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Violante: seduta 55

Violante: seduta 55
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Pagina 2437
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                           indi
             DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                          indice
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano,  Presidente                    2439
Discussione della relazione sulla Calabria:
Violante Luciano,  Presidente             2439,  2440
                               2444, 2445 2450,  2452
Cabras Paolo,  Presidente, Relatore              2439
                          2440, 2444 2448, 2450, 2451
Brutti Massimo                             2444, 2445
Calvi Maurizio                                   2445
Fausti Franco                                    2451
Frasca Salvatore                           2444, 2445
Olivo Rosario                                    2445
Scalia Massimo                       2450, 2451, 2452
Tripodi Girolamo         2444, 2445, 2446, 2448, 2451
Pagina 2438
Pagina 2439
La seduta comincia alle18.
 (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Comunicazioni del presidente.
 PRESIDENTE.  Avverto i colleghi che proprio oggi
il Governo ha approvato un decreto-legge
riguardante la permanenza degli osservatori sulla
dispersione scolastica nelle aree più esposte alla
criminalità. Le regioni più interessate sono la
Puglia, la Calabria, la Sicilia, la Sardegna e la
Campania, mentre le aree metropolitane sono quelle
di Milano, Roma e Torino. Per queste tre città il
fenomeno della dispersione scolastica riguarda
soprattutto l'immigrazione extracomunitaria. Delle
altre regioni la Commissione aveva già avuto modo
di occuparsi in connessione alla situazione
scolastica della città di Palermo.
Se i colleghi concordano, si può segnalare al ministro
della pubblica istruzione il consenso della
Commissione su questa iniziativa che fa seguito ad
un dialogo che ha avuto i suoi frutti.
Discussione  della relazione sulla Calabria.
PRESIDENTE.  L'ordine del giorno reca la discussione
della relazione sulla Calabria. Il senatore Cabras
ha facoltà di svolgere la relazione.
 PAOLO CABRAS, Relatore. Certamente i colleghi, ai
quali la relazione è stata distribuita, avranno
notato che essa riassume i risultati di due
missioni effettuate da una
delegazione della Commissione nella regione
Calabria che hanno toccato tutte le province e le
procure, compresi i distretti giudiziari non sedi
di procura distrettuale antimafia. Nel corso di
tali missioni sono stati ascoltati i
rappresentanti della magistratura, delle
istituzioni, delle forze dell'ordine ed è stato
quindi acquisito un patrimonio molto vasto di
conoscenze, di giudizi e di documentazione di cui
la relazione dà conto.
  La prima parte è divisa in capitoli che
esaminano la condizione della criminalità
organizzata nelle varie province o        nei vari
centri visitati o di cui comunque siano state
acquisite documentazioni e notizie; le ultime
venti pagine contengono le considerazioni finali,
che non solo rappresentano un consuntivo
dell'esperienza svolta nel corso delle missioni ma
più precisamente descrivono le caratteristiche
generali della 'ndrangheta, i suoi rapporti con le
istituzioni, con la politica, con l'economia, con
la società, nonché le reazioni che le istituzioni
hanno manifestato nell'ultimo periodo.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
 PRESIDENTE.  Mi riferirò quindi non ai singoli
capitoli, che sono una descrizione fenomenica
delle varie situazioni locali, ma ad un giudizio
d'insieme, che più interessa la Commissione.
La 'ndrangheta è caratterizzata soprattutto dall'impianto
"familistico": in genere si è sviluppata,
attraverso il sistema delle cosche, intorno ad un
nucleo familiare che poi si dilata e si
arricchisce. Essa presenta una struttura
caratteristica
 Pagina 2440
acomposizione orizzontale segnata da una grande
frammentazione; da una parte è frutto di
tradizioni, di storia civile, economica e sociale,
dall'altra è un'emanazione della famiglia
patriarcale di tipo contadino. Proprio per le
caratteristiche che ho descritto tale struttura ha
garantito un impianto ed un vitalismo locale della
'ndrangheta e della mafia e nello stesso tempo ha
creato condizioni di impenetrabilità, favorendo
quindi comportamenti di omertà, di garanzia di
segretazione sulle azioni mafiose.
E' vero che mentre sul mantenimento di questa
struttura base tutti coloro che sono stati nostri
interlocutori (magistrati e rappresentanti delle
forze dell'ordine) concordano, però ci sono stati
segnalati (e questo è il dato nuovo) alcuni
sintomi di evoluzione verso forme di integrazione
e di collaborazione fra le cosche. Queste forme di
integrazione e di collaborazione prendono vita
perché si opera in determinati settori della vita
economica, per esempio nel mercato ittico. Accade
dunque che anche cosche distanti fra loro possano
cooperare al fine di rafforzare la presenza
mafiosa nel mercato dell'approvvigionamento e
della distribuzione del pesce.
  Sono state segnalate forme nuove di
collaborazione ed interazione fra cosche calabresi
e gruppi di mafia e di camorra. A parte le
strategie comuni operative, non c'è dubbio che nel
delitto Scopelliti la 'ndrangheta si sia avvalsa
(cito questo punto della relazione perché mi
sembra molto importante, dal momento che conforta
quei segnali di evoluzione e di trasformazione
della 'ndrangheta di cui parlavo prima) di
un'associazione criminale con la mafia, che era
interessata ad una forma di intimidazione per
eliminare un magistrato che era relatore presso la
prima sezione penale della Corte di cassazione,
quella presieduta dal dottor Carnevale. In
particolare Scopelliti era relatore per il
maxiprocesso di Palermo. Questa era la famosa
"ultima speranza" che la commissione di Cosa
nostra aveva per sfuggire (grazie ad una sentenza
della Cassazione che vanificasse, per vizi di
forma e su questioni di legittimità, l'esito
sfavorevole alle cosche e ai maggiori boss
imputati nel maxiprocesso) ai rigori dei processi
che si erano tenuti in primo e in secondo grado.
In quel caso l'omicidio fu perpetrato con la
garanzia di appoggio operativo e di concorso della
'ndrangheta ma è evidente che interessava
principalmente Cosa nostra.
  Altri segnali, sui quali i magistrati stanno
indagando, riguardano notizie di vertici mafiosi a
livello regionale (ed è la prima volta che se ne
ha notizia).
           PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
              LUCIANO VIOLANTE
 PAOLO CABRAS,   Relatore . Certo, siamo
lontanissimi dalla struttura piramidale della
commissione di Palermo;
tuttavia questi sono elementi che fanno pensare ad
una grossa innovazione o al tentativo della
'ndrangheta di trasformarsi, di somigliare di più,
anche se non totalmente, a Cosa nostra
pur essendone ancora lontana per caratteristiche.
Tutto questo è probabilmente dovuto ad una
diversificazione o meglio ad una crescita degli
obiettivi di imprenditoria criminale: la
prevalenza netta del traffico di droga e di armi e
della partecipazione ai grandi appalti pubblici,
rispetto alle cosche che si limitavano ai
sequestri di persona, evidentemente fa innalzare
il livello, per così dire qualitativo, del tipo di
criminalità. Questo nuovo livello comporta
collaborazione, integrazioni, cooperazione con
ambienti economici ed istituzionali, nonché la
necessità di avere contatti che facciano uscire le
cosche sempre più dal "bozzolo" localistico.
  Nel mettere insieme i dati relativi alle singole
realtà locali si è avuta la sensazione che la
localizzazione della 'ndrangheta sul territorio
non sia più "a macchia di leopardo". Fino ad ora è
prevalsa l'opinione, certo non presso coloro i
quali hanno esperienza e consuetudine delle
vicende calabresi, che per esempio Reggio e una
parte della sua provincia fossero particolarmente
segnate dalla presenza di
Pagina 2441
cosche di boss mafiosi, del tipo Piromalli, De
Stefano, i Condello di Reggio, in quartieri come
quello di Archi. C'erano i luoghi simbolici della
presenza della 'ndrangheta e a fronte di questi vi
erano invece isole felici, zone, anche province in
cui il fenomeno non si avvertiva; per esempio si
diceva che a Catanzaro la mafia non esistesse o
quasi, vi era qualcosa ai confini ma si trattava
di fenomeni di importazione.
Oggi tutto questo non si può dire; la mafia è cresciuta,
si è diffusa, vi è una molteplicità di interessi e
di obiettivi criminali economici che rende
difficile fare una concessione a questa idea della
diffusione "a macchia di leopardo".
Le attività criminali sono quelle tradizionali:
l'usura, l'estorsione, ma soprattutto i nuovi affari cui
accennavo prima. Certo, la diffusione è anche un
elemento di preoccupazione ed anche un segno della
forza espansiva raggiunta dalla mafia, ma come
sempre di crescita ci si può anche indebolire.
L'espansione dell'organizzazione criminale è meno
rassicurante della protezione del nucleo familiare
e dell'impianto localistico, tant'è vero che per
la prima volta nell'ultimo anno sono cominciati a
venir fuori anche all'interno della 'ndrangheta i
collaboratori di giustizia, i pentiti, fenomeno
prima di fatto sconosciuto; oggi sappiamo che ci
sono quattro-cinque collaboratori di giustizia,
forse anche di più, che a Reggio e non solo a
Reggio da mesi (alcuni da circa un anno) stanno
parlando con i magistrati e facendo rivelazioni
importanti.
  A fronte di questa crescita, dobbiamo esprimere
un giudizio di inadeguatezza rispetto alla
risposta complessiva a tale minaccia da parte
delle istituzioni, delle forze dell'ordine, della
magistratura. E' vero che c'era omertà, che c'era
questo impianto localistico, e che la
frammentazione rende più difficile un'azione di
contrasto, ma è anche vero che le intimidazioni,
le violenze, le estorsioni e gli omicidi sono
reati che come tutti gli altri si consumano alla
luce del sole. Si deve quindi dire che l'azione di
prevenzione e di repressione è stata sicuramente
insufficiente e inadeguata ed ha costituito una
delle cause di un'espansione così inquietante,
così minacciosa come quella che abbiamo dovuto
registrare negli ultimi anni.
  In questo quadro si situa il problema dei
rapporti tra la mafia e le istituzioni, tra la
mafia e la politica, tra la mafia e l'ambiente, la
società in cui i mafiosi operano.
Vi è stato inoltre nel rapporto con la politica un
cambiamento, che mi sono permesso di segnalare,
anche nell'antropologia della classe politica. In
Calabria - i
colleghi autorevoli rappresentanti di quelle terre
possono confermare o smentire questo mio giudizio
- la classe politica, sia dei partiti che
tradizionalmente indichiamo come forze di Governo
sia di quelli di opposizione, nel dopoguerra era
segnata dai notabili, da uomini influenti delle
professioni (medici, avvocati, ex magistrati), da
persone dell' establishment  culturale e sociale
che in qualche
modo rappresentavano il vero ponte, il punto di
riferimento di una regione la quale, al di là
della sua situazione geografica, ha sempre vissuto
- non occorre citare uomini di cultura, anche
Alvaro ci aiuta a capire una Calabria molto più
lontana - un senso di estraneità rispetto allo
Stato centrale e unitario; in tutto questo i
mediatori erano i notabili dei partiti di
opposizione e di Governo. Tale classe politica nel
tempo può aver mantenuto qualche figura di questo
tipo ma, soprattutto a livello di governo locale
(forse anche di rappresentanza nazionale), ha
subìto qualche decremento di qualità. Molti
politici sono sorti non tanto per questi meriti,
per questa loro "emergenza" o rilevanza sociale;
sono emersi affermandosi anzitutto come politici
locali. Il vitalismo delle cosche ha incontrato la
politica. In Calabria più che in altre regioni
hanno contato maggiormente i piccoli e medi centri
rispetto ai capoluoghi. Affermo in un passo della
relazione che tali centri, da Gioia Tauro a Locri,
hanno contato più dei capoluoghi di provincia e
non vi è dubbio che in quei centri per il suo
                             Pagina 2442
impianto e per la sua struttura la mafia aveva più
spessore, più influenza, più capacità di contatto
e comunicazione, per cui probabilmente ha
maggiormente condizionato per questa via la vita
politica.
Ciò si è verificato attraverso manifestazioni che
sono poi quelle tradizionali. Vi è anche stata in Calabria
qualche inchiesta non conclusa sul cosiddetto voto
di scambio. Non considero il reperimento di
materiale elettorale in casa di mafiosi una prova;
è però sicuramente un segno di attenzione della
mafia al fatto politico, al fatto elettorale. Se
noti boss , noti esponenti della mafia si
interessano
attivamente alle elezioni, è quanto meno un
segnale di allarme, un'indicazione; non è
sicuramente una prova, né di per sé un simbolo di
collusione con il candidato o con i candidati.
  Mi sembra più evidente che l'interesse per gli
appalti, le forniture ed i servizi pone la mafia
maggiormente a contatto con le rappresentanze
amministrative a livello locale. Non dimentichiamo
che una delle ultime mattanze della mafia in
provincia di Reggio, a ridosso delle elezioni
amministrative del 1990, riguardò alcuni esponenti
delle amministrazioni locali - da Villa San
Giovanni ad altri comuni - interessando
vicesindaci, sindaci, ex sindaci, consiglieri
comunali o candidati. Questi episodi volevano dire
cose diverse: probabilmente alcuni erano oggetto
di vendetta perché si erano rifiutati di cedere
alla volontà della mafia e di collaborare, altri
erano collusi, altri non avevano risposto alle
attese. Vi è dunque, per quel po' che si è potuto
sapere, una gamma di diverse situazioni locali.
  Sull'altro elemento la Commissione ha già
discusso: è quello dei consigli comunali
disciolti. Non mi ripeto - ne accenno soltanto
nella relazione - perché abbiamo dedicato in
particolare durante il nostro viaggio
un'attenzione specifica alle amministrazioni
comunali disciolte. Se andiamo a ricercare nei
decreti di scioglimento le motivazioni - che tutti
i colleghi conoscono benissimo e ricordano -
troviamo l'indicazione non solo di collusione, di
influenza mafiosa nelle scelte politico-
amministrative, ma anche di capicosche o boss
locali che sono presenti - molte volte
direttamente,
altre indirettamente - nei consigli comunali
disciolti: dall'influenza di Giampà a Lamezia, per
citarne uno, a presenze purtroppo più evidenti in
altre realtà comunali.
Questo dimostra la pervasività delle cosche nella
vita
pubblica ed istituzionale, pervasività che è
propria anche della vita sociale a dimostrazione
del fatto che è difficile trovare istituzioni
inquinate ed invece un ambiente sociale,
economico, imprenditoriale, un  establishment
immuni da contatti o da contagi mafiosi; è
difficile che questo si possa verificare.
  Infatti, troviamo nell'economia, nelle
professioni, anche nello stesso snodo del rapporto
tra massoneria, affari e alcuni esponenti della
criminalità organizzata, la conferma di questo
percorso della mafia all'interno della società:
società politica, ma non solo, istituzioni, ma non
solo, politica, ma non solo, politica, economia ed
anche ambiente.
  D'altra parte, che alcune logge coperte, occulte
- di questo ha parlato anche il giudice Cordova in
questa Commissione - siano diventate anche in
Calabria, ma non solo in Calabria, luogo di
incontro o sede opportuna di mediazione, di
comunicazioni per affaristi, mafiosi,
amministratori politici e funzionari è un fatto
non nuovo. Ripeto: non riguarda solo la Calabria,
l'abbiamo visto anche in Sicilia. Abbiamo
ritrovato questi elementi anche nelle notizie
finora raccolte su tale punto.
  Credo debba essere sottolineata l'esigenza
generale di chiarire il ruolo di associazioni che
per il carattere di segretezza, per la scarsa
trasparenza si prestano a costituire nelle regioni
a rischio - ma non soltanto, se pensiamo che
inchieste della magistratura hanno denunciato
presenze di mafiosi a Milano e in Piemonte, per
cui non è una prerogativa, un'esclusiva di certe
regioni - un allarme, senza voler demonizzare
nessuno, o colpevolizzare una libera associazione
come
                             Pagina 2443
quella massonica. Ma un allarme in questo senso,
per l'uso strumentale che se ne può dare, credo
che vada sottolineato.
Vi è poi in linea generale il discorso cui
accennavo
all'inizio del rafforzamento della mafia. Ne
parliamo analiticamente con riferimento a
Catanzaro; l'ho voluto richiamare anche nelle
considerazioni finali perché mi sembra un dato
macroscopico. A Catanzaro, recentemente, dopo la
nostra missione, vi sono state 240 ordinanze di
custodia cautelare nei confronti di affiliati a
cosche mafiose per reati che vanno dall'usura,
all'estorsione, al traffico di stupefacenti e di
armi, quindi tutta la gamma del crimine
tradizionale mafioso calabrese, ordinanze che a
Catanzaro e nel suo circondario hanno portato ad
un'operazione massiccia. Tutto questo non
meraviglia i commissari che si sono recati in
quella regione, ma dimostra che è sempre
necessario esercitare questa vigilanza, fare
queste denunce.
  Ricordo che qualche giorno prima del  blitz  mi
è capitato di andare a Catanzaro per partecipare
ad un dibattito in consiglio comunale, invitato
dal sindaco, dai rappresentanti di tutte le forze
politiche, con la partecipazione di studiosi
eminenti, di magistrati e dell'avvocato generale
della procura di Catanzaro. In questa occasione
avevo lanciato in particolare su Catanzaro un
allarme e mi ero reso conto di un certo
scetticismo, di un certo avvertimento di un'enfasi
eccessiva da parte mia. Dopo qualche giorno mi
hanno telefonato chiedendomi se io fossi stato a
conoscenza del  blitz . Non che io ne sapessi
qualcosa - poiché appartiene ad altre competenze -
ma non mi sono meravigliato di quel risultato,
perché la situazione è questa, non è quella che si
vuol dipingere, non è quella delle
compartimentazioni (per cui si afferma che quella
è una
provincia mafiosa, quell'altra no, che in quel
caso si è trattato di un incidente); no, questa
diffusione esiste.
Tutte le persone incriminate sono sottoposte a
custodia
cautelare; si tratta di un'operazione omogenea sia
pure rispetto a reati diversi. La magistratura,
praticamente, attraverso l'uso di collaboranti, è
arrivata a delineare una nuova mappa delle cosche;
qualcuno era in qualche misura già schedato, altri
invece sono stati scoperti attraverso l'indagine
giudiziaria e la collaborazione dei pentiti. E'
soprattutto rilevante l'entità dei reati: si
tratta di reati associativi gravissimi, compreso
l'omicidio ed altre forme di violenza alle persone
fisiche; sono tutti oggetti che riguardano il tipo
più violento di profitto mafioso, quello legato
alla droga e al traffico d'armi.
  Bisogna anche osservare che oggi c'è una
vitalità diversa
e migliore nelle istituzioni, con particolare
riferimento alla magistratura: finalmente si fanno
le indagini. Non sempre e non dovunque, però;
nelle varie situazioni locali abbiamo anche
registrato insufficienze, inadeguatezze, inerzie,
errori e torpori, tuttavia complessivamente, credo
anche grazie all'istituzione della procura
distrettuale antimafia, riscontriamo ed
apprezziamo oggi una particolare vitalità ed un
diverso spirito di iniziativa rispetto alle visite
che abbiamo compiuto nella passata legislatura.
  Il quadro dal punto di vista della risposta
istituzionale è dunque migliore, come è migliore
la consapevolezza che abbiamo trovato anche nella
classe politica. Penso agli esponenti di tutte le
forze politiche che abbiamo ascoltato nella
regione Calabria e che, nel confronto con la
nostra Commissione, hanno dimostrato una
consapevolezza che in passato - non solo in
Calabria ma dappertutto - non si riscontrava. Ecco
un altro elemento da registrare positivamente.
  C'è una presa di posizione di forze sociali,
culturali e religiose, c'è una mobilitazione della
Chiesa, del mondo del volontariato, ci sono
fermenti, partecipazione attiva, mobilitazione,
che sono segnali - anche questi, se non
nuovissimi, nuovi e comunque diversi e più
frequenti che nel passato - che lasciano ben
sperare.
Oltre ai rappresentanti delle regioni, abbiamo
ascoltato i sindaci della piana di
                             Pagina 2444
Sibari ed in loro abbiamo riscontrato una grande
consapevolezza del problema, sia pure con qualche
differenza di tono, di accento e di sensibilità
fra l'uno e l'altro. Tale consapevolezza l'abbiamo
notata, in sostanza, anche nelle diramazioni
periferiche delle istituzioni, in zone che sono
inquinate o che sono oggetto di una offensiva, di
una penetrazione, di una presenza che vengono
descritte analiticamente nella relazione.
  Anche se il quadro rimane allarmante,
inquietante e tale da non poterci esimere dal
prendere atto dei progressi compiuti dalla
criminalità mafiosa, dobbiamo tuttavia rilevare
che non mancano segnali che possono indurre a
quella ragionevole speranza che è fondata non
sulle illusioni ma sulla certezza che è stata
imboccata l'unica strada giusta, che è quella che
le istituzioni facciano tutte il loro dovere, che
ci sia corresponsabilità di tutti, che ci sia
mobilitazione della società, che ci sia a tutti i
livelli la consapevolezza della sfida che la mafia
rappresenta per una economia povera, oggi battuta
e segnata da una disoccupazione preoccupante, da
una crisi economica che nel sud - ed in Calabria
in modo particolare - fa pagare altissimi prezzi
di sofferenza ai cittadini.
 Liberarsi dalla mafia significa quindi liberarsi
anche da
alcuni vincoli oggettivi che sono stati posti agli
investimenti, allo sviluppo turistico, alla
crescita non solo civile ma anche economica.
Siccome però questa esigenza mi sembra che oggi
sia diffusa nella sensibilità della gente di
Calabria, la indico come fatto positivo; e
rispetto a tanto nero che purtroppo c'è nel
bilancio che dobbiamo stilare, credo che questi
elementi in prospettiva non possano essere
sottovalutati.
 SALVATORE FRASCA.  Come mozione d'ordine, faccio
presente che al Senato stanno per svolgersi
votazioni qualificate sul documento programmatico
del Governo e che si pongono problemi di numero
legale. Comunque, poiché credo che la relazione
del collega Cabras vada approfondita, ritengo che
il dibattito non possa concludersi questa sera ma
vada continuato la prossima settimana.
 PRESIDENTE.  Ricordo che la prossima settimana è
piena di lavoro. Sareste d'accordo a riunirci
lunedì alle 18?
SALVATORE FRASCA.  Sarebbe meglio martedì alle 21;
la seduta potrebbe allora protrarsi senza la
preoccupazione di essere chiamati per garantire il
numero legale nelle Assemblee.
MASSIMO BRUTTI.  Martedì abbiamo una riunione di
gruppo alle 21.
PRESIDENTE.  Martedì è prevista la discussione
della relazione sulla Puglia: potremmo continuare
ad effusionem sanguinis...
SALVATORE FRASCA.  Possiamo fare allora mercoledì
alle 20 alle 21.
 PRESIDENTE.  Per quanto riguarda le votazioni al
Senato, mi comunicano che non cominceranno prima
delle 20; potremmo quindi proseguire nella
discussione. Anche perché non so se il relatore
Cabras sarà disponibile la prossima settimana.
PAOLO CABRAS,   Relatore . Sono disponibile lunedì
e martedì mattina e nel primo pomeriggio.
 PRESIDENTE.  Martedì alle 16 abbiamo all'ordine
del giorno la relazione sulla Puglia. Potremmo
anticipare la seduta alle 15, però con l'impegno
di proseguire alle 20 se non abbiamo finito per le
16, quando cominceremo a discutere la relazione
sulla Puglia.
 GIROLAMO TRIPODI.  Sono d'accordo con la proposta
di non concludere questa sera la discussione sulla
Calabria, perché c'è l'esigenza di consentire non
soltanto un approfondimento della relazione che
riguarda una regione ad alto rischio, ma anche la
presentazione di emendamenti al testo proposto dal
relatore. Credo che non si possano trarre ora le
conclusioni, ma
                             Pagina 2445
saranno necessarie delle modifiche: anzi, per
quanto mi riguarda, preannuncio che proporrò
alcune modifiche sostanziali alla relazione.
 PRESIDENTE.  Colleghi, nessuno si sottrae alla
discussione della relazione e di eventuali
proposte di modificazione. Dobbiamo però trovare
il momento iniziale e il momento conclusivo. La
richiesta che ho avanzato è, nell'ipotesi che non
si termini la discussione sulla Calabria martedì
nella prima parte del pomeriggio, di riprenderla
alle 20 dopo i lavori d'aula e di portarla a
conclusione. Siccome il relatore ha degli impegni
successivamente, e bisogna rispettare gli impegni
di tutti, vediamo se è possibile chiudere martedì
sera.
 ROSARIO OLIVO.  Possiamo andare avanti ad
oltranza sulla Calabria, spostando la relazione
sulla Puglia alle 20.
MASSIMO BRUTTI.  Quindi forse è bene prevedere che
eventuali emendamenti giungano prima.
 PRESIDENTE.  E' chiaro che chi deve presentare
emendamenti, lo farà martedì. Non possiamo
prevedere un'altra seduta per la presentazione
degli emendamenti.
 GIROLAMO TRIPODI.  Propongo comunque di
utilizzare una parte della giornata di oggi per
svolgere alcuni interventi.
SALVATORE FRASCA.  Concordo con questa proposta.
PRESIDENTE.  Se non vi sono obiezioni, rimane
stabilito
che la discussione riprenderà, dopo la seduta
odierna, martedì 3       agosto alle ore 15, con
l'impegno a concludere nella serata
del medesimo giorno.
(Così rimane stabilito).
Siccome siamo nell'imminenza di una votazione al
Senato, sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 18,55, è ripresa alle
19,20.
PRESIDENTE.  Riprendiamo la discussione.
MAURIZIO CALVI.  La relazione sulla Calabria, con
tutti gli approfondimenti rispetto a quella
predisposta nel corso
della X legislatura, con le analisi, i dati, le
conoscenze, i segni tangibili delle novità emerse
lungo i percorsi delle audizioni, rappresenta un
utile punto di riferimento e di attacco alla
realtà calabrese e quindi può anche precostituire
un contributo essenziale per un'ulteriore
valutazione che non può ovviamente fermarsi qui,
in quanto non possiamo affidare alle conclusioni
della relazione il definitivo giudizio su una
realtà tragica, molto più grave rispetto a quella
che emerge dalla relazione stessa. Essa, infatti,
tralascia aspetti decisivi per capire e
comprendere fino in fondo la vera natura della
realtà criminale calabrese che, come dicevo, è più
grave di quella che emerge dai dati offerti.
  La relazione "galleggia" su una polveriera
sociale, politica, istituzionale, economica e
criminale senza precedenti nella storia pur
tragica della regione. Infatti, non affronta il
problema delle imprese mafiose, soprattutto nei
settori edilizio e commerciale; non affronta il
problema dell'acquisizione da parte della
'ndrangheta di importanti spaccati dell'economia
calabrese che via via si consolida sempre più
nelle sue mani, condizionando così la vita
politica, istituzionale ed economica di intere
aree geografiche della Calabria; non affronta in
profondità il problema dei sequestri, che è
rimasto in superficie, sospeso, con evidenti
implicazioni per l'ordine e la sicurezza della
terra calabrese e con altrettanto evidenti
implicazioni sul piano dell'economia di questa
terra martoriata da continui sequestri.
  Sul piano dell'azione abbiamo visto sempre di
più svanire nel tempo quel nucleo antisequestri
che era stato l'epicentro del sequestro Casella,
con una serie di implicazioni per l'ordine e la
sicurezza della Calabria.
                             Pagina 2446
  La relazione affronta solo in superficie la
realtà delle cosche calabresi, che è molto più
estesa e diffusa sull'intero territorio, della
quale, quindi, non si comprende l'effettivo peso.
  Tra gli aspetti specifici affrontati non vi
sono, ad esempio, riferimenti alle imprese
presenti nella vita pubblica ed economica della
regione, né alle imprese cooperative. A pagina 53
della relazione sono elencate soltanto le imprese
pubbliche e private e non le cooperative, come la
CMC, capofila per il centro direzionale di Reggio
Calabria. Non sono elencate le cooperative
presenti nella centrale di Gioia Tauro, con una
serie di implicazioni di carattere politico ben
evidenti per una relazione che vuole offrire uno
spaccato della realtà economica e della sua
incidenza nel sistema territoriale delle imprese
pubbliche e private e delle cooperative.
  L'inchiesta sul voto di scambio di per sé è
riduttiva, perché non affronta, nella sostanza, il
vero problema, che riguarda tutto e tutti. La
relazione, a pagina 57, dimentica
sostanzialmente il giudizio della Corte di
cassazione, la quale ha ordinato, per
insufficienza di indizi, la scarcerazione dei
politici implicati nel delitto Ligato. Non possono
non esservi questa osservazione e questa
precisazione: occorre recuperare il giudizio della
Cassazione, perché la relazione deve offrire un
quadro chiaro e leale dal punto di vista
istituzionale a proposito di quanto è accaduto in
occasione di quel grave delitto.
In sostanza, onorevoli colleghi, così com'è la
relazione, anostro avviso, non può essere votata. E'
necessario un
approfondimento su alcune, rilevanti questioni che
in essa non sono contenute. Bisogna recuperare il
quadro soprattutto delle imprese legate alla
'ndrangheta; bisogna recuperare il quadro della
ricchezza da essa acquisita in aree importanti
della realtà calabrese; bisogna recuperare il
quadro esatto della presenza e dello spessore
delle cosche calabresi; bisogna, in termini
politici, recuperare un quadro più chiaro ed
approfondito della realtà calabrese, sul quale il
giudizio dato è importante ma sommario e non
affronta i temi decisivi di questa realtà tragica
del nostro paese.
 GIROLAMO TRIPODI.  Ho già avuto modo di
sottolineare l'opportunità di un maggiore
approfondimento della relazione al nostro esame,
ed ora aggiungo che intendevo anche anticipare un
giudizio non positivo sulla relazione stessa.
Infatti, pur cogliendo le informazioni acquisite
nel corso della visita in Calabria, essa è
riduttiva sul complesso e sulla gravità della
situazione, sulla crescita del fenomeno mafioso e
sulle responsabilità che l'hanno favorito.
Inoltre, risulta carente dal punto di vista
dell'individuazione sia dei soggetti che hanno
collaborato all'estendersi del fenomeno e di
quelli che hanno consentito che esso si allargasse
sul territorio calabro sia di chi è tuttora
coinvolto nell'organizzazione della 'ndrangheta
calabrese.
Eppure, ricordo che in occasione della discussione
della relazione sulla Sicilia avevamo assunto l'impegno
di affrontare, in sede di discussione della
relazione sulla Calabria (ed anche sulle altre
regioni), più approfonditamente ed analiticamente
la situazione dell'organizzazione mafiosa.
Nonostante ciò, ripeto, questa relazione risulta
molto limitata; anzi, su molti aspetti vengono
espressi giudizi superficiali, non corrispondenti
alla realtà, alla storia, ai processi su cui la
mafia si è imposta e alle politiche che l'hanno
favorita.
  Non solo: credo che molti punti della relazione
avrebbero meritato un maggiore approfondimento
anche in considerazione della precedente
relazione, approvata dalla Commissione presieduta
dal senatore Chiaromonte, la quale denunciava,
nella provincia di Reggio Calabria in particolare,
una realtà di eccezionale gravità dal punto di
vista della presenza della mafia. Così è, infatti,
non soltanto perché la mafia è cresciuta a macchia
d'olio su tutto il territorio regionale ma anche
perché, nonostante i colpi che pure ha subito
negli ultimi tempi, ha alzato il
                         Pagina 2447
tiro della sua azione. Mi riferisco all'assassinio
del giudice Scopelliti e alla preparazione di una
serie di attentati sventati nei confronti dei magistrati
Cordova, Macrì e Pennisi; recentemente,
qualche settimana fa, è stato
sventato un attentato anche nei confronti del
giudice per le indagini preliminari, dottor Boemi.
  Un altro problema che nella relazione non è
opportunamente evidenziato è quello relativo alla
presenza della mafia intesa non solo come ferreo
controllo del territorio della Calabria in
generale ma soprattutto della provincia di Reggio
Calabria e di alcune zone del
catanzarese e del cosentino. Né viene
detta una parola per quanto riguarda l'ostacolo
rappresentato dalla mafia sia alla convivenza civile e al
funzionamento della democrazia e delle
istituzioni, sia allo sviluppo sociale ed
economico della regione: basti pensare, da questo
punto di vista, all'indice spaventoso di
disoccupazione, che in Calabria raggiunge il 30
per cento e che in alcune province, come quella di
Reggio Calabria, supera il 35, 36 per cento. Alla
presenza mafiosa è connesso, quindi, lo
smantellamento delle aziende soggette alle minacce
estorsive, agli attentati e allo strangolamento
della loro attività.
Nella relazione non è detto nulla a proposito del
cedimento dei settori pubblici e, in particolare,
della compromissione dell'ENEL, una vicenda,
quest'ultima, di cui abbiamo già discusso e che,
comunque, credo debba essere opportunamente
rivista considerandola come un cedimento di pezzi
dello Stato nei confronti della mafia.
  Non è molto chiaro neanche uno dei punti
centrali dell'analisi che dobbiamo svolgere, se
vogliamo veramente contribuire a liberare la
Calabria da questa morsa che la strangola. Mi
riferisco al rapporto tra mafia e politica, a
proposito del quale nella relazione vi è un solo
accenno, laddove si parla di sindaci e consiglieri
regionali eletti con il favore della mafia.
Invece, per quanto riguarda i rapporti con i
parlamentari, al di là di una affermazione che fa
riferimento ad ex parlamentari coinvolti
soprattutto nella vicenda di Reggio Calabria, non
si va oltre. Credo, invece, che un riferimento
specifico su questo aspetto dovrebbe esservi,
perché se ne è occupato il Parlamento e perché gli
indagati non sono soltanto l'onorevole Romeo del
partito socialdemocratico, che viene citato
indirettamente, ma anche altri personaggi
importanti, indipendentemente da come si è
pronunciata la Giunta per le autorizzazioni a
procedere della Camera: mi riferisco a Misasi, a
Principe e a Zito, per il quale l'autorizzazione a
procedere è stata concessa.
Dobbiamo quindi chiederci per quale ragione e con
quali contributi sia cresciuta la mafia in Calabria. E'
cresciuta per l'assenza dello Stato o perché,
invece, vi è stata una gestione del potere basata
sul clientelismo? E se sono stati per primi i
politici a ricercare la mafia, dobbiamo stare
attenti a non generalizzare, a non dire che ciò
vale sia per i partiti di maggioranza sia per
quelli di opposizione. Infatti, i primi sono
quelli che hanno la responsabilità, mentre i
secondi sono quelli che in molti casi hanno
pagato: potrei ricordare Giuseppe Valioti, un
dirigente comunista, segretario della sezione di
Rosarno; oppure Rocco Gatto o Francesco Vinci, di
Cittanova (mi limito a citare questi nomi).
Ripeto, generalizzare sarebbe offensivo ed
umiliante per coloro che hanno combattuto la
mafia: non è la stessa cosa.
Non sono d'accordo con l'affermazione secondo la
quale la mafia è cresciuta soltanto nei piccoli paesi.
Essa, infatti, si è sviluppata anche nelle grandi
città, come dimostra Reggio Calabria, dove tutto,
anche il più piccolo movimento è controllato dalla
mafia (e lo stesso accade in altre città).
Dunque, stando così le cose, non possiamo non
ricercare un
certo tipo di responsabilità. Anche per quanto
riguarda i consigli comunali disciolti, non
possiamo non approfondire il discorso, perché se è
vero che può essere risultato coinvolto anche
qualche elemento dell'opposizione, è altrettanto
vero che si è
                             Pagina 2448
trattato di elementi isolati, di schegge subito
espulse dal movimento politico che
rappresentavano.
  Per quanto riguarda i giudizi espressi nei
confronti di coloro che hanno combattuto la mafia,
constato che si parla di Murmura. Ebbene, non
voglio esprimere giudizi, ma credo sia veramente
esagerata l'affermazione...
PAOLO CABRAS,   Relatore . E' il sottosegretario
per l'interno che ha denunciato collusioni!
GIROLAMO TRIPODI.  Sì, ma a Vibo anche altri
l'hanno fatto. Nel vibonese con il nostro impegno
(è riportato) abbiamo contribuito ad individuare
un procuratore del tutto lassista, nonostante non
siano soltanto le serre di Vibo ad essere dominate
dalla mafia, ma tutta la zona di Tropea, di
Nicotera eccetera. A Vibo questo problema è emerso
grazie al nostro impegno, Murmura non ne ha mai fatto
parola. Comunque, volevo dire che la questione
Murmura è venuta fuori quando all'interno del suo
partito vi è stato uno scontro su chi doveva
prevalere a Vibo Valentia. Quindi, le questioni
devono essere guardate a fondo.
  Sia chiaro, non intendo addossare responsabilità
dirette a Murmura ma sottolineare soltanto che, a
mio parere, non può considerarsi il simbolo della
lotta alla mafia. Respingo completamente
un'asserzione di questo tipo, perché credo che non
sia assolutamente vera.
A pagina 47 della relazione si cerca di dare un
giudizio storico sul fenomeno mafioso, su come esso sia
nato e cresciuto in Calabria. Ebbene, al riguardo
ritengo che non si sia trattato di una reazione
all'assenza dello Stato, ma del prodotto del modo
in cui il potere pubblico è stato gestito in
Calabria, in particolare, e in altre zone del
Mezzogiorno; si è trattato di un modo
caratterizzato dal clientelismo, dal sottogoverno
e dal ricorso ad ogni forma perversa. Si è
trattato, in definitiva, di un sistema di potere
ormai condannato dalla storia. La mafia è il
frutto di quel sistema e oggi è passata da una
fase di supporto ad un ruolo di
comando e di potere che impone, anche ai politici
collegati o collusi, di mantenere i patti.
  Ci sono poi anche altre questioni. Per quanto
riguarda pagina 48, credo che si debba definire
meglio il tema degli appalti e dei subappalti,
cioè come sia avvenuto questo rapporto; sempre
nella stessa pagina si parla della collusione con
la politica ed è anche questo un punto che va
chiarito molto bene.
Altra questione che credo si debba riprendere è
quella che riguarda la realtà attuale. Il secondo
sequestro
che è avvenuto a Bovalino quest'anno e gli altri
sequestri, con tre calabresi morti, secondo quanto
ci ha detto il capo della polizia ...
 PAOLO CABRAS,   Relatore . I sequestri sono
finiti rispetto a dieci o quindici anni fa.
Bovalino è un fatto: purtroppo non sono state
trovate le persone, questa è la sconfitta umana e
politico-istituzionale. Ma il fenomeno dei
sequestri, per fortuna, è andato decrescendo e
questo è il dato politico da considerare!
 GIROLAMO TRIPODI.  Però c'è stata una ripresa.
 PAOLO CABRAS,   Relatore . Parla di ripresa
perché ce
n'è stato uno? Che vuol dire ripresa?
 GIROLAMO TRIPODI.  Non ce n'è stato uno ma due:
l'ex sindaco Zappia e Cartesano, il poveraccio che
è stato sequestrato la settimana scorsa.
  Vi è poi tutta una serie di questioni relative
all'amministrazione della giustizia. Sono stati
fatti, è vero, riferimenti nei confronti di alcuni
magistrati, però noi abbiamo anche raccolto e
continuiamo a raccogliere elementi di sofferenza
per il fatto che non vi sia un adeguamento
dell'amministrazione della giustizia alle esigenze
che si pongono. Non è stato riportato, ad esempio,
il giudizio espresso da alcune procure
circondariali nei confronti della procura
distrettuale di Catanzaro. Riguardo a questo, come
alla situazione
                             Pagina 2449
 complessiva degli uffici a Reggio Calabria ed
alle difficoltà che sono state incontrate, non è
stato detto nulla.
  Non si è, altresì, tenuto conto del fatto che il
consiglio regionale della Calabria è uno dei
pochissimi - qualcosa di analogo vi è in Sicilia -
nel quale mancano tre consiglieri regionali su
quaranta poiché sospesi per motivi di mafia. Anzi
uno, Palamara, è in prigione.
  Credevo, inoltre, dopo quanto abbiamo ascoltato,
che avrei trovato nella relazione un giudizio più
approfondito rispetto al comportamento tenuto
dall'allora ministro di grazia e giustizia quando
infieriva contro i giudici di Palmi: egli ha
commesso un errore, perché i fatti stavano in modo
diverso.
Ritengo, poi, che occorra indicare anche gli
obiettivi,
oltre a fare un'analisi e ad avanzare proposte,
per quanto riguarda l'adeguamento
dell'amministrazione della giustizia per poter
corrispondere alle esigenze della Calabria.
Manca qualcosa anche con riferimento ad alcune
province nelle quali è molto limitato l'intervento
relativo
alle indagini patrimoniali. Mentre, come sappiamo,
in quest'anno la provincia di Reggio Calabria ha
registrato sequestri di patrimoni di mafiosi per
importi superiori a mille miliardi, in altre
province sono stati compiuti interventi solo
marginali.
  Occorre insistere sul fatto che bisogna trovare
il modo per porre non solo la questione dello
scioglimento dei consigli comunali ma anche quella
delle responsabilità, dal momento che gli impegni
assunti a livello nazionale, sulla base di un
codice di autoregolamentazione, continuano ad
essere disattesi da quelle forze politiche che
tradizionalmente hanno mantenuto rapporti con le
organizzazioni criminali.
Una realtà che certo non ha determinato questa
situazione
ma che la favorisce è quella economico-sociale e
dunque qualche proposta va avanzata al riguardo,
sia in generale nei confronti del Mezzogiorno, sia
in particolare della Calabria, dove si registra il
più alto tasso di degrado economico-sociale. Non è
sicuramente con interventi in questo settore che
si può sconfiggere definitivamente la mafia,
poiché questa non è frutto dell'arretratezza; essa
nasce e cresce dove vi sono investimenti e non
sulla povertà (non ha alcun riscontro la teoria,
che qualcuno ancora sostiene, che la mafia cresca
sulla povertà). Tuttavia vanno aggiunte anche
considerazioni a questo riguardo.
  Ho fatto una serie di osservazioni e di rilievi
poiché ritengo che questa Commissione debba fare
per la Calabria quanto ha fatto per la Sicilia,
cioè debba mettere a nudo attraverso la relazione,
con impegni precisi, il processo che ha portato a
questa realtà allarmante e quindi debba evitare
genericità, non avere reticenze, essere puntuale.
E' questo che aspetta la popolazione calabrese, e
non soltanto essa.
Ecco perché riteniamo che non si tratti soltanto
di approvare qualche emendamento, ma che vi sia un
problema di diversità di impostazione. Oltre ad
una parte generale, consistente nel rendiconto di
quanto abbiamo sentito, deve esservi una parte
nella quale esprimiamo le nostre valutazioni, ed a
questo riguardo mi sono permesso di fare alcune
sottolineature. Dunque, la relazione va riscritta,
altrimenti non potrà avere l'approvazione del
gruppo di rifondazione comunista. La voti chi
vuole, ma noi non la voteremo, perché approvare
una simile relazione significa non raccogliere
quelle che sono in questo momento le ansie e le
attese delle popolazioni calabresi. Possiamo
affermare che è diminuito il numero dei morti
ammazzati, ma abbiamo anche rilevato che ciò è
avvenuto, come hanno dichiarato i giudici di
Reggio Calabria, perché vi è stata la famosa  pax
mafiosa che ha visto l'intervento di Cosa nostra e
anche di esponenti della mafia americana, sia
canadese sia statunitense.
  Dunque, stando così le cose, noi abbiamo il
dovere di dare la risposta che ho indicato. E'
meglio perdere qualche giorno ma predisporre una
relazione che sia di grande aiuto, altrimenti è
preferibile non farla affatto. Se poi la si vuole
votare così com'è ora, ognuno si assumerà le
proprie
Pagina 2450
responsabilità: per quanto ci riguarda, non la
condividiamo e quindi non l'approveremo.
 PRESIDENTE.  Desidero ricordare ai colleghi che
alle 20 dovremo interrompere i nostri lavori
poiché alle 20,10 al Senato avrà luogo la verifica
del numero legale e ci è stato espressamente
chiesto di sospendere nuovamente la seduta.
Abbiamo quindi a disposizione soltanto otto
minuti.
MASSIMO SCALIA.  Sarò veloce e conterrò il mio
intervento nel tempo a disposizione. Tuttavia, a proposito
dell'osservazione ora fatta dal presidente non
posso nascondere il mio disagio, tendente
all'irritazione, per il fatto di essere qui a
seguire i lavori della Commissione antimafia
mentre i miei colleghi stanno votando il decreto
sulla RAI. Ho posto molte volte la questione dei
gruppi minori.
PRESIDENTE.  Mi dicono che le votazioni sono
finite da tempo.
MASSIMO SCALIA.  Sì, sono finite mentre io stavo
telefonando per sapere se vi fossero.
PRESIDENTE.  Chiedo scusa: noi abbiamo sospeso la
seduta
 MASSIMO SCALIA.  Per il Senato ...
 PRESIDENTE.  No. Abbiamo sospeso la seduta e
quando l'abbiamo ripresa le votazioni alla Camera
erano già terminate.
MASSIMO SCALIA.  Giuro che da qui ho telefonato e
mi è stato detto che erano in corso votazioni. Ad ogni
modo, vorrei attirare l'attenzione del presidente
sul fatto che ogni tanto riuscire ad organizzare i
lavori della Commissione in modo che anche i
gruppi che hanno in essa un solo esponente (capita
che ve ne sia più d'uno) siano in grado di seguire
i lavori della Commissione sarebbe una
dimostrazione di attenzione.
PRESIDENTE.  E' giustissimo.
 MASSIMO SCALIA.  Sarò dunque veloce ed utilizzerò
i sei minuti che restano per esprimere un giudizio
non positivo su questa relazione, perché gli
elementi che pure vengono portati alla riflessione
non trovano, poi, una valutazione politica
adeguata.
  Gli elementi che vengono portati costituiscono,
se così possiamo dire, un caso del tutto analogo
al tema "Mafia e politica" che abbiamo trattato
nei suoi termini generali come prima sessione dei
lavori di questa Commissione. Però - il relatore
non se ne dolga - mi pare che il tutto venga
affrontato troppo  low profile , con affermazioni
molto blande, del tipo di quelle che si trovano,
ad esempio, a pagina 57: "D'altronde le grandi
imprese nazionali che trattavano a Roma con i
politici calabresi dimostravano conoscenze dei
meccanismi decisionali e supplivano alle note
carenze della pubblica amministrazione nel sud con
poteri sostitutivi in ogni genere di rapporto e
iniziativa nelle località di intervento". Se ben
capisco, è una sorta di giustificazione che suona
molto strana.
Ancora, a pagina 59 della relazione ...
 PAOLO CABRAS,   Relatore . C'è altro sulle aziende
pubbliche e private ...
MASSIMO SCALIA.  Però mi sembra un po'
depotenziato. PAOLO CABRAS,   Relatore . C'è
accusa di collusione,
conoscenza degli interessi ...
MASSIMO SCALIA.  Noto quello che non mi convince.
"Il confine fra corruzione affaristica e collusione
con la mafia è
difficile da tracciare: anche quando il contatto
non è diretto, l'amministratore disonesto in
quelle realtà ambientali non può non sapere ...":
anche in questo caso si va, per così dire, sul
timido. Questa è
                             Pagina 2451
la mia impressione, mentre ritengo che sulla base
di una serie di dati che vengono forniti, dal caso
Licandro all'omicidio Ligato, vi sarebbero tutti
gli elementi per costruire un atto di accusa molto
preciso per quanto riguarda il rapporto mafia-ceto
politico-affari.
  Credo che le conclusioni non siano all'altezza
delle osservazioni, dei dati e delle riflessioni,
che pure vengono riportati in modo abbastanza
piano.
  Vorrei inoltre richiamare l'attenzione della
Commissione e del relatore su altri due punti. Pur
essendo descritto, mi sembra sottovalutato il
fenomeno dell'abusivismo edilizio, che è una piaga
tipica della Calabria e che non si può mancare di
considerare come una delle forme dominanti di
riciclaggio del denaro accumulato con attività
criminali. Ebbene, esso, pur essendone segnalata
la presenza in molte delle province di cui si
analizza la situazione, non diviene oggetto di
riflessione rispetto alle iniziative che
potrebbero essere assunte. Ricordo che il prefetto
di Catanzaro, dopo aver chiesto l'intervento del
genio civile e militare per l'abbattimento degli
edifici abusivi in una trentina di comuni, aveva
cominciato a darne notizia ai sindaci, essendosi
le imprese defilate rispetto all'opera di
abbattimento per le minacce ricevute. Questo mi
sembra un fatto rilevante: vedo che da Vibo
Valentia, a Pizzo Calabro, a Crotone, a Catanzaro
non c'è...
 PAOLO CABRAS,   Relatore . Sono d'accordo con
questa osservazione. Questa lacuna può essere
colmata nelle conclusioni finali. L'argomento è
trattato nella parte analitica, ma non è riassunto
nelle conclusioni finali. Sono quindi d'accordo
con lei, onorevole Scalia.
 MASSIMO SCALIA.  Come hanno rilevato altri
colleghi (in una precedente seduta il collega
Olivo ha avuto modo di affermare cose che
condivido), vi è poi il problema della vicenda
ENEL e del cantiere di Gioia Tauro. Esso è stato
già oggetto...
 PAOLO CABRAS,   Relatore . C'è una relazione!
 MASSIMO SCALIA.  Stavo infatti dicendo che la
vicenda è stata già oggetto di indagini della
precedente Commissione antimafia. Non ritengo però
che l'episodio possa considerarsi esaurito ed anzi
formalizzo la richiesta, rivolgendomi al
presidente, che gli impegni assunti nella
Commissione precedente siano mantenuti. Si tratta
di riascoltare il presidente dell'ENEL, che è
stato peraltro riconfermato (come ho già detto in
altra seduta condivido le valutazioni negative
espresse su tale riconferma, avvenuta nella forma
che conosciamo). Poiché una nuova audizione del
presidente dell'ENEL era stata prevista dalla
precedente Commissione, avanzo formale richiesta
che ad essa si dia luogo.
PAOLO CABRAS, Relatore. Facciamo un  aggiornamento
sulla questione ENEL, ma come aspetto considerato
a parte, perché non abbiamo condotto un'indagine.
 MASSIMO SCALIA.  Infatti si tratta di
 un'iniziativa in più che richiedo.
  Se le modifiche, che non credo siano da poco, su
cui ho richiamato l'attenzione della Commissione e
del relatore saranno recepite adeguatamente,
questo determinerà un atteggiamento diverso da
quello che ho espresso...
GIROLAMO TRIPODI.  La relazione però su questa
questione
deve insistere. In questi giorni si è verificato
un fatto
grave: lo Stato, chi ha effettuato la nomina, non
ha tenuto conto di ciò che è avvenuto e del
giudizio che questa
Commissione aveva espresso nei confronti di
Viezzoli. PAOLO CABRAS,   Relatore . Perché si
dovrebbe
inserire il giudizio su Viezzoli in questa
relazione?
FRANCO FAUSTI.  Il collega sostiene che è colluso
con la mafia.
                             Pagina 2452
 MASSIMO SCALIA.  Come minimo ha condotto una
gestione discutibile, molto discutibile, tanto è
vero che è venuto in Commissione antimafia a
spiegare perché gli appalti erano stati dati in
quel modo che aveva prodotto l'intervento della
magistratura. Il procuratore della Repubblica
Cordova ci ha detto qualche giorno fa che entro
questo mese si aprirà il dibattimento su quei
fatti. Si tratta di elementi che dobbiamo
considerare nel valutare la situazione Calabria.
  Voglio solo ricordare che per le prime opere di
cantiere era già "volato" qualcosa pari ad oltre
300 miliardi, che non credo siano sotto il profilo
brutalmente quantitativo e materiale una somma
irrilevante rispetto ai flussi di denaro capaci di
attrarre il controllo che sul territorio esplica
la mafia calabrese o 'ndrangheta, se così la si
vuole chiamare.
PRESIDENTE.  Ricordo che la Commissione è
convocata per
domani venerdì 30 luglio, alle 8,30, per ascoltare
un collaboratore di giustizia.
  Il seguito della discussione della relazione
sulla Calabria è rinviato alla seduta di martedì 3
agosto, alle 15. La seduta termina alle 20.

 


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