una risposta tecnica al problema Pag. 1523 perché abbiamo bisogno di qualcosa di più. Come dimostrano le missioni compiute dalla Commissione in alcune regioni italiane, le articolazioni periferiche della Banca d'Italia sono chiuse in un formalismo eccessivo e quindi sono incapaci di penetrare nelle varie questioni e di dare una risposta idonea a questo tipo di problema. Ho l'impressione che la legge approvata dal Parlamento non abbia ancora fornito risposte adeguate sul tema della vigilanza. Nella relazione non vi è traccia di ulteriori suggerimenti tecnici per evitare il rischio della commistione di capitali che sta alterando il tessuto sociale ed economico di queste regioni. Come la moneta cattiva scaccia quella buona, così vi è un'alterazione profonda dell'intero sistema economico imprenditoriale. Vorrei sapere dal governatore Ciampi quali altri strumenti operativi potranno essere adottati perché i risultati fin qui raggiunti in questo campo sono del tutto carenti. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Non mi dilungherò sull'aspetto relativo al segreto bancario e la conseguente posizione della Banca d'Italia perché in questo momento la questione è superata. La Banca d'Italia non ha mai frapposto alcun ostacolo all'introduzione di provvedimenti contro la criminalità organizzata ma nell'ambito del segreto bancario non può non rispettare la legge. Tale istituto è stato previsto dalla legge ma con numerose eccezioni, di cui chi poteva avvalersene si è scarsamente avvalso. Quanto alle sue osservazioni specifiche, onorevole Sorice, le voglio far presente che siamo in un momento in cui stiamo attuando la legge, per cui la mia affermazione che le banche stanno attrezzandosi abbastanza bene è soltanto una constatazione della situazione oggi esistente. Comunque, un'idea esatta della situazione si avrà alla fine del mese di marzo, quando le banche invieranno le prime segnalazioni, da cui si potrà verificare fino a che punto l'organizzazione delle singole banche si sia adeguata. Quanto è scritto nella relazione non è stato un modo per coprire le deficienze ma solo l'indicazione che gran parte delle banche si sta attrezzando, anche se alcune sono ancora in ritardo. Quanto alle 400 ispezioni, risalgono allo scorso mese di novembre e proprio due giorni fa ho vistato i primi risultati. Vorrei sottolineare che le ispezioni della Banca d'Italia, grandi o piccole che siano, seguono lo stesso iter: l'ispettore compie l'ispezione, redige il proprio rapporto, lo invia all'organo di vigilanza che ha sede a Roma; quest'ultimo, a sua volta, esamina e valuta i risultati che vengono poi sottoposti al governatore. E' solo dopo quest'ultima fase che avvengono le varie segnalazioni. Le 400 ispezioni di cui si è parlato sono state ultimate; i primi rapporti già rivisti nelle conclusioni dagli organi della Banca d'Italia sono stati sottoposti qualche giorno fa al mio visto e presto verranno inviate le segnalazioni alle autorità competenti. Le irregolarità riscontrate riguardano soprattutto mancate registrazioni sia di operazioni sopra i venti milioni sia di operazioni superiori a questa cifra ma camuffate con una frammentazione della cifra. La Banca d'Italia non è qui oggi per dire che tutto va bene, purché si ampli il discorso oltre i quattro reati e si cerchi di trovare la maniera di assicurare una maggiore riservatezza. Sono questi possibili contributi minori al funzionamento di una legge che ha ben altre dimensioni e che di fatto ancora non è stata completamente applicata. Penso che potremo portare elementi importanti per l'applicazione della legge non prima della fine del corrente anno, quando avremo a disposizione le elaborazioni dell'Ufficio italiano cambi e quando le diverse segnalazioni saranno giunte a destinazione. MAURIZIO CALVI. La prima questione che vorrei affrontare riguarda l'eventuale compatibilità nel nostro sistema economico con la normativa antimafia. Quali riflessi diretti od indiretti, quali Pag. 1524 implicazioni, quali nessi ha avuto la nuova normativa sull'intero sistema economico italiano, considerata la singolarità della normativa italiana rispetto a quella di altri paesi europei? L'Italia può pagare ulteriori sofferenze o rischi rispetto alle economie europee o mondiali? L'Italia può sopportare il rischio di un'ulteriore legislazione di contrasto che in qualche modo crei nuove sofferenze alla nostra economia? Dando per scontato che questo è il prezzo inevitabile che il nostro paese deve pagare nella lotta alla criminalità organizzata, esiste uno studio comparato relativamente all'impatto della legislazione sull'intero sistema economico italiano? Passando a questioni più particolari, si avverte un interesse della criminalità organizzata di varia tendenza (nazionale o internazionale) volto a canalizzare flussi finanziari illeciti nel sistema economico austriaco, perché l'Austria è il punto debole del sistema internazionale dal punto di vista dei flussi finanziari illeciti. Può fornire utili elementi a questo riguardo? Circa il fenomeno delle 29 mila società finanziarie censite, è stato riportato a titolo esemplificativo (non so se esistano dati comparati e se lei possa fornirli) un rilievo fatto sul sistema delle società finanziarie nella provincia di Reggio Calabria, dove si evidenzia un dato drammaticamente inquietante: esiste un'altissima percentuale, pari al 45 per cento, di soci o amministratori con precedenti per reati associativi o comunque con gravi plurimi precedenti di polizia. Le chiedo se sia in grado di confermare questi dati o se ne esistano analoghi relativi ad altre province italiane e se vi siano ispezioni in corso sulle infiltrazioni mafiose nelle banche popolari. Sappiamo che sono state effettuate indagini coperte dal segreto in Lombardia, Emilia-Romagna, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia e sembra accertato che nel Lazio vi siano, soprattutto nel settore bancario, infiltrazioni, avvenute sia direttamente sia per interposta persona, di elementi della criminalità organizzata nel settore di cui trattasi. Vorremmo conoscere i risultati del monitoraggio effettuato sul fenomeno dei prestanome; vorremmo anche sapere se vi sia una collaborazione tra la Banca d'Italia ed il Ministero delle finanze che renda più semplice l'individuazione di soggetti titolari di patrimoni illeciti, presupposto che attraverso il prestanome si nascondono vaste aree dell'illecito finanziario del nostro paese. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Per quanto riguarda il peso della legislazione antimafia sulle nostre aziende non disponiamo di studi comparati; non c'è dubbio che ciò ha un costo non piccolo ma che le banche debbono sopportare perché è necessario per la loro sopravvivenza, così come è stato necessario affrontare il costo aggiuntivo delle misure di sicurezza contro l'ondata di rapine di qualche anno fa. Certamente è importante che vi sia una certa omogeneità di carattere internazionale perché se questo tipo di legislazione è uniforme in tutta Europa non si creano condizioni sperequative nei confronti delle nostre banche. I controlli sono dunque importanti ma devono avvenire in modo omogeneo. Per quanto riguarda l'Austria, è noto che negli ultimi tempi si è determinato non solo per l'Italia ma anche per altri paesi un problema relativo ai movimenti di capitali verso quello Stato, come verso altri, anche per motivi fiscali. Per esempio, una delle ragioni principali delle difficoltà finanziarie della Germania è legata al fatto che anch'essa ha introdotto una tassazione dell'attività finanziaria, che in precedenza non era prevista. Ciò ha determinato una fuoriuscita di fondi dalla Germania verso i paesi limitrofi: i capitali si dirigono in particolare verso l'Austria, la Svizzera e il Lussemburgo, per poi ritornare in Germania. Finalmente riceviamo un appoggio maggiore anche da parte di quest'ultima affinché, per esempio in sede comunitaria, si effettui un'omogeneizzazione nella tassazione delle attività finanziarie. Se infatti il trattamento fiscale é diverso nei vari Pag. 1525 paesi, si verificano spostamenti di capitali. L'Austria rientra purtroppo in questa fattispecie. Per quanto riguarda la criminalità è in corso un'azione internazionale per coinvolgere anche quest'ultimo paese, ma finora non abbiamo ottenuto importanti risultati concreti. PRESIDENTE. Le chiedo scusa, signor governatore, ma mi risulta (l'ho letto su una rivista austriaca) che in quel paese si sta discutendo la possibilità di modificare la norma della Costituzione che prevede il segreto bancario. Ho letto inoltre (non so se si tratti di un dato attendibile) che su 7 milioni di abitanti vi sono 49 milioni di conti correnti, circa il 90 per cento dei quali sarebbe anonimo. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Si tratta di un problema che investe l'intera Europa. Per quanto riguarda le società finanziarie, abbiamo svolto finora alcune indagini, una delle quali nella provincia di Lecce. Nel caso di Reggio Calabria, invece, non abbiamo svolto alcuna indagine particolare ma, giacché esiste l'anagrafe, siamo in grado di fornire alla Commissione i relativi dati. MAURIZIO CALVI. Il Ministero delle finanze ha inviato, in data 15 febbraio 1993, alcuni dati da cui risulta l'esistenza in provincia di Reggio Calabria di società i cui soci sarebbero al 45 per cento colpiti da... CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Possiamo fornirvi i dati relativi alle società finanziarie operanti a Reggio Calabria. Se poi gli amministratori di queste finanziarie siano colpiti da qualche provvedimento, ve lo diranno i responsabili di altre amministrazioni. CARMINE LAMANDA, Capo del servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. Questi dati riguardano tutte le società o una serie di esse? MAURIZIO CALVI. Su tutte le società esistenti in provincia di Reggio Calabria è stato accertato che il 45 per cento dei soci risulta colpito da... CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Non mi risulta che dal Ministero delle finanze ci sia stata chiesta collaborazione per quanto riguarda i prestanome, o almeno non ne sono a conoscenza, così come non conosco queste indagini specifiche relative alle banche popolari. MAURIZIO CALVI. Gli elementi sono forniti dallo stesso rapporto del Ministero delle finanze del 15 febbraio, in cui si parla di indagini coperte da segreto istruttorio che riguarderebbero le banche popolari nelle regioni che ho elencato. PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio italiano dei cambi. L'elenco delle società finanziarie attualmente disponibile riguarda i due raggruppamenti fondamentali ricordati dal governatore nel suo intervento (circa 25 mila intermediari finanziari di cui circa 5 mila intermediari che svolgono attività di gestione di credito al consumo nei confronti del pubblico), che sono già classificati per quanto riguarda le dimensioni, la distribuzione territoriale, le caratteristiche di formazione del capitale e così via. L'elenco dei soci riguarda però, ai sensi della legge, soltanto il secondo raggruppamento. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Abbiamo però i dati relativi agli amministratori. PIER ANTONIO CIAMPICALI, Direttore dell'Ufficio italiano dei cambi. Questi dati esistono di fatto, anche se c'è chi sostiene che il primo raggruppamento non dovrebbe fornire neanche questi. I soci sono invece quelli risultanti dall'assemblea che ha approvato il primo bilancio avviato nel 1991 e riguardano Pag. 1526 soltanto queste circa 5 mila società finanziarie, e non l'intero universo contenuto nell'elenco. Da questo punto di vista, tutte le autorità che possono accedere all'elenco sono in grado di verificare i nominativi attualmente esistenti. Non è questo un lavoro che può essere svolto dall'Ufficio, il quale non dispone di informazioni sui soggetti nei cui confronti sono in corso azioni penali di qualunque genere. CARMINE GAROFALO. Mi pare che il governatore della Banca d'Italia abbia giudicato valido il quadro normativo, suggerendo altresì alcuni aggiustamenti, uno dei quali riguarda il criterio della riservatezza per quanto attiene alle segnalazioni. Se però colui che deve effettuare la segnalazione va incontro ad un passaggio obbligato consistente nel comunicare la segnalazione ad un altro prima di effettuarla, si introduce un elemento che fa venire meno la riservatezza. Chiedo allora se non si ritenga utile prevedere che la segnalazione avvenga direttamente. Dal momento che, in occasione della discussione del progetto di legge vertente su tale materia, si è svolta una certa discussione, vorrei sapere se il governatore ritenga giusta, proprio ai fini della riservatezza, l'abolizione di quel passaggio. PRESIDENTE. Lei ritiene quindi che questo possa costituire un fatto dannoso? CARMINE GAROFALO. Certamente, perché se prima di effettuare la segnalazione quest'ultima deve essere comunicata al capofiliale o al capufficio, il criterio della riservatezza in qualche modo viene meno. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Questo è certamente vero, ma la nostra situazione è analoga, per esempio, a quella della Francia, in cui é in vigore una norma che recita: "La dichiarazione può essere verbale o scritta; l'organismo può domandare che il servizio istituito all'articolo 5 non accusi ricevuta della segnalazione. Nel caso in cui il servizio prende contatto con il procuratore della repubblica, la dichiarazione di cui quest'ultimo è avvertito non figura nel dossier della procedura". CARMINE GAROFALO. Prima di effettuare la segnalazione, chi opera allo sportello deve comunicarlo al capufficio. In determinate aree, questo è un elemento che crea problemi ai fini della riservatezza. Mi rendo conto che l'abolizione di tale passaggio potrebbe portare a segnalazioni scarsamente motivate ma la domanda che ho posto mi sembra comunque legittima. Un'altra domanda che desidero rivolgere al governatore della Banca d'Italia riguarda una misura che non so se venga seguita, ed in quale misura, dalle banche. Vorrei sapere, in particolare, se nelle situazioni di particolare rischio si preveda - o almeno si consideri opportuna - una rotazione molto rapida per quanto riguarda il servizio agli sportelli e le stesse responsabilità in alcune aree e filiali. Infatti, la permanenza molto prolungata di una stessa persona nella stessa funzione rappresenta un elemento che può creare problemi. La terza domanda riguarda la questione dell'abusivismo bancario, in ordine alla quale vorrei sapere (se le risulta) quali siano le aree in cui tale fenomeno si è manifestato in modo particolare. Desidero infine chiedere al governatore della Banca d'Italia se il monitoraggio che è stato disposto in ordine all'applicazione della legge n.197 sia stato previsto, per così dire, a campione, in maniera casuale, oppure seguendo un criterio collegato al rischio per gli istituti sottoposti al controllo. Per quanto riguarda la banca dati centrale, si tratta di una misura certamente molto difficile da attuare. Ricordo però che, quando fu approvata la legge, una delle questioni che emersero fu il timore che la banca potesse essere utilizzata a fini fiscali. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Per quanto riguarda Pag. 1527 la rotazione, si tratta di un criterio che seguo in maniera molto attenta nell'ambito della Banca d'Italia, i cui direttori ruotano normalmente ogni cinque anni, mentre in alcune zone d'Italia preferisco adottare una rotazione più frequente. CARMINE GAROFALO. Non mi riferivo soltanto alla Banca d'Italia. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Certamente. E' evidente comunque che, a livello locale, le rotazioni dovrebbero essere effettuate maggiormente dagli istituti che non hanno la loro sede centrale nella stessa zona. Infatti, una banca locale, una cassa rurale o una piccola banca popolare può effettuare rotazioni solo in misura minima oppure non prevederne affatto. Lo stesso Banco di Sicilia, per esempio, ha una possibilità di rotazione limitata perché i suoi sportelli sono collocati per l'80 per cento in Sicilia; tale istituto potrà quindi spostare i propri dipendenti da una zona all'altra, ma sempre nell'ambito della stessa regione, mentre una banca di livello nazionale può effettuare più agevolmente le rotazioni. PRESIDENTE. Mi risulta che una circostanza particolare si sia verificata in Calabria, dove il Monte dei Paschi ha rilevato alcuni istituti nella zona di Lamezia Terme: poiché il personale è rimasto, per ovvie ragioni, lo stesso, non sono mutate le prassi seguite. Sono quindi continuati i favoritismi nei confronti di alcuni soggetti, per così dire, non proprio innocenti oltre ad alcune forme di discriminazione. Tutto ciò è avvenuto perché, nonostante il mutamento della ragione sociale dell'istituto, il personale è rimasto lo stesso. Credo pertanto che anche in questo caso non sia sbagliato incentivare la rotazione. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Per quanto riguarda l'abusivismo bancario, i casi più rilevanti si sono verificati con riferimento alle casse di mutualità. Circa il monitoraggio, questo è stato effettuato in 400 sportelli, volutamente presi nelle quattro regioni meridionali. Abbiamo seguito quindi un criterio territoriale, visto che non disponevamo ancora di elementi sufficienti per adottarne un altro. Per quanto attiene alla questione della banca dati centrale, si pone sempre il problema di stabilire fino a che punto sia opportuno che la banca diventi strumento di accertamento fiscale. PRESIDENTE. Si pone anche il problema della concorrenza tra banche: esiste in particolare qualche preoccupazione circa il fatto che attraverso il rilevamento del complesso delle operazioni emergano dati tali da comportare un danno. VINCENZO SCOTTI. Si pone il problema di dove collocare la banca e delle procedure di accesso. ALDO DE MATTEO. Desidero soffermarmi su un argomento che è già stato al centro di molti interventi e che rappresenta, a mio avviso, lo scenario naturale rispetto al tema di cui stiamo discutendo: mi riferisco al livello internazionale. Non a caso la prima parte della relazione del governatore della Banca d'Italia è dedicata a quanto si sta facendo sul piano internazionale per contrastare il fenomeno del riciclaggio. Si fa riferimento, in particolare, al GAFI, nell'ambito del G7, ed alle iniziative della Comunità europea. Ritengo che il richiamo all'OCSE sia di natura soltanto organizzativa e riguardi il luogo cui fa riferimento la struttura permanente del GAFI. Devo però rilevare una contraddizione che si collega alle responsabilità soprattutto politiche del governatore, laddove non si individuano strumenti idonei nell'ambito delle politiche che si stanno sostenendo nei confronti dei paesi terzi. Mi sembra comunque che non vi sia una grande tensione neppure a livello comunitario e in questa fase tali problemi non sono vissuti con grande preoccupazione Pag. 1528 (frequentando ambienti comunitari ho questa sensazione). A parte ciò, mi accorgo che tali strumenti mancano soprattutto in una fase in cui la Comunità rappresenta un elemento dinamico e non statico: non ci si può infatti limitare a considerare soltanto i dodici paesi membri, poiché sono in atto processi di allargamento che hanno una loro consistenza soprattutto sul terreno economico e dello sviluppo di paesi come quelli dell'EFTA e in generale di tutti quelli nei cui confronti sono in corso progetti di associazione particolarmente significativi. Non mi pare che nell'ambito di tali accordi e convenzioni possa essere individuato un significativo livello di attenzione nei confronti di queste problematiche. Se lei, signor governatore, avesse invece un parere diverso, la pregherei di aiutarmi in questa ricerca. Per quanto mi riguarda, ribadisco che, essendomi occupato in questa fase di accordi e di convenzioni, ho dovuto constatare con molta amarezza un'assenza di attenzione. Le considerazioni del collega Galasso mi lasciano molto perplesso. Non credo che il problema sia collegato al principio del pecunia non olet ma che, al contrario, abbia natura diversa. In particolare, ritengo che vada considerato in modo più approfondito uno dei dati che caratterizza lo sviluppo delle società e delle economie moderne, cioè l'interdipendenza. Si tratta infatti di un elemento reale, che richiama interessi e non soltanto aspetti di carattere etico. Credo che il dato dell'interdipendenza possa mettere in moto meccanismi anche pratici nell'ambito del G7, della CEE e degli accordi tra paesi associati, sì da giungere a misure efficaci e da evitare di assistere a spostamenti delle azioni delittuose da un luogo meno protetto ad uno maggiormente protetto. Vorrei svolgere un'ulteriore considerazione, ponendomi nella veste del cittadino che cerca di prendere coscienza delle misure adottate e che si interroga su certi fenomeni. Mi riferisco, in particolare, alla misura che ha introdotto il limite di 20 milioni per le operazioni in contanti. Quali sono stati gli effetti di tale provvedimento? Si è soltanto verificata una riduzione dei versamenti di tale entità oppure si è affermata una situazione rilevante sotto il profilo delle indagini e della individuazione del fenomeno del riciclaggio? A mio avviso tale misura, considerata a sé stante, non ha alcun significato, a meno che non venga inserita in un intreccio di elementi che costituiscano i riferimenti necessari per individuare il fenomeno e per colpirne le manifestazioni. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS ALDO DE MATTEO. Sotto questo profilo, credo che debbano venire necessariamente in aiuto la tecnologia, l'organizzazione, l'informatizzazione. Tale finalità va a mio avviso perseguita con maggiore determinazione perché probabilmente rappresenta l'unico obiettivo concreto che può consentire di modificare sostanzialmente la situazione. Per il resto, ci si muove sempre nell'ambito di aggiustamenti e di traguardi provvisori. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Concordo con la sua prima osservazione. La sensibilità internazionale sui temi da lei richiamati è inferiore a quella che sarebbe auspicabile e alla stessa attenzione che si registra nel nostro paese. Non a caso, ho sempre invitato coloro i quali hanno la possibilità di svolgere un'azione in questo campo nelle diverse istituzioni di cui fanno parte, ad intraprendere iniziative, delle quali vi è senz'altro bisogno. Spesso in alcuni paesi i problemi attinenti al riciclaggio e alla criminalità sono considerati come un "fastidio". Concordo con lei sull'opportunità di privilegiare l'aspetto dell'interdipendenza; del resto, si va sempre più affermando la consapevolezza che questi malanni tendono a propagarsi (non è solo l'afta epizootica a propagarsi!). E' quindi opportuno che in questi paesi, nel loro stesso interesse, si registri in futuro una Pag. 1529 reazione maggiore. Non si tratta dunque solo di un'esigenza etica ma anche di interesse economico. Allo stesso modo di quanto avviene a livello interno, dove la collaborazione delle banche rappresenta un'esigenza collegata all'interesse di difendere la salute della propria azienda, la stessa impostazione dovrebbe valere a livello internazionale. Siamo passati dalla fase della registrazione manuale delle operazioni bancarie di un certo importo (finalizzata a garantire, sia pure con grande difficoltà, una determinata ricostruzione) all'impostazione informatica, che offre vantaggi non solo sotto il profilo della ricostruzione delle operazioni ma anche sotto l'aspetto dell'individuazione di aree e di settori a rischio. Sotto tale profilo, il lavoro dell'Ufficio italiano dei cambi assume particolare rilievo. Sono contento che l'attuale direttore dell'Ufficio sia l'ex capo del servizio informatico della Banca d'Italia, perché ha maturato un'esperienza che gli consente di individuare e di utilizzare al meglio le potenzialità tecniche e le capacità tecnologiche. CARLO D'AMATO. Il Banco di Napoli è un istituto di credito che, pur avendo una dimensione nazionale, opera prevalentemente nelle regioni meridionali, in particolare in Campania. Vorrei sapere se la Banca d'Italia abbia effettuato indagini sull'attività e sulla gestione di questo istituto, con particolare riferimento ad alcune notizie diffuse nel corso di questi anni dalla stampa, relative a procedure di aperture di credito a favore di famiglie camorristiche nel napoletano o a prestiti concessi, al di fuori della normalità e della correttezza della banca, a magistrati e a giornalisti. Nel corso di un sopralluogo della nostra Commissione a Caserta abbiamo appreso che, probabilmente per leggerezza o per mancato approfondimento della situazione specifica, una filiale del Banco di Napoli era stata addirittura allocata in uno stabile di proprietà di una famiglia camorristica dell'agro aversano. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Al momento, non ho elementi per poter rispondere alle sue domande relative al Banco di Napoli. Credo comunque che alcuni aspetti ai quali lei ha fatto riferimento siano stati approfonditi, anche perché hanno costituito oggetto di interrogazioni parlamentari. CARLO D'AMATO. Sì, ma non è noto l'esito di queste interrogazioni. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Per quanto riguarda l'allocazione di una filiale del banco di Napoli presso uno stabile di proprietà di una famiglia camorristica, non dispongo di informazioni specifiche. MARCO TARADASH. Ho l'impressione che il sistema complessivo dei controlli sia assimilabile ad una sorta di codice della strada, con sensi unici, divieti di accesso ed altro, e che non venga considerato adeguatamente lo scopo ultimo che è quello di fare in modo che il flusso del denaro sporco finisca in un inceneritore o in un burrone. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE MARCO TARADASH. In Italia, in Europa e negli altri paesi dove sono in vigore determinate leggi, si ottengono buoni risultati sotto il profilo dell'instradamento del denaro sporco e dell'esigenza di impedire che quest'ultimo si confonda con il denaro pulito, ma non si riesce ad impedire che il denaro sporco trovi uno sbocco in determinate direziorni. Fino a quando l'Austria confinerà con l'Italia, potremo anche avere le migliori regole del mondo, ma il meccanismo di controllo continuerà a non funzionare! Del resto, siamo consapevoli che, anche nell'ipotesi in cui non esistesse l'Austria, vi sarebbero comunque Berlino, l'isola di Saint Martin e tutti i paesi dell'est europeo! Sta di fatto che il denaro sporco, ritornando dai luoghi di "lavaggio" internazionale, rientra depurato nel Pag. 1530 circuito economico. Se le cose stanno in questi termini - di questo chiedo conferma al governatore Ciampi - mi chiedo se i costi di questa operazione siano giustificati rispetto ai risultati. Non ritiene che sarebbe prioritario, sotto il profilo politico, preoccuparci maggiormente di impedire la formazione del denaro sporco considerato che, una volta formatosi, è praticamente impossibile - se non nei minimi termini - riuscire ad impedire che tale denaro rientri attraverso attrezzati corridoi nell'economia di mercato? Vorrei inoltre chiedere quanto costerebbe al nostro paese la rinuncia al denaro criminale. In un rapporto del gruppo Pompidou ho letto che il denaro connesso al traffico di droga ha prodotto negli ultimi dieci anni profitti per ottocento mila miliardi di lire. Considerata la svalutazione, si tratta di una cifra pressoché equivalente ai limiti del nostro debito pubblico! Se venisse meno il denaro dell'attività criminale (non di quella di intermediazione, ma di quella che produce valore aggiunto, per esempio attraverso il traffico di droga), cosa accadrebbe del nostro paese? La società italiana potrebbe resistere all'impatto del venir meno del denaro criminale (almeno nel breve periodo) oppure dovrebbe elaborare una sorta di piano Marshall per surrogare il denaro che verrebbe a mancare in certe zone? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. In realtà, si tratta di problemi che esulano dalla mia competenza, essendo di carattere socio-politico. Mi sia permesso comunque di osservare che la consapevolezza dell'impossibilità di controllare e reprimere certi fenomeni è ovvia. Né si può accettare il discorso in base al quale in considerazione del fatto che ogni giorno avvengono omicidi e furti, sarebbe opportuno fare a meno della polizia ... PRESIDENTE. C'è una parte nascosta nel ragionamento dell'onorevole Taradash. Non vi è un problema di legalizzazione dei furti e degli omicidi. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Come si fa ad impedire la formazione del denaro sporco? O legalizzandolo oppure impedendo il commercio di droga ... MARCO TARADASH. La mia domanda è questa: si intercetta il denaro sporco oppure lo si instrada lungo le vie del riciclaggio? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Se ne intercetta una parte. MARCO TARADASH. La potrebbe quantificare? CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Credo sia quasi impossibile. Comunque, se non altro si rende più difficile la vita ... Il fenomeno è paragonabile ad un flusso d'acqua: se non si riesce a ridurre la fonte, l'acqua finisce per incanalarsi in altre direzioni. Tuttavia, se vengono frapposte difficoltà al flusso - ed è quello che noi speriamo di fare - vi sarà un aumento di costi. Per quanto riguarda il problema relativo a quanto il nostro paese perderebbe nella condizione da lei configurata, è notorio, per esempio, che in alcune zone del sud il traffico illegale di sigarette era fonte di vita per migliaia di persone. Se in quelle zone lo Stato fosse intervenuto impedendo di colpo il commercio ... MARCO TARADASH. In questo caso si tratta di una questione economica, non sociale. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. No, si tratta anche di una questione economica, ove si consideri che molte persone (sia pure disoccupate sulla carta e che di fatto traevano una fonte di guadagno da certe attività), si sarebbero trovate a vivere del solo sussidio di disoccupazione, la cui entità probabilmente avrebbe dovuto essere aumentata. Pag. 1531 PAOLO CABRAS. Recenti indagini giudiziarie ed anche attività investigative delle forze dell'ordine hanno indicato che gli obiettivi dei flussi dei capitali illeciti sono anche molto più ambiziosi di quelli che riscontriamo nell'attività degenerata di istituti di credito locali, nell'acquisto di industrie decotte, nel subentro in aziende in crisi. Per la vastità di questi obiettivi dell'attività economica di gruppi mafiosi, per la presenza di società ed anche di personaggi che fanno parte del capitalismo venturistico o che hanno anche illuminato le cronache nere di questo paese, le chiedo se vi sia il pericolo che il capitale mafioso si possa trovare nei pacchetti azionari di grandi imprese del nostro paese, se l'inquinamento cioè possa arrivare molto in alto. Conseguentemente, le chiedo cosa si possa fare per sapere e per prevenire. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Purtroppo, casi di inquinamento anche di grosse istituzioni ne abbiamo vissuti anche nel settore del credito. Non debbo ricordare i due casi più eclatanti che abbiamo vissuto anni fa. Credo però che oggi, nel settore del credito, con le misure di legge approvate, a cominciare da quella sull'onorabilità e sui requisiti di professionalità, si siano fatti importanti passi avanti. Ritengo che oggi questi pericoli siano più difficili di ieri. Non voglio dire che non succederà più, perché sarebbe una presunzione o un auspicio, ma oggi sono convinto che sia tutto molto più difficile. Quelle due vicende le ho vissute in prima persona, una quando non avevo l'attuale responsabilità, l'altra durante il mio mandato. Ebbene, noi stessi avemmo difficoltà a renderci conto della rilevanza e della profondità del marcio che era in quelle istituzioni. Quasi non ci credevamo, o meglio alcune cose era impossibile saperle perché mancava un minimo di collaborazione internazionale. Quando cominciammo ad avere sospetti importanti ricevemmo un rifiuto di collaborazione anche da parte di importanti organi di vigilanza europei; oggi questo non accade più. MARCO TARADASH. Il caso della BCCI è scoppiato un anno fa. CARLO AZEGLIO CIAMPI Governatore della Banca d'Italia. Ha coinvolto attività con paesi del Medio Oriente ma per quanto riguarda l'Italia quei due casi ci hanno vaccinato più che altrove. Il fatto che siano stati accertati ha rappresentato non dico una nostra rivincita ma quanto meno la dimostrazione che prestare attenzione a certi problemi non era un nostro difetto. PRESIDENTE. San Marino costituisce un problema da questo punto di vista? CARLO AZEGLIO CIAMPI Governatore della Banca d'Italia. Certamente San Marino presenta delle anomalie, basti vedere i dati del rapporto fra depositi e numero di abitanti. Ma è un problema minore rispetto ad altri, sia per la dimensione limitata sia perché esiste di fatto una base di collaborazione. Come lei sa, è stato stipulato un protocollo di intesa sul monitoraggio del riciclaggio, anche se la convenzione non è stata ancora ratificata dai due Stati. CARMINE LAMANDA, Capo del Servizio vigilanza normativa e affari generali della Banca d'Italia. Non è stata ancora ratificata, perché aspettiamo di esaminare la normativa che verrà adottata da San Marino. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Penso che la convenzione sarà oggetto di ratifica in tempi brevi. Tra l'altro, San Marino è portato a collaborare anche per la presenza tra i suoi consulenti di cittadini della Repubblica italiana, che spero si diano carico di questi problemi. PRESIDENTE. Dalle considerazioni svolte dal governatore emerge come sia radicalmente mutato il quadro rispetto ai precedenti incontri. Nel passato avevamo un problema di modernizzazione legislativa; ora abbiamo un problema di razionalizzazione legislativa - relativo al riciclaggio Pag. 1532 e alla garanzia dell'anonimato, nei termini che qui sono stati posti -, nonché un problema di amministrazione delle informazioni. Credo che questa sia una questione particolarmente delicata sulla quale bisognerà svolgere un approfondimento quando il sistema sarà rodato. Mi pare anche che dal quadro che lei e i suoi collaboratori hanno illustrato emerga un rilevante interesse alla internazionalizzazione di tali problemi, essendo il mercato finanziario internazionale. Credo che il suggerimento che dava il senatore De Matteo, il quale sosteneva la necessità di perseguire una logica di interdipendenza per far comprendere ai paesi meno esposti dal punto di vista della criminalità visibile il loro interesse ad affrontare tali problemi, vada proprio in questa direzione. Il comitato che si occupa dei problemi del riciclaggio e dell'economia "sporca", presieduto dall'onorevole Scotti, ha in programma su questi temi un Forum che dovrebbe svolgersi nel mese di maggio. Sappiamo però che, per alcune difficoltà legate a scadenze interne della Banca, in quel periodo sarebbe assai problematico avere la presenza del governatore e dei suoi collaboratori. Poiché, però, teniamo particolarmente a che il governatore e i suoi collaboratori siano presenti per darci il loro contributo, se loro non hanno nulla in contrario potremmo spostare questo appuntamento ai primi giorni di giugno. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. D'accordo. PRESIDENTE. Sinora abbiano avuto un considerevole aiuto da parte dell'Istituto, sia direttamente sia attraverso il dottor Berionne. La ringraziamo della collaborazione che la Banca d'Italia sta dando alla nostra Commissione. CARLO AZEGLIO CIAMPI, Governatore della Banca d'Italia. Signor presidente, le confermo che la Banca intende essere pienamente a disposizione della Commissione per tutto il supporto che può dare. Credo sia altrettanto indubbio il nostro impegno, che sentiamo come impegno di istituto e anche personale. Sono d'accordo con lei che oggi siamo in una fase diversa: prima era necessario adottare una normativa, oggi l'abbiamo e dobbiamo verificare se sia valida e se siamo capaci di farla funzionare. Sono anche d'accordo con lei sul fatto che, appena possibile, sarebbe opportuno effettuare un primo check della nuova normativa, per verificare come abbia funzionato, se i problemi dipendano da noi o se invece siano necessari aggiustamenti. PRESIDENTE. Vi ringraziamo nuovamente. La seduta termina alle 13.30. |
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