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Violante: seduta 54

Violante: seduta 54
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Pagina 2395
SEGUITO DELL'AUDIZIONE DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA,
            PROFESSOR GIOVANNI CONSO
       PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                      indice
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente    2397, 2402, 2403 2405
        2406, 2407, 2409, 2410, 2412 2413, 2416, 2420
                                     2421, 2422, 2423
Bargone Antonio                                  2410
Biscardi Luigi                                   2414
Borghezio Mario                                  2405
Brutti Massimo                2409, 2414,  2415, 2416
Butini Ivo                     2411, 2412, 2413, 2420
Cabras Paolo                   2408, 2413, 2417, 2422
Calvi Maurizio                       2403, 2404, 2423
Cappuzzo Umberto                                 2401
De Matteo Aldo                                   2401
Fausti Franco                              2406, 2415
Ferrara Salute Giovanni                    2398, 2423
Florino Michele                                  2413
Folena Pietro                              2402, 2409
Frasca Salvatore          2407, 2408,2409, 2410, 2413
Mastella Mario Clemente   2415, 2416 2420, 2421, 2422
Matteoli Altero                                  2400
Robol Alberto                         2403, 2413,2422
Smuraglia Carlo                                  2403
Tripodi Girolamo                           2402, 2403
Seguito dell'audizione del ministro di grazia e
giustizia, professor Giovanni Conso:
Violante Luciano,  Presidente        2424, 2425, 2428
                          2429, 2430, 2431, 2432,2435
Bargone Antonio                                  2430
Brutti Massimo                       2428, 2429, 2431
                                           2432, 2435
Buttitta Antonino                                2431
Cabras Paolo                         2428, 2431, 2432
Conso Giovanni, Ministro di grazia e giustizia   2424
                               2425, 2428, 2432, 2435
Tripodi Girolamo                                 2429
Pagina 2396
Pagina 2397
La seduta comincia alle17.
 (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Comunicazioni del presidente.
 PRESIDENTE.  Prima di cominciare i nostri lavori,
informo i    colleghi su due questioni politiche.
La prima riguarda una
lettera che mi è stata inviata dal vicepresidente
della Commissione, senatore Cabras, di cui do
lettura: "Caro presidente, desidero manifestarti
con estrema franchezza la penosa impressione
ricevuta dalla lettura de  l'Unità  di oggi, 26
luglio, a proposito di un tuo intervento ad una
manifestazione politica a Montecchio.
L'affermazione a te
attribuita si riferisce ad un cambio del sistema
politico che sarebbe opera della magistratura.
Secondo il resoconto, tu ritieni che il sistema
politico si opponga al cambiamento e impedisca ai
cittadini di votare, non lasciando altra
alternativa che la via giudiziaria.
            "Nella foga di un discorso ci si può talora
                           sottrarre al
rigore logico, ma queste affermazioni suonano come
un implicito invito ad un potere indipendente,
quello giudiziario, di intervenire nella vicenda
politico-istituzionale usurpando un potere di
rappresentanza dei cittadini.
  "Devo confermarti il mio stupore nel vedere
affermata una visione in contraddizione con i
princìpi costituzionali che sono alla base della
distinzione dei poteri, delle garanzie dei
cittadini e della stessa autonomia dell'azione
giudiziaria. A parte che non vedo motivi di
censura ad un Parlamento che sta votando con
celerità una complessa riforma elettorale,
aderendo all'impulso offerto dall'esito
referendario del 18 aprile, l'idea del governo dei
giudici al posto della democrazia rappresentativa
e dei suoi organi mi appare un incubo da
allontanare e non una prospettiva da invocare.
  "Devo chiederti perciò un chiarimento sul
contenuto e sul senso delle affermazioni riportate
da  l'Unità : in anni
di lavoro parlamentare, e anche nella comune
fatica alla Presidenza della Commissione
antimafia, ho avuto modo di
apprezzare in te la convinzione democratica e il
senso delle istituzioni, e maggiore perciò è il
mio disagio. Non si tratta ovviamente di un
disagio che mi coinvolge solo a titolo personale:
nel lavoro alla Presidenza ho sempre cercato di
privilegiare il ruolo istituzionale
sull'appartenenza, ma in questa disputa tutta
politica il mio invito al chiarimento discende
dalla necessità di verificare le condizioni per
proseguire nel compito affidatomi. Con cordialità
Paolo Cabras".
  Ho risposto stamane con la seguente lettera:
"Caro Paolo, se davvero le mie parole o il mio
pensiero si muovessero nella direzione che tu ed
altri colleghi autorevoli avete rilevato, e che
forse poteva trasparire dall'articolo de  l'Unità
, l'impressione più che ŠP'penosaŠP', come tu
scrivi nella tua lettera, avrebbe dovuto essere
fortemente preoccupata. Mi sarei infatti inserito
in un filone politico reazionario ed
antidemocratico che mi è del tutto estraneo e che
sarebbe probabilmente incompatibile con le
responsabilità istituzionali che rivesto in questo
momento. Ma non è così. Nel corso di un intervento
durato circa 30 minuti, ho cercato di spiegare le
condizioni oggettive nelle quali ci troviamo,
sottolineando il
                             Pagina 2398
pericolo che se non si vota subito dopo la riforma
elettorale il ricambio del sistema politico lo
facciano i giudici. Ho aggiunto, per essere ancora
più chiaro, che costituiscono un pericolo per la
democrazia quei magistrati i quali ritengano che
la fonte della loro legittimazione possa risiedere
nel consenso dell'opinione pubblica. Non ho mai
auspicato, né auspico oggi, il cosiddetto "governo
dei giudici". Ma
nello stesso tempo credo che per evitarlo sia del
tutto ininfluente esecrare la magistratura,
tentare limature al codice di procedura penale,
pensare che quanto avviene sia frutto di complotti
invece che di fatti gravissimi e specifici che
sono oggettivamente accaduti nell'ultimo decennio.
  "Voi avete scritto, nel documento conclusivo
approvato al termine dell'assemblea costituente
programmatica, che un ciclo storico si è concluso
e una nuova stagione si è aperta anche per
l'Italia. Ed avete sottolineato che nel processo
tumultuoso di scomposizioni e ricomposizioni si
innesta una ricerca difficile di equilibri "meglio
identificati e più stabili". Non si poteva
descrivere meglio l'attuale fase politica. Ma
proprio questa tumultuosità rischia di rendere
inevitabile, per ragioni puramente oggettive,
un'indebita assunzione di ruolo di governo da
parte dell'istituzione giudiziaria, se la politica
non riprende autorevolmente in mano le redini.
  "Per prevenire il "governo dei giudici"
occorrono atti politici. Tra questi ho indicato la
riforma elettorale e, subito dopo, il voto. Ho
auspicato che entrambi i fatti avvengano al più
presto. Se non facciamo in fretta la macchina
giudiziaria, che ha dentro di sé una terribile
violenza, come ho spiegato nel corso del
dibattito, va avanti e si carica sempre più, per
ragioni oggettive, di un ruolo che non le compete.
E su queste ragioni oggettive possono
successivamente inserirsi, aggravando la
situazione, anche abusi e protagonismi soggettivi.
Per questa ragione, credo, proprio i magistrati
più accorti hanno chiesto una "soluzione
politica".
  "In gioco non è quindi la cosiddetta
delegittimazione del Parlamento, perché con te e
con moltissimi altri colleghi in questo Parlamento
lavoro, cercando di servire il paese nei limiti
delle mie capacità. In gioco, invece, c'è il
compimento di un ciclo storico e l'apertura di una
nuova fase. Dobbiamo avere l'autorevolezza e
l'intelligenza di favorire con ogni mezzo questa
nuova fase, altrimenti corriamo il rischio della
deriva istituzionale e della barbarie sociale.
Queste sono le mie opinioni e le mie
preoccupazioni. Ti sono grato per avermi dato
l'occasione di esprimerle. Con stima Luciano
Violante".
Ho ritenuto opportuno che i colleghi fossero resi
informati della posizione espressa dal senatore
Cabras e della mia risposta perché il senatore
Cabras poneva una questione politica relativa al
lavoro della Commissione e all'ufficio di
presidenza nel suo complesso. Non so se a questo
punto qualche collega intenda intervenire.
 GIOVANNI FERRARA SALUTE.  Si tratta naturalmente
di una questione molto delicata, nella quale in
qualche misura non è facile inserirsi, nella
posizione di membro della Commissione, dato che vi
è tutto un rapporto tra i due scriventi che esige
fondamentalmente una spiegazione tra loro;
infatti, per inserirsi occorre interpretare quanto
il presidente Violante ha detto su  l'Unità ,
oltre a quello che egli ha scritto
in risposta al senatore Cabras e a quanto lo
stesso senatore Cabras ha affermato. Quindi,
un'azione di interpretazione potrebbe essere in
qualche modo superflua.
         Il problema comunque esiste, ma non risiede - mi
                              sembra
evidente - in ciò che il presidente ha affermato
su l'Unità , che mi pare sia spiegato bene nella
replica, ma
nel fatto che forse oggi vi è oggettivamente
nell'aria tale questione.
  Devo dire francamente che quello che mi colpisce
nella lettera dell'amico Cabras (credo che egli
sappia con quale animo io parli) non è la
preoccupazione che essa esprime bensì -mi si
consenta
                             Pagina 2399
il gioco di parole - l'estrema preoccupazione di
esprimere questa preoccupazione, come se egli
avesse colto al balzo la "palla" di un'espressione
o di cose dette dal presidente Violante per
riprecisare una questione che a mio avviso tra
noi, nel mondo democratico, non ha bisogno di
essere precisata, anche se mi rendo conto che se
non si condivide qualcosa la si precisa.
  Poiché non posso pensare che l'amico Cabras non
condivida la spiegazione data dal presidente
Violante sulle proprie affermazioni, ho
l'impressione che lo stesso amico Cabras si sia
trovato nella necessità di esprimere uno stato
d'animo molto più che una preoccupazione politica
specifica. Mi sia consentito dirlo in questo
momento in cui abbiamo tutti bisogno di chiarezza
e dopo che nei giorni scorsi, soprattutto
nell'assemblea costituente della democrazia
cristiana, questa è stata invocata, richiesta ed
offerta. A mio avviso, però, bisogna scegliere tra
due sfumature (perché poi fondamentalmente il
quadro è sempre quello relativo alle
preoccupazioni democratiche) comunque importanti,
ossia tra chi si preoccupa essenzialmente dei
tralignamenti del mondo politico e chi invece
degli eventuali tralignamenti del mondo
giudiziario.
  Sono profondamente convinto che, se anche vi
sono dei tralignamenti nel mondo giudiziario la
loro origine è politica, ossia risiede nell'uso
strumentale che spesso, negli anni scorsi, si è
tentato di fare dell'ordinamento giudiziario (un
uso larghissimo, addirittura un abuso), oltre che
nello stato in cui è stata lasciata la
magistratura, nella decadenza del sistema penale e
in tanti elementi di cui i giudici non sono
responsabili.
  Occorre altresì considerare le responsabilità
storiche che noi abbiamo come classe politica
dirigente; dico "noi" per evitare la critica un
po' sprezzante rivolta dai grandi partiti ai
piccoli partiti che sono stati loro alleati
dicendo: "Voi scaricate su di noi la
responsabilità e dimenticate che siete sempre
stati con noi e quindi condividete le
responsabilità". Credo comunque di avere, a
questo punto, il diritto di aggiungere una nota in
calce: se la democrazia cristiana sta, se non
rinnegando, abbandonando il proprio passato, non
vedo perché i suoi alleati non possano abbandonare
la democrazia cristiana. Abbandoniamo quindi tutti
questo passato.
  Una volta posta tale questione collaterale,
credo che il nostro problema essenziale e lo scopo
della nostra Commissione sia, per esempio, di
indagare sul fenomeno della mafia, in rapporto al
quale ha tipicamente brillato la caratteristica
della degenerazione del sistema politico: se
infatti vi è stata degenerazione del sistema
giudiziario, anche a proposito della mafia, non vi
è dubbio che essa sia stata dovuta alle enormi
pressioni di carattere politico nonché alla paura
di essere ammazzati e di essere trattati in modo
similare (per usare un'espressione inserita nel
titolo della nostra Commissione).
  Ritengo pertanto che sia stato utile quanto ha
scritto il collega e amico Cabras, perché ha
permesso al presidente Violante di chiarire molto
bene la questione. Questo dibattito è stato
quindi, in un certo senso, molto utile; credo però
che non sarebbe molto utile proseguirlo, posto che
sia le preoccupazioni dell'amico Cabras sia quelle
del presidente Violante mi sembra si siano alla
fine composte. Se si volesse proseguirlo, ciò
significherebbe che si porrebbe un altro problema,
ossia che dovremmo investire la nostra Commissione
di un orientamento consistente essenzialmente nel
biasimare la barbarie dei giudici e nel lodare la
grande prudenza dei politici, cosa che come
politico potrei anche essere portato a fare, ma
che francamente mi sembrerebbe addirittura
ridicola in questo momento nel nostro paese.
  Devo anche dire, pertanto, che mi sembrano
ridicoli certi provvedimenti parlamentari che sono
stati assunti per cercare di limitare, di
contenere gli effetti drammatici della
prevaricazione giudiziaria o della libertà di
stampa, che sono i       due elementi sempre
temuti non nei regimi liberali ma in
quelli autocratici.
                             Pagina 2400
La libertà dei giudici e quella della stampa,
nonché la loro licenza (da non confondere, come è
noto, con la libertà, secondo il vecchio
principio, per cui la licenza è una cosa
gravissima) sono sempre state temute moltissimo
nei regimi più duri, più "stretti", mentre sono
sempre state temute molto poco nei regimi
democratici, in cui tali questioni si risolvono
sul piano pratico, soprattutto in considerazione
del fatto che i politici, se fanno bene il loro
mestiere, possono infischiarsene di essere
criticati dalla stampa e qualche volta anche del
fatto che i loro colleghi siano messi in carcere
dalla magistratura, se questa è una cosa lecita.
         Per quanto mi riguarda, chiuderei questa storia:
                               sono
state espresse preoccupazioni lecite; sono state
fatte precisazioni altrettanto lecite e
pertinenti. Non avviamoci sulla strada di aprire
un contenzioso sostanziale su questo punto che non
potrebbe che portare gran parte della Commissione
ad un tipo di dissidio che farebbe il gioco di
quelle forze contro le quali la Commissione stessa
è stata istituita.
 ALTERO MATTEOLI.  A differenza di quello che ha
detto il collega Ferrara, non ritengo che le
lettere lette dal presidente e la polemica sorta
tra questi e il vicepresidente sia un problema che
debba limitarsi ad una spiegazione tra di loro.
Bene ha fatto il presidente ad informare la
Commissione (non poteva fare altrimenti) e bene ha
fatto il vicepresidente Cabras a sollevare il
problema.
  Da troppo tempo vi sono qui due tipi di
Commissione. I lavori di una di esse si svolgono
in quest'aula o nelle prefetture delle città nelle
quali si reca: questa è la
Commissione ufficiale che si riunisce, dibatte,
polemizza, approva documenti. Poi c'è un'altra
Commissione, quella impersonata sempre più (uso un
termine forte ma non vorrei essere offensivo)
prepotentemente dal presidente della Commissione,
il quale ha ampi spazi sui giornali e sulle
televisioni - è lui il presidente - e da questi
pulpiti spesso presenta un altro tipo di
Commissione. Questa è una cosa che abbiamo cercato
di denunciare spesso, seppure in maniera molto
garbata, in quest'aula e che emerge anche nella
vicenda in oggetto.
  Non credo alla barbarie dei giudici, credo però
che l'ordinamento giudiziario per troppi anni sia
stato in qualche modo acquiescente al potere
politico e abbia fatto un po' come le tre
scimmiette: non ha visto né sentito né parlato.
Poi, all'improvviso, ha cominciato ad applicare il
codice. Non entro nel merito, ho solo una
preoccupazione: che tutti i rinvii a giudizio
possano arrivare presto ad un chiarimento affinché
si svolgano i processi per acclarare se vi siano o
meno responsabilità. Questo è quello che appare.
          La spiegazione che avviene qui oggi grazie alla
                              lettera
del senatore Cabras e alla risposta che il
senatore Ferrara ha definito "garbata" lascia
aperto il problema. I lavori di questa Commissione
finiscono nel momento in cui finisce la seduta. La
possibilità per tutti noi di esprimere giudizi e
fare comunicati è un diritto-dovere che però non
deve essere usato per avere in qualsiasi tipo di
manifestazione la possibilità di dar vita ad
un'altra Commissione. Non è la prima volta che
dalle colonne de  l'Unità ... ricordo che alcuni
mesi fa il presidente mandò a tutti i commissari
una lettera per chiarire un articolo apparso sul
quotidiano l'Unità , nella quale affermava di
essere stato male interpretato e cercava di
riportare la verità. E' una vicenda che risale a
qualche mese fa: evidentemente non è la prima
volta che ciò accade.
  Visto che questo problema è stato sollevato,
vorrei tentare di fare una raccomandazione - non
so se ne ho titolo e oltre tutto non mi interessa
molto averlo - affinché il presidente si ricordi,
in tutte le "manifestazioni" che non è soltanto un
uomo che ha la tessera di un partito - per carità,
ne ha diritto: mi guarderei bene dal pensare il
contrario - ma che, come presidente di questa
Commissione, ha forse più responsabilità di tutti
noi, per cui quello che dice può coinvolgere
                             Pagina 2401
anche noi che non condividiamo quanto egli
sostiene. Se tutto ciò che dice rispecchia i
lavori della Commissione non ho nulla da dire, ma
spesso abbiamo notato che così non è.
           ALDO DE MATTEO.  Vorrei innanzitutto dire che
                            apprezzo lo
stile con cui è stato presentato rapidamente
questo chiarimento. Parlo come senatore  uti
singuli  perché ho sempre visto questo incarico,
anche se espresso da un gruppo parlamentare, come
particolare per le peculiarità dell'organismo.
Devo dire che condivido sia la lettera del
senatore Cabras sia la precisazione del presidente
Violante. I problemi e le preoccupazioni,
legittime, sono insorti nel momento in cui abbiamo
appreso dai giornali una certa posizione che è
stata sufficientemente chiarita.
          Nel merito di questa vicenda, cioè rispetto ai
                             pericoli
che sono nella situazione generale nella quale
viviamo, credo che molto dipenda dal Parlamento.
Infatti, sono tra coloro i quali sostengono che è
pericoloso pensare di andare alle elezioni senza
aver fatto la riforma elettorale; è pericoloso e,
nello stesso tempo, per quanto mi riguarda, è
lontano dagli orientamenti espressi dalla gente
attraverso un voto. Quindi, idue passaggi sono
questi: riforme elettorali e nuove
elezioni. Non so indicare i meccanismi, d'altronde
non credo
rientri nel ruolo della nostra Commissione
stabilire quando sia utile votare. Certo è che il
buon senso porta a vedere lo scenario della
riforma e delle elezioni.
  Voglio anche dire a chi sostiene che i
tralignamenti del sistema giudiziario dipendono da
quelli del sistema politico che la via è quella di
porvi rimedio ed è l'unica che responsabilmente
possiamo perseguire, non ne vedo altre.
Questa disquisizione mi pare un po' oziosa, come
mi pare
ozioso cercare di capire dove sono questi confini
e dove iniziano gli altri. Vi sono dei dati reali
sui quali dobbiamo affrontare il confronto con
molto realismo, capacità politica e    grande
sensibilità rispetto anche a quello che esprime
l'opinione pubblica del nostro paese.
  Dopo questo chiarimento, considererei
negativamente un proseguimento, di cui non riesco
ad individuarne le ragioni. La lettera del
vicepresidente Cabras è stata utile perché
rispondeva ad una esigenza reale; mi è parsa
opportuna e chiarificatrice la risposta del
presidente Violante. Quindi, per quanto mi
riguarda, ritengo concluso il problema serio posto
e la risposta altrettanto seria data dal
presidente.
UMBERTO CAPPUZZO.  Devo esprimere un sincero
apprezzamento per la forma con cui è stato
affrontato un tema così delicato, che merita di
essere approfondito. Mi riconosco nella lettera
del senatore Cabras perché anch'io ho provato le
stesse ansie, gli stessi smarrimenti e le stesse
preoccupazioni. Credo che chiunque di noi occupi
posizioni di un certo rilievo in consessi così
delicati non dovrebbe andare molto avanti in
affermazioni che potrebbero essere quanto meno
interpretate male. Capisco benissimo ed apprezzo
lo sforzo che il presidente compie per essere
sempre presente al fine di chiarire, in una lotta
senza quartiere contro la criminalità organizzata,
qual è il ruolo del Parlamento, ma temo che, in
una situazione così delicata qual è quella
politica italiana di questo momento, ogni
indicazione che non sia più che pesata possa
essere foriera di danni anche irreversibili.
  Non v'è dubbio che seguo l'opera della
magistratura con attenzione e mi rendo conto che
in questo momento vi è uno squilibrio fra i
poteri. La magistratura fa bene a fare quello fa
ed i politici fanno male a non riappropriarsi
della politica nel senso più nobile della parola,
però la situazione è veramente angosciante.
Bisogna essere realisti: ci sono tentazioni magari
di scorciatoie che possono venire a taluni.
Abbiamo una lega che giustamente sulla scena
politica italiana gioca un suo ruolo e che vede
confermata la sua diagnosi negativa. Siamo in
presenza
                             Pagina 2402
di raggruppamenti di forze che si vanno
costituendo e che sconvolgono l'assetto
precedente. Qualsiasi indicazione che non sia più
che accorta certamente non va nel senso delle
istituzioni alle quali dobbiamo aderire fino a
quando non subentrerà il nuovo.
  Avanzare anche indirettamente condanne
all'attuale sistema e    censurare il Parlamento
unendosi al coro di coloro che,
senza avere motivazioni di fondo ma solo per
sentito dire (questo è l'elemento pagante
attualmente), sono contro le istituzioni e il
Parlamento non mi sembra molto accorto. Quindi,
apprezzo la lettera del presidente Violante che
fornisce chiarimenti convincenti: sono certo che
così egli la pensa e che quella indicata non era
la sua intenzione, però un approfondimento di
questi temi bisognerebbe farlo. Mi collego anche
alle molteplici iniziative di presenza attraverso
la stampa e la televisione per riportare
l'attività di questa nostra Commissione nei binari
di quel distacco che ci deve essere perché non
siamo qui per apparire ma per fare e fare bene.
Credo che un approfondimento vada fatto,
estendendo la tematica da trattare, al di là di
questo riferimento concreto
che è molto pertinente, grave e preoccupante, a
tutta l'attività di questa assemblea.
  Nel corso della passata legislatura, con il
presidente Chiaromonte, di tanto in tanto, al di
là delle audizioni, vi era l'occasione per uno
scambio di vedute disteso, al fine di configurare
l'attività futura.
  Sottoscrivo le preoccupazioni del senatore
Cabras e gli esprimo un apprezzamento per essersi
reso interprete, senza averci consultato, di
questo stato di disagio; apprezzo moltissimo la
sua nobile lettera ma ritengo che valga la pena di
non lasciare le cose come stanno, rimanendo quindi
nel dubbio. Credo sarebbe utile dedicare una
seduta ad un franco dibattito che affronti non
soltanto il tema specifico ma anche quello
dell'attività di questa Commissione nel suo
complesso in modo da poterci salutare prima della
pausa estiva rasserenati sull'attività futura
connesa ai compiti che siamo chiamati ad
assolvere.
  Non mi ritengo pago di una risposta così
immediata che in ogni caso apprezzo; per cui
sottopongo alla valutazione del signor presidente
l'opportunità di svolgere un dibattito più esteso
che affronti tutti i temi dell'attività della
Commissione.
 PRESIDENTE.  E' stata avanzata una richiesta da
parte dei colleghi deputati dei vari gruppi di
partecipare ad importanti votazioni sulla legge
elettorale. Ricordo che il ministro Conso desidera
partecipare oggi all'audizione, a causa dei suoi
impegni di Governo. Poiché alle 19,30,
presumibilmente, si saranno concluse le votazioni
alla Camera, potremmo rinviare a quell'ora
l'audizione del ministro, concludendo adesso la
discussione in atto.
 PIETRO FOLENA.  E quando discuteremo della
relazione sull'edilizia scolastica a Palermo?
               PRESIDENTE.  Lo valuteremo in seguito
                        all'andamento della
seduta.
 GIROLAMO TRIPODI.  Ognuno di noi può esprimere
giudizi sulle dichiarazioni rese sia dal
presidente sia dai singoli membri della
Commissione e ciascuno può chiedere chiarimenti.
Tuttavia, dobbiamo stare attenti a che questi
giudizi o richieste di chiarimento - ai quali si
può dare un'enorme rilevanza, come nel caso della
lettera del vicepresidente Cabras - non
introducano elementi di turbativa nell'impegno
complessivo della Commissione, i cui compiti sono
molto delicati: ogni elemento introdotto può
costituire un ostacolo al nostro lavoro.
         Non voglio dire con questo che il senatore Cabras
                              voleva
introdurre elementi che potessero essere
utilizzati all'esterno in modo strumentale, ma
noto che accanto alla sua lettera c'è un'altra
presa di posizione, di cui non conosco il
Pagina 2403
contenuto, da parte di un gruppo parlamentare, un
gruppo importante.
 ALBERTO ROBOL.  Del direttivo, non del gruppo.
 GIROLAMO TRIPODI.  Il direttivo è sempre
espressione del gruppo, è l'organismo che dirige
il gruppo. Questo organismo ha espresso dei
giudizi nei confronti del presidente Violante.
E' questo che mi preoccupa, perché, se si
incominciano ad
introdurre elementi di questo tipo, si può
determinare una situazione che rende meno serena
la nostra discussione, il nostro impegno, il
nostro lavoro. Ritengo perciò che questo tipo di
intervento debba essere evitato, altrimenti tutti
noi possiamo essere portati ad esprimere giudizi;
anch'io potrei esprimere giudizi diversi rispetto
alla posizione del presidente su problemi di
carattere generale come le elezioni e  così via.
Non lo faccio, perché se dovessi esprimere un
giudizio su questo Parlamento, non potrei non
ricordare che il gruppo al quale appartengo l'ha
espresso ufficialmente: questo
Parlamento, nonostante voti e deliberi, è
delegittimato, perché esistono situazioni che,
anche in questi giorni, cominciano a creare
apprensione nell'opinione pubblica (Interruzione
del senatore Montini) .
         Sto dicendo che ognuno di noi potrebbe esprimere
                             giudizi.
Se ognuno di noi introduce un pensiero, un
giudizio sul Parlamento...
 MAURIZIO CALVI.  Chiudiamo questa storia
maledetta. Se si continua a dire che il Parlamento
è delegittimato, si può anche avere ragione, ma
allora bisogna andare a votare subito.
PRESIDENTE.  Di Parlamento delegittimato non ha
parlato
nessuno nelle premesse della polemica. Lo dico per
essere chiaro.
 GIROLAMO TRIPODI.  Ho detto che ognuno di noi
potrebbe esprimere giudizi in questo modo. La mia
forza politica ha espresso questo parere, ma io
non mi sono mai permesso di riportarla in
Commissione, perché ritenevo che esprimere
posizioni di questo tipo potesse determinare
elementi di confusione e di contrasto che
potrebbero nuocere all'attività della Commissione.
          Giudico perciò esagerata una discussione su un
                            problema di
questo genere, anche se esso viene posto in modo
molto garbato. Non vorrei che tale discussione
avvenisse in un momento in cui una certa
situazione serpeggia e dà luogo ad atti quali
quelli che si sono verificati la settimana scorsa
in sede di Commissione giustizia e che creano
preoccupazione. Non vorrei che in questo clima si
inserissero elementi che possano nuocere
all'attività della Commissione.
  Ritengo perciò che ciascuno di noi, prima di
muoversi in una certa direzione, dovrebbe valutare
attentamente le conseguenze del suo intervento. Mi
auguro che la questione sia risolta, ma ribadisco
che mi preoccupa non tanto la lettera del
vicepresidente Cabras, che pure desta talune
preoccupazioni, quanto la presa di posizione di un
gruppo parlamentare, quello democristiano, perché
questo atto è più rilevante. Temo che, se si
continua di questo passo, la Commissione non
continuerà a lavorare con l'impegno e i risultati
che finora ha conseguito. Tali risultati hanno
potuto colpire parti marce dei partiti, ma ciò non
deve costituire un elemento di chiusura, anzi deve
incoraggiare il lavoro da portare avanti.
 CARLO SMURAGLIA.  Ritengo che la questione non
potesse meritare l'attenzione del direttivo di un
gruppo perché, ad un esame approfondito, manca in
tal senso una giustificazione. Rispetto invece la
posizione del vicepresidente Cabras, che stimo ed
apprezzo, anche se dissento dalla sua
preoccupazione, che peraltro riconosco legittima.
Ad essa, il presidente Violante ha dato una
risposta che, a mio avviso, non era tenuto a dare
in quei termini; però, l'ha data e credo che il
vicepresidente Cabras potrà lealmente prenderne
atto.
Pagina 2404
          A questo punto, potremmo dire che l'incidente è
                              chiuso,
perché non ci sarebbe nulla da chiarire, né da
fare una riflessione sulla Commissione, che
francamente non capisco, a prescindere dal fatto
che è già previsto, a tutt'altri fini, un
dibattito sull'attività della Commissione per i
primi giorni di settembre, quindi fra non molto.
Se la questione fosse nata da atti o dichiarazioni
del presidente, inerenti all'attività della
Commissione, di cui non siamo a conoscenza oche
rendano tale attività in termini diversi, potremmo
discuterne in questa sede. In questo caso, invece,
si tratta della manifestazione del pensiero di un
cittadino come un altro, al quale non possiamo
contestare il diritto di esprimere opinioni che
non riguardano, nel caso specifico, la
Commissione, sia pure con quel minimo di prudenza
che necessariamente comporta ogni carica
istituzionale e senza
però che la titolarità di una carica non consenta
l'espressione di un parere su una questione
dibattuta e soggetta a varie interpretazioni,
persino nel modo in cui viene riferita.
  Credo che in proposito dovremmo essere molto
fermi, a parte il fatto che questa Commissione,
così come la precedente, ha dato più volte esempi
di suoi membri che parlavano dell'attività della
Commissione stessa talvolta per un osservatore
estraneo - anche inopportunamente ed a sproposito.
In questo caso è avvenuto qualcosa di simile e
perciò, mentre dovremmo tutti richiamarci
all'autocontrollo ed all'autodisciplina per non
dichiarare all'esterno quanto non diremmo in
questa sede, per quanto riguarda le opinioni che
concernono problemi istituzionali o investono i
rapporti tra poteri dello Stato o tra organi
istituzionali, difficilmente sarebbe contestabile,
a prescindere dal merito della questione, il
diritto per chiunque di prendere posizione. Del
resto, il presidente della Commissione non è il
Presidente della Repubblica, il quale pure nel
passato ha ritenuto di dover restituire una
tessera; a lui è riconosciuto il diritto di avere
un pensiero, che non ha nulla a che fare con la
tessera di cui è titolare, un diritto che non può
essere negato a nessun cittadino.
  Pertanto, ritengo che il presidente Violante
abbia dato una risposta addirittura più cortese
del necessario, non trincerandosi dietro il
diritto fondamentale a manifestare le proprie
opinioni. Prendiamone atto e conveniamo insieme
che fuori dall'esercizio dell'attività di questa
Commissione abbiamo il diritto di esprimere le
nostre opinioni su questioni di carattere
generale, senza alcun limite purché non si tratti
di dichiarazioni sovversive dello Stato delle cui
istituzioni siamo membri.
  Chiariti i termini della questione, la medesima
dovrebbe essere considerata chiusa con
soddisfazione anche di chi ha sollevato il
problema. Mi riferisco al senatore Cabras, perché
contesto il diritto di prendere posizione su una
simile questione da parte di un direttivo o di un
gruppo. Se lo ammettessimo, andremmo molto
lontano; se lo facessimo per tutte le Commissioni,
non avremmo più attività parlamentare. Credo che
sia nell'interesse di tutti riconoscere il diritto
di ciascuno e garantirlo nei confronti delle
posizioni dei gruppi.
  Chiaramente, se il senatore Cabras vuole
chiedere un chiarimento, anche senza
formalizzarlo, saremo gli ultimi a negarlo;
proprio per i rapporti che ci legano,
frequentandoci abitualmente, sarebbe estremamente
semplice risolvere ogni dubbio, evitando che la
formalizzazione del medesimo finisca per far
diventare un problema ciò che non lo è.
 MAURIZIO CALVI.  Il ruolo del presidente della
Commissione parlamentare antimafia è frutto di un
equilibrio delicatissimo dal punto di vista
politico, sia per le funzioni sia per il ruolo che
il presidente stesso svolge. Quello del
vicepresidente Cabras è un richiamo a mio avviso
riferito ad una questione che io definisco
fondamentale, sia in ordine all'adesione di
ciascuno a questo dovere nei confronti del paese
sia con riferimento all'adesione nei confronti di
una Commissione parlamentare. Il problema che pone
                             Pagina 2405
Cabras verso il presidente è il problema del senso
dello Stato: quanto più forte è il senso dello
Stato del presidente, tanto più forte è la sua
adesione nei confronti del Parlamento (proprio per
la specificità delle sue funzioni); quanto più
alto è il suo senso del partito, tanto più si
sviliscono le sue funzioni e le sue prerogative
dal punto di vista politico. Questo è il vero
snodo che si è venuto a creare in questa
Commissione.
  Ricordo l'esperienza della presidenza
Chiaromonte, il quale era profondamente staccato
rispetto al gruppo dell'ex partito comunista: dal
momento in cui ha assunto quella sua
responsabilità, Chiaromonte non è stato mai
funzionale rispetto ai grandi o ai piccoli
interessi che possono esservi all'interno di una
Commissione. Non sto qui a dire che il presidente
Violante non ha un grande contenuto democratico.
Questo è fuori discussione, sia per la sua storia,
di cui ha segnato il paese, sia per le
responsabilità che ha esercitato econtinua a
esercitare verso il paese. Il richiamo di Cabras
-ripeto - è probabilmente un richiamo all'alto
senso dello
Stato, che rappresenta una delle prerogative di
una presidenza tanto delicata, dal punto di vista
anche strategico, nella lotta contro la
criminalità organizzata. Bisognerebbe evitare
certe sbavature. Spesso il presidente Violante ha
dato l'impressione di essere funzionale agli
interessi di partito, sia interni sia esterni alla
Commissione. Questo è il problema delicato. Da
qui, è derivata una sorta di malessere che è stato
avvertito in qualche modo da un gruppo importante
di questa Commissione, quello della democrazia
cristiana, il quale vuole superare questo stato di
malessere richiamando probabilmente il presidente
alle grandi responsabilità ed al suo alto senso
dello Stato che sicuramente deve rafforzare e
recuperare nel paese e all'interno della
Commissione.
 MARIO BORGHEZIO.  Non ho avuto occasione di
leggere l'articolo oggetto dello scambio di
lettere e quindi debbo per forza riferirmi a
quanto traspare dalla corrispondenza intercorsa.
Mi pare che, da quanto emerge da queste lettere,
non vi sia molto da osservare circa la fondatezza
dei rilievi; ritengo infatti che le spiegazioni
offerte dal presidente siano sostanzialmente
soddisfacenti e quindi tali da porre fine a questa
questione che non credo avrebbe dovuto avere il
rilievo che la lettera del vicepresidente ed
alcuni interventi hanno voluto attribuirgli.
Ritengo tuttavia che questa possa essere una buona
occasione per riflettere, tutti assieme, sul ruolo
e sull'importanza istituzionale che ha questa
Commissione, in particolare il suo presidente ma
anche ciascuno dei suoi membri.
  Devo comunque richiamare l'attenzione su un
problema che eventualmente potremo riprendere in
maniera più approfondita ed avendo a disposizione
uno spazio temporale più adeguato. Mi riferisco a
quanto emerso sul piano giornalistico nei giorni
scorsi (ma anche oggi su  Il Giornale  di Milano
ed  Il Giorno ) relativamente alle deposizioni
rese dal collaboratore di giustizia Pasquale
Galasso. Considero infatti molto interessante e da
approfondire il ruolo che in questa occasione la
Commissione, ciascuno dei suoi membri e in
particolare il presidente, non ha saputo svolgere.
In quella occasione, infatti, sulla base degli
elementi che erano stati forniti, tutti i membri
della Commissione - ripeto, in particolare il
presidente - avrebbero avuto il dovere di
approfondire con tutta la necessaria serietà i
rapporti emersi (proprio oggi ci giunge notizia
che tali rapporti costituiscono oggetto di
attività giudiziaria) fra un esteso mondo
affaristico facente capo ad una centrale di
cooperative e            la camorra. Poiché tutto
ciò non è avvenuto, ritengo che la
Commissione debba aprire un dibattito ed
eventualmente assumere iniziative decidendo, se
del caso, di ascoltare nuovamente il collaboratore
di giustizia. Mi pare si tratti di un fatto
politico rilevante che attiene anche all'argomento
oggetto di questa discussione.
 PRESIDENTE.  Non essendovi obiezioni, continuiamo
i
nostri lavori in
                             Pagina 2406
seduta segreta. Dispongo la disattivazione del
circuito audiovisivo interno.
(La Commissione procede in seduta segreta) .
PRESIDENTE.  Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica. Dispongo la riattivazione del circuito
audiovisivo interno.
 FRANCO FAUSTI.  Intervengo molto brevemente anche
perché la lettura, pur veloce, della lettera che
il presidente Violante ha inviato al
vicepresidente Cabras in qualche modo rasserena il
nostro confronto ed il nostro dibattito. Ciò
nonostante, condividiamo pienamente l'iniziativa
del vicepresidente, per le argomentazioni
importanti e per la preoccupazione da essa
espresse. Sono state sollevate alcune
questioni che credo non siano riferite alle
opinioni personali del cittadino Violante il quale
fra l'altro, in quanto cittadino-Violante, ha il
dovere di esprimere in qualsiasi occasione ed
opportunità le proprie idee, ma che lasciano a
noi, come componente politica, ed al gruppo
democratico cristiano del Senato, il dovere di
esprimere la nostra opinione su un'informazione e
su valutazioni politiche gravi. Mi sembra
abbastanza strano che in una seduta serena, così
come sereno e determinato è stato sempre il nostro
contributo in questa Commissione, addirittura si
discuta dell'opportunità e   del potere del gruppo
del Senato di determinarsi con una
decisione del proprio direttivo. E' evidente che
la decisione assunta è relativa alle notizie
ricevute dalla stampa che delineavano
un'informazione diversa rispetto alle precisazioni
fatte dal presidente Violante; direi - ahimé - che
non sempre l'uso pubblicitario della stampa va a
finire laddove talvolta alcuni protagonisti
vorrebbero che andasse a finire. Qualche volta va
bene, talaltra va male.
 PRESIDENTE.  In genere, va male.
 FRANCO FAUSTI.  In questo caso credo che non sia
andata del tutto bene sotto il profilo
dell'interpretazione del suo pensiero. Vorrei
ricordare che la democrazia cristiana ha chiesto
di interrogare nuovamente Galasso, del quale non
consideriamo chiusa l'audizione.
 PRESIDENTE.  Sì, lo aveva detto Mastella.
 FRANCO FAUSTI.  Le anticipo che una domanda, nel
merito di quella questione, c'era. Anche per
questi motivi, per
problemi di opportunità generale, assumemmo un
atteggiamento che qualche parte faziosamente
interpreta come una volontà di freno rispetto ad
un'attività di indagine che noi vogliamo sempre
più rigorosa e dura. Vorrei aggiungere - sempre
nel quadro del contributo di serenità che
intendiamo offrire - che c'è una parte della sua
risposta al vicepresidente Cabras sulla quale
credo avremo, anche se non in questa occasione...
Non vorremmo che anche questa volta da parte di
osservatori non oggettivi e non sereni ci fosse
rivolta l'accusa di porre in essere un tentativo
di strumentalizzazione (del resto, alcune
valutazioni di questo tipo le abbiamo sentite).
Forse sarebbe opportuno, in una Commissione come
questa, tentare di evitare di rivolgersi
reciprocamente battute di carattere
propagandistico. Tuttavia, rimane - perlomeno al
sottoscritto -           un elemento di
preoccupazione. Quando lei parla della
necessità, della preoccupazione di prevenire il
governo dei giudici, usa un'interlocuzione, una
frase, per cui sembrerebbe che ci potrebbero
essere ragioni obiettive che in qualche modo
possano giustificare un ruolo politico...
 PRESIDENTE.  Giustificare, no. Possano creare...
 FRANCO FAUSTI.  Io penso che non vi potranno mai
essere ragioni obiettive per giustificare un ruolo
politico tale da creare la necessità di prevenire
un governo dei giudici. Rispetto a questo elemento
di valutazione, credo che non sia tanto il
dibattito di chiarimento di oggi...
                             Pagina 2407
Per quanto mi riguarda, il senso complessivo della
risposta che lei ha dato può essere considerato
indubbiamente
sufficiente. Non vorrei che una lettura capziosa o
particolareggiata del testo della lettera potesse
portare ad un'interpretazione nel senso che
mancherebbe quel rapporto di collaborazione che ha
invece sempre caratterizzato la nostra posizione.
Rimane comunque questa preoccupazione che avremo
modo di chiarire nel proseguimento dei nostri
lavori.
SALVATORE FRASCA.  Signor presidente, anch'io sono
dell'avviso che bisogna evitare di compromettere
il buon lavoro che questa Commissione va
svolgendo. Tuttavia, poiché ritengo che lo scambio
di lettere tra il presidente ed il vicepresidente
Cabras non sia stata una corrispondenza di amorosi
sensi, ma abbia toccato problemi che meritano un
approfondimento, per la parte che mi riguarda,
usando il linguaggio della politica, della
politica pura (non del politichese, che molte
volte alberga in questa Commissione), intendo
chiarire il mio punto di vista con la necessaria
schiettezza. Rettificando quanto ha avuto
occasione di dire il mio collega di gruppo Calvi -
non qui, ma al Senato -, tengo a precisare che qui
non ci sono gruppi più importanti e gruppi meno
importanti: i gruppi sono tutti su un piano di
parità e, comunque, forse si farebbe bene a non
parlare di gruppi ma a rispettare il senso
istitutivo di questa Commissione, dando a ciascuno
di noi il ruolo che merita nell'espletamento delle
proprie funzioni...  (Alcuni parlamentari parlano
tra
loro) .
 PRESIDENTE.  Signori, è un po' difficile
l'ascolto ed il lavoro degli stenografi...!
Prosegua pure, senatore Frasca.
SALVATORE FRASCA.  Lasciamo quindi stare i gruppi
e
cerchiamo di esprimere liberamente il nostro punto
di vista. Ho voluto fare questo riferimento poiché
ho imparato in
tanti anni di milizia politica a conservare sempre
l'orgoglio del partito di appartenenza. Per
esempio non ho gradito che il presidente non abbia
fatto tenere seduta nel corso della convenzione
costituente della nuova DC, mentre la stessa
delicatezza non l'ha usata nei confronti del
partito socialista nel momento in cui teneva
eguale iniziativa. In quei giorni ( Interruzione
del deputato Bargone )... Rispondo, ma così
facendo perdiamo tempo; a me piace la polemica e
come ho precisato molte volte mi sento figlio di
Marte e di Bellona, ossia del dio e della dea
della guerra. Ho inteso fare questa precisazione
dal momento che il presidente nell'ultima seduta
ha detto che alla fine della settimana non avremmo
tenuto seduta per dare la possibilità ai colleghi
della democrazia cristiana di partecipare alla
loro costituente. Dico che vi sono delle linee di
rispetto per tutti i gruppi che devono essere
osservate.
 PRESIDENTE.  Qualche parlamentare socialista
della Commissione lo aveva chiesto?
 SALVATORE FRASCA.  Io no; non so se sia stato
richiesto o meno. Comunque è a questo fatto
specifico che mi riferivo quando, riprendendo il
mio collega Calvi, dicevo che i gruppi sono tutti
su uno stesso piano di parità e che comunque è
opportuno non parlare in termini di gruppi, bensì
come si conviene quali membri di questa
Commissione.
  Poc'anzi ho affermato che la corrispondenza
intercorsa tra il presidente Violante e il
vicepresidente Cabras non è stata una
corrispondenza di amorosi sensi. Sui contenuti di
entrambe le lettere occorre fare una precisazione.
Conosco da molti anni il presidente Violante,
abbiamo fatto insieme molte battaglie anche nella
precedente Commissione, conosco la sua
intelligenza, apprezzo la sua diligenza, però mi
si consenta di dire che da tempo non condivido la
sorta di spirito khomeinista con cui egli dirige
la nostra Commissione. Ho avuto occasione di
dirglielo senza fargli mistero della mia opinione.
Signor presidente, nell'ambito
                             Pagina 2408
della Commissione serpeggia molto malumore che non
si riesce ad esprimere per l'impotenza di molti di
noi, i quali parlano negli ambulacri del
Parlamento in un determinato modo e poi nelle sedi
abilitate ai nostri discorsi non sono in grado di
esprimersi adeguatamente.
  Ritengo che si impongano delle rettifiche ai
lavori di questa Commissione; ne discuteremo in
maniera approfondita a settembre nella data
indicata, ma credo che un qualche cenno in questa
sede vada fatto. Ritengo sia stato privilegiato il
rapporto con l'opinione pubblica piuttosto che il
lavoro serio, minuto, paziente, laborioso che noi
avremmo dovuto fare per assolvere i compiti
demandatici dalla legge. Forse è l'effetto degli
organi di informazione, del ruolo esercitato dalla
televisione, però si è parlato molto all'esterno,
mentre dal punto di vista del rendimento la
Commissione non ha concluso molto, mentre si
sarebbe potuto concludere di più. Vi è stato un
mare di iniziative, però poi non siamo stati in
grado di setacciare il nostro lavoro e di
pervenire a delle concrete conclusioni. Prova ne è
che abbiamo licenziato soltanto una relazione
importante, quella relativa al rapporto mafia-
politica, ma relativamente alla Sicilia, mentre
ancora tale tema non è stato trattato per la
Campania, per la Puglia eper la Calabria. Vi è poi
una certa commistione di poteri
con una sorta di subordinazioni o di
strumentalizzazione del nostro rapporto con
l'altro potere rappresentato dalla magistratura.
           A tale proposito vorrei dire anche al collega
                            Cabras che
il suo appiattimento alle posizioni del
presidente, così come l'appiattimento dell'altro
vicepresidente (il precedente, non di quello
attuale) sulle posizioni del presidente non ha
creato quella sorta di collegialità del lavoro,
quella dialettica essenziale per far funzionare
bene questa Commissione. Abbiamo quindi dovuto
avere certi consulenti e non altri ed anche quando
bisognava assumere determinate posizioni esse sono
state prese, ma subito dopo lasciate cadere nel
nulla. Aspetto ancora che venga visionata la
videocassetta nella quale è contenuta una
dichiarazione molto grave per il buon lavoro del
Governo, delle forze dell'ordine edello stesso
Parlamento a proposito dell'arresto di Riina.
Non si sapeva il nome del magistrato, poi
l'abbiamo saputo accertando che è un magistrato
che fa il consulente di questa Commissione.
Comunque su tutto questo non si è voluto a suo
tempo prendere posizione.
  Alcuni di noi hanno chiesto un confronto con il
Consiglio superiore della magistratura, ma tale
confronto non si è avuto. E' vero che c'è
Tangentopoli, ma in aula ho dichiarato che tra me
che vivo in Calabria e Tangentopoli che si è
sviluppata principalmente a Milano vi è il
massiccio del Pollino e che tra me e la
Tangentopoli scoppiata a Reggio Calabria c'è il
massiccio dell'Aspromonte. Quindi io non ho da
difendere nessuno, meno che mai questo sistema che
si è evidenziato con tutta la corruzione che sta
emergendo in questi mesi. Vi è quindi
Tangentopoli, esistono delle precise
responsabilità dei partiti politici, vi sono
responsabilità del Parlamento, però bisogna avere
anche il coraggio di dire che se Tangentopoli c'è
è perché, come dice l'onorevole Pannella (come
vede questa volta siamo in tre, presidente, il
presidente Cossiga, l'onorevole Pannella ed io a
dire certe verità...
 PAOLO CABRAS.  E' in buona compagnia!
 SALVATORE FRASCA.  ...e quindi sono in buona
compagnia), dicevo che ha ragione l'onorevole
Pannella quando afferma (e mutuo il linguaggio
dalla massoneria) che la magistratura è stata "in
sonno" nel corso di questi anni. La magistratura
sapeva tutto e non è intervenuta, perché
attraverso suoi comparti è stata partecipe della
gestione del potere così come
si è estrinsecata in questi ultimi quarant'anni di
vita politica. Avremmo dovuto avere un confronto
su tutto questo con la magistratura, anche in
rapporto a coloro che abbiamo ascoltato. Per ogni
pentito che ascoltiamo facciamo
                             Pagina 2409
un processo, un processo sommario, uno di quei
processi che poi portano al suicidio delle
persone, cosa che offende la nostra coscienza non
soltanto di cristiani ma di laici. Però non siamo
mai stati in grado di chiedere il rendiconto alla
magistratura di alcuni suoi comportamenti, così
come non siamo stati in grado di chiedere il
perché certi magistrati, che sono corrotti e che
si sono resi responsabili di gravi fatti, restino
ancora al loro posto e non vengano rimossi.
Bisogna avere il coraggio di dire queste cose.
Sbagliano quei colleghi iquali magari possono
avere il morto in casa e pensano che
tacendo su queste cose possono essere protetti al
momento opportuno: no, non è possibile questo.
Allora è bene che si faccia (almeno da parte di
chi si sente moralmente pulito) la necessaria
battaglia per portare la pulizia nella
magistratura del nostro paese. Vi è stato quindi
uno squilibrio: si è andati avanti in una certa
direzione e non in altre...
PIETRO FOLENA.  Stringi!
 SALVATORE FRASCA.  Il presidente chi è?
 PIETRO FOLENA.  Non è una discussione generale.
 SALVATORE FRASCA.  Lascia fare il proprio compito
al presidente, per piacere.
         PIETRO FOLENA.  Non si tratta di una discussione
                             generale
sulla Commissione...
           SALVATORE FRASCA.  Se sbaglio mi richiama il
                            presidente,
ma tu non hai alcun diritto di richiamarmi. Adesso
ti ho fatto questa dichiarazione, se interrompi
nuovamente ti do una risposta diversa, anche
perché non ho mai apprezzato i gerarchi nella
politica, ho apprezzato l'intelligenza, il saper
fare, il legame con la gente, ma mai i gerarchi
della politica.
 PRESIDENTE.  Senatore Frasca!
 SALVATORE FRASCA.  Ognuno ha la sua storia.
 MASSIMO BRUTTI.  Lo scontro si evita con un po'
di autocontrollo, altrimenti...
        SALVATORE FRASCA.  Collega Brutti, ti voglio tanto
                               bene
che accetto la tua esortazione. Dicevo poc'anzi
che vi è stato uno squilibrio, si è andati avanti
in una certa direzione e non in un'altra e ciò a
scapito di uno dei compiti fondamentali della
nostra Commissione che era quello di vedere se i
meccanismi dello Stato funzionavano nella lotta
contro la mafia e contro la delinquenza
organizzata. Adesso vediamo quali sono i
correttivi da apportare e cerchiamo di riflettere
avendo ognuno di noi stima del collega e noi tutti
di lei, presidente, che è il nostro coordinatore.
  Però quando questa mattina mi si consegna un
malloppo sull'edilizia scolastica a Palermo e
questa sera mi si chiede di dare un voto, mi
rifiuto di darlo perché devo avere il tempo
necessario per studiarmi i problemi! Ho visto che
lei, presidente, per giovedì ha messo all'ordine
del giorno la relazione sulla Calabria che appare
e scompare. Sono calabrese, sono legato alla
pulizia, non etnica, bensì morale, istituzionale
della mia regione, alla liberazione della Calabria
dal fenomeno mafioso, voglio dare il mio
contributo e prima di venire in Commissione ho
diritto di conoscere il testo della relazione sul
quale si deve svolgere il dibattito! Bisogna
quindi che ci si stimi e che queste cose non
accadano. Bisogna altresì che non apprendiamo né
da  Il Giornale  di Montanelli, né da  Il Giorno
cose che non fanno
certamente onore a questa Commissione. Noi
dobbiamo essere imparziali! Le fonti di
finanziamento devono emergere prescindendo dalla
provenienza o dalle parti da cui siano
state utilizzate: non si può mettere il manto
della carità su chicchessia! Per questo motivo
chiedo che la Commissione ascolti nuovamente il
pentito Galasso perché ci dica ciò che non ci ha
detto o
                             Pagina 2410
che non gli si è fatto dire. Chiedo inoltre che a
ciascun membro della Commissione sia consegnato il
testo dell'interrogatorio...
         PRESIDENTE.  Lo avete Frasca, lo avete, lo avete
                             avuto un
mese fa l'interrogatorio di Galasso.
SALVATORE FRASCA.  Ma non le pagine. PRESIDENTE.
Quali pagine?
SALVATORE FRASCA.  Le pagine che mancano!
PRESIDENTE.  Ma quali pagine mancano, scherziamo?
SALVATORE FRASCA.  La stampa afferma che mancano
delle
pagine!
 PRESIDENTE.  Scusate, colleghi...
SALVATORE FRASCA.  Io dico quello che leggo sulla
stampa. PRESIDENTE.  Ad un certo punto basta!
Scusate colleghi... SALVATORE FRASCA.  Prendo atto
di ciò che dice,
presidente.
           PRESIDENTE.  Questo è un punto sul quale non
                             transigo!
Che si debba dire che mancano delle pagine in
documenti che vi sono stati dati... ma scherziamo?
SALVATORE FRASCA.  Prendo atto di ciò che dice!
PRESIDENTE.  No, lei le pagine le aveva, lei,
Frasca, le
pagine le aveva, se non le ha lette è colpa sua,
non colpa mia!
 SALVATORE FRASCA.  Signor presidente, i documenti
li ho letti e lei non faccia il preside di scuola
che richiama l'insegnante né l'insegnante che
richiama un alunno.
PRESIDENTE.  E' lei che mi ha richiamato perché
non le ho
dato delle pagine, caro Frasca.
 SALVATORE FRASCA.  Pensavo, e questo si evince
dalla lettura della stampa, che vi fossero delle
pagine...
         ANTONIO BARGONE.  Uno legge gli atti che ha! Che
                              c'entra
la stampa?  (Commenti) .
 PRESIDENTE.  Andiamo avanti!
         SALVATORE FRASCA.  Come siete facili nelle vostre
                              cose...
 PRESIDENTE.  Andiamo avanti Frasca.
 SALVATORE FRASCA.  ...cercate di acchiappare le
lucciole
quando vi sono delle travi.
 PRESIDENTE.  Andiamo avanti, Frasca.
 SALVATORE FRASCA.  Pensiamo alle travi che ci
sono... Comunque chiedo che il pentito Galasso sia
riascoltato ed anche sulla vicenda delle
cooperative rosse (ed io sono un rosso) si faccia
piena luce perché la nostra Commissione deve
percorrere una strada obbligata e non procedere a
zig-zag.
PRESIDENTE.  Per quanto riguarda la relazione sui
lavori
aPalermo, essendosi l'altra volta verificato un
grave ed
increscioso inconveniente, cioè essendo stata data
la
relazione il giorno prima, i giornali l'hanno
pubblicata nel giorno stesso in cui la dovevamo
discutere; ricordate? La cosa fu stigmatizzata da
molti, dopo di che abbiamo preso l'abitudine di
consegnare la relazione al mattino per evitare che
i giornali la pubblichino prima che i colleghi la
leggano. Nell'ordine del giorno è scritto:
discussione ed "eventuale" approvazione, quindi
non si chiede un voto per oggi. Terza questione:
gli ordini del giorno
                             Pagina 2411
sono decisi dalla Commissione, per cui insieme
abbiamo deciso di fare la relazione sulla Calabria
giovedì.
 IVO BUTINI.  Prendo la parola soprattutto per
manifestarle, presidente, una stima ed un
apprezzamento personali di cui poi spiegherò le
ragioni. Non la conoscevo molto prima di venire in
Commissione antimafia: la considero
un personaggio politico coerente, con una
ispirazione politica forte e un carattere
determinato, ed il discorso di Montecchio per me
ne è stata una dimostrazione.
  Ho letto ieri quanto riportato da  l'Unità  sul
discorso di Montecchio. Non ero a Roma stamattina
e nel pomeriggio, quando sono arrivato, ho letto
le lettere che si sono scambiati il presidente ed
il vicepresidente ed ho avuto l'impressione di
trovarmi di fronte a due testi diversi. Il
discorso di Montecchio è virgolettato, e io non
posso garantire quale sia la verità perché non
c'ero; quel discorso dice alcune cose, mentre la
lettera che lei scrive a Cabras non dico che ne
dice altre, perché questo sarebbe un modo
scorretto di interpretare la lettera, ma non dice
tutto, se faccio capo al discorso di Montecchio.
  Ho colto il punto di congiunzione tra il testo
di Montecchio e la lettera di Cabras nel terzo
capoverso di tale lettera dove il vicepresidente
parla di "un implicito invito ad un potere
indipendente di intervenire nella vicenda politico-
istituzionale, usurpando un potere di
rappresentanza dei cittadini". Se ho capito bene,
onorevole vicepresidente, questo è il cuore della
sua lettera e credo che sia il cuore della
preoccupazione del direttivo del gruppo
senatoriale della democrazia cristiana.
  I chiarimenti che il presidente Violante porta
nella risposta, infatti, non toccano il nucleo
forte, che non è esplicitato nella lettera di
Cabras ma che per chi ha letto il testo di
Montecchio è chiarito. Ecco perché, senatore
Smuraglia, ho preso la parola. Ho ascoltato il suo
intervento sapiente e saggio, però mi sembra che
ci sia una sorta di sottovalutazione del rapporto
che può esistere o non esistere fra le cose di cui
si discute e la Commissione antimafia. Ciò perché
questa Commissione ha consacrato in una sua
relazione, discussa e faticosa, la distinzione tra
la responsabilità giudiziaria, che appartiene ad
un potere, e la responsabilità politica, di cui
sono giudici anche i parlamentari ed in
particolare quelli della Commissione antimafia.
  Il nucleo forte del discorso di Montecchio sta
nel rapporto tra responsabilità giudiziarie e
responsabilità politiche: qui ha ragione Cabras.
Non dico però che abbia torto il presidente,
perché la dichiarazione di stima che gli ho fatto
non è strumentale: ha avuto coraggio a dire le
cose che ha detto. Però si può essere in dissenso,
e questo è un altro problema. E un dissenso non è
irrilevante, senatore Smuraglia, su questo punto.
  Qual è infatti il nucleo del discorso di
Montecchio? Si dice che, siccome non vogliamo le
fucilazioni, si possono fare le amnistie. Per fare
le amnistie questo Parlamento si levi dai piedi
(l'espressione è letterale), e se non si leva dai
piedi vuol dire che c'è qualcuno che lo vuol
tenere; e poiché chi lo vuol tenere sono i
politici se ne assumano la responsabilità.
  Questa è l'opinione del presidente Violante, che
è un'opinione forte, che però può toccare anche
noi per le dichiarazioni che abbiamo reso prima, e
a fronte di questa opinione forte ci si potrebbe
domani ritrovare a trattare lo stesso argomento.
  Una sola cosa, presidente, le vorrei
raccomandare: lei che è presidente della
Commissione parlamentare antimafia queste forme di
congiunzione di problemi complessi, delicati, con
risvolti di penale e di civiltà dovrebbe
attenuarle. Io la capisco, ma queste espressioni
libere di opinione andrebbero, ripeto, attenuate
quando, essendo presidente di una Commissione
bicamerale, si va ad intaccare la
rappresentatività o meno del Parlamento, peraltro
in materia delicatissima perché è quella
attraverso la quale sembra che si potrebbe
arrivare ad una soluzione civile di questa fase
così tormentata che stiamo
                         Pagina 2412
vivendo. Non è un appunto, ma la manifestazione di
una opinione rispetto ad un'altra.
          Per me il problema è tutto qui. Il resto delle
                             cose che
avete trattato nelle lettere sono contesto, sono
motivazioni...
 PRESIDENTE.  Senatore Butini, posso chiederle un
chiarimento che non trovo?
 IVO BUTINI.  La prego.
          PRESIDENTE.  Dove ha trovato scritto che io ho
                             detto che
il Parlamento si deve levare dai piedi?
            IVO BUTINI.  Forse si riferiva ai politici,
                           comunque vado
averificare sull'articolo apparso su  l'Unità . In
un
passaggio si dice: "Scartata la prima via, occorre
trovare un qualcosa che dica: tu paghi quello che
devi pagare e portiamo via le ricchezze
ingiustamente accumulate, sarai condannato ad una
pena media con la condizionale e poi vai fuori dai
piedi". E' qui l'errore: sono i politici che se ne
vanno fuori dai piedi.
 PRESIDENTE.  E' il progetto del Governo, questo.
 IVO BUTINI.  Chiedo scusa, evidentemente mi sono
fatto prendere dalla sintesi del pensiero. Da qui
in avanti sarò più analitico e più pignolo.
 PRESIDENTE.  Mi scusi per la precisazione, ma mi
accreditava qualcosa che non penso e che non ho
detto.
 IVO BUTINI.  Raccolgo la sua precisazione.
  Comunque, il problema di un Parlamento che non
sarebbe in grado di provvedere al superamento
della situazione resta e questo detto dal
presidente della Commissione antimafia, con
l'apprezzamento personale che le ho fatto, qualche
volta mi lascia qualche perplessità. Questo è il
punto di vista che ho voluto chiarire.
  Prima di arrivare alle mie considerazioni
conclusive, vorrei che i colleghi prendessero atto
che certamente si tratta di opinioni: Cabras
scrive il terzo capoverso della sua lettera, che a
mio giudizio corrisponde al nucleo forte del
discorso di Montecchio; probabilmente la stessa
preoccupazione è stata manifestata dal direttivo
del gruppo senatoriale della democrazia cristiana.
  Credo che del problema che lei ha posto a
Montecchio - e non so se questa è la sede per
discuterne, presidente - si parla sui giornali e
nelle varie discussioni. Se un problema di questa
natura si fa emergere, bisogna corazzarsi con
un'ampiezza di motivazioni e di dibattito pari
alla delicatezza del problema.
  Il senatore Cabras ha ascoltato il dibattito, ha
letto i chiarimenti, tragga lui le valutazioni in
ordine a quello che può o non può essere risolto
qui e a quello che non si potrà forse risolvere
qui. Volevo però evitare che di questo problema si
desse una motivazione molto frettolosa riducendola
ad un disguido di opinioni. Credo che invece il
presidente Violante meriti maggiore considerazione
di quanta verrebbe da un giudizio di questo
genere. Si può essere d'accordo o in disaccordo,
ma siamo di fronte ad un interlocutore che ha
forza di intelletto e di carattere, e quindi
bisogna che lo giudichiamo sotto questo profilo.
Se questa è la sede si approfondisce, presidente
Violante, se non lo è si approfondisce in altre
sedi, non è mica un grande problema.
L'ultimo giudizio non l'ho capito, presidente: le
rivolgo
al riguardo una domanda alla quale non deve
rispondere qui; può farlo anche in privato.
Assumendo il suo ragionamento mi è venuto un
dubbio, che è politico e quindi forse non riguarda
la Commissione antimafia se non in misura
marginale. Se il suo sillogismo funziona, coloro
che avrebbero interesse a non procedere
rapidamente allo scioglimento delle Camere e alle
elezioni anticipate, lo farebbero in cambio di che
cosa? Non ho capito quale sarebbe il tornaconto
dell'operazione diretta
Pagina 2413
           a protrarre di sei mesi una scadenza quando i
                           problemi sono
quelli che lei ha evidenziato nel discorso di
Montecchio. Siccome non ne colgo la ragione
logica, possono essere in corso altri tipi di
scambio la cui valenza ed il cui significato non
possono essere rapportati solo alla posizione di
parti, ma sarebbero coinvolte responsabilità più
grandi. E' materia che però non rientra tra le
competenze della nostra Commissione. Volevo solo
dire che per quello che mi giunge all'orecchio,
bisogna stare cauti perché le cose, se sono
queste, non hanno spiegazioni così semplici come
sembrano quelle pronunciate a Montecchio.
 PRESIDENTE.  Grazie, senatore Butini, e mi scusi
per l'interruzione.
 IVO BUTINI.  Sono io che ringrazio lei,
presidente,
perché avevo commesso un errore.
 MICHELE FLORINO.  Presidente, la invito a
rilasciare la prossima volta dichiarazioni del
genere in una località diversa. Diventa quasi un
fatto storico ora questo discorso di Montecchio, e
forse risuonerà anche male, negli annali storici,
il "discorso di Montecchio". Muovo questa
obiezione perché mi sembra che la discussione
odierna è inusitata per i lavori che questa
Commissione ha sempre tenuto. Infatti, se noi
avessimo voluto fermarci ad ogni lettera, ad ogni
dichiarazione, anche irresponsabile qualche volta,
perché sono apparse sulla stampa anche
dichiarazioni irresponsabili, gran parte del
nostro lavoro non sarebbe stata compiuta.
  Bastava distribuire le lettere ai commissari, in
modo che sui loro contenuti ponessero la giusta
attenzione. Non vedo i motivi per cui oggi si è
svolto questo dibattito, se non per (questo è il
mio punto di vista, che può non essere condiviso
dagli altri) sollevare qui il solito tema di
Tangentopoli, della crisi che attanaglia un
sistema che - come sostiene qualcuno - è in
metastasi. E' quindi un dibattito politico quello
che si è mosso oggi in quest'aula, dibattito che
non ha niente a che vedere con i compiti di questa
Commissione, se andiamo a rileggere il regolamento
che ne disciplina i lavori.
Ora, perché il presidente ha tenuto lo storico
discorso di
Montecchio... la prego caldamente di cambiare
località perché questo nome non mi piace. Cabras
si è mosso perché sollecitato forse...
 PAOLO CABRAS.  Da Roma.
 SALVATORE FRASCA.  Lo poteva fare da Predappio.
 MICHELE FLORINO.  Non da Roma, perché sollecitato
dall'intervento di Martinazzoli, perché prima ho
letto la reazione di quest'ultimo all'intervento
del presidente Violante e poi la lettera del
vicepresidente. Se abbiamo dovuto dedicare tre ore
del lavoro della Commissione alla discussione del
contenuto di queste lettere per i ruoli che
rivestite per il fatto che della Commissione siete
presidente e             vicepresidente, ritengo
che questo non rientra tra i compiti
previsti dal regolamento. Se poi questo dibattito
politico che si estende oltre i compiti della
Commissione è servito ad ampliare il discorso su
altri scenari, ritengo che non abbiamo compiuto un
buon lavoro in relazione all'impegno che ci siamo
assunti in questa Commissione, che è quello della
lotta contro la criminalità.
         Abbiamo perso tre ore su queste che ritengo cose
                              che non
potevano trovare...
 ALBERTO ROBOL.  Non esagerare!
 MICHELE FLORINO.  Non vi offendete perché
altrimenti chiederò che si svolga una discussione
ogni volta che arriva una lettera di un membro di
questa Commissione, e vedrete che ci bloccheremo
completamente.
  Rispetto ai  bazooka  sovietici che vanno ad
abbattere la villa di Galasso, ai magistrati
inquisiti di Bari che
abbiamo incontrato in un nostro sopralluogo nel
quale ci siamo trovati al cospetto di una
                             Pagina 2414
criminalità che è entrata nei palazzi di
giustizia, rispetto all'aggressione criminale che
constatiamo giorno per giorno, voi perdete tempo
in un dibattito politico che doveva trovare ben
altra sede.
 LUIGI BISCARDI.  Non vorrei correre il rischio di
ripetere cose già dette e quindi mi limiterò ad
esprimere una considerazione sull'andamento di
questa discussione. All'inizio ho ascoltato il
contenuto delle lettere forse con un candore un
po' disarmato: mi sembrava che ci fosse da parte
del senatore Cabras una non condivisibile ma
legittima osservazione sul discorso del presidente
Violante a Montecchio. Egli ha posto il problema
della supplenza del vuoto della politica da parte
della magistratura; il senatore Cabras avrebbe
potuto benissimo, certamente a mio avviso forzando
un po' il senso complessivo ma sarebbe stato
legittimo da parte sua, evitare un'interpretazione
più estensiva del discorso dell'onorevole
Violante. Se non che, vi è stato il pronunciamento
in sede ufficiale del gruppo della democrazia
cristiana; inoltre qui abbiamo assistito ad un
debordare della Commissione anche su argomenti
che, per la verità, esulavano completamente dal
tema ed è stato addirittura invocato il senso
dello Stato.
          Il problema è tutto qui: o la discussione viene
                             riportata
alle sue legittime origini interpretative, e
allora il vicepresidente Cabras dirà a conclusione
di questa discussione quello che riterrà di dover
dire, se cioè questa discussione, pur legittima da
diverse posizioni, abbia una sua necessaria e
giusta composizione oppure no o se, invece, ci
troviamo di fronte a posizioni politiche che
investono la funzione della presidenza e la
rappresentanza all'esterno di questa Commissione.
  Come dicevo, il problema è qui. Alcuni
interventi più sottili e più composti nella forma,
in particolare quelli dell'onorevole Fausti e del
senatore Butini, hanno sospeso a mezz'aria questa
situazione, manifestando una posizione che tende
al superamento formale della questione ma fa
permanere una riserva politica di fondo nei
confronti della presidenza della Commissione. E'
questo l'equivoco che va chiarito, in primo luogo
naturalmente da parte di chi ha sollevato, anche
se in modo assolutamente legittimo, il problema,
cioè il vicepresidente Cabras.
  Permanere in una situazione di incertezza e di
ambiguità su questo punto nuocerebbe di gran lunga
non solo al prosieguo dei lavori di questa
Commissione ma anche ai suoi rapporti interni,
alla sua efficacia, alla sua funzionalità e
indubbiamente al suo prestigio esterno.
 MASSIMO BRUTTI.  Sullo scambio di lettere fra il
presidente Violante ed il vicepresidente Cabras ha
già espresso la valutazione, a nome del gruppo del
PDS, il senatore Smuraglia; mi limiterò perciò a
sottolineare alcuni aspetti della questione. In
primo luogo considero gran parte del dibattito di
questa sera alquanto anomala; tale anomalia
(voglio dirlo con grande franchezza e lealtà)
deriva dal fatto che non vi è stata, subito dopo
la lettura della lettera del presidente Violante,
una presa di posizione o una dichiarazione, da
parte del vicepresidente Cabras, che pure ci
saremmo aspettati subito. La scelta di tacere e di
ascoltare implica, da parte del vicepresidente
Cabras, la convinzione che il dibattito avrebbe
potuto offrirgli elementi ulteriori per formare la
sua opinione. Invece credo che, stando alla
cronaca redatta in modo sintetico su  l'Unità  e
alle
precisazioni del presidente Violante, il problema
avrebbe potuto considerarsi già sufficientemente
chiarito.
Comunque, se il senatore Cabras ha bisogno che
tutte le
nostre opinioni si manifestino, voglio insistere
su un punto: se leggiamo la cronaca redatta
dall'articolista de
l'Unità  notiamo che, se anche le opinioni vengono
riportate in modo troppo ellittico, non è stata
teorizzata alcuna confusione dei ruoli tra sistema
politico ed amministrazione della giustizia; non
c'è stata, in quelle parole, nessuna invocazione
di un governo dei giudici, anzi vi è stata la
piena convergenza tra le valutazioni formulate dal
Pagina 2415
presidente della Commissione parlamentare
antimafia e quelle espresse da un'altra carica
dello Stato, il vicepresidente del Consiglio
superiore della magistratura, il quale ha
dichiarato che i giudici devono continuare a
svolgere il proprio lavoro fino in fondo...
 FRANCO FAUSTI.  Per questo siamo preoccupati!
 MASSIMO BRUTTI.  ... che la magistratura non
risolve il problema di Tangentopoli, che è
necessaria una soluzione politica, che questo
Parlamento non è in grado di raggiungere una tale
soluzione politica.
  Si tratta di opinioni che hanno libera
circolazione nel paese, che sono largamente
diffuse al di fuori di quest'aula, che gran parte
della cultura giuridica più avveduta condivide nel
momento in cui si pone il problema di come
risolvere le questioni aperte da Tangentopoli e
dalle inchieste giudiziarie in corso.
  Da parte del presidente della Commissione
parlamentare antimafia c'è stata una libera
manifestazione del pensiero. Rivendico qui per
ciascuno di noi il diritto di dire ciò che si
pensa in tutte le sedi ove ciò sia possibile, nei
dibattiti pubblici, a maggior ragione quando si fa
riferimento a dati e conoscenze che non derivano
dalla carica istituzionale che si ricopre ma dal
proprio ruolo di uomo politico, di cittadino, di
competente in qualche ramo dello scibile.
  Poiché mi sembra che in alcune critiche qui
sollevate vi sia stato qualche accento al di sopra
delle righe, con molta franchezza e lealtà e molto
freddamente, desidero porre a tutti i colleghi una
domanda: si vuole aprire una discussione su quello
che ha fatto o sta facendo la Commissione
antimafia, sul modo in cui essa è diretta? Noi
siamo pronti ma vogliamo aprirla al di fuori di
qui; se si vuole aprire una discussione del
genere, lo si faccia fuori di qui, nel paese,
davanti all'opinione pubblica, davanti a tutte le
forze politiche e chi abbia giudizi negativi o di
disvalore da formulare li esprima davanti agli
occhi di tutti e non prendendo spunto dalla
cronaca di dieci righe nell'ambito un articolo di
fondo pagina di un giornale. Se le critiche sono
quelle che ho sentito avanzare dall'onorevole
Matteoli, le si esplicitino e vediamo fra noi chi
è d'accordo e chi no.
 MARIO CLEMENTE MASTELLA.  Se il problema è quello
apparso, debbo dire con molta franchezza che è un
problema; se all'improvviso è diventato carsico,
sfocerà prima o poi e sarà un problema. Se invece
non c'è, perché vi è stata da parte del presidente
la presa d'atto nella lettera in replica al
senatore Cabras, ne prendo atto con soddisfazione
anche umana -            debbo dire al presidente
- perché sarei rimasto turbato dal
punto di vista dei rapporti, che credo sono
configurabili nella declinazione in termini
diversi delle modalità politiche ma certamente
nella volontà di andare avanti sia qui dentro sia
fuori di qui dal punto di vista dell'accentuazione
dei criteri di natura democratica.
  Il presidente mi consentirà di dire con molta
franchezza che, proprio avviando e considerando
per molti aspetti chiusa la partita, e non tanto
per sottolineare una forma di
solidarietà del gruppo parlamentare della
democrazia cristiana, del gruppo parlamentare del
partito popolare, vi sono alcune considerazioni
contenute nella lettera di risposta al senatore
Cabras che chiedono in forma di dialogo e di
tolleranza alcuni chiarimenti.
        Non sono tra coloro i quali ritengono che ci debba
                              essere
il governo dei giudici, anche perché parto dal
presupposto che non ci debba essere il governo sui
giudici, come magari qualcuno ritiene; il solo
fatto che questo avvenimento possa essere
adombrato, sia pure in fase di emergenza,
attraverso un accenno, se questo viene dal
presidente della Commissione antimafia... Diciamo
la verità! Se giudichiamo questo accenno dal punto
di vista del carisma e nell'esercizio di una
funzione, ebbene il carisma fa tanto rispetto alla
funzione. Se il Papa parlasse di cose diverse
dalla sacralità dell'oggetto che gli è dato dall'
ex
                             Pagina 2416
cathedra , evidentemente si configurerebbe
qualcosa di particolare, di straordinario. Se il
presidente della Commissione antimafia, anche per
l'autorevolezza che egli è riuscito a recuperare a
questa Commissione e a se stesso (questo gli va
riconosciuto), pone obiettivamente una serie di
problemi (e al collega Brutti devo dire che
proprio questo non mi convince) ritengo giusto che
qualcuno ne parli ma è altrettanto giusto che
anche altri abbiano la capacità non tanto di
rispondere ma di discutere. Lo ha fatto il
senatore Cabras in premessa, lo si sta facendo in
questa circostanza per quanto ci riguarda.
  Vi è un altro aspetto della questione su cui
dobbiamo essere chiari: se il Parlamento, come
leggo nella lettera del presidente, non è
delegittimato, allora il Parlamento, questo o
qualsiasi altro, può avviare una qualunque
soluzione
politica; non si può inventariare all'improvviso
una soluzione politica, riportarla sul piano
dell'attenzione e ritenere che eventualmente essa
non possa essere rinvenuta anche all'interno di
questo stesso Parlamento.
         Se si ritengono cose diverse, come il presidente
                             ritiene,
non già che qualcuno debba esecrare la
magistratura (lungi da me, presidente, la volontà
di esecrare la magistratura!), il Parlamento può
anche non limare il codice di procedura penale,
però può anche avere il diritto di farlo. Poiché
anche nella lettera lei responsabilmente sostiene
che da questo punto di vista questa non sia una
strada, presidente...
 PRESIDENTE.  No, so che non serve allo scopo!
 MARIO CLEMENTE MASTELLA.  La sua è un'opinione;
consenta che al riguardo ve ne possano essere
altre, è per questo che il dibattito è aperto.
  Su queste cose, che costituiscono la trama di un
discorso politico esterno alla Commissione,
ritengo che il dialogo in termini di opinioni
differenziate possa scaturire ed accentuarsi. Se
la lettera di risposta è un motivo per chiudere
una vertenza, che secondo Violante non si è mai
aperta, ne prendo atto con soddisfazione e mi
auguro di leggere domani su  l'Unità  non soltanto
questa lettera ma
anche le precisazioni che il presidente Violante
avrà fatto da questo punto di vista.
 PRESIDENTE.  Non soltanto su  l'Unità !
        MARIO CLEMENTE MASTELLA.  Prendo per buone le cose
                                che
lei ha detto, signor presidente; non mi
convincono, perché da questo punto di vista ognuno
alza "alte smuraglie", le considerazioni svolte
dal senatore Smuraglia in questa circostanza. Mi
consentirà di dirlo, con tutta la stima che ho nei
suoi confronti, perché ognuno di noi non può
scindersi dal punto di vista della responsabilità,
dato che ogni atto assume rilevanza politica (ciò
vale per il presidente Violante e per ciascuno di
noi). Quando si parla in alcune circostanze,
perciò, proprio per la titolarità che si esprime,
le conseguenze che ne derivano possono determinare
vicende come quelle di cui ci stiamo occupando.
  Aggiungo, rivolgendomi a chi ha ritenuto come
una forma di deprezzamento essere intervenuti a
sostegno di Cabras (ma non mi pare che sia così,
essendo stata giocata una funzione istituzionale
rispettando il pensiero di Cabras ma anche quello
del gruppo senatoriale del mio partito), che ieri,
per l'allarme che questa vicenda aveva creato, non
a caso il segretario del mio partito - credo dando
anche consacrazione alla sua persona, onorevole
Violante - ha detto ad alta voce in conclusione,
all'apertura del ciclo nuovo cui la lettera di
Violante fa riferimento, quello che pensava
perché, se così è, non saremmo assolutamente
d'accordo.
 MASSIMO BRUTTI.  Non mi è chiaro l'ultimo
passaggio.
 MARIO CLEMENTE MASTELLA.  Mi dispiace per te!
                             Pagina 2417
 PAOLO CABRAS.  Credo di non essere stato solo nel
manifestare un disagio ed una preoccupazione a
proposito dell'informazione giornalistica apparsa
su  l'Unità ; sono stato solo nella decisione, del
tutto autonoma, della lettera che ho inviato già
da ieri sera e che ho reso pubblica questa
mattina. Lo voglio dire in particolare al senatore
Brutti e al senatore Smuraglia; lo dico con grande
franchezza, ma anche non dimenticando i rapporti
di stima reciproca. Ringrazio il senatore
Smuraglia per le parole di apprezzamento avute nei
miei confronti e sa che tale apprezzamento è
ricambiato.
          Non ho posto una questione personale che avrei
                              potuto
risolvere in un colloquio, in uno scambio di
lettere, in una presa di posizione ufficiale, in
una dichiarazione, come si fa quando si tratta di
dissentire da un giudizio politico. Ho voluto
porre un problema politico inerente alla funzione
e al ruolo della Commissione antimafia e anche al
compito che vi svolgo come vicepresidente. A me
sembra che una questione che riguarda i rapporti
fra la magistratura e il potere politico, che
riguarda la crisi istituzionale, non sia estranea
alla stessa materia nel nostro impegno, perché
cerchiamo di ripercorrere nella crisi delle
istituzioni e del sistema complessivo del nostro
paese, la parte e il ruolo che vi hanno giocato
poteri occulti, poteri criminali, complicità,
collusioni, errori strategici, inadeguatezze
giuridiche, amministrative. Quindi, su questo
percorso, incontriamo le istituzioni della
politica ma anche la magistratura, le forze
dell'ordine, cioè incontriamo altri poteri o altre
autorità. Quindi, un argomento come quello che è
stato oggetto del dibattito di Montecchio non può
essere affidato soltanto alla libertà che abbiamo
tutti di esprimerci in sede di partito, e in
qualsiasi altra sede, su temi politici. Se si
dovesse rimarcare una irrecuperabile divaricazione
su questi temi, infatti (lo vorrei dire al
senatore Frasca che ha una visione un po'
contrattualistica dello stare in un ufficio di
presidenza), la mia visione sarebbe diversa.
Sentirei non un disagio ma l'impossibilità di
rappresentare idee, esperienze, storie,
sensibilità, la cultura che mi è propria in un
organismo laddove ci fosse una divergenza di fondo
sul rapporto tra istituzioni diverse, tra poteri
diversi.
  Tutto ciò inficerebbe la genuinità delle nostre
iniziative, dei nostri rapporti, non solo delle
nostre relazioni, delle nostre investigazioni, ma
anche della continua comunicazione e dello scambio
di idee che questa Commissione, e forse più in
particolare i membri dell'ufficio di presidenza,
hanno con poteri e autorità esterne. Quindi, si
tratta di un problema politico, di un problema
collegiale e non certamente di una questione
personale. Anche per questo, senatore Brutti, non
aveva senso che io, avendo posto per questa
valutazione il problema, mi fossi precipitato dopo
l'introduzione corretta dell'esposizione dei fatti
da parte del presidente Violante, a dire la mia e
a considerare chiuso l'argomento senza un
dibattito, senza un confronto. Avevo interesse,
non per una mia curiosità intellettuale, ma per il
lavoro che insieme dobbiamo svolgere, a conoscere
sull'argomento l'opinione e il giudizio degli
altri colleghi, anche di quelli della mia parte
politica che il senatore Cappuzzo ha ricordato
giustamente non ho informato della mia iniziativa.
Non ho informato neppure il segretario del mio
partito con il quale ieri sera pure avevo avuto
uno scambio di valutazioni sul fatto, ma niente di
più dal momento che la conclusione di un congresso
impegnativo come il nostro non consentiva di
intrattenersi su un argomento sia pure importante.
Questo per chiarire i termini e le motivazioni.
Nel merito. Sicuramente, nessuno potrà
contraddirmi, non
appartengo né agli esecratori della magistratura
né a coloro che credono che ci siano congiure
dietro le indagini della magistratura in ordine a
fatti di corruzione affaristica, di concussione o
fatti di possibile collusione o di provata
collusione tra potere politico, poteri
istituzionali e centri della criminalità
organizzata. Voglio ricordare che in
Pagina 2418
questa Commissione, nella passata legislatura, fui
tra coloro che si schierarono, con un certo
rigore, una certa determinatezza, in un'analoga
responsabilità istituzionale al vertice della
Commissione, all'epoca del "Corvo" di Palermo, con
le posizioni di Giovanni Falcone. Era un periodo
in cui vi era tensione tra certe parti politiche e
la magistratura; vi erano polemiche ancora di
derivazione referendaria, della giustizia giusta,
fino alle polemiche sui giudici ragazzini. Le
tensioni all'interno del Consiglio superiore della
magistratura erano tali ed avevano come
protagonista addirittura il ministro della
giustizia e soprattutto il Presidente Cossiga.
Successivamente, per l'ironia che vi è nella legge
del contrappasso, entrando in quest'aula ho letto
una lunga dichiarazione del Presidente Cossiga che
si schiera decisamente a favore dell'onorevole
Violante, di tutto quello che ha detto, del ruolo
della magistratura nella crisi politica. Ha la
bontà, ma in questo non si rinnova, di rivolgere
un attacco come difensore, credo, del sistema,
della conservazione, soprattutto come un non
garantista e quindi uno che non può difendere lo
Stato liberal-democratico. Ma tutto questo ha poco
peso perché è nota l'insostenibile leggerezza
dell'ex Presidente della Repubblica nello scorrere
dalle accuse che all'epoca di quella polemica
muoveva all'onorevole Violante di essere un
sostenitore di processi stalinisti, a questa
difesa a spada tratta di una posizione che desume
non dalle spiegazioni che l'onorevole Violante ha
fornito a me e a tutti noi, ma dalle informazioni
giornalistiche che hanno sollevato le
preoccupazioni per le quali mi trovo in compagnia
- non vorrei essere scortese nei confronti
dell'amico presidente - più tranquilla, più
rassicurante di quella in cui congiunturalmente si
trova oggi l'onorevole Violante stesso. Certamente
non mi fa velo nella manifestazione di questa
preoccupazione un atteggiamento polemico, rissoso
che traspare anche da pronunciamenti, da polemiche
giornalistiche e da polemiche politiche. Credo del
resto di avere le carte in regola per poter fare
tale affermazione.
              La risposta contiene elementi di grande
                          rasserenamento,
spiegazioni che non c'erano nella informazione de
l'Unità  (capisco che a Montecchio non si possono
mandare gli inviati speciali), però indubbiamente
l'informazione di quel giornale era quella che è
stata descritta dal sentore Butini e da tanti
altri colleghi intervenuti. Cosa è che mi
preoccupa delle precisazioni intervenute nella
lettera dell'onorevole Violante (anche se non è un
elemento
insuperabile)? Mi preoccupa questa rassegnazione
(si tratta di un'opinione politica, legittima)
dell'onorevole Violante nel riconoscere
l'inevitabilità del ruolo di governo
dell'istituzione giudiziaria in questo momento di
crisi dei poteri, di crisi di identità della
democrazia repubblicana.
Se dovessimo ammettere quelle che Violante due
volte nella
lettera ma anche nell'informazione de  l'Unità
assume
come ragioni oggettive, dando al suo intervento
quasi il valore di un'analisi fenomenologica, di
un'osservazione di laboratorio, le riterrei - se
fossero vere - un aggravamento tremendo della
crisi politica ed istituzionale a cui si
aggiungerebbe, attraverso l'anarchia dei poteri,
un segno involontariamente, obiettivamente di tipo
autoritario. Mi preoccupa che si pensi che questa
inevitabilità non sia di per sé stessa la crisi
delle istituzioni repubblicane, la crisi della
necessità di mantenere nella distinzione dei
poteri un muro, fatto anche di garanzie che sono
quelle delle istituzioni liberal-democratiche, per
cui non sia possibile né chiedere, né imporre, né
utilizzare le attività del sistema giudiziario per
supplire a carenze, vuoti o per delineare una
qualche forma di iniziativa politica. Se facessimo
ciò non potremmo neanche avere quella libertà e
quella fiducia, che ho, del mugnaio che diceva "ci
sarà un giudice a Berlino", perché in questo
momento confonderemmo nella anarchia dei poteri le
istituzioni della politica con le istituzioni
giudiziarie.
                             Pagina 2419
  Questo è il mio assillo, questa è la mia
inquietudine. Lo dico in relazione
all'informazione de  l'Unità , ma anche perché su
questo terreno c'è oggi nel nostro paese una
qualche confusione. Credo si debba evitare il
vuoto politico colmandolo attraverso atti della
politica e in questo alcune spiegazioni contenute
a chiarimento del suo pensiero nella lettera del
collega Violante incontrano la mia approvazione e
il mio apprezzamento. Dobbiamo riconfermare la
priorità assoluta della politica negli stessi
gesti che compiamo, nelle relazioni, nelle
conclusioni alle quali giungiamo nel rapporto tra
mafia e politica, tra mafia e istituzione. Non c'è
dubbio che dando soluzioni di tipo legislativo ed
invocando una riforma elettorale, istituzionale e
dei partiti, dobbiamo fornire la nostra risposta
non sottacendo e non sottovalutando nulla di ciò
che appare nello scenario della crisi, della
degradazione politico-istituzionale, ma rimanendo
nel nostro ambito, nel nostro campo che è quello
della politica.
        Oggi c'è questa tendenza che nuoce alla politica e
                               alla
magistratura; questi magistrati che in qualche
modo sono visti come angeli vendicatori, oggetto
di culto, rischiano qualche volta l'ubriacatura
del potere, la tentazione di invadere un campo
diverso. Io ho apprezzamento e stima per il
procuratore Borrelli, però provo un disagio quando
il procuratore Borrelli anticipa un giudizio non
solo sulle leggi approvate dal Parlamento, ma
anche sulle proposte di legge (del Governo, dei
parlamentari o frutto del dibattito di una
Commissione parlamentare) che sono oggetto di
confronto. Mi sembra che tutto ciò non
contribuisca né alla chiarezza dei rapporti, né
alla distinzione dei poteri, né ci fa uscire da
questo braccio di ferro, che rappresenta pur
sempre un segno di debolezza e di decadimento. Non
ho critiche da muovere e mi rendo conto della
difficoltà enorme del lavoro della magistratura
anche per le insufficienze strutturali; del resto
abbiamo sempre dato il nostro contributo come
Commissione antimafia per cercare di colmare le
deficienze di organico, di strutture, di
strumenti, di risorse finanziarie in favore della
magistratura. Da questo punto di vista non ci sono
remore nel farci carico anche della onerosità del
lavoro svolto dalla magistratura.
  Rispetto a tutto ciò rimane una diversa
sensibilità e valutazione politica; tuttavia,
riconosco il ridimensionamento fenomenologico di
quella che nel pezzo de  l'Unità
sembrava un'invocazione (nella mia lettera affermo
che il governo dei giudici mi sembra un incubo da
scongiurare e non una prospettiva da invocare).
Violante nella sua lettera di risposta chiarisce
che non voleva invocare il governo dei giudici e
ciò per me rappresenta una precisazione centrale
che mi rassicura; rimane, ripeto, questa
differenza di valutazione che rappresenta pur
sempre il sale del confronto e della dialettica
democratica e non certamente un ostacolo.
         Voglio quindi dire che, da questo punto di vista,
                               credo
che quella che ho sollevato - forse doverosamente
- fosse una questione politico-istituzionale di
rilievo per la funzione e la funzionalità dei
nostri lavori e per il ruolo importante della
Commissione antimafia.
  Tutto il dibattito, compreso quanto hanno
sostenuto i colleghi della mia parte politica,
credo abbia dissipato anche qualche maliziosa
interpretazione che il senatore Ferrara aveva
avanzato; sicuramente nessuno, tanto meno io,
sollevando tale questione, ha inteso - lo dico
anche all'onorevole Tripodi che non vedo presente
- porre in qualche modo un atteggiamento
interdittorio, non dico ostruzionistico ai nostri
lavori e alla nostra funzione. Non credo sia
questo; continuerò a battermi perché questa
Commissione svolga, nella assoluta trasparenza,
con rigore di obiettivi e capacità di proposta,
con grande spirito di servizio delle istituzioni,
il suo lavoro.
  Ho sempre sostenuto che questa è una Commissione
nella quale meno che mai debbono contare le
appartenenze; queste esistono sullo sfondo come
cultura, sensibilità, come modo di giudizio e di
                             Pagina 2420
rapportarsi alla realtà. Guai se così non fosse;
non possono esistere omologazioni in questo senso.
Però, proprio per il compito che abbiamo, perché
siamo referenti istituzionali in qualche modo
anche della società civile che incontriamo nelle
nostre investigazioni (ma siamo referenti anche di
altri organi istituzionali), abbiamo il dovere,
per quanto possibile, di deporre l'appartenenza. E
mi sembra che il comportamento di tutti i gruppi,
anche di quelli che sono più lontani - lo dico per
me - dalla mia visione politica, dalla mia
abitudine al dialogo e alla collaborazione, danno
un contributo in questo senso, dimostrando la
capacità di dismettere le appartenenze quando
queste possono interferire nei nostri lavori.
  Quello che mi ha animato nell'inviare questa
lettera è uno spirito di grande dedizione, di
grande passione nei confronti del nostro lavoro.
Vorrei che come tale fosse recepito anche da
coloro che hanno criticato l'iniziativa. In questo
senso, la mia rassicurazione, pur nella
distinzione, vuole essere un contributo per andare
avanti, per andare oltre.
 PRESIDENTE.  Sono molto grato a Paolo Cabras che
ha chiesto una precisazione su quello che  l'Unità
aveva scritto, non su quello che avevo detto, che
non era lì riportato. Sono grato a tutti quanti
voi per gli interventi che avete svolto. Non mi
richiamo al diritto di opinione perché, come ho
scritto nella lettera, ritengo che se le opinioni
che avessi espresso fossero state quelle che
alcuni degli interlocutori hanno colto, si
porrebbe un problema di incompatibilità con questa
funzione. Se io davvero avessi detto "Parlamento
fuori dai piedi", ma come ha visto senatore Butini
non lo avevo detto e non c'era neanche scritto...
IVO BUTINI.  I parlamentari.
 PRESIDENTE.  Se avessi invitato i giudici al
governo, con
un atto, come dire, eversivo, se mi consentite,
dal punto di
vista costituzionale, queste affermazioni non
sarebbero certamente tollerabili.
  Non mi richiamo quindi al diritto di opinione,
ma a quello, se mi consentite, di vedersi
attribuito ciò che si pensa e ciò che si è detto.
Il fatto che Cabras mi abbia sollecitato ad
esprimere tutto ciò mi ha reso possibile farlo e
di questo lo ringrazio, come ringrazio voi per la
discussione che è stata svolta. Tuttavia, mi
dovete consentire di precisare un paio di cose.
  Innanzitutto, mi sono permesso di scrivere al
professor De Rosa, presidente del gruppo
democristiano del Senato, ed ho inviato anche a
lui la lettera indirizzata al senatore Cabras,
pregandolo, se lo riteneva opportuno, di
informarne i colleghi del direttivo del Senato.
Non ho ritenuto, per ragioni di correttezza, che
fossi io ad informare direttamente i colleghi del
Senato di questa lettera.
         Ho anche detto che nulla è più lontano dalla mia
                             opinione
che la fungibilità tra funzione giudiziaria e
funzione politica, tant'è che, se mi permettete,
colleghi, sono l'unico magistrato ormai presente
in questo Parlamento che si sia dimesso dalla
magistratura - non lo ha fatto nessun altro
proprio perché ritengo incompatibile questo
rapporto, mentre nel documento del Senato mi viene
attribuita la doppia funzione; di qui, credo, un
altro dei numerosi equivoci che hanno circolato
intorno a questa vicenda.
  Per quanto riguarda la questione del governo dei
giudici, ne ho indicato i rischi ed il pericolo.
Colleghi, scusate, siamo in una sede politica;
nessuna critica a nessuno, ma quando il Governo
propone che si sia sospesi dalle funzioni di
parlamentare dopo una decisione non definitiva,
questo è un problema; non possiamo dire che non
esista. Vi è un disegno di legge di questo tipo.
 MARIO CLEMENTE MASTELLA.  Vi è una proposta di
legge
della DC.
 PRESIDENTE.  No, è del Governo.
                             Pagina 2421
MARIO CLEMENTE MASTELLA.  Vi è anche una proposta
della DC. PRESIDENTE.  Non è un problema questo,
colleghi? Non è un
problema il fatto che un tribunale ed un PM
decidano chi rappresenta il popolo e chi non lo
rappresenta in via non definitiva? Non è questo un
segno di debolezza della politica? Questo non vuol
dire consegnare alcuni  status costituzionali ad
un altro potere? Questo è il pericolo che sento -
e scusate se torno sul punto - come
preoccupazione; il pericolo che vedo - scusate se
discuto in termini puramente politici - non è
quello di una politica che riprende le redini, ma
che le molli. Questo è il problema e ciò che in
qualche modo mi ha stupito è che, mentre ponevo
tale problema, mi sia stata attribuita l'altra
opinione, che è assolutamente lontana da me.
  Vedo questo pericolo in tanti fatti, in tante
decisioni e questo credo sia una preoccupazione
che dobbiamo avere. Se mettiamo insieme i passi
degli ultimi tre o quattro anni, uno dopo l'altro,
possiamo vedere cosa sia accaduto dal punto di
vista dello spostamento dei poteri; e questo non
giova neanche alla magistratura, perché dopo di
questo c'è poi chi dice: arriverà una politica
regolatrice. Si è detto anche questo e non c'è
dubbio che sia così; ci mancherebbe altro!
Arriverà una politica regolatrice perché non si
può tollerare non che la magistratura, ma che un
potere politicamente irresponsabile, che è
un'altra cosa e peggio - se avessimo una
magistratura elettiva sarebbe comunque male ma
diverso -, che una burocrazia si carichi di
compiti politici essendo politicamente
irresponsabile, essendo chiusa nel circuito della
responsabilità, in sé stessa (perché sia quella
disciplinare sia quella penale si chiude lì).
Capite che
questo è un problema e questo ho voluto segnalare,
con la passione, se mi consentite, di chi vive,
come tutti quanti voi, la politica e vede uno
smottamento di cui non voglio dire che presagisce
il passo successivo, ma lo teme, cioè questa
consegna, un passo dietro l'altro che si rischia
di fare; è a questo che ho voluto richiamarmi.
  Le chiedo scusa, senatore Butini, so che lei è
una persona di grandissima finezza, e mi ha
preoccupato che proprio lei mi abbia attribuito
una espressione che non ho pronunciato e che non
c'è, perché ciò vuol dire che il problema è un
altro; come il senatore Frasca che mi attribuisce
di non avergli dato le pagine che invece aveva o
che mi attribuisce di aver tenuto seduta quando
c'era la riunione del PSI, quando nessuno mi ha
chiesto di non tenere seduta ed il presidente non
può rinviare la seduta se nessuno glielo chiede.
        Ciò vuol dire, dicevo, che il problema è un altro.
                              Se vi è
un problema di direzione, affrontiamolo
chiaramente. Alcuni colleghi in quest'aula sanno
che ho già detto in altra occasione che non ho
sposato la presidenza della Commissione antimafia.
L'ho detto con grande chiarezza perché ci credo,
perché se si è liberi, si può fare politica, se
non si è liberi la politica non si fa. E' vero
Mastella? E' stato detto questo. Quindi, se vi è
questo problema, vi prego di porlo ed io me ne
vado, perché non è scritto in alcun posto che
debba fare il presidente di questa Commissione; se
un partito, due partiti, tre partiti o tre,
quattro o cinque parlamentari mi dicono che non vi
è fiducia o che vi è un problema di non
conduzione. Pongo il problema in questi termini
con chiarezza perché vedo alcuni equivoci. Sia ben
chiaro che ritengo che l'intervento del gruppo
democratico cristiano sia stato legittimo ed in
questo non sono d'accordo con il collega
Smuraglia, nel senso che se davvero le cose
fossero quelle, la Commissione antimafia è
importante ed il gruppo del Senato può dire di non
essere d'accordo su quella posizione, ci
mancherebbe altro. Ma ritengo impossibile - chiedo
scusa - che il gruppo di maggioranza relativa
costruisca un ragionamento attorno alla
fungibilità di una funzione (quella di magistrato)
con l'altra e non sappia che non è così da 14
anni. Allora anche lì mi dico: forse c'è altro. Se
è così, vi chiedo, per cortesia...
                             Pagina 2422
 PAOLO CABRAS.  C'è disinformazione.
 PRESIDENTE.  C'era la  Navicella ; capisco, ma
siccome vedo la disinformazione in un caso, un
collega attento come Butini che dice un qualcosa e
così altri, allora mi chiedo: se vi è questo
problema, per cortesia affrontiamolo.
ALBERTO ROBOL.  E' la ritualità della politica,
presidente.
 PRESIDENTE.  La ritualità in genere non si nutre
di cose che non esistono ma ruotano tutte intorno
ad un certo elemento. Comunque, ho detto questo
perché lo sento.
         Quella della magistratura non è una questione di
                              regole.
Possiamo oggi scrivere tutte le regole che
vogliamo nel nuovo codice, ma vi è un altro
problema. Ci siamo resi conto che tutti i mandati
di cattura sono confermati dal tribunale della
libertà e dalla Cassazione? Tutto quello che
abbiamo costruito è un sistema che va
omogeneamente nella stessa direzione. Ritenete che
se scriviamo "concreto" invece di "possibile"
cambiamo lo stato delle cose? Non è assolutamente
questo il problema e vedo con preoccupazione il
fatto che si pensi che sia così e non si affronti
invece il problema nei termini reali.
  Mi sono permesso - e può darsi che in questo
abbia sbagliato - di affermare che in questa
situazione la soluzione migliore mi pare sia
quella di cambiare la legge elettorale e di andare
a votare; ma non sono il solo ad affermarlo.
D'altra
parte, quando il partito di maggioranza relativa
ha chiuso ieri la sua assise scrivendo che è
finito un ciclo e si apre una nuova fase, non è
questo che si dice? Quello della chiusura dei
cicli politici è un problema drammatico per il
paese.
            MARIO CLEMENTE MASTELLA.  Il problema è la
                          gestione delle
fasi, il trapasso delle fasi.
 PRESIDENTE.  Sono d'accordo, infatti in uno dei
passaggi della lettera ho detto appunto che il
problema è che la politica gestisca la fase e non
la lasci gestire ad altri, perché altrimenti ci
troviamo...
 PAOLO CABRAS.  Nella lettera questo c'è, mentre
nell'informazione de  l'Unità  c'era...
 PRESIDENTE.  ... senza alcuna legittimazione.
Proseguo rapidamente perché alle 19,20 ci
dovrebbero essere votazioni in Senato. Collega
Fausti, credimi, non ho assolutamente espresso
alcuna forma di giustificazione per il governo dei
giudici. Mi pare sia chiaro, si può andare
facilmente avanti.
Per quanto riguarda il rendimento del nostro
lavoro, ne
parleremo. Il senatore Cappuzzo chiede che se ne
parli prima dell'estate. Se vi è spazio, lo faremo
adesso; avevamo deciso di farlo a settembre. Non
vi è assolutamente alcuna comparazione possibile
tra la quantità del lavoro - poi saranno
comunicati i dati - che sta facendo la nostra
Commissione e quello delle precedenti. Non solo,
sarà forse marginale, ma per le scuole di Palermo,
grazie anche al lavoro fatto dai nostri consulenti
e tutti quanti noi insieme, il prefetto di Palermo
ed il commissario straordinario, riusciremo a fare
in modo che dieci nuovi edifici scolastici siano
consegnati e venga aperto un nuovo centro sociale;
era da quattro anni che era costruito ma non
veniva consegnato.
Credo che questi siano fatti dell'antimafia dei
diritti,
della politica dei diritti, senza la quale la
repressione è un macello e basta, non sta
assolutamente in piedi. Da questo punto di vista
vorrei segnalare che in quel discorso a Montecchio
mi sono permesso di sottolineare come quella
giudiziaria sia una macchina violenta. Soltanto
chi non conosce i meccanismi della giustizia può
ritenere che sia un sistema dolce. E' terribile e
perciò più spazio ha questa macchina, al di là
delle sue funzioni istituzionali, più macina
qualcosa che esprime autoritarismo, coercizione.
C'è poco da fare, quella è la macchina
giudiziaria. Possiamo mettere tutte le regole di
questo mondo, ma è così.
                             Pagina 2423
  Non vi è stato neppure un implicito invito - mi
pare che questo punto sia chiaro - all'autorità
giudiziaria ad assumere poteri, anzi la
preoccupazione è stata l'altra, che questo cioè vi
sia. La preoccupazione è un'altra ancora, lo
stesso che accadde al momento del referendum sulla
responsabilità civile dei magistrati quando, se
ricordate, tutti i direttori dei quotidiani
italiani e tutta quanta la grande impresa erano
contro le forze politiche e a fianco della
magistratura perché si votasse no al referendum,
cercando di utilizzare la magistratura come testa
d'ariete contro il sistema politico. La
magistratura cadde in quella trappola, ma il paese
disse che avevamo ragione noi che sostenevamo una
certa tesi. Il giorno dopo quei direttori dei
giornali e quei gruppi imprenditoriali si
scordarono assolutamente di ciò che bisognava
fare. Temo...
 GIOVANNI FERRARA SALUTE.  Ero in disaccordo e
ritengo avessi ragione allora.
 PRESIDENTE.  Non discuto che tu potessi avere
ragione, discuto... tutti quanti i direttori dei
giornali...
          GIOVANNI FERRARA SALUTE.  Non rappresento né i
                              grandi
imprenditori né i grandi giornali.
         PRESIDENTE.  Per carità. Allora accadde questo e
                                la
magistratura cadde nella trappola del protagonismo
politico. GIOVANNI FERRARA SALUTE.  Si temeva che
la magistratura
cominciasse a fare quello che poi ha fatto.
 PRESIDENTE.  Il punto di fondo è che la
magistratura cadde in una trappola dalla quale poi
ci sono voluti molti anni per uscire. Oggi il
timore è analogo, che cioè la magistratura si
senta oggettivamente investita di un carico
politico che poi qualcun altro penserà a chiudere
su quel versante e su altri, dal punto di vista
dell'indipendenza.
Ringrazio anche Mastella e tutti i colleghi di cui
non ho
richiamato i nomi (Frasca, Borghezio, eccetera).
Affronteremo la questione di Galasso, ma mi pare
sia
chiaro come siano andate le cose, e l'ho anche
spiegato.
In ordine ad una questione posta dal collega
Calvi, vorrei
dire, a proposito del senso dello Stato, che
qualcuno mi rimprovera di averne troppo, di averne
eccessivo, e vi sono compagni del mio partito che
mi hanno criticato anche pubblicamente per questo.
  Circa il senso dello Stato, voglio dirvi
soltanto una cosa: scusatemi se accenno a questo
(Commenti del senatore Frasca) , ma appartengo ad
una generazione di persone che ha visto molti
amici e colleghi caduti accanto a sé. Per questa
generazione di persone (forse sbaglia) lavorare
per lo Stato è lavorare anche per i valori di
quelli che sono caduti. Allora, sentirsi dire
(chiedo scusa al collega Calvi) quello che ho
ascoltato mi offende profondamente, non solo
perché non corrisponde al vero, ma perché è una
delle cose più lontane che ci siano dal
significato... Ognuno di noi dà un significato
alla sua attività politica, giusto o sbagliato che
sia. Ognuno si trova qui perché conta qualcosa,
altrimenti non ci starebbe. Ma ad alcuni valori ci
si tiene: io tengo al valore dello Stato e al
senso dello Stato, per cui ho considerato
offensiva questa cosa (scusa, Calvi, forse ti è
sfuggita).
  Se mi si dice che a volte sono stato funzionale
agli interessi di partito (perché questa è stata
la frase), considero questa una cosa sbagliata,
inesistente ed offensiva. Vi chiedo scusa ma devo
dirlo con chiarezza perché ad alcuni valori uno è
affezionato, altrimenti non si troverebbe neanche
qui, perché per tante ragioni è più comodo fare
altro.
MAURIZIO CALVI.  Ho anche detto che sei un
democratico. PRESIDENTE.  Nella tradizione
comunista "democratico"
vuol dire moltissime cose, quindi lasciamo
perdere!  (Si ride) .
                             Pagina 2424
  Se vi sono appunti di questo tipo, colleghi, vi
prego di avanzarli, io li registro e me ne vado.
Se vi sono appunti del tipo "hai esercitato un
compito in modo funzionale agli interessi di
partito", vi assicuro che mi alzo e me ne vado,
silenziosamente, perché vuol dire che c'è
incompatibilità.
Se qualcuno ha queste cose da dire, le dica, mi
dica quali
sono le cose, perché altrimenti (scusa, Maurizio,
lavoriamo da molti anni insieme)... Davvero il
problema dell'essere attaccato ad alcuni valori di
fondo resta e caratterizza l'esperienza e la vita
di tutti noi.
            A causa della concomitanza con i lavori di
                            Assemblea,
sospendo la seduta.
La seduta, sospesa alle 19,20, è ripresa alle 20.
Seguito dell'audizione del ministro di grazia e
giustizia, professor Giovanni Conso.
 PRESIDENTE.  L'ordine del giorno reca il seguito
dell'audizione del ministro di grazia e giustizia,
professor Giovanni Conso.
  Considerato che la Camera ha rinviato la seduta
a domani e che il Senato deve svolgere soltanto
una votazione, al fine di non perdere l'occasione
di sentire il ministro Conso su due o
tre questioni di primaria importanza, mi è
sembrato utile far avvertire i colleghi che la
seduta della Commissione sarebbe ripresa.
  Conosciamo l'enorme disponibilità del ministro
Conso al confronto parlamentare e quindi se
qualche collega che non è stato raggiunto dalla
comunicazione avesse problemi particolari da porre
o da dibattere col ministro, compatibilmente con i
suoi impegni di Governo, gli chiederemo un
ulteriore approfondimento.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia.
Mi
ero preparato a parlare di problemi generali e a
rispondere ad alcune domande più particolari che
mi sono state rivolte la volta scorsa. Ora, in
attesa che giungano altri commissari, potrei dare
risposte singole a chi mi ha rivolto le domande,
se è presente.
         Mi pare che una di queste domande riguardasse il
                             problema
dei sequestrati.
PRESIDENTE.  Gliela aveva rivolta l'onorevole
Borghezio. GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e
giustizia.
Poi mi sono state chieste notizie sulla situazione
di Paola: il senatore Frasca aveva insistito su
alcune sue... che poi ho ritrovato. Mi è stato
chiesto di parlare della situazione di Lamezia, di
Palmi e di Marsala ed anche delle carceri
mandamentali di Cittanova (della loro sorte) e di
Cassano sullo Ionio.
  Per quanto riguarda le carceri - non è nato
quello a Cassano sullo Ionio e quello di Cittanova
non è rinato - devo dire le ragioni per cui alla
domanda, che evidentemente sottintendeva
l'auspicio che questi due istituti entrassero in
funzione, si deve rispondere in senso negativo.
Cittanova ha un carcere mandamentale piccolo ed
anche in pessimo stato, per cui tutte le
valutazioni che sono state fatte per un recupero
sono naufragate di fronte alla constatazione che i
costi per rimetterlo in sesto sarebbero tali e
tanti da non dare vantaggi effettivi, perché si
tratta di un piccolo carcere che potrebbe servire
per una quota minima e quindi non giustificherebbe
tanta spesa. Senza contare che quando un carcere è
molto piccolo crea problemi organizzativi perché
esige una presenza di personale, che al momento
non c'é, con i conseguenti costi. La valutazione
purtroppo è stata fatta e rifatta perché per
Cittanova richieste di questo tipo ne avevo
ricevute già in passato.
  Per quanto riguarda il carcere di Cassano sullo
Ionio, effettivamente chi aveva fatto la domanda
ricordava una cosa esattissima e cioè che quando
il ministro di grazia e giustizia era l'onorevole
Rognoni, era stata divisata la soluzione di fare
un carcere a Cassano sullo Ionio. Tuttavia i tempi
necessari per predisporre i progetti erano stati
piuttosto lenti - credo - e quando furono ultimati
                             Pagina 2425
era sopravvenuta la normativa che bloccava le
carceri mandamentali. Quello sarebbe stato un
carcere mandamentale, per cui al momento di
iniziare i lavori la norma non consentiva più di
creare nuove carceri. Comunque, anche in quel caso
si sarebbe trattato di un piccolo carcere, per cui
la soluzione non sarebbe stata di ampio contenuto.
Questo per quanto riguarda quelle carceri.
  Per quanto concerne la situazione di Marsala,
Lamezia Terme e Palmi, dal punto di vista degli
organici, posso fornire dei dati o posso allegare
i verbali in modo che chi è interessato possa
vederli con maggiore precisione. Esporre adesso
tutte queste cifre finirebbe per essere
un'operazione arida. Però posso dire - qui ci sono
le cartelle che danno l'esatta situazione in
termini di magistrati e di personale
amministrativo - che a Lamezia Terme la
situazione, almeno allo stato degli organici, è
tale da consentirci di affermare
che la copertura è piena. Vi è solo la carenza di
un magistrato presso il tribunale di Lamezia
Terme; è stato sollecitato il Consiglio superiore
della magistratura affinché si dia luogo al bando
per la copertura di questo posto. Quindi, si
tratta di un aspetto non posso dire minimale
perché è un tribunale che ha poche... se il
Consiglio superiore della magistratura provvederà,
si avrà una soluzione completa come negli altri
uffici.
  Per quanto riguarda Marsala, la sede è delicata
perché sono in corso molti processi di mafia - ne
parlerò nuovamente in seguito, affrontando il tema
dei tribunali distrettuali - e vi è una carenza a
livello di pretura; ci sono due vacanze. Abbiamo
interessato il CSM perché provveda ai relativi
bandi. E' invece a posto la situazione della
procura della Repubblica di Marsala, mentre per il
tribunale ci sono due vacanze. Anche in questo
caso è stato interessato il CSM perché venga
sollecitamente data copertura ad esse; il
sollecito in questo caso è stato più forte perché
ovviamente i reati di competenza suscitano
quell'allarme che merita un impegno assoluto.
Della situazione di Palmi molto si è parlato in
questi
giorni, per varie ragioni; sono state presentate
interrogazioni con le quali si chiede di sapere
come mai la situazione abbia registrato vuoti in
un momento in cui invece sarebbe stata opportuna
una maggior forza da dare a questo tribunale ed
alla procura. Quanto al primo, devo sottolineare
che la situazione si sta normalizzando; l'organico
è di venti unità. Invece nella procura
indubbiamente si sono avute carenze che vengono
ora colmate destinando gli uditori che, terminato
il tirocinio, entreranno in funzione ad ottobre.
Qualcuno può chiedersi perché si siano svuotati
gli
organici di Palmi. Emerge una situazione
fisiologica: i magistrati che dopo un certo
periodo hanno diritto a cambiare sanno che ci sono
vacanze in sedi meno disagevoli, più ambite, e
fanno domanda; il CSM non può non accogliere tale
domanda,
se confortata dagli elementi richiesti. Resta il
fatto che certe sedi faticose e difficili sono
poco ambite, per cui dalle stesse si va via più
facilmente e poi per le vacanze le domande tardano
e quindi bisogna ricorrere agli uditori, con gli
inconvenienti che nascono dalla loro ancor carente
esperienza. Ritengo tuttavia che tale problema
sfugga al Ministero, poiché dipende da situazioni
sociali e sociologiche ed è comunque legato ai
divisamenti del CSM.
  Signor presidente, non so come sia opportuno che
io prosegua l'intervento.
 PRESIDENTE.  Signor ministro, lei potrebbe
riprendere il tema dei tribunali distrettuali o
continuare l'esposizione precedente, ovvero
affrontare entrambe le questioni.
GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia.
Data una certa urgenza di assumere una posizione
governativa meditata e discussa anche in questa
sede, come preparazione all'analisi che già era
partita proprio da questa sede, pungolata dalla
Commissione antimafia, ritengo meriti priorità
completare il discorso sui tribunali distrettuali.
                             Pagina 2426
  A questo proposito, vi comunico che ho preparato
una bozza di articolato. Il problema è complesso e
arduo ed il CSM, con una delibera intervenuta nel
frattempo e adottata con una maggioranza di
tredici a dodici, ha detto no ai tribunali
distrettuali, ha un po' complicato il cammino, ha
reso necessario meditare di più ed ha un po'
compromesso la proposta di qualcuno di procedere
con un decreto-legge. In una materia così
delicata, dopo il pronunciamento del CSM, sia pure
a stretta maggioranza, è apparso preferibile il
ricorso ad un disegno di legge, anche per non
assumere una posizione che potrebbe suscitare, a
parte i problemi dei decreti-legge, una sorta di
contrasto con il CSM, per quanto in questo
momento in vacanza.
           Il testo che ho predisposto è molto semplice,
                              essendo
composto da un articolo più un altro concernente
le disposizioni transitorie. Tale articolo è
impostato come lo sono quelli che danno alla
procura distrettuale delle indagini il ruolo di
pubblico ministero e la norma parallela per il
GIP; l'operazione da fare era facile ed il testo
sarebbe il seguente: "Per i delitti consumati o
tentati di cui agli articoli 416-bis e 630 del
codice penale, per i delitti commessi avvalendosi
delle condizioni previste dal predetto 416-bis
ovvero al fine di agevolare l'attività delle
associazioni previsto dallo stesso articolo,
nonché per i delitti previsti dall'articolo 74 del
testo unico sugli stupefacenti, la competenza
appartiene al tribunale o alla corte d'assise
aventi sede nel capoluogo del distretto di corte
d'appello nel cui ambito territoriale si trovi il
luogo dove il reato è stato consumato o uno degli
altri luoghi indicati negli articoli 8, 9 e 10 del
codice di procedura penale". Mi accorgo che ho
usato il termine "delitti consumati o tentati",
mentre occorrerebbe dire "commessi".
          Era sorto un problema di inquadramento, se cioè
                             inserire
questa norma nel codice o farne una norma di legge
complementare. Sarebbe stata forse più logica la
prima soluzione, con una novella, ma in tal modo
sarebbero sorti problemi di coordinamento con
altri articoli. In definitiva, è apparso
preferibile considerarla norma complementare.
          Quanto alle disposizioni transitorie, ho fatto
                             enucleare
tre ipotesi perché i processi sono già in atto.
Quando sono nate le procure distrettuali, si
partiva da zero e quindi si potevano accompagnare
i nuovi processi con la data di entrata in vigore
del decreto-legge; in questo caso, la situazione è
già maturata, salvo i processi futuri, anche
perché proprio quelli per i quali siamo
preoccupati sono in corso. La scelta poteva essere
di far entrare in campo il tribunale distrettuale
laddove non era ancora esercitata l'azione penale,
oppure laddove non era stato ancora disposto il
rinvio a giudizio, oppure addirittura laddove non
era ancora intervenuta la dichiarazione di
apertura del dibattimento.
La terza soluzione mi sembra da escludere, perché
siamo
già di fronte alla pubblica udienza, e quindi si
perde il vantaggio, dovendosi tornare indietro;
resta l'alternativa tra il momento del non ancor
avvenuto esercizio dell'azione penale - quindi
ancora nella fase delle indagini preliminari - e
quello in cui non è stato ancora disposto il
rinvio a giudizio, cioè l'udienza preliminare.
Tenderei a preferire questa seconda ipotesi che mi
sembra la più lineare e conforme alla
Costituzione, anche se le altre non sarebbero
contrarie alla Costituzione in base a due
sentenze, la n.72 del 1976 della Corte
costituzionale e la sentenza delle sezioni riunite
della Corte di cassazione del 1990 (causa La
Rocca).
        Questa norma è completata da un secondo comma, con
                                il
quale si dispone che, quando vi sia annullamento
della sentenza impugnata, il nuovo giudizio dovrà
andare dinanzi al nuovo tribunale, qualora esso
dovesse nascere.
  Potrebbe essere interessante conoscere il punto
di vista della Commissione sulla transitorietà,
cioè su quale momento scegliere per radicare la
norma. Nello studiare a fondo il problema, sono
emerse talune esigenze che naturalmente non devono
spaventare  a priori , ma che vanno
                             Pagina 2427
comunque curate: esse riguardano riflessi sul
piano ordinamentale e sul piano
dell'organizzazione del personale; non si tratta
però di veri e propri ostacoli.
  Qualche elemento di perplessità, e dunque un
possibile ostacolo, può invece derivare da talune
considerazioni svolte in questa sede nel corso
della precedente audizione da alcuni
commissari, riprese anche dal CSM, che richiedono
una meditazione fino all'ultimo minuto prima di
assumere la decisione definitiva. Ascoltare il
parere della Commissione antimafia su questo punto
è per me prezioso. Queste considerazioni, a mio
avviso, sono tutte superabili però vengono fatte e
rifatte.
  Le critiche riguardano il rischio di una forma
di specializzazione che porti a creare tribunali
di diverso livello, quasi di seria A e di serie
minore; il pericolo di incrementare il fenomeno
dei maxiprocessi; l'insufficienza di strutture nei
capoluoghi di distretto, che dovrebbero essere
ulteriormente potenziati, e la necessità di
incrementare molto gli organici, le strutture e i
servizi per far fronte a più dibattimenti in
quella sede. A quest'ultimo proposito, si può
rispondere che d'altra parte si alleggerisce il
tribunale non distrettuale, anche se questo porta
a renderlo di serie B rispetto all'altro.
  Un'altra considerazione riguarda il mondo
forense, perché gli avvocati non residenti nei
capoluoghi di distretto potrebbero essere
costretti ad affidare i loro difesi a
professionisti aventi sede nel capoluogo. Questi
inconvenienti, però, già si registrano nella fase
delle indagini preliminari e dinanzi al GIP.
  L'osservazione che mi lascia più in sospeso è la
critica per cui si punterebbe molto sul contrasto
alla criminalità organizzata, depotenziando
l'attività nel settore dei delitti contro la
pubblica amministrazione. Si può rispondere che,
laddove non si svolgessero più i dibattimenti, i
tribunali distrettuali potrebbero occuparsi di
questo secondo ambito, cioè degli altri reati, e
quindi l'organico andrà potenziato.
In definitiva, è necessario un adeguato intervento
sul
personale. Questo problema costantemente occupa e
preoccupa, anche perché non è facile trovare
rapidamente il personale; inoltre, per i
magistrati c'è la trafila del CSM. Quindi il
problema si sposta sul piano dei tempi.
  Nel corso della precedente audizione qualcuno
aveva posto una domanda sul monitoraggio (ne era
stato fatto uno dalla Commissione). Il Ministero
ha completato un monitoraggio che l'altra volta
non era ancora finito. Da esso risulta, distretto
per distretto, tribunale distrettuale per
tribunale distrettuale, in potenza, quale sarebbe
il peso cui far fronte anche in relazione al
momento del rinvio a giudizio, dando per scontata
quell'ipotesi, essendo stata quella l'ottica.
Dalla tabella che consegno alla Commissione,
corredata da una spiegazione delle percentuali,
emerge un dato. In realtà, le sedi nelle quali
tale problema verrebbe a porsi - almeno in base al
monitoraggio che abbiamo effettuato - non
sarebbero molte. Certamente, per esempio, Palermo
ha di per sé un ruolo determinante. E' stata fatta
una duplice previsione: una concreta, con
riferimento ai procedimenti già addivenuti al
momento dell'udienza preliminare, l'altra con
riferimento a quelli per i quali è prevedibile che
si possa arrivare al dibattimento, anche se questo
non è ancora maturo. Per esempio, Reggio Calabria,
che al momento avrebbe un solo processo da
svolgere in sede non distrettuale, in proiezione
futura ne avrebbe dieci; Napoli, che in questo
momento non ne ha nessuno, avrebbe ventinove
processi in sede distrettuale con riferimento al
tribunale del capoluogo del distretto: si
prevedono ben cinquantotto processi a Napoli
capoluogo e dodici in sede circondariale. Le altre
regioni non hanno in pratica alcun processo.
Catanzaro, al momento, avrebbe un problema
delicato e, comunque, presenta una situazione
stranissima. Per il futuro vi sarebbero ben
settantuno procedimenti contro la criminalità
organizzata da svolgere in quella città e nessuno
da svolgere nelle sedi del circondario. Per quanto
riguarda i rinvii a giudizio, al momento ve ne
sono
sei a Catanzaro e cinque...
  Pagina 2428
PAOLO CABRAS.  I dati che ha testé riferito
riguardano
reati commessi tutti a Catanzaro?
 PRESIDENTE.  Sì, evidentemente si tratta di reati
commessi tutti a Catanzaro.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Sì, tutti a Catanzaro. Al momento vi sarebbero
cinque processi da svolgere fuori Catanzaro.
Questo potrebbe giustificare il tribunale
distrettuale. Voglio dire che l'impatto del
problema, almeno al momento, non è così forte come
si temeva. La preoccupazione maggiore - emersa
anche da sondaggi che abbiamo condotto e da
contatti telefonici o sollecitazioni, tutti volti
ad acquisire i dati che vi sto illustrando - è
particolarmente avvertita a Palermo anche perché
il relativo distretto comprende - come sappiamo -
i tribunali di Agrigento, Marsala, Sciacca,
Termini e Trapani, con una notevole diffusione sul
territorio. Possiamo dire che qualcuna di queste
sedi non ha ancora in previsione un dibattimento
in materia; tuttavia, alcune di esse ne hanno,
come Marsala (sei procedimenti), Trapani (uno
soltanto) ed altre ancora in proiezione. Il
problema - ripeto - è particolarmente sentito a
Palermo. Ovviamente, a tutto questo si ricollega
l'esigenza di predisporre aule-bunker. Se non si
fa il tribunale distrettuale, magari non è
sufficiente una sola aula-bunker ma bisogna farne
due... I riflessi del problema sono quindi
molteplici. Rassegno al presidente i risultati del
monitoraggio, i cui dati sono aggiornati al 30
giugno 1993, ad eccezione di quelli riferiti a
Roma e Firenze, che sono aggiornati a marzo,
nonché a Napoli, i cui dati sono aggiornati solo
fino al 31 dicembre 1992. Va considerato comunque
che Napoli è una sede in cui questi processi sono
in numero molto consistente. Altra sede che
presenta tale caratteristica è Catania: in
particolare, sono previsti cinquantacinque
procedimenti a Catania e nessuno nelle altre sedi
del distretto.
 PRESIDENTE.  Colleghi, il ministro ci ha
comunicato un orientamento di massima alla
presentazione di un disegno di legge o di un
decreto, anche in considerazione di quello che è
accaduto nel Consiglio superiore della
magistratura che, per un solo voto, non ha
accettato la soluzione del tribunale distrettuale
anche se - se non ricordo male - ha deciso di
rinviare il problema in commissione per
riesaminare la questione.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Sì, hanno deciso di non considerare chiuso il
problema. PAOLO CABRAS.  Hanno lasciato aperto uno
spiraglio! PRESIDENTE.  Il ministro ci ha fornito
una serie di dati
-che andrebbero studiati - ed ha formulato la
proposta del
tribunale distrettuale, stabilendo, come  dies a
quo  ai fini della competenza, che passino alla
competenza del tribunale distrettuale i
dibattimenti per i quali al momento dell'entrata
in vigore della legge non sia stato ancora
pronunciato il rinvio a giudizio. E' così?
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Sì, anche se si potrebbe studiare una soluzione
migliore. PRESIDENTE.  Sì, si potrebbero anche
individuare
soluzioni più ardite. Farò distribuire
immediatamente copia dei dati che il ministro ha
consegnato affinché i colleghi ne vengano subito a
conoscenza.
  Chiedo ora ai colleghi se intendono rivolgere
richieste di chiarimento al ministro, il quale,
molto cortesemente, si è prestato a venire in
Commissione in chiusura di serata proprio per
avere qualche orientamento dalla Commissione su
questo punto.
         MASSIMO BRUTTI.  Mi scuso per aver perso le prime
                              battute
dell'intervento del ministro, ma sono stato
trattenuto in Senato per lo svolgimento di alcune
votazioni. Vorrei richiamare alcune delle
questioni che avevamo posto nel marzo
Pagina 2429
scorso al termine della seduta nella quale
approvammo la relazione conclusiva del Forum
svoltosi alla presenza dei rappresentanti delle
procure distrettuali. In quella sede fu fatto
riferimento anche ad alcuni altri impegni.
Ricordo, in particolare, la proposta di attribuire
alle procure distrettuali la titolarità
dell'iniziativa in materia di misure di
prevenzione. Inoltre, ricordo tutta la questione
relativa ai collaboratori di giustizia (si era
parlato di restringere i margini di oscillazione
nello sconto delle pene) ed il problema
concernente il versante dell'amministrazione, con
la netta separazione tra le forze addette alla
protezione dei collaboratori di giustizia e le
forze di polizia addette alle indagini ed alle
investigazioni. Su questi aspetti sarebbe utile
conoscere cosa sia stato fatto e sapere quali
siano gli impegni che il ministro è in grado di
assumere, pur tenendo conto della situazione nella
quale ci troviamo in questo scorcio di legislatura
(che taluni di noi auspicano essere il più breve
possibile). In sostanza, vorremmo sapere cosa ci
sia in cantiere e cosa si possa fare in tempi
brevi. Credo infatti che qualcosa, in merito agli
impegni presi nel marzo scorso, si possa fare in
tempi brevi.
 PRESIDENTE.  Vi sono osservazioni in merito alla
proposta formulata dal ministro sul tribunale
distrettuale?
 MASSIMO BRUTTI.  L'unica cosa che possiamo
chiedere,
anche in questo caso, è che si faccia presto. Mi
pare che ormai la riflessione su questo argomento
si sia compiuta. Anche la proposta più prudente e
cauta del ministro, in ordine all'applicazione
delle norme ai processi per i quali non vi sia
stato ancora il rinvio a giudizio, va bene, ma a
maggior ragione bisogna far presto, perché i
rinvii a giudizio cominciano ad arrivare! Noi non
saremmo stati sfavorevoli ad un decreto-legge in
questa materia e, anzi, lo avremmo accolto come
una misura necessaria, proprio per garantire che i
processi di mafia si svolgano speditamente e nel
miglior modo possibile. Ci rimettiamo al ministro
ed al Governo per l'iniziativa che quest'ultimo
vorrà assumere in materia. Il Governo sappia
comunque che da parte del gruppo del partito
democratico della sinistra vi è un particolare
interesse a questa innovazione ed anche la
disponibilità ad una procedura d'urgenza.
 GIROLAMO TRIPODI.  A proposito della proposta di
articolato che il ministro ci ha illustrato
relativamente
all'istituzione dei tribunali distrettuali, sarei
dell'avviso di chiedere al ministro stesso di
lasciarci il testo, in maniera tale da poterlo
adeguatamente esaminare prima di un
pronunciamento. Lo dico, nonostante noi avessimo
già deliberato, sul piano del principio, per
quanto riguarda l'istituzione di quest'organo.
Sarebbe comunque utile esaminare il contenuto
della proposta dell'articolato sì da poter offrire
quel supporto, quel sostegno che il ministro ci
chiede, dopo aver esaminato la proposta che
dovrebbe essere contenuta in un disegno di legge o
in un decreto-legge.
             Il ministro ha fatto riferimento ai dati
                          riguardanti la
prospettiva futura per quanto concerne Catanzaro.
Se si considera il numero che è stato indicato, si
tratta di un dato davvero clamoroso per numerosi
aspetti. Vorrei chiedere se il dato fornito
riguardi la procura distrettuale di Catanzaro (che
comprende quattro province) oppure riguardi
soltanto Catanzaro. Io penso che il dato si
riferisca all'intera giurisdizione della procura
distrettuale e che quindi riguardi anche Cosenza,
Crotone, Vibo Valentia e, ovviamente, Catanzaro.
Se così fosse, esiste indubbiamente un problema,
ove si considerino le iniziative e le indagini in
corso, che sono numerose e ramificate su tutto il
territorio di competenza della DDA di Catanzaro.
  Non so se il ministro possa rispondermi sulla
questione di Palmi, in riferimento alla quale
avevamo posto una serie di domande nel corso della
precedente riunione. Lei, ministro, ci ha detto
che nel tribunale vi è una presenza quasi completa
Pagina 2430
 dal punto di vista dell'organico; dobbiamo
tuttavia valutare la presenza delle unità in
rapporto anche alla mole di lavoro. Se Reggio
Calabria ha soltanto un procedimento (mi
riferisco, ovviamente, alla procura distrettuale),
Palmi ne ha molti. Alcuni di essi sono stati già
avviati ed alcune udienze sono in corso,
nonostante siano state sospese per le ferie
estive. Molti processi per mafia sono in attesa di
celebrazione. Abbiamo constatato - tra poco daremo
conto di quanto abbiamo riscontrato - che si
registra una situazione di allarme anche per
quanto riguarda il tribunale. La situazione
drammatica come del resto confermava anche lei -
riguarda comunque la procura. Di fronte a tutti
gli impegni ed alle iniziative che vi sono,
rimangono soltanto pochi uditori, con il rischio
che si giunga alla paralisi dell'attività della
procura. Inoltre esiste anche un altro rischio.
Come lei sa, al 31 dicembre prossimo sono stati
stabiliti i termini di conclusione per l'indagine
sulla massoneria deviata: rischiamo davvero che
tutto si blocchi! Venerdì prossimo ci sarà una
specifica discussione nell'aula della Camera.
Tuttavia, se lei cortesemente ci potesse dire
qualcosa su questa questione, le sarei grato,
anche in considerazione del fatto che ella aveva
previsto l'applicazione di quattro unità per quel
procedimento ma ho saputo che vi sono stati dei
rifiuti. Non so se la cosa possa essere risolta
indipendentemente dalle disponibilità, anche
perché ritengo che il ministro potrebbe
intervenire. Non so se ciò sia previsto, ma mi è
stato detto che potrebbe essere possibile. Se
questa indagine dovesse concludersi con un nulla
di fatto, perché bloccata per mancanza di
magistrati che possono condurla, sarebbe
certamente un fatto grave e pericoloso che
inciderebbe sulla nostra democrazia. Vorrei
pertanto sapere se lei, signor ministro, intende
intervenire subito perché, se si aspetta la nomina
del nuovo procuratore di Palmi, sicuramente il
problema non sarà risolto in tempi brevi. Ricordo
che il Consiglio superiore della magistratura ha
già indetto il concorso, però la decorrenza dei
termini potrebbe rappresentare un fatto grave con
ripercussioni negative sulla credibilità delle
istituzioni. Vorrei da ultimo sapere se è
possibile recuperare le quattro persone da lei
indicate.
 ANTONIO BARGONE.  Vorrei comunicare al ministro
che,
sulla base dell'elaborazione sviluppatasi in
Commissione antimafia, il gruppo del PDS nei
prossimi giorni presenterà una propria proposta di
legge sul tribunale distrettuale. Naturalmente si
tratta di un contributo e noi ci aspettiamo dal
Governo un provvedimento che, come ha già rilevato
il senatore Brutti, ci auguriamo abbia una rapida
evoluzione ed approvazione in Parlamento. Si
tratta quindi di un nostro contributo da
confrontare con l'elaborazione del ministro.
PRESIDENTE.  C'è un punto sul quale vorrei
richiamare
l'attenzione dei colleghi. Sulla base dei dati
statistici distribuiti abbiamo 208 processi con
già rinvio a giudizio presso il capoluogo e 19
presso il circondario. Quelli da rinviare sono 217
presso il capoluogo e 37 presso il circondario.
C'è da fare un'analisi sulla base di questi dati
per analizzare bene i rapporti costi-benefici.
Occorrerebbe inoltre studiare bene questi dati per
analizzare dove sono concentrati questi processi.
Mi sembra che Palermo sia l'area nella quale vi
sono più processi fuori sede (dodici) seguita
da Reggio Calabria (dieci); questo per quanto
riguarda le previsioni, mentre gli effettivi a
Palermo sono sette fuori sede e quattordici in
sede.
  Dai dati forniti dal ministro emerge che sono
già stati fissati presso i capoluoghi 208 processi
e 19 soltanto fuori di essi, di cui sette fuori
Palermo e cinque fuori Catanzaro. Tra i
prevedibili nei conti del Governo ce ne sono 217
nelle sedi di capoluogo e 37 fuori. Di questi 37
dodici sarebbero fuori Napoli e dieci fuori Reggio
Calabria, prevalentemente a Palmi. Può darsi che
valga comunque la pena, perché il costo dello
spostamento del processo (il pubblico ministero
che
Pagina 2431
ogni giorno deve viaggiare per l'udienza, le
strutture in questi uffici) può darsi che sia
relativo, però è una cosa sulla quale bisogna
riflettere perché un'obiezione fondata potrebbe
essere che mettiamo in piedi una riforma di peso
dal punto di vista ordinamentale per un numero di
processi abbastanza contenuto.
  Ho un'altra preoccupazione: non vorrei che
dipendesse dalla presenza delle procure
distrettuali nel capoluogo il fatto che si
facciano prevalentemente processi per reati che si
commettono sul territorio del capoluogo. Non
vorrei che vi fosse un depauperamento; mi chiedo
se non si debba riflettere su una migliore
integrazione tra procure del capoluogo e le altre
procure, specie dove abbiamo forme di criminalità
molto
diverse. Per esempio la camorra di Caserta è
autonoma rispetto a      quella di Napoli. Stesso
discorso vale per la Calabria e per
la Sicilia, ove Agrigento ha una sua autonomia
criminale rispetto a Palermo. Non so se vi sia
anche questo tipo di problema e se per caso il
ministro ha pensato ad una migliore integrazione
tra procure territoriali e procura distrettuale.
MASSIMO BRUTTI.  L'ipotesi potrebbe essere quella
di
stabilire un'integrazione di tal genere attraverso
la partecipazione di un sostituto procuratore per
ciascuna procura non distrettuale al  pool  della
procura distrettuale. Si potrebbe quindi pensare
ad una forma di collegamento organico tra le
procure non distrettuali e la procura
distrettuale, in modo tale che uno dei sostituti
procuratori, che poi è quello che sta sul
territorio, che conosce di più il fenomeno nelle
sue diramazioni periferiche, lavori nel  pool
della procura distrettuale. Possiamo
certo studiare gli strumenti tecnici per
realizzare questo obiettivo.
 PAOLO CABRAS.  Può essere una soluzione, però dal
momento che potrebbe sguarnire le procure
territoriali, ha i suoi contro.
 ANTONINO BUTTITTA.  Capisco le perplessità del
ministro perché intendo, anche se da profano, la
complessità del fenomeno che sostanzialmente
presenta un connotato centrale, cioè quello della
sua dicotomia. In sostanza da un lato abbiamo una
realtà necessariamente dinamica, dall'altro un
dispositivo istituzionale che fisiologicamente è
statico, né potrebbe essere diversamente. Il
paradosso qual è? Che ci troviamo in presenza di
un fatto curioso: ciò che sta fermo
(l'istituzione, la struttura grammaticale dello
Stato, nella fattispecie quella giudiziaria) deve
inseguire ciò che si muove, la realtà, la vita. E'
la dicotomia, la discrasia tra struttura e
congiuntura, per essere più chiari.
  Secondo me (lo dico da profano) l'unico modo non
dico per sciogliere questa opposizione - che,
essendo strutturale della storia e della vita
umana, non è scioglibile, dissolubile - ma per
attenuarla è quello di fare in modo che ciò che è
statico in qualche modo si connoti in senso
dinamico...
 PRESIDENTE.  Che vi sia flessibilità.
         ANTONINO BUTTITTA.  Che sia flessibile, elastico,
                               cioè
che in qualche modo ci si muova nella direzione
testé indicata
dal presidente. Questo per quanto riguarda una
considerazione di carattere generale. Per quanto
concerne un fatto più specifico il discorso su
Palermo, sulla possibilità della struttura
palermitana di affrontare questi problemi, è
rimasto un po' sul vago perché da un lato si
prende atto del fatto che ci troviamo in presenza
non di una situazione periferica, bensì centrale,
assiale rispetto al fenomeno che stiamo
affrontando, dall'altro lato uno sforzo reale per
adeguare la struttura giudiziaria a questa
centralità della condizione palermitana fino a
questo momento non si è fatto. A me pare questa
una situazione non particolare, ma
particolarissima che richiede un potenziamento,
una moltiplicazione dei soggetti giudicanti,
nonché una moltiplicazione degli spazi dove i
soggetti giudicanti possano lavorare ed esercitare
il loro mestiere.
                             Pagina 2432
 PRESIDENTE.  Su questa questione saranno le
commissioni di merito a pronunciarsi, però se il
ministro potesse lasciarci il testo di questo
progetto, i colleghi potrebbero studiarlo. Idati
contenuti in tale documento dovrebbero essere
studiati
con molta attenzione. In pratica abbiamo 2.091
procedimenti con circa 21 mila indagati; 1.172
procedimenti sono stati definiti dal punto di
vista delle procure, quindi andati in
dibattimento, con 6.648 indagati, però abbiamo
pendenti 1.729 procedimenti con 14.794 indagati,
quindi praticamente abbiamo circa 15 mila persone
che devono andare ad un giudizio prima o dopo per
questo tipo di reati, con una prevedibilità
ridotta di 217. Abbiamo quindi una massa di
processi pendenti e di imputati notevole. Ritengo
che dovremo studiarci bene i dati forniti dal
ministro e lo schema di disegno di legge. Propongo
di trasmetterne copia a tutti i commissari.
           PAOLO CABRAS.  Eventualmente potremmo fargli
                           pervenire un
nostro parere.
 PRESIDENTE.  Potremmo fargli pervenire la nostra
posizione, ferma restando la sua piena autonomia.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
.
Anche un appunto.
        PRESIDENTE.  Certo, anche un appunto sul complesso
                                di
questi dati.
  Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito) .
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Dobbiamo fare i conti con il tempo anche perché
tra un po' vi sarà la pausa estiva. Poiché il
testo, in una forma o nell'altra, dovrebbe essere
predisposto dopo la prossima settimana, potrei
attendere fino ad allora.
          PRESIDENTE.  Fino al 5 o 6 di agosto siamo qui.
 MASSIMO BRUTTI.  Comunque che il nostro parere
non diventi motivo di intralcio.
 PRESIDENTE.  Certo.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Potrei sintetizzare le risposte agli argomenti
che l'altra
volta non sono stati affrontati, anche se alcuni
erano stati accennati nell'incontro di febbraio.
Comunque fare il punto in questo momento può
essere opportuno, sia pure nell'ottica di quanto
resta a disposizione, tralasciando quindi le
tematiche che richiedono un'elaborazione più
complessa la cui trattazione diventa forse inutile
o soltanto preparatoria.
Per quanto riguarda il problema delle procure
distrettuali
edelle misure di prevenzione personali, la
richiesta di
attribuire questo potere di iniziativa anche al
procuratore distrettuale in aggiunta agli altri
soggetti continua da parte mia ad essere accolta
con favore. In proposito vorrei dire una piccola
novità, almeno per quanto riguarda me: ho avuto un
incontro con una delegazione che studia problemi
di questo genere sul piano sociale e mi è stato
chiesto di elaborare un
testo unico di tutta questa normativa concernente
in particolare le misure di prevenzione personali,
che è molto aggrovigliata fra novelle, decreti e
via dicendo. Se l'idea, come a me sembra, è
valida, si potrebbe prospettare l'opportunità di
un disegno di legge delega, anche se naturalmente
la delega verrebbe esercitata nella prossima
legislatura dal Governo che nascerà. Intanto si
potrebbero coordinare le attuali norme, perché in
fondo si tratta di un testo unico.
          Il problema dei collaboratori di giustizia, sul
                            quale si è
soffermato il senatore Brutti, è certamente
complesso e importante. Al riguardo potrei dire
che forse manca il tempo per fare qualcosa di
veramente concretizzabile. Ad ogni modo, tanto per
ribadire il punto di vista che in questo momento
il Governo può sostenere, e tenuto conto che tutte
le meditazioni possono giovare a chi dovrà agire
                             Pagina 2433
successivamente, va rilevato che il problema dei
collaboratori di giustizia presenta un aspetto
processuale ed uno penitenziario.
            Per quanto riguarda l'aspetto processuale,
                           indubbiamente
le disposizioni dell'articolo 192 hanno bisogno di
una messa a fuoco migliore; ma questo rientra in
una rielaborazione del codice di procedura penale
che credo dovrà essere effettuata in modo organico
e lineare nella prossima legislatura.
         Per quanto riguarda il trattamento penitenziario,
                               sono
d'accordo con chi sostiene che è bene separare gli
organi della investigazione da quelli della
protezione, anziché mettere tutto in un insieme a
seconda della persona. Però anche qui la
disciplina della legge n. 82 del 1991 andrebbe
interamente rivista, anche per quanto riguarda i
compiti della commissione centrale da cui al
momento è escluso il procuratore nazionale. Viene
anzi fatto di pensare che forse proprio tutta la
normativa sulla procura nazionale antimafia va
rivista dopo un'ulteriore sperimentazione: anche
se per questo del tempo dovrà passare, credo che
non sia un male perché forse adesso è prematuro
trarre delle conseguenze dovendosi prima valutare
i risultati sul campo e poi riprendere.
Naturalmente, la problematica più importante e
centrale è l'accesso al pentito: mancando i tempi
per risolvere tale problema è opportuno rinviare,
almeno sul piano governativo, qualsiasi
concretizzazione al di là di quella che può essere
una maggiore meditazione.
  Il problema dei collaboratori di giustizia e
della sicurezza dei dibattimenti con esame a
distanza, solo in parte può ritenersi risolto
dall'articolo 147-bis delle norme di attuazione:
anche tale norma andrebbe rivista in una visuale
più organica di aggiornamento del codice. A questo
proposito auspicherei - ma temo che ne mancherà il
tempo - che venga portata avanti la proposta
avanzata in sede governativa per la partecipazione
ai dibattimenti a distanza degli imputati più
pericolosi. L'iniziativa governativa è stata presa
e bisognerà vedere se il Parlamento riterrà di
assegnarle corsie preferenziali.
  Torna anche qui il problema del trattamento
sanzionatorio, cioè di come "premiare" chi
collabora: non è chiaro se si dovranno prevedere
riduzioni di pena più late, dove il giudice può
spaziare, o invece più determinate. Anche in
questo caso siamo di fronte ad un problema che si
presta a due soluzioni contrapposte. Qui però, se
la soluzione prevale in modo netto, sarebbe
possibile concludere in tempi abbastanza brevi
perché in fondo si tratta di migliorare una
particolare norma, anche se si potrebbe replicare
che la tematica della protezione dei pentiti
andrebbe rivista tutta insieme. In materia,
comunque, mi rimetto a quelli che potranno essere
gli ulteriori contributi perché credo che nei
giorni che restano il Governo
non potrà far nulla di più che attendere gli
eventi sulle discussioni di questa Commissione e
sull'iter parlamentare di ciò che è già stato
presentato.
  Sul piano penitenziario stiamo studiando una
nuova tematica da collaudare in prospettiva in un
ambito più ampio rispetto a quello dei circuiti
cui sottoporre le persone che
possono essere esposte a pericoli particolari.
Penso anche che per la soluzione di tale problema
ci voglia tempo e che quindi esso debba essere
lasciato in un dossier a futura memoria.
Per quanto riguarda il potenziamento delle sezioni
di
polizia giudiziaria, i magistrati lamentano
l'esiguità degli organici; le amministrazioni di
appartenenza degli ufficiali e degli agenti di
polizia giudiziaria lamentano che le sezioni hanno
depotenziato i servizi di polizia giudiziaria
osservando che sarà difficile procedere ad un
aumento dell'organico nel prossimo biennio.
Comunque, per il prossimo biennio ci sarà bisogno
di emanare, entro il 15 gennaio, un nuovo decreto
ministeriale, e questo prescinde dalle legislature
perché è un qualcosa che è stato già stabilito e
che finché non verrà cambiata la norma dovrà
essere attuato.
                             Pagina 2434
  Riguardo al nuovo organico delle sezioni per il
prossimo biennio, posso annunciare che il gruppo
di lavoro presieduto dal procuratore distrettuale
di Firenze Vigna, che era stato istituito per
studiare i miglioramenti da apportare sotto questo
aspetto, è arrivato ad una fase per la quale non
mancano che le conclusioni, che potranno essere
tratte entro la fine di quest'anno o all'inizio
dell'anno prossimo. Tale gruppo di lavoro ha
proposto numerose modifiche per rendere meno
macchinose le procedure di assegnazione alle
sezioni, più efficiente e meno burocratica la loro
attività, più adeguato ai bisogni degli uffici il
numero degli addetti (qui però si scontra contro
la riottosità degli organismi di provenienza),
anche con sollecitazioni a parificare gli
ufficiali e gli agenti di polizia in termini di
carriera e trattamento economico perché altrimenti
potrebbero sentirsi demotivati.
Per quanto riguarda il funzionamento della Corte
di
cassazione, posso annunciare che la commissione
istituita sotto la presidenza di Caponnetto ha
ultimato i suoi lavori e sta stendendo una
relazione che mi verrà consegnata entro il 10
settembre. Mancherà, credo, il tempo per tradurre
in concreto quelle proposte che comunque mi
sembrano molto interessanti e delle quali qualcuna
potrà tradursi in una eventuale circolare per la
organizzazione o per la distribuzione degli uffici
tra le sezioni, se il Consiglio superiore e il
primo presidente vorranno farle loro. Comunque, ci
sono indicazioni di notevole importanza
soprattutto circa una migliore strutturazione del
lavoro delle sezioni unite e circa l'opportunità
di evitare il consolidarsi di collegi formati
sempre allo stesso modo favorendo invece una
maggiore turnazione dei collegi stessi ed una
armonizzazione più attenta del calendario e dei
ruoli. Ma, ripeto, tutto questo dovrà essere
realizzato in futuro, salvo qualche eccezione.
Quanto all'ultimo tema che mi è stato segnalato,
quello
della depenalizzazione, ho visto che alla Camera
venerdì saranno in votazione i testi di delega per
due settori da depenalizzare, mentre sono ancora
dinanzi alla Commissione giustizia gli altri due
disegni di legge, uno dei quali in materia di
demanio marittimo. Sono due contravvenzioni, ma ce
ne è un'altra più ampia, che era stata, credo, per
errore, assegnata al Senato e che abbiamo spostato
alla Camera per poterla abbinare alle altre più
organicamente.
  Poiché questo testo ha avuto l'approvazione
anche del Consiglio nazionale forense, che si è
dichiarato disposto ad un ampliamento, sulla linea
delle indicazioni fornite dal Consiglio superiore
e dall'Associazione magistrati, con un
emendamento mi riprometto (sperando che la
prossima settimana la Commissione giustizia possa
prendere in esame anche questo provvedimento che è
giunto in ritardo perché era stato presentato al
Senato) di definire questo aspetto che ci consente
di alleggerire alquanto il lavoro delle preture.
Credo che in autunno potrà andare in porto.
Naturalmente tutto dipenderà dal numero degli
emendamenti che potranno essere presentati e
soprattutto accolti. Va però segnalato che c'è una
spinta in questo senso, ed è significativo che
anche l'avvocatura abbia compreso
l'imprescindibilità di questo passaggio senza il
quale il lavoro diventerà tale da soffocare le
preture e da creare inconvenienti gravi nei
procedimenti più importanti.
         Vi è poi un problema che sta emergendo all'ultima
                              ora sul
piano della legge finanziaria alla ricerca di
riduzioni di spese e che si collega all'ultimo
punto della lettera indirizzatami dal presidente
il 25 giugno e da cui è partita questa mia
risposta in più tempi. Mi riferisco al problema
della competenza del pretore e dell'utilizzazione
dei giudici laici come componenti del collegio
giudicante, che poi sfociava come spunto per il
giudice unico di primo grado, che è idea che io
condivido appieno. Ribadisco che la commissione
che abbiamo formato per l'ordinamento giudiziario
ha il compito fondamentale di puntare sulla figura
del giudice unico di primo grado, cui appunto
anche la revisione delle circoscrizioni
                             Pagina 2435
 e della geografia giudiziaria sarebbe
necessariamente collegata in un modo forse meno
traumatico di quello che parte dal concetto della
soppressione dei tribunali cosiddetti inutili o
poco utili.
  Ecco, la novità è che mi sono sentito dire che,
di fronte alle esigenze di bilancio che si
profilano necessarie l'anno prossimo (l'ultima è
l'aula-bunker, ma sul piano dell'edilizia
penitenziaria sono anche da soddisfare le esigenze
delle carceri, dei tribunali, dell'informatica,
eccetera), bisogna tagliare le spese e un modo per
farlo è quello di eliminare gli uffici inutili
effettuando una revisione delle circoscrizioni
giudiziarie, tema che sembrava invece attutito e
rinviato nell'ottica del giudice unico di primo
grado.
Occorrerà tuttavia sottolineare come quella strada
per ridurre le spese è improponibile, per lo meno
su un piano pratico, perché per disporre la
soppressione di alcune circoscrizioni giudiziarie
ci vuole una legge: occorrono dunque tempi lunghi
eprovvedimenti che non possono incidere sul
bilancio per il
1994.
MASSIMO BRUTTI.  Sarebbe un formidabile diversivo.
GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia .
Protesterò con tutte le mie forze sperando di
convincere chi sovraintende a queste spese di
bilancio insistendo su tutti i bisogni che ha la
giustizia.
             PRESIDENTE.  Ringrazio il ministro Conso,
                          scusandoci per
l'ora tarda.
  Per quanto riguarda i dati relativi ai tribunali
distrettuali, saranno distribuiti a tutti i
colleghi. Successivamente raccoglieremo le
osservazioni in un appunto da trasmettere al
ministro.
 GIOVANNI CONSO,   Ministro di grazia e giustizia
. Al senatore Frasca e agli altri commissari non
presenti oggi risponderò un'altra volta.
 PRESIDENTE.  Sta bene, signor ministro.
        L'esame della relazione sull'edilizia scolastica a
                              Palermo
è rinviato ad altra seduta.
La seduta termina alle 21,15.

 


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