Violante: seduta 55
|
Pagina 2437 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE indi DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS indice Comunicazioni del presidente: Violante Luciano, Presidente 2439 Discussione della relazione sulla Calabria: Violante Luciano, Presidente 2439, 2440 2444, 2445 2450, 2452 Cabras Paolo, Presidente, Relatore 2439 2440, 2444 2448, 2450, 2451 Brutti Massimo 2444, 2445 Calvi Maurizio 2445 Fausti Franco 2451 Frasca Salvatore 2444, 2445 Olivo Rosario 2445 Scalia Massimo 2450, 2451, 2452 Tripodi Girolamo 2444, 2445, 2446, 2448, 2451 Pagina 2438 Pagina 2439 La seduta comincia alle18. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Avverto i colleghi che proprio oggi il Governo ha approvato un decreto-legge riguardante la permanenza degli osservatori sulla dispersione scolastica nelle aree più esposte alla criminalità. Le regioni più interessate sono la Puglia, la Calabria, la Sicilia, la Sardegna e la Campania, mentre le aree metropolitane sono quelle di Milano, Roma e Torino. Per queste tre città il fenomeno della dispersione scolastica riguarda soprattutto l'immigrazione extracomunitaria. Delle altre regioni la Commissione aveva già avuto modo di occuparsi in connessione alla situazione scolastica della città di Palermo. Se i colleghi concordano, si può segnalare al ministro della pubblica istruzione il consenso della Commissione su questa iniziativa che fa seguito ad un dialogo che ha avuto i suoi frutti. Discussione della relazione sulla Calabria. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della relazione sulla Calabria. Il senatore Cabras ha facoltà di svolgere la relazione. PAOLO CABRAS, Relatore. Certamente i colleghi, ai quali la relazione è stata distribuita, avranno notato che essa riassume i risultati di due missioni effettuate da una delegazione della Commissione nella regione Calabria che hanno toccato tutte le province e le procure, compresi i distretti giudiziari non sedi di procura distrettuale antimafia. Nel corso di tali missioni sono stati ascoltati i rappresentanti della magistratura, delle istituzioni, delle forze dell'ordine ed è stato quindi acquisito un patrimonio molto vasto di conoscenze, di giudizi e di documentazione di cui la relazione dà conto. La prima parte è divisa in capitoli che esaminano la condizione della criminalità organizzata nelle varie province o nei vari centri visitati o di cui comunque siano state acquisite documentazioni e notizie; le ultime venti pagine contengono le considerazioni finali, che non solo rappresentano un consuntivo dell'esperienza svolta nel corso delle missioni ma più precisamente descrivono le caratteristiche generali della 'ndrangheta, i suoi rapporti con le istituzioni, con la politica, con l'economia, con la società, nonché le reazioni che le istituzioni hanno manifestato nell'ultimo periodo. PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS PRESIDENTE. Mi riferirò quindi non ai singoli capitoli, che sono una descrizione fenomenica delle varie situazioni locali, ma ad un giudizio d'insieme, che più interessa la Commissione. La 'ndrangheta è caratterizzata soprattutto dall'impianto "familistico": in genere si è sviluppata, attraverso il sistema delle cosche, intorno ad un nucleo familiare che poi si dilata e si arricchisce. Essa presenta una struttura caratteristica Pagina 2440 acomposizione orizzontale segnata da una grande frammentazione; da una parte è frutto di tradizioni, di storia civile, economica e sociale, dall'altra è un'emanazione della famiglia patriarcale di tipo contadino. Proprio per le caratteristiche che ho descritto tale struttura ha garantito un impianto ed un vitalismo locale della 'ndrangheta e della mafia e nello stesso tempo ha creato condizioni di impenetrabilità, favorendo quindi comportamenti di omertà, di garanzia di segretazione sulle azioni mafiose. E' vero che mentre sul mantenimento di questa struttura base tutti coloro che sono stati nostri interlocutori (magistrati e rappresentanti delle forze dell'ordine) concordano, però ci sono stati segnalati (e questo è il dato nuovo) alcuni sintomi di evoluzione verso forme di integrazione e di collaborazione fra le cosche. Queste forme di integrazione e di collaborazione prendono vita perché si opera in determinati settori della vita economica, per esempio nel mercato ittico. Accade dunque che anche cosche distanti fra loro possano cooperare al fine di rafforzare la presenza mafiosa nel mercato dell'approvvigionamento e della distribuzione del pesce. Sono state segnalate forme nuove di collaborazione ed interazione fra cosche calabresi e gruppi di mafia e di camorra. A parte le strategie comuni operative, non c'è dubbio che nel delitto Scopelliti la 'ndrangheta si sia avvalsa (cito questo punto della relazione perché mi sembra molto importante, dal momento che conforta quei segnali di evoluzione e di trasformazione della 'ndrangheta di cui parlavo prima) di un'associazione criminale con la mafia, che era interessata ad una forma di intimidazione per eliminare un magistrato che era relatore presso la prima sezione penale della Corte di cassazione, quella presieduta dal dottor Carnevale. In particolare Scopelliti era relatore per il maxiprocesso di Palermo. Questa era la famosa "ultima speranza" che la commissione di Cosa nostra aveva per sfuggire (grazie ad una sentenza della Cassazione che vanificasse, per vizi di forma e su questioni di legittimità, l'esito sfavorevole alle cosche e ai maggiori boss imputati nel maxiprocesso) ai rigori dei processi che si erano tenuti in primo e in secondo grado. In quel caso l'omicidio fu perpetrato con la garanzia di appoggio operativo e di concorso della 'ndrangheta ma è evidente che interessava principalmente Cosa nostra. Altri segnali, sui quali i magistrati stanno indagando, riguardano notizie di vertici mafiosi a livello regionale (ed è la prima volta che se ne ha notizia). PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE PAOLO CABRAS, Relatore . Certo, siamo lontanissimi dalla struttura piramidale della commissione di Palermo; tuttavia questi sono elementi che fanno pensare ad una grossa innovazione o al tentativo della 'ndrangheta di trasformarsi, di somigliare di più, anche se non totalmente, a Cosa nostra pur essendone ancora lontana per caratteristiche. Tutto questo è probabilmente dovuto ad una diversificazione o meglio ad una crescita degli obiettivi di imprenditoria criminale: la prevalenza netta del traffico di droga e di armi e della partecipazione ai grandi appalti pubblici, rispetto alle cosche che si limitavano ai sequestri di persona, evidentemente fa innalzare il livello, per così dire qualitativo, del tipo di criminalità. Questo nuovo livello comporta collaborazione, integrazioni, cooperazione con ambienti economici ed istituzionali, nonché la necessità di avere contatti che facciano uscire le cosche sempre più dal "bozzolo" localistico. Nel mettere insieme i dati relativi alle singole realtà locali si è avuta la sensazione che la localizzazione della 'ndrangheta sul territorio non sia più "a macchia di leopardo". Fino ad ora è prevalsa l'opinione, certo non presso coloro i quali hanno esperienza e consuetudine delle vicende calabresi, che per esempio Reggio e una parte della sua provincia fossero particolarmente segnate dalla presenza di Pagina 2441 cosche di boss mafiosi, del tipo Piromalli, De Stefano, i Condello di Reggio, in quartieri come quello di Archi. C'erano i luoghi simbolici della presenza della 'ndrangheta e a fronte di questi vi erano invece isole felici, zone, anche province in cui il fenomeno non si avvertiva; per esempio si diceva che a Catanzaro la mafia non esistesse o quasi, vi era qualcosa ai confini ma si trattava di fenomeni di importazione. Oggi tutto questo non si può dire; la mafia è cresciuta, si è diffusa, vi è una molteplicità di interessi e di obiettivi criminali economici che rende difficile fare una concessione a questa idea della diffusione "a macchia di leopardo". Le attività criminali sono quelle tradizionali: l'usura, l'estorsione, ma soprattutto i nuovi affari cui accennavo prima. Certo, la diffusione è anche un elemento di preoccupazione ed anche un segno della forza espansiva raggiunta dalla mafia, ma come sempre di crescita ci si può anche indebolire. L'espansione dell'organizzazione criminale è meno rassicurante della protezione del nucleo familiare e dell'impianto localistico, tant'è vero che per la prima volta nell'ultimo anno sono cominciati a venir fuori anche all'interno della 'ndrangheta i collaboratori di giustizia, i pentiti, fenomeno prima di fatto sconosciuto; oggi sappiamo che ci sono quattro-cinque collaboratori di giustizia, forse anche di più, che a Reggio e non solo a Reggio da mesi (alcuni da circa un anno) stanno parlando con i magistrati e facendo rivelazioni importanti. A fronte di questa crescita, dobbiamo esprimere un giudizio di inadeguatezza rispetto alla risposta complessiva a tale minaccia da parte delle istituzioni, delle forze dell'ordine, della magistratura. E' vero che c'era omertà, che c'era questo impianto localistico, e che la frammentazione rende più difficile un'azione di contrasto, ma è anche vero che le intimidazioni, le violenze, le estorsioni e gli omicidi sono reati che come tutti gli altri si consumano alla luce del sole. Si deve quindi dire che l'azione di prevenzione e di repressione è stata sicuramente insufficiente e inadeguata ed ha costituito una delle cause di un'espansione così inquietante, così minacciosa come quella che abbiamo dovuto registrare negli ultimi anni. In questo quadro si situa il problema dei rapporti tra la mafia e le istituzioni, tra la mafia e la politica, tra la mafia e l'ambiente, la società in cui i mafiosi operano. Vi è stato inoltre nel rapporto con la politica un cambiamento, che mi sono permesso di segnalare, anche nell'antropologia della classe politica. In Calabria - i colleghi autorevoli rappresentanti di quelle terre possono confermare o smentire questo mio giudizio - la classe politica, sia dei partiti che tradizionalmente indichiamo come forze di Governo sia di quelli di opposizione, nel dopoguerra era segnata dai notabili, da uomini influenti delle professioni (medici, avvocati, ex magistrati), da persone dell' establishment culturale e sociale che in qualche modo rappresentavano il vero ponte, il punto di riferimento di una regione la quale, al di là della sua situazione geografica, ha sempre vissuto - non occorre citare uomini di cultura, anche Alvaro ci aiuta a capire una Calabria molto più lontana - un senso di estraneità rispetto allo Stato centrale e unitario; in tutto questo i mediatori erano i notabili dei partiti di opposizione e di Governo. Tale classe politica nel tempo può aver mantenuto qualche figura di questo tipo ma, soprattutto a livello di governo locale (forse anche di rappresentanza nazionale), ha subìto qualche decremento di qualità. Molti politici sono sorti non tanto per questi meriti, per questa loro "emergenza" o rilevanza sociale; sono emersi affermandosi anzitutto come politici locali. Il vitalismo delle cosche ha incontrato la politica. In Calabria più che in altre regioni hanno contato maggiormente i piccoli e medi centri rispetto ai capoluoghi. Affermo in un passo della relazione che tali centri, da Gioia Tauro a Locri, hanno contato più dei capoluoghi di provincia e non vi è dubbio che in quei centri per il suo Pagina 2442 impianto e per la sua struttura la mafia aveva più spessore, più influenza, più capacità di contatto e comunicazione, per cui probabilmente ha maggiormente condizionato per questa via la vita politica. Ciò si è verificato attraverso manifestazioni che sono poi quelle tradizionali. Vi è anche stata in Calabria qualche inchiesta non conclusa sul cosiddetto voto di scambio. Non considero il reperimento di materiale elettorale in casa di mafiosi una prova; è però sicuramente un segno di attenzione della mafia al fatto politico, al fatto elettorale. Se noti boss , noti esponenti della mafia si interessano attivamente alle elezioni, è quanto meno un segnale di allarme, un'indicazione; non è sicuramente una prova, né di per sé un simbolo di collusione con il candidato o con i candidati. Mi sembra più evidente che l'interesse per gli appalti, le forniture ed i servizi pone la mafia maggiormente a contatto con le rappresentanze amministrative a livello locale. Non dimentichiamo che una delle ultime mattanze della mafia in provincia di Reggio, a ridosso delle elezioni amministrative del 1990, riguardò alcuni esponenti delle amministrazioni locali - da Villa San Giovanni ad altri comuni - interessando vicesindaci, sindaci, ex sindaci, consiglieri comunali o candidati. Questi episodi volevano dire cose diverse: probabilmente alcuni erano oggetto di vendetta perché si erano rifiutati di cedere alla volontà della mafia e di collaborare, altri erano collusi, altri non avevano risposto alle attese. Vi è dunque, per quel po' che si è potuto sapere, una gamma di diverse situazioni locali. Sull'altro elemento la Commissione ha già discusso: è quello dei consigli comunali disciolti. Non mi ripeto - ne accenno soltanto nella relazione - perché abbiamo dedicato in particolare durante il nostro viaggio un'attenzione specifica alle amministrazioni comunali disciolte. Se andiamo a ricercare nei decreti di scioglimento le motivazioni - che tutti i colleghi conoscono benissimo e ricordano - troviamo l'indicazione non solo di collusione, di influenza mafiosa nelle scelte politico- amministrative, ma anche di capicosche o boss locali che sono presenti - molte volte direttamente, altre indirettamente - nei consigli comunali disciolti: dall'influenza di Giampà a Lamezia, per citarne uno, a presenze purtroppo più evidenti in altre realtà comunali. Questo dimostra la pervasività delle cosche nella vita pubblica ed istituzionale, pervasività che è propria anche della vita sociale a dimostrazione del fatto che è difficile trovare istituzioni inquinate ed invece un ambiente sociale, economico, imprenditoriale, un establishment immuni da contatti o da contagi mafiosi; è difficile che questo si possa verificare. Infatti, troviamo nell'economia, nelle professioni, anche nello stesso snodo del rapporto tra massoneria, affari e alcuni esponenti della criminalità organizzata, la conferma di questo percorso della mafia all'interno della società: società politica, ma non solo, istituzioni, ma non solo, politica, ma non solo, politica, economia ed anche ambiente. D'altra parte, che alcune logge coperte, occulte - di questo ha parlato anche il giudice Cordova in questa Commissione - siano diventate anche in Calabria, ma non solo in Calabria, luogo di incontro o sede opportuna di mediazione, di comunicazioni per affaristi, mafiosi, amministratori politici e funzionari è un fatto non nuovo. Ripeto: non riguarda solo la Calabria, l'abbiamo visto anche in Sicilia. Abbiamo ritrovato questi elementi anche nelle notizie finora raccolte su tale punto. Credo debba essere sottolineata l'esigenza generale di chiarire il ruolo di associazioni che per il carattere di segretezza, per la scarsa trasparenza si prestano a costituire nelle regioni a rischio - ma non soltanto, se pensiamo che inchieste della magistratura hanno denunciato presenze di mafiosi a Milano e in Piemonte, per cui non è una prerogativa, un'esclusiva di certe regioni - un allarme, senza voler demonizzare nessuno, o colpevolizzare una libera associazione come Pagina 2443 quella massonica. Ma un allarme in questo senso, per l'uso strumentale che se ne può dare, credo che vada sottolineato. Vi è poi in linea generale il discorso cui accennavo all'inizio del rafforzamento della mafia. Ne parliamo analiticamente con riferimento a Catanzaro; l'ho voluto richiamare anche nelle considerazioni finali perché mi sembra un dato macroscopico. A Catanzaro, recentemente, dopo la nostra missione, vi sono state 240 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di affiliati a cosche mafiose per reati che vanno dall'usura, all'estorsione, al traffico di stupefacenti e di armi, quindi tutta la gamma del crimine tradizionale mafioso calabrese, ordinanze che a Catanzaro e nel suo circondario hanno portato ad un'operazione massiccia. Tutto questo non meraviglia i commissari che si sono recati in quella regione, ma dimostra che è sempre necessario esercitare questa vigilanza, fare queste denunce. Ricordo che qualche giorno prima del blitz mi è capitato di andare a Catanzaro per partecipare ad un dibattito in consiglio comunale, invitato dal sindaco, dai rappresentanti di tutte le forze politiche, con la partecipazione di studiosi eminenti, di magistrati e dell'avvocato generale della procura di Catanzaro. In questa occasione avevo lanciato in particolare su Catanzaro un allarme e mi ero reso conto di un certo scetticismo, di un certo avvertimento di un'enfasi eccessiva da parte mia. Dopo qualche giorno mi hanno telefonato chiedendomi se io fossi stato a conoscenza del blitz . Non che io ne sapessi qualcosa - poiché appartiene ad altre competenze - ma non mi sono meravigliato di quel risultato, perché la situazione è questa, non è quella che si vuol dipingere, non è quella delle compartimentazioni (per cui si afferma che quella è una provincia mafiosa, quell'altra no, che in quel caso si è trattato di un incidente); no, questa diffusione esiste. Tutte le persone incriminate sono sottoposte a custodia cautelare; si tratta di un'operazione omogenea sia pure rispetto a reati diversi. La magistratura, praticamente, attraverso l'uso di collaboranti, è arrivata a delineare una nuova mappa delle cosche; qualcuno era in qualche misura già schedato, altri invece sono stati scoperti attraverso l'indagine giudiziaria e la collaborazione dei pentiti. E' soprattutto rilevante l'entità dei reati: si tratta di reati associativi gravissimi, compreso l'omicidio ed altre forme di violenza alle persone fisiche; sono tutti oggetti che riguardano il tipo più violento di profitto mafioso, quello legato alla droga e al traffico d'armi. Bisogna anche osservare che oggi c'è una vitalità diversa e migliore nelle istituzioni, con particolare riferimento alla magistratura: finalmente si fanno le indagini. Non sempre e non dovunque, però; nelle varie situazioni locali abbiamo anche registrato insufficienze, inadeguatezze, inerzie, errori e torpori, tuttavia complessivamente, credo anche grazie all'istituzione della procura distrettuale antimafia, riscontriamo ed apprezziamo oggi una particolare vitalità ed un diverso spirito di iniziativa rispetto alle visite che abbiamo compiuto nella passata legislatura. Il quadro dal punto di vista della risposta istituzionale è dunque migliore, come è migliore la consapevolezza che abbiamo trovato anche nella classe politica. Penso agli esponenti di tutte le forze politiche che abbiamo ascoltato nella regione Calabria e che, nel confronto con la nostra Commissione, hanno dimostrato una consapevolezza che in passato - non solo in Calabria ma dappertutto - non si riscontrava. Ecco un altro elemento da registrare positivamente. C'è una presa di posizione di forze sociali, culturali e religiose, c'è una mobilitazione della Chiesa, del mondo del volontariato, ci sono fermenti, partecipazione attiva, mobilitazione, che sono segnali - anche questi, se non nuovissimi, nuovi e comunque diversi e più frequenti che nel passato - che lasciano ben sperare. Oltre ai rappresentanti delle regioni, abbiamo ascoltato i sindaci della piana di Pagina 2444 Sibari ed in loro abbiamo riscontrato una grande consapevolezza del problema, sia pure con qualche differenza di tono, di accento e di sensibilità fra l'uno e l'altro. Tale consapevolezza l'abbiamo notata, in sostanza, anche nelle diramazioni periferiche delle istituzioni, in zone che sono inquinate o che sono oggetto di una offensiva, di una penetrazione, di una presenza che vengono descritte analiticamente nella relazione. Anche se il quadro rimane allarmante, inquietante e tale da non poterci esimere dal prendere atto dei progressi compiuti dalla criminalità mafiosa, dobbiamo tuttavia rilevare che non mancano segnali che possono indurre a quella ragionevole speranza che è fondata non sulle illusioni ma sulla certezza che è stata imboccata l'unica strada giusta, che è quella che le istituzioni facciano tutte il loro dovere, che ci sia corresponsabilità di tutti, che ci sia mobilitazione della società, che ci sia a tutti i livelli la consapevolezza della sfida che la mafia rappresenta per una economia povera, oggi battuta e segnata da una disoccupazione preoccupante, da una crisi economica che nel sud - ed in Calabria in modo particolare - fa pagare altissimi prezzi di sofferenza ai cittadini. Liberarsi dalla mafia significa quindi liberarsi anche da alcuni vincoli oggettivi che sono stati posti agli investimenti, allo sviluppo turistico, alla crescita non solo civile ma anche economica. Siccome però questa esigenza mi sembra che oggi sia diffusa nella sensibilità della gente di Calabria, la indico come fatto positivo; e rispetto a tanto nero che purtroppo c'è nel bilancio che dobbiamo stilare, credo che questi elementi in prospettiva non possano essere sottovalutati. SALVATORE FRASCA. Come mozione d'ordine, faccio presente che al Senato stanno per svolgersi votazioni qualificate sul documento programmatico del Governo e che si pongono problemi di numero legale. Comunque, poiché credo che la relazione del collega Cabras vada approfondita, ritengo che il dibattito non possa concludersi questa sera ma vada continuato la prossima settimana. PRESIDENTE. Ricordo che la prossima settimana è piena di lavoro. Sareste d'accordo a riunirci lunedì alle 18? SALVATORE FRASCA. Sarebbe meglio martedì alle 21; la seduta potrebbe allora protrarsi senza la preoccupazione di essere chiamati per garantire il numero legale nelle Assemblee. MASSIMO BRUTTI. Martedì abbiamo una riunione di gruppo alle 21. PRESIDENTE. Martedì è prevista la discussione della relazione sulla Puglia: potremmo continuare ad effusionem sanguinis... SALVATORE FRASCA. Possiamo fare allora mercoledì alle 20 alle 21. PRESIDENTE. Per quanto riguarda le votazioni al Senato, mi comunicano che non cominceranno prima delle 20; potremmo quindi proseguire nella discussione. Anche perché non so se il relatore Cabras sarà disponibile la prossima settimana. PAOLO CABRAS, Relatore . Sono disponibile lunedì e martedì mattina e nel primo pomeriggio. PRESIDENTE. Martedì alle 16 abbiamo all'ordine del giorno la relazione sulla Puglia. Potremmo anticipare la seduta alle 15, però con l'impegno di proseguire alle 20 se non abbiamo finito per le 16, quando cominceremo a discutere la relazione sulla Puglia. GIROLAMO TRIPODI. Sono d'accordo con la proposta di non concludere questa sera la discussione sulla Calabria, perché c'è l'esigenza di consentire non soltanto un approfondimento della relazione che riguarda una regione ad alto rischio, ma anche la presentazione di emendamenti al testo proposto dal relatore. Credo che non si possano trarre ora le conclusioni, ma Pagina 2445 saranno necessarie delle modifiche: anzi, per quanto mi riguarda, preannuncio che proporrò alcune modifiche sostanziali alla relazione. PRESIDENTE. Colleghi, nessuno si sottrae alla discussione della relazione e di eventuali proposte di modificazione. Dobbiamo però trovare il momento iniziale e il momento conclusivo. La richiesta che ho avanzato è, nell'ipotesi che non si termini la discussione sulla Calabria martedì nella prima parte del pomeriggio, di riprenderla alle 20 dopo i lavori d'aula e di portarla a conclusione. Siccome il relatore ha degli impegni successivamente, e bisogna rispettare gli impegni di tutti, vediamo se è possibile chiudere martedì sera. ROSARIO OLIVO. Possiamo andare avanti ad oltranza sulla Calabria, spostando la relazione sulla Puglia alle 20. MASSIMO BRUTTI. Quindi forse è bene prevedere che eventuali emendamenti giungano prima. PRESIDENTE. E' chiaro che chi deve presentare emendamenti, lo farà martedì. Non possiamo prevedere un'altra seduta per la presentazione degli emendamenti. GIROLAMO TRIPODI. Propongo comunque di utilizzare una parte della giornata di oggi per svolgere alcuni interventi. SALVATORE FRASCA. Concordo con questa proposta. PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane stabilito che la discussione riprenderà, dopo la seduta odierna, martedì 3 agosto alle ore 15, con l'impegno a concludere nella serata del medesimo giorno. (Così rimane stabilito). Siccome siamo nell'imminenza di una votazione al Senato, sospendo brevemente la seduta. La seduta, sospesa alle 18,55, è ripresa alle 19,20. PRESIDENTE. Riprendiamo la discussione. MAURIZIO CALVI. La relazione sulla Calabria, con tutti gli approfondimenti rispetto a quella predisposta nel corso della X legislatura, con le analisi, i dati, le conoscenze, i segni tangibili delle novità emerse lungo i percorsi delle audizioni, rappresenta un utile punto di riferimento e di attacco alla realtà calabrese e quindi può anche precostituire un contributo essenziale per un'ulteriore valutazione che non può ovviamente fermarsi qui, in quanto non possiamo affidare alle conclusioni della relazione il definitivo giudizio su una realtà tragica, molto più grave rispetto a quella che emerge dalla relazione stessa. Essa, infatti, tralascia aspetti decisivi per capire e comprendere fino in fondo la vera natura della realtà criminale calabrese che, come dicevo, è più grave di quella che emerge dai dati offerti. La relazione "galleggia" su una polveriera sociale, politica, istituzionale, economica e criminale senza precedenti nella storia pur tragica della regione. Infatti, non affronta il problema delle imprese mafiose, soprattutto nei settori edilizio e commerciale; non affronta il problema dell'acquisizione da parte della 'ndrangheta di importanti spaccati dell'economia calabrese che via via si consolida sempre più nelle sue mani, condizionando così la vita politica, istituzionale ed economica di intere aree geografiche della Calabria; non affronta in profondità il problema dei sequestri, che è rimasto in superficie, sospeso, con evidenti implicazioni per l'ordine e la sicurezza della terra calabrese e con altrettanto evidenti implicazioni sul piano dell'economia di questa terra martoriata da continui sequestri. Sul piano dell'azione abbiamo visto sempre di più svanire nel tempo quel nucleo antisequestri che era stato l'epicentro del sequestro Casella, con una serie di implicazioni per l'ordine e la sicurezza della Calabria. Pagina 2446 La relazione affronta solo in superficie la realtà delle cosche calabresi, che è molto più estesa e diffusa sull'intero territorio, della quale, quindi, non si comprende l'effettivo peso. Tra gli aspetti specifici affrontati non vi sono, ad esempio, riferimenti alle imprese presenti nella vita pubblica ed economica della regione, né alle imprese cooperative. A pagina 53 della relazione sono elencate soltanto le imprese pubbliche e private e non le cooperative, come la CMC, capofila per il centro direzionale di Reggio Calabria. Non sono elencate le cooperative presenti nella centrale di Gioia Tauro, con una serie di implicazioni di carattere politico ben evidenti per una relazione che vuole offrire uno spaccato della realtà economica e della sua incidenza nel sistema territoriale delle imprese pubbliche e private e delle cooperative. L'inchiesta sul voto di scambio di per sé è riduttiva, perché non affronta, nella sostanza, il vero problema, che riguarda tutto e tutti. La relazione, a pagina 57, dimentica sostanzialmente il giudizio della Corte di cassazione, la quale ha ordinato, per insufficienza di indizi, la scarcerazione dei politici implicati nel delitto Ligato. Non possono non esservi questa osservazione e questa precisazione: occorre recuperare il giudizio della Cassazione, perché la relazione deve offrire un quadro chiaro e leale dal punto di vista istituzionale a proposito di quanto è accaduto in occasione di quel grave delitto. In sostanza, onorevoli colleghi, così com'è la relazione, anostro avviso, non può essere votata. E' necessario un approfondimento su alcune, rilevanti questioni che in essa non sono contenute. Bisogna recuperare il quadro soprattutto delle imprese legate alla 'ndrangheta; bisogna recuperare il quadro della ricchezza da essa acquisita in aree importanti della realtà calabrese; bisogna recuperare il quadro esatto della presenza e dello spessore delle cosche calabresi; bisogna, in termini politici, recuperare un quadro più chiaro ed approfondito della realtà calabrese, sul quale il giudizio dato è importante ma sommario e non affronta i temi decisivi di questa realtà tragica del nostro paese. GIROLAMO TRIPODI. Ho già avuto modo di sottolineare l'opportunità di un maggiore approfondimento della relazione al nostro esame, ed ora aggiungo che intendevo anche anticipare un giudizio non positivo sulla relazione stessa. Infatti, pur cogliendo le informazioni acquisite nel corso della visita in Calabria, essa è riduttiva sul complesso e sulla gravità della situazione, sulla crescita del fenomeno mafioso e sulle responsabilità che l'hanno favorito. Inoltre, risulta carente dal punto di vista dell'individuazione sia dei soggetti che hanno collaborato all'estendersi del fenomeno e di quelli che hanno consentito che esso si allargasse sul territorio calabro sia di chi è tuttora coinvolto nell'organizzazione della 'ndrangheta calabrese. Eppure, ricordo che in occasione della discussione della relazione sulla Sicilia avevamo assunto l'impegno di affrontare, in sede di discussione della relazione sulla Calabria (ed anche sulle altre regioni), più approfonditamente ed analiticamente la situazione dell'organizzazione mafiosa. Nonostante ciò, ripeto, questa relazione risulta molto limitata; anzi, su molti aspetti vengono espressi giudizi superficiali, non corrispondenti alla realtà, alla storia, ai processi su cui la mafia si è imposta e alle politiche che l'hanno favorita. Non solo: credo che molti punti della relazione avrebbero meritato un maggiore approfondimento anche in considerazione della precedente relazione, approvata dalla Commissione presieduta dal senatore Chiaromonte, la quale denunciava, nella provincia di Reggio Calabria in particolare, una realtà di eccezionale gravità dal punto di vista della presenza della mafia. Così è, infatti, non soltanto perché la mafia è cresciuta a macchia d'olio su tutto il territorio regionale ma anche perché, nonostante i colpi che pure ha subito negli ultimi tempi, ha alzato il Pagina 2447 tiro della sua azione. Mi riferisco all'assassinio del giudice Scopelliti e alla preparazione di una serie di attentati sventati nei confronti dei magistrati Cordova, Macrì e Pennisi; recentemente, qualche settimana fa, è stato sventato un attentato anche nei confronti del giudice per le indagini preliminari, dottor Boemi. Un altro problema che nella relazione non è opportunamente evidenziato è quello relativo alla presenza della mafia intesa non solo come ferreo controllo del territorio della Calabria in generale ma soprattutto della provincia di Reggio Calabria e di alcune zone del catanzarese e del cosentino. Né viene detta una parola per quanto riguarda l'ostacolo rappresentato dalla mafia sia alla convivenza civile e al funzionamento della democrazia e delle istituzioni, sia allo sviluppo sociale ed economico della regione: basti pensare, da questo punto di vista, all'indice spaventoso di disoccupazione, che in Calabria raggiunge il 30 per cento e che in alcune province, come quella di Reggio Calabria, supera il 35, 36 per cento. Alla presenza mafiosa è connesso, quindi, lo smantellamento delle aziende soggette alle minacce estorsive, agli attentati e allo strangolamento della loro attività. Nella relazione non è detto nulla a proposito del cedimento dei settori pubblici e, in particolare, della compromissione dell'ENEL, una vicenda, quest'ultima, di cui abbiamo già discusso e che, comunque, credo debba essere opportunamente rivista considerandola come un cedimento di pezzi dello Stato nei confronti della mafia. Non è molto chiaro neanche uno dei punti centrali dell'analisi che dobbiamo svolgere, se vogliamo veramente contribuire a liberare la Calabria da questa morsa che la strangola. Mi riferisco al rapporto tra mafia e politica, a proposito del quale nella relazione vi è un solo accenno, laddove si parla di sindaci e consiglieri regionali eletti con il favore della mafia. Invece, per quanto riguarda i rapporti con i parlamentari, al di là di una affermazione che fa riferimento ad ex parlamentari coinvolti soprattutto nella vicenda di Reggio Calabria, non si va oltre. Credo, invece, che un riferimento specifico su questo aspetto dovrebbe esservi, perché se ne è occupato il Parlamento e perché gli indagati non sono soltanto l'onorevole Romeo del partito socialdemocratico, che viene citato indirettamente, ma anche altri personaggi importanti, indipendentemente da come si è pronunciata la Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera: mi riferisco a Misasi, a Principe e a Zito, per il quale l'autorizzazione a procedere è stata concessa. Dobbiamo quindi chiederci per quale ragione e con quali contributi sia cresciuta la mafia in Calabria. E' cresciuta per l'assenza dello Stato o perché, invece, vi è stata una gestione del potere basata sul clientelismo? E se sono stati per primi i politici a ricercare la mafia, dobbiamo stare attenti a non generalizzare, a non dire che ciò vale sia per i partiti di maggioranza sia per quelli di opposizione. Infatti, i primi sono quelli che hanno la responsabilità, mentre i secondi sono quelli che in molti casi hanno pagato: potrei ricordare Giuseppe Valioti, un dirigente comunista, segretario della sezione di Rosarno; oppure Rocco Gatto o Francesco Vinci, di Cittanova (mi limito a citare questi nomi). Ripeto, generalizzare sarebbe offensivo ed umiliante per coloro che hanno combattuto la mafia: non è la stessa cosa. Non sono d'accordo con l'affermazione secondo la quale la mafia è cresciuta soltanto nei piccoli paesi. Essa, infatti, si è sviluppata anche nelle grandi città, come dimostra Reggio Calabria, dove tutto, anche il più piccolo movimento è controllato dalla mafia (e lo stesso accade in altre città). Dunque, stando così le cose, non possiamo non ricercare un certo tipo di responsabilità. Anche per quanto riguarda i consigli comunali disciolti, non possiamo non approfondire il discorso, perché se è vero che può essere risultato coinvolto anche qualche elemento dell'opposizione, è altrettanto vero che si è Pagina 2448 trattato di elementi isolati, di schegge subito espulse dal movimento politico che rappresentavano. Per quanto riguarda i giudizi espressi nei confronti di coloro che hanno combattuto la mafia, constato che si parla di Murmura. Ebbene, non voglio esprimere giudizi, ma credo sia veramente esagerata l'affermazione... PAOLO CABRAS, Relatore . E' il sottosegretario per l'interno che ha denunciato collusioni! GIROLAMO TRIPODI. Sì, ma a Vibo anche altri l'hanno fatto. Nel vibonese con il nostro impegno (è riportato) abbiamo contribuito ad individuare un procuratore del tutto lassista, nonostante non siano soltanto le serre di Vibo ad essere dominate dalla mafia, ma tutta la zona di Tropea, di Nicotera eccetera. A Vibo questo problema è emerso grazie al nostro impegno, Murmura non ne ha mai fatto parola. Comunque, volevo dire che la questione Murmura è venuta fuori quando all'interno del suo partito vi è stato uno scontro su chi doveva prevalere a Vibo Valentia. Quindi, le questioni devono essere guardate a fondo. Sia chiaro, non intendo addossare responsabilità dirette a Murmura ma sottolineare soltanto che, a mio parere, non può considerarsi il simbolo della lotta alla mafia. Respingo completamente un'asserzione di questo tipo, perché credo che non sia assolutamente vera. A pagina 47 della relazione si cerca di dare un giudizio storico sul fenomeno mafioso, su come esso sia nato e cresciuto in Calabria. Ebbene, al riguardo ritengo che non si sia trattato di una reazione all'assenza dello Stato, ma del prodotto del modo in cui il potere pubblico è stato gestito in Calabria, in particolare, e in altre zone del Mezzogiorno; si è trattato di un modo caratterizzato dal clientelismo, dal sottogoverno e dal ricorso ad ogni forma perversa. Si è trattato, in definitiva, di un sistema di potere ormai condannato dalla storia. La mafia è il frutto di quel sistema e oggi è passata da una fase di supporto ad un ruolo di comando e di potere che impone, anche ai politici collegati o collusi, di mantenere i patti. Ci sono poi anche altre questioni. Per quanto riguarda pagina 48, credo che si debba definire meglio il tema degli appalti e dei subappalti, cioè come sia avvenuto questo rapporto; sempre nella stessa pagina si parla della collusione con la politica ed è anche questo un punto che va chiarito molto bene. Altra questione che credo si debba riprendere è quella che riguarda la realtà attuale. Il secondo sequestro che è avvenuto a Bovalino quest'anno e gli altri sequestri, con tre calabresi morti, secondo quanto ci ha detto il capo della polizia ... PAOLO CABRAS, Relatore . I sequestri sono finiti rispetto a dieci o quindici anni fa. Bovalino è un fatto: purtroppo non sono state trovate le persone, questa è la sconfitta umana e politico-istituzionale. Ma il fenomeno dei sequestri, per fortuna, è andato decrescendo e questo è il dato politico da considerare! GIROLAMO TRIPODI. Però c'è stata una ripresa. PAOLO CABRAS, Relatore . Parla di ripresa perché ce n'è stato uno? Che vuol dire ripresa? GIROLAMO TRIPODI. Non ce n'è stato uno ma due: l'ex sindaco Zappia e Cartesano, il poveraccio che è stato sequestrato la settimana scorsa. Vi è poi tutta una serie di questioni relative all'amministrazione della giustizia. Sono stati fatti, è vero, riferimenti nei confronti di alcuni magistrati, però noi abbiamo anche raccolto e continuiamo a raccogliere elementi di sofferenza per il fatto che non vi sia un adeguamento dell'amministrazione della giustizia alle esigenze che si pongono. Non è stato riportato, ad esempio, il giudizio espresso da alcune procure circondariali nei confronti della procura distrettuale di Catanzaro. Riguardo a questo, come alla situazione Pagina 2449 complessiva degli uffici a Reggio Calabria ed alle difficoltà che sono state incontrate, non è stato detto nulla. Non si è, altresì, tenuto conto del fatto che il consiglio regionale della Calabria è uno dei pochissimi - qualcosa di analogo vi è in Sicilia - nel quale mancano tre consiglieri regionali su quaranta poiché sospesi per motivi di mafia. Anzi uno, Palamara, è in prigione. Credevo, inoltre, dopo quanto abbiamo ascoltato, che avrei trovato nella relazione un giudizio più approfondito rispetto al comportamento tenuto dall'allora ministro di grazia e giustizia quando infieriva contro i giudici di Palmi: egli ha commesso un errore, perché i fatti stavano in modo diverso. Ritengo, poi, che occorra indicare anche gli obiettivi, oltre a fare un'analisi e ad avanzare proposte, per quanto riguarda l'adeguamento dell'amministrazione della giustizia per poter corrispondere alle esigenze della Calabria. Manca qualcosa anche con riferimento ad alcune province nelle quali è molto limitato l'intervento relativo alle indagini patrimoniali. Mentre, come sappiamo, in quest'anno la provincia di Reggio Calabria ha registrato sequestri di patrimoni di mafiosi per importi superiori a mille miliardi, in altre province sono stati compiuti interventi solo marginali. Occorre insistere sul fatto che bisogna trovare il modo per porre non solo la questione dello scioglimento dei consigli comunali ma anche quella delle responsabilità, dal momento che gli impegni assunti a livello nazionale, sulla base di un codice di autoregolamentazione, continuano ad essere disattesi da quelle forze politiche che tradizionalmente hanno mantenuto rapporti con le organizzazioni criminali. Una realtà che certo non ha determinato questa situazione ma che la favorisce è quella economico-sociale e dunque qualche proposta va avanzata al riguardo, sia in generale nei confronti del Mezzogiorno, sia in particolare della Calabria, dove si registra il più alto tasso di degrado economico-sociale. Non è sicuramente con interventi in questo settore che si può sconfiggere definitivamente la mafia, poiché questa non è frutto dell'arretratezza; essa nasce e cresce dove vi sono investimenti e non sulla povertà (non ha alcun riscontro la teoria, che qualcuno ancora sostiene, che la mafia cresca sulla povertà). Tuttavia vanno aggiunte anche considerazioni a questo riguardo. Ho fatto una serie di osservazioni e di rilievi poiché ritengo che questa Commissione debba fare per la Calabria quanto ha fatto per la Sicilia, cioè debba mettere a nudo attraverso la relazione, con impegni precisi, il processo che ha portato a questa realtà allarmante e quindi debba evitare genericità, non avere reticenze, essere puntuale. E' questo che aspetta la popolazione calabrese, e non soltanto essa. Ecco perché riteniamo che non si tratti soltanto di approvare qualche emendamento, ma che vi sia un problema di diversità di impostazione. Oltre ad una parte generale, consistente nel rendiconto di quanto abbiamo sentito, deve esservi una parte nella quale esprimiamo le nostre valutazioni, ed a questo riguardo mi sono permesso di fare alcune sottolineature. Dunque, la relazione va riscritta, altrimenti non potrà avere l'approvazione del gruppo di rifondazione comunista. La voti chi vuole, ma noi non la voteremo, perché approvare una simile relazione significa non raccogliere quelle che sono in questo momento le ansie e le attese delle popolazioni calabresi. Possiamo affermare che è diminuito il numero dei morti ammazzati, ma abbiamo anche rilevato che ciò è avvenuto, come hanno dichiarato i giudici di Reggio Calabria, perché vi è stata la famosa pax mafiosa che ha visto l'intervento di Cosa nostra e anche di esponenti della mafia americana, sia canadese sia statunitense. Dunque, stando così le cose, noi abbiamo il dovere di dare la risposta che ho indicato. E' meglio perdere qualche giorno ma predisporre una relazione che sia di grande aiuto, altrimenti è preferibile non farla affatto. Se poi la si vuole votare così com'è ora, ognuno si assumerà le proprie Pagina 2450 responsabilità: per quanto ci riguarda, non la condividiamo e quindi non l'approveremo. PRESIDENTE. Desidero ricordare ai colleghi che alle 20 dovremo interrompere i nostri lavori poiché alle 20,10 al Senato avrà luogo la verifica del numero legale e ci è stato espressamente chiesto di sospendere nuovamente la seduta. Abbiamo quindi a disposizione soltanto otto minuti. MASSIMO SCALIA. Sarò veloce e conterrò il mio intervento nel tempo a disposizione. Tuttavia, a proposito dell'osservazione ora fatta dal presidente non posso nascondere il mio disagio, tendente all'irritazione, per il fatto di essere qui a seguire i lavori della Commissione antimafia mentre i miei colleghi stanno votando il decreto sulla RAI. Ho posto molte volte la questione dei gruppi minori. PRESIDENTE. Mi dicono che le votazioni sono finite da tempo. MASSIMO SCALIA. Sì, sono finite mentre io stavo telefonando per sapere se vi fossero. PRESIDENTE. Chiedo scusa: noi abbiamo sospeso la seduta MASSIMO SCALIA. Per il Senato ... PRESIDENTE. No. Abbiamo sospeso la seduta e quando l'abbiamo ripresa le votazioni alla Camera erano già terminate. MASSIMO SCALIA. Giuro che da qui ho telefonato e mi è stato detto che erano in corso votazioni. Ad ogni modo, vorrei attirare l'attenzione del presidente sul fatto che ogni tanto riuscire ad organizzare i lavori della Commissione in modo che anche i gruppi che hanno in essa un solo esponente (capita che ve ne sia più d'uno) siano in grado di seguire i lavori della Commissione sarebbe una dimostrazione di attenzione. PRESIDENTE. E' giustissimo. MASSIMO SCALIA. Sarò dunque veloce ed utilizzerò i sei minuti che restano per esprimere un giudizio non positivo su questa relazione, perché gli elementi che pure vengono portati alla riflessione non trovano, poi, una valutazione politica adeguata. Gli elementi che vengono portati costituiscono, se così possiamo dire, un caso del tutto analogo al tema "Mafia e politica" che abbiamo trattato nei suoi termini generali come prima sessione dei lavori di questa Commissione. Però - il relatore non se ne dolga - mi pare che il tutto venga affrontato troppo low profile , con affermazioni molto blande, del tipo di quelle che si trovano, ad esempio, a pagina 57: "D'altronde le grandi imprese nazionali che trattavano a Roma con i politici calabresi dimostravano conoscenze dei meccanismi decisionali e supplivano alle note carenze della pubblica amministrazione nel sud con poteri sostitutivi in ogni genere di rapporto e iniziativa nelle località di intervento". Se ben capisco, è una sorta di giustificazione che suona molto strana. Ancora, a pagina 59 della relazione ... PAOLO CABRAS, Relatore . C'è altro sulle aziende pubbliche e private ... MASSIMO SCALIA. Però mi sembra un po' depotenziato. PAOLO CABRAS, Relatore . C'è accusa di collusione, conoscenza degli interessi ... MASSIMO SCALIA. Noto quello che non mi convince. "Il confine fra corruzione affaristica e collusione con la mafia è difficile da tracciare: anche quando il contatto non è diretto, l'amministratore disonesto in quelle realtà ambientali non può non sapere ...": anche in questo caso si va, per così dire, sul timido. Questa è Pagina 2451 la mia impressione, mentre ritengo che sulla base di una serie di dati che vengono forniti, dal caso Licandro all'omicidio Ligato, vi sarebbero tutti gli elementi per costruire un atto di accusa molto preciso per quanto riguarda il rapporto mafia-ceto politico-affari. Credo che le conclusioni non siano all'altezza delle osservazioni, dei dati e delle riflessioni, che pure vengono riportati in modo abbastanza piano. Vorrei inoltre richiamare l'attenzione della Commissione e del relatore su altri due punti. Pur essendo descritto, mi sembra sottovalutato il fenomeno dell'abusivismo edilizio, che è una piaga tipica della Calabria e che non si può mancare di considerare come una delle forme dominanti di riciclaggio del denaro accumulato con attività criminali. Ebbene, esso, pur essendone segnalata la presenza in molte delle province di cui si analizza la situazione, non diviene oggetto di riflessione rispetto alle iniziative che potrebbero essere assunte. Ricordo che il prefetto di Catanzaro, dopo aver chiesto l'intervento del genio civile e militare per l'abbattimento degli edifici abusivi in una trentina di comuni, aveva cominciato a darne notizia ai sindaci, essendosi le imprese defilate rispetto all'opera di abbattimento per le minacce ricevute. Questo mi sembra un fatto rilevante: vedo che da Vibo Valentia, a Pizzo Calabro, a Crotone, a Catanzaro non c'è... PAOLO CABRAS, Relatore . Sono d'accordo con questa osservazione. Questa lacuna può essere colmata nelle conclusioni finali. L'argomento è trattato nella parte analitica, ma non è riassunto nelle conclusioni finali. Sono quindi d'accordo con lei, onorevole Scalia. MASSIMO SCALIA. Come hanno rilevato altri colleghi (in una precedente seduta il collega Olivo ha avuto modo di affermare cose che condivido), vi è poi il problema della vicenda ENEL e del cantiere di Gioia Tauro. Esso è stato già oggetto... PAOLO CABRAS, Relatore . C'è una relazione! MASSIMO SCALIA. Stavo infatti dicendo che la vicenda è stata già oggetto di indagini della precedente Commissione antimafia. Non ritengo però che l'episodio possa considerarsi esaurito ed anzi formalizzo la richiesta, rivolgendomi al presidente, che gli impegni assunti nella Commissione precedente siano mantenuti. Si tratta di riascoltare il presidente dell'ENEL, che è stato peraltro riconfermato (come ho già detto in altra seduta condivido le valutazioni negative espresse su tale riconferma, avvenuta nella forma che conosciamo). Poiché una nuova audizione del presidente dell'ENEL era stata prevista dalla precedente Commissione, avanzo formale richiesta che ad essa si dia luogo. PAOLO CABRAS, Relatore. Facciamo un aggiornamento sulla questione ENEL, ma come aspetto considerato a parte, perché non abbiamo condotto un'indagine. MASSIMO SCALIA. Infatti si tratta di un'iniziativa in più che richiedo. Se le modifiche, che non credo siano da poco, su cui ho richiamato l'attenzione della Commissione e del relatore saranno recepite adeguatamente, questo determinerà un atteggiamento diverso da quello che ho espresso... GIROLAMO TRIPODI. La relazione però su questa questione deve insistere. In questi giorni si è verificato un fatto grave: lo Stato, chi ha effettuato la nomina, non ha tenuto conto di ciò che è avvenuto e del giudizio che questa Commissione aveva espresso nei confronti di Viezzoli. PAOLO CABRAS, Relatore . Perché si dovrebbe inserire il giudizio su Viezzoli in questa relazione? FRANCO FAUSTI. Il collega sostiene che è colluso con la mafia. Pagina 2452 MASSIMO SCALIA. Come minimo ha condotto una gestione discutibile, molto discutibile, tanto è vero che è venuto in Commissione antimafia a spiegare perché gli appalti erano stati dati in quel modo che aveva prodotto l'intervento della magistratura. Il procuratore della Repubblica Cordova ci ha detto qualche giorno fa che entro questo mese si aprirà il dibattimento su quei fatti. Si tratta di elementi che dobbiamo considerare nel valutare la situazione Calabria. Voglio solo ricordare che per le prime opere di cantiere era già "volato" qualcosa pari ad oltre 300 miliardi, che non credo siano sotto il profilo brutalmente quantitativo e materiale una somma irrilevante rispetto ai flussi di denaro capaci di attrarre il controllo che sul territorio esplica la mafia calabrese o 'ndrangheta, se così la si vuole chiamare. PRESIDENTE. Ricordo che la Commissione è convocata per domani venerdì 30 luglio, alle 8,30, per ascoltare un collaboratore di giustizia. Il seguito della discussione della relazione sulla Calabria è rinviato alla seduta di martedì 3 agosto, alle 15. La seduta termina alle 20. |
[ Precedente ] [ Copertina ] [ Indice ] [ Successiva ] |