Parenti: seduta 17
|
Pagina 471 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Comunicazioni del presidente: Parenti Tiziana, Presidente .......................... 473 Seguito dell'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee programmatiche dell'azione del Governo nella lotta alla criminalità organizzata: Parenti Tiziana, Presidente .................... 473, 474 475, 476, 481, 483, 484 486, 489, 491, 492, 493 Ayala Giuseppe ....................... 478, 479, 480, 483 Bargone Antonio ................................ 474, 475 Berlusconi Silvio, Presidente del Consiglio dei ministri ............................... 473, 474, 475, 479 480, 481, 483, 485, 486 487, 489, 491, 492, 493 Bertoni Raffaele ............................... 481, 486 Bonsanti Alessandra .................................. 488 Brutti Massimo .................. 476, 489, 491, 492, 493 Garra Giacomo ............................. 482, 489, 491 Imposimato Ferdinando ................................ 476 Mancino Nicola ....................................... 476 Manconi Luigi ........................................ 492 Ramponi Luigi ........................................ 488 Scopelliti Francesca ........................... 475, 486 Scozzari Giuseppe ......................... 485, 486, 492 Stajano Corrado ................................ 480, 481 Tripodi Girolamo .......................... 482, 483, 484 Vendola Nichi ............................. 486, 487, 488 Sostituzione di un membro della Commissione: Parenti Tiziana, Presidente .......................... 473 Pagina 472 Pagina 473 La seduta comincia alle 10. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Sostituzione di un membro della Commissione. PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha chiamato a far parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia il deputato Luigi Rossi in sostituzione del deputato Luca Azzano Cantarutti, che ha rassegnato le dimissioni. Comunicazioni del presidente. PRESIDENTE. Comunico che, accogliendo le richieste avanzate in tal senso, a partire da oggi tutte le informazioni relative ai lavori della Commissione verranno trasmesse tramite convocazioni, contenute integralmente in un unico documento e recapitate con le consuete modalità. Seguito dell'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee programmatiche dell'azione del Governo nella lotta alla criminalità organizzata. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee programmatiche dell'azione del Governo nella lotta alla criminalità organizzata. Informo i colleghi che alle 11,30 il Presidente Berlusconi, per il motivo che ora vi dirà, deve essere a Palazzo Chigi. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Dobbiamo risolvere il problema delle assegnazioni dei portafogli europei. E' bene che tutti sappiano che stiamo discutendo della nomina dei commissari italiani in Europa; le intese si sono protratte fino ad oggi perché ci sembrava molto importante individuare le persone giuste per i portafogli che ci saranno assegnati o che riusciremo a farci assegnare. Vi è stata una lunghissima trattativa con il presidente incaricato, Jacques Santer, con il quale abbiamo avuto contatti telefonici multipli, ed anche incontri diretti, affinché il portafoglio principale, destinato all'Italia, fosse di un certo livello e soprattutto adeguato alla personalità indicata da tutti i componenti la maggioranza, la quale mi risulta gode di notevole prestigio anche tra i rappresentanti dell'opposizione. Si tratta del professor Mario Monti, che da persona corretta qual è, aveva posto come condizione della sua accettazione, il fatto di poter essere veramente utile al nostro paese e, quindi, di potersi occupare di una materia di cui fosse realmente competente. Pertanto il ritardo è dipeso soltanto ed esclusivamente da questo motivo; abbiamo continuato la trattativa con l'istituzione europea, finché finalmente siamo riusciti, nei giorni scorsi, ad ottenere l'assegnazione di un portafoglio che riguarda i mercati Pagina 474 interni, cioè tutti i movimenti di merci, di capitali e di persone all'interno del mercato europeo. Essa è ancora ufficiosa, perché, come sapete, le assegnazioni definitive richiedono il concerto di tutti i commissari indicati - la prima seduta che si occuperà di questa questione si terrà domani mattina alle 9 - cui deve seguire la convalida da parte dell'Assemblea europea. Il Governo, sin dall'inizio, si è mosso in direzione di questo portafoglio, che ci è stato assegnato ed ampliato con l'aggiunta del portafoglio riguardante i movimenti finanziari, molto interessanti sotto il profilo della lotta alla criminalità organizzata. Siamo riusciti ad ottenere questo cospicuo ampliamento, che ha comportato tra l'altro il frazionamento di una direzione (il capitolo E interessa le due direzioni che erano già state individuate). Questa mattina ho avuto personalmente la definitiva - spero - conferma da parte di Jacques Santer: abbiamo concretizzato l'azione svolta con un risultato che, ripeto, spero sia definitivo. Resta sospesa la questione del secondo commissario; come avete potuto verificare vi era una serie di posizioni diverse all'interno della maggioranza, che ieri sono state superate con un mandato fiduciario assegnato all'unanimità al Presidente del Consiglio dei ministri. Quindi, nella giornata di oggi dovrò decidere, sulla base di questo ampio mandato, chi sarà il nostro secondo rappresentante. Ancora una volta, vorrei far scaturire la decisione dalle cose; se ad un certo punto il secondo portafoglio sarà quello cui sto guardando, che mi sembra più vicino agli interessi del nostro paese, vi potrà essere essere una certa designazione. Se invece il portafoglio sarà un altro (ormai ridotti a tre quelli su cui possiamo operare), non credo di poter designare una persona di un certo tipo, con un certo passato, con una certa esperienza ad occuparsi di questioni lontanissime dalla sua esperienza. Quindi, prenderò una decisione funzionale di questo tipo; in merito sono stati fatti taluni nomi, ma non sono soltanto quelli, perché vi sono anche altre possibilità nel caso ci venga assegnato un determinato portafoglio (eventualità che in questo momento non vorrei considerare) per la difficoltà di comporre il puzzle europeo. Visto che abbiamo vinto sulla prima richiesta, mi ero riservato di accettare un altro portafoglio, nell'ambito di una terna, lasciando però libero il presidente Santer di indicarmi quali fossero i portafogli su cui avevo dato tutta una serie di indicazioni; da questa scelta dipenderà se si potrà andare in una direzione piuttosto che in un'altra. Credo che di ciò potremo essere soddisfatti e credo anche che le persone che in questo momento sono nella possibilità di accettare costituiranno una buona scelta per l'Italia, perché saranno rappresentanti molto validi per il nostro paese. PRESIDENTE. Tutto questo per dire che non potrà trattenersi oltre le 11,30. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Sì, ma mi è sembrato giusto dare una corretta informazione. ANTONIO BARGONE. Intervengo sull'ordine del lavori per sottolineare che apprendiamo soltanto adesso che il Presidente del Consiglio ha altri impegni alle 11,30 e che già l'altra volta è andato via alle 12. Tenuto conto del numero degli iscritti a parlare (12 o 13) vi è il rischio che il Presidente del Consiglio abbia il tempo soltanto di ascoltare le domande ma non di rispondere e che quindi si debba rinviare ancora. Mi pare del tutto inopportuno rinviare l'audizione di settimana in settimana, perché significa "diluire" il problema e perdere la centralità della questione che vogliamo affrontare. Pertanto, vorrei pregare, se fosse possibile, il Presidente del Consiglio, con tutto il rispetto per le questioni di cui ci ha parlato questa mattina, di prorogare di un'ora i suoi successivi impegni. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. No, non è possibile. ANTONIO BARGONE. Vorrei finire di parlare. A questo punto la Commissione non è posta nelle migliori condizioni per Pagina 475 interloquire in modo adeguato con il Presidente del Consiglio. Potrebbe addirittura verificarsi che egli torni in Commissione il prossimo venerdì senza che abbia risposto ad alcune delle domande che finora gli sono state poste. Vorrei pregare, ripeto, il Presidente del Consiglio di ovviare se possibile, a questo inconveniente altrimenti probabilmente è più opportuno non tenere la seduta di oggi, visto che sono già le 10,15 e alle 11,30 il Presidente deve andare via. PRESIDENTE. Dobbiamo tenerla, ormai abbiamo convocato la Commissione. ANTONIO BARGONE. Ognuno, se crede, è padronissimo di porre domande nel vuoto. FRANCESCA SCOPELLITI. Nell'economia dei tempi, la sintesi. ANTONIO BARGONE. Qui non si tratta di economia dei tempi; io affido questo problema a voi (Commenti)... se mi fate finire di parlare. Secondo me l'economia dei tempi non c'entra, perché nella storia della Commissione antimafia non è mai accaduto di svolgere un'audizione nel corso di tre settimane. Quindi l'economia dei tempi non c'entra nulla. Sarebbe una cosa del tutto inedita, di fronte alla quale ci troveremmo per la prima volta. Ribadisco ancora una volta che l'economia dei tempi non c'entra niente. Riflettevo sulla valenza, sull'adeguatezza di questa interlocuzione del Presidente del Consiglio; mi pare che fino a questo momento questi tempi diluiti siano assolutamente inadeguati. PRESIDENTE. D'altra parte i tempi sono quelli che sono per tutti; vi sono anche delle cose urgenti. Inoltre, non trovo che sia assolutamente disdicevole svolgere questa audizione in tre o quattro sedute anziché in una sola; in questo modo vi sarebbe più tempo per fare le domande e per rispondere. Non mi pare che questo sia impeditivo di alcunché. Intanto il Presidente del Consiglio potrebbe rispondere alle domande poste nella precedente seduta e raccogliere quelle ulteriori che gli saranno rivolte, e poi a mano a mano si andrà avanti. D'altra parte, non si può concentrare (Commenti del senatore Tripodi)... Allora, se non va bene questo, passiamo... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Posso anch'io interloquire? PRESIDENTE. Sì. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Vorrei innanzitutto far notare che nell'incontro della settimana scorsa sono state dette cose molto importanti per quanto riguarda la politica del Governo nell'argomento di cui trattasi. In secondo luogo, a quanto è stato detto sono già seguiti dei fatti, perché in Senato la proroga fino a 5 anni dell'articolo 41-bis è stata approvata all'unanimità (Commenti del senatore Brutti). Perché hanno partecipato anche le forze che sostengono questa maggioranza; il Governo non è stato estraneo a ciò, in quanto ha aderito totalmente al progetto, che era lo stesso del Governo. Ieri ho chiesto ai ministri di grazia e giustizia e dei lavori pubblici di inserire nel decreto-legge (che però seguirà una corsia preferenziale) sulle strutture ed i servizi dell'amministrazione della giustizia una disposizione di conferma per un analogo periodo, rispetto a quello del Senato, della destinazione attuale degli istituti di Pianosa e dell'Asinara. Vi è stata quindi un'indicazione completa della politica del Governo; in secondo luogo, è stato dato corso immediato a due provvedimenti concreti ed importanti; in terzo luogo, ho già ricevuto tutta una serie di domande, anche scritte, ed ho già provveduto a stilare sette schede, di cui potrei immediatamente darvi lettura, riguardanti ciascuna un argomento oggetto della domanda e probabilmente anche anticipatorio di possibili domande da parte vostra. Vi dico quali sono gli argomenti su cui esiste già la posizione del Governo: l'usura, i temi del processo penale, gli stanziamenti Pagina 476 a favore della giustizia, il riciclaggio, la mafia e la massoneria, l'antiproibizionismo, le problematiche sociali. Se per risparmio di tempo voi ritenete opportuno che io dia lettura di queste cose, sono lieto di farlo perché mi sembra più completo. Se invece ritenete di andare nella direzione - se mi consentite - di un utilizzo meno funzionale del tempo, procediamo come avete individuato voi. Per me va bene. PRESIDENTE. Il senatore Mancino ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori, però vi prego di essere brevi, altrimenti parliamo solo dell'ordine dei lavori. NICOLA MANCINO. Ritenevo che, come si è fatto per il passato, si potessero fare domande ed avere risposte. PRESIDENTE. Infatti. NICOLA MANCINO. Invece insistiamo sulle presenze, che naturalmente devono conciliarsi con altre esigenze di tipo istituzionale e rappresentativo. Ma rinuncio a parlare. PRESIDENTE. La ringrazio. MASSIMO BRUTTI. Chiedo di parlare. PRESIDENTE. Ancora sull'ordine dei lavori? MASSIMO BRUTTI. Vorrei fare una richiesta rapidissima, che credo il Presidente del Consiglio possa valutare. L'effetto di dispersione della discussione è determinato dal fatto che essa si protrae troppo a lungo, per settimane. Credo quindi che oggi sia possibile dare luogo al maggior numero di interventi che riusciamo a svolgere e, al tempo stesso, chiedere al Presidente del Consiglio di voler intervenire presto, senza rinviare di un'altra settimana, tenendo conto che forse nei prossimi giorni vi saranno impegni meno rilevanti o meno intensi. Se fissassimo la seduta a breve, potremmo concludere presto questa discussione. PRESIDENTE. Mi pare che vogliate svolgere gli interventi; vi prego però di essere sintetici nell'esposizione, così almeno potremo cominciare con le risposte. FERDINANDO IMPOSIMATO. Signor Presidente, nel suo intervento di venerdì 21 ottobre lei ha preso in esame alcuni aspetti fondamentali della lotta alla mafia: il problema del regime carcerario dei mafiosi, quello dei pentiti e quello della lotta al riciclaggio. Devo darle atto del mutato atteggiamento del Governo rispetto all'articolo 41-bis che è stato approvato in Commissione giustizia al Senato anche con l'apporto del Governo. Tuttavia mi preoccupa comunque la posizione dell'onorevole Maiolo, presidente della Commissione giustizia della Camera, che è favorevole invece alla sua abrogazione. Così come condivido la scelta da lei proclamata di non indebolire, ma di rafforzare la legge sui pentiti. Devo subito aggiungere che del suo intervento mi hanno colpito alcune omissioni; in particolare, mi ha sorpreso il suo silenzio su un tema centrale della lotta alla mafia, il rapporto tra mafia e politica. Eppure di tale questione fu lei stesso a riconoscere l'importanza, quando nel suo discorso programmatico del 16 maggio al Senato ella ebbe a dire testualmente che era stata affrontata a viso aperto la questione dei legami, spesso ambigui e sempre insidiosi, tra mafia e politica, tra criminalità organizzata e consenso elettorale. Pertanto la prima domanda che le pongo è se lei ritenga che il problema del rapporto tra mafia e politica sia stato in tutto o in parte risolto, o se invece esso continui ad esistere ed in quali termini. Un altro punto che manca nella sua relazione riguarda la nuova strategia mafiosa, molto più insidiosa di quella del passato. Dopo le stragi del 1993, questa strategia si manifesta con attentati volutamente incruenti contro amministratori locali, oppure con la minaccia di attentati stragisti, attraverso la collocazione di bombe dinanzi ad uffici giudiziari o lungo il percorso seguito da alcuni magistrati: è di ieri il sinistro segnale di morte rivolto al Pagina 477 giudice Scarpinato ed alla moglie. La mafia, insomma, vuol dimostrare di essere forte senza ricorrere a stragi o ad omicidi. A ciò corrispondono una scarsa percezione dell'estrema pericolosità di Cosa nostra e la diffusione di una filosofia riduttiva e minimalistica da parte degli organi di Governo, tanto più allarmante in quanto essa si pone in sintonia con attacchi contro i magistrati e contro investigatori più impegnati nella lotta alla mafia, contro alcuni collaboratori della giustizia, contro i responsabili del sistema carcerario. Noi ben sappiamo che la lotta alla mafia, prima che con le leggi e con le solenni declamazioni verbali, si vince con uomini capaci e coraggiosi. Ed è proprio rispetto alla sostituzione e alla delegittimazione di alcuni elementi di punta della lotta alla mafia che il Governo ha mostrato un atteggiamento secondo me assai criticabile. Qui passo alla citazione di alcuni fatti precisi, alla quale seguiranno le domande. Ci sono gli attacchi personali ai procuratori di Palermo e di Napoli da parte dei presidenti delle Commissioni giustizia della Camera e del Senato; i due magistrati, dei quali Cosa nostra ha decretato la condanna a morte da tempo, sono stati costretti a tutelare la loro onorabilità ed il loro prestigio con querele e citazioni per danni civili. Tuttavia gli attacchi non sono cessati. La domanda che le pongo è pertanto la seguente: lei ritiene di dover mantenere, rispetto a questi fatti gravissimi, una posizione di indifferenza o di neutralità, o invece che sia dovere politico e morale del Governo di impedire il linciaggio di questi magistrati? Un'altra domanda riguarda la valutazione che lei dà dell'aggressione verbale che il presidente della Commissione giustizia della Camera attua da tempo nei confronti del dottor Di Maggio e della infelice decisione del ministro di grazia e giustizia di sollecitare le dimissioni di questo magistrato, proprio nel momento in cui questi era impegnato a controllare la corretta applicazione dell'articolo 41-bis dopo l'evasione dal carcere di Padova del mafioso Maniero. Le chiedo inoltre se lei non ritenga che la neutralizzazione del giudice Di Maggio, con un incarico che io ritengo pretestuoso all'ONU, abbia prodotto un allentamento del sistema carcerario, con la conseguenza della riduzione da 800 a 400 del numero dei mafiosi sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis. Un altro fatto negativo riguarda il tentativo di allontanare Vigna e Grasso dalla commissione per la gestione dei pentiti, tentativo fallito solo per l'allarme lanciato dai magistrati. L'episodio è sembrato un segnale della disponibilità dello Stato ad indebolire il fronte dei collaboratori della giustizia. Vorrei una valutazione su questo fatto. Desidero sapere altresì quale valutazione lei esprime della rimozione dal vertice della DIA del dottor Gianni De Gennaro, obiettivo numero uno di Cosa nostra, e se lei non pensa che tale provvedimento possa essere considerato (sia pure involontariamente, ovviamente) da Cosa nostra come un segnale positivo, visto che Totò Riina indicava proprio in De Gennaro uno degli obiettivi da colpire. Sul fronte della lotta al riciclaggio, le chiedo quale valutazione lei dà del fenomeno, denunciato già a suo tempo da Falcone, di imprenditori non mafiosi che subiscono da parte di mafiosi richieste perentorie di compartecipazione alle imprese, allo scopo di sfuggire alle indagini patrimoniali e di conquistare sempre maggiori profitti. Potrei citare una serie numerosa di casi di questo genere, di imprese pulite nelle quali sono affluiti da tempo capitali della criminalità organizzata; queste imprese fanno ovviamente da copertura ad operazioni di riciclaggio e di reinvestimento. Vorrei sapere inoltre se il Governo non ritenga di dover promuovere vere e proprie campagne di stampa dirette a diffondere la cultura della legalità e a tenere alto l'allarme sociale, posto che il silenzio favorisce l'espansione della mafia. Infine, le domando se non ritenga che la mafia stia raggiungendo di nuovo notevoli livelli di potenza militare ed Pagina 478 economica, realizzando quella saldatura tra criminalità organizzata e criminalità degli affari che mette in pericolo l'esistenza stessa della nostra democrazia. GIUSEPPE AYALA. Poiché il destino, e soltanto esso, vuole che da circa 12 anni io mi occupi di questi problemi, le posso dire, Presidente, che sono stato abituato, almeno fino al 1991 (dal 1991 in poi qualcosa è cambiato), ad ascoltare Governi che riuscivano a coniugare in maniera eccellente ottimi propositi con scarsissimi risultati. Se così non fosse stato, oggi non staremmo qui ad occuparci non di un fenomeno, ma di quello che lei stesso nella relazione (la cito testualmente, perché condivido integralmente queste affermazioni) ha detto trattarsi di organizzazioni politico-criminali che pretendono di esercitare una sovranità alternativa a quella dello Stato ed a piegare i cittadini con l'intimidazione. Di fronte ad una realtà di questo genere, che è un problema attuale, la sua relazione per un verso mi ha soddisfatto, perché la trovo molto ben centrata, forse - come ha detto il senatore Imposimato - con qualche carenza, ma non si può pretendere la perfezione. L'esigenza che avverto in questo momento è quella di chiederle alcune precisazioni più concrete su taluni dei punti della relazione che mi sono sembrati più significativi. Pertanto seguirò la relazione e su singoli punti le chiederò qualche approfondimento. Ad un certo punto si afferma che da parte del Governo si dà grande importanza, oltre che all'aspetto repressivo, naturalmente, al risanamento del tessuto sociale e ad una politica di sviluppo economico delle aree depresse. Non vi è chi non possa essere d'accordo con questa affermazione. Vorrei sapere che cosa in concreto il Governo abbia in animo o in programma di fare per realizzare questa politica di sviluppo economico delle aree depresse. Certamente l'occasione rappresentata dalla legge finanziaria si è perduta, per quello che mi è consentito valutare; ma sicuramente, se c'è un'affermazione di questo genere, lei potrà fornirci elementi più precisi su come, quando, in che misura questo sviluppo finalmente potrà essere avviato in termini concreti e non come una enunciazione di una speranza che certamente - ripeto - trova d'accordo Governo ed opposizione: su queste cose non esiste sicuramente contrapposizione. Inoltre, a pagina 5 della sua relazione si legge un'affermazione molto importante: mi riferisco all'intenzione di adottare "più specifici interventi di rottura" (questo è forse il punto che potrebbe in parte soddisfare la carenza rilevata dal senatore Imposimato, perché vi è certamente quanto meno un accenno al rapporto tra mafia e amministrazione, politica e istituzioni) "di certe ambigue solidarietà finalizzate a disarticolare la complessa trama di referenti creata dalla mafia in tutti gli spettri della società e delle istituzioni". Si tratta di un'enunciazione ottima, anch'essa molto condivisibile, ma vorrei sapere concretamente in che modo, attraverso quali iniziative e quale strategia, il Governo intenda realizzare questo ottimo proposito. Più in particolare, a proposito della questione ormai - ahimè - annosa della gestione dei pentiti, nella sua relazione vi è un riferimento alla necessità di affidare tale gestione a personale che non sia lo stesso che si occupa delle indagini, ossia non alla polizia giudiziaria (tanto per essere più specifici). Vorrei sapere come il Governo intenda raggiungere questo obiettivo (se, per esempio, intenda istituire un corpo specifico); tra l'altro, secondo i calcoli, i pentiti sono circa 880 ma le persone da proteggere circa 3 mila. Si tratta di un problema enorme, soprattutto in momenti non brillanti per le casse dello Stato. Vorrei sapere in che modo e in quali tempi si intenda perseguire tale obiettivo, che peraltro rappresenta una scelta molto condivisibile; vi è il famoso esempio proveniente dagli Stati Uniti, dove ad occuparsi dei pentiti sono i marshal, che però non svolgono indagini. Siccome in quella realtà il sistema ha funzionato ed è stato collaudato, sono d'accordo nel procedere su questa linea; vorrei però sapere come il Governo intenda concretamente perseguirla, considerata la corposità e - credo - anche la costosità del problema. Pagina 479 Per quanto riguarda l'articolo 41-bis, il Presidente del Consiglio ha accennato poco fa a quanto si è verificato al Senato: se la proroga è stata approvata all'unanimità, vuol dire che anche le forze di maggioranza hanno votato a favore, e ne siamo tutti molto soddisfatti (Commenti del senatore Bertoni). Non intendevo esprimere una valutazione di tipo parlamentare, ma semplicemente rilevare che sarebbe stato assai più significativo, come il ministro Maroni ha detto anche in questa Commissione, se il Governo avesse assunto subito questa iniziativa per dare un segnale chiaro. Comunque, ci accontentiamo della via parlamentare! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Si è proceduto qualche giorno dopo, onorevole Ayala. GIUSEPPE AYALA. Signor Presidente del Consiglio, le devo dire una cosa in tutta franchezza: lei governa non da ieri, ma da diversi mesi ed il problema dell'articolo 41-bis e della legge sui pentiti non è stato tirato fuori quisque de populo, ma in una certa fase è stata una bandiera, anche se - devo prenderne atto - ormai superata ed ammainata (ne sono molto soddisfatto); comunque, in sei mesi si sarebbe potuto procedere (Commenti del senatore Imposimato). Sempre in ordine all'articolo 41-bis, il Presidente del Consiglio ha fatto un altro riferimento assai opportuno che richiama l'attenzione di tutti noi sulla differenza esistente tra il mantenimento normativo del suddetto articolo (è stato ormai avviato il relativo iter parlamentare e le Camere lo seguiranno sicuramente) ed il rischio di un suo svuotamento applicativo (trovo molto opportuno questo suo accenno), con riferimento, tra l'altro, alla questione della celebrazione dei processi. Ricordo che il carcere dell'Ucciardone ha una sua storia, che Buscetta ha raccontato in buona misura: si trattava quasi di un albergo, che ospitava praticamente la commissione di Cosa nostra, la quale non aveva alcuna difficoltà a comunicare con l'esterno e quindi a continuare a gestire l'organizzazione. I mafiosi erano stati portati in giro nelle varie carceri (sappiamo tutto e su questo sorvolo). La celebrazione dei processi, che tra primo e secondo grado è una celebrazione sostanzialmente costante, comporta il diritto di questi imputati (ci mancherebbe altro!) ad essere tradotti all'Ucciardone, perché essi hanno il diritto di assistere ai processi. Si è accennato, al riguardo, alla possibilità di ricorrere al sistema audiovisivo, che richiede però una riforma attenta, perché potrebbero porsi questioni di costituzionalità (non è questa la sede per affrontarle). Vorrei sapere se il Governo abbia intenzione, in termini concreti, e attraverso quali forme, di superare questo problema che svuota di significato quello che si sta ottenendo grazie al Parlamento, ossia la proroga di una norma fondamentale, che rappresenta uno dei due elementi che non infastidiscono ma colpiscono seriamente l'organizzazione mafiosa. I due veri nemici della mafia sono il regime differenziato e i pentiti; la mafia ha anche altri nemici (e speriamo ne abbia sempre di più), ma questi sono i due cardini del problema. Occorre allora evitare che, nel momento in cui si mantiene sul piano normativo questo regime - che a suo tempo è stato una conquista - di fatto non si operi affinché esso sia applicato effettivamente fino in fondo (questo è compito soprattutto del Governo), sia pure nel rispetto dei diritti umani, che rappresentano il limite sancito dalla Corte costituzionale. Poiché il Presidente del Consiglio ha sollevato il problema e quindi lo ha presente (questo mi sembra un fatto positivo), vorrei sapere come il Governo intenda muoversi in termini concreti per evitare lo svuotamento applicativo della norma. Il discorso potrebbe continuare, ma mi rendo conto che non è giusto sottrarre spazio agli altri colleghi, visto che purtroppo questa audizione si svolge in tempi limitati. Vorrei allora concludere con due notazioni: lei, signor Presidente del Consiglio, in perfetta buona fede (lo do per scontato e lo dico perché lo penso, non per timore di essere equivocato) ha dato un'immagine di deja vu, o almeno così mi Pagina 480 è parso, a proposito de La Piovra (questo devo dirglielo, signor Presidente). Sono d'accordo che, con riferimento alla criminalità organizzata, l'immagine del nostro paese all'estero è - ahimé - di un certo tipo. Però devo anche dire che assai più della fiction (tale è La Piovra) ha fatto la realtà: chi di noi è in condizione di calcolare quanti cittadini di questo mondo abbiano visto reiteratamente le immagini della strage di Capaci, di quella di via D'Amelio o di altre stragi analoghe, che fiction non sono? Il problema allora è quello di lavorare non sulla fiction (dico una cosa ovvia) ma sulla realtà; poi potremo permetterci anche la fiction. Vi è poi un'altra cosa che debbo dirle con franchezza circa il nesso tra il problema mafia e il turismo: al riguardo, il presidente della provincia di Palermo, esponente di forza Italia (che tra l'altro conosco da anni ed ho sempre avuto con lui un ottimo rapporto, per cui non vi è alcuna venatura polemica personale), non si è costituito parte civile nel processo per la strage di Capaci perché prima deve accertare se vi sia stato o meno un danno per il turismo. Si informi: sembra incredibile, ma è vero. Si tratta - lo ripeto - del presidente della provincia, eletto dai cittadini e democraticamente investito (ci mancherebbe altro!); è possibile ragionare in questo modo su tali problemi? Infine, signor Presidente del Consiglio, i mafiosi non sono qualche centinaio. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non ho mai detto che sono qualche centinaio. GIUSEPPE AYALA. Lo dico a scanso di equivoci. Le voglio dare un dato di riflessione. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Si tratta di migliaia. GIUSEPPE AYALA. Che siano 3 mila o 5 mila, ai fini del fatturato non vale comunque il discorso che lei giustamente fa come imprenditore, ossia che ad un certo numero di impiegati corrisponde un determinato fatturato. Le citerò un caso che ho tratto dalla mia esperienza personale: nel 1981-1982, nel giro di sei o sette mesi (le parlo di un fatto abbastanza noto, la famosa "pizza connection"), poche persone (non ricordo esattamente quante, ma comunque poche) hanno fatto transitare in due conti correnti svizzeri 55 milioni di dollari; poiché secondo il cambio dell'epoca il dollaro valeva circa 2 mila lire, la cifra complessiva è stata di 110 miliardi. Non si può quindi applicare alla mafia il criterio che vale per l'impresa sana e non si deve allora sottovalutare il problema; non mi importa stabilire (è una battuta che le ho fatto anche nella precedente seduta) se il fatturato sia di 10 mila o di 12 mila miliardi, perché non cambia molto; quello a cui dobbiamo essere tutti attenti (soprattutto deve esserlo chi è investito di responsabilità istituzionali di vertice, come lei) è il fatto di dare anche soltanto la sensazione di non giudicare sufficientemente grave il problema. Altrimenti, se si trattasse semplicemente di una banda che offende l'immagine del paese all'estero, sarebbe normale che a Napoli si tenesse una manifestazione che coinvolge mezzo mondo? Una manifestazione come quella di Napoli che ha riguardato - lo ripeto - mezzo mondo, per non dire l'intero pianeta, dimostra che siamo di fronte a un problema che non può essere liquidato con il conteggio più o meno presuntivo né del fatturato né degli appartenenti alla mafia. Si tratta di una tragedia per tutto il mondo e vi è quindi quasi un'incoerenza tra un tipo di interpretazione che si può dare e il contributo che il nostro Governo dà perché si possa fattivamente perseguire l'obiettivo. CORRADO STAJANO. Signor Presidente del Consiglio, si ha l'impressione, ascoltandola, di un doppio registro: lei si è impegnato a non modificare la disciplina sui pentiti e a mantenere in vigore l'articolo 41-bis, ma la sua premessa non scritta di venerdì scorso e le sue giustificazioni sulle parole dette a Mosca continuano a destare sconcerto. Appena lei è fuori dalla cornice e dai documenti ufficiali Pagina 481 (intendo dire quelli che legge) minimizza naturalmente il fenomeno della mafia. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi scusi, ma non è vero. A Mosca sono stato attaccato da italiano e ho reagito, perché ogni italiano, quando è fuori, deve essere orgoglioso del proprio paese. Credo che a nessuno di noi possa far piacere sedersi dall'altra parte e constatare che il primo argomento che viene tirato fuori è la mafia, nei confronti di noi italiani che siamo lì per portare un aiuto a un paese che attraversa una fase storica difficile. Cercate di capire anche il momento: credo di aver fatto il mio dovere, ma credo altresì che l'avrebbero fatto tutti. Siamo forse tutti mafiosi? Ho detto soltanto che non è così! CORRADO STAJANO. A parte il fatto che non è questione di numeri, come può il Presidente del Consiglio parlare di qualche centinaio di mafiosi nel momento in cui sono oltre 800, come risulta dalle sue stesse comunicazioni, soltanto quelli che stanno parlando, ossia i pentiti? Come può parlare della mafia e del suo fatturato (questo l'ha detto al di fuori del testo scritto) come se si trattasse di una qualsiasi azienda? Ma lei sa veramente qual è la condizione di quattro regioni italiane che si trovano in mano, o quasi, ai poteri criminali? Sa qual è la gravità della situazione in tutte le altre regioni, soprattutto al nord, dove la mafia si è diffusa molto pericolosamente? Secondo i modelli della perenne cultura reazionaria, lei è stato assai critico nei confronti dei film che danneggiano l'immagine dell'Italia all'estero. Da questo punto di vista, il collega Ayala è stato molto chiaro: è la mafia, signor Presidente del Consiglio, a incrinare all'estero l'immagine dei Governi italiani. E' la mafia il nemico, non i film! Questa sua tendenza alla minimizzazione - le chiedo - nasce forse dalla sua qualità di imprenditore portato a considerare i soldi senza odore e quelli della mafia come soldi qualsiasi? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Allora, andiamo in giro a dire che siamo tutti mafiosi, che viviamo tutti dei proventi della mafia e così consegniamo al mondo questa immagine del nostro paese! Non lo accetto! Lei sta dicendo veramente delle cose in malafede! Mi consenta: lei è in malafede! CORRADO STAJANO. Potrei dire la stessa cosa. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non può non aver capito quello che volevo dire e quello che ho detto! Le chiedo scusa e non intervengo più. CORRADO STAJANO. Chiedo alla presidente di essere tutelato (Commenti dei deputati del gruppo progressisti-federativo). PRESIDENTE. Senatore Stajano, la prego di proseguire nel suo intervento (Commenti). CORRADO STAJANO. Il Presidente del Consiglio non può esprimersi in questo modo (Commenti). RAFFAELE BERTONI. Il Presidente del Consiglio si arrabbia quando si parla di queste cose! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi arrabbio quando si dicono cose contrarie al vero! Mi sono state attribuite cose che non ho mai pensato! RAFFAELE BERTONI. Sembra che abbia la coda di paglia! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. No, no, è semplicemente amore per la verità! PRESIDENTE. Senatore Stajano, continui nel suo intervento. CORRADO STAJANO. Vorrei che mi si consentisse di porre un'altra domanda senza dover subire ingiurie dal Presidente del Consiglio (Proteste dei parlamentari dei Pagina 482 gruppi di forza Italia, della lega nord e di alleanza nazionale-MSI). Lei, signor Presidente del Consiglio, nelle sue comunicazioni ha collocato tra i vari settori dell'illecito le case da gioco. In Parlamento sono state presentate undici proposte di legge per la creazione di case da gioco, soprattutto nel Mezzogiorno: lei si esprimerà in senso favorevole o contrario? GIROLAMO TRIPODI. Come hanno fatto altri colleghi, devo dichiararmi veramente insoddisfatto dell'esposizione del Presidente del Consiglio e anche delle integrazioni che egli ha aggiunto a braccio. Ritengo infatti che non possa convincere una volontà, quella espressa dal Presidente del Consiglio, di lottare contro la mafia, quando poi una serie di precedenti portano in un'altra direzione e contraddicono le affermazioni, che quindi potrebbero essere considerate di carattere esclusivamente pubblicitario e non effettive sul piano dell'impegno nella lotta alla criminalità organizzata. Lei sa - se non lo sapesse glielo dico io - che da quando c'è questo Governo la mafia ha riacquistato arroganza, ha ripreso a controllare il territorio, a svolgere, con baldanza, la sua attività criminale e, di conseguenza, l'imposizione della logica della sopraffazione nei confronti delle popolazioni in molte zone del paese, tornando a minare le basi della nostra democrazia. Questo è avvenuto, perché i comportamenti del Governo, di ministri e di alcuni esponenti della sua maggioranza hanno stimolato, anzi, per certi aspetti, hanno ridato fiducia alle cosche mafiose per continuare le azioni avviate o per intraprendere un'attività di rivincita. Voglio ricordare il cosiddetto decreto Biondi, che prevedeva la conclusione delle inchieste sulla mafia entro tre mesi, il che non è possibile perché occorrono almeno due anni per poter eseguire un accertamento. Voglio anche rammentare lo svuotamento dell'articolo 41-bis: oggi solo 430 mafiosi sono sottoposti alle misure... GIACOMO GARRA. Abbiamo detto proprio ieri che è stato il ministro Conso a ridurre! GIROLAMO TRIPODI. Dicevo che 430 sui 1200 iniziali, sono i mafiosi sottoposti a quelle misure. Si registra, altresì, l'attacco contro i collaboratori di giustizia, volto a delegittimare la validità di uno strumento importante per la lotta contro la criminalità organizzata. Non solo, al Senato è stata presentata una proposta di legge, firmata da oltre cinquanta senatori della sua maggioranza, allo scopo di avviare un'inchiesta sulla giustizia penale (così la chiamano i firmatari), mentre di fatto è un'inchiesta che si occuperà dell'utilizzo della misura della custodia cautelare, della gestione dei pentiti nonché della situazione sanitaria all'interno degli istituti penitenziari. In altri termini è un'inchiesta contro la magistratura, è un attacco in corso tendente a colpire l'indipendenza e l'autonomia dell'ordine giudiziario! Si aggiungano anche la ricordata rimozione - successivamente sospesa - dei procuratori Vigna e Grasso dalla commissione centrale sui pentiti; la sostituzione del dottor De Gennaro, da anni direttore della DIA, e le ispezioni in corso nelle sedi giudiziarie in cui più vivo è stato l'impegno nella lotta alla criminalità organizzata. Vi è un'ispezione anche su fatti precedenti, svolta presso la procura di Palmi e naturalmente indirizzata contro il procuratore Cordova: da un mese quattro ispettori stanno indagando per poter vendicarsi dell'indagine sulla massoneria. Credo che sia effettivamente questo il motivo dell'ispezione, rimane comunque il fatto che si sta indagando da quattro mesi. Non è stata data una risposta, sollecitata dagli avvocati e dagli operatori giudiziari di Reggio Calabria, circa il rafforzamento degli organici per consentire la celebrazione di dodici processi di mafia, alcuni dei quali rischiano di arrivare alla scadenza dei termini permettendo l'uscita dal carcere di pericolosi mafiosi: penso a Mammoliti, di cui si è parlato in questi ultimi tempi non molto dopo le prese di Pagina 483 posizione della coraggiosa signora Cordopatri. Aggiungo ancora l'elezione a presidente della Commissione giustizia della Camera dell'onorevole Tiziana Maiolo, che non condivide assolutamente la lotta contro la mafia e gli interventi dell'onorevole Sgarbi, che dalla sua televisione quotidianamente attacca, anzi insulta i magistrati e la giustizia. Forse è pagato dalla Fininvest, anzi sarà pagato dalla Fininvest per condurre questa battaglia! Naturalmente lei può dire che sono altri a decidere, ma la proprietà è ancora sua. A coronare tutta questa situazione è venuta la sua esternazione a Mosca, il tentativo cioè di nascondere la gravità del fenomeno mafioso o di attenuarne la pericolosità. Noi non diciamo che tutti gli italiani sono mafiosi; abbiamo sempre detto che la mafia è una minoranza, che però ha avuto enormi possibilità, è stata coperta, ha ottenuto sostegni ed ha costruito collegamenti al punto da dominare ed imporre regole su intere popolazioni mettendo in discussione il nostro ordinamento. Lei ha anche dimenticato le numerose persone che hanno combattuto e sono morte per la lotta alla mafia: vi sono decine di magistrati (in questi giorni si stanno celebrando i relativi processi, quello di Palermo per la strage di Capaci e il processo di Reggio Calabria per l'assassinio del giudice Scopelliti), i quali hanno avuto il coraggio di combattere la mafia e sono caduti per difendere la democrazia e la libertà dei cittadini! Centinaia di ufficiali e di funzionari della polizia, agenti e carabinieri, sono stati massacrati dalla mafia, così come è accaduto ai politici come Pio La Torre e Piersanti Mattarella, per citarne due. GIUSEPPE AYALA. Vi sono stati anche degli imprenditori. GIROLAMO TRIPODI. Certo, come Libero Grassi assassinato dalla mafia ed altri ancora, come leggiamo in questi giorni. Non si dimentichi infine il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, anch'egli assassinato dalla mafia quando era prefetto di Palermo. Di fronte a tutto questo, com'è possibile sostenere che i film sulla Piovra mettono in discussione l'economia turistica? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non ho detto questo. GIROLAMO TRIPODI. Signor Presidente del Consiglio, poche settimane fa un ragazzino americano di sette anni in vacanza in Italia è stato cinicamente assassinato dalla mafia, e il suo nome si è diffuso in tutto il mondo. Come può cercare di stendere un velo sulla mafia? Non è possibile fare certe affermazioni non solo a Mosca ma anche qui; le ha confermate anche l'altro giorno a Melfi, dicendo che abbiamo di fronte qualche centinaio di mafiosi. Questo è falso. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi consenta, non mi può attribuire cose che non ho detto! Si parlava di imprenditori, di quattro milioni di persone. Secondo il Ministero dell'interno gli imprenditori della malavita sono un centinaio ma, ripeto, non mi può attribuire cose che non ho detto. E' facile dire "hai detto quella cosa"; ma se non l'ho detta? Lei critica un'affermazione che non mi appartiene: è una prassi costante, ingiusta e non accettabile. GIROLAMO TRIPODI. Al termine della riunione consegnerò una mappa - che certamente il Ministero dell'interno conoscerà - in cui sono segnalate 413 cosche, distribuite su una certa area geografica, rispetto alle circa 800 operanti sull'intero territorio così lei potrà constatare che la situazione è diversa rispetto a quella da lei indicata. Sono decine e decine di migliaia, e non qualche centinaio, gli appartenenti alle cosche, i quali contano su un milione di persone per l'attività violenta che pongono in essere. Pagina 484 PRESIDENTE. Senatore Tripodi, le faccio presente che vi sono quindici iscritti a parlare. GIROLAMO TRIPODI. Presidente, quando non condivide determinati discorsi, interrompe. Lei deve lasciar parlare tutti. PRESIDENTE. Senatore Tripodi, lascerò parlare tutti coloro che lo chiederanno. GIROLAMO TRIPODI. Siamo componenti di una Commissione e ognuno può dire... PRESIDENTE. Senatore Tripodi, concluda il suo intervento. GIROLAMO TRIPODI. Cara presidente siamo stati eletti nello stesso modo, anche se in due zone differenti, io a Reggio Calabria nella quale la mafia esiste, lei in un'altra zona dove non vi sono queste questioni. Signor Presidente del Consiglio, certamente la sua posizione non incoraggia; se lei riconoscesse autocriticamente che i comportamenti assunti fino a questo momento sono sbagliati e, nel contempo, fornisse qualche risposta in ordine alle diverse tematiche (mi riferisco alla proposta di legge presentata dalla maggioranza, all'attacco contro l'autonomia e l'indipendenza della magistratura per far comprendere che sostiene i magistrati - che sono in prima linea nella lotta contro la criminalità organizzata -, i funzionari ed i carabinieri che rischiano la vita quotidianamente), potremmo discutere, ma fino a questo momento non può dire agli italiani che si stia combattendo la mafia. La proroga dell'articolo 41-bis, che è stata approvata dalla Commissione giustizia del Senato anche con il mio voto, non è sufficiente, perché poi deve essere applicato; così come vanno attuate le leggi vigenti altrimenti rimangono, come spesso è successo, pezzi di carta! Lo stesso discorso può valere per quanto riguarda i pentiti. Non intendo porre assolutamente alcuna domanda. Però le mie dichiarazioni contengono un giudizio e richiedono risposte chiare da parte sua: diversamente la mafia non verrà combattuta. La mafia si combatte, e si è cominciata a combattere, quando vi è stata la volontà politica. Finora - lo dico con amarezza, ma anche con fermezza e convinzione - da parte del suo Governo non si è evidenziata una volontà politica, né una linea di lotta e contrasto al fenomeno mafioso. Poiché sia le sue dichiarazioni sia le sue affermazioni di principio non mi hanno convinto, attendiamo da lei risposte chiare sulle tematiche da me trattate, sui rapporti mafia-politica e sugli intendimenti del Governo per il futuro, anche se ritengo che non sia facile, perché per far ciò occorrono scelte governative di altro genere e soprattutto bisogna andare controcorrente. PRESIDENTE. Vorrei aprire una parentesi in ordine alla disciplina della Commissione, dopodiché non tornerò mai più sull'argomento. Il regolamento non mi autorizza a limitare in modo vincolante gli interventi sotto il profilo temporale. Non lo posso fare, né intendo più richiamarvi, viste le reazioni che ci sono state. Quindi, formalmente e pubblicamente vi dico che se continuate così non potrete imputare né al Presidente del Consiglio in questo momento né agli altri audiendi in futuro la mancanza della possibilità di una discussione serrata, concreta e fattiva! Trovo un po' buffo che, una volta finita un'audizione, qualcuno di voi venga qua e si lamenti perché gli altri parlano molto e che quando è il suo turno parli più degli altri. Siccome ripeto che in questo momento devo far conto sulla vostra responsabilità, non vi interromperò mai più; i tempi sono quelli fissati dal regolamento parlamentare e il funzionamento di questa Commissione dipende esclusivamente dalla vostra responsabilità. Su questo non tornerò mai più. Vi prego, però, di non imputare poi a me o agli audiendi (in questo caso al Presidente del Consiglio e a quelli che ci saranno dopo) la responsabilità per l'allungamento dei tempi! Procediamo. Pagina 485 GIUSEPPE SCOZZARI. Signor Presidente, io e il presidente Parenti veniamo da una visita fatta ieri ad Agrigento; una giornata di intenso lavoro, che ha avuto risultati straordinariamente positivi. Il primo obiettivo che ci siamo prefissi è stato quello di evitare che nella lotta alla mafia ci fossero diversità di partito, di forze politiche: io sono progressista e la presidente Parenti è un'appartenente a forza Italia. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. E' un'azzurra. GIUSEPPE SCOZZARI. E' un'azzurra. La stessa cosa abbiamo fatto precedentemente con Michele Caccavale di forza Italia e con Nichi Vendola. Faccio questa premessa, perché ritengo che se si riescono a dare, nell'uniformità, segnali chiari ed univoci in alcune direzioni, la mafia capisce. Molte volte, nel suo Governo - e faccio nomi e cognomi - un sottosegretario, l'onorevole Li Calzi, nella materia dei collaboratori di giustizia ha mandato segnali contraddittori, Presidente; contradditori anche rispetto a quello che dice lo stesso ministro. Per fare un esempio concreto, la vicenda - che può sembrare semplice e che si è risolta nel miglior modo possibile - di Vigna e Grasso è paradossale e sa perché? Perché si stava contrabbandando una cosa per un'altra, cioè si è affermato che in quella commissione i magistrati giudicanti sarebbero stati più competenti dei magistrati inquirenti nel gestire i collaboratori di giustizia. E questo è un falso, signor Presidente, e lo è per un motivo molto semplice: perché i magistrati giudicanti vedono solo per poche ore i collaboratori, poiché si limitano ad interrogarli. Non solo, ma si sarebbe creata una situazione di obiettiva incompatibilità tra il magistrato che gestisce il pentito e il magistrato giudicante che un giorno può trovarsi a dover sentire lo stesso pentito e a dover assumere decisioni in base alle sue dichiarazioni. Questo per dire che se oggi continuiamo a lanciare segnali contraddittori - ed ho indicato nomi, cognomi e casi specifici - possiamo sforzarci di fare tutte le belle relazioni di questo mondo ma il risultato sarà sempre quello di creare incertezza, di depotenziare le indagini e di isolare i magistrati. Vengo all'esperienza che abbiamo maturato ieri in questa direzione, per porre una prima domanda, che riguarda l'edilizia carceraria. Non è necessario oggi spendere migliaia di miliardi per costruire nuove carceri, basta completare le nuove carceri che già esistono. Ne cito due per tutte: Agrigento e Palermo. L'Ucciardone e il carcere di San Vito non riescono più a contenere i detenuti, non solo quelli sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis che molte volte sono costretti a fare quel che abbiamo sentito e che non voglio ripetere. Perché non si completano le carceri la cui costruzione è già iniziata o quasi ultimata? Non capisco, perché da anni - da anni! - la struttura centrale e quelle interne sono già completate! Il primo segnale forte che si chiede al Governo è questo, Presidente: visto che a Palermo e ad Agrigento si andranno a celebrare i maxiprocessi contro la mafia nei prossimi mesi, perché il Governo non dà un segnale preciso per il completamento (quello di Agrigento è certamente completato) di tali istituti penitenziari? Passo ad una seconda questione. Non credo che ci possa essere un'antimafia di serie A e un'antimafia di serie B; l'ho sempre sostenuto perché ritengo che non esistano centri o distretti dell'antimafia che siano migliori di altri. Secondo me, nella lotta alla mafia non vi sono un luogo centrale e un luogo periferico; la lotta alla mafia è ovunque centrale, anche nella cosiddetta periferia. Mi riferisco a Reggio Calabria, a Catanzaro, a Siracusa, ad Agrigento, a Marsala; centri nei quali, purtroppo, oggi abbiamo situazioni anomale, perché le forze di polizia sono sotto organico. Siccome per me non esiste un'antimafia di serie A e un'antimafia di serie B, la prima proposta che rivolgo al Governo e che presenterò anche nella prossima riunione del gruppo di lavoro sugli strumenti di contrasto per la lotta alla mafia è quella di far entrare di diritto i procuratori dei Pagina 486 tribunali dei capoluoghi di provincia nelle direzioni distrettuali antimafia. Intendo sapere cosa pensa il Governo di questa proposta: i procuratori dei tribunali entrano di diritto nelle direzioni distrettuali antimafia. Questo per un motivo molto semplice, perché molte volte l'eccessiva centralizzazione delle inchieste, delle istruttorie, depotenzia la "periferia" - sempre tra virgolette, perché è un termine che non mi piace, che detesto -, la conoscenza del fenomeno a livello locale. Lo dico per esperienza, per le audizioni che abbiamo svolto, per quello che stiamo facendo e per le segnalazioni che ci arrivano. Concludo su due temi: banche e usura. La invito, signor Presidente, a recuperare al Senato l'occasione perduta alla Camera sulla legge sull'usura. La invito a recuperare al Senato l'occasione che stiamo perdendo e mi affido alla sua maggioranza, visto che noi, come opposizione, abbiamo indicato una linea, anche se al nostro interno ci sono stati contrasti, diversità di vedute (questo bisogna anche sottolinearlo). Quanto meno, signor Presidente, che si torni alle indicazioni del disegno di legge che il Governo stesso aveva presentato a Montecitorio, che io non condivido ma che certamente è migliore del testo approvato dalla sua maggioranza alla Camera. E' certamente migliore e non capisco perché sia stato stravolto! Il riferimento alla cifra da 5 a 8 volte superiore al tasso di sconto è incredibile! Il segnale che si lancia al paese è negativo. Quindi, intendo sapere se il Governo vuole recuperare questa occasione, che si sta perdendo, al Senato. Certo, ieri - il presidente Parenti può darmene atto - tutti ci dicevano che è un errore non fissare un tasso oltre il quale si ha l'usura, che è un errore non imporre alle banche di dare la motivazione del diniego o della revoca del fido o del castelletto, che è un errore non dare all'utente un termine maggiore di 48 ore per il rientro... PRESIDENTE. Vi prego di tacere quando gli altri parlano. Senatore Bertoni, la prego! GIUSEPPE SCOZZARI. Quindi, intendo sapere cosa vuole fare il Governo per recuperare questa legge. Lei certamente sa, Presidente, che la differenza di comportamento fra banche del nord e del sud è abissale: lei certamente deve sapere che al sud le banche danno il denaro a chi ce l'ha. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Dappertutto. GIUSEPPE SCOZZARI. Al sud c'è una rigidità di comportamenti incredibile, anche nell'applicare i tassi passivi e attivi. Cosa intende fare il Governo per riequilibrare questa diversità? Fate un'ispezione, fate un'indagine comparativa fra gli istituti bancari del nord e del sud: è chiara la differenza, che penalizza ulteriormente le piccole e medie imprese del sud. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Soltanto un'informazione, se mi consente (non è una risposta). Per la prossima settimana abbiamo già pronto il decreto-legge - in questo caso credo ci siano i motivi di urgenza - per il completamento degli uffici giudiziari di Palermo. GIUSEPPE SCOZZARI. Meno male! NICHI VENDOLA. Sarà rimasto turbato quanto tutti noi leggendo la reiterazione del macabro lessico di mafia nei confronti del giudice Scarpinato. Ci sono molti modi per cominciare ad attaccare un giudice: intimidirlo, minacciarlo, attentare ai suoi beni e ai suoi cari. Ma accanto a questi c'è anche un altro modo, altrettanto insidioso e pericoloso, che è quello di isolare il giudice, consentire che sia circondato da un alone di calunnie, di pettegolezzi. Il giudice Scarpinato oggi ha la nostra solidarietà. C'è anche un modo assolutamente subdolo per far del male a un giudice: per esempio, iniziare un'azione disciplinare da parte del ministro di grazia e giustizia nei suo confronti. Se lei avesse la bontà di leggere il resoconto stenografico relativo alla missione che la Commissione antimafia ha Pagina 487 compiuto a Reggio Calabria, Presidente, scoprirebbe un nome, quello del giudice Boemi e le parole che questo magistrato pronuncia. E' il giudice sicuramente più coraggioso e più esposto che abbiamo in tutta la Calabria, ma il ministro di grazia e giustizia non ha saputo trovare di meglio che aprire un procedimento disciplinare nei suoi confronti; anche questo è un modo di isolare i giudici. La prima domanda è: cosa intende fare il Governo per proteggere i giudici più esposti e per rompere il loro eventuale isolamento? Seconda questione. Non ho uno sgomento strumentale e credo sinceramente nella perfetta buone fede delle dichiarazioni del Presidente del Consiglio a Mosca, reiterate qui in Commissione a premessa del suo discorso. Ed è proprio la buona fede di quelle dichiarazioni che suscita in me la parte più profonda, più sentita di sgomento. Vede, signor Presidente, a parte il fatto - hanno fatto bene a segnalarglielo - che quelle dichiarazioni facevano il paio con quelle del presidente della provincia di Palermo, deve sapere che nella regione dove vivo, la Puglia, nella mia provincia, quella di Bari, e nel mio paese, abbiamo impiegato circa dieci anni affinché si costruissero una visibilità e una consapevolezza collettiva del livello di penetrazione dell'organizzazione mafiosa. Nel mio paese in pochi anni siamo passati da zero a 300 tossicodipendenti, da nessun omicidio a 10 omicidi particolari, da niente al sindaco aggredito, al successivo sindaco pure aggredito, alla sua casa incendiata, al carro della Madonna incendiato e persino all'autobomba! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Lì in villeggiatura non possiamo andare, bisogna andarci con l'esercito! NICHI VENDOLA. No, si può anche andare in villeggiatura ma non sono... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Mi fa paura una cosa del genere, perché è impressionante. NICHI VENDOLA. L'obiezione che lei mi ha fatto ora scherzando, Presidente, è l'obiezione che ho dovuto combattere e contrastare - ed è stata una cosa drammatica! - in quegli ambienti politici che erano collusi con la mafia e che hanno urlato di finto dolore contro chi metteva il marchio della mafiosità sul paese, sulla provincia, sulla regione perché si trattava di un marchio che avrebbe danneggiato il turismo, portato un'immagine che non rendeva giustizia alla stragrande maggioranza dei pugliesi, che sono sicuramente persone splendide, laboriose, eccetera. La mia preoccupazione e il mio sgomento sono reali, perché siamo in Italia dove per lustri e per decenni ha vinto il partito minimalista, dal punto di vista quantitativo rispetto al problema della mafia e qualitativo. Il fatto che la mafia sia un fenomeno abbondantemente interno alle istituzioni, allo Stato, al sistema economico... Signor Presidente, credo che abbia sentito il nome del noto imprenditore Casillo di Foggia o quello dell'altro noto imprenditore Cavallari di Bari: eravamo pazzi e visionari quando ponevamo un indice non giustizialista ma intriso di bisogno di verità e giustizia su imprenditori che venivano presentati come il fiore all'occhiello dell'economia pugliese e che oggi sono agli arresti in base all'articolo 416-bis! Per questo la sua premessa è pericolosa e rischia di inficiare persino le cose sagge scritte nella sua relazione. Vi è un altro punto che desidero porre in maniera non strumentale ma oggettiva. In una fase di transizione quale quella che stiamo vivendo, è del tutto ovvio che le nuove formazioni politiche, al pari - ma io penso di più - delle formazioni politiche tradizionali, siano a rischio rispetto alla capacità di pervasiva penetrazione che hanno i poteri criminali. La mafia ha mille virtù opportunistiche, è una patologia opportunista, è un animale assolutamente mimetico e ha una vocazione naturale ad entrare in rapporto di simbiosi con il potere costituito. Da questo punto di vista, qual è la sua opinione sulle nuove formazioni politiche? Questa non è una provocazione velenosa ma un allarme che Pagina 488 perfino l'attuale presidente della Commissione parlamentare antimafia, ad un certo punto, ha lanciato. L'ultima questione che desidero affrontare riguarda il sud in generale. Signor Presidente del Consiglio, non solo la finanziaria ma tutti i provvedimenti di questo Governo vanno nella direzione della precarizzazione dei rapporti di lavoro nel Mezzogiorno d'Italia; procede in forme veramente selvagge un fenomeno di deindustrializzazione drammatico. Lei sicuramente conosce l'economista Augusto Graziani e la sua celebre espressione apparentemente banale: "Quando l'industria arretra, la camorra avanza". Questa è un'osservazione che si può fare ad esempio a Napoli - Graziani si riferisce alla Campania - in quartieri dove vi erano polmoni industriali e produttivi a pieno regime il cui disfacimento ha coinciso con una penetrazione camorrista sconosciuta prima. Quello della precarizzazione dei rapporti di lavoro è un problema serio. LUIGI RAMPONI. Questa è una visione vecchia. NICHI VENDOLA. Senatore, la invito a fare un giro a Bari. Nella zona industriale di questa città, che non fa parte dell'archeologia industriale ma ha una produzione competitiva e vincente sui mercati mondiali, le aziende chiudono ogni giorno, con miliardi di commesse sul tavolo del padrone. Cito ad esempio le officine Calabrese i cui operai da 1800 sono diventati 52 in attività questa settimana. Da un lato vi è questo aspetto e dall'altro vi sono il degrado, le piazze di proprietà privata della malavita, i bambini che diventano baby killer, il fenomeno del caporalato, il vostro provvedimento che introduce la chiamata nominativa in agricoltura ed ha effetti disastrosi dal punto di vista della qualità delle relazioni sociali e di lavoro nel sud. Come si può combattere la mafia? Inviando carabinieri, poliziotti, esercito oppure ricostruendo il quadro della convivenza civile e il tessuto civile, democratico ed anche produttivo, che rappresentano l'unica maniera strutturale di sottrarre all'esercito mafioso l'egemonia sul territorio e la possibilità di reclutare sempre più manovalanza? ALESSANDRA BONSANTI. Ho la tentazione di rinunciare al mio intervento, perché mi rendo conto che un'altra audizione non è ciò per cui abbiamo rinunciato oggi a recarci presso i nostri collegi fuori Roma. Cercherò, quindi, di essere breve. Signor Presidente del Consiglio, ho l'impressione che dalla sua relazione e da quanto ci ha detto manchi qualcosa di vissuto e personale (vorrei riuscire a rivolgerle questa domanda senza farla arrabbiare). Lei ha passato gran parte della sua vita in un osservatorio molto privilegiato; lei è uno dei più grandi - forse il più grande - imprenditori italiani, e la gente si chiede come mai non abbia mai saputo nulla nel passato di ciò che accadeva, dei rapporti illeciti tra politica, imprenditoria, criminalità. Lei ha avuto l'occasione, frequentando personaggi della P2, di sapere, o per lo meno di sospettare, quali fossero o quali potessero essere i rapporti tra mafia e massoneria. Abbiamo avuto un interlocutore comune, Bettino Craxi: lei è molto amico di Craxi ed io facevo la giornalista e non ero molto amata, però Craxi mi ha parlato di Gelli e di ciò che ha significato, ad esempio, durante il caso Moro. Vorrei sapere perché lei non abbia mai fatto denunce. Lei ha avuto la mafia in casa sua, ad Arcore; ricordo la Standa a Catania. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Precisiamo: sono stato vittima di una minaccia che ha riguardato mio figlio. ALESSANDRA BONSANTI. A proposito della Standa, ha fatto delle denunce? Non abbiamo capito cosa sia successo a Catania, però non abbiamo mai sentito nel passato la sua voce. Chiedo di poter finire perché sto formulando una domanda in maniera civile. Pagina 489 Signor Presidente del Consiglio, lei ha avuto una posizione privilegiata in questi anni per poter fare le denunce che noi oggi facciamo. Perché la sua voce non si è sentita nel passato? Prima di scendere in campo, non ha mai detto che voleva ripulire l'Italia dalle porcherie - che a lei dovevano essere ben note, o per lo meno doveva sospettarle - quali mafia, massoneria e corruzione. E' inutile ripetere che lei era molto vicino ad uno dei gangli centrali del sistema corrotto dei partiti. Ci risulta che dal Ministero di grazia e giustizia sia stato allontanato il dottor Vaudano, che si occupava delle rogatorie internazionali, uno dei punti più delicati perché è molto importante poter svolgere interrogatori all'estero: mi riferisco non solo ad Hammamet ma anche ai possibili personaggi che si trovano in questo momento fuori dai nostri confini. Per quanto riguarda il discorso dell'immagine che filmati o puntate televisive possono aver dato dell'Italia, ritengo inaccettabile la sua preoccupazione, anche perché credo che proprio quelle trasmissioni, mandate in onda nelle ore di massimo ascolto, abbiano dimostrato l'orgoglio di un paese che è riuscito a combattere e denunciare la mafia. Mi chiedo che cosa lei intendesse quando ci ha detto che d'ora in poi bisogna intervenire per limitare i danni. Questa è una domanda concreta: vorrei sapere in che modo lei intenda intervenire per attenuare quello che lei ritiene un danno procurato all'immagine del paese. GIACOMO GARRA. Mi domando se sia possibile per chi ha domande scritte consegnarle al Presidente del Consiglio. Ritengo che occorra non solo ascoltare la propria voce ma anche manifestare problemi seri, anzi serissimi. PRESIDENTE. Certamente. MASSIMO BRUTTI. Già altri colleghi si sono soffermati sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio, sottolineando come da esse sorga un problema che è quello della loro traduzione in fatti concreti. Mi domando, signor presidente, se vi sia qualche obiezione o qualche difficoltà. PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di tacere. MASSIMO BRUTTI. Il problema posto in alcuni interventi è quello del rapporto fra dichiarazioni e fatti. Credo sia compito in particolare dei parlamentari dell'opposizione verificare la corrispondenza tra parole e fatti, indurre e stimolare il Governo a tener fede agli impegni che assume. Voglio tuttavia soffermarmi su un altro aspetto, vale a dire su un limite presente nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio e sul quale gli chiedo di riflettere, eventualmente per modificare il punto di vista fondamentale dal quale egli muove. Per quello che riguarda l'attività di contrasto nei confronti della mafia e della criminalità organizzata, il Presidente del Consiglio ritiene che ci si debba muovere sulle strutture esistenti, sull'impianto esistente, secondo i livelli e le forme raggiunti in questi ultimi anni; in altre parole, l'impianto va bene così com'è. Credo che non sia così e che dobbiamo misurarci su questa questione fondamentale che pongo al Governo: quali misure di riforma, quali innovazioni organizzative vanno introdotte oggi per riuscire a sospingere l'attività di contrasto nei confronti della mafia verso livelli più alti di efficacia? Il Presidente del Consiglio ci ha parlato della DIA: noi sappiamo che in essa vi sono 1.250 addetti, i quali hanno una diretta funzione operativa, per quel che riguarda le finalità istituzionali; contemporaneamente 700 persone della Guardia di finanza lavorano nel Servizio centrale d'intervento contro il crimine organizzato; più di 1.000 uomini lavorano nei reparti operativi speciali dell'Arma dei carabinieri; tra i 400 e i 500 uomini lavorano nel servizio centrale operativo della Polizia di Stato. Questo impianto non può rimanere così com'è. E la legge n. 410 è stata Pagina 490 interpretata nel senso che dai servizi investigativi centrali alla DIA venga trasferito personale ma non si porti a compimento quel processo di confluenza che solo può determinare il potenziamento della DIA, al quale pure il Presidente del Consiglio ha fatto riferimento. E' necessario introdurre un'innovazione, fare un passo avanti, sapendo che questo si scontra con abitudini consolidate, con un legittimo spirito di corpo e con una tradizione rispetto alla quale occorre introdurre una discontinuità. Non so se il Governo ce la farà a far questo, ma noi crediamo sia necessario per produrre maggiore efficienza nell'azione di contrasto nei confronti della mafia. In questa prospettiva, signor Presidente del Consiglio, salta agli occhi il problema del rapporto tra diverse forze di polizia. Siamo convinti che il coordinamento stabilito dalla legge n. 121 si sia rivelato insufficiente ed inadeguato e che quella legge non abbia funzionato come doveva, per cui è necessario avviare realisticamente, tenendo conto di tutti i vincoli, un processo di integrazione delle forze di polizia. In questa prospettiva, l'obiettivo da realizzare subito è quello di ricondurre tutta l'azione di contrasto contro la criminalità organizzata e contro l'eversione alle dipendenze del ministro dell'interno che è, secondo la legge, autorità nazionale di pubblica sicurezza. Signor Presidente del Consiglio, nella sua relazione vi è un accenno al buon risultato e alla validità dell'esperienza dei cosiddetti fondi antiracket e vi è anche l'impegno a sviluppare questo modello di intervento, questo tipo di solidarietà anche nel campo dell'azione antiusura. Ebbene, le forze politiche della maggioranza hanno scelto una linea del tutto contraria all'impegno che lei ha manifestato in questa Commissione, come si è visto nel voto alla Camera. Io invito lei a far sì che il Governo prenda una posizione più chiara, il che non può non essere di stimolo ad un orientamento delle forze di maggioranza in Parlamento volto a reintrodurre al Senato - noi lo chiederemo - la previsione legislativa di un fondo antiusura. Due ultime rapidissime domande e considerazioni, la prima delle quali si riferisce ai collaboratori di giustizia. Le parole che lei ha pronunziato qui sono risultate per molti colleghi tranquillizzanti; ma c'è un problema che rimane aperto, quello della definizione di uno schema di regolamento per la protezione dei collaboratori di giustizia che lei ha detto si appresta a tornare all'esame del Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica. Penso che possiamo già da adesso chiedere di essere informati, di conoscere tale schema di regolamento anche se non tocca a noi, in questa fase, formulare su di esso pareri, anche per evitare la confusione dei ruoli. E' bene, infatti, che l'itinerario di formazione di un provvedimento così importante sia trasparente, sia reso pubblico e noto, anche perché vi sono state dichiarazioni sconcertanti da parte di membri del Governo, in particolare - come è già stato citato - da parte del sottosegretario Marianna Li Calzi. E' evidente che se si subordina la concessione o la revoca della protezione a valutazioni di merito relative al contributo del collaboratore di giustizia, si introduce un pericoloso margine di discrezionalità e di valutazione soggettiva, tale da incidere perfino sulla legge. Lei correttamente ha detto che la valutazione del pentito dipende dal contributo processuale; se questo è vero, è evidente che un regolamento che subordini la protezione a certi parametri di valutazione piuttosto che ad altri introduce la possibilità, in via amministrativa, di governare e condizionare il collaboratore di giustizia. Si rende conto che la materia è delicatissima ed è dunque necessario garantire il massimo di trasparenza sulla formazione del regolamento che è in gestazione. Infine, signor Presidente del Consiglio, chi è al vertice del Governo deve avere oggi - io credo - una grande e forte preoccupazione che riguarda un aspetto importante della vita del paese. Forse la sua dimensione non sarà di massa, non porterà voti ma è un aspetto fondamentale, si tratta del rapporto tra il Governo ed il mondo della cultura, degli intellettuali. Abbiamo in Italia numerose scuole Pagina 491 di pensiero, storici, sociologi, studiosi, ma anche letterati e creatori di opere filmiche, che si ooccupano della criminalità organizzata, della mafia e delle sue connessioni con la società italiana. Il Presidente del Consiglio non può permettersi di pronunziare parole che, anche lontanamente, suonino censura per questi intellettuali. So che non era questa la sua intenzione - sto alla sua dichiarazione secondo cui non era questa la sua intenzione - ma le chiedo di valutare con particolare attenzione le sue parole quando esse si riferiscono agli intellettuali. Ha visto quale effetto negativo ha avuto la sua polemica con il professor Bobbio. Il politico deve, se così si può dire, avere un minimo di discrezione in più... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Bobbio ha accusato la mia forza politica di essere inquinata dal fascismo. MASSIMO BRUTTI. Lo lasci parlare. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non si possono dire delle falsità impunemente. MASSIMO BRUTTI. Lei ha, per la sua posizione politica ed istituzionale, il dovere di un self restraint quando i suoi interlocutori siano degli intellettuali, dei creatori di opere dell'ingegno, che hanno, evidentemente, un pubblico diverso da quello della grande politica, che tocca grandi moltitudini di persone. Io credo che le parole che lei ha pronunciato a Mosca abbiano avuto il risvolto discutibile di esprimere da parte del Governo una valutazione su opere dell'ingegno che pure hanno illustrato l'Italia all'estero. Perché lei saprà che nella Russia della metà degli anni ottanta La priovra servì ai russi ad aprire gli occhi sulla loro realtà e sulla loro corruzione, proprio perché mostrava possibilità di intrecci tra politica e criminalità che essi conoscevano nella loro esperienza quotidiana e che impararono a nominare attraverso la grande diffusione di quello sceneggiato televisivo. GIACOMO GARRA. La corruzione la combattevano, gli assassini no! PRESIDENTE. Sono le 11,30 e concludiamo, dunque, l'audizione del Presidente del Consiglio. Gli iscritti a parlare sono ancora otto ma non posso indicare adesso in quale data - probabilmente nella prossima settimana - questa audizione avrà seguito. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Nelle sette schede che avevo preparato sono già contenute molte risposte alle domande che mi sono state rivolte questa mattina. Domando, per economizzare il tempo di tutti, se qualche commissario ritenga di formulare per iscritto le sue domande, alle quali mi impegno a dare risposta. In apertura del prossimo incontro, leggerei tutta una serie di annotazioni di risposta e mi metterei poi a disposizione per ulteriori altre domande. Mi pare che risparmieremmo tutti tempo se usassimo tale metodo. PRESIDENTE. Credo che secondo quanto emerso sinora non sarà possibile seguire questo metodo. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Un'ultima cosa. A seguito di tutte le preoccupazioni che ho sentito manifestare, vorrei confermare che sono estremamente conscio della gravità del problema della criminalità organizzata e credo non vi sia affermazione che possa essermi imputata che dimostri il contrario. Da tempo ho deciso di essere io a presiedere, con tre giorni di presenza diretta sullo scranno della presidenza, la conferenza di Napoli sulla criminalità internazionale; in tutti questi mesi ho avuto una serie di sessioni con chi nel Governo è delegato precipuamente all'azione di contrasto alle organizzazioni criminali. Non credo che si possa annettere particolare importanza ad una affermazione che viene fatta in mezzo a due o trecento dichiarazioni. Voi sapete quanto sia difficile l'attività di chi deve incontrarsi con il mondo della comunicazione, con i protagonisti dell'informazione, che devono lavorare. Pagina 492 Per naturale cortesia si accetta di rispondere alle domande, magari in situazioni di fatica perché si esce da una serie di sedute nelle quali l'adrenalina è stata tanta. L'incontro con la stampa a volte capita in momenti di abbassamento dell'adrenalina, si sta attenti, ma su cento domande tutte le cose positive passano senza essere rilevate mentre l'attenzione si concentra, magari, su quella risposta che dà la possibilità di un determinato uso. Altro sistema è, molto spesso, quello di non indicare la domanda, per cui la risposta non ha un senso compiuto e non viene riproposta nel senso vero in cui è stata data. Faccio una citazione lontanissima dai problemi ora in discussione: l'altra sera ho incontrato i candidati di forza Italia alle amministrazioni locali; sono entrato nella sala e qualcuno mi ha detto: "Tieni duro, vai avanti" per cui io, in risposta alle voci che venivano dalla platea, ho detto: "Tengo duro, va' avanti, sono forte...". I giornali hanno riportato che io mi sono recato all'incontro, mi sono battuto, alla Tarzan, i pugni sul petto ed ho esordito dicendo: "Tengo duro...". Se non si spiega il contesto, tutto assume un altro significato. Lo stesso vale per l'episodio della foto di Agnelli sulla scrivania: non ho mai avuto una foto di Agnelli come credo non l'abbia mai avuta nessuno, eccetto le sue fidanzate. Era un modo garbato... LUIGI MANCONI. Agnelli però ha la sua! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non credo proprio. Quel che voglio dire è che si forzano sempre le cose. E' un modo di dire che una certa generazione di giovani, ad esempio, ha sul tavolo la foto di Maradona, un'altra quella di Baggio... GIUSEPPE SCOZZARI. I mafiosi hanno quella di Maiolo! PRESIDENTE. Onorevole Scozzari, la prego di non essere così inopportuno. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. La foto sul tavolo non c'è, mentre secondo i titoli che son venuti fuori io ho la foto di Agnelli sul tavolo. Era un modo figurato per dire che c'era attenzione da parte di una certa generazione di imprenditori nei confronti di chi, in quel momento, rappresentava il campione dell'imprenditoria. Bisogna decodificare i messaggi che vengono dati dalla stampa. Vi posso assicurare che qualunque italiano con un minimo di orgoglio nazionale, nella situazione in cui io mi sono trovato a Mosca, avrebbe avuto una reazione vicina alla mia, tutto qui. Non c'era nessuna intenzione di attaccare gli uomini di cultura, nessuna intenzione di attaccare i nostri protagonisti del film. Semplicemente, avevo registrato che chi mi aveva fatto la domanda aveva una conoscenza dell'Italia e di quello che la mafia rappresenta in Italia che gli derivava soltanto dalla fiction, che fa qualche miliardo di presenze, visto che viene ripetuta quattro o cinque volte. Allora, io sono d'accordissimo che se vi è un episodio drammatico, come gli episodi veri di mafia che si sono verificati, questo debba passare nei telegiornali, ma andare anche a metter fuori ripetutamente manifesti con cose che ci illustrano in questo modo... forse è impossibile fare diversamente, tutti hanno la libertà di farlo, però certamente gli effetti sono quelli che abbiamo riscontrato. Alla domanda "cosa ti viene in mente a proposito dell'Italia?", la risposta è "mafia, pizza, Milan": non è un bel risultato. Non so come si possa fare il contrario, però da italiano mi spiace, anche se di pizza sono un consumatore accanito! MASSIMO BRUTTI. Vorrei rapidissimamente chiedere se sia possibile verificare se il Governo possa costituirsi parte civile nel processo per la strage di Capaci, visto che Giovanni Falcone era direttore generale degli affari penali del Ministero dell'interno. Pagina 493 SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Lo chiederò all'Avvocatura dello Stato. MASSIMO BRUTTI. Si tratterebbe di un gesto simbolico che ha anche valore sostanziale. PRESIDENTE. Ringrazio e saluto, anche a nome della Commissione, il Presidente Berlusconi. La seduta termina alle 11,45. |
[ Precedente ] [ Copertina ] [ Indice ] [ Successiva ] |