Violante: seduta 41
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Pag. 1931 AUDIZIONE DEI MAGISTRATI DELLE DIREZIONI DISTRETTUALI ANTIMAFIA DI NAPOLI E SALERNO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE INDICE pag. Audizione dei magistrati delle direzioni distrettuali antimafia di Napoli e Salerno: Violante Luciano, Presidente .............. 1933, 1936, 1937 1938, 1939, 1940, 1941, 1943, 1944, 1945 1946, 1947, 1948, 1949, 1951, 1953, 1954 1955, 1956, 1957, 1958, 1959, 1960, 1961 1962, 1963, 1964, 1965, 1966, 1969, 1971 1973, 1974, 1975, 1976, 1977, 1978, 1980 1981, 1982, 1983, 1984, 1985 Addesso Ermanno, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno ................................. 1933 1936, 1944, 1961, 1973, 1985 Biscardi Luigi ................ 1952, 1960, 1962, 1965, 1966 Bonadies Ennio, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Salerno ............... 1962, 1973 Boso Erminio Enzo ............................... 1958, 1960 1970, 1971, 1972 Cappuzzo Umberto ................................ 1962, 1963 Dalterio Armando, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli .......... 1936, 1937, 1938 1939, 1940, 1941, 1973, 1974, 1975, 1976 Cabras Paolo .................................... 1940, 1943 1946, 1948, 1965, 1966, 1968 1972, 1975, 1978, 1982, 1983 De Simone Maria Vittoria, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli ...... 1956, 1957 1958, 1959, 1960, 1983 Ferrauto Romano ....................................... 1970 Fumo Maurizio, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli .......... 1951, 1952, 1953 1954, 1955, 1956, 1976, 1977, 1978 Gay Luigi, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli ...................... 1945 1946, 1947, 1978 Pag. 1932 Greco Alfredo, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Salerno ............... 1941, 1973 Imposimato Ferdinando ................................. 1948 Mancuso Paolo, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli .......... 1941, 1943, 1944 1945, 1955, 1960, 1968, 1978, 1979, 1980 1981, 1982, 1983, 1984, 1985 Mastella Mario Clemente ................... 1944, 1946, 1947 1948, 1953, 1957, 1962 Matteoli Altero ....................................... 1946 Narducci Giuseppe, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli .......... 1947, 1948, 1949 Ranieri Umberto ....................................... 1972 Robol Alberto ......................................... 1959 Taradash Marco ............................ 1964, 1965, 1971 Tripodi Girolamo ................................ 1968, 1969 Zuccarelli Fausto, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli .......... 1950, 1951, 1968 Pag. 1933 La seduta comincia alle 17,05. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Audizione dei magistrati delle direzioni distrettuali antimafia di Napoli e Salerno. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione dei magistrati delle direzioni distrettuali antimafia di Napoli e Salerno. Lo scopo dell'incontro di oggi è quello di ricevere un quadro dello stato della camorra nelle due aree e dell'azione di contrasto a tale fenomeno. Tale quadro è necessario in relazione ad una approfondita visita che la Commissione compirà in Campania nell'ultima settimana di maggio allo scopo di presentare al Parlamento una relazione sulla struttura e sulle connessioni della camorra. Diamo particolare rilievo a questo incontro non solo perché un'analisi approfondita della camorra forse storicamente non è mai stata compiuta, ma anche perché probabilmente le ultime evoluzioni di questo fenomeno sono tali da attirare la nostra attenzione e da far superare alcuni schemi del passato, che sembrano essersi rivelati non sufficientemente adeguati a comprendere il fenomeno. Dopo l'esposizione dei magistrati della procura della Repubblica di Salerno - è presente il procuratore - e della procura della Repubblica di Napoli, potranno essere avanzate da parte dei membri della Commissione richieste di integrazione e domande. Chiunque potrà prendere la parola, perché alla Commissione serve il quadro più chiaro possibile. La seduta è pubblica, ma desidero far presente che, qualora sorgessero problemi di riservatezza, potremo procedere in seduta segreta e quindi delle dichiarazioni rese non sarà data trasmissione all'esterno. ERMANNO ADDESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Il mio compito si limiterà alla lettura di una relazione che è stata approvata dal gruppo della direzione distrettuale antimafia di Salerno. La criminalità nel distretto di Salerno è stata caratterizzata, nel corso degli anni, da aggregazioni varie. Agli inizi degli anni ottanta operavano nel territorio della provincia di Salerno varie organizzazione camorristiche, la più importante delle quali (Nuova camorra organizzata) facente capo al ben noto Raffaele Cutolo, le cui aggregazioni e bande operavano in Salerno, ma soprattutto nei più importanti comuni posti sia nell'alto sia nel basso salernitano, quali Nocera Inferiore, Pagani, Cava dei Tirreni e Mercato San Severino, a nord, e Battipaglia, Eboli e Capaccio, a sud. Altre organizzazioni erano pure inserite sul territorio, quali quelle collegate alla Nuova famiglia e ad altri clan napoletani. A seguito di azioni giudiziarie esperite negli anni 1982-1985 nei confronti del clan Cutolo, e con il parziale disfacimento di tale clan, le organizzazioni collegate alla Nuova famiglia si consolidavano, accogliendo nelle loro file elementi già appartenenti alla Nuova camorra organizzata del Cutolo. Negli anni successivi, anche in conseguenza di lotte tra "famiglie" rivali, si assisteva al predominio del clan dei Maiale nelle zone di Eboli e della Valle Pag. 1934 del Sele, del clan Pecoraro nella zona di Battipaglia-Bellizzi, del clan De Feo nella zona di San Cipriano Picentino, del clan Pepe Mario, Olivieri Giuseppe, Citarella Gennaro, Sale Antonio nelle zone di Nocera Inferiore, Nocera Superiore e Pagani, del clan di Nocera Tommaso nella zona di Angri, del clan Loreto-Matrone nella zona di Scafati e del clan di Galasso Pasquale nella zona di Sarno. Quanto fin qui esposto, che raffigura geograficamente i più disparati insediamenti criminali, vale ad evidenziare la complessività del fenomeno camorristico in una provincia ed in un distretto già da tempo caratterizzati da elevata intensità di criminalità organizzata. La procura di Salerno si è trovata, negli anni ottanta, a dover fronteggiare il fenomeno nelle sue varie articolazioni, come accennato, nella ristrettezza di mezzi e uomini (si pensi al ridotto organico di questo ufficio), ma con risultati da poter definire apprezzabili. Più di recente la DDA, con accresciuta professionalità, ma con mezzi ancora insufficienti e con non sempre efficace collaborazione, ha operato ed opera, con tenacia e meticolosità, per assicurare una sempre più incisiva azione di contrasto, caratterizzata da decisa ricerca di conoscenza della serie di crimini efferati rimasti finora impuniti, a cagione del muro di omertà sempre opposto alle indagini e del silenzio a lungo serbato da coloro che dei delitti avevano piena conoscenza per esserne stati gli autori materiali o i mandanti, ed in ogni caso protagonisti delle più scellerate vicende. L'incisiva azione di questa procura nei confronti dei vari raggruppamenti delinquenziali ha condotto all'emissione di varie ordinanze di custodia cautelare nei confronti, tra l'altro, dei clan Pepe, Olivieri e Citarella, di appartenenti al clan di Nocera Tommaso, di Maiale Giovanni, di De Feo Pasquale e Carmine, di Pecoraro e di appartenenti al clan Loreto-Matrone, nonché del clan Galasso. A queste ordinanze sono seguite sentenze, alcune anche definitive, per il clan Pepe, per il clan De Feo, per il clan Loreto. Ho portato alcune delle ordinanze e posso consegnarle alla Commissione. Le anzidette azioni hanno determinato non solo effetti favorevoli sul territorio, ma hanno altresì indotto alla collaborazione un personaggio di spicco del crimine organizzato, quale Pepe Mario, e addirittura un esponente apicale della camorra, quale Pasquale Galasso. Tali "eminenti" personaggi hanno cominciato a collaborare ed il loro bagaglio di conoscenze su fatti delittuosi si sta rivelando prezioso, di notevole importanza e tale da rendere laboriose le indagini di polizia giudiziaria volte a ricercare i necessari elementi di riscontro alle dichiarazioni dei predetti. Il Pepe, ascoltato per alcuni mesi da un magistrato della DDA di Salerno, ha fornito ricchezza di elementi e di dati. Il Galasso sta fornendo la sua collaborazione non solo alla DDA di Salerno, ma anche a quella di Napoli, consentendo di venire a capo di numerosi efferati delitti e di consentire anche il ritrovamento, come recentissimamente avvenuto nel corso di disposti scavi, dei resti mortali di persone scomparse nei decorsi anni; sono stati rinvenuti i resti di quattro persone, tre uomini ed una donna. Il Galasso ha consentito così di individuare anche il "cimitero della camorra". Le stesse dichiarazioni hanno consentito di allargare il panorama delle indagini, offrendo all'attenzione degli inquirenti un nuovo spunto per maggiori approfondimenti, diretti ad accertare la sussistenza, come non senza fondamento si sospetta, di infiltrazioni di organizzazioni criminali all'interno delle istituzioni, con possibili connessioni con esponenti del mondo della politica, degli enti pubblici territoriali e degli apparati della burocrazia. La DDA di Salerno sta intensificando le attività di indagine dirette alla individuazione di specifiche responsabilità di pubblici ufficiali in concorso con esponenti di organizzazioni criminali, sulla scorta delle indicazioni fornite dai collaboratori di giustizia. Sono all'attenzione della DDA (se ne occupa il procuratore Pag. 1935 aggiunto) i casi di Nocera Inferiore e Pagani, nonché di Scafati, i cui consigli comunali sono stati sciolti per presunta connivenza con la camorra. Le relazioni prefettizie evidenziano varie illegittimità nella gestione della "cosa pubblica" e possibili interferenze di elementi di rilievo della camorra. Alcuni servizi, ad esempio quello della nettezza urbana, risultano affidati a parenti del noto Pasquale Galasso, del defunto Citarella Gennaro ed altri, mentre si sospetta che la famiglia Olivieri si sia intromessa nell'affare costruzioni abusive, in ordine alle quali procede la procura circondariale di Salerno. Il doveroso riserbo non mi consente, allo stato, di dire di più. Da quanto esposto e dalla documentazione a corredo della presente relazione possono trarsi le risposte agli interrogativi posti da codesta Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia. Nonostante l'azione svolta ed i pur notevoli risultati conseguiti, nonché tutto quanto si sta operando, la DDA di Salerno non ritiene di poter indulgere a facile ottimismo, anzi è dell'avviso che debba essere intensificata l'azione di contrasto a tutti i livelli. Necessita, innanzitutto, che le forze di polizia locali siano dotate di maggiore professionalità, poiché le tecniche di indagine di un tempo non sono più idonee a contrastare un fenomeno, quale quello della moderna camorra, che dispone di strutture e mezzi tecnici, nonché di intelligenze capaci di predisporre i più accurati e sofisticati strumenti, idonei ad ingannare coloro che ancora non sono al passo coi tempi. Necessita, poi, come già segnalato con una precedente relazione diretta alla Direzione nazionale antimafia, un diffuso e generale rafforzamento degli organici della Guardia di finanza al fine di agevolare la speditezza delle indagini patrimoniali anche miranti ad evidenziare il fenomeno del reinvestimento dei capitali illeciti, soprattutto nell'ambito delle attività turistiche molto fiorenti in questa zona, con particolare riguardo alla costiera amalfitana ed alla costiera cilentana. Più volte sono state effettuate indagini in ordine a segnalate illecite attività di sbarco di armi e droga in varie località costiere praticamente sottratte all'attività di controllo e di prevenzione delle forze di polizia. La notevole estensione del territorio e del litorale della provincia di Salerno, con quasi 200 chilometri di costa da Positano a Sapri, impone una maggiore, più razionale presenza della polizia di Stato, adeguata alle mutate esigenze dei tempi (la geografia degli uffici di polizia è datata in epoca remota). La contiguità con la provincia di Napoli, da un lato, e con le coste calabresi, dall'altro, impone l'istituzione di nuovi commissariati di polizia, onde verificare e controllare il fenomeno di osmosi delle varie organizzazioni criminali che, a nord dal napoletano e a sud dalla Calabria, si muovono in questa provincia e da questa provincia. E' appena il caso di rilevare che le organizzazioni camorristiche e mafiose non conoscono, contrariamente alle istituzioni dello Stato (giudiziarie e di polizia), limitazioni alle proprie competenze territoriali e si giovano, pertanto, proprio delle limitazioni statuali muovendosi nelle zone di confine laddove - come sembra logico ritenere - gli organi di polizia sono portati ad allentare l'intensità della loro attività di controllo nella convinzione che tale attività venga espletata dall'organo di polizia con competenza confinante. Si viene a creare una situazione tale per cui ciascun organo di polizia ritiene che un soggetto di rilievo camorristico venga controllato dall'altro organo di polizia confinante e viceversa, con conseguente calo nell'attività di prevenzione. Giova ricordare, su tutti, il caso di Galasso Pasquale che, originario con la sua famiglia, unitamente agli affiliati del suo gruppo, di Poggiomarino (Napoli), risiede ed opera nel comune confinante di Scafati (Salerno) a poche centinaia di metri dal confine con la provincia napoletana, Pag. 1936 svolgendo con il suo gruppo la propria attività illecita nella fascia di confine tra la provincia di Napoli e quella di Salerno e nelle zone limitrofe. Si suggerisce, pertanto, l'istituzione di un commissariato di polizia con sede in Scafati (Salerno) e con competenza anche sul comune di Angri, paese anch'esso confinante con la provincia di Napoli e precisamente con il comune di Sant'Antonio Abate (Napoli), anch'esso ad alta densità camorristica. E' opportuno, inoltre, un rafforzamento in termini numerici del personale del commissariato di polizia di Stato di Sarno (Salerno), comune confinante con Striano (Napoli) e con gli altri paesi vesuviani nonché l'estensione della competenza territoriale di detto commissariato anche ai comuni di San Valentino Torio (Salerno) e di San Marzano sul Sarno (Salerno) anch'essi confinanti con la provincia di Napoli e, segnatamente, con i comuni di Poggiomarino, Boscoreale e Boscotrecase. Si creerebbe, in tal modo, un serio ed efficace filtro di controllo di prevenzione di polizia in una zona di confine con la provincia napoletana qual è l'agro Nocerino-Sarnese, notoriamente ad alto tasso di criminalità di matrice camorristica. Allo stesso modo, si rende necessario rafforzare gli organici del commissariato di polizia di Stato di Battipaglia ed estendere la competenza di detto ufficio di polizia anche sul comune di Eboli (Salerno) per la evidente presenza, processualmente anche dimostrata, di pericolose ed agguerrite organizzazioni camorristiche nella Piana del Sele. Infatti in questi giorni si sta celebrando il processo di una di queste organizzazioni che richiederà un notevole impegno da parte del tribunale di Salerno. Si tratta del gruppo dei Maiale. Da ultimo si ritiene necessaria l'istituzione di un altro commissariato di polizia a sud di Eboli, in quanto per centinaia di chilometri e fino al confine della provincia di Salerno, è del tutto inesistente la presenza della polizia di Stato. Si individua nel comune di Sapri la sede più idonea per la creazione di detto commissariato che, eventualmente dotato anche di mezzi nautici e coordinato con la squadra mobile di Salerno, potrebbe espletare quell'attività di controllo lungo la fascia marina e costiera, la cui necessità è stata già rappresentata. PRESIDENTE. Signor procuratore, lei ha fatto cenno all'assenza della polizia di Stato, ma i carabinieri sono presenti? ERMANNO ADDESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. I carabinieri ci sono, ma non possono far fronte alla stessa maniera. Si determinerebbe, in tal modo, complessivamente, una più penetrante, efficace e razionale presenza sul territorio delle tre forze di polizia, adeguata alle mutate esigenze giudiziarie e di ordine pubblico di questi ultimi anni. Infine, mi sembra doveroso segnalare che - ai fini dell'azione di contrasto - necessita conferire maggiore efficacia all'ufficio del GIP, oberato da migliaia di processi affidati alla gestione di appena sei magistrati, i quali compiono ogni sforzo, con personale sacrificio, per scongiurare, almeno per ora, il paventato collasso. Ho chiesto al presidente del tribunale di integrare l'organico dell'ufficio del GIP e mi auguro che ciò avvenga. Sono queste le nostre osservazioni, piuttosto scarne, ma ritengo che la Commissione debba tenerne conto, debba cioè tener conto delle nostre aspirazioni, che sono dirette ad una migliore prevenzione, aspirazioni che sono dirette anche a meglio confrontarci con un fenomeno che si fa sempre più grave e pesante. Ci auguriamo che la Commissione d'inchiesta possa svolgere un certo intervento nelle sedi opportune perché l'azione dei giudici e delle forze di polizia possa finalmente valere a qualcosa. ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Anzitutto porgo le scuse del procuratore per non essere potuto venire Pag. 1937 qui a causa di impegni cogenti che gli hanno appunto impedito di essere presente. Noi sostituti della direzione distrettuale antimafia di Napoli abbiamo concordato una serie di interventi volti a fornire brevi quadri relativi allo stato delle indagini e a quelle che sono le esigenze che intendiamo prospettare alla Commissione parlamentare antimafia. Fare qui la storia della camorra in Campania non avrebbe senso e non sarebbe di alcuna utilità, essendo la storia stessa affidata ormai alle cronache e alla pubblicistica in materia. Sarà sufficiente fornire brevi cenni evidenziando come nel momento attuale ci troviamo in una cosiddetta terza fase della criminalità organizzata in Campania. Ad una prima fase in cui la criminalità organizzata diventa camorra passando all'adozione di pratiche efferate ed anche pubbliche di affermazione degli intenti delittuosi di organizzazioni che fino ad un certo momento avevano cercato di agire in maniera defilata (è la fase che vede l'espandersi della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo), è seguita, attraverso la formazione del cartello della Nuova famiglia che si è contrapposta alla prima, una seconda fase che nasce... PRESIDENTE. Mi scusi, ma lei dà per scontato che noi sappiamo molte cose, il che non è. Il cartello da chi era composto? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il salto di qualità, la trasformazione della criminalità organizzata napoletana da semplice criminalità organizzata in camorra si ha con Raffaele Cutolo, che ha raccolto le ansie di tanti diseredati della criminalità campana ed effettuato una intensissima attività di recupero di adesioni in sede carceraria, unitamente all'attività che nel contempo la sorella dello stesso, Rosetta Cutolo, recentemente tratta in arresto a seguito di una lunga latitanza, effettuava all'esterno delle mura carcerarie, un'attività che ha finito con il trasfondersi in una vera e propria organizzazione estorsiva ai danni delle organizzazioni che, parcellariamente, agivano essenzialmente nell'ambito del traffico di sigarette (tabacco lavorato estero) e di droga, sfociando così in una lotta efferatissima con una frequenza omicidiaria quotidiana. Sorgeva così la necessità, da parte di queste altre organizzazioni, di federarsi nel patto della Nuova famiglia, che vedeva unite le famiglie dei Bardellino, dei Nuvoletta, dei Vollaro di Portici, dei Giuliano di Forcella e zone vicine, dei Mariano, dei Zaza e dei Mazzarella, che fino a quel momento, pur essendo dedite stabilmente... PRESIDENTE. Siamo nella prima metà degli anni ottanta? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Siamo tra la fine degli anni settanta e la prima metà degli anni ottanta. Questa lotta efferata si condensa in questo momento, fino ai grossi interventi del 1982-1983-1984 da parte della procura di Napoli e di altre procure, con i cosiddetti blitz contro la Nuova camorra organizzata, prima, e contro la Nuova famiglia, immediatamente dopo. Si può dire che questo è il momento in cui la criminalità organizzata, così frazionata sul territorio, in assenza di sostanziali accordi volti alla spartizione delle attività delittuose e dei proventi da esse derivanti, inizia ad organizzarsi tramite stabili accordi. Come stavo dicendo prima, questa è quella che potremmo definire la prima fase: una fase genetica della criminalità organizzata, che nel momento stesso della sua genesi viene alla luce attraverso questa enorme efferatezza omicidiaria. La seconda fase segue alla sconfitta di Raffaele Cutolo, attraverso, in un primo momento, l'intervento giudiziario e, in un secondo momento, l'enorme forza di fuoco praticata dai gruppi facenti capo alla cosiddetta Nuova famiglia, che finiscono per eliminare gli esponenti dell'organizzazione Pag. 1938 ed anche quelli che, successivamente condannati all'esito della conclusione della reclusione scontata in carcere, venivano eliminati nel giro di pochi giorni, all'atto della scarcerazione dalle case di reclusione di rispettiva detenzione. Tale fase diede luogo ad una seconda guerra intestina, perché nell'ambito della Nuova famiglia, le due famiglie di Bardellino e di Nuvoletta, dopo aver sconfitto l'avversario che aveva rappresentato la causa e la ragione di quella federazione, si ponevano immediatamente in lotta tra di loro. La lotta cessava a seguito del sostanziale arresto di Lorenzo Nuvoletta e della scomparsa, in circostanze ancora non chiarite a livello giudiziario, dello stesso Antonio Bardellino. Scomparsa e arresto, e quindi indebolimento dell'uno e dell'altro, che dava luogo ad una fase di notevole frammentazione e ad una ripresa della lotta. PRESIDENTE. In quali anni ci troviamo? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Siamo nella seconda metà degli anni ottanta. E' stata una grossa guerra di camorra, non caratterizzata, come la precedente, dalla contrapposizione di due poli ben determinati, ma da una serie di atti delittuosi, sostanzialmente omicidiari, riferibili ad una incontrollata guerra tra bande confinanti che, prive di un capo e di una strategia di unificazione, si contendevano il territorio con la ferocia inaugurata da Raffaele Cutolo e che è rimasta una matrice impressa nella criminalità organizzata; una matrice che rende spesso difficili le indagini perché la ricerca di una causale spesso si scontra con l'inesistenza di un motivo che apparentemente possa giustificare l'episodio, e comunque con l'impossibilità di ritrovare nel tempo precedente tale causale: è sufficiente che nel giro di pochi giorni antecedenti al delitto stesso vi sia stato un minimo contrasto od ombra tra parti o personaggi delle organizzazioni criminali per giungere facilmente al delitto. La terza fase è quella che stiamo vivendo da circa un paio di anni. Essa vede alcune famiglie tentare di federarsi intorno al più grosso clan camorristico, quello di Carmine Alfieri. Vi è il tentativo di costituire un cartello. Così viene definito, probabilmente mutuando la terminologia usata dai giornali con riferimento a quelli che sono i cartelli sudamericani, che non a caso sono i maggiori fornitori di cocaina per la criminalità campana, che fa capo a Carmine Alfieri, che vede il tentativo di federare intorno ad esso, al fine di assumere il predominio delle attività campane, le famiglie di Contini Eduardo, dei vari Patrizio Bosti, Mallardo, Morra, Licciardi di Secondigliano. Di tale cartello si sono trovate tracce in varie ricostruzioni confidenziali ed indiziarie di delitti che hanno caratterizzato gli ultimi tempi: non ultimo l'omicidio del Cuomo, che - lo ricordo - è colui che negli anni ottanta perse le gambe nell'attentato dinamitardo in cui perì Michele Casillo. Un fatto, questo, che rientra attualmente nelle indagini della procura di Napoli. Contemporaneamente al tentativo di costituire questo polo di aggregazione, sembra che si stiano riprendendo quei rapporti con la mafia, che si erano temporaneamente interrotti... PRESIDENTE. Per mafia intende Palermo? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, la mafia palermitana. Tali rapporti si erano temporaneamente interrotti a seguito del degradare delle figure di Bardellino e di Nuvoletta. Bardellino e Nuvoletta erano stati coloro che tramite i loro stretti contatti con le famiglie palermitane avevano consentito di stabilire un flusso... PRESIDENTE. Bardellino e Nuvoletta erano uomini d'onore? Pag. 1939 ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Così vengono definiti. PRESIDENTE. Nuvoletta è arrestato? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, Nuvoletta è arrestato. Tali contatti, che essi mantenevano, consentivano soprattutto il riferimento a Palermo come ad una fonte di approvvigionamento dell'eroina. Ridottisi tali rapporti, la camorra napoletana si è maggiormente interessata alla cocaina, direttamente acquistata in Bolivia ed in altre regioni sudamericane. Non a caso è stato recentemente arrestato in Sud America Umberto Ammaturo. Sembra che questi rapporti, che si erano andati via via degradando a causa di tale contingenza, siano stati recentemente ripresi in sede carceraria, attraverso un incontro che ha riguardato componenti dell'organizzazione mafiosa di Cosa nostra e componenti di spicco di organizzazioni camorristiche napoletane. Un incontro che avrebbe fatto seguito soprattutto all'intensificarsi del contrasto alle azioni criminali sia in sede legislativa, perché è molto importante ciò che è stato fatto con il decreto Scotti-Martelli e con la restrizione dei regolamenti penitenziari, sia in sede di contrasto effettivo, di azioni giudiziaria e investigativa. Un accordo che, secondo quanto viene riferito in sede processuale, sarebbe destinato alla eliminazione con effetto intimidatorio di magistrati napoletani. PRESIDENTE. L'onorevole Taradash desidera sapere quale sia questo carcere. ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il carcere di Spoleto. Su tale fatto sono in corso delle indagini; vi sono colleghi che se ne stanno interessando direttamente e che potranno intervenire sul punto, se sarà necessario fornire degli approfondimenti. Non a caso c'è questo riferimento alla necessità di un'azione intimidatoria nei confronti della magistratura e delle forze dell'ordine, perché mai come nell'ultimo anno l'azione investigativa è stata pressante e produttiva. Si può dire che quasi nessuna organizzazione camorristica sia stata sottoposta, negli ultimi due anni, ad un controllo così pressante e a misure cautelari tanto numerose, a riscontri probatori tanto positivi. Tutto ciò è stato possibile anche grazie - lo ripeto - alla modifica normativa che ha consentito il recupero probatorio, sia pure con il filtro del contraddittorio, delle dichiarazioni rese al pubblico ministero e alla polizia giudiziaria, e anche - soprattutto - tramite l'introduzione dell'articolo 12-quinquies della legge n. 356 del 1992, che finalmente ha consentito una efficace azione di contrasto non solo dell'illecito accumulo di patrimoni a seguito dell'attività camorristica, ma anche - ed è molto interessante questo - attraverso l'attività usuraria, che in passato, a livello sia di pena sia di strumenti atti a contrastare il fenomeno, non aveva avuto una sufficiente attenzione. Poiché, grazie ai nuovi strumenti e soprattutto alla nuova pena prevista per l'usura, gli investigatori di polizia giudiziaria sono più motivati, è possibile un salto di qualità. Assistiamo, in particolare attraverso le indagini che sto personalmente svolgendo nella penisola sorrentina, ad un fenomeno di aggressione dell'imprenditoria che si verifica sotto un duplice punto di vista: da un punto di vista estorsivo-collusivo e da un punto di vista di infiltrazione nell'attività imprenditoriale. Dico estorsivo-collusivo in quanto assistiamo ad un fenomeno estorsivo che tende a realizzarsi attraverso l'acquisizione della complicità dell'imprenditore al quale, anziché chiedere immediatamente il pagamento di una tangente in denaro, si chiede la complicità in una operazione di falsa fatturazione o di fittizie prestazioni a favore dell'imprenditore stesso, operazione ovviamente tendente a frodare il fisco ed a produrre un utile ingiusto ed illecito all'impresa, il cui profitto viene Pag. 1940 diviso tra l'imprenditore e l'estorsore camorrista. Ecco perché parlo di accordo estorsivo-collusivo che ovviamente crea una complicità nell'illecito che rende difficile la rottura dell'omertà da parte dell'imprenditore estorto. Parlo anche di fenomeno infiltrativo in quanto si va incontro a fenomeni, da parte dello stesso estorsore, di raccolta, di unificazione e di rinnovazione del credito nei confronti dell'imprenditore, per cui il camorrista che estorce l'impresa non appena si accorge di averla posta in una sorta di sofferenza economica sufficientemente valutabile e rilevante, procede alla raccolta del credito nei confronti dell'impresa estorta da parte dei creditori parcellari, lo unifica e lo rinnova ad interessi usurari per costringere l'impresa alla definitiva rovina economica e quindi penetrare in associazione predominante con l'impresa stessa. PRESIDENTE. Una volta che questo imprenditore criminale è entrato nell'impresa ex onesta (diciamo così), cosa succede? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Fruisce di questo particolare avviamento che deriva dalla sua capacità di intimidazione e dalla sua collusione ... PRESIDENTE. Quindi, l'impresa sta sempre sul mercato? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Fa un salto di qualità enorme in quanto monopolizza il mercato ed ovviamente in pochissimo tempo... PAOLO CABRAS. Non c'è anche un tentativo di estromettere l'imprenditore originario e di subentrargli? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, infatti, vi è una iniziale posizione di predominanza che poi finisce per giungere all'estromissione, che però viene sempre evitata nella sua più plateale evidenza, in modo da non costringere l'imprenditore a perdere ogni interesse al prosieguo dell'impresa, costringendolo sempre ad un patto associativo, sia pure in una posizione di minor rilievo economico nell'impresa stessa, che egli non ha interesse a rovinare con una collaborazione con i pubblici poteri, proprio in quanto comunque conserva un'utile derivante dalla stessa. Ulteriori approfondimenti ritengo siano eccessivi nell'ambito di un intervento che vuole semplicemente essere introduttivo. Altri colleghi saranno più articolati di me sui vari punti di vista. Vorrei soltanto evidenziare, proprio facendo riferimento alle capacità di intervento specifico rientranti nella competenza della Commissione antimafia, che da un lato abbiamo assistito negli ultimi due anni ad una enorme accentuazione della professionalità delle forze dell'ordine, sia pure in una non mitigata, rispetto al passato, tendenza alla concorrenza, (che purtroppo rimarrà, ma che dobbiamo cercare di ridurre quanto più possibile), nel contrasto della macrocriminalità; dall'altro lato, nel contrasto della microcriminalità e nell'esperienza investigativa quotidiana un salto di qualità analogo non è stato fatto, purtroppo, per carenza di mezzi, devo ritenere. Ad esempio, i commissariati di polizia e le stazioni dei carabinieri sono ancora privi di unità di polizia scientifica, il che rende impossibile, nell'immediatezza di un intervento in relazione ad un attentato estorsivo o ad un omicidio, l'immediato recupero delle impronte digitali. Per esempio, registriamo numerosi recuperi di armi effettuati nella tumultuosità delle indagini, che non consentono il riferimento al centro di polizia scientifica della questura di Napoli, ma che avvengono in provincia, che si verificano con il sequestro a mani nude delle armi stesse, quando sarebbe invece opportuno l'immediato rilievo delle impronte dattiloscopiche. Sovente scopriamo covi di armi che vengono nascoste nelle pertinenze di un determinato fondo e che potrebbero con Pag. 1941 sentire di risalire al proprietario del fondo o ad altri personaggi tramite le impronte digitali. Ma tutto ciò, in un intervento tumultuosamente effettuato e senza l'ausilio della polizia scientifica, non può accadere. Altrettanto vale per il rilievo delle tracce di polvere da sparo, soprattutto per l'analisi dei tamponi che contengono le tracce della polvere da sparo, in quanto tutto ciò può avvenire solo nella questura di Napoli, non lo possono quindi fare i commissariati, privi dell'elettromicroscopio. I carabinieri devono addirittura rivolgersi a Roma. Questo a mio giudizio è inaccettabile in quanto sarebbe sufficiente un semplice stanziamento per l'acquisto di un elettromicroscopio a Napoli per consentire queste indagini a vista. Credo che tutti conoscano la situazione logistica di Napoli. PRESIDENTE. Intende della procura distrettuale di Napoli? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Mi riferisco alla procura distrettuale che poi è la stessa procura di Napoli. Con il cambiamento della normativa in sostanza ci siamo trovati ad avere una macchina da corsa senza benzina. Siamo privi di computer, ciò è risaputo: molti di noi hanno affrontato spese di svariati milioni per dotarsene. Lo hanno fatto con spirito di sacrificio, per senso di giustizia, tuttavia è necessario che le istituzioni si facciano carico di tale necessità adeguando le nostre esigenze logistiche allo sforzo che quotidianamente profondiamo. ALFREDO GRECO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Salerno. Dopo aver ascoltato il collega D'Alterio, vorrei far notare l'assoluta identicità di Napoli e Salerno per quanto riguarda sia la storia genericamente e sinteticamente raccontata della camorra sia la storia degli interventi dell'autorità giudiziaria e della polizia giudiziaria. Per quanto concerne l'attualità e i momenti di pericolo evidenziati dal collega, già abbiamo espresso il grido di dolore della procura distrettuale di Salerno in ordine alle sue carenze. Vorrei solo aggiungere che nei rapporti con l'imprenditoria, cui ha fatto riferimento il collega appena intervenuto, questa è storia comune nel salernitano ed è storia che a nostro avviso si sta sempre più aggravando in questi ultimi tempi. Quale è stato uno dei sistemi della camorra per avvicinarsi all'imprenditoria, per fagocitare le imprese e per potervi, in un modo o nell'altro, entrare disponendone o con il fallimento, che poi sarebbe stato in qualche modo produttivo, oppure inserendosi con il capitale sporco e con l'immanenza camorristica in altri mercati diventati più o meno legali? Il sistema adoperato fino a qualche anno fa era quello di mettere in difficoltà l'impresa, magari con qualche bomba o con qualche altro intervento di tipo violento, all'imprenditore. Oggi non c'è più bisogno di mettere in difficoltà le imprese in quanto esse nelle nostre zone versano già in una situazione di grave difficoltà per i fatti che voi conoscete meglio di noi. Quando le imprese versano in enormi difficoltà, accettano questo tipo di capitale, che può venire dal delitto, di guisa che si comincia a verificare, a palpare il gravissimo pericolo di iniezioni di capitale sporco e, peggio ancora, di ingressi di personaggi, che imprenditori non sono, nelle imprese in difficoltà. Rischiamo quindi di trovarci, da qui a non molto, con delle imprese che cominceranno forse a lavorare, ad imporsi sul mercato, ma che delle imprese originarie hanno perduto completamente le tracce, in quanto sono diventate vere e proprie imprese camorristiche. Questo è un pericolo che credo debba essere tenuto presente e forse questa Commissione è la sede più adatta per segnalare questo tipo di discrasia e questo tipo di evento che si sta cominciando a verificare. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Pag. 1942 Napoli. Vorrei sinteticamente ripercorrere la storia delle organizzazioni camorristiche tratteggiata già dal collega D'Alterio, in particolare delineando quelli che sono stati i collegamenti che le organizzazioni napoletane hanno costantemente tenuto con quelle siciliane. Su questo punto abbiamo i racconti di due pentiti di Cosa nostra, esattamente Buscetta e Mutolo ed attualmente stiamo ottenendo anche la testimonianza di Pasquale Galasso. Nel 1975 Cosa nostra si affaccia sulle spiagge del casertano, in particolare facendo capo alla famiglia di Lorenzo Nuvoletta, ed inizia a coordinare l'attività del contrabbando di sigarette fino ad allora gestita da personaggi che agivano in isolamento. Dopo una serie di omicidi di personaggi che non vogliono piegarsi a questo coordinamento, alla fine si forma un forte ed esteso nucleo di persone inserite (congiunte, come dice Mutolo) all'interno dell'organizzazione mafiosa Cosa nostra, che hanno soprattutto in Zara, Bardellino e Nuvoletta i principali referenti collegati alla commissione palermitana. Nel 1978 si assiste ad una ripercussione nel napoletano di quelle che sono le prime contrapposizioni di alleanze, benché assai clandestine, all'interno di Cosa nostra. Mentre Zaza e Bardellino rimangono legati a Badalamenti e Bagarella, Nuvoletta invece assume in Riina il suo referente all'interno dell'organizzazione palermitana, mentre Michele Greco finge di mediare l'intera situazione palermitana, tenendo però per Riina e facendo costantemente il suo gioco. L'arrivo di Cutolo in realtà scompagina questa situazione poiché alla fine degli anni settanta assume sicuramente il sopravvento, determinando addirittura una capacità estorsiva sulle stesse organizzazioni: egli imponeva una cifra tra le dieci e le venti mila lire a cassa di sigarette per ogni sbarco che avveniva sulle coste napoletane. Contro il prepotere di Cutolo, Cosa nostra tenta di reagire ed appoggiandosi ad alcune organizzazioni di Nuova famiglia, invia nel napoletano alcuni suoi uomini i quali però vengono costantemente isolati, abbandonati, addirittura alla fine uccisi, nonostante fossero appoggiati a persone che Cosa nostra riteneva di assoluta fiducia. A questo punto Cosa nostra comprende che la situazione napoletana è ingovernabile e abbandona il territorio campano, mantenendo diretti legami non con le organizzazioni, ma personalmente con Lorenzo Nuvoletta e con personaggi ad esso legati sulla penisola sorrentina, cioè Gionta a Torre Annunziata e D'Alessandro a Castellammare. Al contrario Carmine Alfieri, che dallo scontro con Cutolo esce sicuramente vittorioso, tanto da avere la capacità di scontrarsi e prevalere sullo stesso Nuvoletta, costretto ad una sorta di assedio nei comuni di Marano, Villaricca e Quarto, manifesta la ferma volontà di respingere qualsiasi tentativo di infiltrazione di personaggi di Cosa nostra. Tuttavia, le organizzazioni di Alfieri, come quelle di Nuvoletta, partono da alcuni punti in comune con quelle che erano state le prime iniziative palermitane nel campo dei rapporti con le imprese e soprattutto con le istituzioni. Già si è detto qual è il tipo di rapporto che l'organizzazione camorristica assume con l'imprenditoria campana; quello che voglio aggiungere, rispondendo al senatore Cabras, è che non vi è necessariamente, alla fine del percorso di conflitto fra camorra e impresa, l'espulsione dell'imprenditore dalla sua impresa, ma vi è molto spesso l'inclusione dell'imprenditore nell'organizzazione, o quanto meno il suo defilamento in una posizione di rappresentanza che consente alla ditta di presentarsi sul mercato come immutata, anche se in realtà gli organi deliberativi e di governo dell'impresa - trattandosi di società per azioni, la stessa titolarità delle azioni - sono cambiati e sono nelle mani dell'organizzazione. Abbiamo addirittura trovato, al momento dell'arresto sul confine italo-svizzero di un grosso imprenditore camorrista napoletano come Luigi Romano, condannato in primo grado, un documento scritto in cui si riassumeva quanto era Pag. 1943 avvenuto per l'acquisto da parte di Romano dell'impresa Messere. Questa era un'impresa napoletana di costruzioni molto prestigiosa che a seguito di forti perdite subite per attentati ricevuti in Sicilia - e anche su tale collegamento vi sono alcune indagini in corso - l'imprenditore è costretto a cedere; ne assume la presidenza con l'obbligo, in cambio di una retribuzione di 100 milioni all'anno, di - cito a memoria - esplicare tutta la propria capacità di relazioni pubbliche nel campo imprenditoriale ed istituzionale per far acquistare e mantenere all'impresa il massimo di mercato. Questo ha significato la possibilità... PRESIDENTE. Si trattava di una nota scritta? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Era una nota scritta sequestrata nelle tasche di Luigi Romano... PRESIDENTE. Era una sorta di contratto? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, era un atto di cessione delle quote e di riserva in capo al cedente imprenditore... PRESIDENTE. Era stato stipulato dinanzi ad un notaio per caso? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. No, era una scrittura privata. PAOLO CABRAS. Si ricorda a quando risale? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Al 1988; comunque, siamo riusciti a trovarlo ultimamente in maniera assolutamente fortuita, perché è sempre più difficile che si facciano atti scritti di questo genere e soprattutto che siano poi conservati così imprudentemente, addirittura da chi si aspetta la cattura. Un altro dato particolare dell'organizzazione camorristica napoletana di quel periodo è l'aggressione, oltre che all'impresa, ai comuni. Dal 1987 in poi inizia uno stillicidio di omicidi nei confronti di sindaci, assessori, o altri personaggi inseriti a livello istituzionale nelle realtà locali; si tratta di omicidi che avvengono o per regolamenti di conti interni alle organizzazioni, in cui evidentemente ciascuna delle vittime è inserita, ovvero per il rifiuto di qualcuna delle vittime di assoggettarsi alle imposizioni. La realtà è che in quel periodo gli organi locali si trasformano in gestori di spesa piuttosto che di servizi; nello stesso tempo sappiamo che vi è stata un po' una fuga delle professioni dalle amministrazioni locali, per cui esse non hanno la capacità professionale per gestire la spesa... PRESIDENTE. Da cosa dipende questa mutata capacità di spesa? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sicuramente mi riferisco ai grossi arrivi di denaro che sono derivati dalla ricostruzione post-sisma e a grosse iniziative consentite dal finanziamento di opere locali, anche all'esterno di questi flussi di spesa: penso a Italia '90 ma anche a tante attività di gestione ordinaria che hanno trovato un'espansione enorme negli ultimi anni. La capacità di spesa, come dicevo, è stata male amministrata poiché non vi erano le professionalità adeguate a tale livello di amministrazione, ed ha comportato uno sbandamento, una fuga nell'illegalità e nell'aggiustamento continuo, nel migliore dei casi, dell'amministrazione pubblica; si è creato quindi un terreno facilissimo per l'aggressione da parte delle organizzazioni criminali. Abbiamo visto che tanti comuni sono stati sciolti negli ultimi anni per collegamenti con organizzazioni criminali, ma sia prima sia dopo è proseguita un'attività di estrema leggibilità e trasparenza Pag. 1944 nei consigli comunali, cioè la moltiplicazione delle liste, per la quale in molti comuni abbiamo assistito alla formazione di liste autonome che si andavano in realtà ad affiancare ad organizzazioni criminali che non erano in consonanza rispetto alla lista principale; esse andavano quindi a rispecchiare nel consiglio comunale gli scontri o le alleanze fra le organizzazioni criminali di cui ciascuna delle liste era referente e vi erano alla fine alleanze per la gestione di grossi interessi comuni. Una delle principali fonti di grossa spesa che mi viene in questo momento in mente, per rispondere al presidente Violante, è stato il cosiddetto decreto Falcucci per l'edilizia scolastica: ciascun comune ha avuto decine di miliardi da investire, fra l'altro con tempi di spesa rapidissimi, nello spazio di due o tre mesi. Quel decreto, infatti, per costringere le amministrazioni a non trasformare la sovvenzione in interessi passivi aveva previsto tempi brevissimi per la compilazione dei progetti e l'approvazione delle concessioni, il che ha dato ulteriore spazio per il controllo delle concessioni stesse. In questo quadro complessivo, l'organizzazione di Carmine Alfieri ha marcato una presenza di alta razionalità, nel senso che, mutuando dall'organizzazione cutoliana... PRESIDENTE. L'Alfieri è il protagonista di questo ingresso nei comuni, oppure no? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Nella provincia di Napoli, sicuramente sì, insieme a Nuvoletta. PRESIDENTE. E a Salerno questo fenomeno non si verifica? ERMANNO ADDESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Si verifica, ma non è Alfieri. PRESIDENTE. Chi è? ERMANNO ADDESSO, Procuratore della Repubblica di Salerno. Sono più i clan che ho indicato prima: Loreto, Galasso... PRESIDENTE. Ho capito. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Vi è invece una regia unica per quanto riguarda la provincia di Napoli, soprattutto nella fascia dei comuni vesuviani, che comprende un po' la zona centrale dell'entroterra del napoletano, con attuali proiezioni molto forti nell'Irpinia e nel Sannio, nelle province di Avellino e Benevento, che sono sostanzialmente incontaminate ma che stanno vedendo grosse infiltrazioni e grossi spostamenti di personaggi, al limite delle indagini... PRESIDENTE. Ci avviciniamo alla zona dell'onorevole Mastella. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Il Sannio è abbastanza fuori, spero! PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Dobbiamo distinguere fra conoscenza dei fenomeni ed esistenza dei fenomeni, purtroppo. MARIO CLEMENTE MASTELLA. La conoscenza vale per tutti. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Certo; mi riferisco alla conoscenza nostra, per carità! Stavo dicendo che il regista di questa intera operazione è stato sicuramente Carmine Alfieri, il quale, secondo le ipotesi accusatorie d'indagine che sono a vostra disposizione e la richiesta di autorizzazione a procedere che avete ricevuto, avrebbe ottenuto la protezione di alti esponenti politici per un rapporto privilegiato con le istituzioni locali, rapporto che gli ha consentito di dirigere sostanzialmente l'approvvigionamento e i flussi di spesa che derivavano Pag. 1945 dal terremoto. In particolare, l'ipotesi che ci viene fatta da questo collaborante, che per numerosissimi aspetti abbiamo già ritenuto affidabile - nelle ipotesi specifiche di reati molto gravi -, è quella di una strategia che prevede un primo passaggio, con l'identificazione di un'impresa nazionale da parte di un personaggio politico che può assicurare il finanziamento, e un momento successivo, con il coinvolgimento del camorrista (cioè di colui che controlla il territorio nel quale deve avvenire l'investimento) sia nell'individuazione delle ditte che opereranno in associazione d'impresa con la ditta nazionale individuata sia nella gestione del subappalto. Secondo il dichiarante, all'individuazione dell'impresa... PRESIDENTE. Il dichiarante è Galasso? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, in questo caso sì. Secondo il dichiarante, all'individuazione dell'impresa da parte del politico nazionale corrisponde una dazione di tangente anticipata rispetto alla fase dell'esecuzione e della stessa conclusione del contratto dei lavori. La gestione del subappalto è totalmente nelle mani del camorrista, il quale usa la possibilità che gli viene riconosciuta di scegliere le ditte del subappalto per ampliare la propria capacità di controllo nel settore imprenditoriale, in quanto inserisce non soltanto ditte da lui direttamente controllate ma anche ditte con le quali ha comunque un rapporto, o che conosce essere in situazioni economiche tali da consentirgli quella manovra, quella marcia di inserimento e di successivo controllo che ha descritto il collega D'Alterio. Alla fine dell'operazione avviene poi una complessiva riconduzione del subappalto, e spesso anche delle ditte che hanno operato in associazione d'impresa, sotto il controllo del camorrista e un ritorno in voti di tutta l'operazione per il politico che l'aveva innescata. Questo è, diciamo, lo scenario che ci è stato tratteggiato e sul quale ovviamente stiamo lavorando: è un'ipotesi accusatoria e le indagini sono particolarmente complesse. LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Vorrei per un attimo soltanto agganciarmi a quanto ha detto il collega Mancuso, per dare un minimo di concretezza al quadro che la Commissione parlamentare antimafia deve avere della camorra. Mi sembra che parlando di Alfieri certamente non facciamo riferimento a tutta la camorra, perché nella realtà napoletana esistono gruppi criminali che operano nella città di Napoli - vi sono colleghi che potranno approfondire questo aspetto -, che sono cosa diversa dalla camorra che opera nella provincia. E parliamo di alcuni clan... PRESIDENTE. Alfieri operava nella città o nella provincia? LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Nella provincia: nella zona di Nola fino ad arrivare ai limiti del controllo da parte dei clan D'Alessandro e Imparato. PRESIDENTE. D'Alessandro e Imparato sono a Napoli? LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. A Castellamare di Stabia. Voglio dire che il clan camorristico - al riguardo potremmo fare una serie di distinzioni, ma sarebbe necessario entrare nel merito di ognuno di essi - si può imporre per due componenti, che possono coesistere, ma anche non coesistere: la forza militare e la forza imprenditoriale. Le due cose, dicevo, possono coesistere. Il clan Alfieri, in particolare, ha determinato un'indagine che riteniamo molto grossa ed importante, perché laddove il clan camorristico è in possesso anche di una forza imprenditoriale troviamo collusioni - che naturalmente sono oggetto d'indagine - fra camorra e rappresentanti dello Pag. 1946 Stato, o amministratori in generale. Laddove invece prevale la forza militare, come nel caso di alcuni clan, per esempio Licciardi e Mallardo, o i clan metropolitani (ovviamente da quanto risulta allo stato delle indagini, ma non possiamo ancora affermarlo con certezza), non abbiamo elementi tali per dire che esiste una forma di collusione fra camorra e apparati o rappresentanti dell'amministrazione. ALTERO MATTEOLI. Vuole essere più chiaro? LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. In sostanza, se esaminiamo quali sono i consigli comunali sciolti (Marano, Quarto, Casandrino, Poggiomarino), tutti appartenenti alla provincia, vediamo che le nostre indagini o hanno accertato condizionamenti sull'amministrazione comunale (ad esempio, per fare in modo che una gara d'appalto fosse vinta da un determinato clan camorristico) oppure, sempre in materia di appalti, hanno messo in evidenza - chiaramente sarà necessario un approfondimento di indagine, in particolare per quanto riguarda il clan Alfieri - una forma di interferenza o di collegamento tra camorra e amministratori, e rappresentanti dello Stato. Nei clan metropolitani, tranne qualche caso, la situazione è diversa. Il caso Masciari, ad esempio, è un episodio che si inserisce nell'ambito di un clan metropolitano, di cui forse non è stato possibile scoprire tutti gli aspetti, ma che ha riguardato il voto, ma non certamente l'appalto. Al momento non disponiamo di questo dato. PAOLO CABRAS. Nel caso Masciari, c'è anche una vicenda di impresa, di appalti comunali, di imprese di trasporto? LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. No, no. E' vero che vi sono stati degli attentati in danno di imprese per la raccolta di rifiuti solidi urbani, ma non si è potuto ... PRESIDENTE. Il senatore Cabras intende riferirsi ad un'altra questione: sembrerebbe da alcune dichiarazioni che sono pervenute alla Camera, fatte da Masciari, che ... LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Non le conosco, mi dispiace. PRESIDENTE. La dichiarazione riguarda una linea di trasporti. MARIO CLEMENTE MASTELLA. E' collegata con i mondiali? LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, è una delle tante ... Quando si parla di camorra si ripetono alcuni nomi che conosciamo, come quelli di Nuvoletta e Zaza; credo che debba però essere approfondita quale sia oggi la realtà del clan Nuvoletta, che dal 1983 fino ad oggi ha subito tutta una serie di indagini, di condanne e di sequestri per cui - lo dice peraltro lo stesso dichiarante - il clan Nuvoletta è ristretto ormai nell'ambito del comune di Marano. Prevalgono altri clan, che forse sarà opportuno studiare e dei quali peraltro conosciamo ben poco, perché di Alfieri stiamo cominciando a conoscere oggi una realtà spaventosa e così di altri clan (ho già pronunciato dei nomi che forse a voi non dicono nulla), quali i Licciardi e i Mallardo, che fanno capo a personaggi che, badate bene, sono scomparsi da un momento all'altro. Chi si è reso latitante, chi si è reso soltanto irreperibile: Licciardi non era colpito da alcun provvedimento, ma aveva capito che, restando nell'ombra e operando nell'ombra (peraltro a lui si addebitano decine e decine di omicidi)... Ecco la forza militare di questi clan: imporre con la violenza e con il sangue il loro predominio. Pag. 1947 Quindi a Napoli coesistono - forse anche in Sicilia, non la conosco bene - queste due realtà: clan forti militarmente e clan forti militarmente ma anche imprenditorialmente. Gli uni, allo stato, non hanno rapporti con apparati amministrativi. PRESIDENTE. Il primo? LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il primo, sì. Queste cose volevo riferire. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Una richiesta di chiarimento. Vorrei sapere se vi è un nesso specifico all'interno delle varie relazioni, se c'è una relazione che riguarda un rapporto che mi pare sia stato evidenziato un po' dal dottor Gay e un po' precedentemente al suo intervento: vorrei sapere quando nasce o come si vincola questo rapporto sul piano politico, essendo stato fatto riferimento a dati di natura amministrativa. Siccome il dato che emerge maggiormente, a parte l'imprenditorialità o meno, è il vincolo di natura politica vorrei sapere: questo rapporto nasce soltanto col terremoto, o nasce in altro modo, si sviluppa precedentemente? Dove nasce questo rapporto? PRESIDENTE. Grazie, questo ci aiuta molto. Qualcuno dei nostri ospiti vuole rispondere? GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Intendo far riferimento alla domanda dell'onorevole Mastella, pur non pretendendo di fornire una risposta esauriente, nel senso che oggi sostanzialmente la direzione distrettuale antimafia di Napoli, nell'ambito delle indagini sulle associazioni camorristiche, ha avviato anche indagini dirette ad accertare un ventaglio di rapporti collusivi con pezzi delle istituzioni o più in generale infiltrazioni delle organizzazioni camorristiche all'interno di amministrazioni locali o addirittura di istituzioni dello Stato. Vi sono diverse indagini, non tutte nate negli ultimi mesi, sviluppatesi anche nei mesi passati, rivolte ad uno spezzone significativo (vi faccio riferimento solo perché il procedimento di cui parlo è quello che nasce dalle dichiarazioni del collaborante Nunzio Perrella, già in gran parte pubbliche, essendo contenute in ordinanze di custodia cautelare ed essendo il materiale stato depositato al tribunale del riesame). Si tratta di un procedimento che nel mese passato ha portato all'emissione di 115 ordinanze di custodia cautelare e che, per un aspetto importante, ha riguardato i problemi del rapporto tra organizzazioni camorristiche, alcuni esponenti politici e ceto imprenditoriale, con una particolarità, che io ritengo importante, attesa anche oggi una competenza vasta della direzione distrettuale antimafia, che riguarda il problema del rapporto fra le organizzazioni camorristiche napoletane e quelle della provincia di Caserta ed il rapporto che, dalle prime indagini che la direzione distrettuale antimafia sta facendo, sembra essere un rapporto di collusione forte tra organizzazioni camorristiche casertane e alcuni settori del mondo politico e alcuni pezzi delle istituzioni. Questo perché nella nostra indagine è stata accertata l'esistenza di un rapporto stretto fra alcune organizzazioni della città di Napoli e quella oggi vincente nel territorio casertano, Schiavone-Bidognetti (i cosiddetti casalesi). Posso dare solo delle indicazioni in linea di massima ed assai velocemente: sulla base delle dichiarazioni fatte dal collaborante e di alcune ipotesi che attualmente sono in fase di accertamento investigativo, credo che si possa retrodatare all'inizio degli anni ottanta un rapporto costante nella ricerca da parte di esponenti politici del consenso elettorale attraverso organizzazioni camorristiche. Secondo le dichiarazioni del nostro collaborante, nell'esperienza specifica questo data almeno a partire dal 1983, anno in cui coincidono elezioni politiche generali ed elezioni amministrative della città di Napoli. Pag. 1948 PAOLO CABRAS. Dottore, ricorda quando un fratello di Bardellino fu eletto sindaco di un comune ... GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Ernesto Bardellino, sì, infatti. PAOLO CABRAS. Si era negli anni ottanta? GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Durante gli anni ottanta. PRESIDENTE. Sono queste elezioni, quindi. GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Queste no, si tratta delle politiche ... PRESIDENTE. Ma c'erano politiche ed amministrative insieme? GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Solo a Napoli, perché in quell'anno a Napoli si svolsero le elezioni comunali. Il collaborante dice che, ad esempio, c'è stata in occasione di ogni elezione politica, costantemente la possibilità di eleggere con i voti della camorra deputati nazionali, consiglieri regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali. Questo, attraverso un duplice metodo: da un lato quello della ricerca di un consenso elettorale attraverso la camorra fondato sulla sua capacità intimidatrice e sulla sua capacità di aggregare consensi; dall'altro, come sembra accertato in questa indagine, attraverso una diretta compravendita dei voti da parte di alcune organizzazioni camorristiche, cioè con denaro versato in prima persona da camorristi per comprare voti. In più (il senatore Cabras ricordava un caso particolare e se ne potrebbero citare diversi altri, non solo per la provincia casertana, ma anche per quella napoletana) vi sono stati casi di candidature offerte direttamente a persone pregiudicate o addirittura notoriamente camorriste. Dice il Perrella, nel nostro caso, che fu offerta a lui una candidatura, ma che poi, forse per ragioni di notorietà della persona, ci si ripensò. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Questo a livello comunale o alle politiche? GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Questo a livello comunale. PAOLO CABRAS. L'elezione diretta dei camorristi nei consigli comunali è alla base della legge sullo scioglimento delle amministrazioni. GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Infatti, ormai è abbastanza estesa. Lo dico, è un fatto pubblico. FERDINANDO IMPOSIMATO. Da chi viene offerta la candidatura? GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. A Perrella? FERDINANDO IMPOSIMATO. Sì. MARIO CLEMENTE MASTELLA. Voleva sapere se veniva dalla DC questa offerta! GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Come esponente del partito liberale. Abbiamo altresì accertato - è un fatto che ha provocato un certo clamore nell'ambito di questo procedimento - in relazione ad un consigliere comunale, che è rimasto in carica fino al giorno dell'arresto, un rapporto collusivo che a mio avviso travalica lo stretto ambito del periodo che coincide con la campagna elettorale o quello immediatamente seguente Pag. 1949 (quindi si tratta non soltanto di scambio voto-favore in relazione alla campagna elettorale). Ad esempio, a Napoli si sono avuti fenomeni di questo tipo in cui non solo veniva distribuito materiale elettorale da parte di persone ritenute appartenenti ad organizzazioni camorristiche, ma in cui questi facevano firmare agli elettori che riuscivano ad avvicinare, perché evidentemente più vicini al loro ambito familiare o di clan, una sorta di impegnativa di voto, che veniva sottoscritta. L'elettore, cioè, si impegnava a votare in favore di quel determinato candidato. La cosa poi poteva accompagnarsi magari a metodi per riuscire ad individuare concretamente il voto dato nella cabina. Si è avuto anche un episodio particolarissimo in occasione delle elezioni amministrative regionali del 1985, per le quali è stato commissionato (ma poi non è andato in porto) un omicidio di un candidato concorrente all'interno dello stesso partito. Affare non andato in porto ... PRESIDENTE. Mi scusi, qual è il partito? GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Quello liberale. I camorristi pretesero una somma che il candidato non fu in grado di sborsare in quella particolare occasione. I fatti relativi a questa indagine hanno portato anche ad aprire squarci su settori economici non tradizionali, non usuali rispetto alla gamma dei settori economici che conosciamo. Come direzione distrettuale antimafia, per esempio, abbiamo evidenziato l'esistenza di un accordo criminale che abbiamo qualificato come associazione di tipo mafioso a cui hanno concorso a dar vita due clan camorristici, imprenditori campani e di altre regioni d'Italia ed esponenti politici nel settore del trasporto e dello smaltimento dei rifiuti da varie regioni d'Italia presso le discariche ubicate nel napoletano e nel casertano. La questione rimanda ad altre più generali; in questo caso l'accordo era finalizzato ed almeno in parte è stato raggiunto l'obiettivo di arrivare ad una gestione e ad un controllo quasi totale dell'attività economica che ruota attorno a tale settore, alla creazione di una sorta di monopolio di queste attività economiche. In conclusione mi sembra che l'indagine abbia evidenziato un "peso politico" delle organizzazioni camorristiche del casertano consolidato nel corso degli anni. I fatti sembrano essere confortati da alcune vicende, anche abbastanza note, che si verificarono in provincia di Caserta in occasione delle ultime elezioni politiche del 1992, allorché furono avviate indagini che riguardarono la capacità di attivare e assicurare un massiccio spostamento di voti in favore di un determinato partito politico da parte di persone del clan Bidognetti-Schiavone. PRESIDENTE. Qual è il "determinato partito politico"? GIUSEPPE NARDUCCI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Il partito liberale. In quell'occasione si indagò in direzione di riunioni, che erano state promosse ai fini della ricerca del consenso, cui avevano partecipato in prima persona esponenti di quel clan. Vi furono operazioni (tra l'altro pubbliche, perché mi sembra che l'onorevole Bassolino all'epoca presentò anche una denuncia) di interruzione del libero svolgimento di alcuni comizi elettorali da parte di altri partiti e addirittura un opera di presidio dei seggi elettorali nei giorni in cui si votava. Questi fatti, alla luce di quelli accertati nel corso dell'indagine, sembrano significativi della capacità collusiva anche di queste organizzazioni della provincia di Caserta. PRESIDENTE. Lei ha fatto prima riferimento ad una possibilità o capacità di controllo del voto. Avete acquisito al riguardo tecniche o modalità di controllo? Vorrei cioè capire come avviene il controllo, se solo mediante la minaccia o, Pag. 1950 per esempio, anche attraverso la designazione dei presidenti o degli scrutatori e se vi sia la prova di questo. FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Per integrare quanto detto sinora dai colleghi Mancuso e Narducci, ritengo doverose due osservazioni principali. Innanzitutto indagini recenti e dichiarazioni, rese in particolare da alcuni collaboratori, ci stanno fornendo l'occasione di una rilettura critica di quanto avvenuto nell'ambiente camorristico tra la seconda metà degli anni settanta e la fine degli anni ottanta, con particolare riferimento al tentativo o all'attuazione pratica di infiltrazioni nel mondo imprenditoriale e di collegamenti tra ambienti criminali organizzati e ambienti politici. La circostanza che in questi ultimi anni si sia accertata una vicinanza stretta tra ambienti criminali e ambienti politico-imprenditoriali risale nel tempo alla seconda metà degli anni settanta, quando questi tentativi furono attuati e praticati da Raffaele Cutolo che rappresenta sicuramente un punto essenziale ai fini della conoscenza del fenomeno criminale nella Campania stessa. Risulta - ed è al vaglio della magistratura - che Raffaele Cutolo avesse sin dalla fine degli anni settanta intessuto rapporti con referenti politici al fine sia di ottenere appalti sia di ottenere protezione per sé stesso e per i propri affiliati, dando in cambio voti ed appoggi in campagne elettorali. In particolare è risultato che determinati gruppi politici venivano appoggiati con campagne elettorali fatte all'interno e all'esterno delle carceri attraverso precise direttive che arrivavano dallo stesso Cutolo o dai suoi più vicini collaboratori. A questo fine è sicuramente emblematica la vicenda del sequestro dell'onorevole Cirillo sulle cui verità ancora oggi si cerca di indagare e sulle quali probabilmente vi è ancora molto da comprendere. Questo percorso è stato ripreso successivamente da altre organizzazioni criminali, le quali si sono avvalse della collaborazione o della vicinanza di ambienti politici provenienti da vari settori dell'arco parlamentare. Da ultimo, per riprendere quanto detto dal collega Narducci e sulla base di puri riscontri effettuati dalla stessa autorità giudiziaria senza che alcun collaboratore di giustizia abbia riferito alcunché, si è accertato che in determinate zone - in particolare nella zona di Castellammare di Stabia, il cui capo indiscusso dal punto di vista criminale è oggi ancor di più Michele D'Alessandro, e nell'area di Casal di Principe, dove impera il clan Schiavone collegato a quello di Bidognetti - determinati gruppi politici avevano ottenuto, in occasione delle elezioni politiche del 1992, consistenti risultati, decuplicando addirittura i voti ricevuti in precedenti consultazioni. Questo è stato accertato anche sulla base di alcune denunce, non spontanee ma richieste dall'autorità giudiziaria, di alcuni parlamentari o ex parlamentari, alcuni dei quali hanno reso possibile evidenziare alcuni punti importanti ai fini dell'indagine, altri invece ben poco hanno detto al di là delle loro semplici e personali convinzioni. Non abbiamo elementi per affermare che le organizzazioni criminali condizionino il voto, così come diceva il presidente Violante, determinando l'elezione dei presidenti o degli scrutatori dei seggi elettorali. Certo è che l'indagine, lo riferisco perché l'ho condotta personalmente, relativa alla distribuzione dei voti in determinate aree riguardanti il medesimo partito o al limite lo stesso candidato, fornisce chiavi di lettura abbastanza evidenti; talché in determinate zone (notoriamente sottoposte al controllo di un gruppo criminale) se un partito che in una consultazione elettorale ha avuto il 3 per cento in quella successiva arriva al 28 per cento, è facile arguire che questi gruppi criminali abbiano esercitato particolare pressione. Va infine osservato, come riferiva il collega Narducci poc'anzi, che la vicinanza tra ambienti organizzati della criminalità ed ambienti politici è talmente stretta, o secondo i punti di vista lontana, Pag. 1951 che non è facile comprendere, con particolare riferimento al fenomeno camorristico, se sia la camorra che si avvicini alla politica o se sia la politica che si avvicini alla camorra. Certo è, e questo è un dato di carattere obiettivo, che si aiutano, non dico si condizionano... PRESIDENTE. Si incontrano. FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli....si incontrano sicuramente. Come dicevo, le chiavi di lettura che adesso stiamo ripercorrendo, anzi scoprendo, anche riguardo al passato, ci danno la possibilità di comprendere meglio l'evoluzione delle connessioni tra la criminalità e la politica negli anni ottanta. Senza dubbio in Campania un grosso serbatoio, se non addirittura il principale, di queste connessioni, sono stati i fondi del post terremoto, ma anche i mondiali di calcio del 1990 o, come ricordava il collega Mancuso, il cosiddetto decreto Falcucci. PRESIDENTE. In sostanza, la spesa straordinaria. FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, le spese straordinarie. La possibilità delle organizzazioni criminali di produrre ricchezza è avvalorata dalla circostanza che nell'ambito della criminalità organizzata è ben facile trovare persone che risultino ufficialmente, o almeno così dichiarano, aver riscosso cospicue somme per gioco vario, totocalcio o lotterie nazionali. E' quindi possibile che grossi o anche medi criminali risultino regolarmente detenere beni mobili o immobili perché acquistati, a loro dire, con la vincita di straordinarie cifre a lotterie o ad altri giochi pubblici. Abbiamo la certezza che queste persone riciclano il denaro acquistando dai reali vincitori delle lotterie i biglietti e in questo modo reimpiegano il denaro. Il reimpiego del denaro in alcuni settori, per alcuni clan o alcuni gruppi... PRESIDENTE. Lo riacquistano pagando il premio? FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Pagano anche di più del premio: una persona che vince 100 milioni deve impiegare anche un anno per ottenere dall'intendenza di finanza la riscossione della somma, mentre il camorrista che acquista anche a 110 milioni il biglietto paga nell'arco di quindici o venti giorni. In questo modo vi è un profitto per entrambi i soggetti: l'uno riceve una maggior somma di denaro e in tempi molto più ristretti, l'altro ha la possibilità di giustificare di fronte a controlli dell'autorità giudiziaria il possesso di tale somma. Questo si verifica ormai con una sistematicità incredibile e dà anche la possibilità a questi soggetti di giustificare, almeno inizialmente, il loro ingresso in attività imprenditoriali. I soggetti criminali, interrogati su come siano stati in grado di mettere su boutiques o di rilevare piccole e medie aziende nell'arco di pochissimo tempo, hanno giustificato l'acquisita liquidità con le cosiddette vincite al gioco del lotto. E' accaduto che alcune volte costoro abbiano anche acquistato biglietti di lotterie nazionali, per una cifra di mezzo miliardo o addirittura di un miliardo. Questo è uno dei meccanismi attraverso i quali la criminalità si inserisce nel tessuto economico ed in quello produttivo. Ciò non sempre porta alla totale estromissione: recenti indagini condotte nell'area di Castellamare di Stabia e relative al clan D'Alessandro hanno dimostrato come alcuni soggetti appartenenti a tale clan avessero avuto la possibilità di inserirsi, direttamente od indirettamente, in alcune aziende, conservandone il nome di origine ma modificandone sostanzialmente i capitali e, quindi, le direzioni commerciali. PRESIDENTE. Ci ha fornito un quadro di grande interesse, dottor Zuccarelli. MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Pag. 1952 Napoli. L'intervento che mi accingo a svolgere, che nei miei programmi dovrebbe essere breve, non pretende di essere organico ma sarà piuttosto frammentario, così come del resto è a mio avviso frammentaria la natura della camorra, nonostante i continui tentativi di unificazione o, quanto meno, di federazione. Vi sono infatti alleanze che si creano e si rovesciano continuamente. Credo potrebbe risultare utile - io, per lo meno, ho scelto questo tipo di approccio - passare rapidamente in esame il fenomeno camorra con riferimento a tre quartieri di Napoli (parlerò quindi di camorra urbana), per trarre qualche spunto e per svolgere alcune considerazioni. Ripeto: cercherò di essere rapido e sintetico. Il quartiere al quale vorrei fare riferimento prima degli altri è Forcella. Del resto, il motivo mi sembra ovvio ove si consideri che ogni giorno noi abbiamo sotto gli occhi tale quartiere. In pratica, Forcella si trova a 15 metri (qualcuno mi ha indicato in un appunto che si tratta per la precisione di 15 metri e mezzo) di distanza dal portone del tribunale di Napoli e quindi sappiamo perfettamente quello che vi accade. Come giustamente è stato detto in precedenza, una cosa è sapere che alcune cose accadono, altro è avere le prove. Abbiamo anche l'impressione che spesso lo stesso tribunale sia presidiato da persone di Forcella. Se qualcuno si scandalizza di questo, noi non ci scandalizziamo più, perché non ci si può scandalizzare tutti i giorni per 24 ore al giorno: la situazione è questa! La condizione logistica del tribunale di Napoli va quindi considerata anche sotto questo aspetto. E' noto - credo lo sia anche per i non napoletani - che a Forcella domina la famiglia camorrista dei Giuliano. I Giuliano, a differenza delle altre famiglie camorriste, in questo momento (per una serie di motivi, probabilmente per mera fatalità) sono stati alquanto risparmiati da provvedimenti cautelari e restrittivi. Con questo intendo dire che nell'attuale fase il clan Giuliano non annovera molti detenuti. Quello che attualmente può essere considerato il capo, Ciro Giuliano, è latitante ed è stato colpito, se non ricordo male, da un paio di ordinanze di custodia cautelare, una delle quali riguarda sicuramente gravi fatti di droga (ne ho la certezza perché conosco direttamente la vicenda). Un altro personaggio di spicco del clan, Luigi Giuliano nato nel 1949 (specifico la data di nascita perché purtroppo nella famiglia Giuliano molte persone, mi riferisco in particolare a quelli che sono cugini tra di loro, hanno gli stessi nomi), è in declino ed è al soggiorno obbligato in Molise... LUIGI BISCARDI. E' a Palata. MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, a Palata. Nonostante la situazione potrebbe far pensare ad un clan decapitato, quello dei Giuliano è vivo e vegeto ed opera quasi sotto gli occhi di tutti, anche se ha dovuto subire un ridimensionamento della propria zona di influenza ed ha perso una parte del proprio territorio. Tuttavia, in quello che è rimasto il territorio dei Giuliano, sostanzialmente la cosiddetta casbah di Forcella, il clan fa un po' quello che vuole. I giornali hanno riportato un episodio accaduto non tanto tempo fa. I Giuliano si stavano fortificando, nel senso letterale della parola, cioè stavano creando bunker, rafforzando le proprie abitazioni, installando vetri antiproiettile, sistemando luci per avere un'illuminazione a giorno di pezzi di strada di Forcella, impiantando telecamere e così via. Ciò è ovvio perché essi si aspettavano, di lì a poco, la reazione degli avversari. Sto parlando di un episodio che risale al 1991 e si suppone che a quell'epoca gli avversari fossero gli appartenenti al clan Licciardi. Un ulteriore episodio dimostra il tipo di controllo esercitato sul territorio da queste associazioni (mi riferisco sempre ai Giuliano). Si è detto, l'ha detto - come direbbe qualcuno - una collaborante, una collaboratrice di giustizia, che alcuni Pag. 1953 ospedali napoletani sono sotto il diretto controllo dei clan camorristici. E' facile intuirne la ragione. Nell'ospedale, infatti, possono essere ricoverate persone ferite a seguito di conflitti a fuoco: è quindi importante che la persona finisca nell'ospedale giusto perché, se finisce nell'ospedale di pertinenza di altre organizzazioni camorristiche, corre parecchi rischi. CLEMENTE MASTELLA. So per esperienza che la camorra chiede il pedaggio per il trasporto di persone che muoiono a Napoli, al Cardarelli o in altre strutture. MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, ma si tratta di un fenomeno diverso. Io mi stavo riferendo al controllo diretto in funzione di autogaranzia. Per esempio, nella zona di competenza dei Giuliano è situato l'ospedale Ascalesi. Qualche anno fa in questo ospedale fu ricoverato e morì - non ricordo se vi giunse già cadavere - un appartenente alla famiglia Giuliano. Ebbene, i Giuliano se lo sono andati a riprendere, nessuno gli ha opposto resistenza, e se lo sono portati a casa per tributargli i dovuti onori, non sappiamo se civili o militari... Un altro importantissimo ospedale napoletano, il Pellegrini vecchio nella zona di Pignasecca, si dice sia sotto il controllo di un altro clan importantissimo, quello dei Mariano. Passo ora rapidamente a parlare della situazione dei cosiddetti Quartieri spagnoli, zona centralissima anche questa. Chi conosce un po' Napoli sa infatti che tale quartiere si trova a ridosso di via Toledo e di via Roma; tutti sanno che fino a qualche tempo fa nei Quartieri spagnoli erano padroni (senza peraltro incontrare ostacoli) i Mariano. Da un certo momento in poi si è verificata una scissione, si è creato il cosiddetto gruppo degli scissionisti e vi è stata una violentissima guerra punteggiata da numerosissimi morti. Peraltro, sembra che ad un certo punto la frattura si sia ricomposta. A proposito dei Mariano, ho già detto del controllo esercitato sull'ospedale Pellegrini. Un collaboratore di giustizia ci ha detto che il controllo non si limita a questo ma si estenderebbe addirittura ad alcuni alberghi. Si tratterebbe di alberghi nei quali certe persone possono recarsi senza essere registrate; vi sono inoltre alberghi che, per il solo fatto di essere soggetti al controllo di un certo clan, possono o debbono ospitare determinate manifestazioni, anche politiche ed elettorali, di soggetti che evidentemente sono vicini a quel clan o da esso si aspettano voti. Sempre in maniera molto frammentaria e continuando a parlare dei Mariano, vorrei affrontare un altro argomento che considero molto importante, quello della funzione o, meglio, della funzionalità del carcere. PRESIDENTE. Mi scusi, lei ha anticipato che avrebbe parlato di tre quartieri di Napoli. Fino a questo momento ha fatto riferimento a Forcella ed ai Quartieri spagnoli. Qual è il terzo quartiere del quale intende parlarci? MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Parlerò in seguito della cosiddetta area flegrea, ribadendo che nel mio intervento non vi è un grande ordine espositivo. Si parla di strumenti di contrasto della criminalità. Sotto questo profilo, mi pare evidente che si debba affrontare ancora una volta (oppure una volta per tutte, ma purtroppo ancora una volta) il discorso del carcere. Per quanto riguarda la situazione in Campania e specificamente a Napoli, proporrò due esempi, il primo sicuramente positivo, il secondo - purtroppo - certamente negativo. L'esempio positivo è legato alla figura di Mariano. Circa un anno e mezzo, due anni fa, è stato possibile, nel carcere di Poggioreale, intercettare per alcuni mesi (ovviamente con regolare autorizzazione del GIP) i colloqui che Ciro Mariano ed altri appartenenti al suo clan hanno avuto con i loro familiari. L'intercettazione è stata molto importante: abbiamo sentito camorristi Pag. 1954 parlare in prima persona dei loro affari e ciò è stato molto significativo. A tale riguardo, ho fatto questa riflessione, anche se abbastanza ovvia: quanto più alto è il grado nella scala sociale camorristica, tanto più la persona parla di soldi, di affari e tanto meno parla di delitti. Ciro Mariano parlava prevalentemente dell'aspetto finanziario dell'attività illecita svolta dal suo clan: si riferiva a crediti, investimenti, società da costituire e così via. Il fatto che per alcuni mesi si sia potuta svolgere quest'attività di intercettazione è senza dubbio positivo perché dimostra che in quel caso la struttura carceraria era sana o, perlomeno, erano state ben selezionate le persone che operavano all'interno del carcere. La notizia non è trapelata e questi colloqui sono stati ben intercettati; del resto, si tratta di colloqui tra persone che, appare evidente, non sanno e non immaginano di essere intercettate, tanto che, quando se ne sono rese conto, hanno reagito piuttosto male, in maniera anche scomposta (vi lascio immaginare!). Quanto all'episodio negativo, lo citerò introducendo in qualche maniera il discorso sulla zona flegrea. Si tratta di un episodio che, pur negativo, mi ha indotto comunque a considerare che non tutto il male viene per nuocere. Una persona che successivamente è diventata collaboratore, Buonocore Antonio, ha rischiato di essere strangolato nel carcere di Poggioreale. Dicevo che non tutto il male viene per nuocere perché, una volta che Buonocore si è reso conto che coloro i quali lo stavano strangolando erano i suoi stessi compagni (o quasi), ha deciso di pentirsi e di iniziare la sua opera di collaborazione. Ovviamente, è molto grave che possa accadere un episodio del genere. E' altrettanto grave che vi siano alcuni agenti di polizia penitenziaria i quali, nello stesso processo del Buonocore, siano imputati (siamo ormai nella fase dell'udienza preliminare) per aver introdotto in carcere sostanze stupefacenti e per aver falsificato alcuni registri, laddove tale falsificazione era funzionale allo spostamento di un detenuto da una cella all'altra e lo spostamento, a sua volta, era funzionale alla preparazione dell'omicidio del Buonocore. Si tratta indubbiamente di un aspetto allarmante. Purtroppo, non è l'unico... PRESIDENTE. A che epoca risale l'episodio? MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Al febbraio 1992. PRESIDENTE. Quindi, si tratta di un fatto recente. MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì. Le intercettazioni dei colloqui dei Mariano in carcere dovrebbero risalire ad un'epoca appena precedente: pertanto, vi è una sostanziale contemporaneità. In Campania ed a Napoli in particolare, a me sembra che la situazione carceraria sia piuttosto malmessa. Vi è una grande tensione: quello che sta succedendo o, per meglio dire, quello che è successo (e che forse, purtroppo, continua ad accadere) nell'altro grande carcere napoletano, quello di Secondigliano, è a mio avviso abbastanza significativo. Si parla - e forse con qualche fondamento - di gravi violenze ai detenuti perpetrate da parte degli agenti di polizia penitenziaria. Si tratta di tutt'altro che di una manifestazione di forza da parte dello Stato: è invece sicuramente un'ammissione di debolezza oltre a rappresentare il segno dell'introduzione all'interno del carcere di metodi di sopraffazione che ovviamente non hanno nulla di legale. E non voglio nemmeno affrontare il discorso del trattamento risocializzante o di altre cose di questo genere! Per quanto riguarda la zona flegrea, potremmo far riferimento a Fuorigrotta, Pianura, Soccavo, Bagnoli ed all'immediato litorale domizio. Tale area è caratterizzata (o, per lo meno, era caratterizzata, trattandosi di dati che risalgono a qualche mese fa) dalla presenza di numerosi Pag. 1955 clan, dei quali non darò una specifica elencazione nominativa perché servirebbe a poco. Vorrei piuttosto far rilevare che vi è un meccanismo che sembra ripetersi quasi costantemente, che porta a volte (ho detto prima che non tutto il male viene per nuocere) al cosiddetto pentimento di determinate persone. Il meccanismo è il seguente: esiste un clan che ad un certo punto si spacca, cioè da un clan se ne creano due (ho parlato in precedenza dei Mariano che hanno subito una scissione). Ciò accade anche nella zona flegrea. Vi era un unico clan composto dai Puccinelli e dai fratelli Perrella (di uno dei quali, Nunzio, ha parlato prima il collega Narducci) che a un certo punto si è spaccato, per cui alcuni sono andati in una certa direzione ed altri in una diversa. Nel momento in cui il clan si deve ricomporre, viene chiesta, da un lato, la testa di uno (e questa testa viene regolarmente consegnata perché la persona viene uccisa) e, dall'altro, la testa dell'altro. Nel caso di specie, l'altro era il Buonocore, il quale è riuscito a sottrarsi all'atto di violenza ed ha iniziato a collaborare. Nell'ambito dell'indagine sui clan della zona flegrea, in particolare quelli dei Puccinelli e dei Perrella, è emersa una interessante ramificazione dei contatti di queste organizzazioni criminali napoletane con altre organizzazioni operanti in altre città d'Italia, precisamente con organizzazioni operanti qui a Roma, per altro composte da elementi napoletani trapiantati a Roma, i fratelli Senese. Poi è emerso un contatto operativo tra quest'organizzazione della zona flegrea ed un'altra attiva a Milano, sempre animata da elementi napoletani trapiantati lì e a loro volta forse in contatto con altri della 'ndrangheta. Il tutto era finalizzato al traffico di sostanze stupefacenti. Conclusa questa parte esposta con estrema sintesi e senza alcune pretesa di organicità, vorrei far riferimento a due problemi che giudico importanti, il primo dei quali riguarda l'articolo 12-quinquies della legge n. 356 del 1992. Ci siamo più volte posti il problema se per i beni sequestrati, secondo il dettato di tale norma, sia possibile nominare un amministratore. Ciò non è detto esplicitamente e forse il legislatore non ha preso sufficientemente in considerazione il fatto che possono cadere sotto sequestro non soltanto cose o l'appartamento del camorrista ma anche aziende. A me e al collega Zuccarelli è capitato un caso... PRESIDENTE. Le disposizioni che valgono per le misure di prevenzione non sono estensibili? MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Non siamo tutti d'accordo su questo; per la verità abbiamo discusso ma non siamo arrivati ad una conclusione. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Non è neppure pacifico se debba applicare tali disposizioni il GIP o il PM. MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Forse un intervento chiarificatore da parte del legislatore sarebbe utile. Come dicevo, il collega Zuccarelli ed io ci siamo trovati di fronte a un caso abbastanza strano, forse ridicolo: sono stati sequestrati ad alcuni camorristi dei cavalli da corsa ... PRESIDENTE. Li portavate in tribunale? MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Quasi, perché questi cavalli dovevano pur essere mantenuti, comportavano delle spese. L'altro problema riguarda il recente decreto che ha spostato la competenza del tribunale di sorveglianza per la concessione dei benefici nel luogo dove risiede il giudice dell'esecuzione. Secondo me tale norma crea qualche problema perché non mi pare opportuno che per determinati soggetti, cioè quelli condannati per Pag. 1956 fatti di criminalità organizzata, sia chiamato a pronunciarsi il giudice del tribunale di sorveglianza del luogo dove i fatti sono stati commessi e dove probabilmente la persona interessata potrebbe conservare appoggi, agganci, ramificazioni. PRESIDENTE. Sa qual è la ratio di tale norma? L'abbiamo chiesta noi come Commissione antimafia. MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Me lo chiedo. PRESIDENTE. Perché abbiamo constatato che molti condannati per reati di mafia solevano scegliere via via carceri fino ad arrivare ai due o tre "giusti", quelli dove c'è un'attenuata sensibilità a questo tipo di problemi. In quel carcere presentavano la domanda che poi veniva accolta. Questo è stato il problema da risolvere. A volte accade anche che il detenuto, come voi sapete, si faccia denunciare come autore di un reato in un certo luogo proprio per andare lì e presentare la domanda non appena arriva. Quindi c'era un problema di scelta del giudice da parte del detenuto. MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Mi rendo conto, però vorrei anche che ci si rendesse conto che chiedere al tribunale di sorveglianza di Napoli di prendere una decisione sfavorevole ad un grosso boss camorrista, che in tale città ha operato, mantiene legami ed è ancora potente, ovviamente è qualcosa che può metterlo, diciamo, in imbarazzo. Chiedo una riflessione su questo punto. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Vorrei riprendere il problema relativo all'infiltrazione della criminalità organizzata nelle amministrazioni locali ed in particolare in alcuni comuni che so essere stati già oggetto di indagine da parte di questa Commissione (mi riferisco alla provincia di Caserta). Poiché sono risultati evidenti condizionamenti della criminalità organizzata in alcune amministrazioni comunali nella provincia di Caserta, naturalmente tali fatti sono venuti all'esame della direzione distrettuale di Napoli, essendo connessi con la criminalità organizzata (ecco il motivo per cui ce ne occupiamo). I collegi ispettivi nominati dal prefetto della provincia di Caserta hanno evidenziato una serie di fatti estremamente inquietanti. PRESIDENTE. Parla delle ispezioni per gli accessi o degli amministratori straordinari? MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Parlo del collegio degli ispettori nominati dal prefetto ai sensi della legge n. 203 del 1991. Come dicevo, l'ispezione ha evidenziato una situazione veramente inquietante per numerosi comuni della provincia di Caserta. In sostanza all'esito dell'accertamento è emerso un sistema di illegalità diffusa nella gestione della cosa pubblica e, soprattutto, in quella degli appalti pubblici. Ciò che è più grave, però, è che non si tratta in questo caso, almeno fino all'esito delle indagini sino ad ora svolte (le indagini sono ancora in corso e non posso fornire spiegazioni più dettagliate), di attività di intimidazione o condizionamento esterne ai gruppi criminali organizzati che operano sul territorio, sulle pubbliche amministrazioni; bensì si tratta di collusioni con pubblici amministratori che hanno determinato un sistema di gestione di monopolio degli appalti pubblici finalizzato al perseguimento dei fini che sono e dell'associazione criminale e dei pubblici amministratori che li favoriscono. In sostanza, come avviene l'infiltrazione? Un metodo passa attraverso la nomina diretta o la candidatura diretta di persone già appartenenti all'organizzazione Pag. 1957 criminale. L'indagine alla quale mi riferisco, invece, ha evidenziato un altro tipo d'infiltrazione, cioè la scelta da parte del gruppo criminale che opera sul territorio di precisi referenti all'interno dell'amministrazione. Tali referenti (uno, due o tre, non so, dipende dai vari comuni) garantiscono all'associazione criminale di perseguire i propri fini connessi naturalmente alla gestione degli appalti (mi riferisco in particolare a quelli della nettezza urbana soggetti a maggiore aggressione da parte della criminalità organizzata). Quella che ho descritto è la situazione apparsa nel casertano all'esito dell'indagine eseguita dal collegio degli ispettori; ci siamo cioè trovati di fronte ad un'amministrazione pubblica che operava al suo interno a beneficio di società ed imprese notoriamente facenti capo ai gruppi criminali. Sembra che tale sistema sia stato realizzato con maggiore facilità in alcuni comuni per la ragione che in essi vi era una forza politica predominante, che aveva la maggioranza assoluta e che quindi già gestiva il potere in maniera autonoma. Oltre a ciò, un'opposizione inesistente o comunque inadeguata ad osteggiare determinate tendenze e comportamenti ha consentito in maniera facile la realizzazione ed il perseguimento di questi fini, i quali non sono esattamente coincidenti ma che comunque sono personali. Come avviene la gestione sugli appalti? Dovrei dilungarmi nei dettagli e spiegare come si riesca a controllare la gara attraverso l'accordo preventivo o le intimidazioni dei concorrenti; vari sono i modi per controllare gli appalti pubblici. Ma quello che mi interessa rilevare in questa sede è che la particolarità di tale indagine ha il suo oggetto nell'individuazione di società ed imprese già inquisiste. Mi spiego: tali società non erano sconosciute, la pubblica amministrazione non può avere come scusante quella di non avere la conoscenza della provenienza dei titolari effettivi delle società perché esistevano provvedimenti di carattere giudiziario a carico dei titolari effettivi delle stesse. MARIO CLEMENTE MASTELLA. ... è un problema della certificazione antimafia. PRESIDENTE. La dottoressa De Simone fa riferimento ai titolari effettivi. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sto parlando dei titolari effettivi ma vorrei sottolineare quanto si verificava in rapporto al certificato antimafia. Poiché tali società avevano come amministratori terze persone non inquisite e non sottoposte a procedimento di prevenzione, disponevano naturalmente di una certificazione antimafia "pulita"; dunque, l'amministrazione poteva tranquillamente contrarre con esse senza alcuna limitazione. Il problema sta nel fatto che le società oggi, quelle gestite e controllate dalla criminalità organizzata, non hanno mai come amministra-tori ... PRESIDENTE. Si sono ormai adeguate. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' chiaro che l'amministratore è sempre una terza persona ed è chiaro che non troviamo neanche nelle partecipazioni societarie il nome dell'inquisito, che non compare mai. Pensare di poter ottenere un controllo attraverso una certificazione antimafia che tenga conto solo della persona è assolutamente inadeguato al sistema che oggi viene normalmente utilizzato dall'imprenditoria camorristica. Devo dire però che la legge n. 203 del 1991 ha introdotto una modifica significativa alla carenza normativa della legge n. 575, consentendo alla pubblica amministrazione di contrarre con la persona o la società sottoposta a misura di prevenzione; Pag. 1958 in tale circostanza però è necessario dare comunicazione al giudice che sta procedendo o, nel caso di prevenzione, a quello delegato per la procedura. Questo già potrebbe essere un sistema per tamponare la situazione assurda che si viene a creare nei confronti della pubblica amministrazione, che si ritiene a posto solo perché la società esibisce una certificazione antimafia. Ciò però nella sostanza non avviene perché, ripeto, solo la pendenza di un procedimento di prevenzione è causa di sospensione e dunque di impedimento da parte della pubblica amministrazione a stipulare contratti, non la pendenza di un procedimento penale. In questo caso si dovrebbe istituire un sistema di diffusione della notizia attraverso la questura o il CED, in modo che le prefetture siano poste a conoscenza dell'esistenza di provvedimenti di sequestro a carico di alcune società. Dico società perché tuttora al mio ufficio pervengono continuamente richieste da parte della prefettura per sapere se esista a carico di una società la pendenza di un procedimento di prevenzione, se vi sia stata una proposta di sequestro e se addirittura sia stato già disposto un sequestro da parte del tribunale perché la certificazione antimafia per quelle società risulta assolutamente nulla. Evidentemente non vi è coordinamento tra prefetture e questure e all'interno allo stesso tribunale il quale non comunica alla questura, che a sua volta inserisce nel centro elaborazione i dati e li trasmette a tutte le prefetture, la notizia importante che una società (non solo il suo amministratore) è sottoposta a procedimento di prevenzione, cioè a sequestro. Un coordinamento in tal senso potrebbe bloccare l'attività pubblica di quella società. La situazione relativa ai comuni del casertano che ho prima descritto oltre ad evidenziare l'inadeguatezza della normativa antimafia proprio con riferimento alla certificazione antimafia, ha rivelato l'inadeguatezza dell'amministrazione giudiziaria, così come è disposta dal tribunale della prevenzione per le società sottoposte a sequestro. Per essere più chiara dirò che le società beneficiarie degli appalti pubblici, nei comuni di cui ho detto, erano sottoposte a procedimento di prevenzione e, dunque, avevano amministratori giudiziari nominati dal tribunale. Tutto questo non ha comunque impedito alle società di operare con gli stessi metodi con cui operavano prima. Le indagini in corso hanno dimostrato che l'amministrazione giudiziaria non serve ad altro se non ad un controllo formale della gestione della società. In sostanza, queste imprese hanno continuato ad agire così come agivano prima; hanno continuato a controllare e monopolizzare gli appalti pubblici della zona e ad intrattenere rapporti con le amministrazioni del luogo. Il mio obiettivo era dunque quello di sottolineare questi due aspetti che sono emersi all'esito di quell'indagine e che rappresentano il frutto dell'esperienza dell'amministrazione giudiziaria e del controllo della società in quanto tali e non soltanto a livello di persone. Desidero poi fare un breve cenno alla questione del soggiorno obbligato, visto che di recente sono sorte numerose polemiche in riferimento al caso di Anna Mazza che è stata trasferita al soggiorno obbligato a Codogné... ERMINIO ENZO BOSO. In provincia di Treviso. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Ho seguito personalmente la vicenda e, come procura di Napoli, ho espresso parere negativo per la revoca del provvedimento del tribunale. Vorrei motivare ed anche... ERMINIO ENZO BOSO. Sono io il colpevole... PRESIDENTE. Desidero informare la dottoressa che il senatore Boso si sta battendo con particolare impegno... MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale Pag. 1959 antimafia di Napoli. Me l'ha già detto. (Interruzione del senatore Boso). PRESIDENTE. Da qualche parte devono andare (Interruzione del senatore Boso). Senatore Boso, lei ha già espresso il suo pensiero con grande incisività. Come vede, dottoressa, è un tema che fa discutere. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Per ben comprendere il problema e la polemica che si è oggi creata per il caso di Anna Mazza è necessario risalire al 1991 e cioè al momento in cui il Parlamento ed il Governo, o comunque la classe politica, hanno voluto restringere sempre di più la possibilità di trasferire in comuni diversi da quelli di residenza le persone che noi consideriamo pericolose, cioè quelle indiziate di appartenenza ad associazioni camorristiche. Si è iniziato per gradi: prima sono stati stilati elenchi di comuni, poi si è abolito l'obbligo di soggiorno in comuni diversi, lasciando fermo il divieto di soggiorno, poi si è arrivati all'obbligo di soggiorno nel comune di residenza salvo casi eccezionali; da ultimo, si è giunti alla nuova normativa - cioè alla legge n. 356 - che ha disposto l'obbligo di soggiorno per tutti nel comune di residenza; contemporaneamente, però, ha introdotto una norma di "salvezza" riguardante il caso eccezionale per il quale il tribunale può disporre il trasferimento in comune diverso della persona particolarmente pericolosa; ha inoltre attribuito al questore il compito di individuare la località idonea. Di fronte al problema del soggiorno obbligato, a mio avviso, occorre prendere una decisione chiara. Non possiamo, infatti, continuare ad andare avanti nel tentativo di riportare i camorristi a casa loro. O meglio: possiamo farlo ma bisogna dire chiaramente con una legge che non possiamo trasferirli fuori. E' certo comunque, che non si può continuare a sostenere che è possibile trasferirli fuori e poi sollecitare sommosse popolari per non trattenerli nei luoghi in cui sono stati trasferiti, aggiungendo poi che esportiamo la camorra o la criminalità organizzata all'estero. Può darsi anche che questo sia vero... PRESIDENTE. Questo è un caso all'interno. Poi c'è anche il caso all'estero... ALBERTO ROBOL. Il senatore Boso l'ha intimidita. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. "All'estero" nel senso di "al di fuori di certe zone". E' già l'estero! Soprattutto lo scorso anno, noi siamo stati oggetto di numerosissime polemiche e pressioni da parte dei sindaci, dei prefetti e del Ministero che in sostanza volevano a tutti i costi che ci tenessimo i nostri camorristi. Noi possiamo anche farlo, ma non possiamo certo dire che così attuiamo la prevenzione. In altri termini, se vogliamo veramente applicare la legge, dobbiamo anche valutare la pericolosità della persona e - se la legge ci consente di farlo - per una Anna Mazza dobbiamo disporre il trasferimento altrove. PRESIDENTE. Dottoressa De Simone, mi scusi se la interrompo, ma se i parlamentari ritengono che una norma sia sbagliata, hanno lo strumento per modificarla. Non è perciò un problema che riguarda voi ma i parlamentari. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' vero che non è un problema che riguarda noi, ma loro cercano di fare pressioni su provvedimenti giudiziari. PRESIDENTE. Quello che voglio dire è che una giusta difesa... MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale Pag. 1960 antimafia di Napoli. Chiedo scusa, ma c'è una norma che è stata inserita ad hoc e cioè quella della revoca per motivi di ordine pubblico. Tale norma è stata sempre strumentalizzata nel senso che si creano sommosse popolari e manifestazioni ed a farlo sono le stesse autorità politiche e locali... ERMINIO ENZO BOSO. Certo! MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Mi conferma che è così. E poi ci chiedono di intervenire per risolvere un problema di ordine pubblico che loro stessi hanno determinato. Così non c'è coerenza. PRESIDENTE. La situazione ci è assolutamente chiara. Voglio dire, però, che la responsabilità a questo punto è unicamente nelle mani del Parlamento che, se ritiene che una norma sia sbagliata, ha da proporre una legge che la modifichi. Voi applicate la legge e probabilmente fate bene. Non c'è altro da aggiungere. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Dovrà comunque assumersi la responsabilità di tenere Luigi Giuliano a Forcella. PRESIDENTE. Di questo discuteremo in Parlamento quando qualcuno presenterà una proposta di legge adeguata. E lo dico anche per difendere l'autonomia della vostra decisione, perché altrimenti non ce la fate più. LUIGI BISCARDI. A Codogné no e a Palata sì! PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Desidero introdurre un argomento che non riguarda la ricostruzione del quadro della criminalità e che di fatto rappresenta una richiesta. La situazione della procura della Repubblica di Napoli - ed ovviamente anche della direzione distrettuale antimafia che ne è parte organica - credo si collochi ben oltre i limiti della decenza. L'abbiamo segnalato in ogni sede ed ultimamente anche alla Commissione parlamentare antimafia con una lettera assai articolata, se non erro del gennaio di quest'anno. La situazione si è ulteriormente aggravata a seguito di due fenomeni concomitanti: da un lato, l'apertura di numerose indagini che riguardano personaggi politici di primissimo piano, che ovviamente richiedono tempi assai celeri ed il massimo di attenzione e per i quali il Consiglio superiore della magistratura ha tracciato, con propria circolare, dei "corridoi" di precedenza; dall'altro, lo stato di dissesto finalmente dichiarato dal comune di Napoli, che però era latente da anni. Tutto questo ha comportato per la procura della Repubblica di Napoli, che già versava in condizioni disastrose, una situazione assolutamente esplosiva. La mancanza di magistrati, di personale ausiliario, di computer, di macchine blindate - preciso che la situazione della sicurezza è assolutamente agghiacciante - di strutture logistiche hanno portato la procura oltre i limiti del collasso. Abbiamo ottenuto un incontro con il ministro di grazia e giustizia per il 12 di questo mese e contiamo di fargli presente che in queste condizioni la situazione è assolutamente ingovernabile. Ritengo che sia necessario chiedere alla Commissione di sollecitare, di esercitare - se così si può dire - sul ministro una pressione ai fini della soluzione di problemi che è davvero difficile affrontare. Tra l'altro, desidero far presente che la meccanica della legge di spesa comporta che tutte le spese necessarie per gli uffici giudiziari siano affrontate dal comune con una voce che prevede dei rimborsi - anche se non di questo formalmente si tratta, il recupero della spesa è comunque pari al 99 per cento - da parte del Ministero di grazia e giustizia. Oggi il comune di Napoli non può affrontare neppure momentaneamente questa spesa. E' quindi necessario che in qualche maniera il Pag. 1961 Ministero si faccia carico direttamente ed in prima persona della soluzione di questi problemi che, peraltro, già gli competono ma che non possono essere affrontati sulla base del criterio un po' farraginoso della legge di spesa. Ritengo, pertanto, che il previsto incontro del 12 possa rappresentare un momento proficuo in cui la Commissione antimafia - se lo ritiene - potrà spendere un suo intervento per la soluzione di tali problemi. PRESIDENTE. Desidero dire al dottor Mancuso che non solo abbiamo tempestivamente fatto presente al ministro della giustizia questa situazione, ma che - e mi rivolgo anche ai colleghi - dopo essermi consultato con il vicepresidente Cabras, ho scritto al Presidente Ciampi segnalandogli quali erano le questioni di maggiore rilevanza che avrebbero potuto essere introdotte nel programma di Governo sul terreno della lotta alla mafia, sulla base di quanto è emerso dai lavori della Commissione. Tra questi, ho specificamente indicato la situazione degli uffici giudiziari di Napoli che ci era stata già segnalata. Prima di dare la parola ai colleghi che intendono porre delle domande, desidero chiedere - poiché i magistrati di Napoli hanno fornito un quadro chiaro non solo della struttura ma anche delle connessioni della camorra - se esistono dati analoghi per la provincia di Salerno. Il dottor Greco ci ha fornito un quadro, sia pure sintetico, della struttura: vorrei sapere se esiste un problema di connessioni anche nel distretto di Salerno. ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Le connessioni sono solamente adombrate. Non c'è ancora la possibilità - ed è per questo che ho parlato prima di "approfondimenti" - di definirle. Inoltre, determinati clan che operavano nel salernitano sono stati al momento imbrigliati nella parte predominante. Esistono tuttavia ancora dei tronconi. Oltre ai clan imbrigliati dei Maiale, dei De Feo, dei Nocera, dei Loreto Matrone e dei Galasso, ce ne sono altri non ben definiti e la nostra azione... PRESIDENTE. Mi scusi, ma ci sono comuni disciolti per mafia? ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Sì, l'ho detto prima: tre comuni. PRESIDENTE. Quindi, un rapporto ci deve essere. ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Vi sono ragioni di sospetto. PRESIDENTE. La procura cosa sta facendo? ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Sta indagando. PRESIDENTE. Su questi comuni? ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Sì, sulla base anche delle relazioni del prefetto. Ho detto prima che il procuratore aggiunto si sta occupando specificamente di questi argomenti con riferimento sia a Nocera ed a Pagani sia a Scafati, sul quale le indagini sono affidate anche ad un'altra collega che opera congiuntamente. A tutt'oggi sono state già avanzate delle richieste al GIP. PRESIDENTE. Nel rapporto con l'imprenditoria il meccanismo è lo stesso di quello che è stato spiegato per Napoli? ERMANNO ADESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Sì, certamente ma non in maniera evidente. Per il passato abbiamo avuto questi rapporti, in particolare con riferimento al Citarella Gennaro, defunto da tempo, vittima di un conflitto fra clan rivali. Pag. 1962 ENNIO BONADIES, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Salerno. Rispondendo anch'io alla domanda del presidente Violante, desidero evidenziare che vi sono stati anche casi specifici - sia per il passato sia per il presente - di connessioni tra la criminalità organizzata e personaggi politici dei comuni del salernitarno. In particolare, mi riferisco ad un grosso procedimento, riguardante il post-sisma e soprattutto i prefabbricati leggeri e pesanti forniti nei comuni terremotati, che vide coinvolti ed arrestati i sindaci di Mercato San Severino e di Nocera Inferiore, oltre che per estorsione, per i reati di cui all'articolo 416-bis unitamente ad esponenti di rilievo dell'allora NCO, capeggiati nel salernitano dal noto Salvatore Di Majo, braccio destro di Raffaele Cutolo. L'indagine portò anche all'arresto di Filippo Prost e dei collaboratori più stretti del ministro dell'epoca, nonché di imprenditori... PRESIDENTE. Ministro di che cosa? LUIGI BISCARDI. Chi era il ministro dell'epoca? MARIO CLEMENTE MASTELLA. Zamberletti. ENNIO BONADIES, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Salerno. Se non ricordo male, era il deceduto ministro Fortuna. Poi Zamberletti. Nell'ambito di tale procedimento giudiziario si giunse, come dicevo, all'arresto di questi soggetti nonché di numerosi camorristi e imprenditori che avevano fornito i prefabbricati. Per quel che riguarda il presente, nel procedimento che la procura di Salerno ha avviato proprio nei confronti del clan Galasso e che ha portato all'arresto del Galasso e di buona parte dei suoi affiliati, risultano direttamente coinvolti - e arrestati - un ex sindaco di Nocera Inferiore nonché ex presidente della USL 51, oltre ad un assessore del comune di Sarno, a due direttori e ad un vicedirettore di banche. Dall'ordinanza di custodia cautelare che è stata allegata alla relazione presentata dal procuratore della Repubblica si evincono i vari reati che sono contestati ai soggetti in questione, nonché il modo di fagocitazione delle imprese, cui hanno fatto riferimento i colleghi di Napoli, che viene contestato proprio a Pasquale Galasso. PRESIDENTE. Ai parlamentari che intendono porre questioni ricordo che avremo un secondo incontro con questi magistrati per approfondire, anche alla luce di quanto avremo acquisito aliunde, i temi affrontati nella seduta odierna. Invito pertanto a limitarsi a domande specifiche. UMBERTO CAPPUZZO. E' un vero peccato, signor presidente, che di fronte a relazioni così esaurienti ed interessanti si debba comprimere... PRESIDENTE. Non comprima. UMBERTO CAPPUZZO. Mai come questa volta, infatti, abbiamo avuto un panorama interessantissimo... PRESIDENTE. Forse il più interessante. UMBERTO CAPPUZZO. Certamente il più interessante fino adesso avuto. Devo anzi esprimere il mio vivo apprezzamento per quello che abbiamo sentito. Quindi, anche se ora mi limiterò ad alcuni aspetti che mi toccano direttamente, merita di tornare sulle considerazioni svolte questa sera. Devo dire che il quadro fornito è allarmante. Mi chiedo dove sia lo Stato e che cosa facciano le forze dell'ordine quando si dice che a quindici metri dal tribunale di Napoli, a Forcella, c'è il dominio della camorra. Vengo ora al delicato problema della presenza delle forze dell'ordine, sollevato dai rappresentanti della procura di Salerno (anche se la prossima volta vorrei tornare sull'argomento). Pag. 1963 PRESIDENTE. Non le sarà impedito. UMBERTO CAPPUZZO. Ci sono carenze, omissioni, connivenze, disattenzioni? E' soltanto un problema di organici, di modalità operative o c'è qualcos'altro? Non è infatti ammissibile che lo Stato rinunci in maniera così plateale al controllo del territorio in una città come Napoli; e il riferimento va esteso anche all'entroterra e alle altre località viciniori. Qui è stato posto l'accento sull'illegittimità nella gestione della cosa pubblica. Mi chiedo: cosa è stato fatto in passato? Questa illegittimità nella gestione è stata evidenziata da qualcuno? Coloro che istituzionalmente erano preposti a fare segnalazioni, le hanno fatte? PRESIDENTE. Qualcuno ha avuto procedimenti disciplinari per questo. UMBERTO CAPPUZZO. Sarebbe comunque interessante analizzare questo aspetto perché non si può arrivare al 1993 avendo accumulato per decenni tutte queste carenze ed omissioni. Questa illegittimità che è diventata adesso così evidente, quali attenzioni ha avuto in passato? Credo che varrebbe la pena di approfondire tale aspetto. Ma torno al problema delle forze dell'ordine. Di esse si chiede una maggiore professionalità, si chiede quindi di avere non una manovalanza generica ma degli investigatori, se capisco bene. E' questo il grande problema che si unisce a quanto è stato rappresentato per i mezzi di investigazione, cioè il fatto che, ad esempio, i carabinieri devono rivolgersi a Roma per quanto riguarda indagini particolari, mentre la polizia di Stato riesce a far capo a Napoli. Qualche cosa di più bisognerebbe capire perché da qualche anno a questa parte stiamo andando ad un potenziamento continuo delle forze di polizia in termini soltanto numerici, quantitativi... PRESIDENTE. E' vero. UMBERTO CAPPUZZO. Allora è giunto il momento di fare il grande salto di qualità, smettendola di continuare in questo inseguimento che è tanto più grave in quanto poi viene a determinare anche quei conflitti di competenza territoriale che sono stati evidenziati. Un'Arma dei carabinieri che pone a suo requisito fondamentale la capillarità della presenza, avendo un presidio in ogni comune, che cosa sta a fare? Soltanto a rappresentare l'emblema dello Stato? Ed ha tali problemi di connessione con gli elementi contermini alla stazione da porre addirittura il vincolo del confine? Questo è allarmante. Intendo tornare su questo argomento perché merita di essere visto nelle sue reali dimensioni, anche per verificare se i provvedimenti adottati in passato siano coerenti con l'impostazione che abbiamo dato o se si debba addirittura cambiare la filosofia stessa della presenza delle forze dell'ordine. C'è poi l'ipotesi del rafforzamento della Guardia di finanza per l'indagine sugli arricchimenti: questa è una voce che è stata recepita più volte. Tale problema dovrà essere rivisto anche alla luce di quel coordinamento di cui tanto si parla ma che in realtà sul piano del controllo del territorio e della repressione ancora, a quanto sembra, non si determina. Vorrei poi richiamare l'attenzione sullo scioglimento dei consigli comunali per chiedere, in particolare, se i comuni colpiti dai provvedimenti del Ministero dell'interno sono emblematici nell'area di interesse. Sarebbe interessante fare un riferimento a queste aree a rischio per vedere se quelli erano i comuni da sciogliere oppure se qualche altro è stato risparmiato e perché. Un altro aspetto molto importante è quello delle collusioni con pezzi delle istituzioni. La domanda che vorrei porre - che in parte è già emersa per quanto riguarda le carceri, dove si verificano comportamenti allarmanti - è se le collusioni si verificano per effetto di intimidazioni o per interessi oppure per il fatto che i rappresentanti delle forze dell'ordine permangono nelle stesse zone per lungo tempo e perché per il reclutamento Pag. 1964 in taluni casi si attinge a personale che è della stessa zona, con tutte le conseguenze che ne derivano. Questi chiarimenti sarebbero interessanti per avere un'idea delle proposte da avanzare. Comunque, lo ripeto, le relazioni sono state di grande interesse e varrebbe la pena di prendere punto per punto quello che è stato qui rappresentato per poterlo approfondire. Un altro elemento che mi ha colpito è quello della microcriminalità, a proposito della quale non è stato compiuto il salto di qualità. Questa è una cosa che a me sta particolarmente a cuore. Perché non è stato compiuto questo salto di qualità? Perché è stato sottovalutato il fenomeno? Forse perché ci si è concentrati sul grande fenomeno, nei cui confronti peraltro se non ci fossero state le rivelazioni dei pentiti forse non avremmo ottenuto i successi che si sono registrati? Forse non è stata capita l'importanza della microcriminalità? Anche su questi aspetti qualche considerazione andrebbe quindi svolta. Vi è infine l'istituto del soggiorno obbligato che, come lei ha giustamente osservato, signor presidente, tocca a noi rivedere. Ciò si rende particolarmente necessario perché, anche a giudicare dalle proteste in Sicilia, tale istituto non soltanto non produce risultati concreti, ma addirittura porta a deridere le forze dell'ordine quando mi capita di vedere, come mi è capitato, che, essendo limitato il soggiorno alla notte, il soggiornante dalle otto del mattino alle venti della sera comodamente poteva raggiungere qualsiasi località e quindi svolgere la sua attività criminale prendendo anche l'aereo e andando nella stessa giornata da Palermo a Milano o viceversa. Mi sono limitato a queste domande, ma vorrei riprendere gli argomenti affrontati in una successiva tornata. MARCO TARADASH. Vorrei intanto chiedere agli uffici di predisporre il resoconto stenografico dell'audizione odierna in tempo per il prossimo forum su economia e criminalità perché il quadro che è emerso stasera è veramente preoccupante. PRESIDENTE. Approfitto di questo riferimento per precisare che il 14 e il 15 prossimi si svolgerà un forum su economia e criminalità, per il quale alcuni aspetti che qui sono stati descritti sono di particolare interesse. In tale occasione, in cui tutte le procure distrettuali sono state invitate (quindi riceverete l'invito), ci interesserebbe un intervento di una delle procure distrettuali specificamente su questi meccanismi che in particolare lei, dottor Dalterio, ha indicato con riferimento al meccanismo, che avete spiegato, di ingresso nell'impresa. MARCO TARADASH. La prima domanda che vorrei porre riguarda i legami tra Cosa nostra e la camorra, di cui oggi si è parlato. Questi legami su quali traffici si sono organizzati e su quali continuano? Su traffici illegali o anche sull'uso illegale di beni legali, nel senso delle risorse pubbliche, degli appalti e così via? Riguardano solo il traffico di droga, il contrabbando delle sigarette, l'usura? Vorrei sapere, in secondo luogo, come si forma il profitto camorrista. Abbiamo sentito parlare di un'enorme disponibilità di denaro. Vorrei che ci aiutaste a capire anche le percentuali di questa accumulazione di denaro: quanto deriva dal traffico di droga, quanto dall'uso di risorse pubbliche, quanto dalla deviazione e via dicendo. La terza domanda attiene al rapporto fra la politica, la pubblica amministrazione e la camorra. Ci sono state elencate le fonti di denaro, alle quali forse andrebbe aggiunta la legge sugli interventi straordinari sul Mezzogiorno, che non è stata citata. Quello che vorrei capire è chi si è arricchito con questo intreccio. Si è arricchito, in sostanza, soprattutto il mondo della camorra o quello dei partiti? Qual è il livello dell'affare per la narcocamorra e quale per, diciamo, la "partitocamorra"? E' poi possibile fare Pag. 1965 una scissione tra la narcocamorra e la "partitocamorra" (non so come definirla: aiutatemi voi a trovare un termine calzante), oppure questo intreccio nasce nel momento in cui il capitale accumulato, magari attraverso il traffico di droga, serve per entrare in un giro d'affari di altro livello? Rivolgo queste domande dal mio punto di vista di legislatore e di cittadino, che certamente vuole rafforzare lo Stato ma che, a forza di rafforzarlo, ne sente il peso. Forse sarebbe meglio dire che vorrei piuttosto indebolire gli avversari dello Stato... PRESIDENTE. E' stato già fatto. MARCO TARADASH. Lo so, ma oggi gli avversari dello Stato si indeboliscono perché salta il sistema partitocratico. Questa nuova situazione credo aiuti tanto le indagini di Milano quanto quelle di Napoli o di Palermo ad indebolire gli avversari camorristi o mafiosi dello Stato. PAOLO CABRAS. I partiti saranno sostituiti sempre più dalla camorra! Questo è lo sbocco. MARCO TARADASH. Collega Cabras, non so se è sempre uno svantaggio! Sentiamo dire che le telefonate dei camorristi sono di un livello sicuramente maggiore di certe telefonate dei capi di partito. PAOLO CABRAS. Già è in atto il fenomeno! MARCO TARADASH. Vorrei che invece questa sostituzione osmotica non avvenisse e che si eliminasse sia la partitocrazia, cioè non i partiti ma la struttura di saccheggio della politica posta in essere da un certo sistema dei partiti, sia... PAOLO CABRAS. Nel tuo ragionamento non era chiara la distinzione. MARCO TARADASH. Non era chiara perché c'è chi non vuol capire, evidentemente. PRESIDENTE. Una volta si diceva: non accetti provocazioni, onorevole Taradash. MARCO TARADASH. Non sono provocazioni. Cabras rappresenta una storia democristiana, io rappresento una storia diversa. Dicevo che si indeboliscono gli avversari dello Stato abolendo la partitocrazia; poi si indeboliscono abolendo il sistema proibizionistico sulla droga, legalizzando, e quindi sottoponendo a controllo finalmente da parte dello Stato produzione, commercio e consumo delle droghe, che ora rappresentano una fonte incredibile di guadagno. Però, quello che vorrei sapere anche da voi, dalla vostra esperienza, è fino a che livello funzionano questi due volani di indebolimento degli avversari dello Stato, le camorre e le mafie; se aboliamo la partitocrazia, andiamo alla seconda Repubblica dove non ci sono più ladri di regime e così via, il sistema della camorra e della mafia che si fonda sui traffici di droga, eccetera, resta a livello tale da rappresentare una minaccia tuttora per la vita pubblica e democratica oppure no? E viceversa, se si indebolisce sul fronte dei traffici di droga, riusciamo a ridurre l'influenza sulla vita pubblica? Queste sono le domande molto semplici che pongo. LUIGI BISCARDI. La mappa così dettagliata che ci hanno dato i giudici della direzione distrettuale antimafia di Salerno e di Napoli conferma la validità della posizione di chi ha richiesto, con procedura prioritaria, la conoscenza della situazione della camorra in Campania e conferma che il dato fondamentale riguardante l'attività del crimine organizzato è il controllo generalizzato del territorio. Detto questo, vorrei porre alcune domande; altre, che avevo segnato, sono Pag. 1966 state già fatte dai colleghi. In primo luogo, desidero porre una domanda che riguarda un po' la storia del costume: l'affiliazione alla camorra avviene come un residuo del passato, quello che magari abbiamo conosciuto da alcuni testi del passato, oppure vi è un'aggregazione criminale spontanea, di fatto, che riguarda appunto la genesi della camorra (e non credo sia poi soltanto una storia di costume perché può riguardare eventualmente un intervento di natura preventiva)? Vengo alla seconda domanda. Il pubblico ministero Fumo ha già detto che la diffusione della camorra è di tipo frammentario sul territorio. Vorrei sapere se le famiglie camorristiche padrone dei singoli territori sono portate a federarsi e quindi ad avere rapporti fra loro (in quale modo e sulla base di quali procedure ed obiettivi), o se invece vi è una selezione a seguito di progressive eliminazioni. La terza domanda era già contenuta in quanto detto dal collega Taradash: cioè, se tra le fonti di ricchezza della camorra, a fianco dell'attività imprenditoriale, salga o prevalga a poco a poco quella derivante dal traffico di droga. Un'altra domanda riguarda la presenza delle forze dell'ordine sul territorio. Su questo punto c'è da dire che una delle collusioni (certe cose si conoscono anche per una serie di episodi) fra politici e territorio avviene anche per il rientro di uomini delle forze dell'ordine nei paesi di origine; un rientro non filtrato, né graduato secondo graduatorie specifiche, ma in base - diciamolo pure - a raccomandazioni, il che determina sul territorio una presenza stabile, troppo fissa dei rappresentanti delle forze dell'ordine e quindi, in fondo, un indebolimento in sé e per sé della loro presenza sul territorio. L'ultimo punto riguarda i rapporti con la politica. Il presidente mi ha preceduto osservando che, mentre nell'area napoletana questa presenza di rapporti ha avuto un punto alto negli ultimi casi di Napoli, ed in quelli che poi anche per il casertano ha esposto il dottor Narducci, si presenta invece ad un livello medio-basso nella provincia di Salerno; qui, per la verità, non ho ben capito perché ci sia questa differenziazione o se invece l'organizzazione camorristica e anche le procedure, gli interessi, eccetera, sono gli stessi. Desidero spendere infine una parola sul soggiorno obbligato. Certo, della questione si devono occupare i legislatori, però vi è un fatto di ingiustizia nella scelta del paese dove è trasferito il soggiornante, che avviene in modo casuale e non motivato: il sorteggio assicurerebbe almeno il principio di casualità; invece si sceglie un comune dove la popolazione è più tollerante e magari non c'è Boso che organizza una manifestazione. La popolazione, che non è abituata a vedere il potere, vede per esempio Luigi Giuliano che ha tre grosse automobili ed assiste ad un traffico notevole di persone (come ho saputo proprio in questi giorni; mi dispiace di non aver portato con me il giornale della mia provincia). Questo è il problema del soggiorno obbligato: la casualità segna molto spesso una punizione proprio dei territori più tranquilli, disponibili e poi magari anche a minore distanza. Su questo non vi è bisogno di un intervento legislativo; una procedura regolamentare che preveda appunto la scelta per sorteggio può rendere accetti in alcuni casi i soggiorni obbligati; questo non vale invece per una scelta che non ha alcunché di razionale e può veramente configurarsi come una punizione. PRESIDENTE. A questo punto, i sindaci andranno muniti di amuleto per evitare... LUIGI BISCARDI. Certo. PRESIDENTE. C'è un dato di obiettività, per lo meno. PAOLO CABRAS. Anch'io esprimo apprezzamento e ringrazio i magistrati delle procure distrettuali per l'ampia informazione che ci hanno dato, in particolare per quanto riguarda gli aspetti dell'economia Pag. 1967 criminale, il modello di imprenditoria camorristica preferito ed il rapporto mafia-politica. Risalendo nel tempo, vorrei chiedere un rapidissimo aggiornamento su alcuni delitti che sono rimasti impuniti. Mi riferisco in particolare alla strage di Torre Annunziata, per la quale ci fu una condanna in primo grado per Alfieri, Cesarano ed altri; poi, in appello, se non ricordo male, vi è stata un'assoluzione con formula piena. Vorrei sapere se dobbiamo mettere anche questa strage nel novero dei delitti impuniti. Mi mancano inoltre informazioni aggiornate sul delitto, che credo risalga a dieci anni fa, a Pagani del sindaco Marcello Torre, rimasto per molto tempo uno dei misteri dei delitti di camorra, in questo caso nel salernitano. E' stato qui sollevato il caso degli imprenditori Romano e Agizza. Ho chiesto la data: 1988. Chiederei anche se vi sono misure di prevenzione di carattere patrimoniale nei confronti di questi imprenditori, perché - non è una novità, lo abbiamo detto ed anche scritto nella relazione della Commissione - tre anni fa, andando a Caserta, ho saputo che non soltanto nelle realtà per le quali ai sindaci e agli amministratori avevamo contestato il fatto, ma anche nella procura di Santa Maria Capua Vetere l'appalto delle pulizie era stato vinto dall'Agizza-Romano. Vorrei capire come si sia potuta verificare una disfunzionalità così grave, che addirittura fa emergere una certa impunità della mafia anche nei palazzi di giustizia. Pasquale Galasso, se le mie informazioni non sono sbagliate, era detenuto per estorsione aggravata; successivamente ha avuto la concessione degli arresti domiciliari per motivi di salute. Tali motivazioni addotte come in questo caso per un giovane aitante come Pasquale Galasso - lo dico con tutto il rispetto - provocano sempre in me una qualche inquietudine e stimolano un certo scetticismo, ma sin dagli anni ottanta l'attività di Galasso, della famiglia Galasso (perché era anche quella del padre e dei fratelli) era nota come di stampo camorristico. Vorrei sapere come mai il Galasso era detenuto per reati diversi da quelli ex 416-bis. Vorrei avere anche qualche dettaglio - fatte salve ovviamente le esigenze processuali - su alcuni interrogativi che mi sono sorti leggendo la documentazione che le procure distrettuali hanno inviato recentemente in allegato alle richieste di autorizzazione a procedere contro alcuni parlamentari: mi riferisco alla vicenda dei contatti tra alcuni esponenti politici e la camorra per il caso Cirillo. Se, ripeto, non vi sono obiezioni a dare un chiarimento - la mia richiesta è tesa a conoscere lo scenario, non chiedo alcuna notizia su nomi, fatti, episodi o responsabilità - vorrei sapere come potete spiegare, da una parte, il rifiuto di Alfieri, se c'è stato questo rifiuto, ad intervenire e, dall'altra, il riferimento a Cutolo, che sicuramente rispetto all'Alfieri - che era un astro nascente, esponente di una camorra molto più pervasiva nelle istituzioni e nella vita locale e più influente - era invece un uomo che stava già consumando il suo crepuscolo nel carcere. Vorrei sapere anche come mai - comprendo che è uno stralcio quello che ho letto in allegato alla richiesta di autorizzazione a procedere - non si fa riferimento al ruolo dei servizi. Nella passata legislatura, nella Commissione stragi, di cui ho fatto parte per un certo periodo, interrogammo a lungo personaggi tristemente noti dei servizi cosiddetti deviati, come il colonnello Musumeci e ricordo che ci fu non soltanto un ruolo dei servizi ma anche un ruolo di alti funzionari del Ministero di grazia e giustizia che resero possibile l'accesso a chi non aveva alcun titolo ad entrare nel carcere per avere colloqui con Cutolo o chi si voglia. Vorrei anche sapere come spiegate concettualmente - non voglio, ripeto, anche qui né nomi, né dati, né fatti - questa possibilità di scambio: essa mi è nota, perché ho studiato il fenomeno del terrorismo ed ho partecipato alla Commissione d'inchiesta sul delitto Moro, ma vorrei sapere, ripeto, come spiegate questa Pag. 1968 improvvisa facilità di approccio e di comunicazione fra le Brigate rosse e la camorra. So benissimo che Senzani in qualche modo, rispetto alla cultura del terrorismo, rappresentava una anomalia, soprattutto nell'ultimo periodo, nel tentativo di impiantare il fenomeno delle Brigate rosse nel sud. Probabilmente ha ignorato quelli che erano i canoni molto rigidi nei rapporti tra queste ed un mondo come quello della camorra. Vorrei sapere se sia possibile avere in proposito maggiori lumi. Desidererei anche qualche notizia in più su Poggiomarino, la cui amministrazione è stata finalmente e giustamente sciolta. Siccome in questa città vi era la presenza dominante dei Galasso, perché, se non erro, era costruito lì il loro castello-bunker, vorrei sapere se siano state adottate misure di prevenzione a carattere patrimoniale, ovvero se siano state assunte tardivamente. Ricordo che nella passata legislatura mi è capitato più volte, recandomi nel salernitano o nel napoletano, di chiedere ai magistrati ed ai rappresentanti delle forze dell'ordine perché mai ci fosse una certa indifferenza rispetto all'esistenza di vere e proprie fortezze, con feritoie per rispondere con il fuoco ad eventuali aggressioni (non delle forze dell'ordine ma di clan rivali) e se non ci fosse stato qualche ritardo nell'azione di contrasto. La vicenda di Poggiomarino, che oggi è sotto i riflettori, è antica. Il discorso comprende anche la posizione di personaggi come il Boccia, che ha avuto rilievo politico e che aveva un istituto scolastico dove probabilmente andavano non solo i figli di Galasso ma anche altri per ottenere il diploma e dove c'erano rapporti con tutte le amministrazioni statali e locali. A me sembra che si sia verificato qualche ritardo nell'assumere provvedimenti o nell'aprire indagini in quel territorio. Un'ultima domanda riguarda la vicenda D'Alessandro, il quale a Spoleto, nel 1992, ha detto a Pasquale Galasso che la sua posizione processuale sarebbe stata risolta favorevolmente grazie ad interventi politici autorevoli. Successivamente, 1^ marzo 1993, D'Alessandro è soggetto ad un provvedimento di scarcerazione: in contrasto con la Corte di cassazione e con la corte d'assise di Napoli gli viene applicato l'indulto, quando invece le decisioni precedenti erano state per l'inapplicabilità del medesimo. Vorrei anche un chiarimento sui ritardi che si sono verificati nelle indagini relative alla latitanza di D'Alessandro ed Imparato, quest'ultimo morto in un conflitto a fuoco. Ricordo che, quando sono stato a Castellammare di Stabia, mi hanno spiegato che non solo sulla montagna che si vedeva da tutte le finestre... FAUSTO ZUCCARELLI, Sostituto procuratore della direzione distrettuale di Napoli. Si chiama Monte Coppola. PAOLO CABRAS. ... vivevano D'Alessandro e Imparato, ma anche che la consorte di D'Alessandro era insegnante nelle locali scuole medie. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale di Napoli. La moglie di Imparato. PAOLO CABRAS. Ah, di Imparato. Comunque, c'era una normale vita quotidiana di questi personaggi e delle loro famiglie. Per carità, sono favorevole al massimo delle garanzie per le famiglie, ma ritengo che probabilmente il livello di vigilanza delle forze dell'ordine e di investigazione è stato quanto meno scarso. Questo forse spiega perché di D'Alessandro dobbiamo lamentare ancora una volta la latitanza. GIROLAMO TRIPODI. Desidero anch'io esprimere apprezzamento per le esposizioni dei magistrati delle direzioni distrettuali antimafia, che ci hanno offerto la possibilità di conoscere meglio le ramificazioni delle organizzazioni criminali camorristiche in larga parte della Campania e in particolar modo nelle zone di Napoli, Salerno e Caserta. Devo estendere tale apprezzamento anche al lavoro Pag. 1969 che stanno compiendo nell'attività di contrasto alla malavita organizzata; i risultati delle indagini che si stanno svolgendo dimostrano un grande impegno, al quale deve andare tutto il sostegno della Commissione antimafia. Dal quadro che ci è stato prospettato, relativo alla presenza ed alle ramificazioni dell'organizzazione criminale in Campania ed in alcune città in particolare, viene fuori un elemento che mi sembra molto interessante. Sembra ormai superato il giudizio per cui la camorra era considerata un'organizzazione criminale meno pericolosa e meno efficiente di Cosa nostra o della 'ndrangheta. Oggi possiamo dire, anche se non abbiamo elementi per stabilire che l'organizzazione è strettamente saldata sul territorio e che non esiste soltanto un problema di interscambio e di partecipazione alle attività criminali, che esiste una certa affinità nelle modalità di rapporti con la società. Vediamo la presenza ed il controllo di questa organizzazione nel settore finanziario, così come negli appalti e subappalti, nel settore delle attività private, in quello edilizio e delle speculazioni e delle abitazioni abusive. PRESIDENTE. Anche nel monopolio di alcuni materiali, quali il calcestruzzo. GIROLAMO TRIPODI. Sì, anche nelle forniture del materiale da costruzione. Vorrei sapere se ci siano situazioni di monopolio nella gestione di questi settori, ad esempio in quello della fornitura di calcestruzzo o della movimentazione di terra. Anche per quanto riguarda l'intervento sulle pubbliche amministrazioni - parlo dei comuni ma anche della regione - al momento della predisposizione dei piani regolatori e della scelta delle zone da edificare, vorrei sapere se abbiate individuato quel certo tipo di rapporti, che esiste in altri casi. Circa la penetrazione nell'economia, sappiamo che in Campania ci sono coltivazioni che hanno un'alta commerciabilità. Sappiamo che in questo settore si verificano connessioni con la 'ndrangheta; mi riferisco in particolare alla coltivazione dei pomodori. E' noto quanto accade nell'utilizzazione del personale: conosciamo il caso di Priverno di qualche anno fa. Il problema non riguarda solo questo prodotto, ma tutte le attività relative a produzioni ortofrutticole pregiate. Vorrei sapere se in merito sia stato fatto qualcosa e se abbiate scoperto un uso distorto dei finanziamenti AIMA, considerando che il settore è controllato dalle organizzazioni mafiose. Oggi i magistrati hanno lanciato un allarme circa l'eventualità di un collasso. E' giusto che la Commissione si preoccupi di questi fenomeni e vorremmo sapere se vi siano provvedimenti che possano aiutare il vostro lavoro, ad esempio fornendo un supporto di strumenti e uomini. Non so se vi siano esigenze di personale; anche di questo dobbiamo occuparci. Infine, vorrei porre due domande. In primo luogo vorrei sapere se nel corso dell'attività svolta, che negli ultimi tempi ha dato risultati positivi, abbiate rilevato comitati d'affari composti da politici, mafiosi ed imprenditori, i tre soggetti che si incontrano nella gestione della cosa pubblica. Abbiamo avuto alcune notizie dai giornali e sarebbe utile per noi avere una maggiore conoscenza del fenomeno. In secondo luogo, vorrei avere notizie sulle rivelazioni del collaboratore Galasso, non di poco conto, direi clamorose, nei riguardi di un ex ministro dell'interno, l'onorevole Gava, di un ex ministro del bilancio e su altri parlamentari (sempre che queste notizie non siano coperte da segreto istruttorio) visto che sono state richieste le autorizzazioni a procedere. Per quanto riguarda Salerno, nel corso della precedente legislatura la Commissione ha svolto attività di indagine ed abbiamo scoperto che tutti i sindaci sostenevano che la camorra non esisteva in quella zona. Abbiamo contestato queste dichiarazioni in un documento ed abbiamo chiesto l'intervento del ministro dell'interno. Vorrei sapere se da allora sia cambiato qualcosa o se la contestazione sia rimasta inascoltata. Pag. 1970 Infine, vorrei sapere se abbiate scoperto collusioni tra mafia e settori o soggetti appartenenti alle forze dell'ordine. Anche questo è un fatto molto importante. ROMANO FERRAUTO. Prima di porre due questioni specifiche, vorrei fare una breve premessa. Il rischio che incombe sempre per la Commissione antimafia ma anche per strutture come quelle che voi qui rappresentate è di osservare un fenomeno le cui vicende sono già del passato, mentre il fenomeno attuale è ben diverso. In altri termini, molte volte noi possiamo osservare una stella che magari è già morta e ne è nata un'altra. Ho fatto tale premessa per introdurre una specifica domanda. In questi ultimi giorni assistiamo al ritorno di boss della camorra che si trovavano in Perù, in Bolivia, in America Latina. Improvvisamente, in queste ultime settimane si assiste al loro ritorno. Poiché non sono a conoscenza di cambiamenti di regime, di governi, di strutture di potere di quei paesi, mi chiedo se tutto ciò accada perché vi è una maggiore attenzione dell'Italia, e quindi delle strutture che si occupano di tali problemi, oppure se i soggetti sopra ricordati non rappresentino ormai che dei "gusci" già morti, quando invece vi sono già altri soggetti. Mi chiedo, quindi, se in una strategia complessiva si preferisca fare in modo che tali soggetti vengano catturati perché vi sono già altri soggetti. Vorrei, in altre parole, sapere se siano entrambe valide le affermazioni di una maggiore attenzione e, contemporaneamente, di una modificazione dei soggetti oppure se una abbia la prevalenza sull'altra. A me sembra che questo sia un terreno di indagine importante, anche perché per quanto riguarda Cosa nostra credo che ci dovremmo interrogare - come del resto stiamo già facendo - se il testimone non sia già passato di mano, e se a certi soggetti siano subentrati altri - come io ritengo che sia - in quanto i primi non hanno più un certo controllo e un certo potere. In relazione a ciò, alcuni pentiti ci hanno detto che la camorra di per sé - come fenomeno - non esiste più, in quanto sarebbe così in contatto con Cosa nostra e con la mafia che di fatto tutti i fenomeni camorristici risultano governati dalla mafia e da Cosa nostra. Mi è parso che nessuno qui abbia fatto riferimento a questa forte ed ingombrante presenza di Cosa nostra e della mafia. Mentre si dice che ciò sia vero per la 'ndrangheta, per una serie di considerazioni che non faccio, e che sia più facile che vi sia la presenza mafiosa in Puglia, per la camorra taluni dicono che essa è di così scarso momento, tant'è che ad essa risultano affiliati anche vigili urbani - la loro è una battuta! - per cui può essere considerata un qualcosa di distaccato da Cosa nostra e dalla mafia. Credo che questo sia un argomento che meriti una certa attenzione. ERMINIO ENZO BOSO. Vorrei sapere se la situazione di questo malessere sia stata scoperta dai magistrati soltanto nel 1993, e se essa sia stata segnalata da parte di questa categoria di lavoratori dello Stato ad altri uffici, ad altre Commissioni, eventualmente anche alle altre Commissioni antimafia. Vorrei altresì sapere quale risultato sia stato ottenuto da chi era responsabile di questa Commissione per agevolare l'operato di questi dipendenti dello Stato. Mi sembra di ritornare ai tempi in cui prestavo servizio nell'Arma: noi viaggiavamo con il MAB e loro con le armi più sofisticate. La delinquenza organizzata è sempre più preparata delle forze dello Stato! O è forse lo Stato ad essere sempre interessato a mantenere questo sistema di servizio? La "carne" non costa tanto, se non deriva, magari, dalla stessa madre. Vediamo infatti che questa gente paga, e paga con il sangue! Sono stati sprecati tanti soldi per opere pubbliche inutili; se essi fossero stati dati al magistrato, probabilmente Tangentopoli sarebbe stata scoperta prima. Pag. 1971 Vorrei chiarire alcuni punti a mio avviso interessanti. Da alcuni passaggi sembra che l'impresa COGEMA, che sta operando su un progetto dell'Italstrade lungo l'autostrada Alemania, nella zona di Vittorio Veneto, verso Belluno, abbia forzato le piccole imprese della zona del bellunese a farsi attribuire gli appalti dell'intera operazione riguardante l'autostrada Alemania. La Commissione antimafia è stata interessata da una interrogazione parlamentare diretta a sapere se sia stata inoltrata alla procura di Salerno la richiesta di chiarire i soggetti coinvolti. Dico questo perché i camion dell'impresa che ho appena menzionato transitavano sulle strade del bellunese e di Vittorio Veneto senza targa. Alcuni autisti sono stati trovati sprovvisti di assicurazione e di bollo e con una rivoltella sul cruscotto del camion. Mi chiedo se siano stati fatti accertamenti su questi movimenti, che hanno visto l'acquisto di grosse imprese e di alberghi nelle zone di Cortina, del Bondone e del bellunese. Si tratta di soggetti mafiosi, di imprese che acquistano beni immobili portando valigie piene di denaro contante. Inoltre, se un immobile costa, per esempio, tre, loro lo pagano sette! Sono stati fatti questi accertamenti? MARCO TARADASH. Risparmiano anche sul bollo e sull'assicurazione... PRESIDENTE. Ma non sulla pistola! ERMINIO ENZO BOSO. Si tratta di fatti che sono stati segnalati in un'interrogazione parlamentare. Non faccio sogni, non scrivo cazzate! Non sono un garantista, come movimento politico... MARCO TARADASH. Sono loro che dicono cazzate! ERMINIO ENZO BOSO. Mi sembra di aver inviato, l'anno scorso, al presidente Violante il testo di una interrogazione riguardante la situazione a Belluno. PRESIDENTE. Mi pare di sì. Comunque potremo accertarlo. ERMINIO ENZO BOSO. Mi chiedo poi se dagli accertamenti dei magistrati sia risultata chiarita la figura di Gelli nel riciclaggio di denaro sporco e di droga. Mi chiedo altresì se alla luce degli ultimi fatti si possa eventualmente avere la possibilità di compiere nuovi accertamenti su Gelli, che, messo in libertà da alcuni togati, dovrebbe essere morto da sei anni, e invece gira comodamente ed impunemente sotto scorta, dagli alberghi delle Dolomiti alle spiagge delle isole; inoltre potrà andare facilmente anche all'estero, sicuro e garantito perché protetto da poliziotti! Se si debbono accertare i suoi movimenti, allora i controlli vengano almeno fatti da lontano, senza cioè mettere in pericolo dei poliziotti! Per quanto riguarda la signora Mazza, mi rivolgo alla dottoressa De Simone. Questa signora è stata avvicinata all'asse del Brenta, dove la mafia e la camorra sono già forti e dove l'anno scorso (e precisamente a Vicenza) è stato arrestato un latitante che girava impunemente tra nord e sud senza mai essere fermato. E' quindi inutile dire di voler mandare la signora Mazza in un posto in cui non vi è l'inquinamento mafioso. La mafia è presente! Per tali motivi non riesco a capire come il questore di Napoli si possa permettere di inviare la Mazza a Codogné di Treviso quando a 50 chilometri c'è già l'altra mafia e quando l'autostrada passa ad 8 chilometri da quel comune. La garanzia che la signora Mazza sarebbe rimasta isolata risulta vanificata dal fatto che essa ha tutto a portata di mano. Vorrei infine sapere dalla dottoressa De Simone se sia vero quanto è emerso da una telefonata ricevuta da persone di Castellammare di Stabia, e cioè se i bastonatori di Gava abbiano garantito l'elezione di Flaminio Piccoli, parlamentare proveniente dalla regione Trentino-Alto Adige. Vorrei cioè sapere se sia stata segnalata la presenza di bastonatori al momento delle elezioni. Una signora di Castellammare di Stabia mi ha telefonato Pag. 1972 a Trento, alla sede della Lega Nord, dicendomi: "E' inutile che voi della Lega facciate i furbi, perché a questo Flaminio Piccoli, partito da Trento ed eletto a Castellammare di Stabia, i bastonatori di Gava hanno garantito l'elezione al Senato". PAOLO CABRAS. Era una soddisfazione per la Lega Nord avere Piccoli eletto al sud! ERMINIO ENZO BOSO. A me interessa che una persona riceva il voto perché la gente è convinta e non perché sia stata bastonata e ridotta alla fame! UMBERTO RANIERI. Nel ringraziare i magistrati delle direzioni distrettuali antimafia di Napoli e Salerno, vorrei esporre alcune brevi considerazioni. Ritengo che questi incontri avranno una particolare efficacia se, sulla base dell'esperienza delle direzioni distrettuali antimafia di Napoli e di Salerno, potranno ricevere un arricchimento la ricerca e il lavoro legislativo del Parlamento volti ad affinare gli strumenti utili alla lotta contro i fenomeni criminali in punti nevralgici come Napoli e la Campania, e se anche i problemi relativi al superamento di inadeguatezze della normativa - come è stato qui detto - saranno affrontati dal Parlamento. Nel ricostruire i fenomeni criminali nel napoletano e in Campania, la riflessione si concentra sulle modifiche intervenute, sul salto di qualità - come viene definito - che si è prodotto nei caratteri e nei traffici della criminalità, nel corso degli anni ottanta. Molti riconducono ai mutamenti intervenuti anche la sconfitta della camorra che si organizzava intorno al ruolo e alla figura di Cutolo. I mutamenti sono quelli qui ricordati: un'espansione dell'attività criminale in nuovi settori e soprattutto una utilizzazione di capitali provenienti da traffici illeciti in attività economiche, nell'edilizia e, in particolare, in attività commerciali e finanziarie (accompagnate dal diffondersi inaudito di fenomeni di usura). Vorrei sapere quale è la vostra valutazione circa le fonti fondamentali della forza finanziaria di una tale criminalità. Certo gli appalti, con l'accaparrarsi di parte delle ingenti risorse pubbliche destinate nel corso di questo decennio a quei territori, grazie a connivenze e contiguità con fenomeni criminali di settori della politica e delle istituzioni. Tuttavia mi chiedo se la grande fonte dei profitti non sia costituita, anche in quella parte d'Italia, dal traffico della droga. Probabilmente intorno a questo traffico la criminalità ricava il grosso dei propri introiti. In ogni caso il problema che avverto è il seguente: quali innovazioni legislative, quali nuovi strumenti investigativi e repressivi si impongono per spezzare (sulla base dell'esperienza da voi compiuta in quella realtà) il circuito che porta profitti derivanti da attività illecite, in particolare dal traffico della droga, la riconversione in attività economiche finanziarie? In pratica di quali strumenti legislativi nuovi si avverte la necessità per intervenire su questa che mi sembra la connessione più grave? Un'altra questione che intendo trattare (probabilmente questa considerazione va al di là dell'oggetto della nostra discussione, tuttavia mi sembra importante) riguarda il degrado ambientale. Ritengo che i nostri ospiti concordino nel ritenere che il degrado in cui versano Napoli e l'area napoletana favorisca la maturazione e la diffusione delle organizzazioni criminali ed in particolare il reclutamento dei giovani. Sono dell'avviso che il grande problema del Parlamento sia quello di arrestare il tracollo civile dell'area napoletana che favorisce la diffusione dei fenomeni criminali. Un tracollo civile che è la risultante di più fattori: il disastro delle classi dirigenti, travolte dagli scandali e dalla corruzione, ma anche il disastro urbanistico e la profondità della crisi delle "esperienze educative". Mi chiedo se su alcuni punti non sia possibile intervenire. Per esempio, nell'inferno metropolitano di Napoli è accaduto una sorta di miracolo (almeno a me è parso tale) legato alla ricostruzione. Pag. 1973 I guai della ricostruzione sono ben noti, ma vi è un punto che vorrei sottolineare. Soprattutto nelle periferie, le più investite dai fenomeni criminali e dalle pratiche malavitose, sono state costruite, con investimenti di decine, centinaia di miliardi, infrastrutture pubbliche quali scuole, centri sportivi, biblioteche. Può darsi che la mia sia un'ingenuità a parlar di ciò, con tanti guai che vi sono, però è pur vero che tali strutture non sono utilizzate da anni, anzi sono state del tutto devastate, abbandonate, distrutte. Come è possibile che ciò sia accaduto nel silenzio di tutti? Vi è qualche possibilità di intervento? L'ultima questione che intendo trattare riguarda la necessità (e questo è compito del Parlamento e del nuovo Governo) di isolare alcuni punti sui quali è necessario un intervento del Governo per quanto riguarda lo stato delle strutture giudiziarie a Napoli. Sono state ricordare le condizioni in cui versa il palazzo di giustizia (si tratta di una storia infinita), ed il dottor Mancuso ci ha parlato delle condizioni di svolgimento dell'attività giudiziaria a Napoli. Domando se sia possibile isolare alcuni punti in modo che il Governo possa adottare misure straordinarie per intervenire e migliorare la situazione nel volgere di alcuni mesi. Infine, personalmente mi sono sempre chiesto (anche se so perfettamente quanto elevato sia il prezzo che pagano le forze dell'ordine; in questi giorni due poliziotti sono rimasti uccisi) come mai nell'area napoletana (sono stati ricordati tre quartieri di Napoli, ma altri se ne potrebbero ricordare) vi sia una insufficiente presenza delle forze dell'ordine. Ricordo che in alcuni quartieri di Napoli sono avvenuti scontri a colpi di bombe a mano tra i diversi clan; mi riferisco ad esempio al quartiere di Secondigliano. Forse una presenza più assidua e continua delle forze dell'ordine potrebbe migliorare il clima. PRESIDENTE. Alcuni parlamentari si sono allontanati, rinunciando così alla risposta. In questo momento sono presenti gli onorevoli Cappuzzo, Tripodi, Taradash, Ranieri, Ferrauto e Biscardi. Se potete sinteticamente rispondere alle questioni poste, visto che comunque ci rivedremo a Napoli ed a Salerno... ENNIO BONADIES, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Salerno. Ritengo che per rispondere ad alcune delle domande poste dai commissari sia necessario procedere in seduta segreta. PRESIDENTE. D'accordo. ERMANNO ADDESSO, Procuratore distrettuale antimafia della Repubblica di Salerno. Per la direzione distrettuale antimafia di Salerno risponderanno i colleghi Greco e Bonadies. Vorrei dire al senatore Boso che non mi risulta alunché sulla società Cogema. PRESIDENTE. Questo lo immaginavamo, nel senso che... ALFREDO GRECO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Salerno. Signor presidente, chiedo di procedere in seduta segreta e la mia richiesta ha solo uno scopo cautelare. PRESIDENTE. Procediamo in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Desidero brevemente accennare a vari argomenti. Successivamente i colleghi Mancuso e Fumo approfondiranno altri specifici punti. Per quanto riguarda la questione evidenziata dal senatore Cappuzzo, direi che egli ha messo il dito nella piaga facendo Pag. 1974 riferimento all'importanza del contrasto della microcriminalità. Mai come negli ultimi tempi, infatti, su specifici punti si è evidenziato un collegamento fondamentale come influsso economico dalla micro alla macrocriminalità. Non faccio riferimento soltanto al fenomeno del contrabbando, attualmente in riduzione rispetto al passato, ma soprattutto al problema dei marchi contraffatti, delle videocassette contraffatte, delle musicassette contraffatte. Purtroppo, Napoli è ridotta ad una vera e propria compravendita di illegalità. Ad ogni angolo di strada abbiamo contrabbando di sigarette, vendita di prodotti con marchi contraffatti, vendita in grandissima quantità, anche in esercizi commerciali di grande rilievo esterno e quindi di lusso, di videocassette e musicassette registrate. Si tratta di un fenomeno unico nel campo nazionale. Ho potuto verificarlo con amici e colleghi di varie regioni d'Italia. E' importante mettere in luce in questo momento la gravità di questo fenomeno, perché si è evidenziato come il fenomeno delle videocassette e delle musicassette registrate faccia capo ad un clan di Secondigliano, il clan Lorusso che, con strutture del valore di varie centinaia di milioni, opera stabilmente nella contraffazione di questi prodotti. Questo è uno di quei clan di cui si diceva circa la costituzione di quel cartello che si propone di dominare la metropoli e le zone vicine. Perché questo non è avvenuto? Probabilmente negli ultimi tempi c'è una maggiore attenzione verso la macrocriminalità. Ma vi è stata anche una prospettiva di lasciar fare, consciamente o inconsciamente, in alcuni casi consciamente, in virtù delle conseguenze economiche che un intervento massivo in tali campi comporterebbe. Io direi che questa ottica, inaccettabile in passato, è inaccettabile anche adesso; ma se qualcuno sposa questa ottica, non ci si deve meravigliare se, anche con riferimento alle indagini di Milano, qualcuno si straccia le vesti per le conseguenze economiche che questa indagine comporta. Per quanto attiene, poi, ai riferimenti fatti dall'onorevole Taradash circa la divisione delle percentuali di accumulazione illecita tra politica e camorra, direi che non si può effettuare una specifica quantificazione. Questo, non perché di volta in volta non si abbiano dati specifici, ma perché spesso sui due piatti della bilancia vi sono valori diversi, perché il politico corrotto dalla collusione con l'imprenditore e con la camorra si prospetta un illecito arricchimento non soltanto in termini direttamente monetari, ma anche in termini di voto, mentre la camorra si prospetta un arricchimento in termini estremamente diretti sia in denaro sia in termini di partecipazione diretta all'appalto, in quanto l'imprenditore che viene favorito è quantomeno un fiancheggiatore della camorra. PRESIDENTE. Anche in prestigio e in peso nella collettività. ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' stato fatto riferimento al problema della latitanza di D'Alessandro e di Imparato. Posso testimoniare insieme al collega Zuccarelli, con il quale mi sono interessato di queste indagini, che nei confronti del clan D'Alessandro e del clan Imparato vi è, non da breve tempo, un notevolissimo interesse da parte delle forze dell'ordine, polizia e carabinieri, con un'azione di contrasto che è stata veramente pregnante e che negli ultimi tempi ha consentito di pervenire al tentativo di arresto, poi sfociato nel conflitto a fuoco con l'Imparato, attraverso una penetrante attività di intelligence, che ha consentito, tramite riprese filmate, intercettazioni telefoniche a tappeto e mirate nei confronti dei fiancheggiatori metropolitani dell'Imparato, di pervenire all'individuazione dei covi, di filmare i personaggi (anche professionisti veri e propri) che di volta in volta lo favorivano e di arrivare all'arresto. Per quanto riguarda l'irreperibilità di D'Alessandro, che ha fatto seguito alla scarcerazione: D'Alessandro, una volta Pag. 1975 scarcerato, è stato seguito dalle forze dell'ordine, carabinieri e polizia, soprattutto per cercare di evitarne la irreperibilità e in secondo luogo per vedere chi del clan si portasse al carcere per recuperarlo e quindi fornirgli un'attività di scorta fino all'abitazione. Sono state disposte intercettazioni telefoniche e installate microspie prima ancora che D'Alessandro arrivasse nella sua abitazione; purtroppo nel giro di due giorni, chissà come, sono state scoperte (i telefoni sono stati staccati e le microspie sono state eliminate). Ciò dimostra le collusioni di altissimo livello di cui godono tali personaggi, collusioni peraltro pienamente equivalenti all'enorme peso economico-criminale di questi personaggi. PRESIDENTE. Le intercettazioni erano nell'abitazione? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, nell'abitazione. Direi che quello della scoperta delle intercettazioni è un fenomeno che purtroppo si ripete non di rado nei processi... PAOLO CABRAS. Sul provvedimento di concessione degli arresti domiciliari è in corso un'indagine? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Di questo parlerà il collega Mancuso. In riferimento ad altri processi, faccio l'esempio di un ricovero di latitanti del clan Gionta di Torre Annunziata nel quale sono state trovate utenze di società concessionarie della SIP che operano nel campo della telefonia, più precisamente l'utenza di un ufficio che è in grado, nell'ambito di queste società concessionarie, tramite il rilievo delle frequenze telefoniche, di verificare se un determinato apparato sia sottoposto o meno ad intercettazione. Purtroppo anche questo è un fenomeno che si verifica. Si è poi parlato dei comitati d'affari. Certo il fenomeno non può essere generalizzato, ma quando si riesce, attraverso le intercettazioni telefoniche o i collaboratori, a rompere l'omertà (mi riferisco al processo alla USL 35 in corso a San Giorgio a Cremano, trattato dal collega Roberti qui presente), si evidenzia l'esistenza di questi comitati d'affari. In un processo che sto trattando, sempre con riferimento a San Giorgio a Cremano, si è .evidenziata la figura dell'imprenditore locale, il quale "ammanigliato" con politici e camorristi locali, ma privo di qualsiasi specifica professionalità imprenditoriale, con riferimento ad appalti di notevole entità e capacità professionale, si rivolge alla grossa impresa metropolitana, si associa con la stessa al 50 per cento senza fornire alcun contributo concreto, recuperando anzi dall'impresa stessa i capitali, i mezzi e il personale e stranamente vince l'appalto. Quando poi il funzionario dell'amministrazione fa resistenza all'esecuzione dell'appalto perché intravede illeciti amministrativi, questi subisce due attentati incendiari che da un collaboratore della giustizia vengono riferiti all'organizzazione che è alle spalle di questa fattispecie (si tratta di dichiarazioni riscontrate cui ha fatto seguito anche l'emissione di misure cautelari nei confronti degli esecutori dell'attentato). E' stato poi chiesto se vi sia la possibilità di individuare strumenti investigativi nuovi per spezzare il circuito. E' ovvio che sarebbe sufficiente che quelli esistenti funzionassero per ottenere un miglioramento, ma qualcosa ancora si può fare. Rileviamo ancora una scarsissima collaborazione da parte delle banche nel rispondere alle nostre richieste di acquisizione di documentazione bancaria, che sono molto più importanti dei sequestri perché tali richieste possono essere effettuata in maniera generica e generalizzata. PRESIDENTE. Si riferisce a tutte le banche o a qualcuna in particolare? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. A tutte le banche, perché Pag. 1976 nessuna risponde con l'immediatezza e l'urgenza necessarie. Con il passare del tempo cominciano ad arrivare risposte, ma vi sono banche che a distanza di mesi non rispondono. In un mio processo è accaduto un caso assolutamente eclatante: sei banche non hanno risposto alle nostre richieste, ma stranamente si è verificato che il personaggio interessato dalle indagini bancarie - si tratta, ripeto, della richiesta di acquisizione di documenti bancari che non presuppone alcuna informazione di garanzia - si è presentato ed ha spontaneamente ammesso una truffa ai danni dello Stato, di cui gli assegni in compartecipazione con l'associazione camorristica costituivano prova, per il valore di 5 miliardi. Ciò sta a significare che il direttore di banca non ci ha consegnato gli assegni ma ha avvisato l'imprenditore in questione il quale, senza informazione di garanzia e senza alcuna notizia del fatto che fosse indagato, ha confessato una falsa fatturazione di 5 miliardi. PRESIDENTE. Si tratta di banche nazionali o banche locali? ARMANDO DALTERIO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Banche locali. Sarebbe quindi necessario uno strumento che consentisse di sanzionare penalmente questi comportamenti. Ho incriminato i sei direttori di banca per favoreggiamento, anche se non so con quali prospettive di successo in sede giudiziaria (in sede investigativa il fenomeno non poteva passare sotto silenzio). MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Vorrei aggiungere alcune considerazioni a proposito della microcriminalità. Innanzitutto occorre far riferimento anche a un dato culturale: credo che in terre di economia disastrata, non parlo solo di Napoli ma dell'intero Mezzogiorno, vi sia un fenomeno di tolleranza verso l'economia illegale. Questo fenomeno è evidente e riguarda addirittura gli stessi appartenenti alle forze dell'ordine, come tutti sappiamo. Dobbiamo allora anche chiederci dove passi il confine tra un'attività puramente e semplicemente illegale e una attività che definirei microcriminale. Il contrabbando di tabacco è ovviamente un'attività microcriminale, però viene trattata come se fosse una semplice attività illegale; l'abusivismo edilizio è un'attività microcriminale, a volte anche macrocriminale, ma viene anch'essa trattata come se fosse semplicemente un'attività illegale. A mio avviso occorre considerare che questa economia illegale comunque risponde a un bisogno della gente (sappiamo tutti quali ne siano le ragioni); riesce allora veramente difficile far cambiare direzione a comportamenti di tolleranza che secondo me trovano fondamento in questo atteggiamento diffuso anche nelle stesse forze dell'ordine. Vi è un ultimo aspetto che vorrei sottolineare. Se siamo partiti dal presupposto che in un determinato territorio, controllato da una associazione criminosa, tutte le attività in qualche maniera sono controllate, è ovvio che anche l'attività microcriminale o semplicemente illegale è controllata. Pertanto non si possono adottare due pesi e due misure nei confronti della microcriminalità perché questa non è mai un'attività che si svolge separata dal controllo di chi su quel territorio esercita il suo predominio macrocriminale. L'onorevole Biscardi ha chiesto se la camorra sia o meno un fenomeno ancora frammentario ed ha fatto riferimento al concetto di federazione. Più che di federazione fino ad oggi parlerei di alleanze tra i vari clan che si rovesciano e si modificano con grande rapidità, dando ovviamente luogo a conflitti anche imprevedibili e molto sanguinosi e rendendo quanto mai difficili le indagini. E' vero tuttavia, come hanno già accennato i colleghi, che è in atto un fenomeno di aggregazione intorno ad un unico polo predominante, ma mi sembra che questo sia un fenomeno abbastanza recente. Pag. 1977 Credo pertanto che permanga il carattere della frammentarietà. Ritengo in questo modo di aver risposto in parte anche ad una domanda, posta tra il retorico e il provocatorio, dall'onorevole Ferrauto che ha affermato che la camorra non è poi un fenomeno così grave come la mafia, visto che persino i vigili urbani si associano alla camorra. Non so come debba essere valutata la gravità di un fenomeno del genere, però quando un fenomeno provoca in un anno centinaia di morti, secondo me è gravissimo. Se anche vigili urbani, come di fatto succede, sono associati alla camorra, vuol dire che questa organizzazione ha una capacità di penetrazione e di ramificazione anche nelle istituzioni che sono più a contatto con la gente che credo dovrebbe farci rizzare le antenne. Sono state poi poste alcune domande chiaramente retoriche; in particolare è stato chiesto se i ritardi nelle indagini sono dovuti a carenza di mezzi - la risposta è ovvia - e se sia vero che la camorra stia acquistando imprese nel nord. Mi risulta direttamente che ciò sia verissimo in Piemonte e in Emilia. A proposito delle infiltrazioni nelle istituzioni, più di un collaboratore di giustizia ha fatto riferimento a funzionari delle strutture giudiziarie (tribunali, procure) che passano notizie, informazioni, fotocopiano atti e così via. Per quanto mi risulta direttamente, purtroppo, non è mai stato possibile identificare queste persone perché i collaboratori non hanno saputo o voluto dare indicazioni sufficienti per arrivare alla loro identificazione. Il senatore Ranieri ha parlato di strutture (credo si riferisse a quelle edilizie) abbandonate nelle periferie, che si vanno sempre più degradando. Consentitemi a questo punto di fare una battuta: abbiamo un esempio veramente scandaloso a Napoli, quello del nuovo palazzo di giustizia che non so da quanti anni sta lì, da molti credo... PRESIDENTE. Quello autoincendiatosi? MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, però si è incendiata una torre, poi ce ne sono altre due e c'è un corpo orizzontale che è ancora lì. Non ho mai visto l'edificio all'interno ma credo si stia deteriorando per incuria. Qualcosa bisognerebbe pur fare ma prima ancora vorremmo capire quale sia il soggetto che deve agire in tale direzione. Vorrei infine approfittare di questa audizione per segnalare che a Napoli da due mesi non si celebrano dibattimenti e questo è un fatto gravissimo. PRESIDENTE. Perché accade? MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Perché vi è l'astensione degli avvocati i quali protestano, secondo me a ragione, perché non è assicurata la stenotipia che, come tutti sappiamo, è prevista dal codice e per la quale sembra (ma anche in questo caso la carenza di informazioni precise non ci consente di avere un'opinione altrettanto precisa) che il Ministero abbia stanziato una cifra insufficiente e che i responsabili in sede locale abbiano ritenuto fosse riferita ad un anno mentre altri ritengono sia per un trimestre. Vi è, insomma, una situazione di incertezza la cui conseguenza è la paralisi. Pare che alla fine sia stato firmato un contratto, contenente però clausole talmente restrittive da rendere in pratica ancora non attuabile l'uso della stenotipia. Si è detto che essa dovrebbe essere usata soltanto nei casi di comprovata eccezionalità su richiesta del difensore (non si sa perché non anche del pubblico ministero e non anche su iniziativa del giudice) con preavviso di un mese alla ditta che deve garantire il servizio. Inoltre - lo sottolineo - non è stata neppure prevista una norma transitoria, il che significa che da oggi, data di firma del contratto, fino a trenta giorni non si può celebrare alcun processo perché la ditta non avrebbe il mese di preavviso. Pag. 1978 PRESIDENTE. Poiché una delegazione della Commissione si recherà a Torino ed Aosta per verificare alcuni insediamenti di carattere mafioso e lei, dottor Fumo, ha parlato di investimenti in Piemonte, le è possibile fornire qualche elemento in più sull'area? MAURIZIO FUMO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. No, mi dispiace. LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Vorrei fare un brevissimo flash rispondendo alla domanda posta dal senatore Ranieri relativa al riciclaggio, di cui si è molto parlato. Chiedo che la prossima audizione che si terrà a Napoli affronti in maniera molto seria questo problema perché in materia di normativa antiriciclaggio, di cui tutti ci riempiamo la bocca, credo non abbia dato risultati concreti. Mi riferisco in particolare all'articolo 648-ter del codice penale. Dopo un iniziale successo abbiamo discusso, in senso buono, del ricorso all'articolo 12-quinquies della legge n. 356 del 1992, perché portava ai risultati, cui si riferiva il collega Fumo, dei sequestri di cavalli da corsa gestiti da un ufficio di pubblico ministero che è impensabile possa gestirli, perché sappiamo in quale condizioni lavoriamo. PRESIDENTE. Poiché in altre aree (per esempio Palermo) invece vi è un intenso uso dell'articolo 12-quinquies, come si regolano lì? LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Forse in altre sedi o in altre città si sequestrano solo appartamenti, noi invece sequestriamo parecchie società, quindi preferiamo - e su questo siamo in grande sintonia - ricorrere alle misure di prevenzione. Potremmo però in una prossima occasione discutere anche sulla necessità di riconsiderare il sequestro previsto dall'articolo 416-bis, che poi è stato tolto; tutto è passato in sede di prevenzione, per poi ritornare con l'articolo 12-quinquies che non ho capito a chi poi doveva far piacere, e i cui risultati... PRESIDENTE. Invertendo l'onere della prova, doveva far piacere a voi... PAOLO CABRAS. Con tutto il rispetto, nella magistratura vi è una sorta di resistenza culturale, di cui abbiamo discusso altre volte... LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Ci facciamo carico di queste resistenze, ci facciamo cioè carico di provare anche in sede processuale... PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Era una prova di resistenza con la Corte costituzionale. LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Al contrario. PRESIDENTE. Ma la questione non è già stata affrontata e respinta? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Non nella forma principale... LUIGI GAY, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' stato affrontato poi il discorso del degrado ambientale. Ebbene, nel 1989 fu fatta un'indagine su tutta la zona di Licola: chiedo al senatore Ranieri di andare a verificare cosa accada in quella zona, dove si è scoperto una situazione di illegalità paurosa. Parliamo di una delle zone delle quali sappiamo meno. Si tratta di terreni dell'associazione ex combattenti, stranamente finiti in mano a determinate persone che se ne sono impadronite: centinaia di migliaia di metri quadrati di terreno adibiti a campeggi, a spiagge abusive ed a ristoranti, anch'essi costruiti abusivamente. Pag. 1979 Noi ci facciamo carico di queste situazioni: mi pare tuttavia che a livello regionale si sia fatto ben poco per rimediare ad una situazione incredibile. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Cercherò di rispondere alle domande che non sono state trattate dai colleghi e mi scuso, anche in considerazione dell'ora tarda, se sarò ancor più frammentario di quanto sia stato nel mio primo intervento. Il senatore Boso non è presente in questo momento; credo tuttavia che parlare di "amarezza dei magistrati che esplode soltanto ora" sia stata evidentemente una provocazione. Credo che al riguardo il nostro pensiero sia già stato chiarito dal collega Greco. Noi riteniamo che non solo la magistratura ma anche alcune forze di polizia abbiano subìto pesantissimi condizionamenti. Quanto a stabilire se tali condizionamenti siano stati volontari o preordinati, ciò rientra in una valutazione che è soprattutto di ordine politico in riferimento alla quale, almeno fino a questo momento ed in considerazione dello stato delle indagini, non abbiamo elementi e capacità, sul piano giudiziario, per esprimerci. Sta di fatto che da anni sono state elevate sollecitazioni e proteste, sono state scritte lettere e documenti (negli anni scorsi abbiamo ricevuto presso la procura di Napoli la visita della Commissione antimafia ed abbiamo condotto insieme studi ed approfondimenti sulle possibili soluzioni) ma nessuna - dico nessuna - delle possibili soluzioni individuate è stata portata avanti. Oltre che provare vergogna (come diceva il collega Greco), siamo anche un po' stanchi di stracciarci le vesti. Per quanto riguarda il tema delle fonti della forza finanziaria, posto dai senatori Ranieri e Biscardi e dall'onorevole Taradash, credo che la fonte sia sostanzialmente una: il controllo di qualsiasi attività, lecita od illecita, che si svolge sul territorio. Le attività possono essere di tipo commerciale (apertura di nuovi centri commerciali e di negozi) o possono consistere nella realizzazione, abusiva o lecita, di immobili, in concessioni, gioco del lotto, usura. Le attività, insomma, sono le più varie. Sta di fatto che esse scontano necessariamente l'intervento pulsante dell'organizzazione che controlla il territorio: è in questo modo che avviene il controllo del territorio e si realizza il profitto. Uno studio condotto da Pino Arlacchi sostiene che il 50 per cento dei proventi conseguiti dalle organizzazioni camorristiche deriva da attività lecite: credo che questo sia possibile. Uno studio del CESPE quantificava in 5 mila miliardi annui il reddito di Carmine Alfieri e della sua organizzazione: non so se tale quantificazione sia esatta anche perché da questo punto di vista siamo un po' miopi, riusciamo a guardare vicino ma ci è più difficile guardare lontano (del resto, si tratta probabilmente di un compito che spetta ad altri). Tuttavia, facendo alcuni conti sulla base di queste grandi approssimazioni, è facile intuire quale sia la dimensione del fenomeno, da dove provenga e chi paghi questo denaro. Quando si dice che l'organizzazione camorristica è in sostanza sotto il controllo di Cosa nostra, credo si faccia una affermazione sbagliata sia dal punto di vista della ricostruzione logica del fenomeno (che è caratterizzato da un'assoluta autonomia ed originalità di intervento nell'individuazione di alcune forme di grossa pressione nei confronti dei momenti istituzionali e, in particolare, di alcuni partiti politici) sia in considerazione dei fatti. Voi avete ascoltato Mutolo. Quest'ultimo, dopo aver a lungo parlato del collegamento tra Cosa nostra e la camorra degli anni ottanta, quando si è trattato di affrontare il tema della camorra attuale si è fermato, ha chiesto tempo ed ha affermato che l'organizzazione campana (in questo momento, in particolare, quella di Alfieri e di Licciardi) ha la forza e la potenza economica e di fuoco che Cosa nostra aveva nei primi anni ottanta e trae i suoi maggiori arricchimenti (quelli che Cosa nostra traeva dal traffico dell'eroina) dagli appalti Pag. 1980 e dalle infiltrazioni nel potere politico locale. Credo che tale risposta ci fornisca la chiave di lettura per comprendere cosa sia la camorra. Ho voluto citare solo quest'esempio perché voi avete ascoltato Mutolo e perché ritengo che, anche data l'ora, il riferimento a questa persona possa consentirmi di esprimere il concetto in modo più sintetico. Sta di fatto che questa è la chiave di lettura in base alla quale oggi deve essere affrontato il problema della camorra. Quanto alle forze dell'ordine e all'attività di contrasto, si tratta di un tema che richiederebbe un discorso a parte, molto approfondito. E' importante la specializzazione delle forze dell'ordine con riguardo sia al contrasto da opporre alle forme che la criminalità organizzata sta attualmente assumendo sia al fenomeno del controllo vasto e quantitativo del territorio che comporta una moltiplicazione dei soggetti che dovrebbero intervenire. Credo che vadano individuati - come hanno già detto i senatori Biscardi e Ranieri - strumenti nuovi di indagine. Da questo punto di vista (si tratta di un "pallino" che ho da molti anni), credo che vi sia una serie di forze altamente qualificate all'interno delle strutture statali che oggi è sacrificata e che invece potrebbe essere di validissimo aiuto per le indagini. Penso a professionalità che operano all'interno dei ministeri per il Mezzogiorno, dell'agricoltura, del bilancio, dell'industria e, ovviamente, soprattutto del Ministero del tesoro, senza parlare della Banca d'Italia per la quale dovrebbero essere formulate valutazioni a parte. E' stato fatto riferimento al dibattito sulla legge antiriciclaggio: in quell'occasione vi è stata una forte opposizione da parte della Banca d'Italia alla centralizzazione ed alla acquisibilità dei dati, opposizione che ha portato a svuotare la capacità di indagine sui movimenti finanziari e sulla loro leggibilità come dato di sintesi. PRESIDENTE. Mi scusi, se la interrompo: in realtà, era il tesoro che si opponeva, non la Banca d'Italia. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. A noi risultava che vi fosse sostanzialmente un intervento degli istituti più forti di cui si è fatto interprete la Banca d'Italia. Se il presidente mi dice che non è così... PRESIDENTE. Lo dico in base ai lavori parlamentari. Penso, per esempio, a quello strano centro nazionale presso l'ufficio italiano cambi: mentre il ministro Scotti insisteva perché ci fosse, il ministro Carli si opponeva. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Probabilmente, identificavo l'opinione del ministro Carli con quella della Banca d'Italia. PRESIDENTE. Ma Ciampi era d'accordo. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Ciò che volevo dire è che questi strumenti nuovi vanno attivati. Noi, per esempio, abbiamo scarsissima disponibilità di consulenti in attività di indagine, che pure queste strutture potrebbero offrirci e che non troviamo invece disponibili sul territorio. Infatti, collaborare con noi significa per un professionista espungersi dal mercato ed emarginarsi automaticamente dalla propria attività professionale. Collaborando con noi, il professionista diventa inaffidabile e perde la propria clientela in modo verticale: diventa sostanzialmente un collaborante, un soggetto che passa dall'altra parte della barricata... PRESIDENTE. Senza peraltro ricevere alcuna contropartita! PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, con scarsissime contropartite, salvo a considerare le minacce, le blindature, le famiglie che vivono in condizioni disastrate. Pag. 1981 Quanto alle domande poste dal senatore Cabras, vorrei far presente che le misure di prevenzione che hanno colpito Galasso possono essere riferite a due procedimenti. Una prima volta il sequestro riguardò tutte le attività di Galasso conosciute nel napoletano. Al termine del procedimento di prevenzione (credo che fosse il 1987), il tribunale dispose la restituzione dei beni ma sottopose Galasso alle misure personali. Successivamente, la corte d'appello confermò tale dato e credo che anche su questo vi siano indagini in corso da parte della procura distrettuale di Salerno. La Corte di cassazione ha poi annullato la sentenza, per cui attualmente, a due anni di distanza da quella fase... Il senatore Cabras ricorderà che vi è stato un approfondimento sui tempi della corte d'appello in ordine alle misure di prevenzione ed anche su questo punto vi è un'indagine della procura distrettuale di Salerno. E' intervenuta inoltre un'ulteriore misura di prevenzione che ha riproposto il sequestro dei beni a carico del Galasso con riferimento a tutto quello che non aveva costituito oggetto del primo sequestro, misura attualmente in fase di discussione. Ovviamente, si porrà il problema dell'attualità della pericolosità del Galasso rispetto a questa situazione: poiché la patrimoniale è legata alla personale, ove cadesse la pericolosità non potremmo arrivare alla confisca dei beni. Per quanto riguarda il caso Cirillo, vorrei premettere che il gruppo di colleghi che si sta occupando della relativa indagine non ha assolutamente inteso "riaprire il caso", come pure qualcuno ha voluto affermare. Noi stiamo affrontando un diverso scenario, cioè quello di un'organizzazione camorristica (l'organizzazione di Carmine Alfieri, non quella di Raffaele Cutolo) che, attraverso l'omicidio di Vincenzo Casillo, recupera l'alleanza di settori delle imprese e della politica che precedentemente erano legati a Raffaele Cutolo. Ricordo che l'omicidio Casillo è avvenuto nel 1982 (Commenti del senatore Cabras). Mi scusi, ma noi dobbiamo ricordare un processo importante che Raffaele Cutolo e la sua organizzazione, insieme a Pazienza, hanno subìto ad Avellino. Mi dispiace che non sia presente il senatore Boso: il processo riguardava la Volani di Rovereto e, più specificamente, cointeressenza dell'organizzazione cutoliana con imprese impegnate nella ricostruzione per la fornitura di prefabbricati leggeri. Pertanto, non dobbiamo sottovalutare l'importanza di Raffaele Cutolo la cui organizzazione, nel 1981, era al suo più alto livello di potere, tanto che a quell'epoca Carmine Alfieri non era in grado di effettuare una sola estorsione nel nolano! Con lo scontro frontale con tutte le organizzazioni anticutoliane, Cutolo comincia a perdere colpi. Questo scontro trova il suo momento più alto - possiamo dire il suo momento conclusivo - nel 1982, con l'omicidio Casillo. Da quel momento in poi - mi riferisco al periodo dicembre 1982-gennaio 1983 - Cutolo perde sostanzialmente il proprio potere. PRESIDENTE. A quando risale il sequestro Cirillo? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' durato dall'aprile al giugno del 1981. Con l'omicidio Casillo, Carmine Alfieri acquista la leadership dell'organizzazione camorristica campana e l'alleanza di quei pezzi dell'imprenditoria e del potere locale, istituzionale e politico, dapprima legati a Cutolo. In tale scenario un ruolo a parte è svolto da Nuvoletta, il quale opera una forma di mediazione (o, a seconda dei punti di vista, di ipocrisia) perché ha un referente in Cosa nostra ed un altro nei medesimi gruppi imprenditoriali e politici collegati a Cutolo, tanto che per questa ragione non si scontra con Cutolo nonostante Cosa nostra gli chieda di farlo. Questo è lo scenario di massima che ho tracciato, per dire che il caso Cirillo lo stiamo solo sfiorando in questo senso. Quanto alla questione dei servizi, si tratta di un argomento che potrebbe essere affrontato in modo particolare dal collega Alemi, che sicuramente avrebbe molte cose da dire al riguardo. Pag. 1982 Per quanto riguarda Poggiomarino e lo sviluppo dell'istituto Settembrini, oggetto di nostre indagini molto attente (è stato proposto di sottoporre Boccia a misure di prevenzione)... PRESIDENTE. Chi è Boccia? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Si tratta di Boccia Raffaele Rosario, il proprietario del Settembrini. PRESIDENTE. E' una scuola privata? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. E' una scuola privata colossale con ramificazioni in tutta Italia che si è diffusa enormemente in concomitanza con alcuni sequestri di persona che avvenivano in Calabria e con grossi investimenti che ivi faceva, secondo l'ipotesi formulata in sede di proposta di applicazione di misure di prevenzione, proprio Pasquale Galasso. PAOLO CABRAS. La misura di prevenzione non fu concessa? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. No, non fu concessa; è stata rigettata. Su questa non c'è l'indagine della procura di Salerno ... PRESIDENTE. Abbiamo fornito materia! PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Circa il problema di D'Alessandro a Spoleto, lo abbiamo posto in questi termini nella richiesta di autorizzazione a procedere perché gli atti relativi a quella decisione sono giunti alla nostra attenzione soltanto pochi giorni prima della richiesta di autorizzazione. Naturalmente stiamo indagando; nel caso in cui sorgessero situazioni oscure di collusione, trasmetteremo gli atti alla procura di Salerno. Mi premeva sottolineare un problema riguardante le misure di prevenzione. Sappiamo da sempre che l'aver sottoposto a misura di prevenzione una ditta non significa assolutamente averne bloccato la capacità camorristica. Nel 1988, con l'arresto di Romano e Agizza (ero io giudice istruttore e allora vigeva l'articolo 24 della legge Rognoni-La Torre che consentiva al giudice istruttore in costanza di processo penale di procedere al sequestro dei beni), sottoposi a sequestro tutte le attività ricostruite immobiliari, mobiliari ed imprenditoriali del gruppo, fra le quali anche ditte di pulizia oltre quelle del calcestruzzo. Il problema che si pose e che non trovava una soluzione nella normativa era il seguente: bisognava bloccare la ditta o farla funzionare? Se bloccarla significava perdere completamente l'occupazione e contrapporre l'apparato repressivo dello Stato ad un interesse altrettanto forte, quale quello della conservazione del posto di lavoro di circa 2.500 dipendenti, dall'altra parte c'era la necessità di cercare di salvaguardare il mercato dalle infiltrazioni camorristiche tipiche di queste aziende. Come imponeva la legge, fu trovata la soluzione della sostituzione del rappresentante imprenditoriale ma in sostanza da parte dell'azienda non è stato mai espulso il proprio apparato direttivo perché non era possibile: i dirigenti, spesso familiari, conviventi o comunque persone di fiducia dell'imprenditore, non potevano essere licenziati. Questo significava che sul mercato la ditta continuava ad agire sostanzialmente con le stesse dinamiche: per esempio, Romano, che voleva entrare con le sue forniture nella costruzione della terza corsia dell'autostrada Roma-Napoli, ci riuscì dopo una serie di attentati dinamitardi vicino Teano. A questo punto occorre operare una scelta: o chiudiamo queste Iditte ovvero dobbiamo riconoscere che non siamo in grado di bloccarne la valenza camorristica e le dinamiche camorristiche all'interno Pag. 1983 del mercato. E' questa una scelta che a mio parere deve compiere il legislatore. PAOLO CABRAS. Concorrono anche ad appalti pubblici? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Certo, ma possono farlo, perché gli amministratori sono commercialisti o avvocati nominati dal tribunale. Perché non potrebbero concorrervi? Se non lo permettiamo, di fatto dobbiamo chiudere le ditte, ma in tal caso dobbiamo dirlo chiaramente. E' una scelta difficile, in cui il magistrato non dovrebbe essere lasciato solo perché sono coinvolte responsabilità che il magistrato non può assumere individualmente. PAOLO CABRAS. Quando le aziende escono dal mercato, Agizza e Romano, che non sono dei benefattori, le cedono. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Certo, addirittura le ditte chiudono! PAOLO CABRAS. Non è possibile pensare che una ditta come Agizza concorra agli appalti al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Allora bisogna chiuderla! PAOLO CABRAS. Poi ci stracciamo le vesti se c'è il subappalto! PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sono d'accordo con lei ma l'unico modo per bloccarla è farla chiudere! Allora diciamo che la ditta sequestrata smette di funzionare; però lo deve dire il legislatore perché quando mi impone di sostituire l'imprenditore con un amministratore straordinario nominato dal tribunale o, prima, dal giudice istruttore, sembra che affermi una cosa diversa. Penso che la scelta debba essere diversa. Se il legislatore mi impone di chiudere una ditta, io lo faccio. PAOLO CABRAS. Quando è stato nominato l'amministratore? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sono stati nominati diversi amministratori; i primi due furono nominati da me nel 1988. MARIA VITTORIA DE SIMONE, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sono tuttora gli stessi, anche se oggi le società sono confiscate, c'è il giudizio d'appello ed essi continuano ad operare come amministratori. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Si tratta di un commercialista e un avvocato, persone che noi riteniamo di assoluta... l'avvocato Sandulli ed il dottor Pascucci. Circa la domanda del senatore Cappuzzo sui comuni emblematici, credo che quelli più emblematici, dal punto di vista della rappresentatività più forte del controllo di un territorio, non siano stati colpiti... PRESIDENTE. Quali sono? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Parlo di Castellammare di Stabia, Torre Annunziata, Nola, Pompei, Boscoreale, Boscotrecase, San Giorgio a Cremano, Portici, Ercolano, sono tutti comuni in cui ogni attività è controllata dall'organizzazione camorristica. PRESIDENTE. Mi sembra che vi sia una differenza sostanziale tra Cosa nostra e la camorra, nel senso che la prima, per quanto siamo riusciti a capire fino ad ora, non ha una presenza così capillare all'interno delle amministrazioni locali; certamente Pag. 1984 le condiziona ma non a questo livello. Invece, sembra che la camorra abbia un livello di presenza notevole, anche mediante le liste civiche, come qualcuno di voi ha spiegato. Secondo voi, perché quest'aspetto è connaturato alla struttura della camorra? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. La risposta è molto difficile e la troverà nella richiesta di autorizzazione a procedere. In particolare in quella richiesta sottendiamo l'ipotesi di un'identificazione della rete clientelare del grande politico e quindi della rappresentanza istituzionale, che fa capo a determinate correnti politiche all'interno di chi ha la rappresentanza o di correnti aventi il controllo totale o della stragrande maggioranza di quei comuni, con le organizzazioni mafiose. PRESIDENTE. Come si spiega l'assenza di omicidi particolarmente "vistosi" da parte della camorra a differenza di quanto è avvenuto per Cosa nostra? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. L'attivazione della politica degli omicidi da parte di Cosa nostra (non è il mio campo ma mi sono fatto delle convinzioni) è frutto di una scelta di una componente di Cosa nostra che su questo versante rompe con le altre. Questa scelta non è stata mai fatta dalle organizzazioni vincenti della camorra campana (di ciò le siamo grati!) ma forse è anche il segno di una mancata contraddizione interna al potere di comando dell'organizzazione camorristica e degli snodi tra questa e potere locale. PRESIDENTE. Possono sviluppare la loro capacità di influenza, probabilmente, in maniera... PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. In maniera più forte, più riconosciuta e più indiscussa perché forti e indiscussi sono le collusioni e i poteri di comando esercitati. PRESIDENTE. Forse anche perché sono composte da tanti gruppi, ciascuno dei quali ha nel proprio territorio una capacità di presenza e di potenza particolarmente radicata, a differenza di quanto accade con una struttura di tipo piramidale, che lascia scoperti ... PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Dobbiamo dire però che in Campania esiste una situazione di potere piramidale, che ha in Carmine Alfieri per la provincia, in Licciardi per la metropoli e in Bidognetti e Schiavone per Caserta i massimi vertici. PRESIDENTE. Non vi sono intese tra questi vertici? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sicuramente vi sono e molto forti; vi sono incontri periodici, spartizioni di alleanze; addirittura avvengono incontri e alleanze sul terreno degli affari anche fra gruppi in contrasto fra loro, come tra Nuvoletta e Alfieri. PRESIDENTE. Non c'è un'organizzazione stabile di incontri (una commissione, per capirci)? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Per quanto riguarda le singole zone sì. Esiste un nucleo di comando all'interno del gruppo Alfieri e così via, poi i vertici si incontrano tra loro. Per concludere, vorrei osservare che le illegittimità amministrative di cui parlava il senatore Cappuzzo sono quelle che hanno consentito, data la loro enorme diffusione, la penetrazione dell'organizzazione criminosa nelle amministrazioni pubbliche. Dov'è lo Stato? Credo che lo Stato ci sia e sia anche forte ma è uno Stato profondamente illegale nelle sue Pag. 1985 manifestazioni più significative. Se deve essere questo uno Stato che deve prendere più forza, direi che possiamo anche risparmiarcelo. PRESIDENTE. Cosa intende dire quando parla di uno Stato che ha manifestazioni illegali? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Penso alle articolazioni sul territorio, alle USL, agli istituti di credito. Per esempio, la politica degli istituti di credito è stata di formidabile sostegno nei confronti dell'impresa camorristica perché questa è un'impresa non a rischio dove i finanziamenti sono soltanto ... PRESIDENTE. Intende riferirsi al potere pubblico in maniera complessiva? PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Sì, sicuramente. Ritengo che la politica del credito in Campania sia uno degli elementi fondamentali per capire da dove le organizzazioni camorristiche, che si inseriscono nell'impresa, traggano la loro forza e soprattutto la loro "opacità" rispetto alle indagini. PRESIDENTE. Potete inviarci copia dei documenti pubblici la cui lettura risulti utile alla Commissione? ERMANNO ADDESSO, Procuratore della Repubblica di Salerno. Tali documenti sono già allegati alla relazione che ho consegnato. PAOLO MANCUSO, Sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Nel prossimo incontro potremo disporre di un prospetto riguardante gli argomenti che interessano la Commissione? PRESIDENTE. Potremo concordarlo in sede di ufficio di presidenza. A nome della Commissione vi ringrazio ancora: credo che questo sia stato l'incontro più utile tra quelli avuti finora con le direzioni distrettuali antimafia. Per quanto riguarda il secondo punto all'ordine del giorno, relativo all'elezione di un vicepresidente, considerata l'assenza del numero legale, è rinviato ad altra seduta. La seduta termina alle 21,50. |
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