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Violante: seduta 56

Violante: seduta 56
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                    Pagina 2453
AUDIZIONE DEL COLLABORATORE DI GIUSTIZIA SALVATORE ANNACONDIA
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                    indice
Audizione del collaboratore di giustizia Salvatore
Annacondia :
Violante Luciano, Presidente        2455, 2456, 2457
2458, 2459, 2460, 2461, 2462, 2463, 2464, 2465, 2466
2467, 2468, 2469, 2470, 2471, 2472, 2473, 2474, 2475
2476, 2477, 2478, 2479, 2480, 2481, 2482, 2483, 2484
2485, 2486, 2487, 2488, 2489, 2490, 2491, 2492, 2493
2494, 2495, 2496, 2497, 2498, 2499, 2500, 2501, 2502
2503, 2504, 2505, 2506, 2507, 2508, 2509, 2510, 2511
2512, 2513, 2514, 2515, 2516, 2517, 2518, 2519, 2520
2521, 2522, 2523, 2524, 2525, 2526, 2527, 2528, 2529
2530, 2531, 2532, 2533, 2534, 2535, 2536, 2538, 2542
2543, 2544, 2545
Annacondia Salvatore      2455, 2456, 2457, 2458,
2459, 2460, 2461, 2462, 2463, 2464, 2465, 2466, 2467
2468, 2469, 2470, 2471, 2472, 2473, 2474, 2475, 2476
2477, 2478, 2479, 2480, 2481, 2482, 2483, 2484, 2485
2486, 2487, 2488, 2489, 2490, 2491, 2492, 2493, 2494
2495, 2496, 2497, 2498, 2499, 2500, 2501, 2502, 2503
2504, 2505, 2506, 2507, 2508, 2509, 2510, 2511, 2512
2513, 2514, 2515, 2516, 2517, 2518, 2519, 2520, 2521
2522, 2523, 2524, 2525, 2526, 2527, 2528, 2529, 2530
2531, 2532, 2533, 2534, 2535, 2536, 2537, 2538, 2539
2540  2541, 2542, 2543, 2544
Bargone Antonio                     2530, 2531, 2532
Brutti Massimo          2534, 2539, 2540, 2541, 2542
Cabras Paolo      2480, 2481, 2482, 2483, 2487, 2506
                                          2507, 2511
Cafarelli Francesco           2488, 2532, 2533, 2534
                                          2535, 2536
Fausti Franco                       2537, 2538, 2539
Galasso Alfredo               2479, 2507, 2536, 2537
Imposimato Ferdinando                     2513, 2517
Matteoli Altero         2476, 2478, 2482, 2484, 2492
Taradash Marco    2460, 2462, 2463, 2482, 2491, 2492
                         2494, 2496 2514, 2515, 2518
Pagina 2454
Pagina 2455
La seduta comincia alle 10,20.
( La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente) .
Audizione del collaboratore
di giustizia Salvatore Annacondia.
PRESIDENTE.
Signor Annacondia, lei è davanti alla
Commissione parlamentare antimafia che intende porle
alcune domande sull'organizzazione criminale di cui
lei ha fatto parte. Una prima serie di domande le
sarà posta da me, mentre una seconda tornata
direttamente dai commissari. Innanzitutto le
chiediamo di dire come si chiama, quando è nato, che
scuole ha frequentato e che lavoro ha svolto; mi
riferisco al lavoro lecito, se ne ha svolto uno.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Mi chiamo Annacondia
Salvatore, sono nato a Trani il 31 ottobre 1957.
Titolo di studio è la terza media.
 PRESIDENTE.  Ha svolto qualche attività lavorativa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, commerciante.
 PRESIDENTE.  In che cosa?
SALVATORE ANNACONDIA.  Di abbigliamento, di accessori
vari, sanitari, ceramiche.
Le parti sostituite dalla parola OMISSIS sono
state segretate con delibera della Commissione del 3
agosto 1993.
PRESIDENTE.  Quando è entrato a far parte della
criminalità organizzata pugliese?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sono entrato a far parte della
vita tra il 1974 e il 1975.
 PRESIDENTE.  Quando ha detto che è nato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Nel 1957.
 PRESIDENTE.  Quindi, a 17-18 anni?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  In Puglia oppure in altri posti?
SALVATORE ANNACONDIA.  Emigrai dalla Puglia a Milano.
PRESIDENTE.  Andò dalla Puglia a Milano?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Nel 1976 ero già a Milano.
PRESIDENTE.  E come entrò? Aveva già contatti con la
criminalità quando andò a Milano?
 SALVATORE ANNACONDIA.  I contatti con la
criminalità
erano amici locali che si erano già trasferiti anni
prima a Milano.
 PRESIDENTE.  Quindi, lei prese contatto con questi
suoi amici a Milano?
                              Pagina 2456
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Può spiegare come avvenne poi la sua
lenta
salita nel mondo criminale?
 SALVATORE ANNACONDIA.  I primi anni di vita nel
mondo, nell'ambiente, si svolsero intorno al 1976
quando andai a Milano e conoscevo degli amici miei di
Trani, che da molti anni erano già emigrati a Milano.
I primi anni della mia vita si sono svolti su a
Milano quando andavamo a rubare sui treni davanti ai
semafori, nelle ferrovie.
 PRESIDENTE.  Può spiegare cosa vuol dire che
rubavate sui treni?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Aspettavamo davanti ai
semafori. Quando passavano i treni merci e si
fermavano al semaforo rosso noi tagliavamo il blindo,
aprivamo e scaricavamo la merce che stava. Questo
fatto durò per un annetto, alcuni anni; e la testa
iniziava a capire di più, perché vivendo al nord non
è come vivere al sud, si imparano tante cose. Questo
per dirle che la vita che si può svolgere su al nord,
a Milano, non si poteva svolgere al sud. Si inizia a
conoscere il fior della vita, conoscendo locali notturni;
iniziando a frequentare altri ambienti si insegnano
tante cose. Perché quello che noi non avevamo al sud
l'abbiamo capito su al nord, abbiamo intrapreso la
loro mentalità, diciamo dell'ambiente vero della
malavita. Questo abbiamo portato al sud poi.
PRESIDENTE.  Quindi, a Milano lei è entrato in
contatto
con una mentalità criminale più organizzata, più
dinamica. Questo vuol dire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, perché i piccoli
ladruncoli
che eravamo al paese, vivendo su al nord, abbiamo
potuto capire cos'era stare sul marciapiede.
PRESIDENTE.  Cosa intende per "stare sul
marciapiede"? SALVATORE ANNACONDIA.  Stare sul
marciapiede sarebbe la
strada.
 PRESIDENTE.  A Milano è entrato in contatto con
qualche criminale o con qualche organizzazione
criminale particolarmente importante?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In quegli anni iniziammo a
conoscere qualcuno, poi me ne tornai giù al paese
dove, nel
1978, fui arrestato per la prima volta. Uscii dal
carcere con gli obblighi della sorveglianza. La mia
vita è iniziata nel 1981, 1980-1981, quando ci
inserimmo proprio in un altro ambiente, facemmo il
primo salto di qualità. Si fondò a Trani una
cooperativa per ex detenuti ed iniziammo, tramite
un'altra persona - di cui non posso fare il nome
perché coperto da segreto istruttorio per le indagini
in corso - ad avere prime esperienze, come appalti...
 PRESIDENTE.  Andiamo con ordine. Lei stava a Milano
ed io prima le ho chiesto se era entrato in contatto
con qualche organizzazione criminale o con qualche
criminale importante.
SALVATORE ANNACONDIA.  Guardi, signor presidente,
all'epoca - come le ho detto - eravamo giovani,
conoscevamo tanta gente ma noi avevamo la testa a
modo nostro. Cercavamo di opzionare proprio le loro
idee e di questo noi abbiamo portato tutto giù.
 PRESIDENTE.  Ho capito, però può rispondere con
precisione alla domanda? Lei ha conosciuto a Milano
una organizzazione criminale particolare o dei
criminali importanti particolari?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Chi sono?
SALVATORE ANNACONDIA.  Questi li ho conosciuti negli
anni successivi.
PRESIDENTE.  Ho capito, dopo.
                              Pagina 2457
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, perché in quegli anni si
conoscevano tante persone, ma eravamo dei giovanotti.
Potevamo solo servire.
PRESIDENTE.  Adesso ho capito. Poi lei è tornato giù.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  Giù è stato arrestato. Per che cosa?
SALVATORE ANNACONDIA.  La prima volta fui arrestato
per furto.
PRESIDENTE.  Poi uscì e si inserì in questa
cooperativa di ex detenuti.
 SALVATORE ANNACONDIA.  La costituimmo proprio
questa cooperativa per ex detenuti.
 PRESIDENTE.  Che attività lavorativa svolgeva
questa cooperativa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Si occupava di parcheggi,
pulizie in pretura, una serie di tipi di appalti. Nel
1981 ci fu
un' escalation  particolare ed iniziammo a prendere
il controllo del territorio.
PRESIDENTE.  Quando parla di "territorio", a quale
zona si riferisce?
SALVATORE ANNACONDIA.  Iniziammo con Trani. Poi, pian
piano, cominciammo ad avere altre conoscenze, altre
persone... PRESIDENTE.  Perché parla del 1981? Cosa
segna questa
data?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il 1981 è l'anno in cui per
la prima volta facemmo un tentato omicidio. La
situazione è andata avanti per tutto il 1981 ed il
1982 ed il nostro capo non dico che fu decimato, ma
si allontanò per paura delle nostre menti: oramai, lo
avevamo superato.
 PRESIDENTE.  All'epoca, chi era il vostro capo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Chiamiamolo capo... Era un
tale Nicola Delisanti, un grosso cervellone
nell'imprenditoria. Poi è accaduto che nel 1983 fui
arrestato per omicidio, tentato omicidio e porto
abusivo di armi. Questo ha segnato la mia scalata ai
vertici.
 PRESIDENTE.  Ciò perché si trattò di un delitto
importante?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Era un delitto importante,
molto importante, perché questo ragazzo aveva una
fama...
PRESIDENTE.  Si riferisce alla persona che fu uccisa?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Aveva una fama di grande
picchiatore. Dopo questo omicidio, ampliai le mie
amicizie nelle carceri, all'epoca in cui si è
cominciata a costituire la vera malavita in Puglia,
negli anni ottanta, nel 1983...
PRESIDENTE.  Quindi, la vera malavita in Puglia si
costituisce nei primi anni ottanta.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Può spiegare le caratteristiche della
criminalità pugliese?
 SALVATORE ANNACONDIA.  La malavita pugliese è
abbastanza pericolosa ed è molto più avanzata delle
altre perché ha assorbito tutte le mentalità, sia
della mafia siciliana sia della 'ndrangheta calabrese
sia, infine, della camorra campana. La Puglia era un
campo aperto a tutti. In tutti gli anni di
frequentazione con queste persone abbiamo assorbito
la loro mentalità e si è iniziata a costituire la
Sacra corona unita.
 PRESIDENTE.  Lei ne ha fatto parte?
                              Pagina 2458
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non ho fatto parte della
Sacra corona unita perché noi eravamo in un altro
territorio e non abbiamo aderito...
PRESIDENTE.  In quale parte della Puglia si muoveva
la Sacra corona unita?
SALVATORE ANNACONDIA.  La Sacra corona è stata
fondata a Lecce.
 PRESIDENTE.  Voi, invece, eravate a Trani.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, eravamo nel nord-barese.
PRESIDENTE.  Quando lei parla di "noi", a chi si
riferisce?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Quando parlo di "noi", mi
riferisco a me ed al mio gruppo.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
 Quindi, voi non aderiste alla Sacra corona unita.
SALVATORE ANNACONDIA.  Nel 1984 non aderimmo alla
Sacra
corona unita perché bisognava vedere un po' le
caratteristiche di questa associazione, di questa
fondazione. La Sacra corona unita si costituì a
livello regionale. All'epoca, nei primi anni, non era
altro che una famiglia, anche se abbastanza ampia.
Nel 1986 iniziarono le rotture nella Sacra corona
unita, che allargò il suo territorio anche su tutto
Brindisi, paese nativo di Pino Rogoli.
PRESIDENTE.  Rogoli era del brindisino, di Mesagne.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, di Mesagne. Ci fu una
grossa
rottura. Fu trovato un documento di Pino Rogoli a
Porto Azzurro nel quale egli dichiarava di aver
fondato questa famiglia per contrastare i napoletani.
In realtà, si iniziò
per il contrasto tra queste famiglie...
PRESIDENTE.  In realtà...?
SALVATORE ANNACONDIA.  Si fondò la Sacra corona
unita, che fu data dalla Calabria, dalla 'ndrangheta, per
le idee di Pino Rogoli che voleva contrastare i
napoletani; in realtà, non era per contrastare i
napoletani, ma per fondare una nuova generazione. Ciò
significava avere la santizzazione di questa
famiglia.
 PRESIDENTE.  Cosa vuol dire "santizzazione"?
SALVATORE ANNACONDIA.  Per dare il nome "Sacra corona
unita" significa che all'epoca in Puglia non vi erano
capintesta. Noi l'abbiamo ottenuta... L'hanno
ottenuta attraverso la Calabria perché il padre della
Sacra corona unita era Umberto Bellocco, grande
'ndranghetista, uno dei capi decimi della
'ndrangheta.
PRESIDENTE.  Cosa fece questo Bellocco?
SALVATORE ANNACONDIA.  Dette le regole della Sacra
corona unita.
 PRESIDENTE.  Può spiegarci meglio questo aspetto?
Se non abbiamo capito male, la santizzazione si ha
quando un'organizzazione più importante ne legittima
un'altra.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, quando legittima un'altra
organizzazione. Ci vogliono almeno dieci persone che
siano capi, che abbiano il capo decima, ossia un
sestino.
PRESIDENTE.  Chi è il sestino?
 SALVATORE ANNACONDIA.  E' il massimo del grado. Il
settimo grado è il massimo. Per dare un grado del
genere come capo decima, ci vogliono dieci famiglie
che si debbono riunire.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
                              Pagina 2459
 SALVATORE ANNACONDIA.  Queste dieci famiglie a
quell'epoca non c'erano in Puglia. Quindi, tutto è
stato dato dalla Calabria. Adesso in Puglia si può
formare un capo decima.
PRESIDENTE.  Lei ha detto che all'epoca non vi erano
in
Puglia le dieci famiglie che avrebbero potuto creare
questa struttura, per cui Bellocco, dalla Calabria,
autorizzò...
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, lui ha dato tutte le
regole
alla Sacra corona unita.
PRESIDENTE.  Quali sono le regole ed i gradi della
Sacra corona unita?
SALVATORE ANNACONDIA.  Il primo grado è il picciotto;
dopo il picciotto, viene il camorrista; dopo il
camorrista, lo sgarrista; dopo lo sgarrista, vengono
il santista, il vangelo epoi il sestino. Dopo il
sestino, viene il capo mandamentale,
il settimo grado. Dal primo al secondo grado si è
picciotti o camorristi. Lo sgarrista ha una piccola
zona, che può innalzare sotto la sua responsabilità.
Il santista è un capo zona, un capofamiglia. Di
seguito viene il vangelo, come il crimine, tutte cose
che rappresentano un gruppo...
PRESIDENTE.  Il vangelo è un gruppo grande?
 SALVATORE ANNACONDIA.  E' un capo zona, è un capo
famiglia, più alto del santista.
 PRESIDENTE.  Dopo il vangelo viene il sestino?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  E poi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Poi viene il capo
mandamentale. PRESIDENTE.  Da quanto tempo esistono
questi gradi? SALVATORE ANNACONDIA.  Sono centinaia
d'anni che esistono
queste cose.
 PRESIDENTE.  Si riferisce alla Calabria?
SALVATORE ANNACONDIA.  Tutto questo è stato fondato
molti anni fa, centinaia di anni fa.
PRESIDENTE.  Questi gradi li avete acquisiti dalla
Calabria, dalla 'ndrangheta?
SALVATORE ANNACONDIA.  La Sacra corona unita è stata
fondata dalla Calabria.
PRESIDENTE.  Lei ha detto che ciò è accaduto nei
primi anni ottanta. Poiché dice che risalgono a
centinaia di anni fa...?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, le regole.
PRESIDENTE.  Le regole calabresi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Le regole sono uguali per tutti
non è che i calabresi abbiano un'altra regola.
Nell'innalzamento può comunque cambiare qualche cosa.
PRESIDENTE.  Le regole sono più o meno comuni a
tutti, se  ho ben capito.
 Lei che grado ha rivestito in questa
organizzazione?
SALVATORE ANNACONDIA.  Ho il grado di
santista perché non
ne ho voluti prendere altri perché, per me, prendere
il massimo dei gradi non era un problema; in qualsiasi
momento lo volevo...
 PRESIDENTE.  Perché lei aveva un certo peso?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
                              Pagina 2460
 PRESIDENTE.  Per quanto tempo ha rivestito il grado
di santista? Finché non è stato arrestato ed ha
deciso di collaborare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il grado di santista non lo
può togliere nessuno. Si può togliere fino allo
sgarrista. Per togliere il grado di santista sono le
ceneri sparse al vento e non si possono raccogliere
queste ceneri.
 PRESIDENTE.  Ci spieghi bene.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Le spiego. Dal primo al
terzo grado, per buttare giù uno di questi gradi,
basta dargli tre colpi di coltello dietro la schiena
ed è stato buttato giù. Ma, iniziando a parlare del
santista, fa parte degli incappucciati: quando viene
innalzato il santista viene bruciata l'immagine sacra
e l'immagine sacra viene messa sulla stella visibile
e invisibile. Per buttare giù un santista bisogna
raccogliere le ceneri che vengono sparse al vento e
non si possono raccogliere. Allora, si deve solo
ammazzare. Dal santista che sgarra, che si macchia di
infamità, si può solo ammazzare ma non buttare a
terra, perché non si possono raccogliere le ceneri.
PRESIDENTE.  E' chiaro. Cos'è questa stella visibile
e invisibile?
SALVATORE ANNACONDIA.  La stella visibile e
invisibile fa parte... Io la porto sul dito pollice,
qualcuno la porta sulla fronte.
PRESIDENTE.  E' un tatuaggio?
SALVATORE ANNACONDIA.  Si può fare il tatuaggio o
il taglio di lametta, di arma bianca. Allora si chiama
la stella visibile e invisibile, perché fa parte già
degli incappucciati.
PRESIDENTE.  Ho capito. Lei in che anni ha preso
questi gradi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  I primi gradi li presi nel
1981; ho ricoperto il ruolo di santista già nel 1989,
ma mi era
stato richiesto di essere innalzato da grosse
famiglie, ma non come santista: qualunque grado che
volevo mi era concesso, perché ero una persona molto
richiesta.
MARCO TARADASH.  Perché ha rifiutato?
PRESIDENTE.  L'onorevole Taradash chiede perché lei
abbia rifiutato.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non ho rifiutato, non si può
rifiutare. Purtroppo avere un grado del genere, poi
bisogna dare conto al tuo padrino. Non è che io non
volevo dare conto a     nessuno; ho dato sempre
conto a chi di dovere. Purtroppo,
una volta che uno viene... Perché io non è che avevo
bisogno di ottenere un grado di santista, o di
vangelo, o di crimine, perché ero già un capofamiglia
da me stesso.
 PRESIDENTE.  Crimine è sopra vangelo?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, perché il vangelo è il
quinto.
PRESIDENTE.  Crimine o sestino è la stessa cosa?
SALVATORE ANNACONDIA.  E' la stessa cosa; c'è chi lo
interpreta in quel modo, chi nell'altro.
PRESIDENTE.  Lei stava rispondendo all'onorevole
Taradash
del perché avesse rifiutato.
  SALVATORE ANNACONDIA.  Non avevo rifiutato:
                             rimandavo,
più che altro.
PRESIDENTE.  Perché rimandava? Per non dare conto?
SALVATORE ANNACONDIA.  No. A prescindere dal non dare
conto, problemi
                              Pagina 2461
ce n'erano sempre, perché quando si deve innalzare un
grado del genere, c'è che vengono informate altre
famiglie, viene passata per novità, bisogna passarla
per novità. C'erano
sempre dei problemi, eravamo negli anni 1986-1987-
1985, stavo agli arresti domiciliari; sono stati anni
cruenti nella malavita del nord barese, sono stati
anni di fuoco. Nel 1989 poi ho dovuto prendere questo
grado qua perché c'era bisogno per forza.
 PRESIDENTE.  Che vuol dire per forza?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In che senso, presidente?
Che le strade che stavo percorrendo erano già
abbastanza forti. Per il momento non posso fare il
nome del mio nuovo padrino e degli altri della
commissione, perché coperti da segreto.
PRESIDENTE.  Li ha già fatti alla magistratura?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, già fatti.
          PRESIDENTE.  Per capirci, si tratta di mafia, di
                              camorra,
di 'ndrangheta?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Si tratta di mafia.
 PRESIDENTE.  Mafia siciliana?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Mafia e 'ndrangheta. A parlare
                                 di
mafia e 'ndrangheta, uno può pensare: come mai?
PRESIDENTE.  Infatti.
 SALVATORE ANNACONDIA.  A questo non posso
rispondere per il momento, signor presidente, perché
ci sono indagini in corso che purtroppo...
 PRESIDENTE.  A noi non interessano le questioni
specifiche. Se si tratta di Rizzi, non c'è segreto.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sono altri.
         PRESIDENTE.  A noi interessa il meccanismo. I nomi
specifici interessano la magistratura.
  Come mai insieme mafia e 'ndrangheta?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Vi spiego. Già dal 1987-
1988, anzi 1987, avevo soggiornante vicino al mio
paese un grande 'ndranghetista. Dopo le nostre
frequentazioni, dopo le nostre società nel traffico
delle sigarette e di stupefacenti, mi chiese se ero
compiacente ad essere innalzato da lui ad un grado
molto superiore (avevo la seconda). Ma, all'epoca,
non mi interessava; avevo un mio gruppo abbastanza
forte.
  Fui pregato da questa persona di essere innalzato
da lui; tramite questo grande 'ndranghetista conobbi
uno dei maggiori esponenti della 'ndrangheta, giù a
Reggio. Questa persona dovette mettere a conoscenza
di questa sua volontà, che all'epoca mi voleva
innalzare. Fui promesso a Domenico Tegano, come grado
importantissimo che mi veniva concesso da lui.
PRESIDENTE.  Cosa vuol dire "fui promesso a Domenico
Tegano"?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono le promesse, si
                              chiamano
così. Viene promesso a tizio. Nel 1989...
 PRESIDENTE.  Chi è questo Tegano?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Domenico Tegano. E' morto
d'infarto.
PRESIDENTE.  Faceva parte di quell'organizzazione?
SALVATORE ANNACONDIA.  Lui ha ricoperto tutta la
guerra
per quanto riguarda Paolo De Stefano. PRESIDENTE.
Era della 'ndrangheta?
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 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Già nel 1986 in una
riunione, ad una cena che si tenne una sera fui
invitato e come arrivai fui presentato a determinate
persone e conobbi per la prima volta Michele Rizzi.
 PRESIDENTE.  La cena era in Puglia o a Milano?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In Puglia, a Trani. Mi
voleva conoscere. Stetti ospite loro e mi
presentarono una persona, che mi fu presentato come
zio Nino. In seguito con questa persona, dopo il
secondo pranzo, perché la prima fu una cena e poi ci
fu un pranzo, la conobbi come Nitto Santapaola, che
prese una grande simpatia nei miei confronti. Ecco
perché, presidente, non posso fare nomi, perché nei
miei verbali in Puglia, specialmente a Bari, non ho
trovato fino ad oggi un interlocutore magistrato che
mi possa ascoltare. E' coperto da... Ho già
verbalizzato molte cose al dottor Mandoi.
PRESIDENTE.  Abbiamo un volume di sue dichiarazioni:
le
abbiamo lette.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Già dal 1986 il gran boss
(chiamiamolo così perché è un grande boss) Michele
Rizzi, che è un grosso personaggio a livello di Cosa
nostra, mi promise che un giorno avrei fatto parte
della sua famiglia. E parlando di Cosa nostra
parliamo di Rizzi, dei Gambino, dei Bono, dei Sulla,
di tante persone che sono collegate con lui.
PRESIDENTE.  Di che famiglia faceva parte Rizzi?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Rizzi faceva parte della
                               vecchia
mafia, diciamo di quella perdente, finché non è
venuta fuori la mafia vincente dei corleonesi.
  Sono stato sempre il pupillo di Michele Rizzi,
anzi l'unico pupillo. Quindi nel 1989 c'è stato il
mio innalzamento. Ecco perché quando dovevo essere
innalzato, mi trovai scompaginato. Volevo rispondere
alla domanda di prima, non so chi è il signore che mi
ha rivolto la domanda...
PRESIDENTE.  L'onorevole Taradash.
 SALVATORE ANNACONDIA.  ... che mi ha chiesto perché
ho
rifiutato. Perché avevo troppi concorrenti, troppe
persone che mi volevano innalzare. Se mi facevo
innalzare da Tizio, Caio si offendeva, perché poteva
sembrare una cattiva azione. Perché, avrebbe potuto
dire, non ha voluto essere innalzato da me? Allora
rimandavo sempre perché non volevo fare un'offesa
all'altro che era ugualmente amico. E' dunque perché
c'erano tante persone che mi volevano.
  Nel 1989 successero delle cose, di cui non posso
parlare perché sono coperte, e fui costretto ad
essere innalzato da questo grado per essere
riconosciuto non solo in Italia ma anche in altre
parti del mondo, dove vige la mafia veramente, dove
ci sono amicizie su cui uno può contare per qualsiasi
emergenza e in qualsiasi caso: uno arriva e trova
amici, compari, appoggi.
 MARCO TARADASH.  A quali paesi si riferisce?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Parliamo del Perù, degli
Stati Uniti, del Sud America.
 PRESIDENTE.  E in Europa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In Europa ci sono più che
altro le basi di appoggio per i grossi traffici
internazionali, perché dove arriva la merce in
transito non ci possono essere delle organizzazioni
che devono tenere il controllo del territorio, come
accade in Italia e in altre nazioni. Si dice,
infatti, che dove si mangia non si fa il gabinetto. E
purtroppo di queste nazioni ce ne sono abbastanza.
 PRESIDENTE.  Lei dice che nella divisione del
lavoro dove c'è la merce che deve passare ci deve
essere tranquillità.
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            SALVATORE ANNACONDIA.  Esattamente. Le porto
                            l'esempio di
Cipro e dell'Egitto, che sono porti franchi. A Cipro
non ci sono organizzazioni, cioè non si spaccia, non
si ruba, non si ammazza, per non attirare sul posto
l'attenzione delle forze dell'ordine, perché
avvengono grossi traffici, grossi business .
 PRESIDENTE.  Della Germania che cosa sa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  La Germania è un canale di
transito, dove la merce...
            PRESIDENTE.  Quando parla di merce a cosa si
                             riferisce?
 SALVATORE ANNACONDIA.  A stupefacenti.
 PRESIDENTE.  Anche armi?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Stupefacenti e armi. Parlo di
merce ma poi mi spiegherò meglio.
 PRESIDENTE.  Sì, poi ci arriveremo.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Riguardo ai grossi canali di
approvvigionamento, finché non è scoppiata la guerra
in Iugoslavia da lì passava l'80 per cento
dell'eroina. Venuto meno quel canale, si sono dovute
cambiare le rotte.
PRESIDENTE.  E quindi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Una rotta molto palpitante
era la rotta Grecia-Bari. Purtroppo quando avviene un
blocco come quello che si è verificato in Iugoslavia
tutti si dirottano sulla zona più comoda, perché ci
sono i grossi trafficanti... Poi le spiegherò come si
può sdoganare la merce in Italia con molta facilità.
Ci sono poi i corrieri giornalieri, si chiamano "cani
sciolti", piccole organizzazioni di dieci, venti o
trenta persone che riescono a portare quattro o
cinque chili di merce a testa. Poi ci sono i medi
corrieri che fanno entrare la merce con i TIR. Lei
deve pensare, signor presidente, che in Italia
entrano con facilità almeno venti-trenta quintali di
eroina al giorno.
 PRESIDENTE.  Da dove? Un po' diceva dalla Grecia
via
mare.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono ottime
organizzazioni - e sono poche quelle grandi - che
riescono ad introdurre in Italia centinaia di
tonnellate di eroina, anche in un solo colpo. Le
faccio un esempio: far entrare un  container
senza portare copertura, cioè proprio tutta eroina, è
molto facile, anche se ci vuole comunque
un'organizzazione, perché partono dieci contenitori,
uno carico e nove di copertura, cioè di merce. Se due
container  devono andare in
Svizzera, lo sdoganamento è al posto, non avviene al
porto di sbarco della nave. Solo che poi dalla dogana
escono due TIR, uno che deve andare in Svizzera
(parlo della Svizzera ma è solo per fare un esempio)
e l'altro in Lombardia, a Milano; quello di Milano è
stato già controllato e sdoganato, solo che quando
escono dalla dogana si cambiano solo le targhe e i
documenti. Allora quello che non è stato sdoganato
arriva a Milano e quello che è stato sdoganato, che
porta i documenti dell'altro, va in Svizzera.
PRESIDENTE.  E quello non sdoganato porta la droga.
SALVATORE ANNACONDIA.  Esattamente, perché quello
aveva
lo sdoganamento a destinazione che quindi non può
avvenire al porto. Però ci vogliono anche le
coperture nei porti, cioè alla dogana, alla finanza,
perché non è che si può fare un carico di cento
quintali di droga senza coperture.
 MARCO TARADASH.  Lei sa se ci sono stati casi di
corruzione di autorità portuali, cioè finanza,
dogana, eccetera?
PRESIDENTE.  Sul problema torneremo tra un attimo.
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  Lei ha detto che nel 1989 sono successe cose per
cui è stato costretto sostanzialmente ad accettare
l'innalzamento. Non vogliamo sapere nomi, ma ci
spieghi quali fatti sono accaduti che l'hanno indotta
ad accettare questa proposta.
SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, se spiego i
fatti è come se facessi i nomi. L'argomento è coperto
veramente dal segreto istruttorio.
 PRESIDENTE.  Ma di che cosa si tratta? Di un
mutamento di equilibrio tra organizzazioni, di un
omicidio, la ricercavano?
SALVATORE ANNACONDIA.  Non è che mi ricercavano.
         Nel 1989 c'è stato un agguato sbagliato ecco perché
                               non le
posso spiegare...
          PRESIDENTE.  E' sufficiente. Un agguato sbagliato
                                fatto
da lei o contro di lei?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Contro di me.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Era sbagliato.
         PRESIDENTE.  Sbagliato perché non l'hanno uccisa o
                               perché
non era lei l'obiettivo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non ero io l'obiettivo.
 PRESIDENTE.  Era un'altra persona?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Salvatore Annacondia era
un capofamiglia però non ero riconosciuto, anche se
le mie amicizie erano risapute in tutta Italia. In
buona parte del mondo erano risapute le amicizie che
avevo con determinati personaggi.
PRESIDENTE.  Lei si è sentito a rischio a quel punto?
SALVATORE ANNACONDIA.  Non mi sono sentito a rischio
perché non avevo problemi, solo che con chi stavo si
è preoccupato. Perché, Salvatore, metti caso
succedeva questo errore chi poteva prendere il tuo
posto?
            Io occupavo un posto importantissimo, signor
                             presidente.
 PRESIDENTE.  Anche nei traffici?
  SALVATORE ANNACONDIA. Avevo una vasta zona.
        PRESIDENTE.  Lo abbiamo letto dai suoi interrogatori.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Una vasta zona da
controllare, da mandare avanti, da tenerla sistemata.
 PRESIDENTE.  L'agguato aveva un'altra persona come
obiettivo perché dovevano uccidere lei per fare
un'offesa a questa persona o dovevano colpire l'altra
persona?
SALVATORE ANNACONDIA.  Dovevano colpire un'altra
persona.
Guarda caso mi trovavo in macchina mia perché
sapevano... PRESIDENTE.  A quel punto decide di
accettare la
proposta.
        SALVATORE ANNACONDIA.  Ho dovuto decidere perché era
importante.
PRESIDENTE.  E' stato affiliato a Cosa nostra?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Quando?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Nel 1989.
 PRESIDENTE.  Dopo questo fatto?
                              Pagina 2465
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  Dove è stato affiliato? In quale città?
SALVATORE ANNACONDIA.  La cerimonia è avvenuta a
Trani.
Sono stato innalzato da santista, che sarebbe il
locale. Il santista è capozona e allora diventa
locale.
 PRESIDENTE.  Capo di una zona?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Capo di paese.
 PRESIDENTE.  Chi l'ha affiliata?
SALVATORE ANNACONDIA.  Come, signor presidente?
PRESIDENTE.  Chi è stato ad affiliarla?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Lo posso dire, è stato Michele
Rizzi, come mio padrino.
 PRESIDENTE.  Come si è svolta la cerimonia?
             SALVATORE ANNACONDIA.  Si è svolta giù, al
                             ristorante.
 PRESIDENTE.  Al suo ristorante?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Non posso parlare di
questo, signor presidente, perché è coperto dal
segreto istruttorio.
PRESIDENTE.  Può dirci come si è svolta?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Come si è svolta è facile
spiegarlo. Ci siamo riuniti giù al ristorante ed è
iniziata la cerimonia...
PRESIDENTE.  In che cosa consisteva la cerimonia?
SALVATORE ANNACONDIA.  Abbiamo dovuto fare due
riconoscimenti in un solo giorno.
 PRESIDENTE.  Lei e un altro?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, due riconoscimenti nel
senso che io avevo la seconda e dovevo prendere la
terza e la
quarta. Per anzianità ho preso la quarta in un solo
giorno. E' stato fatto il giuramento di terza e il
giuramento di quarta.
PRESIDENTE.  Quindi, ha superato due gradi in un
giorno?
Questo vuol dire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Come si è svolta la cerimonia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Stavamo giù al ristorante
riuniti
ec'erano tutte le attrezzature. Le carte hanno un
loro
significato. Si metta giù sul piatto d'argento ad un
lato formato da pugnali.
 PRESIDENTE.  Con al lato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Si chiama arma bianca, il
pugnale e     bisogna giurare sulla punta del
pugnale che costituiva il
monte bianco ed un limone che viene poi bagnato con
il sangue. Si chiama il monte bianco ed è un
giuramento che viene fatto per la santa, c'è pure una
pasticca perché si deve giurare di non tradire mai la
società. C'è la baionetta, una pistola oppure una
carabina perché il giorno che decidi di tradire la
società ti devi solo ammazzare. Allora, se un colpo
di carabina ti viene a mancare c'è la pasticca in
sostituzione.
PRESIDENTE.  Ho capito.
             SALVATORE ANNACONDIA.  Viene fatto tutto il
                             giuramento.
                              Pagina 2466
 PRESIDENTE.  Quel segno che si è fatto sul pollice
fa riferimento a questa cerimonia o ad un'altra?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Fa riferimento al grado che
                               vesti.
Ecco perché si chiama stella visibile e invisibile.
PRESIDENTE.  Se l'è fatta in quella circostanza?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, c'è chi se la può fare in
croce in fronte, il vangelo lo porta sulla spalla
sinistra,
poi quando si fa il giuramento di Sestino si porta su
tutte e due. Si porta sui lati della spalla.
PRESIDENTE.  Sono dei segni riconoscibili? SALVATORE
ANNACONDIA.  Sì, poi ci sono i segni con le
mani, quando si saluta.
 PRESIDENTE.  Cioè?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono diversi segnali di
riconoscimento senza parlare. Una persona che ha un
grado ha il suo riconoscimento.
 PRESIDENTE.  Come sono questi riconoscimenti? Può
spiegarlo alla Commissione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Basta stringere la mano a
una persona. L'indice viene schiacciato contro il
polso e si riconosce che è santista.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Se la persona che hai
presente ha quel grado risponde a quel segnale, senza
parlare. Quindi, senza parlare, due persone si
possono riconoscere e presentare, perché se ci sono
altre persone...
PRESIDENTE.  Ogni grado ha la sua forma di saluto?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
        PRESIDENTE.  Può spiegare quali sono le diverse forme
                                 di
saluto per ciascun grado?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Una battitura corrisponde a
un santista. Il santista si può riconoscere anche
facendo questo gesto ( Il collaboratore Annacondia si
accarezza il
mento ).
         Il saluto è importante. Io ho il mio grado e il mio
riconoscimento.
 PRESIDENTE.  Forse sarebbe bene verbalizzare che il
gesto compiuto dal collaboratore è come se si
accarezzasse la barba.
Lei è stato arrestato il 1^ ottobre 1991. Qual era
allora
il suo tenore di vita? Quanto guadagnava? Quanti
soldi aveva? SALVATORE ANNACONDIA.  Non si può
quantificare il
guadagno.
         PRESIDENTE.  Aveva dei soldi in banca o da qualche
                                altra
parte? Aveva liquidi a disposizione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Soldi ce n'erano perché
giravano nelle mie attività lecite. A Trani avevo un
ristorante molto famoso.
 PRESIDENTE.  Come si chiamava?
 SALVATORE ANNACONDIA.  "Ai templari"; avevo una
import-export  di sanitari e ceramiche: Eurotop.
Stavo
per inaugurare un cantiere ed un rimessaggio nautico
per la costruzione di barche, una grande azienda
commerciale, industriale. Non è che si potevano
tenere i miliardi in banca, signor presidente.
PRESIDENTE.  La sua ricchezza a quanto ammontava?
SALVATORE ANNACONDIA.  Ammontava a miliardi.
                              Pagina 2467
 PRESIDENTE.  Per capire due o dieci miliardi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non si può quantificare. Mi
hanno fatto un sequestro di beni che per motivi...
hanno messo due miliardi, ma il valore effettivo...
 PRESIDENTE.  E' un po' di più!
        SALVATORE ANNACONDIA.  Di 6, 7 miliardi, qualcosa in
                                 più
pure.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
         SALVATORE ANNACONDIA.  Tanti di quei beni che erano
                                pure
intestati ad altri.
 PRESIDENTE.  Come faceva per evitare di apparire
titolare di tante ricchezze? Le intestava anche a
persone diverse?
SALVATORE ANNACONDIA.  A persone che non venivano
trattate, frequentate.
 PRESIDENTE.  Non venivano frequentate da lei?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Ma erano di sua fiducia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Parenti o conoscenti?
SALVATORE ANNACONDIA.  Parenti, qualche conoscente
pure. PRESIDENTE.  Il ristorante "Ai templari" e le
aziende di
ceramiche chi glieli gestiva?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Nel ristorante c'era un gran
bravo ragazzo, come direttore, una persona onesta, e
me lo mandava avanti lui. Nell'azienda commerciale,
l'Eurotop, avevo dei buoni procacciatori, dei
ragionieri efficientissimi, ma la mandavo pure avanti
io. Quell'esperienza... non chiamiamola esperienza, è
stata più che altro un'impostazione di come doveva
svolgere le proprie attività la nostra famiglia.
PRESIDENTE.  Qual è stata l'impostazione: avere
l'attività legale e quella illegale insieme?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Le posso spiegare quello che
                                 voi
chiamate riciclaggio. Tante persone parlano di
riciclaggio di denaro, ma non ha senso parlare in
quel modo e capire in quel modo. Una persona che
possiede ad esempio un miliardo e lo vuole riciclare,
ognuno pensa che apra una finanziaria, metta una
testa di legno, ed investa il miliardo. Ma non fa
altro, niente, perché aumenta il suo valore e non lo
può dimostrare. Sotto l'esperienza del noto Michele
Rizzi elaborammo una strategia da farmi rimanere a
bocca aperta per come si doveva svolgere per come mi
fu spiegato e per come iniziammo. Il business
dell'imprenditoria lo stavamo prendendo in
mano. Basti pensare, signor presidente, che per prima
cosa bisogna mettere su una vera e propria
finanziaria (lei dirà:
questo lo so), bisogna mettere su un'immobiliare,
bisogna mettere su un magazzino di  import-export  ed
un altro magazzino per forniture edili: sanitari,
ceramiche, cemento, ferro, porte, infissi, tutto,
dalla A alla Z.
 PRESIDENTE.  Per l'edilizia.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Per l'edilizia. Tutto il
grande business  poggia sull'edilizia. I fatti si
svolgono in questo modo. Una volta aperte queste
attività dobbiamo dimostrare, chi 100 milioni, chi un
miliardo, che sono soldi apparentemente leciti,
dimostrati e sui quali si sono pagate
le tasse. Si inizia quindi ad entrare in quota nella
società, però sono sempre un pregiudicato e non posso
fare il passo più lungo della gamba. In questo
                              Pagina 2468
complesso di impostazioni vengono assunti dei
procacciatori di persone alle quali servono i soldi.
In questo caso parliamo di costruttori. Un
costruttore che costruisce cento appartamenti ne
vende 80-85, gli rimangono 10, 15, 20 appartamenti
che non riesce a vendere. Il suo guadagno sono gli
appartamenti che non è riuscito a vendere. Egli ha
già il progetto per costruire in un'altra zona, però
gli servono liquidi, i soldi per iniziare il nuovo
lavoro. Vi sono allora questi grossi procacciatori
che devono procacciare queste persone. Li avvicinano,
perché si conoscono, e sono dei zazà, i vecchi zazà
che affittavano e vendevano le case.
 PRESIDENTE.  Che vuol dire zazà?
         SALVATORE ANNACONDIA.  In dialetto nostro chiamiamo
                                zazà
l'intermediario...
 PRESIDENTE.  Il mediatore?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il mediatore. Queste persone
sono conosciutissime e hanno i costruttori che sono
loro amici.
PRESIDENTE.  E che hanno bisogno di questi liquidi.
SALVATORE ANNACONDIA.  Allora questi dicono al
costruttore: posso farti avere quello che ti serve e
lo porta alla finanziaria. Tutte le finanziarie sono
consociate con delle banche; chi è associato con il
gruppo Interbank, chi con la Banca di Roma e via di
seguito. Al costruttore servono 2 miliardi per
iniziare il lavoro. La finanziaria gli dice: non c'è
problema, in dieci giorni le eroghiamo il mutuo da
lei chiesto. La finanziaria lecitamente chiede il
finanziamento alla banca, però fa avere solo 800
milioni al costruttore. Dopo 6-7 giorni il
costruttore viene invitato negli uffici della
finanziaria e vede gli 800 milioni con gli occhi,
perché una cosa è parlare di 800 milioni, una cosa è
vederli. Si dice al costruttore: senta, non abbiamo
potuto fare di meglio, le sue garanzie purtroppo...
 PRESIDENTE.  Non sono sufficienti.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il costruttore dice: cosa ne
faccio di 800 milioni? Non ce la faccio! La
finanziaria gli dice: abbiamo una nostra consociata
immobiliare che può
aiutarla. Viene interpellata l'immobiliare alla
presenza del costruttore ed il progetto viene passato
all'immobiliare.
PRESIDENTE.  Il progetto di costruzione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il progetto di costruzione.
Viene fatta qualche modifica perché gli appartamenti
vendibili sono quelli di 100, 110, 120 metri quadri.
Il costruttore, che ha già visto gli 800 milioni e sa
che ha bisogno di 2 miliardi per iniziare il suo
lavoro che rappresenta la sua vita e la sua fonte
(costui non è un corrotto, bensì una persona
all'oscuro di tutto)...
 PRESIDENTE.  Ho capito.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Gli viene quindi detto che
gli si possono dare i soldi in quanto vi sono persone
intenzionate a comprare gli appartamenti. Vengono
stipulati dei falsi compromessi intestati a persone
che sono all'oscuro di tutto o compiacenti. Gli viene
quindi dato il miliardo e 200 milioni
di differenza che lui chiedeva. Questi soldi sono al
nero, sono sporchi, chiamiamoli sporchi.
        PRESIDENTE.  Che vengono da traffici illeciti: questo
vuol dire?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Sono soldi che noi abbiamo da
investire.
 PRESIDENTE.  Capisco.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché dobbiamo farli girare
i soldi. Questi soldi vengono dati sui compromessi.
Tutte le
Pagina 2469
indagini arrivavano dopo la finanziaria e si
bloccavano perché non trovavano lo sbocco finale. A
questo punto l'immobiliare prega il costruttore di
fare le forniture edili
in tale magazzino che gli pratica anche un prezzo
vantaggioso. Il magazzino è consociato
all'immobiliare la quale dice: noi ti diamo il
finanziamento, però il nostro magazzino ha bisogno...
 PRESIDENTE.  Quindi il denaro rientra?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il cerchio comincia a
stringersi perché il costruttore è passato già dalla
finanziaria all'immobiliare e poi al magazzino. Tutti
i compromessi fatti dall'immobiliare vengono
sostituiti dai veri compromessi perché l'immobiliare
è stata già autorizzata in esclusiva a vendere gli
appartamenti. Dato che l'immobiliare è consociata ad
altre, si trova lo sbocco di vendita. Man mano che si
fanno i                  compromessi se ne toglie
uno di quelli falsi e si...
 PRESIDENTE.  Sostituisce.
 SALVATORE ANNACONDIA.  ... con uno vero. Se arriva
la verifica al costruttore che sta costruendo con
soldi contanti, trova solo compromessi veri e nessuno
può dire che sono cose di provenienza illecita.
  A questo punto, la finanziaria fa il suo lavoro,
l'immobiliare fa il suo lavoro, adesso tocca al
magazzino di forniture edili. Tutti i soldi che sono
stati dati al costruttore non fanno altro che girare
nei tre obiettivi. Alla fine si va a trovare che
abbiamo fatto un fatturato di miliardi durante
l'anno, che paghiamo le tasse, perché il
costruttore... il 50 per cento del valore
dell'immobile va tutto nelle forniture che poi va a
pagare il 60 per cento per contanti e il 40 per cento
come immobili.
        Il magazzino prende gli immobili che sono stati dati
                                per i
pagamenti e li passa all'immobiliare. Adesso i soldi
il costruttore li ha presi e ce li ha dati, ce li ha
dati puliti, riciclati e noi li dichiariamo e
paghiamo le tasse. Nell'arco di 5-6 anni, noi che
abbiamo comprato, avevamo delle azioni, delle quote
nelle società sia del magazzino, sia
dell'immobiliare, sia della finanziaria, noi che
siamo pure dipendenti, lavoriamo sotto queste ditte
qua, i nostri anticipi che abbiamo comprato delle
azioni già dall'inizio noi abbiamo uno stipendio di 3
milioni al mese che possiamo vivere - le nostre
azioni che durante l'anno la finanziaria,
l'immobiliare, il magazzino - che deve fare la
dichiarazione ILOR, la dichiarazione per pagare le
tasse - fa, su un introito di 1 miliardo, 100 milioni
di uscite, 900 milioni sono di utili, paghiamo le
tasse su 900 milioni.
  Nell'arco di 5-6 anni le nostre azioni che avevamo
acquistato le reinvestiamo perché noi possiamo vivere
con lo stipendio che prendiamo; ad una verifica noi
possiamo vivere perché se ho la macchina, come faccio
a mangiare, come faccio avivere: ho lo stipendio.
 PRESIDENTE.  Con 3 milioni ce la fa.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Solo che quelle azioni che
avevamo noi compriamo sempre azioni dentro e va a
finire che nell'arco di 6-7 anni, posso dimostrarle
che posseggo 5 miliardi, che posseggo 10 miliardi
perché ho guadagnato, ho reinvestito i miei guadagni
durante l'anno e nessuno può dimostrare e dire:
tu i soldi te li sei fatti per traffici illeciti. E
sono una persona che non me li può toccare nessuno.
 PRESIDENTE.  Questo è molto interessante.
         Lei ha detto che il centro di tutto è rappresentato
                                dalle
attività di costruzione. Può spiegare perché?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Perché non c'è altra attività
economica che... c'è il giro dei soldi giornaliero
perché non possiamo investire, puntare su
un'acciaieria, non possiamo puntare su altre attività
perché l'attività di costruttore significa che
durante l'anno fa 200 appartamenti.
       &Z
 Il  business  è grosso perché noi, se dobbiamo
puntare
su un magazzino ad esempio di forniture di gomme,
durante l'anno abbiamo un fatturato di 500 milioni,
mentre invece un grande magazzino di forniture
equivale a rifornire 20-30 costruttori perché abbiamo
i procacciatori che ci devono procacciare questi
costruttori che devono andare in disgrazia. Li
dobbiamo portare in disgrazia, c'è una strada per
portarli in disgrazia, perché lui non deve vendere.
PRESIDENTE.  Quindi è costretto a venire da voi.
SALVATORE ANNACONDIA.  Deve essere costretto. Bisogna
portarlo.
PRESIDENTE.  E come lo si porta su questa strada?
SALVATORE ANNACONDIA.  Si porta nella strada
iniziando a
fare danni. Si entra nel ciclo di queste attività: il
caporale, chiamiamolo così, il capo cantiere viene
avvicinato, deve rallentare i lavori, li deve mandare
un pochettino a rotoli. Questo costruttore si deve
trovare in difficoltà, viene guidato a cadere. Ed
allora ecco perché non è che noi parliamo di un
costruttore che ci fa 100 appartamenti l'anno, noi
parliamo di 10, 20, 30 costruttori perché noi abbiamo
da investire miliardi e questi miliardi io non li
posso far uscire perché non so che farmene. Ho i
miliardi e li ho là perché non li posso dimostrare,
ma nell'arco di 6, 7, 10 anni io riesco a fare uscire
tutti i soldi ed a farli entrare puliti perché ho
pagato le tasse, perché nessuno può venirmi a dire
che posseggo i soldi senza aver lavorato.
         PRESIDENTE.  Ad un certo punto non si esaurisce la
possibilità di costruire? Chi li compra gli
appartamenti? SALVATORE ANNACONDIA.  Signor
presidente, nei nostri
centri non si trova casa, eppure vengono costruite
centinaia e centinaia, migliaia di case.
 PRESIDENTE.  E come lo spiega?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché ognuno oggi si compra
la casa. Poi sono edilizie convenzionate. Bisogna
avere delle menti diaboliche per fare questo lavoro
qui, perché non è una cosa da tutti.
 PRESIDENTE.  Certamente. Questo comporta anche
rapporti con i comuni, con le amministrazioni
comunali per licenze oppure no?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, essere
una persona in vista, un capo... il capo non è che fa
il capo giusto perché lui è il capo. Deve fare il
capo che deve avere la testa sul collo. Io, per
dirle, avevo delle mie attività lecite, che avevo ben
messo i piedi a terra ed avevo fondato un ristorante
che frequentava solo l' élite . Se entrava qualche
pregiudicato, mi entrava con una certa classe, un
certo carisma. Là non poteva entrare un pregiudicato
con i tatuaggi sul braccio o con le scarpe da
ginnastica o con la tuta, non esisteva: quello là
faceva l'entrata da una porta e poi usciva da
un'altra porta, entrava con la testa ed usciva con i
piedi.
 PRESIDENTE.  E' chiaro il concetto.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché il mio ristorante era
frequentato dai più grossi circoli che esistevano
nella vera bella vita.
  Iniziano le amicizie perché, per dirle,
l'assessore, il sindaco, l'onorevole, il ministro e
via di seguito conosce la persona nel posto, perché è
regolare. E iniziano questi agganci, queste amicizie
che poi derivano da un'autorizzazione ad un suolo
edificabile, ad una licenza commerciale. Queste cose,
i favori poi vengono ricambiati in un altro modo. Ed
allora si innesca proprio...
            PRESIDENTE.  Ad esempio, avere un'attività di
                             ristorante
rientrava in questo
                              Pagina 2471
 schema che vi aveva spiegato Rizzi oppure è una cosa
diversa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il ristorante, signor
presidente, era avere tutti i collegamenti e tutti
gli agganci senza essere inquisito. Perché se giù al
ristorante veniva un grande mafioso - non faccio nomi
per la delicatezza delle indagini venivano delle
persone da Milano che dovevamo parlare e sistemare,
chiarire delle situazioni, organizzare, entravano nel
ristorante e, se avveniva un fermo, non è che
potevano dire: stavano facendo un  summit , perché
era un locale pubblico. Non è che bisogna parlare
solo di criminalità, ma anche per gli altri tipi di
interessamenti, di incontri, di persone che si
dovevano incontrare era il luogo ideale per potersi
incontrare.
PRESIDENTE.  In che anno ha messo su questo
ristorante? SALVATORE ANNACONDIA.  Ho iniziato nel
1987.
          PRESIDENTE.  L'ha avviato con questa logica: cioè
                                avere
un posto...?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Bisognava avere un posto dove
incontrarsi.
          PRESIDENTE.  E già. Diceva di avere un ristorante
                               buono,
di qualità.
        SALVATORE ANNACONDIA.  Era uno dei migliori, uno dei
primi.
 PRESIDENTE.  Ed effettivamente è riuscito ad avere
nel ristorante quei contatti con la gente perbene che
le sono serviti dopo?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Di tutti i tipi.
PRESIDENTE.  Cosa vuol dire "di tutti i tipi"?
SALVATORE ANNACONDIA.  Iniziammo ad avere... si
possono
avere contatti dal balordo al dio, al Padreterno. E
di questi contatti ho parlato ed ho spiegato.
 PRESIDENTE.  Sì, l'abbiamo letto. Il quadro che lei
ci ha descritto è molto chiaro e per questo la
ringraziamo. Le vorrei chiedere di quali attività
illecite lei si è occupato in particolare.
Stupefacenti, armi...
SALVATORE ANNACONDIA.  Stupefacenti ed armi.
PRESIDENTE.  L'onorevole Imposimato chiede se si sia
occupato anche di esplosivi.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
            PRESIDENTE.  Si è occupato anche di appalti?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  E di estorsioni?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Dipendeva da che tipo di
estorsione bisognava fare.
 PRESIDENTE.  Potrebbe spiegarsi meglio?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, per il
                               momento
non posso spiegarle.
 PRESIDENTE.  Lei può spiegarci il tipo di
estorsione, senza fare riferimento a nomi.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Le estorsioni le facevamo
nei confronti di chi non voleva o non poteva
soggiacere a noi. Costoro dovevano capire che, anche
se noi non facevamo quel tipo di estorsione,
avrebbero comunque dovuto ricambiare in un certo
modo.
            PRESIDENTE.  Non ho capito. Potrebbe farci un
                              esempio,
senza far nomi?
                              Pagina 2472
 SALVATORE ANNACONDIA.  Faccio un esempio. Un
costruttore decideva di punto in bianco di costruire
e veniva autorizzato perché la sua richiesta
riguardava una zona edificabile che non creava alcun
problema. Era sufficiente infatti che vi fossero le
carte in regola. Ho qualche difficoltà a spiegare
questo, perché si tratta di fatti coperti dal
segreto...
PRESIDENTE.  Lei può parlare senza fare i nomi.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Vi è tutto un discorso di
autorizzazioni: se non si paga, non si fa niente.
Questo vorrei farle capire. La malavita, la mafia,
non esistono soltanto sul marciapiede: la mafia
esiste anche negli uffici.
PRESIDENTE.  Sì, ne avevamo avuto l'impressione.
Potrebbe
continuare a parlarci delle estorsioni? Lei ha
affermato che la vostra attività in questo settore
dipendeva dai diversi tipi di estorsione.
 SALVATORE ANNACONDIA.  A Trani estorsioni non se ne
dovevano fare.
 PRESIDENTE.  Nei confronti dei negozianti?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Non se ne dovevano fare
                             estorsioni
aTrani. Però, avevo i miei capizona dei paesi
limitrofi, che
io controllavo, ai quali le facevo fare.
 PRESIDENTE.  Perché?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Perché, signor presidente, non
                                  è
che si possono avere cento o duecento persone...
 PRESIDENTE.  Bisogna mantenerle!
        SALVATORE ANNACONDIA.  Non si possono mantenere tutte
                                 con
il traffico degli stupefacenti. L'organizzazione -
chiamiamola così perché di questo si tratta - ha
bisogno di esercitare tutto il controllo sul
territorio: se c'è da fare le estorsioni, queste si
fanno; se ci sono da fare le rapine, si fanno le
rapine. Se in quella ex zona c'erano da fare le
estorsioni, queste si facevano. I ragazzi hanno
bisogno di mangiare; non è possibile che essi possano
andare avanti senza avere un loro utile, almeno per
vivere.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
         Perché a Trani, a differenza di quanto accadeva nei
                                paesi
vicini, non venivano effettuate estorsioni?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché Trani era il centro
di
tutte le operazioni...
PRESIDENTE.  E quindi bisognava stare tranquilli...!
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, bisognava stare
tranquilli. PRESIDENTE.  Non effettuavate nemmeno
rapine?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Qualcuna. Si faceva fare
qualche rapina ad orefici da qualche amico di fuori
che aveva bisogno... Ma più di questo, no.
 PRESIDENTE.  Di cosa aveva bisogno?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Aveva bisogno di soldi,
                               perché,
per esempio, era latitante e veniva appoggiato. Se si
trovava da fare qualche lavoro, glielo si faceva
fare, ma si trattava comunque di lavori di poco
conto, qualche rapinetta...
PRESIDENTE.  Lei ha detto che le estorsioni che
venivano
realizzate nei paesi limitrofi servivano a
procacciare un po' di soldi a quelli che lavoravano
per lei...
 SALVATORE ANNACONDIA.  No. Io mettevo come
responsabile di zona una persona che aveva venti-
trenta persone sotto di
lui. Ovviamente, quella persona aveva bisogno di
esercitare il controllo del territorio, nel senso che
non è che lui potesse andare a piazzare droga in un
                              Pagina 2473
altro paese, dove vi era un altro responsabile.
Allora, il responsabile controlla il territorio e dà
conto di quello che fa e di quello che deve fare:
deve dar conto su tutto e per tutto...
 PRESIDENTE.  A lei?
 SALVATORE ANNACONDIA.  A me... Di conseguenza, vi
sono obiettivi che si possono raggiungere con le
estorsioni e, in quel caso, si fanno le estorsioni.
 PRESIDENTE.  Mi spiega cosa vuol dire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono le grosse fabbriche
(chiamiamole uffici) che già pagano in sé e per sé :
per queste non vi è bisogno di fare estorsioni perché
sono già protette da noi...
 PRESIDENTE.  Pagano già...
        SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono i piccoli imprenditori
                                 che
debbono pagare.
 PRESIDENTE.  Che rapporto passa tra le estorsioni
ed il controllo del territorio? Lei ha detto che vi è
bisogno di esercitare il controllo sul territorio e
che quindi si debbono effettuare le estorsioni.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il controllo del territorio
J la forza numero uno dell'eroina. Non si può
controllare il territorio se non si controlla il
mercato dell'eroina.
PRESIDENTE.  O viceversa.
 SALVATORE ANNACONDIA.  No. Se uno non ha il
controllo dell'eroina, non ha il controllo del
territorio. Se qualcuno si illude di aver raggiunto
l'apice e allora, per nascondersi alle forze
dell'ordine e per sottrarsi alle indagini, decide di
togliersi dal mercato dell'eroina, muore, proprio
perché perde il controllo del territorio, che passa
ad un'altra persona. Si tratta di una situazione
obbligata perché i drogati che vivono nei paesi hanno
bisogno della droga e quindi ci dev'essere qualcuno
che la deve rifornire. Ripeto: quando una persona si
illude di aver raggiunto l'apice, in quel momento si
sta già condannando da sola...
 PRESIDENTE.  Poiché lei ha fatto riferimento a tre
aspetti diversi del problema, dovrebbe aiutarci a
capire meglio. Eravamo partiti dalle estorsioni;
successivamente, lei ha accennato al controllo del
territorio...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, ma...
 PRESIDENTE.  Aspetti, mi lasci finire. Noi abbiamo
bisogno di capire. Dopo avere accennato al controllo
del territorio, lei ha parlato della droga. La prima
questione che ci interessa chiarire riguarda il
rapporto che intercorre tra le estorsioni ed il
controllo del territorio. In sostanza, le estorsioni
sono un mezzo per controllare il territorio?
SALVATORE ANNACONDIA.  Adesso le spiego. Una persona
non
nasce già capo, ma si deve costruire, ci sono varie
attività che egli deve iniziare a svolgere. Non è che
si alza una mattina e dice: oggi faccio il capo!
L'attività nel settore delle sigarette è un passo
importante: fare il contrabbandiere significa
conoscere tante persone ed avere tanti referenti in
tutti i posti. Parliamo della Svizzera, che è il
grosso centro dello smistamento delle sigarette. Le
grosse  holding ...
Si inizia a scaricare le sigarette e non bisogna
perdere. Allora, si acquista il nome, si diventa una
persona conosciuta. Si comincia a dire che tizio o
caio sono in gamba a    scaricare le sigarette o che
hanno iniziato a comandare il
mercato delle sigarette; pian piano, si deve
ingrandire ed avere una squadra che scarica dapprima
uno, poi due, tre, dieci scafi. Ogni scafo ha bisogno
di venti-venticinque persone. Tutti questi ragazzi
sono votati alla morte per lui perché li fa mangiare:
sono ragazzi che stavano in mezzo alla strada e che
vengono coperti da questa persona. Si inizia a
costruire.
                              Pagina 2474
Una volta ottenuto il controllo del mercato... Il
traffico delle sigarette è come giocare in borsa.
 PRESIDENTE.  Cioè?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ogni giorno c'è il mercato
delle sigarette. La zona di influenza di questo
mercato è la
Campania. Diciamo che in Campania dettavano legge
sulle sigarette fino a parecchi anni fa, ma ora non
possono più dettare legge.
 PRESIDENTE.  Chi detta legge oggi?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Ora ci arrivo, altrimenti
                              facciamo
dei passaggi inutili.
 PRESIDENTE.  Mi scusi.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Una volta ottenuto il
controllo nel settore delle sigarette, una persona
comincia ad organizzarsi, perché inizia a guadagnare
già con la vendita delle sigarette trasportate dal
primo motoscafo. Se uno
scarica 200 casse di sigarette, ha guadagnato trenta
milioni puliti, dopo aver pagato tutti i ragazzi.
Poi, può prendere un altro motoscafo a noleggio. Si
deve servire degli altri, non è che si deve far
comandare. Una volta ottenuto tutto questo, è
diventato già una persona conosciutissima. Piano
piano, inizia a          prendere in mano il mercato
della droga. L'estorsione viene
dopo, perché nel paese ci sono vari gruppi e
gruppetti. Inizia a      prendere il controllo della
droga nel paese. Ci deve
rimettere, ma non ci rimette mai perché è difficile
rimetterci sulla droga. Deve rifornire, perché la
guerra della droga non si fa con le pistole ma con
l'economia. Quel gruppo che smercia mezzo chilo di
eroina al mese, la compra a 70 milioni al chilo; io
faccio la guerra a chi vende l'eroina a quel gruppo,
ma non con le armi perché se lo faccio attiro
l'attenzione delle forze dell'ordine: propongo la
roba a 50 milioni al chilo. Questo trova 20 milioni
di risparmio; significa che su un chilo di eroina se
lui mette ancora 5 milioni compra mezzo chilo in più.
Compra la roba da me. Avvicino un altro gruppo,
avvicino un altro gruppo, pian piano comincio ad
ammazzare i miei avversari (che oramai sono
avversari), ma non è che bisogna fare la guerra
iniziando dalle costole. Tutte le guerre che abbiamo
fatto - chiamiamole guerre - duravano poco: colpivamo
alla testa e poi prendevamo con noi le persone che
stavano sotto questo qua. Le guerre si tirano avanti
per la lunga perché si iniziano a colpire i ragazzi e
poi il capo reagisce; non lo prendi più.
        Allora, una volta ottenuto il controllo dell'eroina,
                                puoi
ottenere il controllo delle estorsioni.
 PRESIDENTE.  Spieghi quest'altro passaggio.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ormai, avendo il controllo
dell'eroina, hai il controllo di tutti i pregiudicati
del posto, non hai più persone che ti possano
ostacolare, puoi fare tutto quello che vuoi perché
ormai non hai più avversari; tutti quelli che c'erano
li hai comprati, senza che loro se ne sono accorti.
PRESIDENTE.  Perché li hai fatti passare dalla tua
parte. SALVATORE ANNACONDIA.  Esatto, perché sono
cani sciolti.
Una volta che sono passati dalla tua parte, li
riconosci come tuoi ragazzi. Bisogna battezzarli poi
e tu sei il loro padrino. Loro oramai conoscono il
vero papà, perché gli dà da mangiare, li protegge.
Loro si sentono forti; vengono arrestati e dicono:
appartengo a Salvatore Annacondia. Adesso la gente
che sente questo nome, madonna quante parolacce mi
dice! Allora si sentivano protetti e forti perché
andavano nel carcere di Milano e venivano rispettati
perché erano miei ragazzi. Ecco cos'è il controllo,
presidente. Per prendere il controllo, bisogna far
funzionare la testa, perché non si possono prendere
subito le
                              Pagina 2475
estorsioni, che sono già controllate da chi ha il
controllo dell'eroina.
  Quando mi è venuta la proposta di lasciare
l'eroina, perché potevamo guadagnare di più con la
cocaina e con l'hascisc, ho detto solo due parole:
compari, questo non lo posso fare perché, il giorno
che lascio l'eroina, sono una
persona morta, perché devo affidare ad un'altra
persona questo mercato; anche se questo è un grande
amico mio, anche se è un mio figlioccio, una volta
che io gli passo in mano il mercato dell'eroina,
questo dice: chi mi dice che Salvatore domani non mi
ammazza? Di conseguenza tutte queste persone che
gravitavano nella mia organizzazione passano sotto il
suo controllo ed io sono una persona morta, anche se
ho il controllo dell'hascisc e della cocaina, perché
quello della cocaina è un mercato più classico, più
riservato, più stretto.
PRESIDENTE.  Non è di strada.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non è di strada. Allora
dissi che questo non lo potevo fare. Mi dissero: hai
ragione.
PRESIDENTE.  Lei ha spiegato bene i vari passaggi,
dicendo che l'estorsione è l'ultima fase, quando si
ha già il controllo di tutto. Però le estorsioni a
Trani non si facevano. Perché?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Perché ci vivevo io e perché
                                 era
diventato il centro di smistamento di tutto.
            PRESIDENTE.  Quindi, una zona più tranquilla.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, non posso
spiegare un altro passaggio dell'organizzazione, che
J coperto da segreto.
 PRESIDENTE.  Può descrivere il passaggio in
astratto, senza fare nomi, che non ci interessano.
 SALVATORE ANNACONDIA.  L'ho accennato già prima:
queste holding  che dovevamo aprire; c'era già il
magazzino di forniture edili, c'era già
l'immobiliare.
 PRESIDENTE.  E la finanziaria?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Pure.
 PRESIDENTE.  C'era tutto.
 SALVATORE ANNACONDIA.  E stava già tutto
avviandosi. Dovevamo acquisire le azioni e per
comprarle bisognava che queste attività facessero il
lavoro di un anno, un anno e mezzo. Devono lavorare
per conto loro, si devono avviare. Solo che il
magazzino forniture edili era intestato a mia moglie,
come socio accomandante, più azionario. Questa
società poi doveva essere venduta e io avevo un altro
utile da dimostrare; quando andavo a vendere
l'avviamento della società, avevo quest'altro utile.
Poi rimaneva mia moglie come socia minoritaria,
prendeva il 30 per cento, il 20 per cento, il 15 per
cento, perché le quote della società erano aumentate.
C'era questo fatto, ma non posso parlare oltre,
signor presidente, perché ci sono i verbali.
 PRESIDENTE.  Li abbiamo letti.
  Perché lei ha deciso di collaborare?
             SALVATORE ANNACONDIA.  Perché ho deciso di
                            collaborare è
una bella domanda.
        Signor presidente, ho visto tante cose sporche nella
                                vita.
 PRESIDENTE.  Ci siamo resi conto. Un po' le ha
anche fatte.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ne ho fatte assai.
  Mi trovavo nel carcere di Foggia, durante un
colloquio con mia moglie, uno degli ultimi in quel
carcere, mia moglie alla fine disse: Salvatore, per
colpa tua sta morendo tuo figlio.
Signor presidente, ho un bambino di sette anni; non
si
capiva perché questo
                              Pagina 2476
bambino dimagriva. Quando seppi questa cosa dissi:
che cosa è successo? Tuo figlio ha preso un
deperimento organico per mancanza di affetto paterno.
  Signor presidente, io dovevo uscire quanto prima,
però c'era bisogno di mesi. Alla fine del colloquio -
mia moglie stava andando via - chiamo uno dei miei
fratelli e dico di mandarmi un certo carabiniere che
io sapevo essere una persona corretta in tutto e per
tutto, una persona che ha perso dieci anni di vita
sua dietro a me. Meglio di lui non potevo, per
mandare il messaggio, perché non potevo segnarmi a
modello 13 e  chiamare il magistrato, per
l'importanza che avevo: era una
brutta cosa.
  Torno in sezione, viene a colloquio l'avvocato.
Dopo aver parlato con l'avvocato gli dico: avvocato,
mi voglio pentire. L'avvocato rimase e disse
soltanto: può essere un'ottima idea. Perché
l'avvocato sapeva già tutto del fatto di mio figlio.
Parlo con l'avvocato; è l'unica persona a cui potevo
rivolgermi.
                        OMISSIS
 PRESIDENTE.  Ma sapeva chi era lei davvero o no?
           SALVATORE ANNACONDIA.  L'avvocato Gironda mi ha
                               difeso
dal 1983.
 PRESIDENTE.  Quindi sapeva bene.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Però non conosceva
effettivamente tutte le attività che svolgevo.
Pensate che nel 1987 (potrei essere impreciso nei
mesi perché potrebbe trattarsi della fine del 1986
anziché dei primi mesi del 1987) venne a giocare a
Bari la Juventus e l'avvocato Gironda (una settimana
prima) sapendo che io sono un grosso tifoso della
Juventus, mi chiese se ero d'accordo a restare a cena
con loro. Io dissi subito di sì perché mi piaceva.
  Mi disse di organizzare la cena in un ristorante
tranquillo dove passare una bella serata.
Organizzammo la cena al ristorante Grotta Palazzese a
Polignano a mare. A quella cena parteciparono
(all'epoca era direttore de  La Gazzetta del
Mezzogiorno ) il senatore Iacovazzo, il commendator
Mincuzzi, Giampiero Boniperti, l'avvocato Gironda e
tanti altri personaggi (l'avvocato Gironda mi ha
sempre presentato persone di un certo livello), uno
dei più grandi notai di Bari. L'avvocato Gironda ha
sempre stravisto per me, ha avuto sempre un occhio di
riguardo nei miei confronti. Io ero il suo
consigliere nel fargli mangiare il pesce perché lui
si fidava solo del pesce che io gli portavo. Lo
dovevo pulire, gli consigliavo: questo lo puoi
mangiare in questo modo, questo lo puoi mangiare in
un altro modo. Per lui io ero un figlio, un fratello,
un grande amico.
                               OMISSIS
         ALTERO MATTEOLI.  L'avvocato Gironda faceva queste
                                cose
in buona fede?
 PRESIDENTE.  L'avvocato Gironda sapeva ciò che lei
faceva, ciò che lei era effettivamente o no?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Lui cadeva in buona fede,
                               perché
io gli promettevo, gli giuravo che... Però quando io
giuravo a lui lo facevo in un certo modo. Non lo
giuravo, ma lui capiva che io giuravo.
 PRESIDENTE.  Può spiegare cosa vuol dire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In velocità. Dicevo: "Non ti
giuro. Don Aurè, te lo sto giurando, non ti giuro che
io faccio...". C'era un passaggio di questo tipo.
PRESIDENTE.  Ho capito. L'avvocato Gironda è uno dei
maggiori penalisti pugliesi, la difendeva in alcuni
processi...
 SALVATORE ANNACONDIA.  In tutti i processi.
                         Pagina 2477
PRESIDENTE.  Possibile che non capiva chi era lei?
SALVATORE ANNACONDIA.  Io ho sempre detto che erano
calunnie, tragedie sul mio conto.
PRESIDENTE.  Doveva essere molto sfortunato, però.
SALVATORE ANNACONDIA.  Lui era convinto che...
PRESIDENTE.  Era convinto che lei fosse sfortunato?
OMISSIS
 PRESIDENTE.  Gironda ha uno studio legale, molto
ben
avviato. Da Bari andava fino a Trani per parlare di
queste cose?
         SALVATORE ANNACONDIA.  L'avvocato Gironda un giorno
                                sì e
un giorno no veniva a Trani. PRESIDENTE.  Per lavoro?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, perché gli piace Trani,
gli piacevo io, gli piaceva il mio ristorante, la
veduta stupenda sul porto. Gli piaceva passeggiare al
porto per svagarsi un po'.
 PRESIDENTE.  Quanto dista Trani da Bari?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Trenta chilometri. C'è la 16-
                                bis,
una superstrada che collega tutti i paesi.
 PRESIDENTE.  Lei stava spiegandoci perché sta
collaborando. Sua moglie le ha detto che il bambino
sta male, è carente di affetto paterno. Lei a Foggia
non può fare la richiesta per parlare con il
magistrato, poi deve spiegare il perché...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non sapevo a chi dovevo
rivolgermi.
        PRESIDENTE.  La richiesta per parlare con De Marinis
                                 non
poteva farla a Foggia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Potevo farla a Foggia.
 PRESIDENTE.  Perché non l'ha fatta?
            SALVATORE ANNACONDIA.  Dovevo mandare pure il
                             messaggio e
dovevo parlare con Gironda.
                        OMISSIS
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ritornando ad Ascoli Piceno
viene questo procuratore ed il giorno dopo io lo
mando via perché non potevo parlare.
 PRESIDENTE.  Non voleva parlare con lui.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il giorno dopo mi fanno
visita il carabiniere che avevo mandato a chiamare ed
un brigadiere; sapevo che era una persona...
 PRESIDENTE.  Era un ufficiale dei carabinieri o un
sottufficiale?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Sottoufficiali: un brigadiere
                                 ed
un appuntato che erano del reparto operativo di Bari.
Mi viene a    trovare e mi disse: Salvatore ho
parlato con i tuoi e noi
già capiamo cosa vuoi, dipende da cosa vuoi
collaborare, Salvatore. Lui mi fece delle mosse e mi
disse: c'è questa collaborazione ed io risposi: non
esiste che io possa fare un pezzo, io devo fare tutto
quant'è. Allora gli dissi: qui non possiamo parlare,
ci dobbiamo avvicinare in qualche altro carcere in
quanto stavamo tutti quanti...
 PRESIDENTE.  Tutti i 41-bis ?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, c'era tutto il Gotha
                               mafioso
della Puglia...
 PRESIDENTE.  Ad Ascoli Piceno?
                              Pagina 2478
        SALVATORE ANNACONDIA.  Mancavano pochi personaggi, ma
                                 per
il resto stavamo tutti.
PRESIDENTE.  Era pure comodo, perché vi potevate
parlare. SALVATORE ANNACONDIA.  Chiarimmo tante e
tante cose. PRESIDENTE.  Certo.
 ALTERO MATTEOLI.  Lo fecero apposta.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Può darsi. Mi disse:
"Salvatore non ti preoccupare, in questi giorni sarai
trasferito in un altro carcere dove possiamo
parlare". Fatto sta, signor
presidente, che mi sono trovato all'Asinara; fui il
primo ed allora iniziai a capire, a pensare.
        PRESIDENTE.  Quindi lei fece Foggia, Ascoli Piceno e
l'Asinara?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Iniziai a pensare e dissi:
qui non si vuole che io collabori. Sto all'Asinara ed
ormai mi sta passando di testa questo fatto qua. I
carabinieri che mi vennero a trovare stavamo al
servizio, alle indagini con il giudice Pasquale
Drago, il magistrato che stava indagando su di noi,
su di me.
 PRESIDENTE.  Di quale tribunale è Drago?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Trani. Drago fa i salti
                               mortali
per farmi avvicinare perché per lui aver speso tanti
anni per beccarmi... Tutti gli omicidi lui li sapeva,
li poteva descrivere tutti, però non aveva prove,
aveva i riscontri, ma non le prove. Sapeva benissimo
che se mi arrestava mi avrebbero presto scarcerato.
Tutti gli anni del grosso traffico degli stupefacenti
che c'è stato e tutti i lavori che si potevano
svolgere nel mondo della criminalità erano a
conoscenza di Drago, solo che non li poteva
dimostrare. Drago faceva il pazzo, ma purtroppo aveva
lasciato la procura, lui doveva solo istituire il mio
processo e poi andare via dalla procura. Mi fece
arrivare per un anticipo di una ventina di giorni
prima dal 29 di settembre che avevamo l'udienza
preliminare.
 PRESIDENTE.  Per quali reati era dentro?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Fui arrestato per plurimi
omicidi, per associazione a delinquere e droga,
accusato da due pentite...
 PRESIDENTE.  Da quei due pentiti lì?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Due pentite, poi la suprema
corte accolse i ricorsi che noi facemmo ed annullò
l'ordinanza di custodia cautelare, solo che Drago
nello stesso giorno mi fece bloccare la scarcerazione
e mi notificò l'altro provvedimento: associazione a
delinquere finalizzata allo spaccio di ingenti
quantitativi di droga.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Solo che mio fratello e
Regano riuscirono ad uscire, io e Strega non
riuscimmo ad uscire...
PRESIDENTE.  Perché arrivò...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Allora Drago aveva già
istruito quasi tutto il processo e fissa l'udienza
preliminare perché io il 1^ ottobre andavo a
decorrenza termini e questo mi era stato già
avvisato, e poi le spiegherò come. Mi fa arrivare
prima ed ho un colloquio con Drago; parlo pure con il
mio avvocato ma nel frattempo mi arriva il triplice
omicidio del Gargano...
 PRESIDENTE.  Quello della masseria?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Il 1^ settembre mi fu
notificata l'ordinanza di custodia cautelare per
triplice omicidio. Il
                              Pagina 2479
dottor Drago viene, facciamo un colloquio insieme e
mi dice: "Salvatore, ti faccio sapere in questi
giorni perché io non dipendo più dalla procura, sono
passato al tribunale, però il mio pensiero è la tua
collaborazione, peccato che non ti possa ascoltare
io". Signor presidente, le parlo soltanto... perché
poi sono gli altri a fare... pensate a tutto quello
che è successo. Pasquale Drago mi fa un verbale...
         PRESIDENTE.  Il dottor Drago sapeva che lei voleva
collaborare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Come lo aveva saputo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Dai carabinieri che mi erano
venuti a trovare ad Ascoli Piceno i quali lavoravano
alle indagini insieme a Pasquale Drago. Io avevo
parlato con Pasquale Drago tramite loro.
         PRESIDENTE.  L'onorevole Galasso vorrebbe un quadro
preciso dei suoi spostamenti e sapere quale rapporto
passa tra tali spostamenti e la richiesta di
collaborazione. La questione è in questi termini: lei
sta a Foggia dove viene a trovarla sua moglie che le
dice che suo figlio sta male. A questo punto decide
di far il salto e collaborare, non ritiene di fare la
richiesta al magistrato e chiede di sentire questi...
         SALVATORE ANNACONDIA.  E nello stesso momento parlo
                                pure
con l'avvocato.
 PRESIDENTE.  Parla con l'avvocato il quale le dice:
mi pare una buona idea. Dopo di che ammazzano
Borsellino e lei
con gli altri della grossa malavita pugliese viene
mandato ad Ascoli Piceno. Qui vengono a trovarla due
sottufficiali dei carabinieri ai quali comunica la
sua intenzione di collaborare, diciamo, a 360 gradi,
dire tutto e così via. Quelli le dicono: qui non è
possibile, ti facciamo trasferire in un altro
carcere. Però l'altro carcere diventa l'Asinara...
SALVATORE ANNACONDIA.  No, doveva essere un
carcere... PRESIDENTE.  Ho detto diventa, ossia lei
finisce
all'Asinara.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Diventa Asinara.
         PRESIDENTE.  A questo punto ritiene che questo vuol
                                dire
che non vogliono farla collaborare, questo in pratica
è il suo sospetto.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, esattamente.
        PRESIDENTE.  All'Asinara le arriva ad un certo punto
                                 la
citazione che l'udienza preliminare...
        ALFREDO GALASSO.  In questo quadro come si inserisce
                                 la
richiesta a De Marinis?
         SALVATORE ANNACONDIA.  La richiesta a De Marinis è
                                stata
già fatta dal carcere di Ascoli Piceno.
 PRESIDENTE.  Lui chiede di parlare con il
procuratore generale De Marinis, il quale non va e va
invece il procuratore di Ascoli...
         SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente adesso le
                               spiego
meglio...
 PRESIDENTE.  Ha capito qual è il problema?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Quando parlo con l'avvocato
Gironda mi pare fosse il sabato precedente la mia
partenza del lunedì per Ascoli Piceno.
 PRESIDENTE.  Cioè sabato 18?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Io parlo con l'avvocato
Gironda e lo aspetto
                              Pagina 2480
4-5 giorni. Dato che siamo già nel mese di luglio
vengo trasferito ad Ascoli Piceno con il 41- bis  e
con
l'avvocato Gironda dovevamo vederci dopo 4-5 giorni.
Io voglio anticipare questi 4-5 giorni e faccio la
richiesta a modello 13, allegando anche un'istanza
che voglio parlare con il procuratore De Marinis.
Ecco il passaggio che c'è. Dopo che viene il
procuratore (non ricordo bene se egli è venuto il
giorno prima o il giorno prima sono venuti i due
carabinieri, ma penso che prima venne il procuratore
di Ascoli Piceno) gli dico che non c'è niente da
parlare, volevo parlare con il magistrato ma che dopo
parlerò con il mio avvocato. Questo fatto lo misi a
verbalino. Quando sono venuti i due carabinieri sono
stato trasferito all'Asinara, dopo la venuta dei
carabinieri Annacondia viene preso e portato
all'Asinara: sono stato il primo ad arrivare ed era
il 20 agosto. Siamo stati in 12 ad arrivare ed io fui
il primo. A questo punto mi sorge il dubbio, subito a
caldo, che non vogliono che io collabori. Il
sostituto procuratore Pasquale Drago invece di farmi
venire uno, due giorni prima del 29 settembre, riesce
a farmi venire dall'Asinara una quindicina di giorni
prima e mi appoggiano a Carinola, vicino Caserta.
 PRESIDENTE.  Quindi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Vado all'udienza preliminare
e Pasquale Drago mi contatta, sempre con i due
carabinieri: io vengo contattato nel furgone. Dissi
io: voi siete delle persone che non mi piacete più
perché come mai io ho parlato con voi e mi avete
promesso che parlavamo in un altro carcere e mi avete
fatto... Dissero: no, Salvatore, non sappiamo
niente noi, è stata tutta una cosa organizzata, fatta
dal ministero il tuo trasferimento all'Asinara.
Dissero: comunque, Salvatore, non ti preoccupare
perché c'è tutta la nostra buona
volontà a farti collaborare e il dottor Drago vuole
sapere che cosa deve fare. Io dissi: va bene,
vediamoci di nuovo. Ritornai di nuovo sui miei passi.
 PRESIDENTE.  Nel senso che aveva deciso di non
collaborare e poi decide nuovamente di collaborare?
SALVATORE ANNACONDIA.  Io ridecido di collaborare.
Viene
aCarinola il dottor Drago e mi spiega tutti i motivi
che lo
hanno spinto a lasciare la procura. Non che mi spiega
perché lo hanno spinto, i motivi, ma mi spiega perché
ha lasciato la procura e non dipende più da lui. Se
avesse saputo le mie intenzioni, lui mi disse: sarei
rimasto alla procura ed avrei passato alla
superprocura a Bari, alla distrettuale.
Facciamo un verbalino. Mi dice: Salvatore, dobbiamo
fare
un verbale. Io gli dissi: non dobbiamo fare nessun
verbale.
Tira e molla, tira e molla, facciamo un verbale di
persone che io potevo parlare. Ci lasciamo e
rimaniamo d'appuntamento a due o tre giorni, mi
avrebbe fatto sapere. All'epoca come reggente alla
superprocura, a Roma, c'era Di Gennaro. Pasquale
Drago va a Roma e incontra pure il dottor Sinisi, un
ex magistrato di Trani che stava al Ministero di
grazia e giustizia. Quando Pasquale Drago confida a
Sinisi della mia collaborazione, Sinisi è tutto
contento e dice: adesso potremo risolvere tante e
tante situazioni che per noi erano buio.
Pasquale Drago si rivolge a Di Gennaro e dice: io ho
questa persona che può collaborare. Fu messo fuori.
PRESIDENTE.  Chi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Pasquale Drago. Disse: non
ci interessa.
 ALTERO MATTEOLI.  Lei come fa a saperlo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché me lo ha detto
Pasquale Drago.
 PRESIDENTE.  Il dottor Drago gli disse: io sono
stato accantonato.
          PAOLO CABRAS.  Il procuratore Di Gennaro avrebbe
                                detto
che non gli interessava?
                              Pagina 2481
 SALVATORE ANNACONDIA.  Che non gli interessava.
 PAOLO CABRAS.  Glielo ha detto Drago?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Poi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Pasquale Drago ritorna dal
Ministero tutto sconsolato, amareggiato perché era
stato pure a            Bari il giorno prima, dalla
procura distrettuale. E fu messo
fuori pure.
 PRESIDENTE.  Cioè, non lo ascoltarono né la procura
distrettuale né quella nazionale.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Si ritira da Roma, era
intorno
alle 7 di sera, tutto stanco, si ferma al carcere e
mi spiega i             motivi. Dice: Salvatore,
tutta la mia grande volontà, adesso
che potevo fare piena luce in tutto questo... Io gli
dissi solo: dottore, non fa niente, facciamo finta
che non abbiamo fatto niente e, se mi fa una
cortesia, possiamo strappare quel verbalino che
abbiamo fatto. Allora disse: Salvatore, aspetta. Io
mi alzai e lo salutai e dissi: dottore, lasciami
perdere. C'è stato un attimo di felicità, sia da
parte sua che da parte mia, però adesso è meglio
tacere perché io ho famiglia e non voglio che mi
rovino.
  Mentre arrivo vicino alla porta, Pasquale Drago mi
dice: Salvatore, mi concedi un secondo ancora? Io ho
una persona, un mio collega magistrato che posso
parlare. Dissi io: chi è quest'altro? E lui disse: fa
parte della distrettuale di Lecce. Dato che tu puoi
parlare delle cose di Taranto...
PRESIDENTE.  Amodeo, questo giro qui.
 SALVATORE ANNACONDIA.  ...che competenza è Lecce,
posso
fissare un appuntamento con un mio collega
magistrato. Mi dai una settimana di tempo? Dissi io:
va bene, vi do una settimana
di tempo. Dottore, se in una settimana non può fare
niente, mi faccia una cortesia personale, mi strappa
quel verbalino, così la finiamo. Disse lui:
Salvatore, ti prometto che lo faccio, e lo faccio.
  Dopo 3 o 4 giorni ritorna il dottor Drago. Scendo
giù e conobbi il dottor Mandoi (che è lì presente), e
iniziamo la mia collaborazione.
         Io adesso, signor presidente, fino all'ultima volta
                               che ho
incontrato l'avvocato Gironda, all'udienza
preliminare... PRESIDENTE.  Dopo non l'ha più visto
l'avvocato Gironda? SALVATORE ANNACONDIA.  No, come.
Già ormai i miei
avvocati sapevano...
 PRESIDENTE.  L'orientamento.
 SALVATORE ANNACONDIA.  ...che io stavo
collaborando,
dovevo collaborare e li rassicurai dicendogli che
avrei
parlato solo di criminalità, non avrei oltrepassato i
limiti. Mi ricordo che l'ultima volta che ho visto
l'avvocato Gironda, l'ultima udienza che ho fatto il
22 marzo o aprile - no, fu marzo - gli dissi: don
Aurelio, stai tranquillo che di cose...
Poi, signor presidente, ho voluto fare piena luce su
tutto
eho dovuto parlare di tutti e per tutti, non per
odio ma
perché mi voglio pulire, voglio una pulizia generale
dentro il mio corpo.
 PRESIDENTE.  Gironda non è più suo avvocato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 PRESIDENTE.  Quando ha smesso di esserlo, quando
l'ha revocato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  L'ho revocato il giorno
dell'udienza preliminare.
 PRESIDENTE.  Ad agosto?
                              Pagina 2482
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, a marzo.
 PAOLO CABRAS.  A marzo di quest'anno?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, 1993.
 MARCO TARADASH.  Per quale motivo?
         SALVATORE ANNACONDIA.  L'ho voluto revocare perché
                               dentro
di me c'era la volontà di parlare su tutto.
        PRESIDENTE.  C'è una cosa che non ho capito: a marzo
viene sua moglie a parlarle.
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
PRESIDENTE.  Ed allora quando viene sua moglie?
SALVATORE ANNACONDIA.  Nel luglio 1992, prima che
erano
successe le leggi in vigore. Io non ho collaborato
per sconti di pena, perché c'erano queste
agevolazioni sui pentiti. Io, signor presidente, ho
lanciato il mio messaggio a luglio.
PRESIDENTE.  Capisco, era questo che mi sfuggiva.
            ALTERO MATTEOLI.  Se lei continuava ad avere
                             l'avvocato
Gironda come difensore, non poteva collaborare lo
stesso? Se ho ben capito, visto che il passaggio è un
po' contorto, lei ha raccontato di aver detto
all'avvocato Gironda di avere intenzione di
collaborare e che questi le avrebbe risposto: bravo
Salvatore, mi sembra che tu faccia una cosa giusta.
Cosa è accaduto dopo? E' questo che non riesco a
capire.
SALVATORE ANNACONDIA.  All'epoca io tranquillizzai
Gironda dicendogli di avvisare il dottor De Marinis
che non avrei mai parlato di questo.
        PAOLO CABRAS.  Della faccenda del verbale. Questo lo
abbiamo capito.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ma non avrei parlato mai di
nessun magistrato finché avevo l'avvocato Gironda. Se
avessi avuto l'avvocato Gironda e avessi collaborato
con De Marinis, non avrei parlato di altre cose di
cui ho parlato.
PRESIDENTE.  La cosa che vorrebbe sapere l'intera
Commissione è per quale motivo lei non poteva
continuare ad avere l'avvocato Gironda e parlare
anche dei magistrati.
SALVATORE ANNACONDIA.  Di conseguenza, se avevo
l'avvocato Gironda e parlavo di De Marinis, parlavo
dell'avvocato.
PRESIDENTE.  Avrebbe coinvolto l'avvocato stesso.
SALVATORE ANNACONDIA.  Era di conseguenza che dovevo
parlare... Come facevo ad avere l'avvocato e parlavo
di lui? PRESIDENTE.  Quel verbalino famoso fatto con
Drago fu
stracciato o no?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Quello di Drago? No, non è
                                stato
mai stracciato. Io mi volli assicurare al dottor
Drago, se non erro quando ho fatto... ma non penso
che stava presente il dottor Mandoi quando ho fatto
questo ragionamento al dottor Drago perché con Drago
mi sono visto ancora un paio di volte. L'ultima volta
che mi sono visto con lui, feci un altro verbale dove
mi dichiarai colpevole sul traffico di stupefacenti,
mi attribuii i reati perché lui mi doveva concedere
il rito abbreviato.
  A Drago io dissi: dottore, lei mi deve fare una
grossa cortesia. Perché lui disse che doveva
depositare il verbalino quando lasciava la procura,
lo doveva consegnare a De Marinis. Allora, dato che
avevo già avuto i contatti con il dottor Mandoi (non
lo dico perché il dottor
                              Pagina 2483
Mandoi è presente; non voglio fare elogi a nessuno),
vidi la sincerità e l'onestà del dottor Mandoi nel
voler far pulizia e chiesi al dottor Drago... Mi
rispose: "Salvatore, questo verbale lo posso tenere
fino a dicembre, massimo gennaio, ma dopo debbo
depositare tutto a Bari, al mio capo" (cioè, al
procuratore). Gli dissi: "Dottor Drago, mi faccia una
cortesia: veda di rimandare quanto più possibile
questo fatto perché ho parlato con il dottor Mandoi e
mi ha giurato che non ci saranno fughe di notizie per
un po' di tempo". Io volevo collaborare in modo
tranquillo e sereno. Ho sempre detto di lasciarmi in
tranquillità perché solo così si può andare avanti.
 PAOLO CABRAS.  Chi è il suo attuale avvocato?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Luigi Rella, del foro di
                               Lecce.
 PRESIDENTE.  Passiamo al altro. In quali regioni
d'Italia lei ha operato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Puglia, Campania, Lombardia,
un po' di Piemonte, Genova, Roma, Calabria, Sicilia.
Signor presidente, la mia presenza era...
 PRESIDENTE.  Abbastanza diffusa!
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  Questo lo abbiamo capito.
Ha fatto qualche operazione al di fuori dell'Italia,
in
Stati stranieri?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Dove?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Non posso parlare, signor
presidente. Ci sono grosse indagini...
        PRESIDENTE.  Non può dire in quali paesi ha operato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, presidente.
 PRESIDENTE.  Europei o extraeuropei?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Fuori Europa.
          PRESIDENTE.  Lei ha avuto un qualche ruolo nella
                              gestione
degli appalti?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Vorremmo capire anzitutto che ruolo
abbia avuto e poi che cosa voglia dire gestire gli
appalti.
SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, ho
rilasciato
dichiarazioni su questo argomento, che risultano a
verbale, una settimana fa.
 PRESIDENTE.  Non ci interessa l'appalto specifico,
ma la tecnica. Lei deve tenere presente che le
responsabilità le
accerta la magistratura. A noi interessa capire in
che modo si svolgono le cose sì da potere intervenire
al fine di evitare
che certi fenomeni si ripetano.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, se pure
mi limitassi a parlare di un piccolo ruolo, il
segreto istruttorio che copre certe indagini in corso
verrebbe meno. Già c'è stata qualche piccola fuga di
notizie. Io non posso oltrepassare...
            PRESIDENTE.  Negli interrogatori riportati in
                              documenti
depositati e pubblici...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non sono pubblici, signor
presidente!
PRESIDENTE.  Se così fosse, non li avremmo qui!
SALVATORE ANNACONDIA.  Forse non mi sono spiegato
bene,
presidente.
                              Pagina 2484
 PRESIDENTE.  Io non parlo degli atti che si
riferiscono alle sue dichiarazioni rilasciate la
settimana scorsa.
SALVATORE ANNACONDIA.  Quelli, signor presidente, non
sono stati eseguiti...
 PRESIDENTE.  Mi permetta: ognuno deve fare il suo
mestiere. Io faccio il mio. Mi sto riferendo a
verbali già
depositati riferiti a provvedimenti restrittivi o ad
altro. All'interno di questi verbali è contenuta la
descrizione di alcune vicende, in particolare di
quella relativa ad alcune imprese di pulizia. Io non
sto parlando delle dichiarazioni che lei ha
rilasciato la settimana scorsa, delle quali nessuno
di noi sa di cosa si tratti. In sostanza, lei dice di
non poter parlare, però su una questione di appalti
ha già parlato...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il verbale del quale sta
parlando dipende dalla procura di Bari. Per quanto
riguarda quest'ultima, io ho avuto occasione di
verbalizzare soltanto con il dottor Magrone, con
riferimento alla criminalità. Signor presidente, io
interlocutori su Bari non ne ho avuti!
PRESIDENTE.  Non credo si tratti di Bari.
ALTERO MATTEOLI.  Infatti, riguarda Trani. SALVATORE
ANNACONDIA.  Sì, ma Trani dipende da Bari.
Pertanto, non sono stati eseguiti, è fermo, è là...
PRESIDENTE.  Ho capito.
SALVATORE ANNACONDIA.  Non posso, signor presidente.
PRESIDENTE.  Adesso ho capito cosa vuol dire. In
sostanza, non ci sono stati seguiti...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Esatto!
 PRESIDENTE.  Adesso è chiaro. Lei quindi afferma
che per ora non può parlare degli appalti perché vi
sono indagini in corso.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Va bene.
             C'è mai stata una struttura unitaria della
                           criminalità in
Puglia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, signor presidente.
Questa esiste perché vi sono accordi fra di noi. Le
potrei parlare di summit  volti a raggiungere accordi
sulle attività svolte
con riferimento alle zone di influenza reciproca. In
tutto il nord barese e nel tarantino ero il perno
principale di queste situazioni.
 PRESIDENTE.  Quindi, non c'è una struttura unica,
ma ci sono intese (quelle che lei definisce  summit
), accordi.
Ciò con riferimento a singoli affari o per gestire le
cose per un po' di tempo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Nel 1991 si volle creare
un'organizzazione unica. Tutti i gruppi (nel Salento,
nel brindisino) avevano scontri, guerre, faide. Vi
era molto sangue sparso. Io sono stato amico sia di
una parte che dell'altra. Ho già detto prima che non
ho mai voluto far parte della Sacra corona unita
perché avevo amicizie da una parte e amicizie
dall'altra, con riferimento ai gruppi che si
scontravano.
        PRESIDENTE.  Uno dei due gruppi era la Sacra corona.
Quale era l'altro?
SALVATORE ANNACONDIA.  Era tutta Sacra corona.
PRESIDENTE.  Si trattava allora di gruppi diversi
della
Sacra corona?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, di gruppi che si erano
spaccati. Poi si voleva creare un'unica cosa perché
la Sacra corona unita è stata riconosciuta dalle
sentenze. Giustamente, queste persone si
                              Pagina 2485
sentivano amareggiate giacché rappresentanti di
singoli gruppi piccoli commettevano reati, venivano
arrestati e dichiaravano di far parte della Sacra
corona unita. Questo fatto si doveva eliminare.
Doveva essere una struttura, una famiglia unica che
doveva orchestrare. All'epoca ero in libertà e fui
interpellato. Riccardo mi mandò un'imbasciata...
PRESIDENTE.  Chi è Riccardo?
               SALVATORE ANNACONDIA.  Riccardo Modeo.
PRESIDENTE.  Quello di Taranto?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Mi mandò a dire se volevo
aderire perché doveva aderire pure lui. Riccardo non
faceva parte di alcuna organizzazione, era un fuoco
di paglia. Io mi
dissi disponibile ad aderire a condizione che ci
fosse pace da tutti e due i fronti. Dissi che quando
ci sarebbe stata la pace, sia da una parte che
dall'altra, non avrei avuto difficoltà ad aderire
alla Sacra, che si sarebbe poi dovuta chiamare in un
altro modo...
 PRESIDENTE.  Come si sarebbe dovuta chiamare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Nuova Sacra corona unita.
  Si prendono cinque o sei mesi di tempo per
decidere. Io avrei dovuto essere uno dei maggiori
referenti nella Sacra per l'approvvigionamento di
armi e di stupefacenti. Il mio spessore era
conosciuto da tutti. Io non ho mai voluto rifornire
Lecce proprio per i contrasti che c'erano. Se io ero
con un gruppo e in quel momento passava l'altro
gruppo, io lo salutavo anche se ero in compagnia di
quel gruppo.
PRESIDENTE.  Lei, insomma, poteva farlo.
         SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, perché ero simpatizzante
                                 di
tutti e due i gruppi, ma non avevo mai aderito,
perché già potevo aderire dal 1984, quando mi trovavo
nel carcere di Lecce, quando si iniziò a fondare
tutto questo, quando iniziarono le perquisizioni in
tutte le carceri d'Italia, quando fu trovato lo
statuto, a Porto Azzurro, a Pino Rogoli. Non ho
voluto mai aderire, proprio perché iniziarono gli
scontri e tutto questo. All'epoca ero detenuto, poi
fui trasferito da Lecce. Insomma, c'è tutta una
scalata da che ho avuto gli arresti domiciliari; la
mia scalata, quella vera e propria è stata dagli
arresti domiciliari, quando ho iniziato a    prendere
il potere giorno dopo giorno, a colpi di pistola, a
colpi di lupara bianca.
 PRESIDENTE.  Lei stava agli arresti domiciliari, ma
continuava a fare quello che faceva prima, anzi
peggio?
SALVATORE ANNACONDIA.  Quello che facevo prima era
niente
aconfronto di quello che ho fatto agli arresti
domiciliari.
 PRESIDENTE.  Erano arresti per modo di dire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Abbiamo capito.
        Lei stava spiegando che nel 1991 c'è un tentativo di
costruire un'organizzazione unica. Come va a finire?
SALVATORE ANNACONDIA.  Iniziamo a parlare dopo
l'arresto
di Riccardo e Gianfranco.
 PRESIDENTE.  Questi sono i Modeo?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Prendo tutte le redini di
                               Taranto
in mano, per mandare avanti...
 PRESIDENTE.  Su incarico loro?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. C'erano dei grossi
buchi, perché non avevano la mentalità di una vera
organizzazione. Erano tutti sciolti. Li rimetto a
posto e
                              Pagina 2486
sistemo tutti i settori come Dio comanda, spendendo
tempo e giorni.
PRESIDENTE.  Spero che Dio comandi altro, comunque.
SALVATORE ANNACONDIA.  Esatto, speriamo.
          Gli sistemo tutto il gruppo e dopo qualche mese,
                               quando
Riccardo era già a Livorno e Gianfranco stava a
Novara, mi arriva l'imbasciata e Riccardo mi dice:
Salvatore, vedi che abbiamo parlato; se aderisci tu
aderisco pure io. Dissi io: Riccardo, faglielo sapere
a tutti quanti, perché sono tutti amici, che io posso
aderire se c'è una pace, perché non posso aderire
rifornendo il gruppo De Tommasi e poi mettermi
contro; di conseguenza, accade che mi devo mettere
contro per forza all'altro gruppo o, se mi metto con
Mario Tornese, mi metto contro a De Tommasi. Dissi
io: quando ci sarà una pace unica, aderirò senza
problemi.
  Lei si figuri, signor presidente, che questa pace
non è stata mai fatta, perché c'era troppo sangue
sparso, sia da una parte che dall'altra. Nel 1992,
quando ci trovavamo ad Ascoli Piceno, non c'è stata
ancora questa pace; c'è stata una tregua perché ogni
volta che si parla di pace c'è una tregua: non ci
possono essere intenzioni di parlare con la guerra in
atto e quindi ci fu la tregua. Ma questa pace non si
è potuta fare.
PRESIDENTE.  Praticamente non si è mai riusciti a
fare
una struttura unica?
SALVATORE ANNACONDIA.  Non si è mai riusciti.
PRESIDENTE.  Quindi, c'era la Sacra Corona, poi il
suo
gruppo, poi c'era Modeo. Erano questi i tre gruppi
più importanti?
        SALVATORE ANNACONDIA.  No. Stiamo parlando di questi
gruppi adesso, nel 1990-1991. Cominciò ad uscire
fuori pure a Foggia, già dal 1986-1987, Rocco
Moretti, altro emergente. Poi c'era il gruppo dei
cerignolani, altro gruppo potente.
PRESIDENTE.  Cioè quelli di Cerignola?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  E la Rosa?
SALVATORE ANNACONDIA.  Fu distrutta sul nascere.
PRESIDENTE.  La Rosa era quella di Bari?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Fu distrutta sul nascere.
PRESIDENTE.  I referenti della grande criminalità
internazionale di queste organizzazioni erano sempre
gli stessi, 'ndrangheta, camorra, Cosa nostra, oppure
alcuni erano del tutto autonomi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non possono essere autonomi,
signor presidente, perché se non sono riconosciuti
non possono operare; possono operare ma a livello...
 PRESIDENTE.  Basso?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, a livello del loro
paese. Bisogna essere riconosciuti per poter operare
a livello nazionale ed internazionale.
 PRESIDENTE.  Cioè, per poter avere la droga?
 SALVATORE ANNACONDIA.  La droga non è che... si può
avere solo se si è riconosciuti. Bastano solo le
amicizie che ci sono, gli scambi di favori, e poi
entra l'amicizia pura. Però, per essere riconosciuti
come famiglia, bisogna che venga innalzata dal capo
decima. Di capo decima in Puglia non ce n'erano, ce
n'erano pochi.
                              Pagina 2487
PRESIDENTE.  Perché non c'erano le dieci famiglie.
SALVATORE ANNACONDIA.  Allora tutto l'innalzamento
veniva
dalla Calabria, perché la Puglia è supportata dalla
Calabria, dalla 'ndrangheta.
 PRESIDENTE.  Sostenuta.
PAOLO CABRAS.  Sia a Bari, sia a Foggia, sia a
Taranto? SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, la Calabria,
specialmente su
Lecce, è stata sempre la "mamma".
 PRESIDENTE.  Il vicepresidente Cabras vorrebbe
sapere se per Foggia c'era sempre la presenza della
Calabria o c'era anche un po' più di camorra.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Per Foggia la Calabria. C'è
pure un locale, di cui non posso parlare perché è
coperto da segreto. C'è un locale del posto,
referente di una nota famiglia di 'ndrangheta.
 PAOLO CABRAS.  Stiamo parlando di Foggia?
SALVATORE ANNACONDIA.  Provincia di Foggia.
PRESIDENTE.  E proprio a Foggia ?
 SALVATORE ANNACONDIA.  A Foggia doveva essere
riconosciuto.
PRESIDENTE.  Dalla 'ndrangheta o dalla camorra?
SALVATORE ANNACONDIA.  Dalla 'ndrangheta. PRESIDENTE.
Ci sono presenze della camorra? SALVATORE ANNACONDIA.
Ci sono stralci, ci sono
interessi,  business , perché quando la camorra
voleva
entrare nel territorio foggiano... successe, lei
ricorderà benissimo, signor presidente, quel
maxiprocesso: fu distrutto nel nascere. Allora a
Foggia tutti questi referenti, questi responsabili
della zona sono stati decimati, ammazzati, si sono
ritirati, sono andati via, ci sono le nuove leve dal
1986, quelle che fanno paura veramente. Non è la
malavita pugliese dell'inizio degli anni ottanta,
quando c'era più tranquillità, c'era il contrabbando
delle sigarette, c'era la magnacceria; esistevano
tutte queste cose qua: gli appalti se li sistemavano
e li giostravano sempre queste persone che stavano là
sedute e ci tenevano calmi. Ma, dall'inizio degli
anni ottanta, dal 1982-1983 in poi, è venuta fuori
questa nuova malavita, che ha assorbito tutte le
esperienze sia di calabresi sia di siciliani sia di
napoletani sia di lombardi. Tutte queste esperienze
le hanno portate in Puglia. Adesso la Puglia... Non è
che io parlo della Puglia come di una zona a rischio,
perché io sono pugliese. Ho vissuto in quella...
PRESIDENTE.  Direi, più oltre del rischio.
           SALVATORE ANNACONDIA.  E' molto alto perché, se
                              parliamo
di veri criminali, la Puglia è ricca di veri
criminali decisi, votati alla morte. Il pugliese...
Le spiego, signor presidente: un siciliano fa reati
in Sicilia, non va fuori e la percentuale che va
fuori è bassa; il calabrese fa gli omicidi in
Calabria e pure fuori. Ma il pugliese fa gli omicidi
sia in casa che fuori; non ha problemi.
 PRESIDENTE.  Un temperamento più dinamico.
        SALVATORE ANNACONDIA.  E' più deciso. E' una malavita
                                 che
fa paura.
PRESIDENTE.  A Foggia in particolare com'è la
situazione? SALVATORE ANNACONDIA.  Non posso parlare,
signor
presidente.
                              Pagina 2488
PRESIDENTE.  Perché ci sono indagini in corso?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  C'è presenza di 'ndrangheta e camorra
anche? SALVATORE ANNACONDIA.  La camorra è
pochissima, perché ci
sono solo introiti, di cui non posso parlare.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Investimenti?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Investimenti...
          PRESIDENTE.  La camorra fa investimenti a Foggia.
                               Vedremo
poi se qualcuno vuole approfondire.
  Possiamo passare alla questione del traffico degli
stupefacenti, com'è organizzato secondo lei, e poi
del traffico di armi. Lei ha dato alcune spiegazioni,
ma ci interesserebbe capire da dove arrivino gli
stupefacenti. Innanzi tutto, distinguiamo tra eroina,
cocaina ed hascisc.
Lei ha trattato queste tre sostanze, vero? SALVATORE
ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Marijuana no?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, non ha valore.
          PRESIDENTE.  Se non ho capito male, l'eroina è la
                                droga
più importante, perché...
 SALVATORE ANNACONDIA.  E' la più consumata.
 PRESIDENTE.  Più dell'hascisc?
 SALVATORE ANNACONDIA.  L'hascisc come stupefacente
fa grande volume, per cui ci può essere qualcuno che
dice che non fa l'hascisc perché lo vende a 2 milioni-
2 milioni 200 mila al chilo all'ingrosso e non gli
conviene. Invece voi che rappresentate le istituzioni
dovete stare molto attenti all'hascisc perché è un
business  di centinaia di
miliardi per contanti.
 PRESIDENTE.  Spieghi bene questo concetto.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Chi ha il territorio
dell'hascisc sono poche persone, tra cui una nota
famiglia di cui posso parlare perché non violo il
segreto istruttorio, la famiglia Di Giovane. Questa
famiglia ha buona parte del "marocco" e lo gestiscono
loro. Finché arriva a destinazione viene a costare
700-800 mila lire al chilo, però parliamo di grossi
quantitativi, cioè di centinaia di quintali, che poi
possono essere importati a 10, a 20, a 30 quintali
per volta, anche se il contratto è fatto per
centinaia di quintali.
  Quando questo hascisc cioccolato arriva in Italia
dal Marocco, viene venduto all'ingrosso (100, 200 o
300 chili) e viene già pagato per contanti
anticipatamente perché è molto richiesto. Essendo
pagato per contanti, uno porta mille chili di hascisc
e nel giro di due giorni li vende incassando per
intero; invece uno che porta mille chili di eroina,
che si vende ad un prezzo più alto, non guadagna di
più perché ci vuole tempo per vendere tale
quantitativo ed il pagamento non è per contanti, anzi
in minima parte per contanti e per il resto a
consumo: uno si prende 100 chili di eroina e li paga
in 30 o 60 giorni, cioè prima incassa e poi paga.
Finché questa seconda persona ha venduto i mille
chili di eroina la prima ha fatto magari 20 viaggi di
hascisc, lo ha venduto a 2.000-2.500 (secondo le
esigenze di mercato) ed ha incassato una cifra 5
volte superiore.
  Ecco perché quello dell'hascisc è un problema
molto importante, e il controllo dell'hascisc si
sta... Posso affermarlo almeno fino a che io ne ero a
conoscenza, fino al 1992, perché dal 1^ di gennaio
sono in extracarcerario.
PRESIDENTE.  Certo. Quindi lei dice che non dobbiamo
sottovalutare la questione
                              Pagina 2489
 dell'hascisc perché dà una grande rendita, il
pagamento è per contanti e vi è una grandissima
domanda. Per l'eroina, invece, la domanda è minore e
il pagamento è più rateizzato.
SALVATORE ANNACONDIA.  E' più lento.
PRESIDENTE.  Perché è più lento il pagamento
dell'eroina? SALVATORE ANNACONDIA.  Perché un chilo
di eroina
all'ingrosso costa tra i 32 e i 33 milioni al chilo,
e quindi chi compra dieci chili di eroina deve pagare
320-330 milioni; poi la rivende a 47-48 milioni al
chilo. Ci sono infatti
passaggi di pochi punti: 7, 8, al massimo 10 punti
percentuali di guadagno. Quest'eroina poi la deve
spacciare il drogato, che è l'ultimo anello della
catena. Ma i pagamenti dell'eroina sono fatti tutti a
consumo: mi prendo 100 chili e te li pago quando ne
prendo altri 100.
 PRESIDENTE.  E' una specie di conto corrente.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Invece l'hascisc è uno
stupefacente che il drogato che lo consuma, che lo
vende, al chilo lo paga 5 milioni: lui compra mezzo
chilo e lo paga per contanti perché in serata lo ha
venduto tutto. L'hashisc viene
pagato anticipatamente.
 PRESIDENTE.  Quindi, la grande differenza è che c'è
una domanda talmente grande di hashisc che se ne
riesce a fare un commercio molto più rapido. Però,
poiché un chilo di hashisc è piuttosto voluminoso
rispetto ad un chilo di eroina, che è un sacchetto,
questo non pone più rischi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Pone più rischi al
trasporto, ma
ne pone meno per la detenzione, perché se una persona
viene arrestata con l'hashisc non viene condannata
come invece accade con l'eroina; è in pratica come il
contrabbando, e si finirà per pagare solo una multa.
 PRESIDENTE.  L'hashisc viene dal nord Africa?
SALVATORE ANNACONDIA.  Viene dal Libano, dal Marocco.
PRESIDENTE.  E come arriva in Puglia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono dei passaggi che
deve
fare.
 PRESIDENTE.  Li può spiegare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Se lo si vuole importare
direttamente in Italia bisogna portarlo via mare, con
panfili, motoscafi,  container . Però con i
container  bisogna
fare un altro giro perché bisogna fare i documenti
che partono dal Marocco, che devono arrivare in
un'altra nazione...
PRESIDENTE.  Se arrivano dal Marocco che succede?
         SLVATORE ANNACONDIA.  Un  container  che arriva dal
Marocco è come se avesse l'etichetta "stupefacenti".
PRESIDENTE.  Allora dal Marocco bisogna andare in un
altro paese. Per esempio dove?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Per esempio dal Marocco
arriva in
Spagna (è solo un esempio), dove devono essere fatti
i nuovi documenti e arriva in Egitto, in cui c'è una
zona che è porto franco. I  container  vengono
scaricati e venduti a questo ufficio che non ha fatto
altro che rivendere questo container  in Italia ad
una ditta di  import-export . Vengono ricambiati i
documenti; il prodotto che è partito di qua, mettiamo
che si tratti di abbigliamento... Però ci sono
degli accordi - glielo dico perché li abbiamo fatti
noi - con la CEE per quanto riguarda alcune nazioni
povere: parliamo del Ma-rocco
                              Pagina 2490
             ma possiamo parlare anche di altre nazioni
                           produttrici di
stupefacenti.
 PRESIDENTE.  Qual è l'accordo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  L'accordo è che specialmente
gli Stati Uniti finanziano questi paesi poveri (come
il Banglandesh) per la produzione dei  jeans , delle
camicie, delle televisioni, delle radio, eccetera, e
che devono fare un certo numero di pezzi, per esempio
un milione di  jeans . Questo milione di  jeans  può
viaggiare perché ha la destinazione della produzione.
Se parte un  container  di qua i prodotti non possono
avere il certificato d'origine. Allora, la merce
viaggia sotto la copertura. Quando la merce arriva a
porto franco vengono cambiati i documenti e viene
fatto il documento con la ditta autorizzata ad
introdurre nel mercato europeo i jeans.
 PRESIDENTE.  I jeans del Bangladesh.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Solo che nei jeans che
arrivano dal Bangladesh arriva la droga. Quando
arriva in Italia la merce non arriva più dal Marocco,
neanche dal Bangladesh,
bensì arriva dall'Egitto, o arriva da un altro porto
che non è sospettato per traffici di stupefacenti.
Questo può essere la Grecia, perché dall'Egitto
arriva in Grecia. Viene venduto ad una ditta della
Grecia, poi questo ufficio la trasmette ad un'altra
ditta italiana. C'è il passaggio che deve fare per
forza.
 PRESIDENTE.  Quando questo  container  dal Marocco
arriva in Spagna non ci sono gli stessi sospetti...
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, una volta che arriva in
Spagna viene depositato... in Spagna esiste una
grossa organizzazione di spagnoli che, per quanto
riguarda il passaggio dell'hashish, fa pagare 300
mila lire al chilo come deposito. Però loro danno la
garanzia che il carico non viene sequestrato. E'
un'estorsione autorizzata. Se vogliono passare
attraverso la Spagna devono pagare per forza. Dalla
Spagna poi c'è la rotta dei Paesi Bassi, dai quali si
introduce la merce in Germania e in Svizzera. Prima
si poteva passare dalla Germania ma adesso è
diventata una zona molto...
 PRESIDENTE.  Rischiosa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  C'è molta attenzione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  C'è molta più collaborazione
tra le forze di polizia, sia italiane, sia
internazionali.
PRESIDENTE.  La rotta più comoda è quella ora
descritta? SALVATORE ANNACONDIA.  E' quella che va
dalla Spagna
all'Olanda e in Germania non attraverso il valico con
l'Italia ma attraverso la Svizzera.
 PRESIDENTE.  Lei ha detto che in Spagna esiste
un'organizzazione che si occupa di smistare e di
trovare i documenti, eccetera.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non si occupa di trovare i
documenti. Si deve pagare per il passaggio della
merce, che si deve per forza fermare in Spagna. Si
deve pagare quella che possiamo chiamare dogana.
 PRESIDENTE.  E' un'organizzazione criminale, il cui
intento è quello di evitare perquisizioni.
SALVATORE ANNACONDIA.  Per dare una copertura.
PRESIDENTE.  Questo sistema di far viaggiare
l'hashish
fino a cambiare i documenti è un sistema che dovete
mettere in piedi voi oppure esiste già e voi dovete
solo utilizzarlo?
Pagina 2491
            SALVATORE ANNACONDIA.  No, non esiste, signor
                             presidente.
Lo dobbiamo mettere noi. Se questi appoggi ce li
hanno loro la merce la vendono franco in Italia.
 PRESIDENTE.  Quindi si guadagna di meno?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, una volta che la mettono
franco in Italia la cocaina invece di pagarla 15, 18,
20 mila dollari, viene a costare 27, 28, 30 mila
dollari. Si tratta di migliaia di dollari che vengono
a mancare. Io potevo ottenere la cocaina in Italia a
20.500 dollari più 2 mila dollari di
trasporto, però franco in Italia.
 PRESIDENTE.  Come faceva?
 SALVATORE ANNACONDIA.  E' coperta dal segreto
istruttorio.
          PRESIDENTE.  Il tragitto può spiegarcelo, non le
                              persone.
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, no.
 PRESIDENTE.  Neppure il tragitto?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 PRESIDENTE.  Partiva dal Sud America?
SALVATORE ANNACONDIA.  No. Ecco perché non posso.
PRESIDENTE.  Non partiva dal sud America! Il tragitto
non
può essere spiegato?
SALVATORE ANNACONDIA.  No, signor presidente.
PRESIDENTE.  Era un sistema che organizzavate voi o
che
già esisteva? Questa è la cosa che ci interessa.
SALVATORE ANNACONDIA.  Il mio sistema era diverso
dagli
altri, perché avevo trovato la persona giusta, uno
dei più grossi che può esistere.
 PRESIDENTE.  Tutti si avvalevano di una persona
particolare, oppure ci sono sistemi oggettivi? Un
sistema di distribuzione presso il quale qualunque
criminale può rivolgersi per acquistare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Qualsiasi criminale può
andare e comprare, signor presidente. Lei pensi che
durante il giorno
vengono arrestate decine di persone, i cosiddetti
cani sciolti, piccoli trafficanti che devono essere
arrestati per forza perché ci sono gli accordi con le
polizie internazionali che controllano il territorio.
Faccio l'esempio di Lima, in Perù. In Perù la cocaina
è tutta controllata. Una casa sì e l'altra pure hanno
il forno per cuocerla, la mattina passa il camion
della  policia , la ritira dopo averla pesata e fa
il biglietto.
 PRESIDENTE.  La polizia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Là si chiama  policia !
Questi panettieri - chiamiamoli così - riescono a
rubare i 100, 200 grammi e arrivano al chilo, ai due
chili che poi vendono ai trafficanti saltuariamente,
giornalieri. Su dieci trafficanti, ne vengono
arrestati sette od otto perché c'è il grosso business
che deve andare avanti.
 MARCO TARADASH.  Vale solo per il Perù o anche per
l'Italia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In Perù, in Thailandia, in
Marocco, in Turchia. In Italia non c'è bisogno di
questo sistema perché è la mamma degli stupefacenti,
come l'Olanda, la Spagna, la Germania. L'Italia è una
nazione che ritira, non esporta. Una volta si mandava
l'eroina e si aveva la cocaina con scambi della
stessa famiglia. La famiglia in America aveva bisogno
di eroina e non avendo problemi di cocaina ed
essendoci raffinerie in Italia... Era tutto
familiare. Le famiglie erano le uniche
organizzazioni.
                              Pagina 2492
Una volta che la merce sia giunta in Italia, non
viene più esportata in quanto viene consumata. Non ci
può essere una spiata con queste organizzazioni.
        PRESIDENTE.  Gli arresti che si verificherebbero nei
paesi produttori...
SALVATORE ANNACONDIA.  Sono le spiate della polizia.
PRESIDENTE.  Nel senso che lasciano liberi alcuni per
arrestarne altri?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché deve passare il
carico grande. Si fa l'operazione di 20, 50, 100
chili.
         ALTERO MATTEOLI.  Questi fatti come sono venuti in
                                 sua
conoscenza?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Per averli vissuti.
             PRESIDENTE.  I canali del contrabbando sono
                             utilizzati
anche per altre attività criminali?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il contrabbando rappresenta
una fonte per l'organizzazione. Parlando del
contrabbando si dice che in una determinata regione,
in quel determinato paese, ci sono 10 grandi
contrabbandieri che hanno sotto di loro 200 famiglie
che mangiano, che vivono. In realtà, le 200 famiglie
non hanno risorse, non hanno niente; l'utile
dell'organizzazione in materia di contrabbando è
molto elevato. Le basi per potersi finanziare partono
dal contrabbando.
 PRESIDENTE.  Questo aspetto del problema lei lo ha
esposto molto chiaramente. Volevo sapere se i mezzi
utilizzati per il contrabbando servono anche per
trasportare droga ed armi.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Esatto.
 PRESIDENTE.  Può spiegarlo meglio?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non le posso spiegare tutto.
Soltanto il 20 per cento.
 PRESIDENTE.  Non ci interessano i nomi, ma capire i
fatti.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono mezzi molto veloci,
le ex motosiluranti, che hanno una motorizzazione di
9, 12 mila cavalli, con 2, 3, 4 motori con una
velocità di oltre le 60 miglia orarie. Il superdrago,
una delle più veloci motovedette italiane, può
viaggiare ad una velocità di 50 nodi, 50 miglia,
ma con mare calmo. In presenza di un mare un poco
mosso il superdrago non può navigare. Dato che queste
barche hanno una portata di 40, 35, 28 metri, e sono
velocissime ed attrezzatissime di tutto, quando
arrivano a 50, 60, 100 miglia vi sono due motoscafi
velocissimi, quelli che usiamo nel contrabbando, che
caricano su i 200, i 300 i 500, i mille chili e via.
Anche se c'è un inseguimento sono due i motoscafi che
vanno sotto, uno fa da supporto e l'altro va a riva.
PRESIDENTE.  Uno si fa inseguire e l'altro passa.
SALVATORE ANNACONDIA.  Esatto. Si tratta di motoscafi
velocissimi e poi non si trasporta un carico di
sigarette che appesantisce, no, portano solo 500
chili, mille chili e non hanno problemi ad andare
via. Tutti i mezzi che usiamo nel contrabbando li
usiamo per il traffico delle armi. Ma il traffico di
armi è poco perché per queste usiamo i containers .
 PRESIDENTE.  Per la droga sono utilizzati questi
motoscafi veloci?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Di questo stavo parlando.
Quando dicevo mille chili, mi riferivo alla droga e
non alle sigarette.
 MARCO TARADASH.  Hascisc od eroina?
                              Pagina 2493
 SALVATORE ANNACONDIA.  Per l'hascisc c'è un altro
sistema. Se parliamo di 500 chili o di mille chili
parliamo di eroina, di cocaina, perché per l'hascisc
c'è l'altro sistema che abbiamo fatto e che sul
nascere si distrusse. In mare furono depositati 90
bidoncini di 15 chili l'uno e 10 bidoni da 200 chili
l'uno di hascisc. Accadde però che il giorno del
recupero un peschereccio disgraziatamente mentre
pescava... i pescatori che vanno a strascico non
possono pescare solo sul fango, devono andare vicino
alle rocce per prendere un po' di pesce. Una barra di
cemento, ove erano legati i bidoncini, si trovò sul
taglio e questa barca rasò la scogliera e riuscì a
prendere 6 o 7 bidoncini. Quando tirarono su la rete
trovarono questi bidoncini, si spaventarono perché
non sapevano di che si trattava. Pensando trattarsi
di materiale chimico chiamarono i carabinieri i quali
a loro volta chiamarono gli artificieri che aprirono
i bidoncini e trovarono l'hascisc. Purtroppo quel
giorno c'erano tante di quelle motovedette (ed anche
gli altri giorni successivi) che non fu opportuno
fare questo recupero.
PRESIDENTE.  Ma lei dice che forse stanno ancora lì?
SALVATORE ANNACONDIA.  Stanno ancora lì, spero che
adesso
che lo stanno sentendo, speriamo che...
            PRESIDENTE.  Che qualcuno li vada a prendere,
                             qualcuno di
quelli giusti, voglio dire.
SALVATORE ANNACONDIA.  Ho indicato anche la zona.
PRESIDENTE.  Sì, l'ha indicata. Può spiegare come
avviene
il traffico d'armi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Posso spiegare quello che ho
fatto io, non certo quello che hanno fatto gli altri
perché non è stato ancora fatto niente, anche se è
stato verbalizzato. I nostri canali di
approvvigionamento delle armi...
PRESIDENTE.  Prima vi è stata una precisazione
dell'onorevole Imposimato: armi ed esplosivi.
        SALVATORE ANNACONDIA.  L'esplosivo l'avevo in Puglia.
PRESIDENTE.  Parli prima dell'esplosivo e poi delle
armi. SALVATORE ANNACONDIA.  Tante migliaia di
tonnellate
chiedevo, tante ne avevo.
 PRESIDENTE.  Da chi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Trani è il paese della
pietra e ci sono le cave. Potevo ottenere tutto
l'esplosivo che volevo, però non era quello
l'esplosivo giusto che potevo ottenere. In una zona
di mare durante l'ultima guerra i tedeschi
scaricarono migliaia e migliaia di tonnellate di
esplosivo, di
armi, di munizioni. Nel 1989 una barca tirò su una
rete con 4 o  5 casse di missili. Questa zona viene
chiamata "le
munizioni". Si pescano le "tamburrelle", le
"cazzarole" di tritolo, ossia ruote da 2 chili e
mezzo o da 5 chili che hanno un buco al centro. Si
pescano pure delle scatole che sono anticarroarmato.
E' un esplosivo a base di nitroglicerina, è bianco,
molto leggero come il polistirolo ed è di molto
superiore al T4. Questo esplosivo scoppia anche se
cade della cenere sopra o per uno spostamento; è
molto efficace e potente. Si pescano anche delle mine
che vengono smontate e dalle quali si ricava la
gelatina.
 PRESIDENTE.  A che profondità?
         SALVATORE ANNACONDIA.  La profondità è abbastanza.
 PRESIDENTE.  Nella costa pugliese?
 SALVATORE ANNACONDIA.  A largo di Trani. Da
Molfetta fino al largo di Vieste è tutto pieno. Una
volta ricordo che una barca pescò un carrello di
aereo. Si pesca di tutto là.
Pagina 2494
FERDINANDO IMPOSIMATO.  L'esplosivo usato qual è?
SALVATORE ANNACONDIA.  No, questo che adesso viene
usato... deve pensare che l'apertura dei paesi
dell'est è
avvenuta verso la fine del 1990: da quel momento è
iniziato un approvvigionamento che lei non immagina.
PRESIDENTE.  C'è una fonte che può essere il
pescaggio... SALVATORE ANNACONDIA.  Questa è una cosa
che avevo io,
non altre persone.
 PRESIDENTE.  Solo lei?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Io rifornivo gli altri, non
c'era problema, ma questo fatto qui non è parte delle
forniture di esplosivo d'Italia.
 PRESIDENTE.  Era quello che aveva lei.
          SALVATORE ANNACONDIA.  E' una cosa personale che
                              avevo io
equalcun altro locale di Molfetta, di Bisceglie, di
Barletta,
di Manfredonia.
 PRESIDENTE.  Ha accennato poc'anzi all'onorevole
Imposimato che un'altra possibile fonte sono i paesi
dell'est.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Può spiegare come avviene?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ho appreso tutto
dell'approvvigionamento dei paesi dell'est tramite le
note famiglie del nord: Paviglianiti, Franco Coco,
Pepe Flacchi, Papalia. Ma questi sono tutti accordi
che abbiamo avuto parlando dal luglio 1991, perché ci
fu un primo approccio dei Paviglianiti per quanto
riguarda le forniture di cocaina e
l'approvvigionamento delle armi dall'Olanda
attraverso persone che operavano su tutto il
territorio nei paesi dell'est. Non ho potuto
assistere perché lui stava in Puglia ed io a
quell'epoca stavo a Cervinate, e lui cominciò a fare
dei grossi ritiri...
 PRESIDENTE.  Di che cosa?
SALVATORE ANNACONDIA.  Di armi di tutti i tipi.
PRESIDENTE.  Chi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  I Paviglianiti.
PRESIDENTE.  Da dove venivano queste armi? Dall'est?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  E come arrivavano?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Attraverso i TIR arrivavano
                                tutti
le armi che si volevano.
 MARCO TARADASH.  Dove vanno queste armi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  La maggior parte delle
armi... lei deve pensare che è stata smistata in
tutta la Calabria, in Puglia. Io ero il referente
loro, se a me servivano cento pezzi di armi, mi
venivano date...
           PRESIDENTE.  Ho capito, e queste erano famiglie
                              mafiose?
IPaviglianiti erano mafiosi?
             SALVATORE ANNACONDIA.  Attualmente Domenico
                            Paviglianiti
è capo indiscusso...
 PRESIDENTE.  Di che cosa?
SALVATORE ANNACONDIA.  Della 'ndrangheta. PRESIDENTE.
Tutte della 'ndrangheta erano le famiglie
che ha citato?
                         Pagina 2495
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, tutte della 'ndrangheta.
PRESIDENTE.  L'importazione quindi viene dall'est ed
attraverso i TIR.
        SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. All'epoca si parlava anche
della possibilità di avere degli elicotteri.
  Signor presidente, di attacchi alla mafia, alla
criminalità organizzata ne sono stati fatti molti. Vi
posso dire una cosa e cioè che è stata presa di
sprovvista.
PRESIDENTE.  La mafia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  La mafia e la grande
criminalità. Non si può certo parlare di mafia
soltanto. La mafia, signor presidente, la mafia
vecchia, quella che esisteva tanti anni fa... adesso
c'è la vera organizzazione mafiosa, la grande
criminalità che è più cruenta di tutte, che non
risparmia niente. Fino a molti anni fa non si
ammazzavano le donne ed i bambini, adesso invece si
ammazzano donne e bambini. Non c'è più... Ecco perché
le dico... Parlando del più e del meno, delle
importazioni di queste cose, sempre nel 1991, c'era
la disponibilità di avere tutto, pure il nucleare.
 PRESIDENTE.  Dall'estero.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Tutto quello che si voleva.
I kalashnikov  erano diventati una cosa che si
odiava,
invece prima, fino al 1978-1979, una persona faceva
un omicidio per avere un  kalashnikov ; nel 1991
costava un milione, un milione e mezzo, in Italia,
che si vendeva alle persone che si sapevano, ma alla
fonte un  kalashnikov veniva a costare 200 dollari.
 PRESIDENTE.  C'erano dei collegamenti tra la
'ndrangheta che operava in Lombardia e qualcuno nei
paesi dell'Est?
SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono le grosse
organizzazioni
in questi paesi, signor presidente.
 PRESIDENTE.  Locali o di 'ndrangheta?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sono locali, del posto, con
infiltrazioni pure italiane perché la mente italiana
c'è dappertutto.
PRESIDENTE.  E questi curano i trasporti di armi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
         PRESIDENTE.  Questo vale anche per gli esplosivi o
                                solo
per le armi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Armi o esplosivo è la
stessissima cosa, anzi è più comodo trasportare
l'esplosivo che le armi.
PRESIDENTE.  Perché? Si nasconde meglio?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché si possono
trasportare 200 chili di esplosivi o 500 chili e si
fanno due bancali.
PRESIDENTE.  Cosa sono i bancali?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Le pedane.
          PRESIDENTE.  Deve spiegare perché non siamo molto
                               esperti
in traffico di esplosivi.
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, le pedane dove si carica
la merce. Si riempiono due bancali. Ma per caricare
500 fucili mitragliatori c'è bisogno di spazio.
Bisogna riempire un container . E' più comodo
trasportare l'esplosivo.
PRESIDENTE.  E' chiarissimo. Come sono pagate le
armi? Pagina 2496
        SALVATORE ANNACONDIA.  Le armi non vengono pagate con
                                  i
soldi, le armi vengono pagate con l'eroina.
        PRESIDENTE.  Cioè le armi e le munizioni che vengono
                                 in
Italia...
         SALVATORE ANNACONDIA.  Vengono pagate in cambio di
                               merce.
 PRESIDENTE.  In eroina che va all'Est.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
           MARCO TARADASH.  Quanta eroina e quanto hascisc
                               ritiene
che circolino in Italia in un anno?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Se deve fare in un anno,
                               abbiamo
bisogno di una calcolatrice.
 PRESIDENTE.  Forse anche di due.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Io mi guarderei dal farle
delle domande perché a me devono essere rivolte le
domande, però fate un esempio: Milano quanti milioni
di abitanti ha? Due milioni e mezzo. E che
percentuale ha come tossicodipendenza? Un 10 per
cento, un 5 per cento? Due milioni e mezzo al 5 per
cento...
 PRESIDENTE.  Cento mila persone.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Cento mila persone ad un
grammo a testa al giorno sono 100 mila grammi, che
equivalgono a 100 chili. Solo Milano ha bisogno di
100 chili. Adesso facciamo la proporzione in tutta
Italia e vediamo di quante tonnellate al giorno di
eroina ha bisogno l'Italia. Ecco l'esempio che vi ho
fatto prima dei  container . I piccoli spacciatori, i
piccoli trafficanti che portano i 10 o i 50 chili
sono tutti cani sciolti, non sono una vera e propria
organizzazione; sono piccole organizzazioni turche,
sudamericane che introducono questa merce.
MARCO TARADASH.  Lei quanta ne trattava all'anno?
SALVATORE ANNACONDIA.  Trattavo una media di 30, 25,
35
chili al mese.
 PRESIDENTE.  Di eroina?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Trattavo 6-7 chili di
cocaina e 20-25 chili di eroina. C'era un mese che
potevo trattare pure 40-50 chili di stupefacenti,
però c'era il mese che mi dovevo mantenere sui 20
chili per le forze dell'ordine che...
PRESIDENTE.  A causa di perquisizioni. Ci sono in
Italia
depositi per lo stoccaggio di queste sostanze oppure
arrivano in continuazione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il deposito c'è.
 PRESIDENTE.  C'è una cosa che mi ha sempre sorpreso
e cioè che, anche quando si effettuano sequestri di
100-200 chili, la sostanza non viene mai a mancare né
si alza il prezzo.
 SALVATORE ANNACONDIA.  E non può. Perché quelli che
vengono presi non sono le grandi organizzazioni. Sono
le
grandi organizzazioni che lo hanno fatto arrestare
già da dove è partito. Anche se viene arrestato in
Italia, quello è già stato venduto alla partenza.
  Viene fatto un sequestro di 100 chili di eroina
con 10 mila camion che passano: vanno a beccare
proprio il camion giusto perché hanno già la
soffiata.
PRESIDENTE.  Nel frattempo passano gli altri.
SALVATORE ANNACONDIA.  E nel frattempo sono passati
gli
altri.
          PRESIDENTE.  Lei stava spiegando dei depositi. Ci
                                sono
depositi di sostanze stupefacenti?
                              Pagina 2497
SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono i grossi magazzini.
PRESIDENTE.  Che lei sappia, in che aree sono
collocati? SALVATORE ANNACONDIA.  Intorno alla
periferia di Milano
ce n'erano, più di uno.
         PRESIDENTE.  A Roma? Per capirci: ce n'è uno oppure
                                ogni
gruppo criminale ne ha uno suo?
        SALVATORE ANNACONDIA.  In Italia, signor presidente,
                                 le
più grosse organizzazione che hanno il controllo
dell'eroina stanno in Lombardia. Quelli che stanno in
tutto il resto del territorio sono piccole
organizzazioni che dipendono e non dipendono, ma i
grossi approvvigionamenti sono tutti al nord.
PRESIDENTE.  Quanto le rendeva il traffico mensile di
quei 30 chili di stupefacenti?
            SALVATORE ANNACONDIA.  Per l'eroina avevo una
                             quindicina
di punti di guadagno su ogni chilo, cioè 15 milioni a
chilo. Avevo certe persone per le quali avevo 12-13
milioni a chilo.
PRESIDENTE.  Di guadagno?
            SALVATORE ANNACONDIA.  Di guadagno, perché io
                              l'eroina
non l'ho mai tagliata.
        PRESIDENTE.  Quindi, su 30 chili sono 500 milioni al
                                mese
di guadagno.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, ma poi ci sono le spese.
PRESIDENTE.  Parlando di guadagno, pensavo al netto.
SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono tutte le spese, ci
sono i
ragazzi.
        PRESIDENTE.  Può farci capire quanto alla fine era il
guadagno netto, pulito?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Cinque o sei punti, quattro
                               punti.
 PRESIDENTE.  Quindi 5 o 6 milioni.
SALVATORE ANNACONDIA.  Quattro o cinque milioni al
chilo. PRESIDENTE.  Cinque punti a chilo, su 30
chili, sono 200
milioni al mese. Era sempre questo il guadagno oppure
è cresciuto nel tempo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Per il quantitativo di
guadagno, signor presidente, deve anche calcolare il
gruppo che va in disgrazia e che viene arrestato, le
perdite: ecco perché c'è da fare il calcolo su tutto.
Quando vi dico che avevo una media di 4-5 milioni al
chilo perché, anche se su una vendita di 10 chili
posso pure guadagnare 20 milioni a chilo, però la
proporzione sulla perdita la deve pure mettere. Non
c'era poi un prezzo unico. C'era la batteria più
vicina e più stretta che il prezzo glielo devi fare
molto più leggero, c'è quell'altro che glielo aumenti
un po' di più, in base alle persone che tu tratti,
che hai, perché io avevo molti fiancheggiatori.
        PRESIDENTE.  Come si divide il mercato della cocaina?
                                 Lei
ha detto che l'eroina è roba più di strada perché c'è
tanta gente che la prende, mentre la cocaina ha un
mercato più ristretto.
 SALVATORE ANNACONDIA.  E' una cosa più riservata. I
metodi di importazione sono gli stessi, solo che,
dagli anni ottanta, in Sicilia c'è una cosa di bello:
sanno far funzionare il cervello.
 PRESIDENTE.  Anche in Puglia, pare di capire.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ecco perché noi abbiamo
appreso tutto. Io però le sto parlando di prima degli
anni ottanta.
Pagina 2498
PRESIDENTE.  Sì, mi scusi: l'ho interrotta
scioccamente. SALVATORE ANNACONDIA.  Prima degli anni
ottanta tutto il
mercato degli stupefacenti lo aveva in mano la
Sicilia, e qualche pugliese. Dall'inizio degli anni
ottanta vi fu una grossa guerra tra siciliani e
calabresi. I calabresi sono stati sempre portati come
uomini "di terra", avevano la cappa. Quando c'era
qualcosa buttavano la cappa e allora ragionavano.
PRESIDENTE.  Cos'è la cappa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  La "manta" che portano i
calabresi, per lavare i panni sporchi. Quando hanno
iniziato ad emigrare e a vedere i vantaggi che
derivavano dagli stupefacenti, volevano prendere il
controllo del traffico degli stupefacenti. Ci fu una
grossa guerra, signor presidente, nella quale i
siciliani ebbero la peggio, per cui dovettero cedere
ed arrivare ad un accordo, le grosse famiglie, per
effetto del quale il controllo della cocaina sarebbe
rimasto ai siciliani mentre il controllo sull'eroina
l'avrebbero esercitato i calabresi. Il siciliano è
stato una persona che ha avuto sempre grossi agganci
e grosse amicizie in tutte le parti del mondo,
specialmente in America ed in Sudamerica. La maggior
parte dell'importazione della cocaina in Italia
avviene attraverso le navi, in  containers . Un
quantitativo minimo arriva attraverso gli aerei e
quelli che si servono di questo mezzo di trasporto -
lo dicevo già prima -   sono tutti piccoli corrieri,
che trasportano due, cinque,
dieci chili. Ma non è questo il quantitativo del
quale ha bisogno l'Italia; l'Italia ha bisogno di
tonnellate, per cui i piccoli trafficanti non possono
accontentare il mercato. Ecco perché ci sono le
grosse organizzazioni.
 PRESIDENTE.  C'è un accordo tra 'ndrangheta, mafia
siciliana e camorra?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Come funziona questo accordo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  L'accordo è nel senso che se
ai siciliani serve l'eroina, c'è l'eroina; se ai
calabresi serve la cocaina, c'è la cocaina.
Ultimamente, dal 1990-1991, i calabresi hanno
iniziato a prendere anche il controllo della cocaina.
           PRESIDENTE.  Ci sono accordi per gestire questi
                              traffici,
oppure ciascuno procede per conto proprio?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In certe situazioni si
arriva a degli accordi. Ve ne sono invece altre nelle
quali non si
riesce a raggiungere un accordo ed allora scoppiano
le guerre. Tuttavia, oggi la guerra non conviene più
a nessuno. Conviene ragionare e sistemare le cose.
           PRESIDENTE.  Che ruolo svolge e che posto ha la
                               camorra
in questi affari?
 SALVATORE ANNACONDIA.  La camorra, dalla perdita di
Cutolo, si è ristretta, è diventata una cosa
ristrettissima. Quello che esce fuori è poco.
Controlla il suo territorio come Dio comanda...
          PRESIDENTE.  Quindi, controlla il suo territorio
                                "come
Dio comanda". Cosa vuol dire che quello che esce
fuori è poco? SALVATORE ANNACONDIA.  Dalla caduta di
Cutolo... Se lei
ben ricorda, i primi pentiti sono stati i napoletani.
PRESIDENTE.  Sì.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Napoli ha dato molta
sfiducia a livello di malavita, anche se sono rimaste
sempre persone sane, pulite, votate. Tuttavia, ha
dato un po' fastidio alla grande malavita. Napoli ha
avuto una guerra che è durata fino a    poco tempo
fa; quindi, la camorra non poteva estendersi al
di fuori perché
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doveva controllare il territorio. Le infiltrazioni ci
sono ancora, ma non come una volta. E' rimasta una
regione stretta, chiusa, pur controllata nel migliore
dei modi. Anzi, si può dire che è stata controllata
meglio negli ultimi anni che prima.
 PRESIDENTE.  La camorra conclude anch'essa intese
con la mafia e la 'ndrangheta per il controllo degli
stupefacenti oppure ha canali diversi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ha dei canali diversi, ma la
maggior parte sono quelli... Poi vi sono accordi con
le grosse famiglie, perché a Napoli ci sono delle
grosse famiglie...
PRESIDENTE.  Mafiose?
 SALVATORE ANNACONDIA.  ...a livello internazionale.
 PRESIDENTE.  Di mafia o di camorra?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Di camorra, che poi si
chiama camorra perché così è stata definita. La
'ndrangheta... Sta di fatto che è sempre mafia, è
tutto mafia, la voce è unica. E' definita Sacra
corona unita o quarta mafia in Puglia perché è stata,
appunto, definita in questo modo e si è portata
dietro il nome. Le regole comunque sono sempre
quelle.
           PRESIDENTE.  Facciamo un passo indietro. Lei da
                               quanto
tempo ha quel segno, quella specie di crocetta sul
pollice? SALVATORE ANNACONDIA.  Dal 1989.
 PRESIDENTE.  Lei ha dichiarato che l'avvocato
Gironda era del tutto in buona fede. Tuttavia, un
avvocato penalista sa
cosa significhi quel segno...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, non è che
si veda. Uno dovrebbe fare mente locale, lo dovrebbe
capire.
PRESIDENTE.  Quindi, potrebbe essere che Gironda non
lo
abbia visto.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non si nota. Se uno si mette
davanti, lo guarda e lo capisce, ma potrebbe anche
essere una cicatrice.
 PRESIDENTE.  Non le ha mai chiesto nulla?
SALVATORE ANNACONDIA.  Ma non esiste! Non poteva...
PRESIDENTE.  Ci può spiegare, per cortesia, il ruolo
che
ha la Spagna nel traffico di armi e di droga?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Non è che la Spagna abbia un
grosso canale di armi, signor presidente. La Spagna
ha un grosso canale solo di hascisc e cocaina.
 PRESIDENTE.  Al traffico di hascisc ha già fatto
riferimento. E per la cocaina?
 SALVATORE ANNACONDIA.  La cocaina passa attraverso
la Spagna, arriva via mare, perché la Spagna non è
una nazione come l'Italia e la Francia, ma è meno
controllata.
PRESIDENTE.  La Spagna è meno controllata?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, c'è più corruzione.
Dalla
Spagna, attraversa tutti i valichi dei Paesi Bassi e
arriva in Olanda, dove viene depositata. Il fermo
della cocaina viene fatto in Olanda.
            PRESIDENTE.  Non sarebbe più facile portarla
                            direttamente
dalla Spagna all'Italia?
                              Pagina 2500
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, signor presidente.
 PRESIDENTE.  Perché?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché deve attraversare la
Francia e poi l'Italia. L'Italia, sugli
stupefacenti... PRESIDENTE.   ...è molto controllata.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Poi, questi grossi
personaggi hanno tutte le basi in Olanda. Una volta
scaricata la merce in Olanda, poi la distribuiscono
come vogliono.
PRESIDENTE.  Perché è stata scelta proprio l'Olanda?
SALVATORE ANNACONDIA.  Hanno i loro appoggi in
Olanda. PRESIDENTE.  Ma perché è stata scelta
l'Olanda?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché deve pensare, signor
Presidente, che in Olanda l'hascisc si può vendere...
Come caccia agli stupefacenti non è che vi sia un
gran che, nonostante le leggi siano severe. Diciamo
che non c'è questo accanimento, perché si vive sugli
stupefacenti. Lo stupefacente non è altro che una
fonte di ricchezza per la nazione.
 PRESIDENTE.  Perché?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono nazioni che non è
che abbiano una produttività e che hanno solo la
produzione di coca, di eroina e di hascisc.
PRESIDENTE.  L'Olanda, però, è una nazione ricca.
SALVATORE ANNACONDIA.  Non è che l'Olanda abbia
bisogno...
 PRESIDENTE.  Appunto!
 SALVATORE ANNACONDIA.  Deve pensare che i maggiori
azionisti sono tutti grossi trafficanti. L'Olanda è
un'oasi di tranquillità per quanto riguarda gli
stupefacenti. Poi presenta la comodità che,
attraverso la Spagna, ci sono i canali giusti.
           PRESIDENTE.  Il fatto che vi sia un grandissimo
                               porto,
rappresenta un elemento di aiuto oppure no?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il grandissimo porto aiuta
nello scarico dei  containers . Basta avere degli
appoggi giusti in dogana per poter fare qualsiasi
tipo di traffico.
PRESIDENTE.  Può spiegare alla Commissione i rapporti
con
iModeo, ai quali ha soltanto accennato?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, posso parlare ampiamente
                                 su
questo fatto perché, oramai...
 PRESIDENTE.  Prego.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Nel 1983 ho commesso
l'omicidio di tale Mastrorilli, il quale era compare
di Gianfranco Modeo. Mi trovai nel carcere di Trani
con un tale Cesare Liuzzi, figlioccio di Riccardo...
 PRESIDENTE.  Modeo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Facemmo subito amicizia
con questa persona. Lui stesso mi mandava i saluti di
Gianfranco e Claudio Modeo, saluti che io ricambiavo.
Poi fui trasferito al carcere di Lecce e stavamo
insieme proprio con Gianfranco e Claudio.
PRESIDENTE.  I fratelli stavano insieme in carcere?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, Gianfranco e Claudio.
           Dopo un breve periodo di detenzione a Lecce fui
                             trasferito
aMatera e poi uscii.
                              Pagina 2501
Però, i miei rapporti con Cesare Liuzzi continuavano,
fino a che, per tutto il periodo di detenzione agli
arresti domiciliari, ho rifornito il fratello per
conto suo. Cesare Liuzzi è uscito, ci siamo visti, ci
siamo frequentati, ma poi c'è stato uno stop: non ci
siamo più sentiti.
        Nel 1989 decido di comprare una barca, vado a Crotone
                                 e,
al ritorno, mi fermo a Taranto, sapendo che c'è
Cesare Liuzzi che è un grande amico. Vado al rione
Tamburi, chiedo di lui, ma nessuno mi dice niente.
Oramai Cesare era già morto, era già sparito. Dissi:
fammene andare. Mi promisi che sarei ritornato.
  Tramite un amico riesco a sapere che attualmente
il referente dei Modeo era un tale Marino Pulito, di
Pulsano. Mi metto in contatto con questo Marino
Pulito e mi fisso un appuntamento. I Modeo ormai sono
latitanti perché il processo dei 22 anni per
l'omicidio Marotta era andato in definitivo. Fisso un
appuntamento con questo Marino Pulito e ci vediamo a
Pulsano, perché lui non venne da Bari, anche se
Riccardo lo assicurò e disse: vai tranquillo, non lo
conosco ma so che è un gran bravo ragazzo. Arrivo a
Pulsano, conosco questo Marino e   gli chiedo pure di
Cesare; non mi risponde. In
quell'occasione mi chiese armi e droga. Dissi: vai
piano, perché non c'è problema però ci sono tante
persone davanti. Io dissi: datti una calmata; ti
mandano tanti saluti Riccardo e Gianfranco che
vogliono parlare con te.
  Fu in quell'occasione che andai in campagna, a
Montescaglioso, dove stavano loro e mi chiesero
aiuto, sia per quanto riguardava i rifornimenti di
armi e droga, sia per l'aiuto nella guerra che era
scoppiata. Mi parlarono che era già successo
l'omicidio della madre. I tanti omicidi che poi sono
successi...
 PRESIDENTE.  Lei ha narrato molto bene queste cose
nei verbali. I Modeo avevano una struttura di comando
criminale a Taranto: ci interessa capire meglio
questo aspetto.
SALVATORE ANNACONDIA.  Chi aveva questa struttura
realmente, che era una persona riconosciuta in
Italia, era il fratello, il messicano, il
fratellastro Tonino. Loro non erano altro che dei
delinquenti del rione che, per il fatto che si erano
messi contro con Tonino il messicano si erano
ingranditi. Le persone che avevano preso con loro,
questi ragazzi che votavano per Riccardo erano tutte
persone di Tonino il messicano. Quando lui si è
trovato nello scontro con Tonino il messicano, si è
trovato pure contro De Vitis, Gregorio Cicala,
Ricciardi; si è trovato contro tutte queste persone.
Però lui era circondato da gran bravi ragazzi, che lo
amavano perché credevano in lui. Invece, alla fine ha
dimostrato di essere una carogna, non parlo per odio,
perché ha fatto ammazzare un sacco di ragazzi che
gravitavano nel suo
gruppo.
PRESIDENTE.  Perché li ha fatti ammazzare? SALVATORE
ANNACONDIA.  Per paura.
PRESIDENTE.  Non ho capito, si spieghi meglio.
SALVATORE ANNACONDIA.  Per paura li ha fatti
ammazzare. PRESIDENTE.  Li ha fatti uccidere lui?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Li ha fatti ammazzare lui da
altre persone perché quello un domani gli poteva dare
fastidio, quello perché domani poteva prendere il suo
posto. Mi è dispiaciuto perché erano ragazzi che
avevano dato la vita per lui.
 PRESIDENTE.  Come mai Modeo si rifugia presso
Montescaglioso? Abbiamo letto che lei si reca in quel
paese. Come mai Montescaglioso viene scelto?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Montescaglioso è vicino a
                              Taranto.
                              Pagina 2502
         PRESIDENTE.  Ci sono tanti posti vicini a Taranto.
                               Perché
proprio Montescaglioso?
            SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, nel
                              materano
era una zona più tranquilla rispetto a Taranto. Poi,
a Taranto si doveva fare una certa guerra.
 PRESIDENTE.  Quindi era un posto fuori regione
molto vicino. Dipende anche dalla conformazione del
territorio, dai boschi, dalla presenza di masserie?
Tutto ciò era tenuto in conto?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Era tutto tenuto in conto,
perché Riccardo Modeo ebbe gli appoggi, per quanto
riguardava Montescaglioso, dagli Scarcia di Policoro,
non quelli di Taranto che si chiamano Scarci. Però,
sono cugini. Ebbe gli appoggi dagli Scarcia per
Montescaglioso. Poi a Montescaglioso c'era anche un
loro fedelissimo, Alessandro Bozza. Tutti gli
appoggi, per quanto riguardava l'acquisto del
terreno... Là era solo un terreno agricolo e furono
poi costruite le ville e i     bunker  man mano che
si andava avanti, con il supporto
che io dovetti dare, perché mi sentivo orgoglioso di
aiutarli, perché con Gianfranco e con Claudio ci
eravamo trattati; con Riccardo ci davamo i saluti:
lui conosceva me come nome, io conoscevo lui come
nome.
 PRESIDENTE.  In carcere è possibile per voi avere
rapporti e collegamenti, fare piani e programmi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Mi sentivo la libertà in
carcere.
Non so gli altri.
PRESIDENTE.  Mi sembra di sì, da quanto abbiamo
capito. SALVATORE ANNACONDIA.  Io avevo più
opportunità, o meno
opportunità, però...
         PRESIDENTE.  Come faceva ad avere più opportunità?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Avevo i soldi.
 PRESIDENTE.  E quindi?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Pagavo il telefonino che avevo
                                 in
carcere.
         PRESIDENTE.  Quanto costava avere un telefonino in
carcere?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Due milioni, due milioni e
                               mezzo.
 PRESIDENTE.  Più o meno quanto fuori.
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, signor presidente. A chi
portava il telefonino pagavo lo stipendio io.
PRESIDENTE.  Quindi, due milioni al mese.
        SALVATORE ANNACONDIA.  No, ogni volta che mi portava
                                 il
telefonino. Mi portava il telefonino e altre cose.
Per i contatti che avevo io, era come se fossi in
libertà.
PRESIDENTE.  Chi era che le portava questa roba,
agenti
di custodia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
              PRESIDENTE.  Lei ha già fatto i nomi alla
                            magistratura?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
        PRESIDENTE.  Questa era una pratica comune in tutti i
carceri?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In alcuni carceri è comune,
ma bisogna vedere la persona che lo fa, la persona
che lo chiede. Non è che ognuno chiede il telefonino
e glielo portano.
PRESIDENTE.  E lei aveva il telefonino in carcere?
Pagina 2503
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  In quale carcere?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In quello di Foggia.
        PRESIDENTE.  Faceva una telefonata e lo restituiva o
                                 lo
aveva in cella per ogni necessità?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Lo tenevo 2, 3 giorni
massimo; poi si scaricavano le pile e lo ridavo fuori
e me lo riportavano.
PRESIDENTE.  Ho capito. Con le pile ricaricate?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Nessuna perquisizione in cella?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Anche se avvenivano
perquisizioni,
non c'era problema. In un'occasione, avevo il
telefonino sulla bilancetta: fecero la perquisizione
e se ne andarono. Poi, avevamo degli imboschi.
 PRESIDENTE.  Che vuol dire imbosco?
SALVATORE ANNACONDIA.  Un posto dove nasconderlo.
PRESIDENTE.  Nella cella?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  E che altro portavano?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Le posso dire - è stato
verbalizzato e poi è stato già operato - che avevo
una pistola, una 6,35.
         PRESIDENTE.  Quello di Foggia era un carcere un po'
speciale o anche in altri carceri succedevano cose
del genere? SALVATORE ANNACONDIA.  Ormai il carcere
di Foggia aveva
una piega...
 PRESIDENTE.  Una brutta piega. Anche altri carceri
avevano questa piega?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, io non
                                avevo
problemi.
 PRESIDENTE.  In nessun posto?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché di detenzione ne ho
fatta poca, ma per quella che ho fatto non avevo
problemi.
PRESIDENTE.  Gli altri?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono persone che hanno
gli stessi agganci. Adesso sfido chiunque ad essere
corrotto, perché adesso le cose iniziano ad essere
problematiche, perché ognuno che parla si pente
veramente e tira in ballo...
PRESIDENTE.  Però ci interessa sapere se, prima che
ci
fosse questa ondata di collaborazioni, in molte
carceri italiane succedeva che chi aveva soldi e
aveva un nome riusciva ad avere più o meno cose di
questo tipo?
SALVATORE ANNACONDIA.  Non gli mancava niente.
PRESIDENTE.  Dovunque andava.
           SALVATORE ANNACONDIA.  Non in tutte le carceri,
                               signor
presidente.
            PRESIDENTE.  Un carcere che nel vostro giro è
                             considerato
severo qual è?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Quello di Secondigliano è
considerato serio, anche se qualche pecca ce l'ha.
PRESIDENTE.  E l'Asinara? E Pianosa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  L'Asinara è stato aperto per
il 41-bis , ad esso sono state assegnate tutte
guardie scelte.
Pagina 2504
Però, signor presidente, lei deve pensare che una
persona quando sta sei o sette mesi in un carcere
inizia ad avere un rapporto con una certa guardia,
amicizia con un certo
brigadiere, simpatia con il direttore. I discorsi
nascono pian piano; non è che il giorno dopo l'arrivo
si può chiedere il telefono.
 PRESIDENTE.  Quindi, in carcere, telefoni, una
pistola. Scusi, lei solo aveva il telefono e la
pistola in carcere o anche qualcun altro?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il telefono ce l'aveva anche
qualcun altro.
 PRESIDENTE.  E faceva telefonate...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Cocaina, hashisc, profumi,
soldi: tutto. Non potevamo tenere le carte da gioco,
ma ce le portavano. Se poi durante una perquisizione
le trovavano, ci portavano un altro mazzo di carte.
Quello che ci serviva ce lo facevamo portare, sia io
sia gli altri, perché ciascuno ha le sue guardie.
 PRESIDENTE.  Con questo giro di organizzazioni
criminali con le quali lei ha avuto rapporti avete
mai parlato di possibili attentati da fare? Ha saputo
che in questi giorni ci sono stati degli attentati in
Italia. Ecco, di questo tipo di attentati ha mai
sentito parlare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, non volli
verbalizzare una certa cosa perché una persona può
essere presa per un megalomane, ma feci un colloquio
investigativo con il dottor Alberto Maritati nel
quale io accennai ad attacchi e stragi ai musei. Ne
parlai appunto con il dottor Maritati.
 PRESIDENTE.  Quando?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Alcuni mesi fa.
PRESIDENTE.  Può spiegare alla Commissione questa
cosa? SALVATORE ANNACONDIA.  Ultimamente ai carceri
dell'Asinara e di Rebibbia sono stati fatti gli
stessi ragionamenti e gli accordi erano quelli ormai.
Si doveva lanciare un piccolo segnale, ma il segnale
grosso si doveva lanciare dopo il 20 luglio, se
avessero rinnovato il 41-bis che scadeva il 20
luglio. Non è che non volevo verbalizzare questo
fatto, ma non me la sentivo di farlo perché mi
auguravo che non succedesse niente. Ne parlai poi con
l'investigatore, il dottor Maritati, che mi venne ad
ascoltare: tutti gli attacchi bisognava farli ai
musei...
 PRESIDENTE.  Perché ai musei?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché il museo fa parte
della città, del paese, della storia. E adesso che
sono passati all'attacco di più possono esserci
grosse stragi, perché questa è gente...
 PRESIDENTE.  Perché hanno fatto l'attacco ad un
museo e non direttamente alle persone facendo le
stragi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Perché i prossimi attacchi, di
cui
si parlò, saranno diretti alla Sardegna.
 PRESIDENTE.  Perché alla Sardegna?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Bisogna attaccare la Sardegna
perché c'è l'Asinara, perché i turisti non devono
andare più, perché la distruzione ai musei...
        PRESIDENTE.  Quindi c'è l'idea di un danno di questo
genere?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Su queste stragi non faccio
supposizioni: a me tocca parlare, signor presidente,
poi le indagini sono affidate a voi. Vi dico che va
cercato nel 41-bis .
        PRESIDENTE.  Quindi, è la risposta della criminalità
                                 al
41-bis. Perché, dà fastidio il 41-bis ?
                              Pagina 2505
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Perché non si può
colloquiare. PRESIDENTE.  L'isolamento è il danno
maggiore che può
ricevere la criminalità?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Tutti i grossi accordi, tutte
                                 le
imbasciate...
 PRESIDENTE.  Non si possono più fare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non si possono fare come si
faceva una volta. Una volta c'era la possibilità del
telefonino,
della guardia che portava il messaggio fuori e
riportava la risposta. C'era in altre carceri la
possibilità di fare colloqui tra detenuti e persone
in libertà. Dico solo quello che posso dire, perché
il resto è coperto dal segreto istruttorio.
PRESIDENTE.  Quindi si poteva fare quasi tutto.
SALVATORE ANNACONDIA.  Qualunque cosa volessi fare.
PRESIDENTE.  Il 41-bis  praticamente isola il
detenuto,
gli impedisce di avere collegamenti.
          SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, isola il detenuto. Il
                              detenuto
qualche contatto lo ha quando va in tribunale.
PRESIDENTE.  Può spiegare bene tra chi avvenivano i
discorsi relativi agli attentati ai musei?
SALVATORE ANNACONDIA.  E' coperto, signor presidente.
PRESIDENTE.  Non tra quali persone fisiche.
Appartenenti
aquali organizzazioni?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Campania e Sicilia.
            PRESIDENTE.  Se invece il 41-bis  fosse stato
                              revocato
non ci sarebbero stati gli attacchi ai musei. E lei
dice che però, se la cosa va avanti, questi alzano il
tiro.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, perché tutti sapevano che
il
20 luglio sarebbe stato revocato.
 PRESIDENTE.  Ah, sapevano questo!
  Colleghi, proporrei di andare avanti senza fare
alcuna sosta. Lei è d'accordo ad andare avanti o ha
bisogno di una pausa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non ho problemi, presidente.
Le chiederei solo una piccola interruzione di cinque
minuti.
PRESIDENTE.  D'accordo, sospendo brevemente la
seduta.
La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 14,20.
PRESIDENTE.  Può spiegare quali sono e quali sono
stati i
rapporti con gli imprenditori locali?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, questo è
coperto da segreto, non posso fare i nomi.
PRESIDENTE.  Ho capito, fa parte del discorso
appalti. Le zone nelle quali lei ha preso contatto
con
l'imprenditoria?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Trani...
 PRESIDENTE.  Quella era la sua zona.
  Il contatto - per capire - è solo quello che lei
ci ha spiegato, cioè tramite riciclaggio, o ce ne
sono altri tipi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Ce ne sono altri, ma sono
coperti
da...
 PRESIDENTE.  Ma riguardano appalti, spesa pubblica,
eccetera?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
                              Pagina 2506
 PRESIDENTE.  Ho capito, grazie. Esiste un mercato
dell'usura?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, esiste perché l'usura è
un business  di miliardi, signor presidente. Le
faccio un esempio: ho perso alcuni miliardi, parecchi
miliardi, perché per la mia collaborazione... delle
fughe di notizie che ci furono... perché questi soldi
che avevo dato in usura, che prendevo mensilmente...
 PRESIDENTE.  A che tassi li dava, più o meno?
SALVATORE ANNACONDIA.  Al 15 per cento. PRESIDENTE.
Mensile?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Sarebbe il 150 per cento...
 PRESIDENTE.  E in genere pagavano?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  E a chi non pagava che succedeva?
SALVATORE ANNACONDIA.  E' difficile che non
pagassero. PRESIDENTE.  Si convincevano!
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
          PRESIDENTE.  Nella sua zona esistono rapporti tra
appartenenti a organizzazioni criminali, imprenditori
e uomini politici?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
           PRESIDENTE.  Che livello di imprenditori e che
                             livello di
uomini politici?
 SALVATORE ANNACONDIA.  L'imprenditoria tranese è
supportata dalle segherie di marmo, imprese di
costruzioni... grandi imprese pure; a Trani vi sono
imprese molto famose.
PRESIDENTE.  E i politici di che livello?
             SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente...
 PRESIDENTE.  Per capirci: consiglieri comunali,
parlamentari?
            SALVATORE ANNACONDIA.  Dal minimo al massimo.
 PRESIDENTE.  Tutti, quindi.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
          PRESIDENTE.  Ho capito, dal parlamentare fino al
consigliere comunale.
 Qual è la natura di questi rapporti? Affari o
altro? SALVATORE ANNACONDIA.  Affari e scambi.
 PRESIDENTE.  Cosa intende per scambi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Intendo scambi di voti, di
cortesie, cose che non posso riferire...
         PRESIDENTE.  No, le cose specifiche no... Lei è un
                                uomo
molto sveglio, capisce...
 PAOLO CABRAS.  Non i nomi, i fatti, il tipo di
rapporto...
SALVATORE ANNACONDIA.  Gli aggiustamenti dei
processi... PRESIDENTE.  Ci arriviamo fra un attimo.
Mi scusi,
andiamo con ordine.
  Dicevamo, quindi, che c'è questo intreccio in cui
gli
imprenditori, i criminali e questi politici sono
sullo stesso piano?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non è che i politici o gli
imprenditori si possano mettere con tutti i
criminali...
Pagina 2507
 PRESIDENTE.  No, certo, io parlo di quelli...
         SALVATORE ANNACONDIA.  Perché lei mi ha parlato di
criminali...
PRESIDENTE.  No, diciamo capi di organizzazioni.
SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono degli accordi, degli
scambi...
         PAOLO CABRAS.  Qual è l'oggetto dello scambio, del
rapporto?
         SALVATORE ANNACONDIA.  L'oggetto dello scambio, in
                                prima
base sono le elezioni.
 PRESIDENTE.  Il voto?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Esattamente. Poi ci sono dei
contratti - chiamiamoli così - nel senso che, se c'è
una zona da destinarsi, viene detto: "Acquista, per
te e per noi".
PRESIDENTE.  Questo lo dice il politico.
 ALFREDO GALASSO.  Società...
 PRESIDENTE.  Società di fatto.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Giusto. Vengono poi
destinate a zone edificabili o a zone industriali. Si
compra il terreno agricolo che poi diventa...
 PRESIDENTE.  Quindi, attorno a queste cose, vi sono
interessi sia di imprenditori, sia di politici che...
SALVATORE ANNACONDIA.  Gli interessi sono di
miliardi. PRESIDENTE.  Certo. Quindi, tutto ruota
intorno a questa
questione dei piani regolatori, delle varianti,
eccetera. SALVATORE ANNACONDIA.  Esatto.
PRESIDENTE.  Anche licenze per supermercati, per...
SALVATORE ANNACONDIA.  Anche le licenze. Posso dirle
che
mia moglie aveva oltre trenta licenze.
 PRESIDENTE.  Per che tipo di cose?
            SALVATORE ANNACONDIA.  Di tutto. Potevo anche
                              importare
delle armi, tabacchi, preziosi, abbigliamento...
          PAOLO CABRAS.  Queste licenze le rilasciano enti,
                               uffici,
amministrazioni diverse. Può spiegare...
SALVATORE ANNACONDIA.  C'è l'iscrizione al REC.
Poi... PRESIDENTE.  Le aveva sempre attraverso questi
rapporti? SALVATORE ANNACONDIA.  Esatto.
        PRESIDENTE.  Lei controllava un certo numero di voti
                                 lì?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  Quanti, più o meno? Può quantificarli o
no? SALVATORE ANNACONDIA.  Quantificare, signor
presidente...
fra Trani, Bisceglie, Barletta, Andria, Spinazzola,
Minervino, Corato... Potevo anche giostrare sui 50-60
mila voti.
PRESIDENTE.  Per cortesia, può dire alla Commissione
le
aree in cui lei si muoveva? Lei ha detto Trani. Poi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Trani, Bisceglie, Molfetta (ma
c'era poco), Corato (buona parte), Andria, Barletta,
Spinazzola, Minervino. Sono piccoli centri, però
hanno il loro peso.
 PRESIDENTE.  Cerignola no?
                         Pagina 2508
         SALVATORE ANNACONDIA.  No, con Cerignola siamo già
                                 nel
foggiano.
PRESIDENTE.  Lei si è mai spostato verso Bari?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, controllavo abbastanza
Bari. PRESIDENTE.  E perché adesso in questo elenco
non ha
indicato Bari?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché per il controllo dei
voti su quella città avevo persone che si occupavano
loro...
PRESIDENTE.  Per conto suo?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Per conto loro, ma sempre
collegate a noi.
 PRESIDENTE.  Quindi, per capirci: nell'ambito di
un'intesa politica, tra i voti che controllava lei e
quelli che controllavano persone vicino a lei...
         SALVATORE ANNACONDIA.  Non li controllavo soltanto,
                                 li
orientavo pure.
 PRESIDENTE.  Sì, intendevo parlare di orientamento.
Qual era il numero di voti che riuscivate ad
orientare lei e le persone collegate con lei?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Quanti ne servivano, signor
presidente. Non c'era un limite.
 PRESIDENTE.  E come facevate a sapere quanti ne
servivano?
SALVATORE ANNACONDIA.  Attraverso i contatti che
avevo. PRESIDENTE.  Per esempio, il deputato Violante
viene da
lei e dice: "A Bari mi servono 30 mila voti".
 SALVATORE ANNACONDIA.  Mi servono 10 mila voti, 5
mila voti, 20 mila voti... Si faceva di tutto per
accontentare...
PRESIDENTE.  E come si faceva per trovare questi
voti? SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, a noi
che
facevamo parte di una certa vita non era difficile.
Basti pensare... Solo i familiari - per dirle solo
questo - di amici, di "ragazzi", di conoscenti, di
fiancheggiatori... si
parla di migliaia. Poi, di conseguenza, persone che
si danno a mangiare, a campare... perché non è che
tutte sono inserite nella criminalità a titolo
esecutivo: ci sono le persone che vengono usate pure
per fare...
 PRESIDENTE.  Una singola cosa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Esatto. Quelle persone sono
tutte collegate in una certa maniera sempre a noi. Su
50 mila abitanti, io potevo controllare il 30-40 per
cento.
PRESIDENTE.  Senta, c'era un sistema di controllo
anche
del voto oppure bastava l'orientamento?
            SALVATORE ANNACONDIA.  No. C'è il sistema del
                              controllo
del voto.
 PRESIDENTE.  Come si controlla il voto?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Dai seggi dove si va a votare.
PRESIDENTE.  Cioè? Come si fa? Ci spieghi. SALVATORE
ANNACONDIA.  Presidente, non posso perché
stiamo entrando in merito a certi discorsi ...
PRESIDENTE.  No, chiedevo come si fa a controllare il
voto, non per chi ha votato. Non ci interessa, per
ora. Come
si fa a controllare il voto? Con l'incrocio delle
preferenze o no?
             SALVATORE ANNACONDIA.  C'è l'incrocio delle
                            preferenze e
degli accordi che
                              Pagina 2509
si fanno nelle correnti, pure. Deve pensare, signor
presidente, che io non è che non mi sputtanavo, non
mi mettevo in prima persona, perché io ero un grosso
personaggio. Avevo le mie persone, alle quali facevo
fare proprio quest'attività, che non erano inserite
nelle droga, nelle estorsioni, nel traffico...
 PRESIDENTE.  Insomma, erano persone pulite?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Persone che avevano il loro
passato, però oramai si erano inserite in un certo
livello, con delle sedi.
 PRESIDENTE.  Lei prima ha fatto riferimento ai
seggi, nel senso che doveva sapere che da quel seggio
dovevano venire, per esempio, 100 voti al suo
candidato ...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché io avevo in quella
zona mille persone, che giuravano di dare il voto.
Queste persone sapevano che in quel seggio dovevamo
trovare ... perché sapevamo pure la cabina, l'aula
dove andavano a votare. Avevamo le persone destinate
in tutti i posti. Quando poi fa la croce o fa il
nome, si lascia pure un segnale.
PRESIDENTE.  Ma quando c'è una sola preferenza, come
si
fa a lasciare il segnale? Finora ci hanno spiegato
che in
Calabria, in Sicilia, eccetera, quando c'erano più
preferenze, incrociando queste ultime si stabilivano
più o meno i nomi. Però nelle ultime elezioni
politiche c'è stata una sola preferenza: in questi
casi il controllo come può avvenire?
SALVATORE ANNACONDIA.  Quando c'è una preferenza,
signor
presidente, si sa che si deve preferire quello là.
PRESIDENTE.  Le è mai capitato ...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Le debbo dare subito una
risposta. Perché questo nuovo tipo di votazione, per
me è nuova.
PRESIDENTE.  Sì, non l'ha fatto, è giusto!
         Le è mai capitato che non sono ritornati i voti che
                                 lei
pensava?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Qualche caso c'è stato;
                              qualcuno
le ha prese.
 PRESIDENTE.  Cosa vuol dire: le ha prese?
SALVATORE ANNACONDIA.  La lezione l'ha presa.
PRESIDENTE.  Perché non ha tenuto fede ai patti?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
        PRESIDENTE.  Come avete fatto ad individuare chi era
                                 la
persona che non aveva tenuto fede ai patti?
              SALVATORE ANNACONDIA.  Avevo degli ottimi
                           collaboratori,
signor presidente.
 PRESIDENTE.  E' un sistema di spionaggio?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché sapevano che in
quell'aula
dovevano andare a votare 10 persone, e ne hanno
trovati 9 di voti. Nei 10 poi si viene a sapere chi
non ha dato il voto.
PRESIDENTE.  Ho capito. E quello era punito?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Eh!
PRESIDENTE.  Cioè il votante non fedele veniva
punito. Quali notizie ha in ordine alle vicende
dell'incendio del
teatro Petruzzelli?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente io
dell'incendio del Petruzzelli ho verbalizzato quello
che ho saputo.
PAOLO CABRAS.  Qual è la sua fonte di informazione?
E' in
carcere?
                         Pagina 2510
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  Può spiegare che cosa ha saputo?
SALVATORE ANNACONDIA.  Ho saputo dell'incendio del
Petruzzelli come è andata, come me l'hanno riferita,
signor presidente. Quando ci siamo incontrati nel
carcere di Trani con Tonino Capriati, che si può dire
che è una persona che io l'ho allevata, l'ho
cresciuta, l'ho istruita, e Savino Parisi... Nel
carcere di Bari era successa la morte di Antonello
Lazzarotto.
PRESIDENTE.  Come era morto Antonello Lazzarotto?
SALVATORE ANNACONDIA.  Lazzarotto è stato ammazzato.
PRESIDENTE.  Questo lo sa per certo lei, oppure
glielo
hanno riferito?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Me l'hanno riferito ma non è
                                 che
mi potevano dire una cosa per l'altra.
PRESIDENTE.  Lazzarotto chi era, che importanza
aveva? SALVATORE ANNACONDIA.  Non aveva una grossa
importanza
Lazzarotto.
 PRESIDENTE.  Perché era stato ucciso?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché dopo l'arresto di
Capriati, avvenuto nell'aprile del '91, in un  blitz
che è successo
aBari, uomini del suo gruppo, della sua famiglia si
misero in
società con il Lazzarotto. Chi guidava il gruppo di
Tonino era il fratello Mario, buon ragazzo, buon
elemento, e Sabino. Ma Sabino, il fratello maggiore,
non aveva la testa come uno più giovane. Durante
questa loro società negli stupefacenti, una sera
mentre si "pippava" cocaina a casa di Lazzarotto ...
La cocaina ha l'effetto che fa dire la verità e Mario
Capriati si confidò dell'incendio del Petruzzelli.
  Quando è avvenuto il  blitz , Lazzarotto dette
segni evidenti che voleva collaborare, perché fu
visto parlare con i funzionari e via dicendo. Fatto
sta che Lazzarotto ...
PRESIDENTE.  Funzionari della polizia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Di Bari?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, là fu il GICO che eseguì
quell'operazione.
PRESIDENTE.  Il GICO, quindi Guardia di finanza.
SALVATORE ANNACONDIA.  Quando è stato tradotto in
carcere
Lazzarotto, è stato messo alla quarta sezione, nelle
celle di isolamento. Gli altri sono andati in
sezione. Al Lazzarotto gli è arrivata la cocaina, ma
con un certo tipo di veleno. Questo veleno, signor
presidente, non va cercato nel sangue o nello stomaco
perché viene ingerito attraverso le vie respiratorie.
 PRESIDENTE.  Perché viene aspirato con il naso?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Con il naso. Al Lazzarotto
fu mandata una mezza grammata di questo stupefacente,
perché Lazzarotto non era un cocainomane come ne
parlano, era una persona che si metteva in compagnia
e sniffava cocaina. Quando gli è arrivata questa
mezza grammata di cocaina, Lazzarotto non ha fatto
altro che fare una "striscia", un "pippotto" unico.
Prima di fare il "pippotto" si è leccato pure la
carta stagnola o si è bagnato la sigaretta pure. Ha
gettato la carta e      la traccia non l'ha potuta
lasciare perché al Lazzarotto non
gli sono arrivati 3,4 o 5 grammi di cocaina, gli è
arrivato mezzo grammo, giusto per fare una sniffata
unica.
                              Pagina 2511
         PRESIDENTE.  Diceva che questo veleno non resta nel
                               sangue
...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non resta né nel sangue né
nello stomaco, perché questo è un segreto di cui io
ne parlai nel 1987, sia a Savinuccio Parisi, che a
Tonino Capriati, perché dovevamo eseguire un omicidio
nel carcere di Bari.
 PRESIDENTE.  Come si chiama questo veleno?
         SALVATORE ANNACONDIA.  E' un preparato chimico ...
                                Non è
che io sia un dottore ...
        PRESIDENTE.  Allora, dove lo trovavate, come faceva a
riconoscerlo?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, non posso
                                dire
il nome.
 PRESIDENTE.  Il nome non mi interessa.
           SALVATORE ANNACONDIA.  Amicizie con i dottori.
 PRESIDENTE.  Un dottore ha detto che esiste questo
preparato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Lì, a Trani?
SALVATORE ANNACONDIA.  A Trani, in qualsiasi posto.
PRESIDENTE.  Le chiedevo se il dottore è di Trani.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Dunque esiste questo preparato che può
essere inalato con il naso, e che non lascia traccia.
SALVATORE ANNACONDIA.  Esattamente. E' in polvere, si
mischia con la cocaina.
PRESIDENTE.  Non lascia tracce di alcun genere?
SALVATORE ANNACONDIA.  Nei polmoni sì. Però le
autopsie
non vengono eseguite nei polmoni, quando si fa
un'autopsia del genere. Hanno fatto autopsie sia nel
sangue che nello stomaco, ma non hanno trovato
tracce.
  Quando io mi sono incontrato a Trani, nel dicembre
del 1992, stavamo insieme con Capriati e Parisi.
Allora io la prima cosa che gli dissi  cur lazzarone
di Lazzarotto . Mi spiego in italiano?
 PRESIDENTE.  No, ho capito.
PAOLO CABRAS.  Quel lazzarone di Lazzarotto.
SALVATORE ANNACONDIA.  "Salvatore,  le piaciaiv  la
cocaina, ha dovuto morire". Dice: "Va beh  ce
problema
stavano con Lazzarotto ?  nu bun uagnam ier  anche se
ogni tanto faceva qualche leggerezza". "Salvatore,
sapeva  du fatt du Petruzzelli . Quello stronzo di
mio fratello si è confidato del Petruzzelli"  Ce
c'entra u Petruzzelli?"  E mi stettero a spiegare ...
 PRESIDENTE.  Cosa gli spiegarono?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Del Petruzzelli. Che Tonino
                                stava
aBari nel 1991, stava nel carcere di Bari...
 PRESIDENTE.  Chi è Tonino, scusi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Capriati.
  Tramite una sua testa di legno... la testa di
legno sarebbe il suo cassiere, tale Vitino "l'enel",
detto "l'enel", Vitino Martiradonna... dato che
Vitino dava i soldi in usura per conto di Tonino,
stava nel campo dei preziosi, aveva pure
un'oreficeria sempre a Bari vecchia, era una testa di
legno di Tonino, si conosceva con Ferdinando Pinto
tramite... Fu avvicinato perché si conoscevano così,
non è che si conoscessero intimamente con questo
Ferdinando, si conoscevano perché Vitino
                              Pagina 2512
frequentava il Circolo tennis di Bari, il Circolo
della vela o  il teatro, era una persona che viveva
nell' élite .
Attraverso dei politici, di cui non mi sono stati
fatti i nomi, signor presidente, non è che non... non
mi sono stati fatti i nomi...
        PRESIDENTE.  Tanto lei distingue quando non li vuole
                                dire
onon li può dire o quando...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non mi sono stati fatti i
nomi. Tramite questi politici fu avvicinato Vitino
"l'enel" e gli chiesero la cortesia del Petruzzelli.
 PRESIDENTE.  Di bruciarlo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Di bruciarlo. Perché il
Pinto... Queste cose poi me le ha spiegate tutte
Tonino e io le ho
spiegate tutte, non mi potevo inventare una cosa del
genere, presidente, perché ne andava pure della mia
credibilità. I fatti erano che bisognava incendiare
il Petruzzelli, fare non quell'incendio, ma un
incendio che lo doveva rovinare, non distruggere,
perché poi bisognava restaurarlo, il Petruzzelli.
Quello che hanno pubblicato i giornali non sono cose
come sono state dette e come sono state interpretate.
Non bisognava distruggere il Petruzzelli, ma
appiccare dei fuochi che si doveva rovinare. Il Pinto
aveva già progettato un altro teatro, ma non poteva
presentare il progetto del teatro Città di Federico.
Cosa accadeva? Che si doveva restaurare il
Petruzzelli...
 PRESIDENTE.  E nel frattempo...
 SALVATORE ANNACONDIA.  ... i lavori dovevano
proseguire
per anni, bisognava chiedere i finanziamenti e
l'assicurazione, chiedeva il minimo
dell'assicurazione, prendevano dei soldi, abbastanza,
i finanziamenti del restauro del Petruzzelli, perché
il Petruzzelli è una cosa mondiale, non è nazionale è
internazionale il Petruzzelli, e nel frattempo
bisognava mettere su il progetto del teatro Città di
Federico, che veniva autorizzato senza problemi
perché andava in sostituzione al Petruzzelli. Il
teatro Città di Federico veniva pubblicizzato con i
programmi che stavano al Petruzzelli, che passavano
di conseguenza al teatro Città di Federico. A questi
politici che intervenivano in tutta questa operazione
veniva dato il 30 per cento.
  Perché Tonino Capriati sa del 30 per cento? Perché
i favori che venivano fatti a Tonino erano le
garanzie per quanto riguardava i processi Capriati e
Parisi. Però Savino Parisi, quando gli sono arrivate
le prime notizie, non voleva partecipare; ha detto di
no, perché dice: "Poi va a finire che noi causiamo
troppo di quel casino a Bari". "Perché dobbiamo
bruciare il Petruzzelli?". Perché Savino Parisi è
stato sempre un ragazzo che ha voluto stare sempre
nel suo regno e non uscire fuori dai fatti suoi. Poi
Savino, sotto le insistenze di Tonino, ha accettato:
"Va bene, non mi interessa". E venivano sistemati i
processi sia di Savino Parisi che di Capriati.
 PRESIDENTE.  Questa fu la contropartita.
 SALVATORE ANNACONDIA.  La contropartita era questa.
        'Sti politici che hanno collaborato nell'incendio del
Petruzzelli...
        PRESIDENTE.  Avevano garantito anche la sistemazione
                                 dei
processi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Avevano garantito la
sistemazione dei processi e avevano preso due
piccioni con una fava: uno, che prendevano il 30 per
cento dei finanziamenti...
PRESIDENTE.  Per i lavori di ricostruzione.
 SALVATORE ANNACONDIA.  ... sia per i lavori di
ricostruzione che i finanziamenti che dovevano essere
chiesti per il teatro Città di Federico. Nello stesso
momento facevano il favore a Capriati e a Parisi e
alle votazioni loro c'avevano
                              Pagina 2513
già un'entrata in più degli altri, perché oramai i
contatti erano diretti.
         PRESIDENTE.  Ed erano importanti questi Capriati e
                               Parisi
evari?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, insomma...
FERDINANDO IMPOSIMATO.  I processi furono aggiustati?
SALVATORE ANNACONDIA.  Da qualche processo per
omicidio
la famiglia Capriati è uscita assolta; Savino Parisi
in un altro processo per droga è uscito assolto. Gli
promisero...
PAOLO CABRAS.  Dopo l'incendio del Petruzzelli?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, sì.
 PRESIDENTE.  Lo vediamo, comunque, lo possiamo
verificare.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Fu assolto, Savino, in un
processo dove era imputato di droga. A Tonino gli fu
promesso che avrebbe avuto non una condanna
eccessiva, perché era imputato di associazione a
delinquere di tipo mafioso finalizzata in estorsioni,
rapine, in droga, in omicidi, in tentati omicidi, e
prese una condanna a 13 anni, che gli sarebbe stata
ancora
agevolata poi in appello, che sarebbe uscito. Si
doveva fare quei due o tre anni perché il processo,
istituito dal dottor Magrone... non vi dico e non vi
conto.
  Parisi si voleva pentire e questo lo posso dire ad
alta voce, signor presidente, perché non c'è bisogno
che debbo vedere l'articolo sul giornale per sapere
se una persona si vuole pentire, io lo conosco già in
faccia. E non me ne voglia Savino Parisi: se lui si
pentisse, io sarei l'uomo più felice al mondo.
  A dicembre, quando io stavo nel carcere di Trani
(ché stavamo parlando di queste cose qua) Savino era
preoccupato. "Savì, che è successo, qualche problema
in famiglia?". "No, Salvatò". Un giorno va a fare un
processo in pretura. Tonino Capriati sta in corte
d'assise a fare un'udienza preliminare per quel
processo, il maxiprocesso. Al ritorno, Savino Parisi
fa il viaggio insieme a Tonino, perché lui finisce il
processo ma per la traduzione aspettano pure Tonino
che finisce il processo e ritornano. E fece il
viaggio insieme pure a un pentito che accusava nel
processo di Tonino Capriati, tale Giovanni
Ferrorelli, che si incontrarono nel furgone, però
nelle due gabbie distinte e separate.
  La mattina, Savino lo vedo tutto pimpante... o il
pomeriggio fu, lo vedo pimpante, allegro. Dice: "Beh,
tutto a posto?". "Sì, Salvatò" - disse - "mi hanno
promesso di attribuirmi le responsabilità e ci danno
il rito abbreviato e la condanna sarà lieve, giusto
il tempo di 2 o 3 mesi, 4 mesi, dopo l'udienza
preliminare che facciamo che ci danno gli arresti
domiciliari e allora la libertà provvisoria". Perché
sarebbero stati condannati solo per spaccio di
stupefacenti, non per traffico, solo con l'articolo
73, che prevede pure gli arresti domiciliari.
  "Mah" - io dissi - "Vabbè, auguri". Tanto ormai io
stavo già collaborando da ottobre. E' meglio che lo
sanno adesso che io da ottobre già stavo facendo i
verbali.
PRESIDENTE.  Ma loro non lo sapevano che lei
collaborava? SALVATORE ANNACONDIA.  No, l'hanno
saputo nella fine di
gennaio per qualche fuga di notizie che c'è stata,
qualche magistrato ha fatto un'audizione alla
televisione con la mia fotografia, ed è stato un
peccato.
 PRESIDENTE.  Chi è stato il magistrato che ha fatto
l'audizione con fotografia? Tanto questo...
         SALVATORE ANNACONDIA.  Ma, io ne parlai col dottor
Capristo e lui mi disse che non ne sapeva niente.
Però... PRESIDENTE.  Era Capristo che l'ha fatto?
                              Pagina 2514
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, in televisione io ho
visto Telenorba : c'era la mia fotografia e lui
parlava che io stavo collaborando con lui; ma in
realtà io con la procura di Bari non stavo
collaborando, stavo collaborando col dottor Mandoi.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Fatto sta che mi raccontano
tutti i                  fatti e io, perché sono
stato sempre una persona che ho
saputo filare, dottore, raccolsi tutte queste cose
sia da Savino che da Tonino. Quando io sono uscito
fuori in detenzione extracarceraria, quando ho
iniziato a verbalizzare ho detto al dottor Mandoi che
c'avevo da parlare di questo fatto; venne il dottor
Maritati e feci un colloquio investigativo.
  Feci questo colloquio investigativo e riferii
tutto quello che sapevo su Petruzzelli e su
Lazzarotto, perché il Petruzzelli è collegato al
Lazzarotto e il Lazzarotto è collegato al
Petruzzelli, perché se Lazzarotto non era a
conoscenza dell'incendio non moriva.
 MARCO TARADASCH.  Perché hanno ucciso Lazzarotto e
raccontano a lei la storia?
 PRESIDENTE.  L'aveva spiegato prima.
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, ha ragione. Io a Tonino
Capriati ho dato cinque vite umane; ho ammazzato
cinque
persone per lui, lui mi deve molto. A Savino Parisi
ne ho data una. L'ho rifornito di stupefacenti a
Savino Parisi dal 1987; ho iniziato io a rifornirli
di stupefacenti, poi, piano piano Savino si è
allargato, si è preso altre persone da cui si
riforniva pure, io lo sapevo, ma mi stava bene. E
pensare che i            miei rapporti con loro
erano da capo, se ben si vuol dire, e
hanno sempre dovuto dare conto di quello che
facevano, anche se non al cento per cento, al 60, al
70 per cento mi davano conto di quello che facevano.
E quando mi hanno raccontato del fatto del
Petruzzelli, non hanno avuto difficoltà a dirmelo
perché stavano parlando con Salvatore Annacondia, non
stavano parlando con un primo arrivato.
 MARCO TARADASH.  Lei era il killer di Capriati?
          SALVATORE ANNACONDIA.  No, non ero il killer, non
                                sono
stato mai il killer di nessuno, solo che in certe
situazioni io ho dovuto dare cinque favori, di cinque
ragazzi di Trani che volevano ammazzare Capriati ed
io per...
 PRESIDENTE.  E lei li ha eliminati?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, per il bene che volevo a
Tonino. Tonino era un mio socio nelle sigarette,
perché lo misi in società nelle sigarette, Tonino non
fu ammazzato per
miracolo, perché mi trovavo io; quando ho appreso
tutto da chi voleva ammazzare Tonino, il pomeriggio
stesso... e poi, guarda caso, che questo qua era
stato assorbito da un altro amico mio, tale Coschiera
Gregorio, che questo Acquaviva Giovanni era un mezzo
infame, perché all'epoca aveva fatto arrestare
Pasquale Manfra, un ricettatore di oro, di preziosi;
e lo fece arrestare Acquaviva Giovanni; questo
Acquaviva Giovanni, dopo alcuni anni si mise insieme
a Gregorio; quel giorno non lo volle ammazzare,
Acquaviva, che erano a bordo di una moto, proprio
perché stava in compagnia mia. Poi il pomeriggio
questo qua mi ha detto: "Salvatore, ti sei salvato
per miracolo, perché stavi tu"; ed io non è che mi
sono dovuto sentire in dovere di dirlo, però per il
bene che volevo a lui, l'ho messo a conoscenza e
questo qua morì subito, sparì, non è stato mai
trovato. Gli ho dato cinque vite umane.
PRESIDENTE.  Allora, le raccontano come sono andati i
fatti, in particolare del Petruzzelli: il
Petruzzelli, bruciato ma non distrutto...
                         Pagina 2515
SALVATORE ANNACONDIA.  Non doveva essere distrutto.
PRESIDENTE. ... una società per la ricostruzione che
doveva seguire queste cose, il programma del
Petruzzelli doveva passare al cartellone della Città
di Federico, ci sarebbero stati finanziamenti per il
Petruzzelli e per la Città di Federico.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Esattamente, una volta
finita questa Città di Federico, sarebbero arrivato
in corso i lavori... non è che poi io ero...
PRESIDENTE.  Sì, non era un esperto teatrale.
SALVATORE ANNACONDIA.  No, non è che io ero in prima
persona e potevo sapere tutti i dettagli, però sta di
fatto, signor presidente, che io ho verbalizzato; poi
dobbiamo ritornare sulla faccenda perché debbo fare
per forza un percorso.
 PRESIDENTE.  Faccia pure.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Io poi ho verbalizzato tutto
al dottor Mandoi. Quando il dottor Mandoi ha mandato
questi verbali a Bari, di competenza, mi volle
ascoltare, esattamente due mesi fa, il dottor
Capristo ed il dottor Chieco. Mi vennero ad
interrogare, alla presenza pure del dottor Maritati;
mi interrogarono ed io risposi alle domande e
verbalizzai tutto perché non avevo problemi a
raccontare i fatti che sapevo. C'è stato un altro
interrogatorio ed io verbalizzai in questi
interrogatori, dal primo all'ultimo, che ci fu un
sequestro di un telefonino nel carcere di Bari ad
opera di Tonino Capriati. Questo telefono... Tonino
si trovava in cella sua e c'aveva pure 150 grammi di
cocaina e 29 milioni contanti.
 PRESIDENTE.  In cella?
 SALVATORE ANNACONDIA.  In cella; sia la cocaina che
i soldi riuscì subito a passarli in mano ad una
guardia; il telefonino fu visto dai carabinieri. Non
mi ricordo se fu un carabiniere o erano agenti di
custodia venuti... fatto sta che Tonino spaccò questo
telefonino; lo spaccò, fu sequestrato, stop.
MARCO TARADASH.  Lei sa che questo non risulta agli
atti? SALVATORE ANNACONDIA.  Allora io in questi
giorni, una
decina di giorni fa, tutte queste notizie sui
giornali... sa quando ti metti a leggere i giornali,
poi fai mente locale su tutto. Allora, in questa
sede, che non ho potuto verbalizzare, voglio che
venga messo a verbale questo particolare qua, che il
telefonino fu sequestrato esattamente in una
discussione che Tonino Capriati fece in chiesa, una
domenica; ebbe una forte discussione.
 PRESIDENTE.  Con chi?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Con un'altra persona, adesso
                                 non
ricordo questa persona chi era.
 PRESIDENTE.  Con un detenuto?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, un detenuto e fu
denunciato; dopo uno, due giorni da questa
discussione fu fatta questa
perquisizione e fu rinvenuto il telefonino. Adesso
c'avete ... PRESIDENTE.  I dati temporali.
 SALVATORE ANNACONDIA.  I dati temporali che potete
riscontrare questo fatto qua.
 PRESIDENTE.  Non ho capito. Lei prima ha detto che
Capriati ruppe il telefono.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Perché?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Perché ignorante, perché basta
andare alla SIP e fare i tabulati...
                              Pagina 2516
         PRESIDENTE.  Certo, per sapere delle telefonate. Ho
                               capito,
ma il telefono fu sequestrato o no?
SALVATORE ANNACONDIA.  Fu sequestrato, signor
presidente. PRESIDENTE.  Come faceva a romperlo, se
era sequestrato? SALVATORE ANNACONDIA.  Tonino glielo
tolse di mano e lo
sbattè a terra.
 PRESIDENTE.  Al carabiniere, ho capito.
        SALVATORE ANNACONDIA.  Poi, se è stato denunciato...
 PRESIDENTE.  Verbalizzato.
 SALVATORE ANNACONDIA. ... per quel sequestro o non
è stato denunciato per mascherare le grosse
corruzioni che
avvengono nel carcere di Bari... perché nel carcere
di Bari è una cosa spaventosa, signor presidente, è
la cosa più spaventosa che esiste al mondo. Abbiamo
parlato di Foggia, ma Bari fa paura. Io sono stato
nel carcere di Bari nel 1992, perché andai per una
visita oculistica al centro clinico, sono stato
quattro giorni e ho tenuto per quattro giorni un
telefono.
 PRESIDENTE.  Pagando?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Mandai a prendere dei
                               soldi,
nell'ultimo giorno, a questa persona che non posso
svelare il nome, gli mandai a prendere i soldi perché
il telefonino mi fu mandato dalla sezione, dai
"ragazzi" miei che stavano in sezione.
 PRESIDENTE.  Lo dettero a una guardia...
 SALVATORE ANNACONDIA. .. una persona, un
sottufficiale, gli dettero questo telefonino da
portarlo a me. Lei deve pensare: quattro giorni, tre
o quattro giorni sono stato e dal primo giorno, io
sono arrivato il pomeriggio, dopo un' ora che ero nel
centro clinico, c'avevo già in mano il telefonino e
tutto.
 PRESIDENTE.  Tutto cosa vuol dire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Mangiare, bere, perché nel
centro clinico non ti puoi cucinare, ma mi arrivavano
pesci al forno, aragoste, carni di tutti i tipi...
 PRESIDENTE.  E lei pagava?
           SALVATORE ANNACONDIA.  No, mi arrivavano dalla
                              sezione.
 PRESIDENTE.  Erano sempre i suoi "ragazzi"?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, attraverso le guardie,
attraverso i lavoranti.
 PRESIDENTE.  Lei ha detto che poi l'ultimo giorno
ha mandato a prendere i soldi. Cosa vuole dire?
SALVATORE ANNACONDIA.  Il penultimo giorno, perché
dopo
che stavo là, già dissi a questa persona, quando era
libero, per andare a prendere un po' di soldi da una
parte perché mi servivano un po' di contanti. Gli
feci un regalo di due milioni. Gli mandai a prendere
proprio i due milioni per regalarglieli, per la
disponibilità che aveva questa persona.
Posso parlare per quattro giorni nel carcere di Bari
e...
PRESIDENTE.  Lei ha fatto telefonate con questo
telefono? SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  Lei sa qual'era il numero del telefono?
SALVATORE ANNACONDIA.  Ma, signor presidente...
PRESIDENTE.  Proprio per la storia dei tabulati.
                              Pagina 2517
 SALVATORE ANNACONDIA.  Deve pensare che questo
telefono non era mio, mi è stato mandato, non
potevamo ricevere telefonate.
PRESIDENTE.  Le potevate fare soltanto? Perché non
potevate riceverle?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché non puoi tenerlo
acceso il telefonino, perché se ce l'hai acceso, dura
mezza giornata e hai scaricato le pile; poi, metta
caso che si trova in sezione una persona non corrotta
e squilla il telefonino... Allora io posso solo
telefonare, non posso comunicare il numero del
telefonino.
        FERDINANDO IMPOSIMATO.  Può anche accadere che vi sia
                                 un
non corrotto!
 PRESIDENTE.  Sì, per questo lo spengono, perché può
accadere!
 SALVATORE ANNACONDIA.  A prescindere da quello, è
per non farlo scaricare; ecco perché, se non ce l'hai
acceso, dura due o      tre giorni. Avevamo tutti i
microtac, cioè le pile più
schiacciate, più piccole di spessore, per
l'imboscamento. Perché la pila grossa ha un suo
spessore, quella più piccola un altro.
PRESIDENTE.  Dove nascondevate un telefono in cella?
SALVATORE ANNACONDIA.  Si fa un buco in cella, signor
presidente, sotto il termosifone, o testa letto... ci
sono tanti imboschi nel carcere; una volta che stai
nel carcere l'imbosco lo trovi.
        PRESIDENTE.  Ma chi, per esempio, non c'è stato, come
                                 fa
asaperlo? Può capitare che qualcuno non vi sia
stato! Non lo
sanno anche gli agenti di custodia di questi buchi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, gli agenti di custodia lo
sanno tutti, quelli corrotti lo sanno, signor
presidente, solo che poi si organizzano per andare a
fare la perquisizione
proprio nella cella in cui vi è materiale: coltelli,
pesce crudo poi non vi racconto quanto ne arrivava...
PRESIDENTE.  Perché, non può arrivare il pesce crudo?
SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 PRESIDENTE.  Lei ha spiegato la storia del
telefono: ha
detto "Vi do le date e potete praticamente verificare
quando questo ha litigato in carcere ed è stato
denunciato". Il litigio avvenne nel carcere di Bari?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, nel carcere di Bari. Di
domenica ha fatto discussione in chiesa, ed è stato
denunciato, perché c'era il prete.
 PRESIDENTE.  Questo è Parisi, vero?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, Capriati. Dopo uno o due
giorni Tonino ha ricevuto una perquisizione. Una
delle
guardie, un sottufficiale che procedeva alla
perquisizione, si prese i 29 milioni ed i 150 grammi
di cocaina, perché Tonino la faceva spacciare là
dentro. Il telefonino non lo poté passare e, quando
la guardia o il carabiniere lo prese in mano, Tonino
l'ha spaccato. Signor presidente, se Tonino non è
stato denunciato per il telefonino, per nascondere
gli imbrogli del carcere, per non far succedere
scandali... Poi Tonino fu trasferito.
 PRESIDENTE.  Anche questa può essere una data di
riferimento. Quanto tempo dopo fu trasferito?
            SALVATORE ANNACONDIA.  Fu trasferito subito.
 PRESIDENTE.  Lo stesso giorno?
SALVATORE ANNACONDIA.  No, non mi ricordo.
PRESIDENTE.  Qualche giorno dopo? SALVATORE
ANNACONDIA.  Sì.
                              Pagina 2518
        PRESIDENTE.  Era presente qualcuno che possa deporre
                                 che
effettivamente fu trovato il telefono?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, non le
                               saprei
dire perché non ero in quel carcere; quando è
successo questo mi trovavo in un altro carcere.
 PRESIDENTE.  Queste sono le ragioni per le quali ha
saputo da Capriati e Parisi del Petruzzelli. Pinto
era al corrente di questa cosa?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Era lui il perno principale,
                                 era
lui il capro espiatorio, se vogliamo chiamarlo in
questo modo. PRESIDENTE.  Il capro organizzatore più
che espiatorio: è
un'altra categoria!
  In un interrogatorio lei ha parlato dell'interesse
di un gruppo criminoso nella gestione delle Cliniche
riunite di Bari. Cos'è questa storia?
 MARCO TARADASH.  Il caso Pinto è abbastanza
clamoroso.
Lei ha ricevuto queste informazioni da Capriati:
crede ciecamente alla versione di Capriati e non
pensa di esser stato messo in mezzo da Capriati?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Se Tonino stava da solo
quando mi ha raccontato questo, potrei dare un 50 per
cento, ma conoscendolo e sapendo con chi stava
parlando non lo faceva. Però quando ha parlato era
presente pure Savino.
PRESIDENTE.  Erano in due.
MARCO TARADASH.  Erano amici Capriati e Parisi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Più che amici, erano pure
soci. PRESIDENTE.  Comunque, lei pensa che abbiano
detto la
verità. Questa è la sua opinione.
SALVATORE ANNACONDIA.  Questo mi hanno detto.
PRESIDENTE.  Per quanto riguarda le Cliniche riunite
di
Bari, può spiegare alla Commissione?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Vi è un po' di segreto e
                              comunque
è stato pure pubblicato.
 PRESIDENTE.  E' quasi tutto pubblico.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ormai è di dominio pubblico.
Per
quanto riguarda le Cliniche riunite, dalle amicizie e
dalle
infiltrazioni di Savino sono a conoscenza dal 1989.
Savino mi ha sempre detto "Salvatore, quando c'è
qualche problema, se qualche amico viene ferito, e
via dicendo, non c'è problema a farlo curare nelle
Cliniche riunite e se c'è qualche latitante che ti è
di peso lo posso fare assumere come inserviente e lo
facciamo stare appoggiato nelle Cliniche". Savino
aveva degli interessi pure, perché quando ha iniziato
con le Cliniche ha iniziato la malavita.
 PRESIDENTE.  Cioè?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Da prepotente all'inizio,
poi pian piano in qualche modo ha interessi suoi
nelle Cliniche. I fatti di Savino sono ormai per me
risaputi, perché ha dei buoni agganci là dentro, ha
investimenti suoi con il dottor Cavallari; ci sono
persone loro agganciate là dentro, sia di Savino che
di Tonino.
 PRESIDENTE.  Del Capriati?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Per quanto posso dire
delle Cliniche riunite, non è questo collegamento, è
l'altro.
PRESIDENTE.  Qual è l'altro?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Nel 1991, signor presidente,
conoscevo come intimo mio amico tale Valente Natale,
Pagina 2519
Tonino Valente di Bisceglie e con lui abbiamo avuto a
che fare nel commercio del pesce; poi ci distaccammo
per dei
disguidi, perché lui era un po' megalomane, e non ci
siamo più visti per tanti anni. Nel 1989 mi proposero
di fare una società con loro nel riciclaggio di
camion sinistrati, incidentati, che mi pareva una
bella cosa, ma non potevo tenere impegnati degli
uomini per questi fatti, perché si potevano fare uno,
due o tre camion alla settimana o in dieci giorni.
"Va benissimo, fallo tu". "No, Salvatò, perché tu
puoi ottenere meglio i camion rubati, che poi dopo li
facciamo taroccare". Dice "Va bè, se ti serve
qualcosa me lo dici, te lo faccio, però fai finta che
ci sono di mezzo io ".
PRESIDENTE.  Camion incidentati vuol dire camion
rubati? SALVATORE ANNACONDIA.  I camion incidentati
si
compravano, poi si rubava un camion nuovo, si
taroccava... PRESIDENTE.  Cosa vuol dire "si
taroccava"?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Si falsificavano i numeri
del telaio mettendo i numeri dell'altro telaio (ci
sono gli stampini). Nel 1990 - sì alla fine del 1990
iniziò quest'altro tipo di discorso - iniziarono a
parlarmi di un  business
che ormai stava diventando una cosa grossa, l'assalto
ai TIR, e               dato che Tonino ha
l'autoparco dei camion, è un
autotrasportatore, disse "Che ne pensi se facciamo
una società?": eravamo io, lui, Demetrio Ferrante,
proprietario del Magic Park e tale Michele Cassano di
Milano, un procacciatore d'affari della Essefin di
Milano. Ecco perché loro volevano la mia presenza,
per ottenere la merce rubata, la merce sequestrata,
perché là si facevano i sequestri di persona: si
sequestrava l'autista e poi si rubava il camion.
Altri affari che si potevano fare erano con autisti
che
lui conosceva, compiacenti: si pagava il 20 per cento
della fattura, l'autista si faceva sequestrare e si
portava il camion a destinazione. Mi dissi d'accordo
e misi in questo business  come mio uomo di fiducia,
perché non mi fidavo troppo di loro due, perché sono
due mafroni...
 PRESIDENTE.  Cioè due imbroglioni?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, due imbroglioni. Misi
come mio uomo di fiducia tale Salvatore Liso, detto
l'avvocato, e Michele di Chiano di supporto a Liso.
Questo lavoro andava bene.
 ALTERO MATTEOLI.  La merce l'aveva da poco.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Con Demetrio Ferrante,
proprietario del Magic Park, si instaurò una grande
stima nei miei confronti. Quando lui vedeva me,
vedeva il Padreterno.
                        OMISSIS
         PRESIDENTE.  Tra Cavallari, Parisi eccetera, questi
rapporti ci sono stati?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, ci sono.
 PRESIDENTE.  E ci sono tuttora?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
         PRESIDENTE.  Gente della malavita viene assunta da
                               queste
cliniche?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, ma non è solo gente
della malavita: là ci sono mille o duemila persone
che lavorano o che non lavorano.
 PRESIDENTE.  Cioè, sono tenute così?
SALVATORE ANNACONDIA.  Devono essere stipendiate ...
PRESIDENTE.  Per essere stipendiate. E gli introiti
da
dove vengono se nessuno lavora?
                              Pagina 2520
        SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, le Cliniche
riunite sono le Cliniche riunite!
 PRESIDENTE.  Cioè, che vuol dire, per noi che non
sappiamo?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Sono supportate dallo Stato,
                                dalla
regione.
            PAOLO CABRAS.  Hanno convenzioni con gli enti
                              pubblici,
con la regione...
           SALVATORE ANNACONDIA.  Hanno convenzioni per i
                              ricoveri.
Le Cliniche riunite non sono uno scherzo!
PRESIDENTE.  Ho capito, è una grossa struttura.
SALVATORE ANNACONDIA.  Non è una, sono più di una
struttura. Vi lavorano oltre quattromila lavoratori.
PRESIDENTE.  In un suo interrogatorio, lei ha
riferito di
un attentato commissionato ai danni del procuratore
della Repubblica presso la pretura di Trani. Se ne
ricorda? Può spiegare alla Commissione questo
attentato? Chi lo commissionò? Come mai ...
         SALVATORE ANNACONDIA.  Non posso fare i nomi di chi
                                l'ha
commissionato, signor presidente.
PRESIDENTE.  Ma può dire come è nata questa
richiesta? SALVATORE ANNACONDIA.  La richiesta che è
nata è che con
queste persone ci vivevo. Si può dire che...
 PRESIDENTE.  Nel suo ristorante?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Poi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Fu decisa la morte del
procuratore Rinella, perché Rinella arrivato a Trani
stava creando troppi problemi, dei grossi problemi.
            PRESIDENTE.  Allora il dottor De Marinis era
                             procuratore
aTrani?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 PRESIDENTE.  Era già a Bari.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Già a Bari. C'era arrivato
... No! Stava ancora a Trani, perché De Marinis è
andato via... sempre nel 1991 è andato via. Adesso
non ricordo.
 PRESIDENTE.  Comunque lo vedremo.
         SALVATORE ANNACONDIA.  Quando è stata commissionata
                                 la
morte di Rinella...
 PRESIDENTE.  Quindi queste persone vennero nel suo
ristorante?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Perché le dissero che bisognava
uccidere Rinella?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché con loro io avevo dei
grossi affari.
 PRESIDENTE.  Lei con loro?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Con questi politici. Ci
                               avevamo
troppi  business ...
 PRESIDENTE.  Erano dei politici locali o nazionali?
SALVATORE ANNACONDIA.  Locali. PRESIDENTE.  Cosa le
dissero questi?
SALVATORE ANNACONDIA.  Iniziarono con dei tipi di
ragionamenti: "Salvatore, ci devi aiutare... un
giorno diventerai intoccabile... l'amicizia nostra
con te non finisce mai". Ed io che mi scocciavo
sentir parlare, dissi: "Stringi sto' limone,
                              Pagina 2521
chiarisciti". Disse: "Salvatore, hai visto il
procuratore Rinella che cosa sta facendo: blocco là,
blocco là, blocco là; domani può capitare che di
quello che dobbiamo fare, che ci abbiamo in atto,
questo qua può mettere le mani pure dentro. Ci devi
fare una cortesia. Queste sono poi sciocchezze che si
nascondono, come si dice, Salvatore, pensa se hai un
paio di persone che puoi mandare a fare un lavoro,
gli diamo 200 milioni..." Giusto per far fare il
lavoro. Ma io non è che dovevo far fare il lavoro per
i 200 milioni!
PRESIDENTE.  Perché era anche un suo interesse?
SALVATORE ANNACONDIA.  Ma, poco è il mio. Perché che
cosa
mi poteva dar fastidio Rinella a me? La pretura era.
PRESIDENTE.  Lei era da Corte d'assise?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Eh! Non è che lui poteva
                              prendere
un mio processo in mano. Poteva prendere qualche
contravvenzione del ristorante, qualche ...
 PRESIDENTE.  ... stupidaggine. E quindi?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Accettai il lavoro. Dissi a
Regano, che era un mio uomo...
 PRESIDENTE.  Di fiducia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Molto di fiducia. Più che di
fiducia era un mio autista. E poi era una persona che
quando io gli dicevo "A", lui rispondeva "A". Era un
ragazzo serio.
Dissi a Nicola di farmi sapere tutti gli itinerari,
tutti gli spostamenti che faceva Rinella. Dopo una
settimana di controlli, Nicola giustamente disse:
"Salvatore, quelli sono, non fa una virgola".
 PRESIDENTE.  Gli spostamenti sempre quelli?
SALVATORE ANNACONDIA.  Disse: "Quelli sono".
PRESIDENTE.  Scendeva dal treno, prendeva la Tipo,
andava
in ufficio...
            SALVATORE ANNACONDIA.  La Tipo l'aspettava in
                              stazione.
Lui veniva con il treno.
PRESIDENTE.  Poi andava a piedi a casa a Bari,
invece? SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Andava via con il
treno, poi
scendeva e andava a piedi...
 PRESIDENTE.  A casa.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Decidemmo di farlo alla
stazione, quando usciva, ché c'era un ponticino che
passava là sotto.
PRESIDENTE.  A Bari?
 SALVATORE ANNACONDIA.  A Bari, perché non lo
potevano
fare a Trani. Se lo facevano a Trani era un casino.
Dato che Rinella già veniva da Bari...
 PRESIDENTE.  Allora?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Decidiamo di farlo. Era di
sabato, quando dissi "basta". Lo dovevamo fare il
lunedì. La domenica, viene una persona di cui non
posso fare il nome e mi dice che tale persona...
Questo qua era un suo ragazzo, che lavorava.
"Salvatore" disse "quei due chili di eroina, che
Tizio non ti ha pagato, che ha detto che li ha
buttati per via della perquisizione, sono tutte
chiacchiere, non è vero niente". Io andai su tutte le
furie. Sapevo che questo qua la mattina si alzava
tardi, mezzogiorno, l'una, le due... Dissi: "Va bene
il pomeriggio ce lo facciamo!" Per via di questo qua,
che la domenica vado in bestia, non lo volli fare la
sera della domenica perché lui la domenica usciva con
la moglie e il figlio, e io... Si decise
                              Pagina 2522
tutto il lunedì. Il pomeriggio, signor presidente,
siamo in casa dove sta Mimmo Murianni, dove ho tutte
le armi che possono servire...
 PRESIDENTE.  Per queste necessità.
         SALVATORE ANNACONDIA.  Veloce, veloce... in alcuni
                                posti
un po' di armi ce le avevamo sempre. Dopo mangiato,
stiamo su casa in compagnia di Mimmo, che lo passiamo
a salutare...
PRESIDENTE.  Ma nel frattempo Rinella, non stava
prendendo il treno per tornare...
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, si era "sospeso"
Rinella, tanto si poteva fare il giorno dopo. Non
c'erano problemi.
PRESIDENTE.  No c'erano problemi.
SALVATORE ANNACONDIA.  Rinella era un bersaglio...
PRESIDENTE.  Facile, sì!
        SALVATORE ANNACONDIA.  Ma questo qua mi aveva mandato
                                 su
tutte le furie.
         PRESIDENTE.  Il problema più urgente era far fuori
                               questo
qui che aveva fregato...
         SALVATORE ANNACONDIA.  Non è che era urgente, solo
                               che si
era comportato malissimo.
  Scendiamo giù. Cosimo Murianni rimane sopra
nell'appartamento, che lui stesso non sa che dobbiamo
andare a fare a questo qua. Ci facciamo un giro di
due o tre isolati e lo rintracciamo alle spalle di
casa mia. Questo qua in macchina. Allora gli dico di
andare dietro, di mantenersi ad una distanza di
trenta-quaranta metri, il tempo che si allontanava
dalla zona di casa mia, che l'avremmo ammazzato sulla
strada. Questo fa il giro della piazzetta, passa
davanti al bar dove ce la facciamo noi e va dritto su
Corso Vittorio Emanuele. Io avevo un'altra casa su
Corso Vittorio Emanuele, dove c'era locato Murianni.
Come arriviamo là vedo tutto questo "frangé" di
carabinieri; quanti carabinieri! Oh, porca miseria!
Sono andati su da Mimmo. Allora abbiamo lasciato
questo qua, perché dovevamo vedere che cosa stava
succedendo. Abbiamo mandato a imboscare le armi ed
altre cose che avevamo là vicino, perché ormai si era
capito che era Mimmo. Viene arrestato Cosimo
Murianni, io vengo denunciato per favoreggiamento.
 PRESIDENTE.  Perché stava a casa sua?
                               OMISSIS
PRESIDENTE.  Come mai Rinella si è salvato anche
dopo? SALVATORE ANNACONDIA.  Presidente, quando io
uscii dal
carcere, perché dopo una settimana mi andai a
consegnare perché ebbi tutte le garanzie...
PRESIDENTE.  Sempre da magistrati ebbe le garanzie?
SALVATORE ANNACONDIA.  Da altre persone.
        PRESIDENTE.  Da altre persone. Magistrati di Trani o
                                 di
Bari?
SALVATORE ANNACONDIA.  Non le posso dire di dove
sono. PRESIDENTE.  Di una di queste due città oppure
di fuori?
Per capire.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Fuori.
        PRESIDENTE.  Di fuori di queste due città, ho capito.
                                 Ma
tipo Roma o tipo là attorno?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, lo troverà
                                 poi
nei verbali.
                              Pagina 2523
 PRESIDENTE.  No, ma non voglio sapere la città.
Voglio sapere se si tratta di magistrati romani o di
magistrati pugliesi.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Romani.
 PRESIDENTE.  Romani, va bene.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Quando sono uscito son
dovuto partire... Me ne andai, partii per Zurigo e da
Zurigo mi andai a       rilassare una decina di
giorni per vedere un po', perché
avevano fatto un'intervista su Rai 3 il giovedì,
avevano fatto
non un'intervista ma uno speciale TG...
 PRESIDENTE.  Sulla Puglia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  ... proprio dedicato alla
Puglia e
su di me.
          PRESIDENTE.  Ah, sì, sì, mi pare di averlo visto.
                               Quindi
decide...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Di stare un pochettino, una
decina di giorni fuori, anche perché l'avvocato mi
aveva detto...
PRESIDENTE.  "Stai tranquillo!".
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, di allontanarmi. Perché
già prima, a Natale dell'anno prima, del 1990, c'era
stato un altro episodio dove io fui avvisato che
c'erano delle misure di prevenzione nei miei
confronti e dovevo sparire. Ho verbalizzato tutto,
comunque.
  Quando ritorno, ci incontriamo con queste persone
ed io dissi loro che per il momento si sospendeva
tutto per quanto riguardava l'esecuzione di Rinella.
Perché, se facevo l'omicidio, mettevo la firma; e
furono d'accordo con me a...
PRESIDENTE.  Questa è la ragione, va bene.
  Per cortesia, può ora spiegare alla Commissione,
che ha
particolare interesse a questi problemi, i casi (i
nomi poi li farà alla magistratura) di corruzione in
carcere, in magistratura, forze di polizia e così
via?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, mi ripeta
                                 la
domanda.
 PRESIDENTE.  Può spiegare alla Commissione i casi
di corruzione, che poi hanno agevolato lei o hanno
agevolato altri, nella magistratura, nelle forze di
polizia, nelle carceri? A noi non interessa, dicevo,
sapere i nomi...
SALVATORE ANNACONDIA.  Io posso fare i nomi di quelli
che
sono stati pubblicati.
 PRESIDENTE.  Ecco, bravo. Degli altri può anche non
farli, purché ci spieghi bene quali sono i fatti,
come si svolge il processo di corruzione, attraverso
quali procedure, chi interviene, che cosa si dà in
cambio. C'è una questione che riguarda una sua casa,
per esempio...
          SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, iniziamo a parlare di
                               quella
là. Nel 1992 ero nel carcere di Foggia e mi viene a
trovare il mio avvocato, al quale si era rivolto un
altro avvocato di Trani, e mi disse che c'era un
magistrato che era interessato a   questa palazzina
nel centro storico di Trani, sul porto, che
siamo in centro, siamo. Mi disse che era un
presidente civile ma molto influente. Io dissi
all'avvocato che non c'era problema.
 PRESIDENTE.  Ma era uno di Trani o di Bari?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Quale?
 PRESIDENTE.  Questo magistrato qui.
SALVATORE ANNACONDIA.  Di Bari, però abitava a Trani.
PRESIDENTE.  Ah, abitava a Trani. Gli piaceva questa
sua
casa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
                              Pagina 2524
             PRESIDENTE.  E com'era, una casa distrutta,
                             diroccata,
questa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, era da restaurare: borgo
antico, centro storico. Allora, due piani erano i
miei e un altro piano bisognava rifare il catasto
perché c'erano le successioni...
 PRESIDENTE.  Eredi, successioni.
          SALVATORE ANNACONDIA.  Però due erano i miei, ce
                               l'aveva
intestati mio fratello come...
 PRESIDENTE.  Sì, prestanome.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Dissi all'avvocato che non
c'erano problemi, poteva dire al magistrato che ero
ben disposto a darlo. "Salvatò, lui vuol sapere..."
 PRESIDENTE.  Il prezzo.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Dissi: "Non ti preoccupare,
digli che a Salvatore non interessa proprio quella
casa".
PRESIDENTE.  Faceva un regalo, insomma?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. S'incontrò il mio
avvocato con
il suo avvocato e con il magistrato e gli disse:
"Guardate che Salvatore è disponibile a dare la casa,
però non vuole soldi, perché non gli interessa. Sai,
una mano lava l'altra". Il magistrato manda
l'imbasciata di nuovo che si può fare, però qualcosa
devono mettere dal notaio, perché non è che si può
fare... Dissi: "Vabbè, fai come vuoi". Io parlai con
mio fratello Franco e gli dissi di andare dal notaio
insieme all'avvocato Pontrelli e di fare il
cambiamento di proprietà, il rogito. Gli vendetti la
casa; misero un milione, il notaio già aveva un
assegno firmato in bianco, lo firmò, mi fece un
milione ed io glielo feci girare di nuovo a mio
fratello e gliel'ho consegnato all'avvocato Pontrelli
da riconsegnarlo al magistrato, il milione. Dopo
questo fatto, dopo una settimana, dieci giorni, non
ricordo, mi mandò a dire: "Digli a Salvatore di non
preoccuparsi che ricambio il favore che lui mi ha
fatto, come arriva il processo su a Bari lo sistemo,
al processo in appello".
 PRESIDENTE.  E fu sistemato il processo?
               SALVATORE ANNACONDIA.  Poi ho scelto la
                           collaborazione,
presidente.
PRESIDENTE.  Ho capito, ha perso un'occasione,
insomma? SALVATORE ANNACONDIA.  No, ma io dovevo
uscire... PRESIDENTE.  Doveva comunque uscire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Io a ottobre del 1992 ero
fuori. Proprio ho voluto cancellare tutto il mio
passato, perché pure che stavo fuori, signor
presidente, stavo latitante.
PRESIDENTE.  Certo, non c'è dubbio.
  Mi spieghi; questo è un caso, altri casi?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Le posso, di quello che è
                                stato
già pubblicato...
 PRESIDENTE.  Se ce ne sono, naturalmente.
 SALVATORE ANNACONDIA.
                        OMISSIS
 il processo sulla strage Bacardi. Allora mi trovavo
a Foggia; con i foggiani ormai ero il loro papà; non
facevano niente se non me lo dicevano. Nel corso del
processo che stavano facendo si pensava che sarebbero
uscite assolte almeno 2-3 persone. Fanno il processo
perché loro erano contenti del presidente di Taranto,
che stava facendo realmente il processo; stava
                              Pagina 2525
interrogando tutti i testimoni, stava facendo il
processo realmente e dato che in tutte queste
indagini sia Rocco Moretti che Nicola Delli Muti non
c'entravano niente...
Signor presidente, io non posso dire che Nicola Delli
Muti
oMoretti hanno partecipato o sono stati mandati, non
lo posso
dire; posso solo dire a questa Commissione, ed io non
difendo mai nessuno, signor presidente, dico le cose
che so, quello che ho vissuto, quello che ho fatto,
che Giosuè Rizzi è innocente come l'acqua in quel
processo, solo che lui dovette dare degli alibi, si
dovette creare apposta degli alibi che non gli
servivano e si è trovato che questi alibi erano
controproducenti. Fatto sta, torniamo ai discorsi: si
fa il processo, prendono sette ergastoli.
 PRESIDENTE.  Per il Bacardi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Uno di loro, il
contabile del gruppo, Tonino Bernardo, già nei giorni
precedenti, tramite Franco Spiritoso, altro
componente del gruppo, parla con delle persone di
Bari che io sapevo: erano i Fornelli di Bari, che
erano collegati a Rizzi.
  Parlano con questi che hanno dell'amicizia con
questi Fornelli e questi Fornelli si impegnano a
sistemare il
processo, se va male. Il processo andò male, come
Tonino Bernardo già...
 PRESIDENTE.  Aveva saputo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  ...aveva preveduto. Dopo
alcuni giorni, due o tre giorni dal processo, Tonino
Bernardo parla. Dice: "Vedi che stanno queste
situazioni, così e così, che io c'ho queste persone
che possono sistemare il processo in appello". Dato
che Giosuè Rizzi stava alla seconda sezione...
Stavano nella seconda sezione Giosuè Rizzi, Marino
Ciccone e Francesco Favia, il carabiniere; alla terza
sezione stava Cipullo; alla quarta sezione stavano
Moretti e Delli Muti soltanto.
  Antonio Bernardo dice che queste persone possono
sistemare il processo: non più di tre persone.
 PRESIDENTE.  E quindi uno si deve sacrificare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Si dovevano sacrificare
altre persone. Si dovevano sacrificare Favia,
Monteseno, Ciccone. Fatto sta che tutto il programma
che c'era... Giosuè Rizzi dice: "A me non interessa,
fate come volete, basta che chiarite la situazione,
perché io già ce l'ho da quattro anni questo
ergastolo". Gli promettono che sarà fatto. Il fatto
era che questi qua avevano parlato ed avevano la
garanzia del dottor Simonetti che per 150 milioni
sistemava il processo d'appello, però gli arrivò
l'imbasciata che durante il processo d'appello, o
prima che parlava il procuratore o dopo che parlava
il procuratore, Matteo Monteseno doveva uscire dalla
gabbia e doveva chiedere al presidente di poter
parlare.
Una volta arrivato davanti al presidente doveva dire:
"Signor presidente, la strage giù al Bacardi
l'abbiamo fatta io, Favia, Ciccone, con queste
modalità, con queste armi"; l'arma in dotazione al
Favia, che era stata cambiata la canna, ad un'altra
pistola di un altro carabiniere. Dovevano descrivere
tutte le modalità dell'azione che avevano fatto, come
erano allocati i salottini, come stavano le persone,
cosa stavano bevendo, tutto; e dovevano scagionare
Giosuè, Nicola Delli Muti e Moretti Rocco.
  Il Cipullo, era un drogato, gli mandavano eroina
tutti i giorni per tenerlo calmo. Il Cipullo era
collegato, non era collegato, era implicato, non era
implicato, qualche cosa sapeva della strage; lo
mantenevano calmo e gli mandavano sempre eroina.
 PRESIDENTE.  In quale carcere avveniva questo?
          SALVATORE ANNACONDIA.  A Foggia. Cipullo era alla
                               quarta
sezione.
                              Pagina 2526
  In questi giorni stiamo parlando, stiamo alla
quarta sezione, a fianco a noi è la seconda sezione.
Nella seconda sezione ci sono Favia, Ciccone Marino e
Giosuè Rizzi e parliamo delle cose, sempre di come
dovevano sistemare il processo, di come doveva
andare, bisognava ricordarlo sempre.
Io un giorno mi reco a Bari, alle misure di
prevenzione; o
fu alle misure di prevenzione che andai o quando mi
trasferirono... no, fu alle misure di prevenzione,
perché quando andai al policlinico era gennaio del
1991. Alle misure di prevenzione vado a fare un
processo e facciamo il viaggio io e Francesco Favia,
il carabiniere, che era stato condannato
all'ergastolo. Lui fu trasferito al carcere di Trani,
io andai a               Bari, però lasciammo a
Trani lui e nel furgone ho avuto
l'ultimo colloquio con Favia e gli dissi: "Fra', mi
raccomando al processo". "Salvatore non ti
preoccupare". "Mi raccomando, sai cosa devi fare".
"Stai tranquillo, so cosa debbo fare".
Signor presidente, i soldi sono stati versati, sono a
piena conoscenza. Quando queste persone mi
domandarono se erano affidabili questi Fornelli, gli
detti l'OK, perché sapevo dell'amicizia che aveva lui
proprio, questi Fornelli qua, quando erano alla
procura di Bari, il tribunale di Bari,
la corte d'assise di Bari... ci avevano forti
infiltrazioni loro, intimi amici di Rizzi Michele...
 PRESIDENTE.  Gli uffici nei quali c'era maggiore
infiltrazione erano la procura e poi? Anche il
tribunale?
SALVATORE ANNACONDIA.  Il tribunale... più che altro
la
corte d'appello.
 PRESIDENTE.  La corte d'appello più che il
tribunale. La procura invece? La procura di primo
grado, non la procura generale?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Ma, in procura... serviva e
                                 non
serviva. Qualche appoggio qualcuno ce l'aveva.
PRESIDENTE.  Comunque era la corte d'appello.
          SALVATORE ANNACONDIA.  Là era da tenere sempre a
                                bada.
PRESIDENTE.  Cosa vuol dire "da tenere sempre a
bada"? SALVATORE ANNACONDIA.  Perché tutti i paesi
dipendevano
dalla corte d'appello di Bari: Foggia...
 PRESIDENTE.  Ho capito; e quindi lì voi eravate
riusciti
ad avere, come dire, dei momenti di corruzione, delle
persone corrotte che vi aiutavano?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, io non
avevo processi all'epoca; se avevo i processi, li
sistemavo; avevo la possibilità di sistemarli.
               PRESIDENTE.  Altri li hanno sistemati?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
PRESIDENTE.  Alla corte d'appello di Bari. SALVATORE
ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Andiamo avanti.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Che poi al processo, signor
presidente, Monteseno non è stato fatto parlare...
queste sono cose su cui non spettano a me i giudizi.
Lui prese 150 milioni.
 PRESIDENTE.  Lui chi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Simonetti.
 PRESIDENTE.  Chi glieli portò?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ma, glieli mandò tramite
Franco Spiritoso a questi Fornelli, Matteo e il
fratello.
Pagina 2527
 PRESIDENTE.  E questi li dettero a lui?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  A casa o in ufficio, dove?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Non lo so. Eravamo in carcere,
quando si è parlato, a colloquio, di sistemare con...
perché Spiritoso era diventato il cassiere...
 PRESIDENTE.  Poi com'è finito il processo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il processo è finito con
l'assoluzione di Rocco Moretti, l'assoluzione di
Nicolino Delli Muti e...
 PRESIDENTE.  Il terzo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  ...Cipullo.
PRESIDENTE.  Il carabiniere che fece, dichiarò?
SALVATORE ANNACONDIA.  Il carabiniere... Non
dichiararono
perché la mia collaborazione era ormai di dominio
pubblico. Il processo si è svolto il mese scorso.
 PRESIDENTE.  Certo. Lei, in un interrogatorio ha
dichiarato che le venne proposto di entrare nella
massoneria, in una loggia del nord.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Può spiegare questo fatto: perché le
dissero di aderire, che benefici avrebbe avuto e per
quali motivi in una loggia del nord e non in una di
Trani, di Foggia o di Bari?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, le dispiace
                                 se
non parliamo di questo fatto?
 PRESIDENTE.  Come vuole, comunque il verbale è
depositato.
         SALVATORE ANNACONDIA.  Sono depositati, ma non sono
                                stati
eseguiti questi verbali, signor presidente.
 PRESIDENTE.  Essendo accusato di reati lei può
anche non rispondere; volevo dire che sono stati
depositati, per cui sono conosciuti, non solo da noi,
ma anche fuori.
         ALTERO MATTEOLI.  Conferma quello che ha dichiarato
                                 lì?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
         PRESIDENTE.  Quindi fu una loggia massonica: le fu
                                fatto
questo invito?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Fui invitato, ma a causa di
alcuni problemi non c'è stato mai il tempo, perché
questo succedeva nel 1991.
 PRESIDENTE.  A noi non serve il nome della persona;
a noi non interessano i nomi delle persone,
interessano ai giudici. Lei fu invitato ad entrare in
una loggia massonica: in quale città?
 SALVATORE ANNACONDIA.  A Verona.
 PRESIDENTE.  Perché proprio Verona?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Perché quella persona faceva
                                parte
di quella loggia massonica.
          PRESIDENTE.  Quali erano i motivi per i quali le
                               sarebbe
convenuto entrare?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Di questa persona posso
                               parlare
perché non è italiana, è libanese.
          PRESIDENTE.  Sì, ne ha già parlato. Ma perché le
                               sarebbe
convenuto entrare?
                              Pagina 2528
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non è che capissi molto di
massoneria: mi fu detto che vi erano ottime
prospettive facendo parte di questa massoneria...
 PRESIDENTE.  Che tipo di prospettive?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Che non vi erano problemi a
livello sia di processi che di commercio, di tutto.
PRESIDENTE.  Quindi avrebbe avuto agevolazioni in
tutti i
modi, sia nel commercio sia nei processi. Perché gli
disse di no?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non dissi di no. Signor
presidente, siamo a due-tre mesi prima del mio
arresto.
PRESIDENTE.  Ho capito.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ci sono state di mezzo le
ferie di
agosto; sono stato arrestato ad ottobre, ma dal 16
agosto ebbi una grossa perdita a causa dell'omicidio
di Michele Di Chiano. Edopo Di Chiano morirono
quattro persone, una dietro l'altra.
Abbiamo avuto dei momenti...
 PRESIDENTE.  Erano suoi uomini questi?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Quegli altri no. Di Chiano era
                                 un
mio uomo.
 PRESIDENTE.  Perché fu ucciso?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Fu ammazzato per delle
tragedie;
le mise un'altra persona mia, però lavorava per conto
suo perché era un mio grande compare, una persona che
io per lui...
 PRESIDENTE.  Ho capito.
        SALVATORE ANNACONDIA.  Mise delle tragedie sul conto
                                 di
Di Chiano per un tentato omicidio che avevano fatto
insieme. PRESIDENTE.  Lo addebitò all'altro?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Però era per conto suo
questo omicidio; poi la vittima non morì ma fu
sparata in testa e perse la vista da un occhio.
PRESIDENTE.  Che vuol dire tragedia, diffamazione?
SALVATORE ANNACONDIA.  Diffamazione, perché poi,
quando
andarono i responsabili di questa persona a parlare
con lui,
Nicola disse "E' stato Michele". "Ma come Michele,
Michele sta con Salvatore, è una persona di
Salvatore, come mai Michele?". "No, vai tranquillo,
Salvatore l'ha cacciato un paio di mesi fa e non lo
cura più. Non andare da Salvatore perché te lo dico
io. Vai tranquillo". Questi ammazzarono Michele Di
Chiano, poi mi accorsi subito della pista: acchiappai
queste persone e queste rimasero sbalordite quando
seppero che non era vero; andarono rei confessi
vicino a me e dissero "Salvatore, siamo stati noi,
però i fatti stanno così e così". Corda morì il 20
agosto, però guarda il gioco che stavano facendo sia
Corda che la moglie... Il 19 agosto la moglie di
Corda andò, viene a casa e dice "Salvatore, sotto
casa nostra... stiamoci attenti...". "Rispetto a che
dobbiamo stare attenti?". " Perché ieri sera quattro
persone stavano dando la caccia a Nicola, stavano a
bordo di una Regata targata Foggia; erano Tizio, Caio
e Sempronio; qui bisogna ammazzarli, perché Nicola
pensa che vogliono ammazzare pure lui e di
conseguenza pure a te". Stava cercando di...
 PRESIDENTE.  Di orientare?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, di mettermi subito sulle
piste di queste persone per quanto riguardava
l'omicidio. "Chi mi dice, Salvatore, che non sono
stati proprio loro ad ammazzare Michele?". Così
succedeva che noi ammazzavamo subito quelle persone e
si eliminavano le tracce dello sgarbo fatto da lui
nei confronti di Di Chiano. Dissi "Va
                              Pagina 2529
bene, non ti preoccupare che ora sistemiamo subito",
ma il giorno dopo morì il marito.
        PRESIDENTE.  Ho capito. Che rapporto c'è fra questo e
                                 la
massoneria?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Queste cose accaddero proprio
                                 in
quel periodo di tempo.
           PRESIDENTE.  Ho capito. I fratelli Modeo hanno
                              raccolto
anche loro voti a Taranto per qualcuno?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, i voti, per quello che
ne so io, sono stati raccolti non da loro ma da
Marino Pulito, che
poi aveva nel gruppo un grosso referente. Questo si
chiama... PRESIDENTE.  Per quali partiti politici o
candidati ha
raccolto voti? O non c'era problema, chiunque venisse
andava bene?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non c'erano... Pochi.
            PRESIDENTE.  Pochi partiti o pochi candidati?
SALVATORE ANNACONDIA.  Pochi partiti. PRESIDENTE.
Quali partiti erano, se vuol dirlo?
SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, se dico il
nome
del partito è meglio che io faccio i nomi.
 PRESIDENTE.  Ho capito.
         SALVATORE ANNACONDIA.  Già abbiamo fatto abbastanza
                                cenno
aquesto. Hanno capito.
           PRESIDENTE.  Preferisce non fare né una cosa né
                              l'altra?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
        PRESIDENTE.  Ritiene che possano esservi manovre per
toglierle credibilità?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Perché?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, lei mi ha
fatto una domanda, ma le valutazioni non spettano a
me, spettano ai magistrati che mi stanno ascoltando,
con i quali sto verbalizzando, e spettano pure alla
Commissione; sono attendibile in tutte le regioni in
cui sto verbalizzando, ma non sono attendibile a
Bari.
            PRESIDENTE.  Ho capito. Mi pare che lei stia
                              lavorando
molto con il dottor Spataro a Milano, vero?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Che problemi ha avuto dopo la
collaborazione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente non ho
problemi, voglio solo l'interlocutore, il magistrato
e basta. Problemi non ne ho, perché non ho né
simpatie né antipatie. Per me uno vale l'altro.
 PRESIDENTE.  Come sta suo figlio adesso?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sta bene.
 PRESIDENTE.  Le domande concordate sono terminate.
Prima di dare la parola ai colleghi che intendono
chiederle ulteriori chiarimenti, sospendiamo
brevemente la seduta. La seduta, sospesa alle 15,50,
è ripresa alle
16,10.
            PRESIDENTE.  Passiamo dunque alle domande dei
                             commissari.
                              Pagina 2530
 ANTONIO BARGONE.  Per alcuni episodi che riguardano
i rapporti con gli esponenti politici, cioè quelli
per lo scambio di voti e quelli, per esempio, per gli
appalti di pulizia nel comune di Trani, nonché per
quelli relativi alla vicenda Capriati - diciamo a
quell'investimento -, lei ha detto che ci sono
dichiarazioni verbalizzate, cioè che non fa i
nomi perché ci sono dichiarazioni verbalizzate. Può
dirci a
chi e quando?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Ho verbalizzato al dottor
                              Mandoi e
al dottor Maritati.
 ANTONIO BARGONE.  E quando?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sto collaborando per questi
fatti da gennaio, quindi possono risalire a febbraio.
Comunque, l'ultimo verbale in cui si parla di
politica risale a dieci, quindici giorni fa... ad un
sostituto procuratore presso il tribunale di Trani.
 PRESIDENTE.  Sono molti o pochi gli uomini politici
agevolati?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Abbastanza.
            PRESIDENTE.  Sono di più partiti o di un solo
                              partito?
Uno, due o tre?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Di due partiti.
 ANTONIO BARGONE.  Nei verbali ho letto che lei ha
parlato di una cena fatta nei primi del 1991 nel suo
ristorante. Ci può dire chi vi ha partecipato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  A me non mi va di dire...
Però è coperto da segreto ... Sono stati fatti adesso
altri verbali perché si stanno svolgendo indagini
serrate per quanto riguarda questi politici  ...
        ANTONIO BARGONE.  Ma hanno partecipato solo politici
                                  o
altri?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Politici, qualche
imprenditore ... Ma di queste cene se ne facevano
spesso e volentieri nel mio ristorante.
 ANTONIO BARGONE.  Spesso e volentieri?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
        ANTONIO BARGONE.  Sempre con politici e imprenditori?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
ANTONIO BARGONE.  Anche con altri, con
professionisti? SALVATORE ANNACONDIA.  Tutta la crema
che esisteva
navigava nel mio ristorante.
ANTONIO BARGONE.  Ma la crema di Bari, di Trani o di
... SALVATORE ANNACONDIA.  Di Bari, di Trani, di
Foggia ... ANTONIO BARGONE.  Anche di Foggia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 ANTONIO BARGONE.  Che lei sappia, oltre lei ci sono
altri affiliati a Cosa nostra della criminalità
pugliese?
SALVATORE ANNACONDIA.  Che vivono al nord, sì.
 ANTONIO BARGONE.  Pugliesi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 ANTONIO BARGONE.  Sa chi sono?
 SALVATORE ANNACONDIA.  C'è Nunzio Scarabaggio; c'è
Donato (adesso mi sfugge il cognome), ma si tratta di
un tarantino emigrato da tanti anni a Milano. Posso
dire che è un figlioccio proprio di Leoluca
Bagarella.
                         Pagina 2531
ANTONIO BARGONE.  E D'Onofrio, Peppino "bicicletta"?
SALVATORE ANNACONDIA.  Peppino "bicicletta" è stato
per
molti anni il referente per il contrabbando delle
sigarette. Lo è stato fino al 1991, perché nel 1992
gli spararono. Peppino "bicicletta" ha perso un po'
di potere perché la Sacra Corona nel 1991 iniziò a
dettare leggi per quanto riguardava il controllo di
tutte le sigarette nel brindisino. In tutta la zona
di Brindisi ci fu una grossa guerra, perché a
Brindisi si vive sulle sigarette. Ma tutta la
criminalità di Brindisi che vive sulle sigarette
aveva grossi rapporti con i campani, con i
napoletani, i quali a questi contrabbandieri li
rifornivano
sia di motoscafi, sia di sigarette. I brindisini
pagavano il noleggio del motoscafo, cioè ogni cassa
di sigarette trentamila lire...
 ANTONIO BARGONE.  E D'Onofrio che ruolo ha avuto,
che ruolo ha?
 SALVATORE ANNACONDIA.  D'Onofrio aveva un ruolo
di... grande responsabile di Pietro Vernengo, suo
figlioccio... poi la famiglia di Tinniriello...
              ANTONIO BARGONE.  Ma fa anche traffico di
                            stupefacenti?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sigarette.
 ANTONIO BARGONE.  Stupefacenti no?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 ANTONIO BARGONE.  A proposito della rotta della
droga e anche per quanto riguarda il traffico delle
armi, come è utilizzata la costa pugliese? Per
esempio, che ruolo ha il porto di Brindisi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Il porto di Brindisi è la
zona più vicina all'Albania. Le navi che portano armi
in Italia parliamo di navi - vengono tutte dal Medio
Oriente, specialmente da Beirut, dalla Siria...
Queste navi in transito che attraversano
l'Adriatico... fermarsi in acque albanesi o italiane,
vicino Brindisi... è più facile scaricarle là. Ma un
grosso traffico di armi a Brindisi non è che c'è. C'è
stato negli ultimi tempi, fino al 1992, per quanto mi
risulta. Parlo sempre della mia vita fuori da questo
ambiente in cui mi trovo adesso, parlo fino al
dicembre del 1992.
 ANTONIO BARGONE.  Lei sa di un rapporto anche con
la camorra per il traffico di armi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sono a conoscenza di
parecchie cose, però sono coperte...
 ANTONIO BARGONE.  Anche questo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 ANTONIO BARGONE.  Per quanto riguarda i referenti
in Cassazione, ci può dire se ci sono, se li ha già
detti ai magistrati?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ho già parlato ma non posso
parlare adesso.
 ANTONIO BARGONE.  Quindi, lei ha già riferito al
magistrato.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non parlo di referenti ma di
persone.
 PRESIDENTE.  Di quale sezione penale...
            SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, può
                              leggerle
sui verbali che ho già fatto.
 PRESIDENTE.  Mi scusi, risponda a quello che vuole
ma
sono molte le sezioni penali e molti magistrati
appartengono a ciascuna sezione (sono una ventina per
ciascuna). Quindi, voglio dire...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Due sezioni. Non posso dire
il nome...
                              Pagina 2532
PRESIDENTE.  Quindi, magistrati di due sezioni
diverse. ANTONIO BARGONE.  Lei sa di rapporti tra
Giancarlo Cito e
iModeo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 ANTONIO BARGONE.  Che tipo di rapporti ci sono?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Questo l'ho già verbalizzato e
ormai è di dominio pubblico. In campagna elettorale,
nel 1989, mi trovavo a Montescaglioso e Giancarlo
Cito venne in questo paese in compagnia di un'altra
persona. Riccardo me lo voleva presentare da molto
tempo, perché parlava sempre di me nei suoi
confronti. Me lo presentò come suo compare. Quando si
presenta una persona come compare, nel nostro
ambiente significa una persona "innalzata",
battezzata. Si può anche chiamare compare per stima,
però non si presenta una persona come compare.
           ANTONIO BARGONE.  Quindi lei ritiene che fosse
                              organico
all'organizzazione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Nelle elezioni che ci
furono, Giancarlo Cito ebbe dei grossi attacchi da
parte dell'altro gruppo contro Riccardo Modeo...
 ANTONIO BARGONE.  De Vitis?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. ...che questi qua
andavano pure scrivendo sui muri contro Giancarlo
Cito, che fa parte del gruppo Modeo.
  Giancarlo Cito lasciò 100 milioni e disse a
Riccardo: "Poi glieli do a Mimmo Di Pinto" ...I 100
milioni per quanto riguardava la campagna elettorale
a Taranto, per quanto riguardava lui.
 ANTONIO BARGONE.  Quindi ci sono stati
finanziamenti da parte dell'organizzazione nei
confronti di Cito. Anche per quanto riguarda la sua
emittente televisiva?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Mi può ripetere perché non ho
sentito bene.
          ANTONIO BARGONE.  Lei dice che sono state versate
                                delle
somme a Cito per la sua campagna elettorale...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
          ANTONIO BARGONE.  Sono state versate delle somme
                                anche
per rafforzare la sua emittente televisiva?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 ANTONIO BARGONE.  Dei Modeo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 ANTONIO BARGONE.  Che le risulti no?
           SALVATORE ANNACONDIA.  I Modeo prendevano, non
                               davano!
 ANTONIO BARGONE.  Un'ultima domanda.
  Lei ha parlato di rapporti, di infiltrazioni della
camorra nel foggiano soprattutto per quanto riguarda
investimenti, cioè utilizzazione di capitali. Sa se
questo tipo di rapporto faceva capo soprattutto a
Casillo?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Non posso rispondere, signore.
                                 E'
già verbalizzato, comunque.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Vorrei ritornare un attimo
sulla strage Bacardi, che lei conosce bene, non fosse
altro perché aveva degli uomini: tranne Giosuè Rizzi,
tutti gli altri del clan le appartenevano come
associazioni. Ha parlato di aggiustamento di
processo, però ha parlato anche di un altro aspetto;
cioè ha detto che nel caso in cui si fossero attenuti
ai fatti e agli accordi, a parte
                              Pagina 2533
Monteseno che doveva mettere in scena, durante il
processo, la farsa, quelli che restavano in carcere
avrebbero comunque dovuto avere degli aiuti
dall'esterno...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Gli sarebbero stati tolto
l'ergastolo e sarebbero stati mantenuti nel
carcere... sia fuori che dentro.
        FRANCESCO CAFARELLI.  Cioè lei parla delle famiglie?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Famiglie e loro.
           FRANCESCO CAFARELLI.  E da chi sarebbero stati
                               aiutati
economicamente?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Dal gruppo Moretti, da
Moretti. Per omicidio bastava fare una decina di anni
di carcere che poi si potevano ottenere la
semilibertà, licenze, permessi premio.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Forse non sono stato chiaro
nel fare la domanda. Le famiglie di questi che
restavano in carcere da chi sarebbero state
mantenute?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Gliel'ho detto!
FRANCESCO CAFARELLI.  Da Moretti che era in carcere?
SALVATORE ANNACONDIA.  Dal gruppo Moretti. Moretti
non
era soltanto lui, aveva pure le persone sia dentro
che fuori. FRANCESCO CAFARELLI.  Ci sa dire qualcosa
in più sulle
estorsioni a Foggia? L'ultimo fatto eclatante è
quello dell'omicidio Panunzio.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
FRANCESCO CAFARELLI.  Ci sa dire qualcosa in più?
SALVATORE ANNACONDIA.  Io ho già verbalizzato, non
posso
fare nomi, perché si rovinerebbero le indagini. Poi
non lo so...
 FRANCESCO CAFARELLI.  Passiamo ad altra zona, a
quella di Trani. Lei ha parlato di rapporti tra
malavita organizzata, lei e alcuni magistrati; ha
parlato anche di rapporti tra voi e     alcuni
imprenditori, rapporti attraverso i quali
reinvestivate il denaro sporco.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Questo è stato un piano già
tutto preparato, ed era già pronto. E' successo il
mio arresto...
FRANCESCO CAFARELLI.  Questo per quanto riguardava
l'operazione riciclaggio. Io sto parlando di imprese,
che già operano da anni a Trani, ovviamente a livello
nazionale. Lei ha fatto anche un nome che non ripeto
perché è coperto da segreto. Oltre quel nome, oltre
quell'imprenditore, ci sono altri imprenditori nel
settore dei lavori pubblici che hanno riciclato
denaro o che si sono serviti comunque della vostra
organizzazione?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Che hanno riciclato denaro,
                                 no.
Che hanno preso soldi in usura, sì.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Ci può fare qualche nome?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 PRESIDENTE.  Come vittime dell'usura o come...
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
             FRANCESCO CAFARELLI.  Utilizzavano i soldi
                             dell'usura?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
        PRESIDENTE.  Chiedevo, come vittime dell'usura oppure
come partecipanti all'usura?
                              Pagina 2534
SALVATORE ANNACONDIA.  No, come vittima dell'usura.
FRANCESCO CAFARELLI.  Un altro collaboratore di
giustizia
che abbiamo sentito ultimamente, Galasso, ci ha
parlato di una presenza consistente della camorra in
Puglia e ha parlato anche della presenza a Foggia -
le parlo di Foggia perché è una zona che conosco - di
"intoccabili", facendo nomi e cognomi, perché
associati ad Alfieri. Le risulta che nel foggiano
esista una famiglia di grossi imprenditori associati
ad Alfieri, che non andavano comunque toccati?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Mi risulta che l'intoccabile
                                c'è.
C'è! Io non posso fare i nomi.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Va bene, quello che ha detto
poc'anzi ci è sufficiente. Non è questo il problema.
  Questo intoccabile...
 PRESIDENTE.  E' un politico o un imprenditore?
            FRANCESCO CAFARELLI.  E' un imprenditore. La
                             Commissione
è già a conoscenza del cognome, quindi potremmo anche
farlo, ma proprio per il rispetto al lavoro e alla
segretezza...
SALVATORE ANNACONDIA.  Per rispetto ai magistrati che
mi
hanno interrogato.
        PRESIDENTE.  Scusi, cosa vuol dire essere intoccabile
                                  a
Foggia?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Essere intoccabili, signor
presidente, significa decidere la vita e la morte
delle persone.
          PRESIDENTE.  E questa persona decide la vita e la
                                morte
delle persone?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Se vuole sì.
 FRANCESCO CAFARELLI.  E' un politico?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
 PRESIDENTE.  L'ha appena detto.
SALVATORE ANNACONDIA.  L'abbiamo detto prima.
FRANCESCO CAFARELLI.  E' un imprenditore.
MASSIMO BRUTTI.  E' intoccabile dalla criminalità e
dalle
istituzioni?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Dalle istituzioni e dalla
criminalità.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Sempre il collaboratore di
giustizia Galasso parlava di rapporti tra questi e i
magistrati, perché il loro ruolo...
        SALVATORE ANNACONDIA.  Sui magistrati di Foggia quel
                                poco
che sapevo l'ho detto, per sentito dire.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Nel carcere di Foggia -
sempre per
sentito dire - i detenuti avevano il numero di
telefono di un noto magistrato. Credo che sia a sua
conoscenza, ne vuole fare il nome?
           SALVATORE ANNACONDIA.  Non sono a conoscenza di
                               questo.
Che ci avevano... tramite gli avvocati, sì.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Per quanto riguarda la
corruzione nel carcere di Foggia, della quale lei ha
parlato, da quello che ricordo, essa è secondaria
soltanto a quella di Bari.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Questa corruzione era
determinata all'interno del carcere oppure era
gestita dall'esterno? Mi spiego meglio...
                              Pagina 2535
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, non è gestita. Questa
corruzione non è gestita da nessuno. Il detenuto che
ha le possibilità, ottiene quello che vuole
attraverso le guardie. E' successo, nel carcere di
Foggia, - ritornando a quei discorsi sul carcere di
Foggia - che queste guardie che facevano questi
movimenti... A fine mese erano milioni! Qualcuno che
aveva da farsi la carcerazione, non poteva pretendere
di ottenere sempre queste cose qua. Allora si
pensò... Io dissi di sì, ma non mi interessava perché
avevo la guardia che avevo stipendiato, non avevo
problemi. Poi, altre guardie che mi facevano qualche
favore, pure ce le avevo.
 PRESIDENTE.  Quanto dava a questa guardia, che
stipendiava?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Intorno ai due milioni, due
milioni e mezzo, tre milioni. Poi andava al mio
ristorante
tutte le volte che voleva, lui e la sua amante.
Qualche altro regalo glielo facevo...
 PRESIDENTE.  Ma quella somma è al mese?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì. Gli serviva un
videoregistratore, non avevo problemi; gli serviva un
televisore, non avevo problemi. Mi vide con un
orologio che mi avevano regalato per Colombo '92, la
festa dei 500 anni di Cristoforo Colombo, un
bell'orologio, tutto bleu, con il quadrante in oro...
Colombo '92! Una bella patacca! Chiamiamola così,
grossa. Mi disse: "Salvatore, mi piace..." Io non è
che mi facevo ripetere due volte le cose: glielo
regalai.
  Poi altre guardie... Con questa guardia c'era un
rapporto diverso, perché era una guardia votata per
me; lui moriva per me.
 PRESIDENTE.  Più che votata, comprata, direi!
          SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, però, poi c'è l'altro
                                senso
che è... votata. E' votato!
 PRESIDENTE.  Sì, ho capito.
         SALVATORE ANNACONDIA.  Le altre guardie le trattavo
                                 per
quello che erano; mi facevano il piacere, le
compensavo e basta. Ma con lui c'era un altro
rapporto.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Per quanto riguarda la
gestione degli appalti - altro argomento che lei ha
toccato e risulta nei verbali - come avveniva tele
gestione? Cioè, questi avevano rapporti solo con
magistrati o con politici?
SALVATORE ANNACONDIA.  Il rapporto degli appalti in
un
certo senso è tutto manovrato. Si fanno le gare di
appalto e già si sa la cifra che si mette.
 FRANCESCO CAFARELLI.  Chiedo scusa, ma c'erano solo
coperture politiche o anche di altro tipo
istituzionale?
SALVATORE ANNACONDIA.  Coperture politiche.
 FRANCESCO CAFARELLI.  E basta?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Quando interessa all'amico del
magistrato, poi interviene il magistrato.
        FRANCESCO CAFARELLI.  Questo volevamo sapere. Ci sono
                                 di
questi episodi, soprattutto a Trani?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Qualcuno c'è.
 FRANCESCO CAFARELLI.  E questi noti imprenditori -
scusi se insisto, ma è un punto molto importante -
hanno rapporti anche con magistrati di Roma? Lei ha
fatto riferimento anche ad un magistrato di Roma.
           SALVATORE ANNACONDIA.  Io adesso vi spiego una
                               cosa...
 PRESIDENTE.  No, magistrati di due sezioni.
                         Pagina 2536
FRANCESCO CAFARELLI.  No, prima, a parte la Corte...
PRESIDENTE.  Credo che sia la stessa cosa, però.
SALVATORE ANNACONDIA.  E' sempre quello il fatto.
PRESIDENTE.  E' sempre quello? Quindi i magistrati
sono
sempre gli stessi, quelli di Roma, sono quelli delle
due sezioni della Cassazione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 PRESIDENTE.  Quindi è la stessa...
        FRANCESCO CAFARELLI.  Questi imprenditori hanno anche
delle finanziarie?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, potranno avere qualche
partecipazione, ma la finanziaria è tutto un altro
sistema, è l'imprenditore che deve andare a finire
dalla finanziaria.
FRANCESCO CAFARELLI.  Va bene, grazie.
ALFREDO GALASSO.  Lei conosce Romano di Acquaviva?
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 ALFREDO GALASSO.  Chi è?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Oronzo Romano era, perché
possiamo già dire era, un buon elemento, che stava
uscendo abbastanza bene; la sua rovina è stata quando
è stato scoperto che stava per nascere la Rosa.
Oronzo Romano ha fatto qualche confidenza. Voleva
pentirsi, però non era attendibile in tanti e
tanti modi, che delle confidenze che faceva si venne
a
sapere subito al processo. E Oronzo Romano fu
allontanato perché non si poteva ammazzare, per il
momento. Oronzo Romano non è più nessuno, perché si è
sputtanato, a prescindere da tutto che la cocaina gli
ha dato al cervello.
        ALFREDO GALASSO.  Questo quando è accaduto? Cioè fino
                                  a
che...
SALVATORE ANNACONDIA.  Queste vocerie uscirono nel
1991. ALFREDO GALASSO.  Le risulta se questo Oronzo
Romano... SALVATORE ANNACONDIA.  E' in carcere, è in
carcere. ALFREDO GALASSO.  Sì, lo so. Le risulta se
questo Oronzo
Romano aveva qualche rapporto politico altolocato?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Non è che l'ho trattato molto,
quel poco che ci siamo visti in qualche bisca nostra
ad Acquaviva o a Putignano.
 ALFREDO GALASSO.  Ci sono nuclei di criminalità
organizzata a Conversano?
         SALVATORE ANNACONDIA.  Ma, le zone del sud barese e
                                 del
nord brindisino non è che le trattassi molto.
 ALFREDO GALASSO.  Conosce  Telenorba ?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 ALFREDO GALASSO.  Che cosa le risulta?
 SALVATORE ANNACONDIA.   Telenorba ? Non posso
parlare
perché non c'ho niente da parlare contro  Telenorba .
ALFREDO GALASSO.  Quando parlò con Tonino e Savino
della
vicenda del Petruzzelli, le dissero anche chi era
stato, quali erano stati gli autori materiali di
questa operazione non facile, peraltro?
 SALVATORE ANNACONDIA.  L'autore materiale fu Mario
Capriati, con altri due o tre ragazzi che portarono
nel loro gruppo.
                              Pagina 2537
             ALFREDO GALASSO.  Lei li ritiene capaci di
                          un'operazione di
questo genere? Materialmente, tecnicamente, dico.
        SALVATORE ANNACONDIA.  Con tutte le strade che erano
aperte, perché il proprietario, cioè il gestore, era
d'accordo, era tutto preparato, non c'erano problemi;
là bisognava solo spargere quel liquido per bruciare
e via.
ALFREDO GALASSO.  Quindi la malavita comune non
c'entra
niente con questa operazione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, la malavita comune no;
famiglie sì.
 ALFREDO GALASSO.  Due domande generali ed ho
finito. Mi pare di capire, vorrei sentire il suo
giudizio, che voi - lei in particolare ma non
soltanto, diciamo i capi di questa criminalità
organizzata - avevate una sorta di mappa della
magistratura e della polizia che vi consentiva di
orientarvi per sapere di volta in volta quali fossero
gli amici più fidati, quali quelli avvicinabili,
quali quelli inavvicinabili. E' così?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 ALFREDO GALASSO.  E in questi anni in Puglia la
complicità della magistratura, della pubblica
amministrazione, della politica, dell'imprenditoria è
stata condizione essenziale per lo sviluppo della
criminalità organizzata? Senza questa complicità non
avreste raggiunto le fortune che avete raggiunto: è
questo il suo giudizio?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ma, purtroppo è così,
onorevole. Non è che voglio parlare male dei
magistrati, perché me ne guarderei bene. Non voglio
parlare né male dei magistrati né male di un
pregiudicato né male di un professionista. Io parlo
di quello che so, non è che devo fare una
distinzione: quello m'è simpatico e parlo, quello non
m'è simpatico e non parlo. Purtroppo la magistratura,
fino al 1991, si è sentita sempre intoccabile e,
quando trovava a fare qualche aggiustamento,
qualcosa, lo faceva.
 ALFREDO GALASSO.  Siccome lei ha dichiarato di
essere un capo, ed un capo dà anche valutazioni di
carattere generale, volevo avere conferma di questo.
Cioè la sua valutazione è che, senza la complicità di
una parte, naturalmente, della magistratura, del
mondo politico, dell'imprenditoria, della pubblica
amministrazione, non avreste raggiunto le fortune che
avete raggiunto?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non si poteva raggiungere,
perché, se non trovi il compiacente, come si fa?
Purtroppo poi la valutazione che puoi dare a queste
persone qua è quella che li tratti per quello che
valgono.
         FRANCO FAUSTI.  Mi ha colpito molto una valutazione
                                 che
lei ha fatto rispetto agli ultimi attentati, quando
ha legato, come valutazione dell'ambiente
dell'Asinara e, se non sbaglio, di Rebibbia, questo
giudizio comune di una minaccia incombente per cui,
se non vi fosse stata la decadenza del 41-bis  il 20
luglio, sarebbero avvenuti attentati con riferimenti
precisi a monumenti, a beni artistici. Lei ha
affermato di averne dato notizia preoccupata in
occasione di incontri con i
magistrati, con il pudore di un'interpretazione tanto
grave, con riferimento ad un terrorismo diffuso, che
poi, purtroppo, abbiamo invece verificato; ma di
questo noi non abbiamo trovato traccia nei documenti
che abbiamo e che addirittura risulta, per quanto ci
riguarda, a livello di notizia, non verbalizzato.
  Fa riferimento a un colloquio con il magistrato
Alberto Maritati. Vorrei avere maggiori precisazioni
rispetto a questo che è un elemento estremamente
grave, perché poi le sue preoccupazioni, queste
valutazioni della camorra nazionale e della mafia
nazionale, soprattutto all'Asinara, purtroppo hanno
trovato riscontro. Vorrei, dunque, maggiori
precisazioni e          vorrei sapere se ha avuto
l'opportunità di
                              Pagina 2538
esprimere queste preoccupazioni in altri colloqui con
i magistrati inquirenti.
          SALVATORE ANNACONDIA.  Onorevole, a me non spetta
                                fare
valutazioni.
        FRANCO FAUSTI.  Scusi, lei ha riferito un episodio in
                                 cui
erano state espresse valutazioni, siccome questa
interpretazione è grave...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Si è spiegato abbastanza
bene, le sto rispondendo che non spetta a me fare
valutazioni. Io ho sentito il dovere di riferire, la
prima volta, per dire che stavamo così, parlando del
più e del meno...
          PRESIDENTE.  In quale carcere? La prima volta in
                                quale
carcere?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, sto parlando adesso che
sto fuori, che sto verbalizzando. Dissi ad un
maggiore che non intendevo verbalizzare perché non mi
sentivo di dire certe cose che potevano sembrare
allucinogene. Il maggiore riferì queste mie parole al
dottor Maritati. Quando mi è arrivata la prima
notizia, è stato all'Asinara; per quel poco che
stessimo all'Asinara, si parlò del più e del meno,
che bisognava... e i napoletani dall'altra sezione,
perché noi stavamo in una sezione dove eravamo
pugliesi, calabresi e siciliani, era la prima
sezione, mentre alla seconda sezione erano tutti
napoletani.
  Il giorno del mio trasferimento dall'Asinara, che
andai a Carinola per processi, dovevano arrivare
dalla seconda sezione imbasciate proprio per sapere
cosa si studiava, cosa si intendeva fare, perché alla
nostra sezione erano successi un po' di casini con le
guardie; perché le guardie se la sentivano contro i
siciliani perché le stragi che erano successe... le
guardie erano amareggiate coi siciliani e di
conseguenza venivamo trattati, sia i calabresi che i
pugliesi, allo stesso livello dei siciliani.
  Mi ricordo che Peppuccio Spataro rispose male a
delle guardie, si voleva appiccicare a botte e fu
picchiato - perché le guardie erano di più; noi
passavamo uno alla volta all'aria -     perché fece
qualcosa di sporco nei confronti delle guardie,
che sentivano il dolore delle due stragi che erano
avvenute. Però i napoletani venivano trattati non
come noi ma un pochettino meglio di noi ed avevano
più modo di pensare, di fare, di ragionare;
                        OMISSIS
 stessa fonte, seppi pure di là che quanto prima si
doveva iniziare a mettere qualche bomba a qualche
museo. PRESIDENTE.  Perché non si parlava di stragi
contro la
gente?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Perché già c'erano i guai di
queste due stragi che erano avvenute a Palermo e
allora le
bombe si dovevano mettere davanti ai musei e non
nelle ore che potevano causare la strage. Che poi la
strage è successa, io vi posso dire solo una mia
opinione (ma questa è una cosa personale) dell'ultima
strage che è avvenuta a Milano, cioè
che senz'altro chi ha messo la bomba e chi ha fatto
la telefonata ai pompieri... c'è stato qualche 5-10
minuti di ritardo nell'azionare la bomba. I pompieri
sono arrivati in anticipo. Questa però è una mia
opinione. Però posso dire che a    Maritati dissi
proprio che entro il 20 di luglio, se non
veniva abolito questo 41-bis , ci sarebbero state
delle stragi e degli attacchi ai musei, perché
colpendo il museo colpisce il cuore dello Stato,
colpisce l'amore degli
italiani, colpisce l'opinione pubblica. Questo è
quello che io so per quanto riguarda queste vicende
qua.
 FRANCO FAUSTI.  La ringrazio. Alla domanda lei ha
risposto riconfermando quello che aveva detto. La
domanda era però se, oltre che con il magistrato
Maritati, lei ha avuto occasione di parlarne con
altri magistrati durante questo iter...
                              Pagina 2539
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, non ho avuto occasione
di parlare con altri magistrati. C'è altro?
 FRANCO FAUSTI.  Basta così.  (Commenti).
 SALVATORE ANNACONDIA.  ... colloquio investigativo.
Quando si parla con un procuratore nazionale sono
colloqui investigativi che poi vengono passati ai
magistrati.
ALTERO MATTEOLI.  Sulla scia della domanda rivoltale
dal
collega Fausti, sempre su queste bombe di cui lei
aveva
sentito parlare, aveva sentito che le avrebbero
organizzate mafia e camorra...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 ALTERO MATTEOLI.  Ha mai avuto occasione, in tutti
questi anni, di avere rapporti con qualcuno dei
servizi segreti; ha mai avuto contatti di qualche
genere, né quando era dentro né quando era fuori,
oppure sa che la sua organizzazione possa avere avuto
contatti?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Che io dovessi dire che ha
                                avuto
contatti con i servizi segreti: no.
                               OMISSIS
 MASSIMO BRUTTI.  Vorrei chiederle una cosa a
proposito dell'associazione La Rosa: dopo la fine
della carriera di Romano è stata ricostituita questa
associazione oppure è definitivamente morta?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, è finita.
 MASSIMO BRUTTI.  Lei conosceva Marino Pulito?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 MASSIMO BRUTTI.  Lo conosceva bene?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 MASSIMO BRUTTI.  Pulito aveva rapporti con la
'ndrangheta?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 MASSIMO BRUTTI.  E anche con i Modeo?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, dipendeva dai Modeo, era
diventato un uomo fidato perché loro erano latitanti
e Marino Pulito faceva loro da referente perché era
conosciuto.
MASSIMO BRUTTI.  Quindi li aiutava?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Diciamo che era conosciuto in
Calabria ed in Campania, molto.
 MASSIMO BRUTTI.  Le risulta che Marino Pulito
avesse un
rapporto o comunque avesse stabilito un collegamento
con Licio Gelli?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Con Marino Pulito mi rividi
nel carcere di Ascoli Piceno e lui era preoccupato
per il fatto di Licio Gelli. Diceva: "Salvatore, per
causa mia si può rovinare questa persona". Sono stato
in cella con Marino Pulito 7-8 giorni.
         MASSIMO BRUTTI.  E Marino Pulito diceva "Per causa
                               mia si
può rovinare", chi, Gelli?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Licio Gelli. Bastava che
Marino Pulito vedesse qualche articolo sui giornali a
proposito di
Licio Gelli... dato che non sa leggere bene glielo
leggevo io. MASSIMO BRUTTI.  Ma perché pensava che
Gelli si potesse
rovinare per causa sua?
                              Pagina 2540
 SALVATORE ANNACONDIA.  Mi disse che era stato in un
albergo a         Roma con Licio Gelli, che si era
incontrato con Licio Gelli.
 MASSIMO BRUTTI.  Quando?
SALVATORE ANNACONDIA.  Nel 1991, prima del suo
arresto. MASSIMO BRUTTI.  Per quale ragione l'aveva
incontrato? SALVATORE ANNACONDIA.  Perché stavamo
sistemando il
processo ai Modeo per la revisione.
 MASSIMO BRUTTI.  Era in Cassazione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
 MASSIMO BRUTTI.  E l'incontro con Gelli aveva a che
vedere con il processo?
SALVATORE ANNACONDIA.  L'incontro non l'ho avuto io.
MASSIMO BRUTTI.  Che cosa raccontava Pulito di
questo? SALVATORE ANNACONDIA.  Marino mi raccontò ma
superficialmente, perché giocavamo sempre a dama;
ogni tanto, quando usciva qualche notizia alla
televisione, Marino Pulito si preoccupava di Licio
Gelli; specialmente in quei giorni di agosto del 1992
i fatti di Licio Gelli erano quasi tutti i giorni sul
giornale.
 MASSIMO BRUTTI.  Per quale processo Pulito era
intervenuto con Gelli?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Doveva intervenire per la
revisione del processo, perché Marino Pulito era
riuscito ad avere un colloquio con Licio Gelli.
MASSIMO BRUTTI.  Per la revisione di quale processo?
SALVATORE ANNACONDIA.  Del processo Modeo per
l'omicidio
Marotta.
 MASSIMO BRUTTI.  E Gelli poteva interessarsi con la
Cassazione?
          SALVATORE ANNACONDIA.  Marino Pulito aveva avuto
                              garanzie
che si poteva ottenere la revisione.
        MASSIMO BRUTTI.  Non ha detto in quale sezione della
Cassazione, quale magistrato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No.
MASSIMO BRUTTI.  Però Gelli poteva interessarsi.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, poteva interessarsi.
MASSIMO BRUTTI.  E si era interessato?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ma poi successe che c'erano
le
microspie... Ci fu un  blitz  e Marino Pulito fu
arrestato e       vennero a conoscenza che nel suo
ufficio c'erano le
microspie.
        MASSIMO BRUTTI.  Ho capito. E quel processo poi com'è
andato a finire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Per questo sputtanamento che
si è
avuto non si è fatto più niente, ma mi ero
interessato già io per quanto riguardava la
revisione. Poi c'era pure...
MASSIMO BRUTTI.  Lei si era attivamente interessato
della
revisione di quel processo: con chi?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non posso parlare.
         MASSIMO BRUTTI.  Comunque sempre per aggiustarlo in
Cassazione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
                              Pagina 2541
 MASSIMO BRUTTI.  Si può facilmente controllare,
quindi se lei può dircelo ci aiuta: qual era la
sezione della Cassazione su cui bisognava
intervenire?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non era già stato assegnato
alla sezione; bisognava che arrivasse ad essere
assegnato ad una sezione della Cassazione.
MASSIMO BRUTTI.  Voi a quale volevate assegnarlo?
SALVATORE ANNACONDIA.  Dato che quelli sono processi
di
domicilio, si sanno le sezioni che li discutono: il
99 per
cento andava alla I sezione.
        MASSIMO BRUTTI.  A voi andava bene questa soluzione?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Andava bene.
MASSIMO BRUTTI.  Ha conosciuto il pentito Screti?
SALVATORE ANNACONDIA.  Non l'ho conosciuto, però l'ho
sentito. L'ho conosciuto di vista, mi pare.
MASSIMO BRUTTI.  Quindi non l'ha conosciuto
direttamente. SALVATORE ANNACONDIA.  Lui mi conosce
soprattutto di
nome.
 MASSIMO BRUTTI.  E viceversa?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Sì.
           MASSIMO BRUTTI.  Sa che ruolo aveva nella Sacra
                               corona
unita?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Era intrufolato in politica,
nell'imprenditoria, stava molto bene con Salvatore
Bucarella, con Pino Rogoli.
 MASSIMO BRUTTI.  Abbiamo ascoltato altri
collaboratori di giustizia di altre organizzazioni
criminali, di altre regioni, ciascuno dei quali ha
indicato quali fossero le aree politiche o   i
partiti politici ai quali si portavano i voti e quali
fossero quelli che, invece, erano guardati con
sospetto e considerati con ostilità. Quali sono i
partiti dei quali lei si interessava?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Per quanto riguarda i
collaboratori che avete sentito, le indagini ormai
erano state già fatte. Purtroppo...
 MASSIMO BRUTTI.  Senza andare alle responsabilità
ed ai nomi, vorremmo avere un'idea degli schieramenti
politici.
SALVATORE ANNACONDIA.  Sto collaborando dal 1^
gennaio:
sono riuscito a collaborare con altri magistrati, ma
su Bari non avevo nessun magistrato come
interlocutore, come referente. Questi verbali li ho
fatti con il dottor Mandoi e devo verbalizzare ancora
il 50 per cento.
 MASSIMO BRUTTI.  Però in questo modo non vìola
nessun segreto...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Deve pensare che ho da
verbalizzare altro. Per me non ho problemi, perché o
si sa adesso o fra un mese o due...
        MASSIMO BRUTTI.  Vorremmo capire quali sono i partiti
                                 che
adoperano un certo meccanismo di raccolta dei voti.
SALVATORE ANNACONDIA.  Vi sono magistrati che stanno
raccogliendo le mie deposizioni, vi sono
investigatori che stanno facendo le indagini e non
vorrei rovinarle perché c'è quello che pensa che sto
parlando di tutto, quello che pensa "Di me non parla"
e quello che dice "No, Salvatore non parla di me".
Forse ho incontrato troppo presto la Commissione,
oppure sono venuto in tempo ma non ho trovato prima
il magistrato che potesse...
           MASSIMO BRUTTI.  Ci può dire quali sono le due
                               sezioni
della Cassazione alle
                              Pagina 2542
quali appartengono i ma gistrati romani con i quali
avevate rapporti?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Onorevole...
 PRESIDENTE.  Una è stata citata.
 MASSIMO BRUTTI.  E l'altra?
        SALVATORE ANNACONDIA.  Lo può leggere dai verbali qui
                                  a
Roma.
 MASSIMO BRUTTI.  Va bene, la ringrazio.
        PRESIDENTE.  Abbiamo terminato, ci sono soltanto due
brevi precisazioni.
                               OMISSIS
 Seconda questione. La persona alla quale lei si
rivolse per il processo di Pulito era un magistrato,
un avvocato, un cancelliere?
 SALVATORE ANNACONDIA.  No, forse...
 PRESIDENTE.  Forse ho capito male io.
SALVATORE ANNACONDIA.  Fu il processo di Pulito?
PRESIDENTE.  Sì. Adesso, parlando con il senatore
Brutti...
 MASSIMO BRUTTI.  Il processo Modeo!
           SALVATORE ANNACONDIA.  Per il processo Modeo un
                              avvocato
di Roma.
        PRESIDENTE.  Un'ultima cosa: quando ci furono le due
stragi di via D'Amelio e di Capaci che giudizio si
dava o si è dato nel mondo criminale, nel mondo della
mafia, della 'ndrangheta eccetera di queste due
stragi? Si diceva: "Hanno fatto bene", "Hanno fatto
male", "Ora chissà cosa ci capita!", "Finalmente ce
ne siamo levati dalle scatole due, abbiamo dato una
lezione".
 SALVATORE ANNACONDIA.  Di questi giudizi non si
poté parlare. All'Asinara si iniziarono questi
giudizi, ma purtroppo c'erano i grossi che dovevano
esprimere il loro giudizio.
 PRESIDENTE.  E i grossi che giudizio dettero?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Io partii.
 PRESIDENTE.  Quindi, non sa.
SALVATORE ANNACONDIA.  Ma i giudizi erano negativi.
PRESIDENTE.  I giudizi erano negativi, ma si
chiedevano:
"Perché hanno fatto questa grossa stupidaggine?".
SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, non voglio
trascendere in queste cose.
 PRESIDENTE.  Perché?
 SALVATORE ANNACONDIA.  A prescindere che non
conosco di preciso i discorsi, perché non è che
all'Asinara stessimo tutti quanti insieme...
 PRESIDENTE.  Beh, certo.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Oggi prendevamo l'aria con
dieci persone, domani con altre dieci persone. Ci
cambiavano sempre, non è che eravamo sempre... I
giudizi erano negativi perché non è che avevano fatto
una cosa bella... Perché se si voleva fare quello che
si è fatto, si poteva fare anni prima. Hanno fatto
queste stragi e per causa loro sono state applicate
tutte queste leggi speciali. Se le stragi le ha fatte
una famiglia e devono pagare tutte le famiglie...
Purtroppo la reazione non poteva esserci lì per lì.
                              Pagina 2543
 PRESIDENTE.  Desidero chiederle una cosa che serve
per il lavoro della Commissione, perché noi, tra
l'altro, dobbiamo cercare di capire quali siano le
ragioni per cui si fanno determinate operazioni, tipo
le stragi, anche per cercare di proporre al
Parlamento di porre in atto misure idonee ad evitare
nuove stragi. Ma posto che a quasi tutti gli italiani
è sembrato una specie di  boomerang  per Cosa nostra
compiere queste stragi, stante tutto quello che è
avvenuto
dopo, le chiedo se si tentava qualche spiegazione,
dei motivi. SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente,
forse non hanno
mai pensato al dopo, a quello che poteva succedere,
perché, ormai, nonostante tutte le stragi successe in
Sicilia, loro se la sono sempre cavata bene. Quindi,
pensavano che non ci fossero problemi. Non hanno mai
pensato alla reazione che potevano avere l'opinione
pubblica e lo Stato. Quello che è successo non se lo
aspettava nessuno. Ecco perché hanno deciso la morte
di Falcone e Borsellino.
          PRESIDENTE.  Ho capito, non si aspettavano questo
                               tipo di
reazione.
  Però, lei dice che dopo queste stragi ne possono
venire altre contro le persone. Non le sembra che
questo sia in contraddizione con l'impostazione di
non fare stragi pericolose perché altrimenti ...
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, quello
che io
ho sentito è stato pochissimo, non è stata una cosa
approfondita. Io ho riferito quello che ho sentito.
PRESIDENTE.  Certo. E si era anche parlato di fare
attentati fuori della Sicilia? Questi attentati ai
monumenti? SALVATORE ANNACONDIA.  Sì, perché non è
che in Sicilia ci
siano bei monumenti. I monumenti belli sono a Roma, a
Firenze, a    Milano.
 PRESIDENTE.  Credo che possiamo considerare
conclusa questa audizione. Ritengo che essa sia stata
molto utile, per cui la ringrazio molto.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Vi ringrazio anch'io.
 PRESIDENTE.  Ha qualcosa da aggiungere?
 SALVATORE ANNACONDIA.  Signor presidente, se mi è
concesso vorrei riaprire il verbale, ma di poco.
PRESIDENTE.  Prego.
 SALVATORE ANNACONDIA.  Ho da fare un reclamo.
  Le parlo personalmente, ma son convinto che quello
che succede a me accade a tanti collaboratori.
          Finché noi stavamo sotto la protezione della DIA,
                               diciamo
che non ci potevamo lamentare. Mi riferisco non a noi
personalmente, ma ai nostri familiari.
  Per causa non voluta, ci sono state fughe di
notizie per quanto riguarda la mia persona: i miei
familiari furono presi, sequestrati di notte, proprio
per evitare delle ritorsioni, e condotti in una
località segreta senza che potessero portarsi nulla
dietro. I miei fratelli non sono persone che hanno
vissuto sul marciapiede, perché sono ragazzi che
lavoravano in mare, facevano i pescatori. Essi sono
stati privati dell'affetto della casa e del paese,
tutte cose che non si possono ripagare. Io mi sento
responsabile nei confronti dei miei, perché da quando
sono passati sotto il Servizio centrale di
protezione, stanno accadendo cose allucinanti.
PRESIDENTE.  Cioè?
 SALVATORE ANNACONDIA.  I miei non hanno ancora i
documenti, perché con i loro non possono girare, e
sono costretti a vivere con lo stipendio che passa
loro il Servizio centrale. I miei familiari hanno,
esattamente, 16.500 lire
Pagina 2544
al giorno e si trovano in una località carissima. Con
500 mila lire al mese si devono pagare luce, gas,
telefono, acqua, e       devono mangiare e vestirsi
perché non possono andare a Trani
aprendersi le cose perché in questo momento ci sono
dei
problemi. Pagano l'affitto delle case che occupano.
Avevano un po' di risparmi, ma se li sono mangiati
perché devono vivere.
Parlo come Annacondia Salvatore, ma sono convinto che
tutti i collaboratori hanno il mio stesso problema.
Voglio, se il Parlamento è d'accordo, che sia un po'
vagliata la situazione, perché ci viene risposto che
a loro non gliene importa nulla. Hanno fatto
anticipare i soldi ai familiari dicendo di inviare
loro gli scontrini, ma questi sono stati mandati a
Roma e da Roma sono tornati indietro. Diciamo che si
vanno applicando sulle 100 mila lire, ma non sono 100
mila lire che devono salvare l'Italia. L'esercito dei
collaboratori può offrire un grosso contributo,
purché questa gente sia tenuta con la testa a posto,
con la testa tranquilla. Infatti, non posso
collaborare e nello stesso momento essere
rimproverato dai familiari per il fatto che per causa
mia li ho rovinati. Mi hanno detto questo, cioè che
per colpa mia li ho rovinati. Credo sappiate che
significhi sentirsi dire da un fratello che per causa
mia è rovinato. Mi sento male, perché non posso
rispondergli, non posso dirgli nulla.
         PRESIDENTE.  Mi faccia capire: se i suoi familiari
avessero i documenti di riconoscimento...
SALVATORE ANNACONDIA.  Ma loro vogliono lavorare, non
hanno bisogno...
          PRESIDENTE.  Quindi, questo consentirebbe loro di
lavorare..
 SALVATORE ANNACONDIA.  Non hanno bisogno di avere
le 500 mila lire, perché loro sono ragazzi che vanno
a pescare, che con la pesca vivono e stravivono, per
cui non hanno bisogno di niente. Però, fino a quando
non gli vengono dati questi documenti, almeno che
venga riconosciuto loro un mantenimento decente. Non
è che bisogna fargli fare una vita da signori, perché
a questo non sono abituati, sanno mangiare pane e
cipolla. Però, signor presidente, i bambini non si
possono privare dei biscotti da mettere nel latte!
Eppure, so che dove stanno loro, un chilo di pane
costa 5 mila lire. Per un litro di latte e un chilo
di pane già se ne vanno 20-30 mila lire. Se prende le
sigarette se ne sono andati i soldi.
         Poi si devono pagare pure luce, gas, telefono; come
                                fanno
questi a vivere?
 PRESIDENTE.  Va bene, abbiamo capito.
SALVATORE ANNACONDIA.  Mi hanno detto che se ne
andranno. PRESIDENTE.  La Commissione cercherà di
intervenire su
tale questione.
SALVATORE ANNACONDIA.  La ringrazio moltissimo.
PRESIDENTE.  La ringrazio, signor Annacondia.
  Prego di voler accompagnare il signor Annacondia
fuori dall'aula.
(Salvatore Annacondia viene accompagnato fuori
dall'aula) .
 PRESIDENTE.  Colleghi, propongo di segretare, per
esigenze di carattere istruttorio, alcuni passaggi
dell'audizione odierna, di cui do lettura.
(Il presidente procede alla lettura).
Pongo in votazione questa mia proposta:
(Segue la votazione) .
 Poiché la Commissione non è in numero legale per
deliberare, a norma del regolamento, rinvio la seduta
di un'ora.
                              Pagina 2545
La seduta, sospesa alle 17,10, è ripresa alle 18,10
presso l'aula di palazzo San Macuto.
 PRESIDENTE.  Pongo in votazione la proposta di
segretazione precedentemente formulata.
(Segue la votazione) .
 Poiché la Commissione non è in numero legale, tolgo
la seduta. La Commissione è convocata per martedì 3
agosto 1993, alle 15; la votazione sulla proposta
suddetta è iscritta al primo punto all'ordine del
giorno.
  Dispongo che le dichiarazioni rese dal
collaboratore Annacondia per le quali ho formulato la
proposta di segretazione siano da considerarsi
segrete fino alla deliberazione definitiva della
Commissione.
La seduta termina alle 18,15.

 


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