Violante: seduta 49
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Pagina 2139 AUDIZIONE DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, PROFESSOR GIOVANNI CONSO PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS indice Pagina 2140 Audizione del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso: Violante Luciano, Presidente 2141 2144 2149, 2150, 2151, 2152, 2154, 2155 2156, 2158 2159, 2160, 2161, 2163, 2164 2165, 2167, 2168 2169, 2170, 2171, 2175 Cabras Paolo, Presidente 2169, 2171 Brutti Massimo 2163, 2169,2170, 2175 Borghezio Mario 2162 Conso Giovanni, Ministro di grazia e giustizia 2141 2144, 2149, 2150, 2158, 2161, 2165, 2166 2167 2168, 2169, 2170, 2171, 2175 Frasca Salvatore 2158, 2159 2160 2161, 2166, 2167, 2171 Galasso Alfredo 2151, 2152, 2156 2158, 2165 Imposimato Ferdinando 2152 Matteoli Altero 2152 Robol Alberto 2171 Tripodi Girolamo 2153, 2154, 2155, 2156 2169, 2175 Sostituzione di un membro della Commissione: Violante Luciano, Presidente 2141 Pagina 2140 Pagina 2141 La seduta comincia alle 16,10. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sostituzione di un membro della Commissione. PRESIDENTE. Comunico che in data 2 luglio 1993 il Presidente del Senato ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle associazioni criminali similari il senatore Walter Montini, in sostituzione del senatore Giorgio Postal, dimissionario. Formulo i miei auguri al senatore Montini e lo ringrazio della sua presenza. Audizione del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del ministro di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso. Ringrazio innanzitutto il ministro, al quale ho fatto pervenire una lettera nella quale segnalavo la particolare attenzione che la Commissione pone sul problema della celebrazione dei dibattimenti nei processi per mafia, che sono iniziati e che bisogna pur celebrare. Vi è poi una serie di questioni che abbiamo già affrontato sia nell'incontro con le direzioni distrettuali antimafia sia nella precedente audizione dello stesso ministro e che oggi vorremmo veder definire in modo conclusivo, per poi avviare gli itinera parlamentari necessari. Do la parola al ministro Conso. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Ringrazio il presidente ed i commissari. Ho ricevuto una lettera, molto incisiva, del 25 giugno 1993, seguita da una nota molto articolata che consta di 22 punti. Poiché questi 22 punti sono molto copiosi, una risposta adeguata a ciascuno di essi richiederebbe una meditazione ed un tempo forse esorbitanti. Pertanto, su invito del presidente, mi atterrei essenzialmente agli argomenti indicati nella lettera, che sono alcuni di quelli contenuti nella nota più ampia. Magari, se resterà del tempo, su alcuni punti diversi da quelli della lettera ma compresi nella nota potrei dire qualcosa di specifico successivamente. Mi pare che il tema principale - sia nella lettera, sia nella nota, sia nell'introduzione del presidente - sia quello del dibattimento nei processi per criminalità organizzata, più precisamente l'organo dibattimentale in questi processi, che rappresentano indubbiamente il cuore di tutte le analisi, di tutte le discussioni. Mi pare che questo tema si possa anche intitolare in altra maniera - magari più aulica ma, comunque, altrettanto incisiva - più tecnico-giuridica: l'istituzione dei tribunali distrettuali. Questo è il punto n. 1 della nota ed anche della lettera a me indirizzata dal presidente il 25 giugno scorso. Questo tema è ormai da tempo all'attenzione di tutti gli operatori, di tutti gli studiosi e quindi anche del Ministero. E' un tema su cui era imperniata anche la relazione del senatore Brutti (che colgo l'occasione per salutare), che ho avuto occasione di ascoltare quando ebbi la ventura di venire per la prima volta, accolto con tanta attenzione e simpatia, in questa Commissione, tant'è che nell'audizione che si svolse subito dopo Pagina 2142 dinanzi a questa onorevole Commissione mi soffermai su questo punto data la sua centralità. Dissi allora che, come la relazione Brutti era favorevole all'idea dell'istituzione di questi tribunali distrettuali, così anche io personalmente ritenevo di aderire a quell'indicazione. Ho avuto poi modo, sempre in sede ufficiale, di ritornare su questo argomento nell'esporre le linee programmatiche dell'attuale Governo alla Commissione giustizia del Senato: in quell'occasione, diedi egualmente una versione favorevole a tale istituzione. Però, in quel momento espressi qualche perplessità, non sulla sostanza ma su talune precisazioni soprattutto di carattere cronologico-temporale, di diritto transitorio, si potrebbe dire più puntualmente. Ritengo vieppiù oggi di dover ribadire che l'istituzione del tribunale distrettuale risponde effettivamente - riprendo un passaggio di allora - ad esigenze di coordinamento (quel coordinamento che è un po' alla base delle ultime norme sui rapporti tra i vari uffici del pubblico ministero e in particolare a questo livello più alto), di specializzazione professionale dei magistrati addetti e direi anche - non vorrei dire soprattutto ma sicuramente molto - di concentrazione di mezzi e di supporti tecnici. Ebbene, queste esigenze di coordinamento, di specializzazione professionale, di concentrazione di mezzi e supporti tecnici - insisto su questo punto - si pongono certamente anzitutto per gli uffici del pubblico ministero ma in fondo, a ben guardare, anche nei momenti successivi, nel momento che porta poi alla formazione ed alla valutazione della prova in sede dibattimentale. Siccome l'idea guida del nuovo processo è proprio quella della centralità del dibattimento, ecco che dopo l'istituzione della procura distrettuale diventa in un certo senso logicamente necessaria, consequenziale, una disciplina della competenza per materia e per territorio in relazione a questi delitti che sia, a livello di giudizio, conseguente e conferente nella stessa linea. E' anche, in fondo, un'esigenza di razionalizzazione: del resto, per il GIP si provvide immediatamente nel senso di uno spostamento a livello distrettuale. Ebbene, mi pare che la logica porti a dire che questa decisione si imponga altrettanto congruamente per quanto concerne, appunto, il giudizio, il giudice del dibattimento, il tribunale: appunto, il tribunale distrettuale. Questa disciplina - che sarebbe poi in deroga alle norme generali sulla competenza ma quasi consequenziale a quella già attuata per il pubblico ministero e per il GIP - potrà dare ai dibattimenti sui processi per reati di mafia una maggior consequenzialità, una maggior organicità, evitando che i magistrati addetti alle procure distrettuali debbano recarsi in trasferta a sostenere l'accusa presso i vari tribunali del distretto, con perdita di tempo e costi aggiuntivi. Questo è un argomento che indubbiamente si è aggiunto nel dibattito che si è allargato anche a livello di opinione pubblica, con interviste riportate con giusto risalto da molti quotidiani. Può sembrare un argomento marginale ma a mio avviso marginale assolutamente non è, perché tutto ciò che comporta riduzione di costi e guadagno di tempo, in un momento sempre più arduo dal punto di vista dell'impegno e dei costi, è molto importante. Ma qui non si tratta solo di risolvere il problema dovuto alla necessità di impiegare più tempo per spostarsi sul territorio ed alle conseguenti maggiori spese. Mi pare che venga alla ribalta in modo forte anche il problema della tutela, della sicurezza, che in una tipologia di processi come quelli per reati di mafia assume una tonalità, un'importanza primaria. Non vi è dubbio che doversi spostare dalla sede del tribunale distrettuale al tribunale ordinario non comporta solo tempi e costi aggiuntivi di trasporto ma crea anche nuovi problemi, nuovi aspetti, nuove esigenze di tutela, non solo per il magistrato che si deve spostare e per chi lo accompagna, ma anche per quanto riguarda la sede di svolgimento del dibattimento. Oggi si parla molto di aula-bunker (non solo nel caso di Palermo, Pagina 2143 di Caltanissetta e di altre situazioni particolari): è chiaro che un'esigenza di questo genere, con il profilarsi di numerosi dibattimenti, potrebbe portare alla necessità di curare questo aspetto sempre più intensamente a tutto campo magari per ogni tribunale anche non distrettuale dove questi dibattimenti dovrebbero aver luogo. Non consentendo il loro svolgimento in quelle sedi - non diciamo periferiche, perché sarebbero quelle fissate in partenza dal codice, ma staccate dal distretto - emergerebbe l'esigenza di costruzione di aule-bunker, quindi altri costi, non solo quelli del trasporto, ma quelli ben maggiori che comporta tutta l'organizzazione di dibattimenti di questo genere, soprattutto nel caso in cui gli imputati fossero molto numerosi: si creerebbero difficoltà notevolissime, forse non facilmente risolvibili in tempi brevi. Mi pare che questa istituzione, questo spostamento anche dell'ufficio giudicante, possa anche consentire di decongestionare gli uffici non distrettuali. Sapete bene che questi ultimi dispongono di pochi giudici e che; si fa fatica a mantenere organici adeguati. Già è difficile avere organici adeguati nelle grandi sedi, dove però vengono compiuti i massimi sforzi, anche sacrificando le altre sedi. Allora, questi non molti giudici sono costretti ad operare su tutti i piani, non solo in quello penale ma anche nei processi civili, nella sezione agraria, nelle misure di prevenzione, nell'ufficio del GIP. Quindi, anche da questo lato, mi pare che si introduca un elemento di razionalizzazione. La soluzione dei tribunali distrettuali - della quale sono sempre più convinto - mi pare che risponda, anche da un punto di vista pratico, all'esigenza di evitare che i magistrati delle procure distrettuali siano costretti, per seguire i dibattimenti presso i tribunali ordinari, ad abbandonare le indagini che hanno in corso presso i propri uffici di procura. Se vogliamo, questo è un aspetto che si può collegare a quello della razionalizzazione, alla necessità di evitare perdite di tempo, perché evitare di perdere tempo significa anche guadagnare tempo, sfruttarlo meglio. Certo, quando si rimane nella sede del proprio ufficio, spostandosi dalla procura alla sede dibattimentale, è possibile svolgere un'attività doppia, che altrimenti in sedi distanti diventerebbe problematica e certe volte addirittura impossibile. Qualcuno obietta che a tali esigenze si potrebbe far fronte anche in altri modi, per esempio delegando allo svolgimento dell'udienza un magistrato della procura ordinaria oppure ricorrendo, nel corso dell'indagine, all'applicazione di un magistrato dell'ufficio ordinario, il quale si troverebbe così nella condizione di presentarsi preparato al dibattimento, avendo seguito ed accompagnato l'indagine. E' chiaro tuttavia che tale prospettiva comporterebbe, durante tutto il periodo delle indagini, un impiego - per così dire faticoso (e lontano dalla propria sede) del magistrato che si prepara ad essere pubblico ministero nell'udienza che si svolgerà dinanzi al suo tribunale. Si tratterebbe di un meccanismo molto macchinoso e costoso, che tra l'altro determinerebbe problemi di vigilanza oltre che di tutela con riferimento ai tragitti quotidiani da percorrere nell'ambito dello svolgimento di indagini che potrebbero durare anche mesi o addirittura anni, con ciò creando difficoltà certamente più rilevanti rispetto a quelle normalmente collegate al dibattimento (che, per quanto lungo, ha comunque una sua concentrazione temporale). Il ministero sta provvedendo - mi auguro lo faccia anche la Commissione - ad un monitoraggio, anche se probabilmente abbiamo cominciato ad effettuarlo con un leggero ritardo, tanto che non siamo in grado di fornire oggi stesso i risultati definitivi di questa ricognizione, che comunque terrà conto almeno dei procedimenti di criminalità organizzata quasi giunti alla loro definizione. L'auspicio è che il problema del dibattimento venga affrontato in tempi brevi sulla base di un utile quadro di conoscenze e di verifiche: certo, non credo che ciò sia indispensabile, ma indubbiamente ci fornirebbe un dato prezioso anche ai fini Pagina 2144 della valutazione delle innovazioni che si intendono introdurre. E' chiaro che se l'innovazione auspicata incontra una larga adesione (tanto che il Parlamento potrebbe accoglierla con convinzione), quanto prima si procedesse a realizzare la stessa, tanto meglio sarebbe. Fino ad oggi la meditazione è stata già abbastanza ampia ed il dibattito reiterato ha permesso di focalizzare, via via, i pro ed i contro. Ripeto: mi sembra che i pro siano numerosi e vincenti. Giunti a questo punto, credo sia bene accelerare la realizzazione del progetto, anche perché i processi proseguono e si avvicina la fase dei giudizi. In tale contesto sorge un problema di diritto transitorio che mi induce a nutrire qualche perplessità a considerare l'esigenza di uno scambio di idee nonché la necessità di procedere a qualche verifica ulteriore. Probabilmente si tratta di aspetti che verrebbero in discussione in un momento successivo, giacché prima si effettua la scelta di campo e successivamente si stabilisce in che modo puntualizzarla in modo migliore. Tuttavia, anche tali aspetti hanno il loro peso. Qual è, dunque, il momento determinante? Nelle ipotesi in cui vi sia già stato il rinvio a giudizio, l'ipotesi di modifica sarebbe discutibile per ragioni sia pratiche sia di ordine più generale. Al contrario, sarebbe opportuno attuarla per tutti quei procedimenti che non dico debbano ancora essere avviati, ma che siano giunti alla fase dell'udienza preliminare; rispetto a questi ultimi, infatti, non sono state ancora assunte decisioni né, tanto meno, è stato emanato un decreto con riferimento all'individuazione dell'udienza e del giudice del dibattimento. In questo caso, come è evidente, non si tratterebbe di modificare alcunché, anche perché modificare un qualcosa che è già stato individuato in base a norme ordinarie, o a disposizioni che si basano in definitiva sul principio del giudice precostituito per legge, rappresenterebbe una deroga che, anche se introdotta in via generale, impatterebbe sul caso di specie provocando uno sviamento. Ciò se non altro sotto il profilo organizzativo e lasciando sullo sfondo - nonostante non bisognerebbe farlo il problema di costituzionalità; ritengo che certamente vi sarebbero remore a tale riguardo. Le sentenze della Corte costituzionale emanate in materia - in particolare, la sentenza n. 72 del 1976 - ci consentono di ritenere che, quando l'innovazione legislativa è generale, essa possa valere purché non interferisca su situazioni già determinate. Anche da questo punto di vista, penso che si potrebbe con una certa tranquillità - almeno così credo, ma potrei anche sbagliare adottare questa soluzione per tutti i dibattimenti non ancora fissati dal GIP. In tale prospettiva, quello attuale potrebbe essere il momento determinante. Ritengo che, tutto sommato, i vantaggi che deriverebbero dall'innovazione sarebbero tali da indurre ad accelerare i tempi - se la convinzione è davvero forte -, in maniera tale che, una volta effettuata la scelta, la si possa rendere operante il più rapidamente possibile. Va infatti considerato che nel frattempo i procedimenti continuano ad affluire, per cui avere una strategia può essere importante anche sotto il profilo del faticoso adattamento degli organici dei vari uffici del dibattimento. Tutto questo in un momento nel quale, dopo aver puntato all'obiettivo - debbo dire difficile - di conciliare le esigenze che si stanno presentando con le ristrettezze di organico a livello di pubblico ministero o di GIP, adesso comincia ad emergere un'analoga esigenza a livello di giudizio di primo grado. Semmai, potremmo dire no... PRESIDENTE. Sì, ma che almeno si sappia! GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Sì, che si sappia, anche perché si tratta di un'innovazione che può condizionare il futuro degli organici. Vorrei ora ritornare brevemente sul capitolo della sicurezza. Si tratta di trasferire sul giudicante anche i problemi della sicurezza e, quindi, di sapere se dobbiamo concentrare a livello distrettuale Pagina 2145 oinvece anche basare a livello non distrettuale una scelta che comunque va fatta, qualunque essa sia. A mio avviso, i tempi sono maturi per dire un sì o, semmai, un no; trascinare i problemi dopo averne discusso a lungo non credo sia utile a farci avere le idee più chiare. Ad un certo momento, infatti, la dialettica si inceppa e si blocca perché sembra che vi siano ostacoli insuperabili, almeno nella valutazione di qualcuno. E' dunque opportuno procedere ad una verifica per concretizzare un sì o un no, anche perché, nell'ipotesi positiva, della questione dovrebbe occuparsi il Parlamento e sarebbe indispensabile utilizzare tutto il tempo tecnico e politico necessario. Il secondo argomento in ordine al quale la lettera del presidente Violante ha sollecitato, molto cortesemente, il mio intervento nell'audizione di oggi può essere sintetizzato nella seguente frase: piena funzionalità della procura nazionale antimafia. Si tratta di una problematica ricca di riflessi che potrebbe essere anche vista nell'ottica dei rapporti tra procure distrettuali e procura nazionale antimafia. Di questa tematica, del resto, si discute in maniera sempre più ampia. Debbo dire che il primo dei due temi che mi sono permesso di indicare dal mio punto di vista, riassumendo le questioni che mi erano state prospettate, mi pare quello più maturo, forse anche perché è più semplice e "rettilineo": ci basiamo su una certa concezione dello sviluppo processuale ed è ovvio che quando quest'ultimo sia armonioso esso ci porta, via via, lungo tappe che si trovano sullo stesso binario. Qui invece ci troviamo di fronte a piani diversi: vi sono interferenze complesse e non ben determinate dalle norme, anche perché la procura nazionale antimafia è un istituto completamente nuovo, almeno sotto il profilo della concezione. Anche le procure distrettuali sono un istituto nuovo: esse sono in numero di 26 (quindi, in numero plurimo) e raccolgono sfere territoriali più ampie a livello di distretto ma, tutto sommato, rappresentano un'innovazione positiva. Io darei delle procure distrettuali una valutazione ampiamente positiva. Si tratta di una novità ma non certo assoluta, potendo essere configurata come un'espansione del concetto di procure sul territorio. Al contrario, la procura distrettuale antimafia è un istituto senza precedenti o, meglio, se un precedente si volesse individuare, questo potrebbe essere identificato nella procura generale presso la Corte di cassazione. Abbiamo comunque constatato come il collegamento territoriale su tutto il piano nazionale abbia forse creato difficoltà iniziali, di partenza, di scelta di persone e di locali, in generale di rapporti a livello di procura nazionale antimafia e procura generale presso la Corte di cassazione. In questa sede, ci interessa affrontare la questione dei rapporti con le procure distrettuali, perché è proprio a tale riguardo che mi sembra sia sorta tutta una serie di problemi con riferimento all'applicazione del decreto-legge n. 367 del 1991; in particolare, vi sono stati problemi interpretativi determinati anche dall'assoluta novità della struttura, dei suoi moduli organizzativi, nonché da una certa qual fretta con la quale si è proceduto nel dar vita ad un decreto- legge che doveva seguire all'analogo provvedimento istitutivo della DIA. E' evidente che un programma portato avanti con decreto-legge è sempre - per così dire - un po' affannoso. E' vero che vi è stata la conversione puntuale del decreto con l'introduzione di modifiche, ma probabilmente non è stato possibile colmare certi vuoti, cosicché un'interpretazione difficoltosa ha finito per creare un terreno di notevole discussione. Penso che a tale proposito occorra avere un po' più di pazienza e che siano necessarie una meditazione ed una verifica ulteriori. Sarebbe molto importante eseguire un monitoraggio, nel senso di accertare le situazioni che fino ad oggi hanno caratterizzato i rapporti tra le varie procure distrettuali e la procura nazionale antimafia. E' pur vero che vi sono prese di posizione - certamente generali quando vengono dalla procura nazionale antimafia, ma mi riferisco anche a quelle assunte Pagina 2146 dalle procure distrettuali - o scelte comportamentali univoche; tuttavia, in alcuni casi vi sono gruppi di procure o di procuratori distrettuali i quali seguono una linea magari concorde ma non necessariamente generale, quindi con differenziazioni rispetto ad altri gruppi di procure distrettuali. A mio avviso - ripeto - è necessaria un'ulteriore e più paziente verifica, anche se debbo riconoscere - contrariamente a quanto osservavo qualche momento fa, quando ho sostenuto che un problema arrivato a maturazione è bene non venga trascinato troppo, sotto il profilo dell'attesa, della dialettica e della discussione che la questione non è ancora matura, per cui le difficoltà di rodaggio e le incertezze (che certo non sono tutte positive, anche perché possono in parte demotivare il personale addetto ai nuovi uffici, creare contrasti con altri uffici del pubblico ministero e magari bloccare le potenzialità delle strutture) vanno attentamente valutate per evitare che compromettano l'operatività dei servizi investigativi o addirittura creino problemi maggiori di quelli effettivamente riscontrabili, dando vita ad un apparato di polemiche che certamente non giovano e che sarebbe bene sciogliere. In definitiva, su questa materia non mi sento ancora in grado di fornire risposte nette. Su alcuni aspetti, probabilmente, potrebbe essere utile un intervento legislativo. Quando ci si trova di fronte a norme che si prestano ad interpretazioni contrastanti, nessuna delle quali ha una forza vincente, ciò potrebbe significare che è necessario un intervento di ritocco normativo; d'altra parte, mi rendo conto che, a forza di chiedere modifiche normative su ciascun argomento con il quale abbiamo a che fare, finiamo per riversare sul Parlamento una serie di impegni che anche in periodi di assoluta normalità - e quelli attuali non lo sono di certo - dovrebbero fare i conti con i tempi sicuramente non brevi che accompagnano ogni vicenda normativa che abbia bisogno di essere ponderata, tanto più quando si tratta di porre riparo ad incertezze iniziali o all'emersione di aspetti inediti collegati a problemi e situazioni del tutto nuovi. A nessuno può essere imputata una colpa per il fatto che nella fase di partenza vi siano state norme non tanto lineari; per migliorare la normativa, comunque, è necessario un impegno anche da parte del Parlamento, nonostante - ripeto - vada considerato il problema dello scarso tempo a disposizione. Conseguentemente, è auspicabile che nel frattempo si possano raggiungere intese maggiori attraverso discussioni e confronti svolti nell'ottica dell'interesse delle investigazioni, non tanto quindi in vista della maggiore importanza di questo o quell'ufficio, ma proprio per garantire l'operatività delle indagini, che è ciò di cui si avverte il bisogno. Si potrebbe allora passare dalla vaghezza di un platonico invito a qualcosa di più concreto, pensando eventualmente anche a interventi di carattere amministrativo, magari sotto forma di scambi di lettere tra gli uffici interessati o di qualche eventuale circolare del Consiglio superiore della magistratura, al fine di portare avanti questo dialogo in modo più fruttuoso. Credo che la Commissione parlamentare antimafia abbia, a tale proposito, grossi elementi di vantaggio rispetto ad altri osservatori, come può essere quello ministeriale, anche perché il procuratore nazionale antimafia (nel corso dell'audizione, alla quale è stato dato grande risalto, del 28 aprile 1993 e in altre occasioni di scambio di vedute) ha sottolineato quali siano le questioni interpretative che più "tormentano" la procura nazionale antimafia e che presentano una maggiore attualità. Emerge a questo punto il tema dell'accesso al collaborante; pur senza voler anticipare subito la tematica relativa ai collaboratori di giustizia, che affronterò in seguito, si tratta certamente di un aspetto che ho avuto modo di cogliere anche in altre occasioni in cui ho ascoltato le opinioni del procuratore nazionale antimafia. E' un tema molto importante nella dialettica e nel confronto tra questi uffici, anche perché il problema riveste un'importanza addirittura crescente con Pagina 2147 riferimento ad aspetti qualitativi e quantitativi; questi ultimi, in particolare, quando assumono una dimensione consistente, finiscono per incidere sugli stessi aspetti qualitativi. Non ci si deve allora stupire che nell'ottica di quella dialettica il procuratore nazionale antimafia possa insistere per una maggiore puntualizzazione, magari anche normativa, del problema dell'accesso al collaborante, avanzando proposte che mi pare abbiano suscitato notevoli perplessità e obiezioni, soprattutto da parte delle procure distrettuali, per una sorta di indicazione che andrebbe quasi nel senso di una prima gestione generale da parte della procura nazionale antimafia, anche se queste tematiche presentano numerose sfumature per cui nessuna affermazione può essere mai perentoria nell'ambito di un primo approccio alle tematiche stesse. Queste problematiche sono del resto numerose con riferimento alla procura nazionale antimafia: si pongono infatti le questioni relative al colloquio investigativo, alle operazioni sotto copertura, al soggiorno cautelare, alla circolazione di dati informativi e all'applicazione di magistrati, senza contare poi la regolamentazione dell'impiego dei servizi centralizzati di polizia. Si tratta di una serie di aspetti molto delicati che si prestano a letture estremamente complesse, articolate e anche opinabili per la parte riguardante il funzionamento della direzione nazionale antimafia. Ciò mi induce ad affermare che l'intera gamma di questi poteri del procuratore nazionale (quelli esplicitati, quelli impliciti o quelli eventualmente ipotizzabili) deve essere riesaminata e razionalizzata alla luce delle esperienze che si vanno maturando. Ritengo che al riguardo sia indispensabile il grande contributo che anche su questo tema la Commissione antimafia può offrire, perché solo parlando di tali questioni, cercando sempre più di puntualizzarle e allargando il confronto è possibile giungere ad una razionalizzazione e trovare i modi attraverso cui assestare linee che, almeno in alcuni casi, non sono ancora "combinate" in modo ideale. Vi sono poi altre questioni molto significative, ma non vorrei sottrarre troppo tempo alla Commissione, anche perché tali questioni sono ben note in questa sede senza che io abbia motivo di aggiungere altro al di fuori di quella che può essere, al momento, una mia impressione più che una presa di posizione netta e sicura. Si pone, per esempio, il problema del cosiddetto ambito temporale di esercizio dei poteri del procuratore nazionale antimafia. Nell'interpretazione dell'articolo 15 del decreto-legge n. 367, molti procuratori distrettuali escludono che i poteri attribuiti da quell'articolo al procuratore nazionale possano riguardare i fatti di mafia verificatisi prima dell'istituzione della procura nazionale. In questo modo si sottrae alla competenza di quest'ultima una serie di indagini preliminari che la legge, a mio avviso, le attribuisce. Diventa perciò opportuno un chiarimento su questo punto, anche perché mi sembra razionale (la linea della razionalità deve aiutarci a superare le perplessità) attribuire al procuratore nazionale antimafia i suoi poteri tipici, anche con riferimento a procedimenti che erano iniziati prima, pur tenendo presente la necessità di distinguere a seconda della fase in cui il procedimento è giunto, perché è evidente che nella fase delle indagini questi poteri non possono non essere maggiori. Si pone inoltre il problema del diritto di accesso del procuratore nazionale antimafia al registro delle notizie di reato, espressamente previsto dall'articolo 117- bis , del codice di procedura penale. Secondo l'ottica di alcuni procuratori distrettuali antimafia, i quali tendono a restringere l'interpretazione dei poteri del procuratore nazionale, sarebbe questo l'unico momento esplicativo del potere di acquisizione di notizie e di dati da parte della direzione nazionale antimafia. Mi sembra però che tale interpretazione sia eccessivamente restrittiva: il fatto che una norma attribuisca un diritto particolare Pagina 2148 di accesso al registro delle notizie di reato non significa che non si possano individuare anche altri tipi di accesso, se essi sono ricavabili dall'impianto generale della normativa. Tuttavia, di fronte ad un'espressa previsione ed a silenzi non è mai facile interpretare questi ultimi nel senso di aggiunte a quanto è espressamente previsto. Si tratta dell'eterna dialettica, tormentosa ma affascinante, dell'interpretazione giuridica. Se non si riuscirà a individuare un diritto vivente concorde o largamente concorde, sarà forse necessario l'intervento del legislatore. Ritengo a questo punto opportuno dire qualcosa su alcuni aspetti relativi alla raccolta e alla circolazione delle informazioni tra le procure distrettuali e la procura nazionale, all'autonomia finanziaria e contabile della DNA e delle DDA, alle valutazioni di mezzi, strutture e organici esistenti, nonché alla necessità di un loro adeguamento e ampliamento. Posso affermare, al riguardo, che si sta compiendo un passo avanti, iniziato da poco ma che vede un grande impegno dedicato, a tutti i livelli, a questo importante problema che si potrebbe definire della circolazione dei dati. Quindi, al di là dell'accesso al registro delle notizie di reato, la questione riguarda le banche-dati delle direzioni distrettuali antimafia, l'accesso del procuratore nazionale a queste ultime e viceversa dei procuratori distrettuali alla banca-dati della procura nazionale; tutto ciò rappresenta un traguardo da perseguire. Da quando è entrata in campo l' authority dell'informatizzazione e ogni ministero, compreso quello di grazia e giustizia, ha un direttore generale preposto a tale settore, l'impegno per l'informatizzazione e lo sviluppo di banche-dati a tutti i livelli ha trovato un immediato terreno di intervento proprio a questo livello dei rapporti tra la DNA e le DDA. Infatti, nello stesso momento in cui la dottoressa Rolleri, direttore generale preposto a tale settore presso il Ministero di grazia e giustizia, assumeva le sue funzioni, il procuratore nazionale antimafia era venuto a sottoporre tale problematica al sottoscritto. Gli ho risposto che quello era un momento fortunato; ho fatto entrare la persona più adatta ad affrontare la questione e così é stato possibile fissare subito un appuntamento presso la sede della procura nazionale antimafia; si sono svolti poi altri incontri anche con le procure distrettuali, la cosa è ormai più che avviata e, da questo punto di vista, dovrebbe consentire al più presto l'instaurarsi di una cooperazione tra questi uffici. Ritengo, infatti, che ogni forma di cooperazione possa stemperare tutto ciò che sullo sfondo non è ancora ben chiaro o è suscettibile di diventare motivo di polemica, dal momento che ogni passo sul piano del coordinamento ne provoca, a mio avviso, altri a cascata, anche perché se si dà l'esempio che coordinandosi si possono ottenere risultati, l'invito a coordinare anche altri aspetti diventa quasi una naturale conseguenza di ciò che è stato fatto. Non voglio abusare del tempo di cui la Commissione dispone, legato anche ad altre attività; il presidente mi dirà eventualmente in quale momento sarà il caso che io interrompa la mia esposizione, anche perché i temi si succedono ininterrottamente; chiedo anzi scusa ma la delicatezza dei temi stessi e la vaghezza di alcuni miei interventi, legata alla meditazione ancora non del tutto completata cui sottopongo taluni di questi aspetti, possono spiegare una certa reiterazione di osservazioni non decisive e non definitive. Credo, comunque, che vi sia anche un altro punto, alla base di tutto il discorso relativo alla criminalità organizzata e quindi dei procedimenti per reati di criminalità organizzata; si tratta di un aspetto che diventa decisivo per "giocare" meglio i rapporti tra le procure preposte al perseguimento di tali reati. Il concetto di criminalità organizzata, di criminalità mafiosa, di delitti di criminalità organizzata, di procedimenti per delitti di criminalità organizzata, è un'espressione che "rimbalza" sempre più nei testi di legge e, soprattutto all'inizio, Pagina 2149 era molto indeterminata e poteva avere vari contenuti; praticamente - lo dico risalendo anche ad anni più lontani del passato - si poteva individuare nella singola legge quale fosse l'"orto" dei reati che la stesa legge indicava e poi riassumeva sotto il concetto di criminalità organizzata. Ad un certo momento, considerata anche la forte necessità di perseguire in modo sempre più razionale questo tipo di criminalità particolarmente grave, la terminologia ha fatto passi avanti e viene ora usata nei codici, e non solo nelle leggi speciali, con riferimento a gruppi di reati che però, a seconda delle sedi, sono ancora variabili. Credo che la dialettica tra procura nazionale antimafia e procure distrettuali sia la chiave di soluzione del problema. Questa organizzazione, che ha dato vita a tali rapporti, pur discussi e dalle ancora incerte determinazioni di confini (si tratta quindi di una dialettica ancora piuttosto tormentosa), ha avuto certamente un grande punto di vantaggio: al di là di una scelta politica ricca di significati che va perfezionata sul piano applicativo, mi pare sia molto importante il fatto che la competenza viene individuata nell'ottica della direzione nazionale antimafia e i reati indicati sono quelli che per eccellenza dobbiamo considerare di criminalità organizzata. Si potranno poi avere nozioni anche più estese, ma in senso tipico la materia è questa e non si presta, a mio avviso, a interpretazioni estensive e tanto meno analogiche. Quindi è molto importante che soprattutto gli studiosi nei loro testi e coloro che pongono i problemi e li discutono (e quindi anche nei provvedimenti che possono essere adottati dagli uffici giudiziari) usino scrupolosamente questa terminologia, nell'ottica del comma 3- bis dell'articolo 51 del codice di procedura penale, che rappresenta la chiave di volta da cui è poi nata, attraverso una serie di altre norme, l'istituzione della procura nazionale antimafia. Volendo toccare qualche altro problema, c'è quello delle misure di prevenzione personali, nell'ottica delle procure distrettuali. Qui usciamo dalla procura nazionale... PRESIDENTE. Se il ministro è d'accordo, poiché ha già affrontato tre importanti questioni, potremmo intanto sentire i colleghi, per poter concentrare le risposte ai vari quesiti. Potremmo poi riprendere successivamente gli altri argomenti GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Direi che è molto giusto. PRESIDENTE. Desidero informare i colleghi di un lavoro predisposto dagli uffici e poi comunicato al Ministero. Sulla base dei dati che emergono da tale lavoro, è sorta una preoccupazione di fondo, che ha animato anche l'intervento del ministro: le procure distrettuali stanno terminando le indagini ed ora il dibattimento si svolgerà nei tribunali periferici, quelli competenti per territorio in modo tradizionale. Se pensiamo a Palermo, per esempio, nel suo circondario ci sono cinque tribunali periferici: Termini Imerese, Sciacca, Agrigento, Marsala e Trapani. In questi tribunali - il cui numero di sezioni è riportato nello schema preparato dalla dottoressa Torres - vanno a finire processi con, a volte, 50, 70, 80 o 100 imputati, che durano alcuni mesi, per i quali - come diceva giustamente il ministro - non ci sono né aule-bunker o strutture di questo genere, né strutture di sicurezza né abitudine a trattare queste cose. Quindi, sorgono problemi di una certa delicatezza. Per esempio: i procedimenti di Catanzaro, con numerosi imputati, andranno a Lamezia, a Castrovillari e agli altri tribunali del distretto; quelli di Caltanissetta finiranno ad Enna e a Gela; quelli di Catania, a Ragusa e Siracusa. Il tribunale di Trapani ha già impegnato tutti i dibattimenti per i prossimi tre anni, però deve ancora ricevere i procedimenti che arriveranno dalla distrettuale. A Reggio Calabria ci sono 600 procedimenti con 600 imputati che finiranno ripartiti equamente tra Locri Pagina 2150 ePalmi. Oggi abbiamo ricevuto una nota della procura della Repubblica di Palmi in cui si dice che quella procura è completamente bloccata, perché sono andati via 5 magistrati. E' vero che ne sono arrivati altrettanti in sostituzione, ma i 5nuovi si debbono rileggere migliaia di carte per essere in grado di seguire i processi (il turn-over non è una soluzione semplice, perché ogni nuovo arrivato deve leggersi un mare di carte). Di qui l'allarme che abbiamo. Ci si dice che da Lecce alcuni processi si scaricheranno su Brindisi e Taranto (a Brindisi si sta celebrando da tempo un processo con una serie di tensioni, tra l'altro allo stato non risolte). C'è una questione delicata che riguarda i giudici per le indagini preliminari. La scarsità di giudici per le indagini preliminari comporta che le valutazioni dei GIP non sono sufficientemente approfondite, per cui si preferisce il rinvio a giudizio piuttosto che un'esame più attento per vedere se è possibile il proscioglimento. Questo genera non solo un danno per la persona accusata, che potrebbe essere assolta prima, ma anche un danno economico notevole complessivo alle strutture, perché processi che potrebbero essere chiusi prima non sono chiusi, vanno al dibattimento e lo intasano, laddove, se ci fosse un organico di GIP più robusto, probabilmente alcune valutazioni potrebbero essere più approfondite - così ci scrivono i GIP del tribunale di Palermo - e si potrebbe risolvere anche questo tipo di problemi. A fronte di questa situazione, il ministro Conso ha presentato una serie di progetti tutti di grande utilità. Devo dire che a questo proposito sarebbe forse necessario da parte nostra - se i colleghi sono d'accordo - fare una segnalazione alle Commissioni giustizia di Camera e Senato per una presa in esame di tali progetti e per la loro definizione. Il disegno di legge per l'acceleramento dei concorsi è in sede legislativa alla Camera ma l'iter non si è ancora esaurito; il provvedimento sulla depenalizzazione è in sede redigente al Senato ma non è ancora iniziato l'esame; il testo sulla cooperazione in materia penitenziaria e sul dibattimento a distanza (cosa importantissima per i processi con grandi imputati, quelli che poi corrono anche dei rischi a spostarsi) è assegnato in sede referente al Senato ma l'esame non è ancora iniziato; il provvedimento sulle modifiche al codice di procedura penale in materia pretorile (anch'esso importante) è assegnato in sede referente al Senato ma l'esame non è ancora iniziato; le norme sul giudizio abbreviato (cosa molto utile perché accelererebbe la conclusione anticipata) è al Senato in sede referente ma non è ancora iniziato l'esame. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Comincia oggi. PRESIDENTE. Per fortuna! Il disegno di legge sull'aumento di 600 unità dell'organico della magistratura, già approvato dal Senato, è stato annunciato alla Camera ma è ancora da assegnare alla Commissione (qui dovremmo fare una segnalazione). Quindi, c'è una proposta complessiva ed ora spetta al Parlamento valutarla nella sua autonomia e decidere come intervenire. In questo quadro, mi pare che il ministro sollecitasse una riflessione della Commissione - che in parte c'è già stata sulla questione dei tribunali distrettuali. Certamente, quando si introducono riforme incisive ci sono favorevoli e contrari e, ferma restando la responsabilità esclusiva del Governo che non può essere preliminarmente condivisa con il Parlamento, sta di fatto che nella relazione che è stata già approvata da questa Commissione vi è un orientamento largamente favorevole alla costituzione di questi tribunali, anche per ovviare a tutti i problemi che prima si ricordavano. Se si è favorevoli lo si vedrà in seguito ma più il tempo passa più si concludono le procedure e il tribunale distrettuale non può più essere utilizzato. Anche qui bisogna tagliare i tempi e andare avanti rapidamente. Pagina 2151 Sempre per informare i colleghi, ricordo che vi è la questione del giudice monocratico in primo grado, per recuperare magistrati. Oggi, come sapete, abbiamo il pretore e il tribunale. Mi pare che con tutte le garanzie che oggi esistono a livello di pretore (distinzione tra ruolo del PM e ruolo del giudice, GIP e così via), bisogna fare una riflessione più radicale per vedere se non sia il caso di avere un giudice monocratico per tutto il primo grado, magari escluse pochissime ipotesi dal punto di vista penale e civile per la cui gravità o straordinarietà si richiede un collegio. Un'altra questione emersa è quella relativa all'opportunità di ricorrere maggiormente ai laici nel giudizio, in particolare per l'appello, cioè se sia possibile l'utilizzazione di avvocati o professori universitari come terzo componente del giudizio di appello, non in primo grado. E' una delle ipotesi: pensate soltanto che sostituendo sei magistrati si potrebbe creare una sezione in più e quindi accelerare di più il lavoro. Naturalmente, si tratta soltanto di un'ipotesi. Segnalo questi problemi perché nel quadro delle cose che qui ha detto il ministro e dei rilievi fatti dagli uffici della Commissione quello del dibattimento è un problema davvero drammatico. Lo si può affrontare subito, certamente, con un'iniziativa del Governo per l'istituzione dei tribunali distrettuali ma col tempo ci sarà bisogno anche di qualcos'altro per una migliore utilizzazione. Non so - è una domanda che rivolgo al ministro, poi darò la parola ai colleghi - se siano stati effettuati rilievi sulla funzionalità vera e propria nella gestione dei tribunali. Abbiamo visto uffici giudiziari che funzionavano male ad organici ridotti e che continuano a funzionare male dopo che i vuoti negli organici sono stati colmati. Molto spesso c'è un problema di gestione, di direzione degli uffici giudiziari. Per esempio, gli orari delle udienze: quando cominciano, quante ore durano, quando finiscono, quanti processi si fanno, quante udienze si tengono a settimana. Insomma, ormai credo che su questo versante ci sia bisogno non dico di un'aggressività ma di avere una chiarezza di idee, perché lo Stato può fare sacrifici finanziari ma queste risorse devono essere poi utilizzate appieno: se le udienze cominciano alle 11-11,30 e finiscono alle 12,30-13 o se ne tengono solo tre a settimana, è evidente che non riusciamo a dare risposte. Come sappiamo, ci sono per fortuna uffici giudiziari che lavorano benissimo. Però, vorrei sapere se il Ministero abbia attivato la sua attenzione sulla funzionalità degli uffici giudiziari da questo punto di vista. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Galasso. ALFREDO GALASSO. Presidente, vorrei sapere come si svolgerà il prosieguo della seduta. PRESIDENTE. Potremmo scegliere di porre domande brevi - purché siano veramente brevi - in modo che il ministro, se è d'accordo, possa rispondere subito, per avere un quadro immediato. Oppure, potremmo seguire la procedura tradizionale con domande da parte dei colleghi e una successiva replica da parte del ministro. ALFREDO GALASSO. Vorrei sapere in particolare quando termineremo e se il ministro abbia degli impegni. In secondo luogo, le chiedo come ci regoliamo con il voto di fiducia in Assemblea alla Camera. PRESIDENTE. Per quanto riguarda il voto di fiducia, saremo avvisati quando comincerà la seconda chiama. Informeremo il Presidente della Camera e tutti i deputati membri della Commissione potrebbero votare in quell'occasione, il che vuol dire che la seduta verrà sospesa per pochi minuti oppure che verrà presieduta dal collega Cabras. Comunque, non impiegheremo molto tempo se tutti quanti voteremo alla seconda chiama. Per quanto riguarda il modo di porre le questioni, decidiamo insieme con il ministro. Pagina 2152 ALFREDO GALASSO. Dico subito che penso che la presenza del ministro richieda qualche riflessione ed osservazione, non la semplice domanda quiz con la conseguente risposta. ALTERO MATTEOLI. Possiamo prevedere un'altra seduta. PRESIDENTE. Ora utilizziamo il tempo che abbiamo davanti e poi vedremo. Poiché il ministro deve ancora affrontare la seconda parte della sua relazione, probabilmente sarà necessario un altro incontro. FERDINANDO IMPOSIMATO. Innanzitutto, ringrazio il ministro ed esprimo il mio compiacimento per la relazione molto puntuale. I temi trattati sono numerosi e richiederebbero una riflessione più ampia. Sono perfettamente d'accordo sulla necessità di istituire al più presto i tribunali distrettuali, perché questo servirebbe sicuramente ad assicurare almeno tre cose. In primo luogo, una maggiore sicurezza dei magistrati chiamati a giudicare processi che riguardano imputati per fatti particolarmente gravi. Poi, assicurerebbe anche la possibilità di una maggiore specializzazione dei giudici dei tribunali distrettuali rispetto a quel che avviene oggi, quando dobbiamo constatare che alcuni processi vengono trattati da persone che non hanno alcuna esperienza in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso. Infine, si realizzerebbe il principio della concentrazione dei processi che è anch'esso un dato positivo. Però, vorrei riproporre qualche perplessità che nasce dal fatto che i tribunali distrettuali verrebbero ad essere istituiti presso le sedi di corte d'appello. Anche qui c'è il problema di una riforma importante che però precede la revisione del circoscrizione giudiziaria. Potremmo avere nuove corti di appello. Potremmo avere una nuova distribuzione degli uffici giudiziari... PRESIDENTE. Speriamo non nuove corti di appello! FERDINANDO IMPOSIMATO. Potrebbe anche verificarsi qualche modifica della situazione attuale delle corti di appello. Può darsi che vi sia la necessità di istituire un maggior numero di tribunali distrettuali antimafia rispetto a quelli esistenti. Vi è anche un'altra questione. La preoccupazione nasce dal fatto che se si dovessero istituire tribunali distrettuali antimafia avremmo la necessità di portare un numero enorme di persone, per esempio di testimoni, dalla zona dove si sono verificati certi delitti alla sede dei tribunali distrettuali. Questo trasposto di testimoni comporta grandi pericoli ed anche ingenti spese per lo Stato. Ora, mi chiedo - solamente in via dubitativa, dal momento che questo problema si è posto anche in altri paesi - se non sia possibile prevedere l'ipotesi che i tribunali distrettuali si spostino nelle varie zone della regione. PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Imposimato, ma allora abbiamo perso tutta l'utilità! Se si devono spostare, tanto vale lasciare le cose come stanno. Se si devono spostare i tribunali (giudici, cancellieri e pubblici ministeri) in giro per la regione, tanto vale che si sposti solo il pubblico ministero! Il problema è che non c'è il posto dove tenere le udienze in molte di queste zone. FERDINANDO IMPOSIMATO. Ho voluto solo proporre astrattamente questa ipotesi, che ovviamente può essere concretizzata solo nelle situazioni in cui ciò sia possibile e ove si realizzino le condizioni relative alla sicurezza. Vorrei ora soffermarmi brevemente sulla grave situazione in cui versa il tribunale di Napoli, dove dovrebbe essere istituito un tribunale distrettuale molto importante. Ripeto: la situazione è particolarmente grave e debbo dare atto al ministro della tempestività con la quale è intervenuto per assicurare la disponibilità Pagina 2153 di un edificio situato accanto alla sede dell'attuale tribunale. Ritengo che (non per ragioni di campanilismo) dovremmo occuparci in modo particolare di rafforzare i tribunali distrettuali nei quali si prevede vi possa essere una maggiore concentrazione di procedimenti penali per reati di tipo mafioso (Palermo, Napoli, Reggio Calabria e Milano). A Napoli, c'è una situazione di disastro logistico davvero intollerabile. Vorrei richiamare l'attenzione del ministro sulla necessità di procedere ad un concerto con il ministro dei lavori pubblici affinché la sede del nuovo tribunale di Napoli, già realizzata presso il centro direzionale, sia messa adisposizione della procura della Repubblica e del tribunale, sì da consentire la tempestiva celebrazione dei processi pendenti presso quegli uffici. In definitiva, è necessario assicurare eguale trattamento atutti i tribunali ma, nel contempo, occorre anche tenere conto dei tribunali situati presso le città nelle quali il numero dei procedimenti è elevatissimo. Credo sia interesse di tutto il paese fare in modo che tali procedimenti, attualmente bloccati (a tale riguardo vi è stato un appello dei GIP di Napoli ed uno della procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli), possano essere celebrati. Ricordo, infine, che vi è stato anche un appello perché venga nominato al più presto il procuratore della Repubblica presso il tribunale, dal momento che fin dall'aprile 1993, quando cioè è cessato dal servizio il dottor Sbordone, non si è provveduto alla relativa sostituzione. GIROLAMO TRIPODI. Ho ascoltato con attenzione - come del resto hanno fatto tutti i colleghi - l'intervento del ministro Conso, il quale ci ha fornito una serie di informazioni ed ha espresso anche giudizi sugli impegni che dovrebbero essere assunti in ordine alle possibili evoluzioni dell'agitazione giudiziaria in atto. Indubbiamente ci sono state dette cose interessanti, alcune delle quali, del resto, suggerite a suo tempo da noi stessi. Mi riferisco, per esempio, all'istituzione dei tribunali distrettuali. Ovviamente, il progetto riguarda i procedimenti di mafia; si tratta di favorire l'abbinamento tra le indagini svolte in direzione della lotta alla criminalità organizzata dalle procure distrettuali con l'istituzione dei tribunali distrettuali. Ho già avuto occasione in passato di osservare che in questo settore è necessario evitare (il presidente accennava alle proteste che in questi giorni stanno avendo luogo in Calabria ed alla preoccupazione avvertita dalle popolazioni interessate) una spinta alla centralizzazione. Sotto questo profilo, è auspicabile una selezione degli interventi ed una loro attenta razionalizzazione, per evitare che gli stessi possano risultare meno incisivi sotto il profilo degli effetti che potrebbero derivare dalla centralizzazione dell'attività giudiziaria. In Calabria siamo preoccupati perché lo spostamento o la soppressione di certi uffici (mi riferisco a Lamezia, Castrovillari e Rossano) potrebbe comportare un allontanamento della giustizia di fronte ai problemi gravi che caratterizzano quelle zone, dove di constata una presenza molto grave della criminalità organizzata. Per quanto mi riguarda, considero dannoso un orientamento finalizzato alla soppressione di questi uffici. L'esigenza, piuttosto, è quella di favorire la specializzazione dell'intervento: su questo concordo ma, ripeto, sono contrario al principio della centralizzazione, che finisce per determinare un allontanamento dal territorio nel quale invece è necessario garantire la presenza della giustizia. Un'ulteriore questione sulla quale nutro perplessità riguarda le indagini già avviate. Lei, signor ministro, ha evidenziato la possibilità che tali indagini possano essere avocate - di questo si tratta - dal procuratore nazionale antimafia. Credo che su questo punto occorra essere molto attenti giacché si rischia di vanificare indagini importanti avviate molto tempo fa e non ancora concluse. Sappiamo che i magistrati i quali hanno indagato e portato avanti l'attività investigativa sono i più appropriati "conoscitori" della questione. Penso, per esempio, all'indagine sugli appalti ENEL di Pagina 2154 Gioia Tauro, che cito perché lo considero un caso clamoroso. Se dovesse intervenire Siclari per affrontare il problema, ritengo che non si tratterebbe di un'iniziativa utile ma, anzi, negativa. Va inoltre considerato che ai nuovi magistrati inquirenti potrebbero sfuggire molte situazioni. Nel caso specifico che ho citato dovrebbero essere esaminate 5 mila pagine di risultanze istruttorie. PRESIDENTE. A quale procedimento si sta riferendo? GIROLAMO TRIPODI. Sto parlando del procedimento sugli appalti ENEL di Gioia Tauro, che non sappiamo quando si concluderà, anche se è stato detto che volgerebbe ormai al termine. Il nuovo magistrato inquirente dovrà prima leggere le 5 mila pagine degli atti e poi iniziare la sua attività. Si tratta di una prospettiva che desta molte preoccupazioni. Ribadisco la mia contrarietà, anche perché se un'indagine è già avviata è bene che essa venga conclusa da chi l'abbia iniziata. Tra l'altro, il procuratore nazionale antimafia ha molte possibilità di intervento, anzitutto in sede di coordinamento, anche perché la mafia non si combatte intervenendo soltanto sulle indagini già avviate. Spero che nella sua replica, signor ministro, possa essere assicurato l'impegno del ministero in ordine alla situazione di emergenza che si riscontra con particolare riferimento agli organici, la cui carenza rischia in molti posti di far saltare indagini e procedimenti molto importanti. Mi riferisco a Palmi, a Reggio Calabria ed a Napoli, nonché a tante altre sedi nelle quali la carenza di magistrati provoca un paralisi completa della giustizia. A Palmi, per esempio (ne parlava poc'anzi il presidente), vi sono molte indagini in corso ma non vi sono più magistrati. Non sappiamo se tale situazione sia determinata da cause fisiologiche; può darsi che influiscano altri elementi, anche se sinceramente auspico che non vi siano ulteriori ostacoli. Non si comprende perché su 10 unità presso la procura della Repubblica e 6 presso il tribunale, l'organico sia ridotto al di sotto del 50 per cento. Va inoltre considerato che presso la procura vi sono molti uditori. Oltre tutto, lei sa che in quella sede si sta svolgendo una grande inchiesta sulla massoneria deviata. Ritengo si tratti di un'attività da incoraggiare e non vorremmo che, in merito a questa questione, vi possano essere elementi di boicottaggio, così come riscontriamo per altri aspetti, cioè che poteri occulti di ogni tipo possano influire per ostacolare il prosieguo delle indagini e lo sbocco delle stesse nell'emissione dei relativi provvedimenti. Vorrei sapere in che modo il ministro pensi di intervenire nelle sedi dove si registra una carenza di magistrati e come, di fronte al pericolo che possano saltare sia indagini sia procedimenti nei confronti degli imputati, ritenga di intervenire per evitare questa possibilità. In queste zone, qualora non si potessero celebrare processi, si potrebbe determinare una situazione che potrebbe favorire, sia pure indirettamente, la stessa criminalità organizzata. Lei sa che a Napoli, a Reggio Calabria, a Palmi ed in altre zone del nostro paese, dove si registra un particolare presenza della mafia e delle organizzazioni criminali, qualsiasi errore può essere pagato molto caro. Pertanto, vorrei sapere in che modo lei pensa di intervenire tempestivamente su queste questioni. A Napoli si riscontra una situazione del tutto particolare per quanto riguarda la vita interna della magistratura: in tale ambito si registrano divisioni ed incomprensioni, una situazione difficile rispetto alla quale anche le pressioni esterne contribuiscono a determinare divisioni tra i magistrati partenopei. In tutte le sedi dove si registra una situazione difficile sotto il profilo dell'ordine pubblico, così come accade a Napoli, bisogna intervenire con molta attenzione. Il collega Imposimato ci ha riferito che vi sono stati degli interventi, ma io non credo che questi ultimi abbiano risolto la situazione. In che modo lei pensa di affrontare queste problematiche? Pagina 2155 Un altro problema sul quale desidererei ricevere una risposta dal ministro riguarda l'affollamento delle case penitenziarie. PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Tripodi, ma considerato che tale questione non è stata affronta in modo specifico dal ministro, sarebbe opportuno che ci si soffermasse nell'ambito degli argomenti trattati. GIROLAMO TRIPODI. Sta bene, presidente; in realtà, ho sollevato la questione perché, se non ricordo male, il ministro si era impegnato a recuperare alcune case circondariali dismesse. Molti sindaci ci sollecitano - penso ai casi di Cittanova e di Cinquefrondi - ad intervenire. In questa direzione è stato dichiarato un impegno, salvo poi a precisare successivamente che non è possibile intervenire. Allora, o si va in questa direzione o non si va, perché quando la direzione generale competente dichiara che non è possibile intervenire non si capisce se a decidere in materia debba essere il direttore generale o il ministro! Condivido la scelta di recuperare le case circondariali dismesse. Su questo vorrei, se è possibile, una risposta. In questi giorni, lei si troverà, signor ministro, di fronte ad una richiesta della Commissione degli incarichi direttivi del Consiglio superiore della magistratura relativamente al concerto che lei sarà chiamato a fornire sulla proposta riferita alla copertura del posto di procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli. Lei sa che sono state avanzate alcune proposte, la principale delle quali, con tre voti, riguarda il presidente del tribunale di sorveglianza di Napoli, Iovino, mentre due voti sono andati a Cordova. Su tale questione desidero esprimere il mio parere, perché, senza voler interferire nelle decisioni che successivamente saranno assunte dal plenum del Consiglio superiore della magistratura, credo si tratti di un problema molto delicato. Lo dico senza porre problemi nei confronti dell'uno o dell'altro magistrato; vorrei però che il ministro tenesse presente un quadro molto delicato, ossia quello relativo al procuratore della Repubblica di Palmi, dottor Cordova. Lei sa, signor ministro, che il suo predecessore, l'onorevole Martelli, ha portato avanti nei confronti di questo magistrato un'azione persecutoria, attraverso una serie di atti: dapprima un veto alla sua nomina al vertice della superprocura, dopo che egli era stato designato dal Consiglio superiore della magistratura, e successivamente una serie di inchieste ministeriali, che però hanno portato a un nulla di fatto; vi è stata comunque una serie di persecuzioni nei confronti di quel magistrato. Lei saprà inoltre, signor ministro, che il procuratore della Repubblica di Palmi ha anche presentato domanda, su sollecitazione di 28 sostituti procuratori di Napoli. Attraverso tale sollecitazione si è giunti a questa domanda. Non vorremmo però che, dietro queste prese di posizione, vi fossero orientamenti di normalizzazione a Napoli, pressioni esterne o occulte di qualsiasi tipo o elementi che abbiano un sapore persecutorio o di continuità rispetto a quanto è avvenuto in passato. Mi rendo conto che le stesse cose possono verificarsi all'interno della magistratura e delle sue correnti, sulla base di elementi corporativi. PRESIDENTE. Lei sta concludendo il suo intervento, vero, onorevole Tripodi? GIROLAMO TRIPODI. Ho concluso, signor presidente. Mi permetto comunque di sottolineare la necessità di tenere conto dei precedenti che ho richiamato e del modo in cui si sono svolti i fatti nei confronti di un magistrato molto esposto, che combatte veramente la mafia e attualmente sta conducendo una delicata inchiesta sulla massoneria deviata. Si tratta tra l'altro di un magistrato che, come è noto a tutti, ha una sua indipendenza, dal momento che fa soltanto il magistrato e non si collega a nessuno. Certamente alcune misure punitive nei suoi confronti sono state decise proprio a causa della sua indipendenza. Pagina 2156 Qualche giorno fa io ed altri parlamentari abbiamo presentato al ministro di grazia e giustizia un'interrogazione in cui si fa il quadro della situazione e si chiede allo stesso ministro, considerata la realtà delicata e particolare che esiste a Napoli e la situazione del magistrato in questione, di promuovere una valutazione più attenta e serena della questione prima di dare il concerto. PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, lei sta parlando da venti minuti! GIROLAMO TRIPODI. Desidero sottoporre al ministro un'ultima questione, chiedendogli quale sia il suo giudizio nei confronti dei magistrati che risultano iscritti alla massoneria. ALFREDO GALASSO. Signor presidente, signor ministro, mi soffermerò soltanto su un punto, perché ritengo - lo dico subito - che l'odierno incontro debba essere seguito da altre occasioni di confronto in cui porre all'ordine del giorno la strategia di contrasto alla criminalità organizzata e alla mafia in tutti i suoi aspetti. Partirò da una premessa per poi entrare nel merito della vicenda relativa alle procure distrettuali e ai tribunali, nell'ambito delle questioni esposte molto puntualmente dal ministro. La mia premessa consiste nel fatto che, a mio avviso, nell'esposizione del ministro é presente (evidentemente non per responsabilità sua) una logica di tipo eccezionale, emergenziale nel contrasto alla criminalità organizzata, per cui si continua ad agire quasi come un meccanismo inerziale, che spinge a rimediare, a "mettere pezze", ad aggiustare, a tentare di rimettere le cose a posto, piuttosto che a fermarsi un attimo (dato che gli elementi di analisi e di "acculturazione" complessiva sono oggi di gran lunga superiori rispetto al passato) e provare ad attrezzare finalmente la magistratura e l'insieme delle azioni investigative e repressive dello Stato contro un fenomeno che non presenta nulla di eccezionale o di straordinario se non nella sua ferocia e pericolosità ma che - su questo siamo tutti d'accordo - deve essere contrastato con il massimo di straordinarietà nel lavoro comune e ordinario, facendo funzionare tutte le strutture, comprese quelle giudiziarie, nella maniera più ordinata. Attualmente, non mi pare che sia così e vorrei (questo è il senso del mio intervento) che si spezzasse questo circolo vizioso. Rifacendomi subito all'esempio delle procure distrettuali e dei tribunali, ritengo opportuno riflettere seriamente (al di fuori di qualsiasi provocazione), anche sulla base del monitoraggio, chiedendosi se davvero il congegno procura nazionale - procure distrettuali sia oggi il migliore, in termini di efficienza, per ottenere il risultato di una lotta concreta e quotidiana nei confronti della criminalità organizzata di tipo mafioso. Dico questo perché ho già vissuto due esperienze dirette che mi hanno fatto riflettere, al di là delle questioni di fondo che naturalmente mi porto dietro. Mi riferisco a di un problema di difficoltà di rapporto tra la procura nazionale antimafia e la procura distrettuale operante, per esempio, in Puglia, nonché tra la procura distrettuale e le procure ordinarie in Toscana; in quest'ultimo caso la difficoltà è aggravata dalla circostanza che la procura distrettuale antimafia di Firenze, la quale domina in questa materia (a mio avviso anche per la capacità professionale di chi la dirige e di chi collabora con chi la dirige), vede il suo territorio "spezzato" dalla concorrenza della procura distrettuale di Genova, che opera in parte anche sul territorio toscano. Ho citato questi due esempi che sono incontestabili, almeno quanto alla difficoltà che presentano e al grado di frizione che tale realtà determina, per sottolineare che la questione delle procure distrettuali (non si deve avere nessuna preoccupazione di rivedere ciò che la realtà ci impone o ci consiglia di rivedere) presenta, a mio avviso, due difetti di fondo Pagina 2157 che si sono rivelati oggi, soprattutto di fronte all'aggiornamento della situazione criminale. Un primo difetto consiste nel fatto che nella prassi e nella casistica giudiziaria non è più definibile, in maniera precisa, neanche con riferimento all'ambito di competenze della DNA, che cosa s'intenda per fatto o reato di mafia, a seguito della concatenazione di vicende inquinanti del tessuto economico, sociale e politico, soprattutto dopo l'emergere della vicenda di Tangentopoli. Consideriamo, per esempio, che cosa significhi tale vicenda per la Sicilia: possiamo dire che cambi essenzialmente la natura di un fatto o la sua articolazione sul territorio a seconda che sia presente o meno Angelo Siino, perché riconosciuto aderente alla mafia, oppure l'associazione si qualifica come associazione mafiosa, in presenza di Siino, a seconda che Di Maggio dica che quest'ultimo è uomo d'onore oppure no e quindi c'entra nell'associazione mafiosa? La verità è che questi fatti impregnano così fortemente il tessuto economico e sociale che è difficile individuare una qualificazione formale che attragga una competenza del tutto particolare come questa. Si tratta di un dato di non poco conto. La seconda questione riguarda il fatto che, sempre in relazione alle notizie aggiornate in materia di mafia, la competenza a livello distrettuale è molto convenzionale; occorre allora chiedersi perché ci si debba fermare alla competenza distrettuale della Sicilia occidentale rispetto a quella orientale e dove si stabilisca il confine. Si potrebbe rispondere che ogni competenza territoriale ha qualcosa di convenzionale, ma ritengo che da questo punto di vista la diffusione sul territorio delle procure sia molto più efficace dell'accentramento, perché un'articolazione sul territorio rende l'approccio con la realtà circostante più effettivo e realistico di quanto non consenta una concentrazione, la quale presenta elementi di difficoltà dal punto di vista sia della descrizione dei distretti sia della definizione dei fatti. Molti giudici lamentano (il ministro certamente lo sa, come lo sa anche il presidente della Commissione antimafia) che in realtà vi è, come è naturale negli uffici giudiziari, che sono sovraordinati anche dal punto di vista soltanto della competenza (non dico da quello dell'organizzazione degli uffici), un'attrazione naturale e si verifica qualche volta anche una forzatura nella definizione della qualificazione del fatto perché si possa determinare questo genere di attrazione; al tempo stesso, si verifica una frizione in rapporto a indagini che sono state sviluppate fino ad un certo punto, che poi si fermano perché emerge la qualificazione giuridica di associazione mafiosa e il procuratore della Repubblica che agisce in un ambito territoriale più ristretto deve passare l'incartamento alla procura distrettuale antimafia. Per quanto riguarda la procura nazionale antimafia, la funzione che la legge ha assegnato a tale organismo probabilmente non è ancora definitivamente compiuta; occorre quindi procedere ad una riflessione seria perché non possiamo permetterci il lusso di ripetere oggi o domani l'errore commesso con l'Alto commissariato per la lotta alla mafia ed arrivare, dopo due, tre o quattro anni alla conclusione che la struttura non va più bene per cui si deve smantellare l'ufficio, con tutti gli effetti di trascinamento delle polemiche e delle incrostazioni, anche di potere, che tutto ciò porta con sé. Sarebbe preferibile affermare che dopo un'esperienza di un anno la struttura non va più bene piuttosto che trascinarci dietro la stessa struttura, con un certo spirito di adattamento, che tra l'altro consegue immediatamente ad una logica di urgenza. Occorre, a mio avviso, portare avanti una riflessione più radicale, nel senso di andare alle radici della questione. Dobbiamo in sostanza chiederci quale sia oggi la struttura investigativa e giudiziaria più adatta alla natura del fenomeno che abbiamo dinanzi, visto che le nostre conoscenze sono più aggiornate e probabilmente la natura del fenomeno non è Pagina 2158 più la stessa rispetto a quando si pensò alla procura nazionale e all'impianto delle procure distrettuali. Questo è un invito a non dare nulla per scontato in tale materia, neppure il fatto che occorre istituire i tribunali distrettuali perché vi sono le procure distrettuali. Con un minimo di provocazione positiva, rovescerei i termini della questione. Direi che preferisco e mi sento più sicuro nell'avere oggi assise distrettuali e procure piuttosto che quelle solite, normali. Rovescerei l'impostazione: m'importa molto di più che si concentri il giudizio in dibattimento dinanzi a giudici specializzati, o meglio a giudici che hanno un livello di professionalità ormai abituale per il tipo di processi che hanno fatto, e che l'azione investigativa venga mantenuta o riportata nel punto più vicino di contatto alla presenza della realtà criminale, con un coordinamento da ripensare in maniera assolutamente diversa rispetto al passato, anche rispetto alla gloriosa esperienza del pool , ahimé impropriamente da qualche suo predecessore portato ad esempio della procura nazionale (ma lei sa benissimo che sono cose completamente diverse e che solo un equivoco linguistico - peraltro voluto - ha portato politicamente a ritenere la procura nazionale prosecuzione del pool che abbiamo sperimentato positivamente a Palermo e per un certo aspetto anche a Torino). Avrei da fare ulteriori riflessioni sul direttore generale dell'informatizzazione del Ministero. Mentre lei parlava mi è venuto alla mente come un oscuro e pauroso fantasma un libro, che ho letto recentemente, a proposito dell'informatizzazione. Mi piacerebbe sapere se tutte le accuse - peraltro documentatissime - lì scritte siano state finalmente dissipate con la presenza di un'altra donna a dirigere il reparto informatico del Ministero. PRESIDENTE. Lei non ce l'ha con le donne che dirigono? ALFREDO GALASSO. No, per carità. C'è una presenza di donne nel Ministero di grazia e giustizia che mi evoca fantasmi, non personalmente ma perché ho letto un libro molto documentato. PRESIDENTE. E' una cosa da psicanalisi! ALFREDO GALASSO. Per chi sta dentro a questa vicenda, non per me, per carità. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Anche in magistratura ci sono sempre più donne. ALFREDO GALASSO. Signor ministro, non sia elegante nello "scivolare". Ho parlato di donne che stanno al Ministero di grazia e giustizia e che sono oggetto di un libro molto documentato, che ho letto. Non sono affatto misogino, tutt'altro. Mi fermo qui, presidente, con ciò che considero - anche per la stima che nutro per il ministro Conso - un impegno da assumere, quello di poter avere, magari con un rappresentante o una delegazione del Consiglio superiore della magistratura, una giornata d'incontro in cui affrontare veramente, in tutti i suoi aspetti, la strategia di un'azione investigativa e giudiziaria contro la mafia, perché ridurla nei termini di cui stiamo parlando è pur sempre una cosa alla quale non posso dire di no. Che posso dire, presidente? Sono d'accordo con il senatore Brutti e con quanto diceva il ministro sui tribunali distrettuali, eppure non nascondo un'insoddisfazione di fondo per il modo con cui continua ad essere impostata tale questione. SALVATORE FRASCA. Signor presidente, la relazione del ministro, così come quella resa nella precedente audizione, è stata molto dotta, puntale e precisa. Chiedo scusa se non potrò seguire il ministro sul suo terreno ma, da combattente da tempo della lotta contro la mafia e la delinquenza organizzata, vorrei rimanere sul terreno della concretezza (non che il ministro non sia stato concreto, ma per la trattazione degli argomenti che egli Pagina 2159 ha affrontato non c'è dubbio che doveva usare un linguaggio ed argomentazioni di tono più elevato). Ancora una volta si è posto il problema degli organici della magistratura e quindi degli itinerari da percorrere per risolvere questo problema. Con mia somma meraviglia, per un verso, ma anche con profonda soddisfazione, per un altro verso, ho ascoltato il presidente Violante mettere il dito su alcune piaghe, il che non accade sovente. Una delle piaghe è rappresentata dalla forte presenza di magistrati nei ministeri, a cominciare da quello di grazia e giustizia, laddove il loro diventa un ruolo burocratico che non ha nulla ache vedere con l'amministrazione della giustizia, con le funzioni cui essi dovrebbero assolvere. Siccome si tratta di parecchie unità - un tempo mi pare fossero 80 solo quelli al Ministero di grazia e giustizia ma credo che siano in totale più di un centinaio quelli distaccati presso i vari ministeri - bisognerebbe trovare il modo per recuperare questi magistrati all'amministrazione della giustizia, procedendo parallelamente alla riforma del Ministero di grazia e giustizia, che dovrebbe diventare autonomo rispetto al potere giudiziario, se è vero come è vero che la presenza di un numero molto elevato di magistrati priva il Ministero di grazia e giustizia della sua autonomia e determina una confusione di ruoli. Anche se formalmente i magistrati che lavorano presso il Ministero di grazia e giustizia escono dagli organici, sappiamo che la loro uscita è provvisoria, che spesso alcuni escono ed entrano. Questo problema, secondo me, andrebbe affrontato unitamente a quello della riforma del Ministero di grazia e giustizia, che dovrebbe essere, come si dice, la regina delle riforme. C'è anche, presidente, un problema di giornate e di orari di lavoro. Nei pochissimi mesi in cui sono stato sottosegretario al Ministero di grazia e giustizia sono andato in giro per l'Italia e quando mi è capitato di entrare di buon mattino in certi tribunali, come quelli di Torino, di Milano, di Bologna, ho visto che le udienze fissate per le 9 iniziavano effettivamente a quell'ora. Non così avviene, per esempio, presso il tribunale di Napoli, dove le udienze fissate per le 9 non iniziano prima delle 11 (non parliamo dei tribunali della Calabria, dove le 11 diventano le 12). Questo modo di procedere secondo me andrebbe disciplinato: ci sono giornate di lavoro e c'è un orario di lavoro, che dovrebbe essere osservato anche dai magistrati. Qui si potranno invocare tutta un'altra serie di problemi, come l'autogestione e l'autogoverno: siamo perfettamente d'accordo, però un richiamo ad una maggiore sensibilità perché si operi e si lavori di più andrebbe mosso. Ieri, per esempio, mi sono trovato per caso dinanzi alla corte d'appello di Catanzaro ed ho visto magistrati entrare alle 11 ed uscire alle 12,30! Non so come si possa fare pienamente il proprio dovere quando in giorni di udienza si lavora così poco. Questi problemi li dobbiamo esaminare seriamente e concretamente; diversamente, discettiamo ma non combiniamo un bel niente perché non risolviamo i problemi. Vengo al tema delle procure distrettuali. Ora non è presente il collega Galasso, ma devo dire che l'esperienza che si va realizzando in Calabria è fortemente positiva a questo riguardo. PRESIDENTE. Dappertutto! SALVATORE FRASCA. In Calabria abbiamo due procure distrettuali, quella di Reggio Calabria e quella di Catanzaro; soprattutto quella di Catanzaro sta ottenendo grandi risultati. Nella mia zona, la piana di Sibari, nel corso degli ultimi anni si erano registrati numerosi delitti rimasti impuniti e le cosche la facevano da padrone. Adesso, le cosche stanno per essere sconfitte e si sono scoperti anche gli autori dei delitti. Quindi, non dovremmo mettere in dubbio quel che abbiamo fatto ma semmai esaltarlo. Di conseguenza, anche perché il dibattito culturale intorno a questo argomento ha portato a conclusioni pratiche, sono favorevole all'istituzione dei tribunali distrettuali. Pagina 2160 Signor ministro, vorrei sommessamente invitarla, in attesa che si sciolga il nodo dei tribunali distrettuali, a non mettere in allarme - per carità! - tribunali che stanno lavorando e che cercano di fare il loro dovere facendo balzare dinanzi a loro il cappio della soppressione, perché tutto questo non giova alla giustizia. Lo dico con riferimento alla ventilata soppressione - faccio riferimento alla mia regione, perché è bene che si portino nel dibattito esperienze concrete - dei tribunali di Castrovillari, di Paola, di Rossano e di Lamezia. A proposito di questi ultimi aggiungo che lo Stato è uno e non può agire in maniera caotica e disordinata. Per esempio, in provincia di Cosenza si sta discettando sull'istituzione di una nuova provincia nella Calabria superiore. Va da sé che se non si risolve questo problema non si può neanche risolvere quello della riorganizzazione dei tribunali, perché si potrebbe sopprimere un tribunale, quello di Castrovillari o quello di Rossano, per poi ricostituirlo nel caso in cui Castrovillari o Rossano diventassero nuove provincie. Poi, bisogna raccomandare a chi si interessa di queste cose di avere un minimo di rispetto per la geografia. Per esempio, il tribunale di Rossano dovrebbe essere soppresso ed i comuni che attualmente sono serviti da quel tribunale dovrebbero far capo al tribunale di Crotone. Ma Crotone è diventata provincia, è un'altra realtà! Come si fa a decidere queste cose, che nascono fuori dalla realtà, nel chiuso degli uffici? Tutto questo non serve e non è giusto! Con il ministro Martelli avevamo avviato un discorso sull'efficienza, sull'operatività ed anche sulla trasparenza della giustizia in Calabria. Sono temi che ci debbono interessare, perché l'impunità non ha ragione di esistere, soprattutto non può essere immune da qualsiasi responsabilità il magistrato; diversamente, non ci sarà mai una giustizia giusta. So che dire queste cose nel Parlamento italiano diventa pericoloso dal momento che l'ombra di Tangentopoli si addensa su di noi; ma chi di Tangentopoli non ha paura, ha il diritto-dovere di fare il parlamentare e di denunciare le cose che non vanno anche nel pianeta giustizia. Ed io ho denunciato vicende di una gravità eccezionale già 15-16 anni fa, quando cominciavo la mia carriera parlamentare, che ora si esaurirà per l'emendamento del senatore Scivoletto. PRESIDENTE. Non è il solo! SALVATORE FRASCA. L'anno scorso, dopo 15 anni, ho avuto finalmente ragione per quanto riguardava le mie denunce sul modo in cui funzionavano la procura ed il tribunale di Paola. Alzandomi di buon mattino ho letto sulla stampa che quel procuratore della Repubblica si era dimesso, da procuratore e da magistrato, sostenendo che non poteva fare il suo dovere dal momento che glielo impedivano i suoi sostituti. Queste erano cose che avevo denunciato 15 anni fa! Comunque, finalmente, anche dopo questa clamorosa denuncia del procuratore di Paola, si è arrivati ad una conclusione da parte dell'organo competente, il Consiglio superiore della magistratura: si è deciso di sospendere dalle funzioni e dallo stipendio uno dei sostituti, di trasferirne altri due, nonché il presidente del tribunale. Però, il provvedimento è rimasto incompleto, perché mentre per uno dei sostituti vi è stata la sospensione e per l'altro il trasferimento, non si è andati avanti per il presidente e per il resto della procura. Anche se devo dire che forse è stato salutare tutto quel che è avvenuto, perché finalmente abbiamo una procura che è diventata reattiva e di questo va dato atto al procuratore della Repubblica (non così per il presidente del tribunale). Li vogliamo sostituire i magistrati che sono andati via dalla procura e quelli che andranno via dal tribunale? Il tribunale di Paola dovrebbe essere soppresso ma Paola è una zona di guerra contro la mafia e contro la delinquenza organizzata. Ne sa qualche cosa il collega Cabras, il quale ha avuto la possibilità di ascoltare i magistrati e le varie autorità locali incontrate nel corso del sopralluogo Pagina 2161 effettuato dalla Commissione in Calabria. In definitiva, ministro, intendo segnalarle la necessità di colmare tempestivamente i vuoti venutisi a creare a Paola. Inoltre, signor ministro, vorrei che lei mi aiutasse a risolvere un mistero. Il Ministero di grazia e giustizia ha incaricato il dottor Granero di effettuare un'indagine sul funzionamento della procura del tribunale di Paola. Tale indagine è stata eseguita e le sue risultanze sono contenute in dieci volumi che confermano la veridicità delle nostre denunce. Successivamente, il dottor Granero è stato incaricato di eseguire una seconda indagine. Tutto questo accadeva nel mese di dicembre del 1992; sono trascorsi sei mesi, ma non si riesce ad avere il rapporto relativo a questa seconda indagine. Nel frattempo apprendiamo e sentiamo qualche magistrato sussurrare che, mentre si sarebbe stati sul punto di mettere le mani su elementi pericolosi, da Roma (mi pare dallo stesso ispettore) sarebbe arrivato il "fermo". Si tratta di fatti di una gravità eccezionale! GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Questo lo escludo! SALVATORE FRASCA. Allora, signor ministro, propongo di convocare in questa sede il procuratore ed il sostituto procuratore che attualmente operano a Paola, per stabilire se quello che vado denunciando sia vero oppure no! Del resto, il presidente Violante mi darà atto di aver denunciato queste vicende nel corso di un convegno svoltosi a Cosenza e da lui stesso presieduto. E' comunque strano che, dopo sei mesi, non si riesca ancora ad avere la relazione scritta dalla quale sono emersi fatti di una gravità eccezionale. Mi domando chi voglia coprire tutto quello che è accaduto. Vi sono testimoni, cittadini, che hanno sfidato la mafia e sottoscritto affermazioni molto gravi! Sulla base delle dichiarazioni rilasciate da questi cittadini ed effettuando indagini rigorose, si potrebbe risalire a responsabilità di alto, altissimo livello; eppure, nulla si fa a questo proposito! Non vorrei che ciò accada perché si vuole mettere il manto delle protezioni politiche sui fatti denunziati dai cittadini ed accertati dal dottor Granero. Signor ministro, la cosa strana è che sono passati sei mesi! Lei, in sei mesi, sarebbe in grado di scrivere tre volumi! GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Sì, ma li farei molto brutti! SALVATORE FRASCA. E' possibile che in sei mesi non si riesca a scrivere una relazione? Vorrei ora affrontare un'altra questione. Il nostro, signor presidente, è un Parlamento che ormai si è lasciato autosvilire e che non ha più il coraggio di parlare e di assolvere al proprio ruolo. Un tempo, se il ministro competente non rispondeva alle interrogazioni o alle interpellanze... PRESIDENTE. ...non succedeva niente! SALVATORE FRASCA. No, c'erano dei guai! Ricordo - anche lei, presidente, dovrebbe ricordarlo - che alla Camera quattro colleghi del partito radicale riuscivano ad ottenere settimanalmente una risposta dai vari ministri. Ricordo, in particolare, che il ministro Bonifacio venne a rispondere ad alcune interpellanze di una certa gravità da me presentate. Oggi non si risponde più alle interrogazioni! Signor ministro, le consegnerò il testo di alcune mie interrogazioni. Non so più a quale santo votarmi: probabilmente l'unica possibilità che mi resta è di indurre il Presidente Spadolini a trascinare in Senato i rappresentanti del Governo perché rispondano ai miei atti di sindacato ispettivo! In caso contrario, lascerò la mia carica di senatore, così resterà solo il Presidente Spadolini, visto che non siamo in grado di far rispettare le prerogative dei parlamentari! Da tempo vado denunciando un uso strumentale della giustizia da parte della procura della Repubblica di Castrovillari, la quale agisce contro certi sindaci e non Pagina 2162 contro altri. Vado denunciando il fatto che lo stesso tribunale lascia decorrere i termini al fine di non celebrare processi contro determinati amministratori e politici corrotti! Vado denunciando che un processo di mafia, qual è quello Cirillo, il processo più importante che si sia celebrato nella piana di Sibari, si sia concluso in istruttoria dopo che erano stati eseguiti arresti clamorosi! In quel caso si è proceduto prelevando un magistrato dalle sezioni civili e trasferendolo a quelle penali, per far chiudere in istruttoria questo processo! Poiché da anni denuncio questi fatti, i casi sono due: o sono un pazzo (in questo caso sarebbe allora opportuno ripristinare le vecchie cliniche psichiatriche e farmi legare, come accadeva un tempo, ad un letto di contenzione), oppure dico la verità. In quest'ultima ipotesi, lo Stato italiano deve far valere le esigenze della giustizia, della trasparenza e della correttezza anche nei confronti di questi personaggi! Signor ministro, noi vogliamo la giustizia, vogliamo che la giustizia funzioni soprattutto nella lotta contro la mafia e la delinquenza organizzata, ma vogliamo anche che questa giustizia sia trasparente e, soprattutto, più giusta. MARIO BORGHEZIO. Il signor ministro mi giustificherà se farò una premessa che, nonostante sia fuori tema, J comunque collegata ad un impegno morale che ho assunto con il padre di Andrea Cortellezzi. E' mio dovere rivolgere anche a lei, come ho già fatto con il ministro Mancino, l'invito a rilasciare pubbliche dichiarazioni per rassicurare i parenti delle vittime dei sequestri ancora non risolti (si tratta di cinque casi) sul fatto che le indagini proseguono in tutte le direzioni e che le vicende non sono comunque considerate chiuse, anche per quanto riguarda l'eventuale ricerca dei corpi dei rapiti. Chiedo inoltre al ministro di grazia e giustizia se, cogliendo l'occasione dell'odierna audizione, possa dirci qualcosa a proposito del presunto rapimento (speriamo non si tratti di qualcosa di diverso) del bimbo Domenico Nicitra. Credo, infatti, che analoga preoccupazione debba esservi anche per questo innocente figlio di un presunto mafioso. In particolare, chiediamo lo stesso rigore e la stessa attenzione da parte degli organi dello Stato nei confronti di questo ragazzino di origine siciliana. Per quanto riguarda la sua relazione, vorrei da lei un sintetico giudizio politico su tutto ciò che vi è stato a monte dell'amministrazione della giustizia. Lei ha disegnato un quadro onesto della situazione in cui ci siamo venuti a trovare per quanto riguarda la celebrazione di importantissimi procedimenti attinenti a delitti e reati di criminalità organizzata. Tuttavia, mi pare evidente che questa situazione non è certo nuova per lo Stato italiano. Accade infatti che, dopo le grandi dichiarazioni di intenti, al momento di giungere alla conclusione una sorta di imbuto burocratico, strutturale ed organizzativo (mi riferisco, in particolare, al tribunale) finisca per caducare l'impegno e le conclamate dichiarazioni di intenti. Vorrei sapere se lei non ritenga che sia mancato da parte dell'amministrazione centralista statale della giustizia un'attività puntuale di monitoraggio della situazione. Sono convinto, infatti, che l'insorgere del problema della paralisi dell'attività dibattimentale avrebbe potuto essere previsto. Vorrei anche sapere cosa si faccia e cosa intenda fare l'attuale amministrazione per impedire che le carenze registratesi in passato continuino a manifestarsi anche in futuro. Lei ha previsto, per esempio, un monitoraggio a livello regionale - con riguardo a ciascuna corte d'appello -in ordine alla situazione dei processi, sì da poter seguire progressivamente l'evolversi della situazione e da prevedere in tempo utile le esigenze strutturali e di organico? Infine, vorrei chiedere al signor ministro un chiarimento su un punto del fascicolo che ci è stato distribuito e che riguarda la situazione degli organici e dei processi per criminalità organizzata. Mi riferisco, in particolare, ai dati relativi al Piemonte ed alla Valle d'Aosta. Nella pagina in cui si fa cenno ai dati di questo Pagina 2163 distretto non è indicato alcun processo giunto al dibattimento. Siamo reduci da una visita in Piemonte ed in Valle d'Aosta, nel corso della quale abbiamo constatato la gravità e la forza della sfida della criminalità organizzata di stampo mafioso. Chiedo a lei un giudizio su questa situazione, invero ancora molto debole, dei procedimenti giunti al dibattimento. PRESIDENTE. Do la parola al senatore Brutti, auspicando che il dibattito possa essere ricondotto alle questioni sulle quali abbiamo chiesto al ministro di soffermarsi. MASSIMO BRUTTI. Esprimo accordo sull'impostazione proposta dal ministro, dalla quale mi pare emergano alcuni punti fondamentali: anzitutto, l'esigenza di razionalizzare gli strumenti giudiziari utilizzati nel perseguire i reati di mafia e nel condurre la lotta contro la criminalità organizzata. In effetti, in questi anni abbiamo proceduto per approssimazioni successive, attraverso una serie di interventi normativi spesso dettati dall'urgenza. E' emersa quindi una giusta e condivisibile esigenza di razionalizzazione nonché la necessità di pensare prima di assumere le decisioni. Al tempo stesso vi è però la necessità di un impegno operativo sul versante dell'amministrazione ed anche su quello delle poche ma rilevantissime innovazioni normative di cui abbiamo bisogno in tempi brevissimi. Prendo atto delle considerazioni che il ministro ha svolto sulla questione centrale dei tribunali distrettuali nonché del suggerimento in base al quale le nuove norme debbano applicarsi a tutti i dibattimenti ancora non fissati dal giudice per le indagini preliminari. A maggior ragione, tuttavia, se noi assumiamo questo punto di riferimento temporale, mi permetto di sottolineare l'urgenza di introdurre queste norme. Noi abbiamo già ora una serie di rinvii a giudizio che via via si vengono snodando davanti ai nostri occhi e che non sono concentrati soltanto nelle zone tradizionalmente interessate dalla mafia. Ho letto sui giornali di oggi, per esempio, che è stato deciso il rinvio a giudizio, se non sbaglio, di Reno Giacomelli e di Giacomo Riina, che sono due personaggi chiave degli insediamenti mafiosi nell'Italia centrale. In definitiva, il lavoro delle procure sta andando avanti e giunge a compimento con decisioni anche da parte dei GIP. Proprio per tale ragione, è necessario provvedere tempestivamente all'istituzione dei tribunali distrettuali. Raccomando pertanto di tenere conto dell'esigenza di procedere in tempi molto brevi. Vorrei ora soffermarmi su una questione che abbiamo già affrontato nel mese di marzo, quando abbiamo sottoposto al ministro una relazione sulle risultanze del Forum . Si tratta del problema dell'assegnazione alle procure distrettuali dell'iniziativa processuale relativa alle misure di prevenzione previste dalla legislazione antimafia. Anche in questo caso si tratta di una misura di razionalizzazione importante. All'epoca, il ministro si dichiarò d'accordo ed un largo consenso si manifestò nel corso del dibattito in Commissione. Anche con riferimento a tale situazione, chiedo che vengano realizzati al più presto atti conseguenziali. Nel momento in cui istituiremo i tribunali distrettuali, saremo in grado di razionalizzare il disegno complessivo anche sul terreno delle misure di prevenzione (titolarità dell'iniziativa affidata alle procure distrettuali e decisione ai tribunali distrettuali). Per quanto riguarda i collaboratori di giustizia, vorrei chiedere al ministro se sia stato fatto qualcosa nella prospettiva di una distinzione, che tutti noi considerammo utile e necessaria, tra le strutture ed il personale addetti alla protezione dei pentiti e quelle preposte invece all'investigazione (anche in ordine alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia). Si è fatto qualcosa in questa prospettiva? Cosa c'è da fare? Quali sono i problemi emersi in tale settore? Anche a tale riguardo sottolineo l'esigenza di procedere con rapidità. Pagina 2164 Vorrei inoltre sottoporre al ministro una questione specifica. Al Senato abbiamo varato una nuova normativa (che ora sta per essere trasmessa alla Camera) riguardante l'istituto del soggiorno obbligato, che in sostanza restringe il soggiorno obbligato stesso soltanto ai comuni di residenza dei soggetti sottoposti a quella misura. L'articolo 25- quater del decreto-legge n. 306 del 1992 (il cosiddetto decreto antimafia) definisce le linee di un istituto che, pur essendo modellato sul soggiorno obbligato, è tuttavia diverso; mi riferisco al soggiorno cautelare. Credo che noi dovremmo formulare anche quella norma nella stessa logica e nello stesso spirito che ha guidato l'intervento normativo in tema di soggiorno obbligato. Richiamo l'attenzione del ministro su questa esigenza, anche perché i casi più eclatanti emersi negli ultimi tempi non hanno riguardato tanto le misure di soggiorno obbligato quanto, appunto, il soggiorno cautelare. Credo che ciò non sia utile ma anzi contribuisca a creare nuovi centri di presenza mafiosa in zone nelle quali gli apparati dello Stato sono impreparati ad affrontare il fenomeno. Suggerisco quindi che anche l'articolo 25- quater del decreto-legge n. 306 del 1992 venga rimodellato tenendo conto della riforma dell'istituto del soggiorno obbligato. Per quanto riguarda la direzione nazionale antimafia, ho colto nelle parole del ministro una considerazione attenta, puntuale, molto analitica dei problemi aperti e delle incertezze emerse ed anche (non so se sbaglio) qualche spunto critico, o almeno l'esigenza di sottoporre questo istituto ad una verifica attenta per valutare il modo in cui esso funziona e come si possa intervenire per farlo funzionare meglio. Desidero allora insistere su un obiettivo che mi sembra prioritario rispetto a tutti gli altri, quello di definire le strutture operative necessarie per pervenire alla circolazione delle informazioni, all'informatizzazione, alla creazione di un circuito tra le banche-dati delle procure distrettuali e quella della direzione nazionale antimafia. Tutto ciò oggi non esiste e rappresenta invece un obiettivo prioritario, perché per coordinare bisogna conoscere e la direzione nazionale antimafia sarà in grado di coordinare solo in quanto sarà in condizione di conoscere (oggi non lo è). Le decisioni finora adottate, come l'applicazione di singoli magistrati in varie zone del paese, sono evidentemente inadeguate rispetto ai compiti che dovrebbero essere propri della procura nazionale antimafia. Tentare di qualificare il ruolo di questo istituto sul piano di una sorta di diritto di primo accesso ai collaboratori di giustizia o su altri terreni investigativi significa, a mio avviso, aggravare le contraddizioni e le incertezze proprie dell'istituto. Dobbiamo invece fare il possibile per qualificare quest'ultimo come istituto e strumento di coordinamento, non come organismo addetto alle investigazioni, dal momento che l'incertezza e l'ambiguità dipendono dalla sovrapposizione di questi due piani, mentre occorre, a mio avviso, privilegiarne uno, ossia quello del coordinamento e della circolazione delle informazioni, ma per fare questo è necessario un impegno operativo sul versante dell'amministrazione. Mi riferisco alla questione delle banche-dati e dell'informatizzazione. I magistrati della direzione nazionale antimafia che abbiamo ascoltato sono concordi sul fatto che questa sia la priorità, ed io chiedo di investire su tale priorità energie, mezzi e progetti politici. PRESIDENTE. Poiché non vi sono altri interventi, darò subito la parola al ministro, il quale risponderà con riferimento a questa tranche di questioni trattate. Tuttavia, siccome siamo in seduta pubblica, vorrei fosse chiaro che quando si parla di tribunale distrettuale si non pensa ad un organismo parallelo alla procura distrettuale, ossia ad un organismo specializzato (vi sono alcuni magistrati all'interno della procura distrettuale che si occupano di questo), ma si pensa ad una competenza dei tribunali delle città sedi di corte d'appello per tutti Pagina 2165 ireati di mafia che avvengono all'interno del distretto; tale competenza ruoterebbe all'interno delle singole sezioni. ALFREDO GALASSO. Alla maniera della corte d'assise, per intenderci. PRESIDENTE. Non vi è quindi un organo ad hoc ; lo dico perché a volte sorgono equivoci su tale aspetto. Credo inoltre che alla Commissione interessi conoscere le determinazioni del ministro su tale questione, oltre che su quella specifica dell'informatizzazione, trattata dal collega Brutti. Do ora la parola al ministro Conso. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Fino ad un attimo fa avevo pensato di rispondere seguendo l'ordine degli interventi; tuttavia, proprio le ultime parole del senatore Brutti mi inducono a "riafferrare" il bandolo sull'aspetto relativo al circuito informatico, che appare molto importante. Uno degli impegni che negli ultimissimi tempi è stato assunto con grande determinazione, anche di fronte alle richieste provenienti dagli uffici interessati, è stato quello di dar vita ad un circuito informatico tra le varie procure antimafia, tanto che il processo è già stato avviato ed ha una priorità assoluta. Visto che mi è stata rivolta una domanda vertente su tale aspetto, al quale ho accennato forse un po' in fretta, desidero ribadire l'estrema fiducia che merita la persona prescelta per guidare questa direzione generale presso il Ministero di grazia e giustizia, anche perché è più unico che raro il caso in cui, nel compiere una determinata scelta, si riceve il conforto di plausi generalizzati provenienti da tutte le parti. Possiamo quindi dire che siamo in ottime mani, trattandosi di una persona di grande competenza e già collaudata. Il processo in questione sta andando avanti molto rapidamente anche perché, avendo istituito in sede ministeriale un comitato preposto ai problemi dell'informatica, d'intesa con il Consiglio superiore della magistratura, per certi aspetti particolari (soprattutto quello di un programma tipico per quanto riguarda il circuito informatico della giustizia, con una vera e propria autonomia), in quella sede sono state indicate alcune priorità da perseguire. Come priorità numero uno è stata posta quella di dotare al massimo di strumenti informatici le procure distrettuali e la procura nazionale antimafia. Venendo ora all'ordine che pensavo di seguire nelle risposte, anche per una serie di considerazioni che possono non essere condivise ma sono legate all'ordine degli appunti che ho preso (anche se taluni aspetti sono ricorrenti), devo dire che quasi inevitabilmente ogni volta che si giunge ad un incontro importante, anche se gli argomenti sono ben individuati ed eventualmente numerosi, lo spazio si allarga sempre di più, a dimostrazione del fatto che i problemi della giustizia sono tra loro così connessi e concatenati che non è possibile mantenersi in un ambito circoscritto. Ho cercato comunque di presentarmi a questo incontro abbastanza preparato (dico abbastanza perché i temi sono talmente numerosi che non ho potuto neanche affrontarli tutti). Il senatore Brutti ha richiamato l'attenzione sul problema della legittimazione in tema di misure di prevenzione; si tratta proprio della questione che stavo affrontando quando il presidente mi ha invitato a rinviarne la trattazione ad un momento successivo, visto che si era già parlato di molti argomenti. Comunque, poiché mi è stata rivolta una domanda specifica, ribadisco che sono d'accordo su tale iniziativa, da estendere anche alle procure distrettuali. Tuttavia, proprio le modifiche che stanno intervenendo in tema di misure di prevenzione personale giustificano forse un momento, se non di attesa, almeno di coordinamento su questo punto. Su alcuni aspetti mi riservo comunque di rispondere personalmente inviando una missiva a chi ha posto le domande oppure intervenendo un'altra volta in Commissione. Pagina 2166 Per quanto riguarda, ad esempio, le interrogazioni del senatore Frasca, poiché l'ultima da lui presentata è piuttosto recente, probabilmente la relativa risposta è in corso di stesura. Devo altresì rilevare che quasi ogni giorno firmo molte risposte ad interrogazioni parlamentari; le risposte quindi verranno date, anche se a volte possono tardare. SALVATORE FRASCA. Non ne ho ricevuta neanche una. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Le darò comunque notizia. Tra l'altro, alcune interrogazioni sono state presentate ai miei predecessori. Per esempio, il senatore Frasca ha fatto riferimento ad interrogazioni presentate nel settembre del 1992; ritengo che egli possa giustamente chiedere che io risponda ad interrogazioni rivolte a me, mentre per quelle presentate in precedenza (che devono essere comunque oggetto di risposta), essendo pervenute prima che io mi occupassi di tali questioni, mi si consenta di dare una risposta dettagliata in un momento successivo. Tra l'altro, le interrogazioni che giungono sono così numerose che si cerca di rispondere almeno a quelle indirizzate alla propria persona. Le darò comunque contezza, senatore Frasca, di quello che lei giustamente chiede, ma mi dia il modo di farlo. Ricordo altresì che sono intervenuto alla seduta odierna per rispondere non alle interrogazioni presentate nel corso di un decennio ma ad alcune domande. Domani cercherò tuttavia di soddisfare la giusta richiesta del senatore Frasca, ma in questo momento non sono in condizione di farlo. Sempre in un momento successivo risponderò in merito all'ispezione Granero, che del resto è oggetto dell'ultima interrogazione presentata, che riceverà al più presto una risposta formale. I temi di fondo trattati oggi sono stati due, visto che poi ci siamo arrestati. Il primo riguarda i tribunali distrettuali ed il secondo i rapporti tra la direzione nazionale e le procure distrettuali antimafia. Mi pare che in linea di massima le voci che abbiamo ascoltato, salvo qualche eccezione, siano state concordi nell'affermare che le procure distrettuali funzionano bene e quindi può essere auspicabile l'istituzione dei tribunali distrettuali. Il senatore Brutti ha affermato addirittura che tale istituzione è urgente e non bisogna perdere tempo al riguardo. In linea di massima, quindi, le opinioni sono state positive, anche se vi sono le riserve espresse dall'onorevole Galasso, un grande esperto di tali questioni; mi è parso però, in definitiva, di ascoltare una battuta, se si vuole un po' polemica, ma che tutto sommato può confortare chi è favorevole all'istituzione dei tribunali distrettuali: mi riferisco all'ipotesi di prevedere a livello distrettuale il giudice e non la procura; il fatto che il terminale sia distrettuale trova quindi tutto sommato anche un certo appoggio nell'ambito di una presa di posizione un po' critica nei confronti di risposte emotive ed emergenziali anziché collegate ad un quadro più generale. L'onorevole Imposimato, che ha preso posizione per primo su tale problema, ha sottolineato che un'eventuale centralizzazione comporterebbe viaggi più lunghi per i testimoni e nuovi problemi di sicurezza. Egli ha giustamente posto l'accento su un problema che potrà essere affrontato. Tutto sommato però i vantaggi derivanti dal tribunale distrettuale prevalgono, a mio avviso, sui suddetti aspetti, che vanno certamente curati ma che non eliminano il vantaggio. Lo stesso onorevole Imposimato ha accennato ad un problema successivamente ripreso dall'onorevole Tripodi, il quale si è pronunciato contro la centralizzazione, affermando che bisogna assicurare la giustizia sul territorio e non centralizzare troppo. Anche altri hanno trattato questo aspetto e ricordo, in particolare, le preoccupazioni espresse dal senatore Frasca su alcune sedi di tribunale di cui verrebbe minacciata la soppressione. Il discorso si allarga allora fino ad investire un problema collegato anche Pagina 2167 all'intervento del presidente Violante, il quale ha accennato all'ipotesi di un giudice unico di primo grado. Devo svolgere al riguardo due osservazioni: la questione della revisione delle circoscrizioni giudiziarie, con l'ipotizzata soppressione di taluni tribunali, è diventata una dei maggiori motivi, per così dire, di disturbo della mia vita quotidiana. Anche oggi ho ricevuto due telefonate, provenienti da due zone d'Italia, in cui il sindaco, oltre ad alcuni avvocati e magistrati, chiedevano di venire a parlarmi affinché non venisse soppresso il tribunale di una città o di un'altra. E' bene allora che si sappia (colgo l'occasione per parlarne in una sede così importante e l'ho già detto rispondendo singolarmente a queste richieste) da dove è nata questa psicosi di soppressione dei tribunali. Quello della revisione delle circoscrizioni giudiziarie è un problema reale, di cui si parla da tempo ed è stata evidenziata la necessità di tale revisione (si è detto che vi sono uffici inutili e così via). Si tratta tuttavia di un tema che resta sempre sullo sfondo perché manca il tempo o la forza per affrontarlo. Qualche tempo fa al Consiglio superiore della magistratura un consigliere che da tempo dedica le proprie meditazioni a tale argomento aveva predisposto uno studio basato sulla statistica e concernente tutto il territorio nazionale. Avuta l'autorizzazione, ha inviato questa relazione, questa ipotesi di lavoro, a tutti i presidenti delle corti d'appello italiane. Intendiamoci: non è che il Consiglio superiore della magistratura ha adottato una certa delibera e poi l'ha diffusa per avere il parere, ha semplicemente autorizzato questo studio come motivo d'interesse, come base di analisi di un tema che esiste, ma senza nessun intento di risolverlo così rapidamente. Questo studio arriva nelle varie presidenze di corte di appello e la voce si diffonde. Siccome in questo piano si menzionavano tribunali per i quali si indicava una dose di lavoro inferiore a certi canoni statistici, ecco che questo testo ha assunto improvvisamente un peso che esso, magari interessante dal punto di vista culturale, sul piano istituzionale assolutamente non ha. Il Ministero con questa cosa non c'entra niente, anche se continuano ad arrivare al Ministero numerose telefonate e lettere. Desidero dire che il Ministero è estraneo... PRESIDENTE. Non c'entra. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Non c'entra proprio niente. Se posso fare una battuta scherzosa, con tutto il rispetto. SALVATORE FRASCA. Siccome, per esempio in Calabria, sono da tempo in corso scioperi presso i tribunali che ho menzionato, lei potrebbe dire una parola tranquillizzante... PRESIDENTE. Hanno smesso oggi. SALVATORE FRASCA. Una parola precisa da parte sua farebbe finire questo caos. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Lei lo dice a me, ma io tra gli infiniti problemi che ci sono - e vediamo che sono grandi e difficili - ho avuto molto del mio tempo bruciato da queste telefonate e visite. All'inizio venivano di persona ed io cercavo di calmarli; adesso mi limito a rispondere per telefono. Però, l'inquietudine di cui lei parlava è stata tale e tanta che si sono determinate molte astensioni dal lavoro. Volevo fare una battuta scherzosa: con tutti i problemi che ci sono, ci voleva anche questa idea? Non bastano già tutti i problemi che abbiamo? E' una base che verrà tenuta presente in futuro, quando nuove legislature potranno avere tempi e modi per decidere. Posso aggiungere, così rispondendo anche al presidente, che ho deciso - proprio per dimostrare che il Ministero in quella faccenda non c'entrava ma al tempo stesso riconoscendo che il problema esiste e che, come dice l'onorevole Galasso, è una di quelle riforme che vanno fatte non sull'onda dell'emozione ma studiandole con ponderazione nei Pagina 2168 tempi necessari - di istituire una commissione, che si sta formando in questi giorni, che avrà come compito quello di studiare le circoscrizioni giudiziarie ma in un'ottica molto diversa, non quella della eliminazione qua e là di uffici giudiziari ma quella di una revisione basata sull'idea del giudice unico di primo grado, salvo l'assise ed alcune ipotesi particolari. E' una tesi che risale al 1977-1978, quando fu lanciata da Bonifacio, suscitando vivaci dibattiti. Quindi, revisione delle circoscrizioni giudiziarie ma nell'ottica del giudice unico di primo grado. Il giudice unico di primo grado, che svolgerà le funzioni del pretore e del tribunale, farà sì che nessuno dei tribunali oggi esistenti possa venir soppresso, perché se passerà questa proposta è chiaro che nelle varie sedi se non altro vi sarà la pretura. Non è detto che questa idea si concretizzerà, ma siamo in parecchi a cullarla ed anche il presidente Violante l'ha rilanciata. Vogliamo verificarla con molta calma e la commissione da me istituita comincerà a preparare il lavoro per il futuro, senza alcuna fretta. E' un modo per dire che il problema della revisione delle circoscrizioni giudiziarie è reale ma non lo si risolve eliminando tribunali bensì in quest'altro modo, cioè trasformando preture e tribunali in giudici monocratici di primo grado, il che permetterebbe anche una maggiore utilizzazione di magistrati. Questo mi correva obbligo di dire, sia per rispondere a talune preoccupazioni di vario genere sia per dare questa informativa specifica. Sempre l'onorevole Imposimato ha portato l'attenzione su un caso particolare, quello del tribunale di Napoli, richiamato in più di un intervento, perché il problema del palazzo di giustizia di Napoli è certamente assai delicato (ne ha parlato anche l'onorevole Tripodi in collegamento con la questione della nomina del procuratore della Repubblica di Napoli). A questo proposito, desidero dire che sul problema generale della giustizia a Napoli - molto delicato e grave, in particolare quello edilizio - con grande determinazione si è scelta la via che si imponeva in maniera assoluta, perché i lavori per il nuovo palazzo di giustizia, nella sede che è stata scelta da tempo, sono iniziati nel 1975. E' stata spesa una cifra enorme e resta da finire una piccola porzione. Siamo riusciti a sbloccare l'ultima tranche di 20 miliardi per il completamento. PRESIDENTE. L'altro giorno il prefetto ha firmato. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Il Presidente Ciampi prima di partire per Tokio ha firmato su mia preghiera. E' stato un modo per tranquillizzare l'ambiente napoletano. Ho chiesto al Presidente Ciampi di firmare ed il suo segretario particolare mi ha comunicato che lo aveva fatto prima di partire. Quindi, questa vicenda è in dirittura di arrivo; verranno rispettate le scadenze; l'impresa è impegnata a completare i lavori ed abbiamo anche predisposto per la sicurezza all'esterno, elemento che diventa decisivo in questo momento. Ci siamo assicurati quel palazzo di 12 piani in cui passerà la procura della Repubblica, in modo che anche il tribunale distrettuale possa trovare una sede adatta. Spingeremo al massimo anche per ciò che concerne gli arredi, in modo che all'inizio dell'anno prossimo si possa imprimere una svolta alla giustizia a Napoli. Per quanto riguarda la persona da nominare procuratore della Repubblica di Napoli, devo dire che da parte mia il problema dei capi degli uffici è di un'importanza determinante. Mi ricollego a quanto ha detto all'inizio, il presidente Violante sugli orari di lavoro, argomento sul quale si è poi soffermato anche il senatore Frasca. Questi sono problemi dei capi degli uffici, soprattutto a livello di presidenti di corte d'appello e di procuratori generali. Ritengo che il problema dei capi degli uffici sia fondamentale. E' un ruolo cui molti aspirano, quasi come fosse un sogno della propria vita: essendo una funzione importante, bisogna che sia gestita nel modo più completo ed adeguato Pagina 2169 possibile. Ora, direi che la prima esigenza è di non tardare troppo nella copertura dei posti; invece, molte volte si constata che le procedure si trascinano a lungo. Certo, ci sono rischi di ricorsi al TAR, per cui è chiaro che le motivazioni devono essere oculate ed attente. Da parte mia, mi limito a pungolare il più possibile, nel senso di chiedere che le delibere mi siano inviate al più presto per il concerto, per non perdere tempo. Quella di Napoli non mi è ancora pervenuta. L'ho sollecitata, perché mi giunga il più presto possibile, in coerenza con questo principio generale. PRESIDENTE. Informo i colleghi che è iniziata alla Camera la seconda chiama per la votazione sulla fiducia posta sul decreto-legge n. 155 del 1993. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Quindi, per quanto riguarda Napoli sto attendendo e risponderò molto rapidamente. GIROLAMO TRIPODI. Dicevo un'altra cosa, parlavo di un riesame... PRESIDENTE. Onorevole Tripodi, può intanto recarsi a votare e tornare subito dopo. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Terrò in sospeso le risposte alle domande dell'onorevole Tripodi e passerò alle altre. PRESIDENTE. Scusi, signor ministro: avverto i deputati che possono allontanarsi per partecipare alla votazione. (I deputati membri della Commissione escono dall'aula) . PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Al senatore Brutti ho già in parte risposto. Egli mi ha chiesto quale sia la via più rapida da seguire per l'istituzione dei tribunali distrettuali. Per corrispondere all'urgenza, la via più rapida sarebbe quella del decreto-legge ma sorgono dubbi sulla sua agevole praticabilità per la istituzione di uffici giudiziari. Certo, il disegno di legge richiede più tempo. D'altra parte, questi dibattimenti stanno per essere fissati e quindi bisognerebbe accelerare i tempi. Ne faremo oggetto di meditazione in sede governativa, anche con gli altri ministri, soprattutto per quanto riguarda la percorribilità della via del decreto-legge. Le misure di prevenzione mi pare che vadano inserite in quel quadro, quindi quelle osservazioni sulla misura del soggiorno, che si stanno portando alla Camera, una volta definite, potrebbero permettere di risolvere questo problema. MASSIMO BRUTTI. Si potrebbe in quella sede correggere l'articolo 25- quater ? GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Dovrebbe poi tornare al Senato. Sarebbe sempre tempo guadagnato rispetto ad un nuovo provvedimento di legge. PRESIDENTE. Un nuovo provvedimento impiegherebbe più tempo. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Qualche deputato potrebbe prendere l'impegno di presentare un emendamento, anche se l'iniziativa potrebbe essere assunta anche dal Governo. A questo riguardo, prendo nota della questione, cioè dell'inserimento di una norma sull'attribuzione anche al procuratore distrettuale dell'iniziativa per le misure di prevenzione. Questo sarebbe l'inserimento da lei richiesto? Almeno questo era il paragrafo di cui avevamo parlato nella precedente audizione: procure distrettuali e misure di prevenzione. PRESIDENTE. Sono due questioni: le misure di prevenzione ed il soggiorno cautelare. Pagina 2170 GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Ma quello è l'oggetto del testo. Il testo approvato dal Senato... MASSIMO BRUTTI. Riguarda il soggiorno obbligato, che è cosa diversa dall'articolo 25- quater . GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Sì, è vero sono due cose diverse. Tutte e due si possono però... MASSIMO BRUTTI. Mi sembra semplice inserire nel testo che va ora alla Camera un emendamento specifico sul soggiorno cautelare. PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE MASSIMO BRUTTI. Nel testo che rimodella l'istituto del soggiorno obbligato si potrebbe inserire anche l'istituto del soggiorno cautelare limitandolo ai comuni di residenza. La questione dell'iniziativa per le misure di prevenzione è un po' più complicata. Ritengo sia difficile inserirla in questo provvedimento. PRESIDENTE. Non essendovi obiezioni, proseguiamo i nostri lavori in seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo interno. (La Commissione procede in seduta segreta). PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito audiovisivo interno. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Al senatore Frasca devo molte risposte. Per quanto riguarda i magistrati che mancano, tutti chiedono il rafforzamento degli organici. Da tutte le parti chiedono magistrati e non è che ci sia la possibilità di crearli dal nulla. Si tratta di problemi molto delicati. Il senatore Frasca propone di "recuperare" dai ministeri gli oltre cento magistrati che sarebbero colà impegnati. Debbo dire che, già da qualche tempo, il numero è stato alquanto ridotto e alle richieste degli altri ministeri rispondiamo ormai sistematicamente di no. Del resto, lo stesso CSM segue questa linea. Attualmente i magistrati presso il ministero sono 70-75. Tale numero potrà certamente essere ridotto anche per effetto della revisione e della ristrutturazione introdotte dal decreto legislativo n. 29 del 1993. A tale proposito si creerà un certo spazio per la possibilità di utilizzare personale di cancelleria anche ai fini dello svolgimento di determinate attività. Per quanto riguarda la riforma del Ministero di grazia e giustizia, nella precedente legislatura sono stati presentati alcuni progetti di legge di iniziativa parlamentare, alcuni dei quali mi sembra siano stati riproposti anche in quella attuale. Oggi non vi è più bisogno di ricorrere a tali iniziative giacché è stata conferita una specifica delega al Governo. A tal fine, un'apposita commissione sta predisponendo un progetto di riforma, che cercheremo di attuare nei tempi più rapidi possibili, tenendo tuttavia presente che quando si toccano problemi di inquadramento del personale è necessario che nella dialettica intervengano altri ministeri, in particolare quello della funzione pubblica, che in questi casi finisce per avere un ruolo quasi predominante. Mi auguro di poter realizzare la riforma da tempo attesa utilizzando il percorso del decreto delegato, certamente molto più rapido di quello ordinario. Per quanto concerne le osservazioni sugli orari di lavoro - proposte in particolare dal senatore Frasca, il quale ha richiamato un esempio catanzarese -, non è mia intenzione difendere o accusare chicchessia. Per il ruolo che mi compete, non posso infatti interferire nell'attività dei magistrati con riferimento al quotidiano. Tuttavia, se me lo consente, vorrei fare una battuta. Io ho fatto l'esperienza del giudice costituzionale e ricordo che, quando si trattava di studiare le cause e di consultare i precedenti, mi trattenevo Pagina 2171 quasi tutto il giorno presso la Corte. Quando invece si trattava di stendere una sentenza collegiale (il lavoro più arduo e difficile che esista nel mondo giuridico!), mi chiudevo a casa. Se qualcuno avesse adottato il metodo di controllare se mi recavo presso la sede della Corte, avrebbe facilmente concluso che in quei giorni ero in vacanza...! SALVATORE FRASCA. Lei dà una dignità culturale ad un problema di assenteismo! Faccia degli accertamenti, signor ministro! PRESIDENTE. Il senatore Frasca fa riferimento al fatto che certe udienze cominciano tardi. SALVATORE FRASCA. Come è possibile che presso la stessa corte d'appello, negli stessi uffici, vi siano padre e figlio, zii e nipoti! Accertiamole, queste cose! GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Si effettuano ispezioni anche per accertare questi fatti! SALVATORE FRASCA. Sì, ma gli ispettori non devono andare al cinematografo, così come ho già avuto modo di denunciare! Se vanno al cinematografo, non controllano ciò che avviene negli uffici giudiziari! PRESIDENTE. La sera possono pure andare al cinema (Si ride) ! GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Forse ci vanno dopo cena. PAOLO CABRAS. Dopo l'orario di lavoro. ALBERTO ROBOL. Frasca, non perdoni nessuno! SALVATORE FRASCA. Il sostituto procuratore di Palmi è il dottor Neri ed il procuratore generale presso la corte d'appello di Reggio Calabria è suo padre! Queste cose debbono finire! Sono cose di una gravità eccezionale che violano l'ordinamento giudiziale! PRESIDENTE. Senatore Frasca, non addentriamoci in queste considerazioni...! GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . Senatore Frasca, i suoi addebiti andrebbero più opportunamente rivolti al Consiglio superiore della magistratura. Faremo comunque un'ispezione. Per quanto riguarda il tribunale di Paola, per effetto della relazione alla quale lei ha fatto riferimento, sono state formulate richieste di azione disciplinare, attualmente in esame presso la competente commissione del CSM, i cui esiti scritti farò pervenire appena saranno disponibili. Quanto ai problemi dei vuoti di organico e delle persone condannate, vedremo come andranno a finire le azioni disciplinari (che il ministro esercita, ma sulle quali decide il Consiglio superiore della magistratura). Non so, presidente, se sia opportuno dare risposta ai quesiti posti dai parlamentari che in questo momento sono in aula a votare. PRESIDENTE. I colleghi avranno la possibilità di conoscere le sue risposte leggendo il resoconto stenografico della seduta. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia . L'onorevole Borghezio ha affrontato il problema dei sequestri, con particolare riferimento ai casi Cortellezzi e Nicitra. Ovviamente, va da sé che le indagini sono effettuate sempre nel modo più attento possibile, soprattutto nei primissimi giorni, quando la spinta della polizia e della magistratura è massima. Sotto questo profilo, è impensabile che si possa sospendere alcunché. Dirò di più: anche nell'ipotesi in cui, per la circostanza che gli autori del fatto sono ignoti, si arrivi all'archiviazione, quest'ultima è comunque sempre superabile non appena sopravvenga qualche elemento nuovo. Pertanto, non vi è nulla da temere. La Pagina 2172 cosa triste si verifica nel momento in cui il rapito venga ucciso e ci si trovi di fronte ad un cadavere. In quel caso la giustizia deve andare avanti ancora di più, per perseguire il colpevole. In definitiva, l'impegno non può che essere assoluto. Considerato che l'onorevole Borghezio ha rivolto la sua richiesta con riferimento a due casi specifici, cercherò di informarmi, anche se do per scontato che, con riferimento alla vicenda del ragazzino rapito in questi giorni, l'impegno delle forze dell'ordine, sotto la guida della magistratura, è sicuramente profuso al massimo. Per quanto riguarda i dibattimenti in Piemonte, effettivamente nel prospetto consegnato alla Commissione non compaiono i relativi dati. Mi risulta comunque che vi sia un procedimento per mafia a Vercelli (dove un magistrato della procura distrettuale dovrebbe recarsi) ed un altro a Verbania. Comunque, aggiorneremo al più presto i dati. Molti commissari mi hanno posto il problema delle strutture e degli organici. Tutti hanno bisogno di magistrati, di personale ausiliario, di mezzi di automazione, di macchine blindate e di altro. Cerchiamo di far fronte a queste esigenze, nonostante i limiti di bilancio e, soprattutto, di uomini. Per quanto riguarda il personale di amministrazione, sono stati avviati oltre venti concorsi, in data 15 giugno, che saranno svolti a breve scadenza in base alle formule più rapide oggi attuabili. Alla fine dell'anno, o anche prima, dovremmo avere una disponibilità in ordine alle varie mansioni. Per quanto attiene ai magistrati, l'unica notizia positiva, diretta ed immediata, è che, insistendo presso il CSM, ho ottenuto che la chiamata degli uditori vincitori del concorso del quale è stata pubblicata la graduatoria poco più di due mesi fa avvenga entro il 10 luglio, così evitando la prospettiva di effettuare la chiamata dopo le ferie. Si tratta di 320 uditori che porteranno un ossigeno prezioso. Quanto ai concorsi successivi, purtroppo fino a quando non sarà approvato lo specifico disegno di legge in materia - per il quale rivolgo una raccomandazione a tutti i parlamentari che abbiano a cuore questi argomenti, affinché ne caldeggino l'approvazione - continueremo ad avere concorsi che richiederanno tempi incredibili. Il disegno di legge è già stato approvato da uno dei due rami del Parlamento. Purtroppo, non so se tale provvedimento potrà valere per gli orali del concorso per il quale è previsto tra breve lo svolgimento degli scritti. Per quanto riguarda il penultimo concorso, per il quale gli orali sono cominciati il 15 giugno, ho raccomandato alla presidenza di accelerare i tempi e mi è stato risposto che, pur volendo concludere nel più breve tempo possibile, si arriverebbe comunque alla fine di marzo. Va infatti considerato che i tempi di espletamento del concorso sono collegati ad una serie di congegni molto complicati e che, nel caso di specie, il calendario era già stato stilato. Mi auguro che questo concorso sia l'ultimo ad essere svolto in tempi così lunghi. Se con il disegno di legge al quale mi sono riferito riusciremo ad abbreviare i termini concorsuali, potremmo giungere - ovviamente in una prospettiva di medio-lungo periodo - ad un rafforzamento e ad un ampliamento degli organici, coprendoli progressivamente in relazione allo svolgimento dei vari concorsi. Per quanto riguarda le considerazioni dell'onorevole Galasso, la strategia da lui indicata è certamente ideale ed esemplare. Il fatto è che noi viviamo sotto l'incubo continuo degli interventi. Non è che noi ci facciamo prendere dall'emergenza: l'emergenza c'è e se noi, in un quadro generale, riteniamo di modificare le circoscrizioni ed istituire il giudice unico prima di intervenire sul tribunale distrettuale, certamente non avremo i tribunali distrettuali, ma in autunno e nei primi mesi del prossimo anno ci troveremo di fronte ad una serie di dibattimenti per reati di criminalità organizzata che dovranno essere spostati sul territorio. Del resto, la situazione che viviamo da molti anni ci pone di fronte a problemi urgenti. Io credo che il segreto sia di rispondere a questi ultimi con rapidità, Pagina 2173 considerandoli tuttavia in un quadro generale, cioè trovando soluzioni che abbiano una loro razionalità e che non siano troppo estemporanee. Comunque, considero preziosa la raccomandazione dell'onorevole Galasso. In definitiva, diciamo sì alla strategia globale ma ciò non toglie che i problemi urgenti debbano comunque essere affrontati. Quanto ai dubbi manifestati dall'onorevole Galasso con riferimento alla sperimentazione da lui effettuata in merito ai rapporti tra procura nazionale e procura distrettuale (l'onorevole Galasso parlava di una situazione ancora incompiuta), anch'io ritengo che la situazione sia in divenire, per cui è opportuno attendere ancora prima di prendere divisamenti (nonostante mi sia parso che l'onorevole Galasso propendesse per la possibilità di rivedere integralmente la procura nazionale). D'altra parte è innegabile che esistano difficoltà di rapporti tra procura nazionale e procura distrettuale (è stato ricordato il caso delle Puglie) e tra procura distrettuale e procure non distrettuali (perché anche queste entrano in gioco in tale dialettica). Problemi sono emersi anche in Toscana nei rapporti con la Liguria per effetto di una strana intromissione della corte d'appello di Genova in territorio toscano. L'onorevole Galasso, da grande competente, ha detto cose giuste: il concetto di reato di mafia e di criminalità organizzata non è facilmente individuabile e definibile, non possiamo cioè dire che ormai sia stabilizzato. In realtà, io avevo detto che oggi abbiamo una norma, il terzo comma- bis dell'articolo 51 del codice di procedura penale, che ci permette di individuare una categoria precisa. Tuttavia, ho richiamato tale disposizione da un punto di vista giuridico; certo, da un punto di vista sociologico la possibilità di individuare esattamente quali siano i reati di mafia e di criminalità organizzata non è così semplice. Del resto, la discussione è ancora aperta e forse lo sarà sempre. Giuridicamente, per gli schemi che abbiamo e dei quali stiamo discutendo in vista dell'istituzione del tribunale distrettuale ed alla luce della dialettica tra procure distrettuali e procura nazionale, i reati che entrano in gioco sono essenzialmente quelli indicati dalla normativa. Sotto il profilo sociologico - ripeto - ha pienamente ragione Galasso, ma la mia era soltanto una notazione giuridica. Mi auguro che le norme di legge mantengano quella definizione, salvo a mutarla, ma in questo caso sarebbe necessario un intervento a tutto campo, variando le norme correlative. Vorrei richiamarmi alla valutazione iniziale dell'onorevole Tripodi, partendo dall'ultima considerazione, molto interessante, formulata dall'onorevole Galasso. E' stata criticata la competenza a livello distrettuale perché considerata opinabile. Si sosteneva quindi la necessità di andare cauti nel creare questi organismi che hanno un contesto territoriale molto vasto. L'onorevole Tripodi aveva sottolineato che occorre evitare le proteste della gente, perché la centralizzazione allontana dal territorio; egli si riferiva alla temuta soppressione dei tribunali di Lamezia Terme e di Rossano. Collegandomi a quanto ho già affermato in precedenza, desidero sottolineare che al momento questo timore è basato unicamente su un testo che non ha un'incidenza concreta ma riveste un valore culturale e di ipotesi ed ha creato molto trambusto perché si è ritenuto che si trattasse di un'iniziativa almeno ufficializzata dal Consiglio superiore della magistratura e addirittura sposata dal Ministero di grazia e giustizia. Quest'ultimo in realtà non l'ha assolutamente sposata ed ha anzi proceduto alla costituzione di un'apposita commissione incaricata di studiare una possibile riforma delle circoscrizioni giudiziarie, tenendo conto che la strada in cui si crede è quella del giudice unico di primo grado. Agli onorevoli Tripodi e Galasso desidero rispondere che certamente è giusto prevedere una diffusione dei tribunali sul territorio; tuttavia, nel momento in cui dobbiamo combattere la mafia e ci troviamo di fronte a delitti gravissimi, con Pagina 2174 varie situazioni sul piano della sicurezza e delle indagini, dobbiamo anche guardare ai mezzi necessari, proprio per le carenze di cui risentiamo. Forse sarebbe allora preferibile potenziare il tribunale distrettuale, dotandolo di tutti i mezzi necessari, anziché attuare un'eccessiva dispersione sul territorio senza poi riuscire a contrastare questi reati. D'altra parte, i tribunali non distrettuali hanno moltissimo da fare perché l'ambito dei giudizi civili e dei processi penali resta pur sempre ampio. L'onorevole Tripodi ha parlato di organici carenti e su tale questione siamo tutti d'accordo: gli organici sono infatti certamente carenti ma non è facile riempirli. Cerchiamo, comunque, il migliore dosaggio possibile, tentando di rafforzare le strutture laddove esiste una maggiore urgenza. L'onorevole Galasso potrebbe rispondere che in questo modo si è emozionali, ma non vi è altra soluzione. Sempre l'onorevole Tripodi ha parlato anche di Palmi e di Napoli; con riferimento a quest'ultima situazione ho già detto qualcosa, mentre per quanto riguarda Palmi studieremo la situazione degli organici per colmare le carenze evidenziate in altri momenti del dibattito. Sono stato infine interpellato con riferimento al problema dell'affollamento delle carceri, che si presenta certamente molto grave e delicato; si cerca comunque di fronteggiarlo e un decreto-legge ha introdotto varie misure sulla scorta di quanto la Camera aveva introdotto in occasione della prima stesura del provvedimento; di ciò abbiamo tenuto conto nella reiterazione e sussiste pertanto la speranza che possano scaturirne alcuni esiti positivi. Questo tuttavia non è sufficiente, poiché occorrerebbe riaprire alcune carceri, oltre che costruirne di nuove. L'onorevole Tripodi ha citato un esempio che dimostra come in alcuni luoghi vi siano vecchie carceri che potrebbero essere riaperte, ma nel momento in cui si scrive per avanzare una richiesta in tal senso si riceve una risposta negativa. Desidero chiarire, al riguardo, che seppure il nostro paese ha molte carceri vecchie e non più utilizzate (comunque quelle attualmente funzionanti, salvo alcune nuove ed altre rinnovate, non brillano certo per modernità, visto che alcune sono piuttosto cadenti), quelle chiuse sono generalmente cadenti al punto da essere inutilizzabili a meno di correre gravissimi rischi. La riapertura è allora possibile laddove la situazione edilizia è tale da consentire, con una certa spesa proporzionata all'utile raggiungibile, di ripristinare in modo decoroso e decente l'istituto carcerario. Diverso è il caso in cui ciò non è possibile, perché per esempio l'edificio ha raggiunto un tale stato di disarmo che è inutile pensare alla sua ricostruzione, magari perché è anche talmente fatiscente e superato da non consentire neppure un minimo di vivibilità. Analogamente, se la ricostruzione richiedesse spese molto ingenti per poi ospitare, magari, trenta persone, si tratterebbe di una spesa non solo non utile ma addirittura rovinosa. Ne consegue che la distinzione tra gli istituti carcerari che possono essere riaperti e quelli per i quali tale soluzione non è possibile dipende dallo stato in cui si trovano gli edifici. Desidero altresì sottolineare che in questo momento il problema non è tanto quello di aprire nuove carceri o di riaprire quelle vecchie ristrutturate; infatti, anche se in alcuni luoghi non è possibile procedere alla riapertura o alla ristrutturazione, per i motivi che ho richiamato in precedenza, vi sono molte carceri pronte o quasi pronte. Il problema consiste invece nel fatto che non disponiamo di un numero sufficiente di agenti di polizia penitenziaria. Rivolgo allora al Parlamento un altro appello, ancora più sentito degli altri, relativo alla necessità di adeguare l'organico della polizia penitenziaria, che avrebbe dovuto essere incrementato di 4.500 unità a seguito di un decreto-legge Pagina 2175 reiterato, il quale però improvvisamente ha avuto un impatto critico (speriamo che domani il problema venga risolto) presso la Commissione lavoro del Senato per un aspetto relativo alla copertura di bilancio e al tipo di selezione prevista. Mentre nelle precedenti occasioni (quella attuale é la terza reiterazione) questo articolo del decreto-legge era passato indenne, da ultimo si è obiettato, non so bene per quale ragione, sulla forma di assunzione del personale, che sarebbe basata per l'anno 1993 (non per quelli successivi) su domande già presentate da un po' di tempo, il che permetterebbe, attraverso le valutazioni di idoneità fisica e morale, l'assunzione in base alla presentazione storica. Se questa strada può essere perseguita, come era stato fatto finora, si può arrivare in tempi brevi alla copertura delle carenze di organico; se invece si dovranno bandire concorsi con nuovi sistemi, occorreranno due o tre anni. MASSIMO BRUTTI. Domani pomeriggio se ne occuperà la Commissione competente. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Mi auguro che in quell'occasione il sottosegretario competente giunga all'appuntamento adeguatamente preparato per dimostrare la validità di tale ottica. In questo modo sarà possibile riaprire un numero maggiore di carceri. Poiché vedo che l'onorevole Tripodi è rientrato in aula, gli ricordo che in sua assenza ho già risposto alle domande che mi aveva rivolto. Desidero soltanto ribadire, con riferimento alle carceri, che laddove è possibile recuperarle quando sono state abbandonate per decadenza edilizia, procediamo alla loro ristrutturazione se i costi non sono eccessivi, ossia quando è possibile farlo senza incorrere in spese sproporzionate. GIROLAMO TRIPODI. Quello di Cittanova è un caso di questo genere, dal momento che sarebbero sufficienti pochi interventi. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Se è così, non vi sarà motivo per non procedere in tal senso. Mi informerò al riguardo e farò sapere all'onorevole Tripodi quale sarà l'esito della questione. Approfittando della presenza dello stesso onorevole Tripodi, riprendo brevemente la questione relativa all'ufficio direttivo di Napoli, per sottolineare che è mio desiderio che tale procura venga coperta (il discorso vale per tutti gli uffici direttivi ma in particolare per questa procura); successivamente sarà il Consiglio superiore della magistratura a dover dire una parola decisiva. Gli aspiranti a questo posto hanno comunque tutta la mia stima. PRESIDENTE. Dal momento che il ministro è stato interrotto da me a metà della sua relazione, perché altrimenti non avremmo avuto il tempo di esaminare tutte le questioni, chiedo allo stesso ministro, se lo ritiene opportuno, di lasciarci una copia della sua relazione affinché possa essere distribuita ai colleghi. Nello stesso tempo, potremmo fissare la data di una successiva seduta in cui integrare la trattazione degli argomenti. In alternativa, nella seduta che fisseremo il ministro potrebbe illustrare la seconda parte della sua relazione, sulla quale si aprirebbe la discussione. GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Preferirei che venisse adottata questa seconda soluzione, anche perché quella che ho preparato non è una relazione ma una serie di appunti un po' slegati. Tra l'altro, sono sempre molto lieto di tornare presso questa Commissione, dove imparo molto, ascolto varie posizioni e richieste, tutte molto meditate e calate nella concretezza della vita socio-politica. Si tratta quindi di occasioni per me molto utili e preziose. PRESIDENTE. Se il ministro è d'accordo, fisserei il seguito dell'audizione odierna per giovedì 15 luglio alle ore 18. Pagina 2176 Credo che la Commissione sarebbe interessata a conoscere anche le determinazioni del ministro in ordine alla questione dei tribunali distrettuali, che costituisce a nostro avviso un punto essenziale. Nella prossima seduta il ministro potrebbe quindi dirci come intende affrontare la questione. L'intervento odierno dello stesso ministro non solo è stato, come al solito, molto importante, ma ci ha consentito di chiarire la questione delle circoscrizioni giudiziarie, che cominciava ad essere anche per noi una mina vagante. Nel ringraziare ancora una volta il ministro Conso, ricordo che il seguito dell'audizione è rinviato alla seduta di giovedì 15 luglio alle ore 18. La seduta termina alle 19,10. |
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