Parenti: seduta 20
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Pagina 549 PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI INDICE Pag. Seguito dell'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi: Parenti Tiziana, Presidente ........... 551, 554, 555, 557 559, 560, 562, 575, 577, 578 Arlacchi Giuseppe .................................... 572 Bargone Antonio ................................. 555, 577 Berlusconi Silvio, Presidente del Consiglio dei ministri .......................... 557, 558, 559, 561, 562 563, 572, 577, 578 Bertoni Raffaele ................. 558, 559, 560, 575, 577 Bonsanti Alessandra ................... 554, 555, 573, 578 Caccavale Michele ............................... 553, 554 Campus Gianvittorio .................................. 552 Del Prete Antonio ............................... 555, 556 Di Bella Saverio ..................................... 556 Grasso Tano .......................................... 557 Grimaldi Tullio ...................................... 556 Imposimato Ferdinando ........................... 559, 563 Manconi Luigi ................................... 551, 554 Meduri Renato ......................... 556, 560, 561, 562 Ramponi Luigi ........................................ 571 Rossi Luigi ................................ 560, 577, 578 Scivoletto Concetto .................................. 554 Tripodi Girolamo ..................................... 555 ALLEGATO ............................................... 579 Pagina 550 Pagina 551 La seduta comincia alle 10,05. (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente). Seguito dell'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi. PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri, onorevole Silvio Berlusconi. Ricordo che le precedenti sedute dedicate all'audizione del Presidente del Consiglio hanno avuto luogo il 21 e il 28 ottobre. Comunico che il senatore Francesca Scopelliti e il deputato Giacomo Garra hanno fatto pervenire domande scritte che saranno pubblicate in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna. Poiché vi sono ancora dei parlamentari iscritti a parlare e in questa seduta dobbiamo concludere l'audizione, e penso che ci interessino le risposte del Presidente del Consiglio, invito i colleghi ad attenersi ad un tempo limitato nelle domande. D'altra parte, non è possibile imporre al Presidente del Consiglio di tralasciare altri impegni, mentre invece noi possiamo essere più concisi nel formulare i quesiti. Ribadisco quindi l'invito di attenervi ad un tempo limitato, colleghi, perché diversamente sarebbero sacrificate le risposte, che invece sono ciò che ovviamente ci interessa di più. LUIGI MANCONI. Devo ammettere (e il Presidente del Consiglio può immaginare quanto mi costi tale ammissione) che nella sua comunicazione lei ha espresso anche analisi corrette e intenzioni lodevoli. Ma dal momento che lei è il capo dell'esecutivo, il problema che immediatamente si pone è quello della coerenza, direi della consequenzialità, tra intenzioni ed atti di Governo e tra progetti e loro realizzazione. E credo che si ponga anche un problema di coerenza tra parole e parole e tra intenzioni e intenzioni, soprattutto quando le intenzioni diventano dichiarazioni pubbliche. E, allora, lei sa che è tenuto a rispondere anche delle parole e degli atti, e persino delle intenzioni quando diventano pubbliche dichiarazioni e pubblici atti: come, ad esempio (sollevo un caso esemplare e significativo) le parole, le intenzioni e gli atti del sottosegretario Marianna Li Calzi che - per dirla nel suo linguaggio - rema contro le lodevoli intenzioni da lei espresse. Dunque, chiedere coerenza e consequenzialità non è superfluo. Un esempio ancora, che cito per sollecitare la sua attenzione in merito: qual è la logica delle iniziative - di cui si è avuta notizia attraverso i mass media- contro il dottor Mario Vaudano, che dirige l'ufficio per le rogatorie internazionali al Ministero di grazia e giustizia? Seconda questione. Nella sua comunicazione lei ha parlato di indagini sul circuito bancario, sulle attività delle finanziarie, sul riciclaggio, sul proliferare degli istituti di credito. Abbiamo molto apprezzato queste parole, ma credo che non siano sufficienti. Nella passata legislatura, nel gennaio scorso, la Commissione antimafia ha approvato la relazione del senatore Carlo Smuraglia sulla mafia al nord, ovvero nelle aree "non tradizionali". Vi si parlava dell'insediamento della criminalità Pagina 552 nelle economie avanzate, non nel sottosviluppo, ma nello sviluppo maturo; quindi non solo a Corleone, ma anche nel sistema finanziario, per intenderci, di Milano. Dunque, la mafia come grande impresa, dotata di una forte autonomia finanziaria e di una notevole capacità di penetrazione nei mercati internazionali. E allora, quali sono le strategie, quali i mezzi e quali gli strumenti per affrontare questo livello alto-finanziario? Manifesto, poi, rammarico. Credo che, finora, in queste sedute non si sia parlato a sufficienza della criminalità organizzata come grande, formidabile macchina di consenso sociale ed elettorale. Non ne ha parlato lei, non ne abbiamo parlato, finora, nemmeno noi. Su questo posso solo richiamare l'attenzione, chiedere nuove comunicazioni e nuove audizioni, perché indubbiamente si tratta di un problema cruciale. Infatti, come sappiamo, la mafia non è solo macchina militare, non è solo macchina finanziaria, ma è anche grande "partito" capace di attrarre consensi sociali ed elettorali. Un'altra considerazione ancora. Voglio ritornare sulle sue dichiarazioni rese in Russia. Non credo che si tratti, come è sembrato che lei volesse far intendere, di una questione di patriottismo o disfattismo. Credo che si tratti di altro, cioè del ruolo terribilmente negativo (direi di più, terribilmente regressivo), che ha avuto nella storia italiana, nella storia della cultura italiana, nella storia del senso comune italiano, quello che qualcuno ha chiamato il partito della minimizzazione. Questo è il punto, questa è stata la ragione che ha spinto molti commissari a interrogarla su un argomento che lei ritiene irritante. Dunque, il partito della minimizzazione: qualcosa che ha pesantemente deteriorato la mentalità corrente sui fenomeni di criminalità. E, allora, le chiedo: si rende conto che le sue dichiarazioni sulla fiction televisiva e su La piovra ricalcano, direi parola per parola, quelle di Giulio Andreotti, allora sottosegretario per il turismo e lo spettacolo, contro il cinema neorealista: cioè contro De Sica, Rossellini, Zavattini? Lei ha parlato di operatori turistici da non allarmare; Andreotti parlava della necessità (cito testualmente) di "lavare i panni sporchi in famiglia", per non offendere con immagini crude (e anche allora erano immagini crude che riguardavano la mafia) "la patria di Don Bosco".. Un'ultima considerazione. Sei anni fa, veniva ucciso Mauro Rostagno, giornalista e sociologo, responsabile della comunità Saman per il recupero dei tossicodipendenti, nel trapanese. Dagli schermi di una emittente televisiva locale conduceva la sua battaglia contro la mafia: contro la mafia degli appalti e delle relazioni affari-politica, contro la mafia del mercato internazionale della droga e delle sue articolazioni locali. Per questo motivo, Rostagno, torinese e trentino di formazione, aveva scelto la Sicilia e proprio lì, nel cuore della Sicilia, venne ucciso. Ho ricordato questo episodio perché temo (temiamo, posso dire) che l'inchiesta si concluda con l'archiviazione, dal momento che questa è la richiesta del pubblico ministero. Non chiedo certo al Governo di intervenire sulla magistratura: ci mancherebbe altro. Chiedo al Governo di inviare, con fermezza e con continuità, messaggi inequivocabili contro la mafia, ovvero segnali di sostegno e di solidarietà verso chi si batte contro la criminalità organizzata da posizioni particolarmente esposte, particolarmente deboli. Come erano quelle da cui si batteva il mio amico Mauro Rostagno. GIANVITTORIO CAMPUS. Vorrei fare una brevissima premessa, in quanto nonostante quello che ripetutamente sentiamo affermare anche in quest'aula, io concordo con lei, signor Presidente, sul fatto che la lotta alla mafia non si fa né con l'esaltazione né con la pubblicità, ma con il contatto continuo e il controllo del territorio; non si fa né con le riprese televisive, né (senza togliere nulla a questa assemblea) con le interviste in quest'aula. Più fatti e meno parole: sembra la pubblicità del Kinder Ferrero, ma in tutti i settori questa rimane sempre la maniera più efficace di cercare di ottenere qualcosa. Pagina 553 Le rivolgo una brevissima domanda, come senatore sardo, con riferimento all'Asinara. Giustamente lei ha ribadito in questa sede (e più voci da parte del Governo si sono levate in tal senso) la necessità di mantenere l'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario e di prorogarne il termine. Tuttavia questo, che è sacrosanto per quanto riguarda le esigenze sociali di uno Stato nei confronti della criminalità organizzata, non deve ricadere su un'unica regione, in particolare su una regione svantaggiata come la Sardegna. So che all'Asinara attualmente vi sono 150 detenuti, più o meno sottoposti al carcere duro, come si dice. Su questo, ripeto, concordo. Esiste però anche un accordo Stato-regione per cui l'Asinara doveva tornare ai sardi, e comunque ad un uso sociale, come parco. Chiedo allora a lei, e a tutti quelli che giustamente sollecitano la proroga ed il mantenimento dell'articolo 41-bis, di individuare anche altre soluzioni. Non voglio assolutamente che l'articolo 41-bis sia abolito; il mio non è un modo nascosto di andare incontro ai mafiosi, tutt'altro. Noi siamo qui per rafforzare con l'azione del Governo la lotta alla mafia. Tuttavia, se il Presidente mi consente una metafora, chiedo quanto segue: io sono sardo, lasciate decidere a noi in Sardegna dove mettere la spazzatura perché non la vogliamo in salotto. Abbiamo tante altre zone in Sardegna, abbiamo anche Bad'e Carrus, dove esiste un braccio di massima sicurezza e dove ancora adesso si trovano detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis. Abbiamo somme che vengono investite nelle carceri, abbiamo anche degli investimenti in atto all'Asinara. Ebbene, le chiedo come Governo di creare altre strutture carcerarie in Sardegna. Purtroppo in Sardegna non mancano aree che non possono essere sfruttate né dal punto di vista turistico né dal punto di vista della pastorizia o dell'agricoltura. Costruiamo delle carceri in quelle zone, spendendo anche di meno (perché lei sa che mantenere il carcere dell'Asinara costa moltissimo) e rendiamo ai sardi l'Asinara. Questa è una domanda, ripeto, nell'interesse della mia terra. Non vogliamo che la lotta alla mafia venga attenuata, ma nel contempo non vogliamo essere solo noi la regione sacrificata per questo fine. MICHELE CACCAVALE. Confesso che anch'io ho la tentazione di ottenere risposte senza fare domande e di essere prolisso nella premessa come qualche collega che mi ha preceduto; cercherò invece di attenermi all'invito rivoltoci dal presidente Parenti. Innanzitutto desidero ringraziarla, Presidente, per la sua relazione che ho apprezzato molto nel merito e nei contenuti. Credo che il punto fondamentale dell'atteggiamento che lo Stato deve assumere nei confronti della malavita organizzata sia proprio nella sua relazione, a pagina 10, dove lei afferma: "Occorre insomma creare le condizioni per un recupero del rapporto fiduciario tra cittadino ed istituzioni e per l'acquisizione di una nuova coscienza della legalità". Mi compiaccio per quanto ha detto circa lo Stato che deve caratterizzarsi per la sua azione istituzionale contro la malavita organizzata ed il risanamento delle aree depresse. Ho due considerazioni da svolgere concernenti l'usura e il riciclaggio. Le banche, secondo il mio parere, soprattutto laddove svolgono la loro azione ed operano in condizioni di monopolio, debbono rinunciare un poco al reddito d'impresa per svolgere una maggiore azione sociale. A volte l'usura è più forte laddove la valutazione del cliente da parte della banca è più economica che morale. Tra cliente bancabile e cliente non bancabile la banca deve svolgere anche questa azione sociale. Diversamente il cliente si sente penalizzato e si rivolge alle finanziarie ed agli strozzini. Si parla di riciclaggio operato dalle case da gioco. Sfatiamo il fatto che la casa da gioco svolge azione di riciclaggio e che quindi l'apertura di nuove case da gioco deve essere osteggiata soltanto per questo (Commenti). Pagina 554 PRESIDENTE. Colleghi, vi prego! MICHELE CACCAVALE. Intanto c'è da dire che il riciclaggio del denaro sporco non avviene nella struttura della casa da gioco, semmai può avvenire attraverso... (Commenti). ALESSANDRA BONSANTI. Il Presidente ha detto che c'è. PRESIDENTE. Colleghi, vi prego! Si tratta di una valutazione personale. MICHELE CACCAVALE. Mi rifaccio a quanto ha affermato in questa sede il governatore della Banca d'Italia, Fazio, il quale ha detto che l'applicazione agli sportelli bancari di misure antiriciclaggio (articolo 143) ha dato risultati soddisfacenti. LUIGI MANCONI. Nelle case da gioco. MICHELE CACCAVALE. Abbiamo chiesto che venisse applicato l'articolo 143 nei confronti delle casse delle case da gioco. Se questa misura ha dato risultati soddisfacenti allorché è stata applicata agli sportelli bancari, non vedo perché non debba dare analoghi risultati se applicata alle case da gioco. Comunque, ammesso e non concesso che le case da gioco esercitino questa azione di riciclaggio, allora si chiudano le quattro case che esercitano il gioco in Italia, addirittura in deroga agli articoli 718 e seguenti del codice penale. CONCETTO SCIVOLETTO. Signor Presidente del Consiglio, negli ultimi mesi da parte di rappresentanti del Governo e della maggioranza si sono registrati comportamenti e dichiarazioni che tendevano a capovolgere i punti di forza della strategia antimafia svolta negli ultimi anni: collaboratori di giustizia, articolo 41-bis, eccetera. Le precisazioni contenute nelle sue comunicazioni vanno in una direzione diversa, come era facilmente immaginabile specialmente dopo le polemiche di Mosca. Prima domanda. In caso di ulteriori, eventuali ma non improbabili dichiarazioni difformi di ministri, sottosegretari o rappresentanti della maggioranza, cosa intende fare sul terreno politico? Se non si tratta di un doppio gioco, non ritiene di assumere l'impegno davanti a questa Commissione di chiedere le dimissioni, di ritirare la fiducia a quei ministri e sottosegretari, o dissociarsi apertamente e immediatamente da comportamenti inaccettabili di rappresentanti della maggioranza, considerato che l'azione incessante e coordinata di cui lei parla nelle sue comunicazioni deve essere assicurata a partire da chi governa il paese? Non si può pretendere dagli altri quello che non siamo in grado di garantire. Seconda domanda. Rapporto mafia-politica: esiste ancora, secondo lei, questo problema? Come si configura oggi questo rapporto? Quali elementi di continuità con il passato e quali elementi di novità emergono a suo parere? Quali forze politiche sono più permeate o più permeabili e quali livelli istituzionali più compromessi: comuni, province, regioni, Parlamento, Governo? Terza domanda. Legge sull'usura: sulla definizione del tasso usuraio e sul fondo di solidarietà, il testo licenziato dalla Camera - a mio avviso e ad avviso di commercianti, artigiani, imprenditori - è assolutamente inadeguato, persino negativo e controproducente. Qual è la sua opinione? Cosa intende fare concretamente il Governo al Senato per migliorare il testo approvato dalla maggioranza alla Camera dei deputati? In che direzione e con quali tempi? Ultima domanda. In un passaggio lei ha sottolineato (mi pare lo abbia ribadito anche il collega Ayala) l'attenzione al risanamento del tessuto sociale e ad una politica di sviluppo economico delle aree depresse. Si pone, quindi, il problema del rapporto tra aree depresse del Mezzogiorno e capacità di reclutamento di nuove forze da parte delle organizzazioni mafiose e criminali. Quindi, vi è la necessità di un forte intervento per lo sviluppo del sud. Non le sembra che ciò sia in stridente contrasto con la legge finanziaria 1995, che non solo non affronta questo problema ma che penalizza fortemente e quasi rimuove la questione delle aree depresse del Mezzogiorno? Pagina 555 ANTONIO DEL PRETE. Signor presidente, ho già avuto modo di significarle per iscritto il mio disagio per la maniera in cui si tenta di condurre i lavori di questa Commissione, sentendosi quasi investiti da diritto divino. Iniziando il mio intervento non sapevo se citare Cicerone quousque tandem abutere... od un pezzo teatrale di Carmelo Bene che si intitolava "Sono apparso alla Madonna". Cosa intendo dire? Voglio dire che siamo venuti per ascoltare il Presidente del Consiglio e siamo stati costretti ad ascoltare per ore interventi che denunciano una ipertrofia politica dell'io della sinistra che si sente autorizzata a bacchettare tutti. ANTONIO BARGONE. Fai la domanda! ANTONIO DEL PRETE. Ho diritto di svolgere un commento. Nessuno vi ha interrotto. PRESIDENTE. Onorevole Del Prete, la prego, continui il suo intervento (Commenti)! ANTONIO DEL PRETE. Ecco l'arroganza (Proteste dei deputati Bargone e Bonsanti)! PRESIDENTE. Onorevole Del Prete, stia tranquillo! ANTONIO DEL PRETE. Sono indignato, presidente. PRESIDENTE. Anche l'indignazione si può contenere. ANTONIO DEL PRETE. Ciò denunzia una mancanza di progettualità politica che non sia la monomaniacale volontà della Delenda Chartago, fino all'assunzione del falso, presidente! Non ricordo che nessun magistrato o personaggio politico che sia stato udito da questa Commissione abbia mai parlato di una guardia abbassata contro la mafia. Non l'ha detto nessuno. Ciò nonostante, più volte è stato denunciato ed è stato dato per vero questo assunto. Il che risponde a falso! ALESSANDRA BONSANTI. Nessuno l'ha detto! ANTONIO DEL PRETE. Lo avete detto voi (Proteste dei deputati Bonsanti e Bargone)! PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego! ANTONIO DEL PRETE. Questa è la dimostrazione plateale e palmare di un'atmosfera che si vuole creare apposta per occupare uno spazio politico che ritengo oltraggioso per la Commissione antimafia, che deve avere la serenità di lavorare, deve poter ascoltare le persone invitate, soprattutto quando chi viene a parlarci è il Presidente del Consiglio. Credo che la maggioranza debba... GIROLAMO TRIPODI. Sua maestà! ANTONIO DEL PRETE. Non essere provocatorio! PRESIDENTE. Senatore Tripodi, la prego di non interrompere! Onorevole Del Prete, la prego di non interloquire con i commenti. ANTONIO DEL PRETE. Me l'aspettavo. Sono tranquillissimo. La verità fa male e si arrabbieranno ancora di più se mi fanno parlare. Ho diritto di parlare come gli altri (Commenti)! ALESSANDRA BONSANTI. Non siamo in questa Commissione per sentire un comizio politico da un fascista! PRESIDENTE. Onorevole Del Prete, continui il suo intervento con calma e serenità! ANTONIO DEL PRETE. Sono serenissimo. Io credo che la maggioranza debba condividere questa che è una battaglia di dignità, perché se rigore deve essere e non parole vane, se si osa dire al Presidente del Consiglio: lei che ha avuto la mafia in Pagina 556 casa... Le hanno detto anche questo, Presidente! Mi sento oltraggiato per lei. Hanno detto che un suo sottosegretario, l'onorevole Gasparri, ha avuto solidarietà con la mafia perché pare sia stato sorpreso da un fotografo. Il senatore Di Bella dovrà avere il buonsenso del galantuomo e dire soprattutto chi l'ha informato e perché. SAVERIO DI BELLA. Per amore della giustizia... (Commenti). PRESIDENTE. Non si interloquisca. Basta per cortesia. RENATO MEDURI. Collega Di Bella, sii serio! Mi dispiace perché tu sei sempre stato una persona seria. Hai perso la tua serietà! ANTONIO DEL PRETE. Se rigore deve essere, presidente, io mi sento "disturbato" nella mia dignità di componente di questa Commissione per quanto la stampa (Il Tempo) ha riportato: hanno strumentalizzato anche l'antimafia! Ciò reca la firma non di Gasparri ma di Pantaleone, il quale parlando di Palermo dice: "...le richieste di contribuzione ai Cavalieri perfino dalla Rete di Orlando". Pantaleone dice: "Occhetto mi ha detto di cambiare atteggiamento nei confronti dell'imprenditoria siciliana di Catania". Si riferisce ai quattro Cavalieri dell'Apocalisse! Allora rigore o parole vane? Attività antimafia o gote piene solo di vento? Presidente, le chiedo un impegno serio, come lei ha testimoniato di voler dare, ossia di fare pulizia della malavita che viene da fuori, della malavita che fiorisce all'interno, nell'humus ferace del contrabbando, del mercato degli stupefacenti, dell'usura. Signor Presidente, lei ha usato una frase felice; ha detto che bisogna battersi perché queste sono le cose che fiaccano la volontà degli uomini liberi. Nel terminare il mio intervento vorrei rivolgerle una sola domanda, anche se mi rendo conto che solleverò un altro vespaio di polemiche. Presenterò un'interrogazione scritta, come è corretto che sia, per sapere se risponde al vero oppure no il fatto che il barone Cordopatri sia stato noto pokerista ed abituale frequentatore di casinò. Se così fosse, lei, signor presidente - e l'intera Commissione antimafia - sarebbe quanto meno in grave imbarazzo. TULLIO GRIMALDI. Presidente, a differenza di altri colleghi non le rivolgerò alcuna domanda su quanto lei ha dichiarato a Mosca. Posso anche capire che da parte sua vi sia stata un'esigenza di ridimensionare quell'immagine negativa che grava sul nostro paese. D'altra parte io sono forse uno dei pochi, in Italia, che non ha visto La piovra, che si è rifiutato di vedere quell'ignobile sceneggiato televisivo. Quindi su questo forse ci possiamo trovare d'accordo. Lei ha dichiarato il suo impegno, l'impegno del suo Governo nel contrastare il fenomeno della mafia, e di questo le diamo atto. Ha rassicurato questa Commissione affermando che la legislazione sui cosiddetti collaboratori sarebbe stata mantenuta, che sarebbe stato prorogato - come è avvenuto - l'articolo 41-bis sulla differenziazione di segregazione per i mafiosi; ha fatto un'elencazione - peraltro già fatta dai responsabili della polizia - in tema di efficienza e di maggiore impegno delle forze. Il che diciamo ha un po' tranquillizzato gli animi. Il giorno successivo a quello in cui lei veniva qui per fare la sua dichiarazione, il gesuita padre Sorge, direttore del centro Arrupe di Palermo, esprimeva, in una tavola rotonda, un severo giudizio, dichiarando che questo Governo per la sua disomogeneità politica e culturale è assolutamente incapace di fronteggiare la mafia. Ma su questo vorrei fare una considerazione che parte dalla relazione di minoranza presentata proprio ieri alla Camera sulla manovra economica del Governo, sulla legge finanziaria. Citerò soltanto alcuni dati, anche perché gli altri sono riportati nel resoconto stenografico e pertanto lei potrà prenderne visione. Il governatore della Banca d'Italia nella sua audizione presso la V Commissione sul bilancio di previsione Pagina 557 dello Stato per il 1995 ha dichiarato che il Mezzogiorno accusa un ristagno della domanda interna e della produzione con conseguente ulteriore calo dell'occupazione. In particolare, su 1 milione e 200 mila posti di lavoro perduti dall'estate del 1992 ad oggi, 600 mila si sono persi nel centro-nord ed altrettanti nel sud. Nel Mezzogiorno d'Italia vi è la più alta percentuale di disoccupazione giovanile e femminile d'Europa, con dati sempre più allarmanti in termini di disoccupazione complessiva che si attesta su una percentuale del 20 per cento. La politica delle privatizzazioni ha ulteriormente penalizzato il Mezzogiorno, la cui bilancia commerciale è fortemente passiva, nel senso che le importazioni superano largamente le esportazioni. Mentre sino alla metà degli anni settanta gli investimenti erano pari al 30-35 per cento del prodotto interno lordo, nel 1993 sono discesi al 18 per cento. La stessa agricoltura risulta penalizzata dai disincentivi; vi sono stati tagli alla previdenza e all'assistenza; infine cito la cancellazione degli sgravi fiscali, la mancanza di finanziamento per i fondi strutturali CEE e via dicendo. Potrei continuare ancora, ma tutti i dati sono contenuti nella relazione di minoranza presentata dal mio gruppo. Qui si ripercorre un modulo ormai già sperimentato, quello della lotta alla mafia fatta solamente con gli apparati dello Stato, con l'inasprimento delle pene e con una serie di norme. Queste misure hanno dato un certo risultato, ma da sole non sono in grado di bloccare tale fenomeno. Non vede lei una contraddizione tra quanto ella ha proclamato, ossia di voler contrastare la mafia con ogni mezzo, e la politica complessiva che il suo Governo si accinge a fare proprio con questa manovra finanziaria? TANO GRASSO. Signor Presidente, mi permetta di rivolgerle una prima domanda che la riguarda come imprenditore. Su un quotidiano siciliano, la Gazzetta del Sud, del 31 gennaio 1994 ho letto questa ricostruzione della vicenda Standa: "Gli attentati a fini estorsivi, verificatisi a Catania e dintorni, cessarono quando si iniziò a pagare il pizzo a Santapaola". L'articolo citato così continua: "L'input di pagare gli uomini di Cosa nostra evidentemente non partì a livello locale ma dietro autorizzazione dei massimi vertici della società. Ecco perché i giudici hanno convocato in veste di testimone Silvio Berlusconi, in quanto certamente al corrente di quanto sarebbe avvenuto, ma sicuramente non direttamente interessato alla trattativa". L'articolo continua: "Certo è - evidenziano i giudici catanesi - che da parte delle vittime e dei loro rappresentanti vi fu la chiusura più totale alla collaborazione con le forze dell'ordine che indagavano sugli episodi". Successivamente, lei è stato ascoltato dai magistrati catanesi nella veste di testimone. Può dirci se le sue aziende hanno ricevuto richieste estorsive e come, di conseguenza, ci si è comportati? All'interno delle sue aziende, ha avuto segnali circa tentativi di infiltrazione della criminalità? Lei si è fatto promotore di iniziative presso altri imprenditori per organizzare risposte comuni nei confronti della criminalità mafiosa? Seconda questione. Nella sua relazione ha sostenuto la necessità di incoraggiare le vittime di estorsione e di usura ad avere fiducia nella risposta dello Stato. Come si può conciliare questo auspicio con i ritardi nell'applicazione della legge antiracket? Vi sono imprenditori che hanno subito attentati per aver collaborato con le forze dell'ordine e che da quasi tre anni aspettano l'esito delle proprie istanze. Quando un imprenditore non riceve immediatamente il ristoro del danno, rischia di essere tagliato fuori dal mercato: i tempi dell'impresa sono molto più veloci dei tempi della burocrazia. Perché non si assume l'impegno di verificare personalmente lo stato delle varie istanze e di dare nell'arco di qualche settimana una risposta alle vittime che sono in attesa? Come si può conciliare la necessità di spingere le vittime di usura a sporgere denuncia con le oscillazioni cui abbiamo assistito alla Camera fra maggioranza e Governo, che hanno portato di fatto a cancellare Pagina 558 il fondo di sostegno per le vittime di usura? Anch'io le pongo la domanda che le ha fatto il senatore Scivoletto: si impegnerà il Governo, in sede di discussione del disegno di legge sull'usura al Senato, a reintrodurre l'istituzione del fondo di solidarietà alle vittime? Infine, è notizia di oggi sui giornali l'ennesimo caso di esposizione di un sacerdote siciliano. Ormai, le forme di intimidazione che riguardano esponenti del clero isolano costituiscono un fenomeno che si va diffondendo sempre più. Questa mattina arriva il Santo Padre in Sicilia e le chiedo come pensa di intervenire, quale provvedimento ritenga necessario assumere, al fine di mantenere, anzi di allargare, l'area di esposizione in prima linea del clero siciliano. RAFFAELE BERTONI. Credo, signor presidente, che l'incontro della Commissione antimafia con il Presidente del Consiglio abbia due scopi: quello di sapere quali siano i provvedimenti e più in generale l'atteggiamento che il Governo da lui presieduto intende prendere per combattere le mafie nel modo più efficiente possibile e quello di saggiare l'affidabilità e la credibilità del Presidente e del Governo circa l'adempimento effettivo degli impegni che assume. Con lei questo secondo aspetto mi sembra prevalente sul primo. Venerdì scorso lei ha ingiuriato gratuitamente Corrado Stajano, suscitando la reazione di molti di noi e facendomi sospettare che non sempre quello che lei dice corrisponde a verità. Non dubito, però, che anche lei si sia pentito di quella frase infelice che pronunziò e sono convinto - se già non l'ha fatto - che leggerà i bellissimi libri di Stajano, che molto ci hanno insegnato e potranno insegnare a lei qualcosa di utile anche sulla mafia. Comunque, a causa di quell'episodio - perciò l'ho citato, non per fare un omaggio a Stajano, che non ne ha bisogno - il mio intervento sarà "difficoltato", come lei dice con un simpatico neologismo che certamente passerà nei vocabolari, perché, pur non essendo diffidente per carattere, tuttavia sono costretto a porre domande dirette soltanto a capire e a cercare di far capire alla Commissione se lei ci ha detto quello che veramente pensa. Non c'è prevenzione - mi creda, signor Presidente - nelle mie parole, ma solo il desiderio di adempiere il mio dovere anche a costo di far forza sul mio carattere (pure lei certe volte fa forza sul suo; mi scusi questo rilievo). Mi consenta, dunque, signor Presidente, di porre le seguenti domande. Prima domanda. Nella prima seduta cui lei ha partecipato, disse che il Governo avrebbe adottato - lo disse specificamente rispondendo ad una mia domanda - un decreto-legge per prolungare l'efficacia del 41-bis. Invece, non l'ha fatto, mentre la Commissione giustizia del Senato ha licenziato una proposta in questo senso sulla base di tre disegni di legge tutti di senatori dell'opposizione. Si è trattato di un modo per dare a vedere che si subiva ma che non si voleva prendere direttamente un'iniziativa tanto doverosa? Seconda domanda. In un'intervista del 24 settembre 1991 al Corriere della Sera, a Vergani, disse: "Certo che Milano è malata ma non credo che il vero problema sia la pressione mafiosa". E quando Vergani le chiese: "Ma dove sta il ventre molle di Milano, quello vulnerabile all'assalto mafioso?", lei rispose: "Sono troppi anni che non lavoro più nell'edilizia e che non faccio centro su Milano. Sono fuori. Il fiato della mafia non l'avverto. Lo dico perché vivere in una dimensione di assoluto privilegio" - come lei giustamente diceva a proposito della sua - "non mi mette in grado di toccare con mano la realtà vera di Milano, di sapere se il negoziante è attanagliato dalla mafia". La pensa sempre così sulla mafia a Milano? Terza domanda. In un'intervista del 1977 a Mario Pirani - che non è l'ultimo arrivato tra i giornalisti - lei attaccò con forza i giudici che già allora... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Sono lusingato da questa esegesi di tutte le mie interviste! RAFFAELE BERTONI. Sono un suo studioso, sono uno studioso di quello che Pagina 559 dice, per capire poi quello che c'è dietro... non quello che c'è dietro, ma quello che dice veramente. In quell'intervista a Mario Pirani lei attaccò con forza i giudici che già allora cercavano di applicare la legge anche nei confronti di uomini del potere e, senza mezzi termini, li definì "giudici comunisti", per dire che erano per partito preso contro il Governo. Lei pensa tuttora che i giudici che stanno indagando e giudicando - e giudicando! - su corruzione e mafia, sui rapporti tra affari e mafia, siano comunisti, cioè che agiscano solo per mettere in difficoltà il Governo? Per fare degli esempi, pensa questo di Caselli e di Borrelli e degli altri che magari stanno indagando sugli uomini delle sue imprese? Quarta domanda. L'inchiesta sulla massoneria deviata iniziata da Cordova a Palmi è passata alla procura di Roma nel giugno del 1994 e da allora procede a stento. Il ministro di grazia e giustizia, nel frattempo, ha messo in moto un'inchiesta sul pool di mani pulite, che lei ha approvato pubblicamente. Non le sembra che sarebbe stato più opportuno che lei invitasse il ministro a fare tutto ciò che rientra nelle sue competenze per permettere all'inchiesta sulla massoneria di decollare, cioè che si adoperasse per fornire alla procura le strutture materiali e personali indispensabili per il rapido ed efficace svolgimento di indagini tanto complesse? Quinta domanda. Lei sa che cos'è la camorra? Non è retorica la domanda, perché lo sanno in pochi. Le inchieste in corso hanno dimostrato che le imprese che si aggiudicavano appalti pubblici li davano in subappalto, a scatola chiusa, a esponenti della camorra (a scatola chiusa significa che, come li avevano, così li davano, senza cambiare niente). I risultati già noti delle inchieste in corso, lasciano prevedere l'incriminazione per collusioni con la camorra di un gran numero di imprenditori che lavorano in Campania (e non solo in Campania). Lei pensa che sia la diffusione di questo fenomeno o le inchieste giudiziarie che lo riguardano a compromettere la ripresa e lo sviluppo dell'economia? Qualche sua recente dichiarazione induce a credere che lei la pensi nel secondo senso. Se non è così, lo smentisca pubblicamente e soprattutto faccia in modo che il Governo prenda i provvedimenti necessari per permettere nel paese e soprattutto nel Mezzogiorno lo sviluppo di un'economia sana, liberata dalle collusioni mafiose. Sesta domanda. Per rimanere in tema, in occasione dei lavori per il G7 a Napoli, dagli uffici CESIS che lei personalmente dirige fu rilasciato un nullaosta di sicurezza al camorrista Antonino Apreda e con la sua impresa fu quindi concluso un appalto. Come è potuto accadere un fatto del genere? I responsabili sono stati individuati e puniti? Ultima domanda. Prima di essere ucciso, Falcone disse: "Si muore generalmente perché si è soli o si muore spesso perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi del necessario sostegno". E dopo l'attentato all'Addaura aveva detto: "Sto assistendo all'identico meccanismo che portò all'eliminazione del generale Dalla Chiesa. Il copione è quello, basta avere occhi per vedere". In effetti, Falcone, prima di essere ucciso, fu delegittimato e criticato ingiustamente da molti, anche dall'interno della magistratura. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. E dalla sinistra. Questa appropriazione della figura di Falcone mi sembra fuori luogo. RAFFAELE BERTONI. Io le dico le cose. Ho detto "anche all'interno della magistratura". E del suo Governo, però, perché Fumagalli Carulli... PRESIDENTE. Ci sono gli atti del Consiglio superiore su questo. RAFFAELE BERTONI. Ho detto della magistratura per non dire quello che avrei dovuto dire, perché Fumagalli Carulli fece quel po' di ben di Dio contro Falcone. FERDINANDO IMPOSIMATO. La Fumagalli non era magistrato. RAFFAELE BERTONI. Faceva quel po' di ben di Dio scrivendo articoli uno dopo Pagina 560 l'altro contro Falcone, collega Imposimato! PRESIDENTE. Senatore Bertoni, prosegua. RAFFAELE BERTONI. Che c'entra che non era magistrato! Ho detto "della magistratura" perché voglio colpevolizzare la magistratura. Attualmente a Milano, oltre ai processi in corso per il malaffare politico, sta per cominciare il giudizio per l'autoparco, che ha grandi implicazioni mafiose; nello stesso tempo Di Pietro riceve segnali allarmanti dall'interno delle carceri; in Sicilia ed in Calabria molti uffici giudiziari sono impegnati in gravissimi processi di mafia; Caselli conduce le inchieste sul fronte allargato dei rapporti mafia-affari-politica; qui il ministro dell'interno ed i vertici della polizia hanno parlato della possibilità di attentati eccellenti, eppure mai come in questo momento è in atto un vero e proprio processo di delegittimazione dei magistrati, che per di più proviene dall'interno delle istituzioni. I giudici più impegnati a riaffermare di fronte a tutti la forza ordinaria della legge sono soli, senza il sostegno che dovrebbero avere, come Falcone. Non teme, non la preoccupa l'eventualità che possa accadere qualcosa di terribile, che si possa ripetere il copione di altre volte? Sono sicuro che lei mi risponderà che lo teme e sono anche sicuro che su questo è sincero; ma lei ha il dovere di fare qualcosa di più, di fare tutto il possibile per dissipare il clima di delegittimazione che il Governo sta addensando attorno ai giudici. Fermi i ministri della giustizia e della difesa e li convinca a tornare ad occuparsi di problemi diversi da quello di fare la guerra ai giudici! Occorre rilanciare l'efficienza dell'amministrazione della giustizia piuttosto che colpirla al cuore, occorre che le nostre forze armate siano sostenute ed incoraggiate come meritano per ritrovare una nuova e piena identità, per essere gli alfieri e il simbolo della cultura di pace cui si ispirano i sentimenti diffusi della nostra gente. PRESIDENTE. Gli interventi dell'onorevole Rossi e del senatore Meduri dovrebbero essere esauriti entro le 11, in modo da avere ampio spazio per la replica del Presidente del Consiglio. LUIGI ROSSI. Presidente, mi atterrò assolutamente alle sue istruzioni. PRESIDENTE. La ringrazio. LUIGI ROSSI. Chiedo all'onorevole Presidente del Consiglio dei ministri come mai continui il contenzioso in atto fra l'esecutivo e la magistratura, che suscita particolare preoccupazione nell'opinione pubblica, e non solo superficiale. Posso assicurarle, avendo compiuto per il mio partito un viaggio al centro-sud, che esiste un notevole disagio per il pericolo non certo marginale di un riciclaggio di personaggi comunque colpevoli di omertà politico-mafiose, se non addirittura in odore di mafia. Fra l'altro, ho raccolto vivaci critiche sulle dichiarazioni di alcuni esponenti del Governo ed anche di protagonisti nell'ambito della maggioranza circa l'ipotesi di chiusura del pool Mani pulite e l'eventuale promulgazione di un'amnistia. Non crede, onorevole Presidente del Consiglio, che sarebbe opportuno da parte sua, magari in una delle sue Conversazioni al caminetto del lunedì con Zanetti, eliminare queste preoccupazioni che indubbiamente assillano l'opinione pubblica più di quanto lei non creda e che, a parere di molti, indeboliscono le lotte contro la mafia, la camorra e tutte le cosche della criminalità organizzata? RENATO MEDURI. Voglio pregiudizialmente dare atto a questo Governo del fatto che dimostra di non essere secondo a nessuno nella lotta per la difesa della libertà dei cittadini; naturalmente tale difesa presuppone una lotta ad ogni forma di criminalità, perché la criminalità rappresenta il primo attentato alla libertà di ciascuno di noi. Sono state molteplici le occasioni in cui l'attuale Governo ha dimostrato questo impegno. Onorevole Presidente, vorrei dare atto al sottosegretario di Stato Pagina 561 Gasparri di avere in più occasioni pubbliche espresso il proprio convincimento che si debba arrivare ad un sempre maggiore inasprimento del carcere duro nei confronti dei mafiosi. Sono state molteplici le occasioni in cui Gasparri ha detto queste cose; quando parla un sottosegretario ritengo lo faccia - finché non è smentito - a nome di tutto il Governo. Ritengo sia stato molto ingeneroso, da parte del collega Di Bella, che ho sempre conosciuto come persona molto seria e molto impegnata in politica e nella società civile, e non degno della sua persona (ribadisco la mia stima personale nei suoi confronti), speculare su un episodio, sempre che l'episodio vi sia stato; infatti, il collega Di Bella ha parlato di fotografie ma non le ha mai prodotte. Egli avrebbe visto Gasparri, nella calca tipica che si crea dopo ogni comizio, dare la mano a qualcuno senza aver chiesto prima il certificato antimafia rilasciato dalla prefettura. Ritengo che neanche il collega Di Bella, quando tiene un comizio, chiede a chi va a stringergli la mano il certificato antimafia, con la carta d'identità e con la firma autenticata del prefetto. Mi voglio augurare che non si faccia questo tipo di speculazione, che avvilisce il nostro lavoro, la nostra funzione, il motivo per cui siamo qui; non sono qui, come senatore di alleanza nazionale, a difendere a tutti i costi il Governo, anche quando sbaglia, né è qui il senatore Di Bella, espressione di altra forza politica, a criticare anche quando si agisce bene, altrimenti la nostra funzione è avvilita. Comunque, per chiudere questo episodio, ringrazio il Presidente Berlusconi per aver scelto Maurizio Gasparri come sottosegretario per l'interno, perché la mia tessera di partito è datata 1958 e ho l'orgoglio di essere stato uno dei maestri di vita di Gasparri, che è nato nel 1956; e so che persona integra sia, moralmente e politicamente e quindi la ringrazio per averlo nominato sottosegretario e, soprattutto, sottosegretario per l'interno. Onorevole Berlusconi, le voglio chiedere, in qualità di senatore calabrese, di una zona martoriata dal fenomeno della criminalità associata, dalla 'ndrangheta, che cosa noi insieme intendiamo fare nei confronti di questa regione, che soffre di alcuni guai. Il primo, sul quale matura la mala pianta della criminalità, è la grande disoccupazione; lei sa che a Reggio Calabria si supera addirittura il 35 per cento sulla popolazione attiva e comunque il 30 per cento è il dato ufficiale relativo all'intera regione. Quindi, secondo me l'impegno prioritario del Governo è quello di mettere in moto meccanismi che creino fonti di lavoro per la gioventù calabrese. Durante la campagna elettorale lei si è assunto l'impegno di creare il famoso milione di posti di lavoro in più: la prego di esercitare la sua intelligenza e l'impegno del suo Governo soprattutto in direzione di questo aspetto della politica antimafia, perché ritengo che sia un atto di prevenzione importante, che deve precedere una repressione dura che comunque lo Stato deve esercitare nei confronti della criminalità organizzata. Si è parlato dell'usura, una delle piaghe maggiori del nostro paese: onorevole Presidente, cosa intende fare il suo Governo - è questa la seconda domanda - in ordine al cambiamento della politica bancaria nel sud, che vede un accesso difficilissimo, soprattutto per i piccoli operatori, ad un credito che costa il doppio rispetto al nord e che crea le condizioni... SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non il doppio. RENATO MEDURI. Non il doppio, ma comunque molto di più. Inoltre vengono richieste maggiori garanzie che spesso non è possibile dare. In sostanza le banche rastrellano il risparmio che successivamente è investito in altre aree geografiche d'Italia. Secondo me, una rivisitazione della politica bancaria nel meridione potrebbe arginare in qualche modo il fenomeno dell'usura, che è una delle piaghe più terribili. Onorevole Presidente del Consiglio, lei sa che al sud i tempi della giustizia civile, soprattutto, oltreché della penale, sono lunghissimi e lentissimi. Ciò rappresenta un rischio assai grave per quelle popolazioni, Pagina 562 in quanto la giustizia civile spesso deve essere richiesta a magistrati (del popolo, lo dico tra parentesi) che l'amministrano in altro modo. La presidente Parenti, che a Reggio Calabria ha incontrato i rappresentanti dei quadri giudiziari, è a conoscenza della esigenza di ripianamento dell'organico non solo dei magistrati ma anche dei dipendenti amministrativi, in quanto spesso i giudici non possono avvalersi dell'opera di un dattilografo! Poiché non faccio discorsi teorici ma bado alla sostanza, chiedo che cosa si può fare affinché in questa regione abbandonata si dia un segno della presenza dello Stato capace di amministrare la giustizia soprattutto nei casi in cui ci si rivolge al boss perché lo Stato è assente. Infine, sappiamo quanto sia stato facile - l'ho sostenuto anche durante l'audizione del generale Federici - l'accesso alle opere pubbliche e ai fondi pubblici da parte di imprese discusse e discutibili. Ciò è stato possibile grazie ai molti politici che in passato hanno facilitato questa operazione ed anche e soprattutto alla burocrazia corrotta o corruttibile, o magari oggettivamente condizionata forse dalla paura. Certo è che esistono sacche di consistente ricchezza a livello di politici e di burocrati (anche di grado medio non solo di grado elevato). Ritengo che il Governo, unitamente alle strutture capaci e preposte a farlo, debba avviare un'opera di ricerca e di bonifica, in quanto a volte non è sufficiente sciogliere un consiglio comunale per mafia e inviare il commissario straordinario, dal momento che lì continuano a lavorare gli stessi segretari comunali o i medesimi capi dell'ufficio tecnico, i quali a volte sono persone per bene, ma tante volte non lo sono. Lei reputa utile e necessaria un'indagine per verificare la possibilità di un avvicendamento non solo della grande burocrazia regionale, ma anche di quella media e alta a livello comunale e provinciale, soprattutto nelle aree a rischio come la Calabria, la Sicilia, la Campania e la Puglia? PRESIDENTE. Con quello del senatore Meduri sono terminati gli interventi dei commissari. Poiché l'onorevole Berlusconi ha chiesto una brevissima sospensione avendo un urgente impegno telefonico, sospendo brevemente la seduta. I nostri lavori riprenderanno con la replica del Presidente del Consiglio. La seduta, sospesa alle 11,5, è ripresa alle 11,15. PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio risponderà ora alle domande poste dai membri della Commissione. Invito i colleghi a non interloquire, perché il dialogo non gioverebbe alle risposte. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Nei precedenti incontri erano emerse alcune esigenze, ad esempio quella relativa al completamento degli uffici giudiziari di Palermo, dove presto inizierà il processo per l'omicidio del giudice Falcone. E' stato anche chiesto al Governo di costituirsi parte civile in questo processo. Quanto al primo problema, posso comunicare che oggi pomeriggio, nella riunione del Consiglio dei ministri, presenterò un provvedimento legislativo urgente. Mi piacerebbe che fosse un decreto-legge e chiedo scusa ai senatori e ai deputati, che da sempre invitano il Governo a non utilizzare questo strumento, ma credo che questo sia proprio un caso in cui sussistano le ragioni di necessità e d'urgenza. Credo che potremo dare il via immediatamente ai lavori e agli ordinativi che mancano. Quanto alla costituzione di parte civile, sono intervenuto presso l'Avvocatura dello Stato. L'avvocato generale dello Stato mi ha comunicato che, a seguito della mia richiesta, ci siamo costituiti parte civile, nell'interesse della Presidenza del Consiglio dei ministri - perché il Governo nel suo complesso è portatore degli interessi della collettività nazionale - nonché nell'interesse del ministro di grazia e giustizia, del ministro dell'interno e di quello dei lavori pubblici. Dunque, c'è stata una immediata Pagina 563 risposta ad una richiesta assolutamente fondata. Ho anche sentito qualche considerazione polemica, e ciò mi è spiaciuto, su una presunta delegittimazione del dottor Di Maggio, con il quale invece collaboro molto bene ed al quale avevo chiesto personalmente di coordinare l'organizzazione a Napoli della conferenza sulla criminalità internazionale. Il dottor Di Maggio aveva richiesto di tornare ad un incarico che aveva ricoperto in precedenza, come esperto dei problemi della criminalità e del traffico di stupefacenti presso la nostra rappresentanza all'ONU in Vienna. FERDINANDO IMPOSIMATO. Ha detto il contrario. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Se devo riferire circa fatti a mia conoscenza, come mi appaiono, devo dire che ho con il dottor Di Maggio una collaborazione molto positiva; ho svolto con lui incontri per preparare quella conferenza, che presiederò personalmente. Mi sembra che il dottor Di Maggio sia impegnato e che la sua esperienza sia messa a frutto in modo efficace e positivo. Come avevo già annunciato nella precedente seduta, ho radunato in capitoli le risposte alle varie domande. I temi sui quali intratterrò la vostra attenzione sono i seguenti: usura, processo penale, stanziamenti a favore della giustizia, potenziamento e coordinamento delle forze di polizia, riciclaggio, collaboratori della giustizia, mafia e trame politiche, antiproibizionismo e problematiche sociali. Mi atterrò quindi alla lettura di un appunto nel quale sono contenute le risposte e preannuncio che fornirò una risposta scritta anche alle domande che mi sono state poste quest'oggi, per farlo a freddo, senza vis polemica di ritorno. Voglio soltanto dire all'onorevole Grasso che è inimmaginabile che una società quotata in borsa possa addivenire ad accordi con un'organizzazione criminale. E' al di fuori di ogni possibilità reale. La Standa è stata fatta oggetto di vari attentati (30 bombe) che ne hanno diminuito fortemente la capacità di fare reddito, perché la gente reagisce in un certo modo. In Sicilia è stata fatta oggetto di attentati e di incendi, ma non è mai stata condotta alcuna trattativa con nessuno. Sono andato a testimoniare e posso dire - l'ho già dichiarato - che la versione resa dai giornali è lontana dalla realtà: la Standa ed i suoi dirigenti hanno collaborato con la giustizia; la Standa si è costituita parte civile ed alcuni dirigenti hanno permesso l'arresto e l'individuazione di presunti responsabili. Questi dirigenti sono ancora sotto tutela da parte delle forze dell'ordine, perché si teme che vi possano essere azioni nei loro confronti. Rispondendo in tema di usura, ricordo che l'onorevole Bertucci ha sottolineato la drammatica escalation di questo fenomeno, l'insufficienza delle misure di generico inasprimento delle pene, l'opportunità dell'istituzione di fondi antiusura anche presso le regioni. Nella relazione ho illustrato sinteticamente la gravità oggettiva del fenomeno ed il suo diretto collegamento con le attività della criminalità organizzata, che di tale forma di reato si avvale sempre più ampiamente per fiaccare la resistenza degli imprenditori, per rilevarne le aziende e per riciclare i capitali illecitamente acquisiti. Per prevenire l'espandersi del fenomeno e reprimere efficacemente l'attività delittuosa è necessario anzitutto affinare sul punto le tecniche investigative e di accertamento giudiziale. Da qui nasce la scelta del disegno di legge governativo, all'esame del Parlamento, di rivedere la normativa vigente e di consentire, tra l'altro, il ricorso a strumenti di indagine particolarmente sofisticati (come le intercettazioni telefoniche e ambientali e le cosiddette operazioni sotto copertura, condotte cioè da infiltrati che simulino l'attività di mediazione usuraria per identificare i vari momenti del circuito criminale) e l'unificazione delle fattispecie criminose per una più agevole individuazione dei presupposti del reato. Le soluzioni privilegiate dal disegno di legge, pur essendo fondamentali sotto l'aspetto Pagina 564 investigativo e processuale, rischiano peraltro di non essere sufficienti sotto l'aspetto della prevenzione sociale: tanto più che le multiformi tipologie del fenomeno non agevolano la ricerca di strumenti di contrasto realmente efficaci. E' mia ferma convinzione che sotto questi aspetti si debba comunque, e in primo luogo, ottenere dagli istituti di credito una sempre maggiore collaborazione sia per ciò che concerne la trasparenza delle procedure per la valutazione delle richieste di affidamento sia per ciò che concerne il rafforzamento delle procedure interne per il controllo del personale (al fine di affrancarlo dai sospetti di collusione con ambienti usurari). Con gli istituti di credito va poi individuato un sistema che, assicurando anonimato e riservatezza, garantisca effettivamente la segnalazione di tutte le operazioni di sospetto collegamento con fenomeni di usura: segnalazione che dovrà avere a presupposto, fra gli indici di anomalia delle operazioni stesse, anche e in specie l'utilizzo dei conti in forme tecniche non correlate o non direttamente giustificabili con l'attività svolta dal cliente. E' infatti sempre la difformità tra l'entità del patrimonio delle persone, i movimenti dei conti correnti e le attività che tali persone svolgono alla luce del sole la spia vera che può portare all'individuazione di fatti criminali. A livello amministrativo e legislativo dovranno poi prevedersi risposte differenziate a seconda della tipologia dei casi di usura e del loro collegamento o meno con l'attività della criminalità organizzata. A tale riguardo è prioritaria la necessità di creare strumenti in grado di assicurare agli investigatori la cooperazione della vittima del reato. Com'è noto, le lungaggini dell'iter giudiziario, la mancanza di certezze riguardo al suo esito, la consapevolezza della tendenziale irrecuperabilità delle somme versate e il timore di ritorsioni rappresentano deterrenti molto forti. Credo che, in proposito, le recenti previsioni sul possibile immediato sequestro degli interi patrimoni degli usurai rappresentino un primo importante passo nella giusta direzione. Si può infatti pensare a forme di destinazione di tali beni a favore delle vittime dell'usura, oltre che all'autonoma creazione di fondi per contributi in conto interessi destinati ad agevolare i mutui alle persone offese: fondi il cui funzionamento dovrà essere regolamentato proprio tenendo conto delle peculiarità del fenomeno e che potranno anche tenere conto della esperienza maturata con riferimento al cosiddetto fondo antiracket. A questo proposito mi assumo le responsabilità che sono stato invitato ad assumermi: provvederò certamente a mettere in atto un controllo della situazione esistente circa le domande presentate e le risposte che l'amministrazione pubblica è riuscita a dare. L'esperienza di tale fondo può rappresentare, per un verso, un esempio da imitare (per ciò che attiene al nuovo rapporto che ha cercato di instaurare fra cittadino e Stato) e, dall'altro, all'inverso, un esempio da emendare significativamente sotto l'aspetto del suo attuale atteggiarsi burocratico e farraginoso. Ho dovuto prendere atto di una situazione che è stata costruita in tantissimi anni, alla quale non credo si possa ovviare con interventi di poco conto. Credo che vi sia bisogno quasi di una rivoluzione totale, di una completa ristrutturazione di tutto l'apparato dello Stato, altrimenti non se ne esce. Si tratta di operazioni che non possono essere iniziate in tempi brevissimi e con governi di coalizione che non riescono ad avere certezze circa la loro capacità di intervenire con il consenso di tutti gli alleati e con un'opposizione che possa dare il suo concreto apporto su questioni che non sono di parte ma che interessano l'intera collettività nazionale. Questo è ciò di cui ha bisogno l'Italia ed è il problema al quale stiamo cercando di dare risposte; personalmente credo di esercitare tutta la pazienza e tutte le capacità di mediazione possibili affinché questa situazione cambi. Occorre però sottolineare fin d'ora la necessità di svincolare l'accesso al fondo dall'esito del processo penale, prevedendo eventualmente un collegamento fra i due momenti ai limitati fini di garantire la cooperazione processuale della persona Pagina 565 offesa. L'erogazione delle somme deve invece essere tempestiva poiché, in caso diverso, non sarebbe ovviamente in grado di consentire il superamento delle temporanee difficoltà economiche e finanziarie del soggetto costretto a ricorrere al prestito. In proposito il Governo ha già allo studio una nuova e specifica disciplina che tiene conto dei rilievi formulati con riferimento alla precedente versione elaborata sul tema e, assieme, della giusta attesa di tanti per la rapida approvazione di un'equa legislazione a favore delle vittime del reato. La situazione che abbiamo trovato per quanto riguarda i problemi del sud, fra i quali in primo luogo vi è quello della mafia, dimostra che lo Stato è inadempiente nei confronti di moltissime iniziative imprenditoriali, che versano in una situazione drammatica. Sono numerosissimi gli esempi di lavori condotti con il ricorso al credito bancario, in attesa dei finanziamenti promessi dallo Stato grazie alla legge n. 64. La situazione che abbiamo trovato è la seguente: 18 mila pratiche nemmeno aperte, 6 mila pratiche per opere già realizzate completamente, alle quali non è stata data ancora risposta, ed altre 7 mila pratiche che si trovano a meno di metà dell'istruttoria. Ritengo sia necessario intervenire attraverso un alto commissario e proprio in questi giorni sto cercando di convincere le altre forze di maggioranza a mettere in atto questa misura, che in un certo senso va contro le ordinarie competenze dei singoli ministeri. La situazione è drammatica e quindi, se si vogliono risolvere i problemi del sud, che sono quelli dell'Italia, bisogna tenere presente che per primo c'è quello della disoccupazione, che influisce sulla possibilità di sottrarre i giovani al circuito mafioso. Se si vuole intervenire in questa direzione si deve garantire fiducia agli imprenditori, dare supporti alle imprese già esistenti e studiare una serie di misure che richiederebbero un tempo che - confesso - il Presidente del Consiglio non è in grado di assicurare, essendo occupato in una serie di attività che non sono operative e che perciò non possono portare a cambiamenti veri. Questa è la mia angoscia. A questo proposito sono stato ancora una volta frainteso (lo so, mi lamento sempre, ed è una cosa disdicevole, ma non riesco a venirne fuori) quando ho detto che se in un'azienda si lavora per un certo periodo di tempo si produce, per esempio, dieci, e che in questa situazione si lavora lo stesso, o anche più tempo (non ho mai lavorato tanto in vita mia), e si produce uno, o anche meno di uno. Provo quindi un sentimento di angoscia perché vedo che vi sono enormi esigenze da parte del paese alle quali si potrebbe far fronte con cambiamenti radicali; credo che la gente, a seguito di quello che è successo, abbia voluto rinnovare in gran parte la classe dirigente perché vuole andare in direzione di un cambiamento. Questi mutamenti radicali, che sono importanti soprattutto nella fase progettuale (non parliamo poi di quella realizzativa) vengono ritardati o addirittura impediti da tutto un sistema generale che è contrario all'efficienza. Scusate lo sfogo, ma - credetemi - è proprio un'angoscia che mi possiede. Quanto ai temi del processo penale, l'onorevole Violante ha sottolineato la necessità di istituire al più presto i tribunali distrettuali e di prevedere nuove forme di teletrasmissione dei dibattimenti. Ha inoltre invocato chiare prese di posizione del Governo sul tema della proroga dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975. Il senatore Mancino ha sollecitato il generalizzato ricorso alla stenotipia nella verbalizzazione degli interrogatori, specie dei collaboratori della giustizia, osservando che, in tal modo, si agevola il lavoro dei giudici nella valutazione delle dichiarazioni auto ed eteroaccusatorie. Su alcuni dei temi affrontati dall'onorevole Violante ho già espresso nella relazione gli intendimenti del Governo ed i recenti sviluppi parlamentari credo abbiano dissipato qualsiasi ombra circa l'effettiva volontà di attuare quanto da me dichiarato nel corso della mia audizione del 21 ottobre scorso anche a proposito della proroga dell'articolo 41-bis. Mi sembra che non si faccia un corretto utilizzo del tempo delle Camere quando si chiede un altro intervento da parte del Governo Pagina 566 attraverso un decreto, quando il Parlamento ha già deliberato, in una delle sue componenti, la proroga di tale articolo per un determinato periodo di tempo. Personalmente ritengo che si debba risparmiare il tempo di tutti, anche perché questo articolo è stato approvato con l'adesione totale delle forze di maggioranza che sostengono il Governo. La previsione dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 va dunque mantenuta ben oltre la scadenza che per essa è ora fissata dall'articolo 29 del decreto-legge n. 306 del 1992. Mi appare sufficiente, in proposito, che il Governo esprima il pieno sostegno alle proposte di legge presentate in tal senso sia in Senato sia alla Camera dei deputati. Come sta accadendo, le proposte vanno esaminate al più presto e con assoluta priorità così da dissipare equivoci e fraintendimenti e da eliminare diffidenze. Ogni cura sarà poi posta nell'emanazione di decreti che siano inattaccabili, dal punto di vista della motivazione, sia sotto l'aspetto della pericolosità del detenuto (e degli elementi dai quali è desunta) sia sotto l'aspetto delle ragioni poste a base delle varie limitazioni al trattamento penitenziario ordinario: così da evitare il pericolo di dichiarazioni di inefficacia dei decreti medesimi da parte dei giudici di sorveglianza. Questo è il fenomeno più grave al quale occorre ovviare. Nella relazione ho anche ricordato la necessità di mantenere l'utilizzazione degli istituti dell'Asinara e di Pianosa per finalità di detenzione. Provvederanno di concerto i ministri competenti a valutare poi la fattibilità di proposte, del tipo di quella qui avanzata dall'onorevole Violante, o stamattina dal senatore Campus, di coniugare la destinazione per finalità di detenzione con quella naturalistica (l'onorevole Violante aveva parlato di metà e metà). Tutta l'edilizia penitenziaria è da sottoporre a nuova progettualità; molte opere sono in corso, ma non si capisce perché i lavori procedano con tanta lentezza; molte sono quasi finite ma mancano gli ultimi stanziamenti affinché possano essere messe in funzione; altre devono essere prodotte con una tecnica più moderna. Si pone anche il problema del costo della detenzione per lo Stato, costo che in molti altri paesi è stato affrontato anche con l'intervento dell'iniziativa privata; è questo un grande tema, su cui ho appena iniziato a mettere la testa e rispetto al quale ho dato indirizzi affinché ci siano risposte e si possa procedere in modo innovativo. Sempre nella relazione ho ricordato che le previsioni in tema di isolamento carcerario hanno ragion d'essere solo se l'isolamento è effettivo e se non deve assistersi invece a casi di continui e lunghi trasferimenti dei detenuti per ragioni di giustizia. Da qui la necessità di prendere in esame rapidamente sia l'ipotesi della celebrazione dei dibattimenti a distanza mediante teleconferenze sia l'ipotesi della obbligata celebrazione delle udienze di indagine e dell'udienza preliminare nell'istituto penitenziario di assegnazione. Sul punto il Governo si riserva di presentare al più presto appositi disegni di legge che avranno anche l'effetto, non secondario, di sollevare le forze di polizia dalle pericolose incombenze delle traduzioni e di ampliare, di conseguenza ed all'inverso, il numero di coloro che possono essere destinati ai naturali compiti di ordine e di sicurezza pubblica. Anche questo è un problema generale delle forze dell'ordine: una grande quantità di addetti sono destinati a pratiche amministrative; se si pensa che nella stessa città infinite schiere di impiegati, di funzionari e dirigenti sono in cassa integrazione, si sentono estranei al processo lavorativo, soffrono di questa posizione e vengono pagati dallo Stato per l'80 per cento della loro retribuzione, ritengo che questi potrebbero essere utilizzati in queste altre direzioni; e credo che lo farebbero anche con favore in attesa di un'eventuale altra destinazione nel privato. Vedete che rivoluzioni si debbono fare, addirittura nel modo di pensare e di affrontare certi gravi problemi! Credo si debba andare in tale direzione. Per quanto riguarda le forze dell'ordine, sono moltissime le persone che potrebbero essere nuovamente destinate al compito specifico, Pagina 567 quello di stare in trincea a lottare contro la delinquenza. Maggiori perplessità desta la proposta dell'onorevole Violante in tema di istituzione dei tribunali distrettuali. Alle ragioni pro e contro tale istituzione ho già fatto breve richiamo nella relazione. Qui posso solo ricordare che nel corso della XI legislatura fu presentato sul punto un apposito disegno di legge. Nella relazione che lo accompagnava si sostenne che il provvedimento rappresentava il completamento necessario all'istituzione delle direzioni distrettuali antimafia e si proponeva sia di razionalizzare le energie esistenti (concentrando mezzi e risorse presso le città sedi di corte d'appello) sia di valorizzare specifiche esperienze professionali tutelando poi la sicurezza di magistrati, detenuti e collaboratori di giustizia. Il precedente Consiglio superiore della magistratura si espresse in senso contrario all'istituzione del nuovo ufficio. Il consiglio ritenne che l'intervento si iscriveva in una logica di tipo emergenziale, estranea ad una visione organica dell'ordinamento giudiziario; che l'accentramento delle competenze presso determinati organi poteva comportare l'effetto negativo di dar vita ad una sorta di doppia magistratura, di cui la prima affidataria dei processi di maggiore importanza e rilievo sociale, la seconda destinataria degli affari correnti (con tutte le conseguenze sul morale dei magistrati); che l'accentramento della competenza territoriale rispondeva non già ad esigenze presenti sull'intero territorio nazionale bensì a situazioni particolari di taluni distretti; che le esigenze di concentrazione, specializzazione, sicurezza ed efficienza potevano trovare una diversa situazione, più rispettosa del principio del giudice naturale e più compatibile con le necessità di razionale organizzazione della giurisdizione sul territorio. Al riguardo veniva fatto presente che la normativa istitutiva della Direzione nazionale antimafia e delle direzioni distrettuali antimafia aveva in sé molteplici potenzialità espansive, che potevano aversi presenti prima di accedere a settoriali modifiche ordinamentali. Sia gli argomenti a sostegno sia quelli contrari all'istituzione del nuovo ufficio sono certamente fondati su ragioni obiettivamente valide. Mi sembra però opportuno che la problematica dei tribunali distrettuali sia inserita nel contesto più ampio delle modifiche ordinamentali al fine di evitare rischi di iniziative isolate e disancorate dalle linee di fondo che dovranno essere delineate dalle commissioni che presso il Ministero di grazia e giustizia sono state istituite per la revisione delle circoscrizioni giudiziarie e dell'ordinamento giudiziario. Riferisco per completezza i dati risultanti dall'attività di monitoraggio della direzione generale degli affari penali del Ministero di grazia e giustizia con riguardo alle pendenze dei procedimenti penali per delitti di criminalità organizzata di stampo mafioso. Nel 1993 presso gli uffici giudicanti pendevano complessivamente 659 procedimenti per delitti di criminalità organizzata, di cui 495 (pari al 75,4 per cento) negli uffici sede di capoluogo di distretto e 164 (pari al 24,6 per cento) nei restanti uffici giudicanti. Mi pare quindi che ogni decisione definitiva debba restare comunque sospesa in attesa del parere del Consiglio superiore della magistratura. La proposta dell'onorevole Mancino in materia di modalità di documentazione degli interrogatori è di estremo interesse ed è già stata presa in considerazione - a livello generale - nel testo approvato dal Comitato ristretto della Commissione giustizia della Camera sulla nuova disciplina delle misure cautelari e della esplicazione del diritto di difesa. Si tratta peraltro di valutare la concreta attuale fattibilità della proposta e di quelle - pressoché analoghe - che sollecitano l'adozione anche nel corso delle indagini della videoregistrazione degli atti. Sul punto il Ministero di grazia e giustizia ha da tempo avviato uno studio sensibilizzando anche le autorità giudiziarie in ordine all'adozione di adeguati e moderni strumenti tecnici. Anche con riferimento al tema della documentazione degli atti mi pare comunque necessaria una rivisitazione complessiva della Pagina 568 vigente normativa al fine di evitare interventi di emergenza, non coordinati rispetto al sistema e non in linea con l'avanzamento di tutte le moderne tecniche. Credo che, se dobbiamo fare un passo avanti, valga la pena di farlo ricorrendo alle tecniche più aggiornate. A questo proposito sto seguendo con interesse ciò che sta avvenendo in paesi più progrediti anche rispetto agli Stati Uniti; in Giappone, per esempio, si sta pensando ad una registrazione globale con sistemi di archiviazione che richiedono pochissimo spazio. Ritengo che il passo da compiere debba essere sostanziale ricorrendo a tutto ciò che di più moderno è a disposizione. L'onorevole Bargone ed il senatore Mancino hanno efficacemente ricordato che l'insufficienza degli stanziamenti a disposizione della giustizia rende ancora più complesso e drammatico il contrasto della criminalità organizzata. Ricordo in proposito che lo stato di previsione della spesa del Ministero di grazia e giustizia per il 1995, dopo le modifiche apportate dalla nota di variazione n. 1072-bis, reca una complessiva previsione di 7.487,3 miliardi, di cui 7.120,4 per la parte corrente e 368,9 in conto capitale. L'importo complessivo calcolato in 7.487,3 miliardi rappresenta l'1,12 per cento della spesa finale dello Stato. Disaggregando la spesa totale, i 7.120,4 miliardi di parte corrente rappresentano l'1,17 per cento della complessiva spesa corrente dello Stato (pari a 608.317 miliardi) mentre i 368,9 miliardi della spesa in conto capitale incidono per lo 0,42 per cento sulla complessiva spesa in conto capitale dello Stato (pari a 86.974 miliardi). Rispetto allo stato di previsione iniziale dell'anno 1994 (6.809,4 miliardi), gli stanziamenti per il 1995 (7.487,3 miliardi) fanno registrare un aumento di 677,9 miliardi circa (+9,9 per cento) di cui 650,9 miliardi di parte corrente e 27 miliardi in conto capitale. Rispetto al bilancio assestato 1994 (7.016,4 miliardi) le spese considerate nel bilancio di previsione fanno registrare un aumento di 470,9 miliardi (+6,7 per cento). Lo stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia non corrisponde esattamente alla sezione "giustizia" nella classificazione funzionale delle spese dello Stato. Infatti la tabella non comprende le previsioni di spesa per l'edilizia giudiziaria e penitenziaria, alla quale provvedono rispettivamente gli enti locali, attraverso la Cassa depositi e prestiti, ed il Ministero dei lavori pubblici, con specifiche appostazioni di bilancio. I dati relativi a tali previsioni di competenza sono i seguenti: 360 miliardi nel capitolo 5942 dello stato di previsione della spesa del Ministero del tesoro e 100 miliardi sul capitolo 8404 dello stato di previsione della spesa del Ministero dei lavori pubblici. La spesa complessiva per la funzione giustizia, relativamente all'anno 1995, si attesta perciò su 8.197,3 miliardi, prendendo in considerazione sia la previsione di spesa della tabella 5 (7.487,3 miliardi) sia gli accantonamenti dei fondi speciali di parte corrente (150 miliardi) e di conto capitale (100 miliardi) sia gli altri stanziamenti che, pur attenendo funzionalmente alla giustizia, sono allocati negli stati di previsione del Ministero del tesoro (360 miliardi) e del Ministero dei lavori pubblici (100 miliardi). E' evidente che si tratta di somme non sufficienti a far fronte alle effettive necessità, specie di adeguamento delle strutture, sia mobiliari sia immobiliari, e che scontano l'ulteriore limite dato dalla circostanza che la capacità operativa del Ministero di grazia e giustizia è, in realtà, sottoposta ad un triplice ordine di condizionamenti, derivante sia dalle progettazioni finanziarie operate dal tesoro (che determina l'entità delle risorse assegnate), sia dall'esistenza di una pluralità di soggetti estranei al ministero (comuni e Ministero dei lavori pubblici) ai quali appartengono le competenze maggiori in materia di edilizia giudiziaria e penitenziaria, sia, infine, dalle scelte del potere legislativo e della funzione pubblica (per quanto concerne il personale amministrativo). Nel contesto dianzi descritto, non poche preoccupazioni desta la situazione Pagina 569 dell'edilizia penitenziaria, penalizzata dalle continue rimodulazioni delle autorizzazioni di spesa operate dalle leggi finanziarie degli ultimi anni nonché dai lunghi e defatiganti tempi di realizzazione delle opere, causa non ultima del costante lievitare dei costi. Si tratta peraltro del massimo sforzo che il Governo nel suo complesso è stato in grado di fare, tenendo conto dei complessivi dati di bilancio. Ci siamo intrattenuti in lunghe discussioni a questo riguardo, ma poi si è confermato che la coperta è quella che è, che era necessario introdurre i 48 mila miliardi e che i conti erano quelli indicati. Abbiamo cercato di operare l'aumento di 600 miliardi, ma si è ritenuto collegialmente che di più non fosse possibile fare. Il Parlamento, naturalmente, ha il potere sovrano di operare spostamenti, ma pur sempre nell'ambito di una manovra che è quella che è. Credo sia necessario agire per fasi successive. Prima di tutto è necessario mettere a posto i conti dello Stato, quindi occuparsi del risanamento, dopo di che bisogna scegliere un tema e trattarlo fino in fondo, seguendo, in sostanza, un ragionamento di questo genere: per due anni ci occupiamo di realizzare un moderno sistema per quanto riguarda la giustizia, in seguito per un anno ci interesseremo della ricerca, poi per un altro anno della scuola, e così via. Sono tutti risultati, però, che si possono realizzare solo nel medio e lungo periodo, perché andando avanti come si è fatto finora si mettono soltanto pecette, senza in realtà risolvere nulla. Particolarmente rilevante sotto il profilo istituzionale ed assai delicata è la questione posta dal senatore Mancino a proposito dell'esigenza di rafforzare il coordinamento dell'attività delle varie forze di polizia. Dopo la legge di riforma del 1981 l'esperienza del coordinamento conobbe momenti di crisi dovuti soprattutto alla naturale diffidenza verso i nuovi moduli operativi ed alla difficoltà di assimilare la diversità culturale di cui essi, in qualche modo, erano espressione. Nel triennio 1990-1992 la straordinaria virulenza dell'aggressione delle organizzazioni criminali ha però fatto sì che, accanto all'esigenza di dare nuovo slancio alla risposta punitiva dello Stato con norme penali e processuali di grande rigore e fermezza, si proponesse con nuova forza anche il problema del rafforzamento degli strumenti di coordinamento delle attività delle forze di polizia. Le leggi istitutive della DIA e della Direzione nazionale antimafia, che si collocano a cavallo tra la fine del 1991 ed i primi mesi del 1992, testimoniano dello sforzo di fronteggiare l'offensiva criminale con strumenti più agili e di maggiore efficacia, soprattutto sul piano del coordinamento. L'ampio consenso che accompagnò il varo di quelle due leggi incoraggiò il Governo a proseguire lungo il cammino della riforma strutturale dell'amministrazione della pubblica sicurezza e ad affrontare il problema del coordinamento dell'attività dei vari corpi in maniera più radicale ed incisiva, ridisegnando, in pratica, l'organizzazione di vertice ed i livelli funzionali del Ministero dell'interno nel settore della sicurezza e dell'ordine pubblico. Nell'agosto 1992 il governo Amato, su proposta dell'allora ministro dell'interno Mancino, approvò e presentò alle Camere un disegno di legge (atto Senato n. 600) con il titolo significativo di: "Nuove disposizioni in materia di direzione unitaria delle forze di polizia e sull'amministrazione della pubblica sicurezza". Nel nuovo progetto normativo campeggiava la figura del segretario generale dell'amministrazione della pubblica sicurezza, quale autorità nazionale funzionalmente sovraordinata alle altre autorità, centrali e periferiche, di pubblica sicurezza ed agli organi dell'amministrazione. A tale nuova autorità, coerentemente con l'altissima responsabilità e con il prestigio dell'incarico, veniva assegnato un livello di funzione A, corrispondente a quello massimo previsto dall'ordinamento vigente per la dirigenza dello Stato. Il tratto più significativo del provvedimento era rappresentato dalla separazione dell'attività di direzione unitaria dell'amministrazione della pubblica sicurezza, Pagina 570 affidata al segretario generale come primo referente del ministro, da quella di comando della Polizia di Stato, quale componente della stessa amministrazione. L'iniziativa promossa dal governo non riscosse, come è noto, consensi in Parlamento e non approdò ad esiti di rilievo. Peraltro, tra le stesse forze di polizia, i cui responsabili furono chiamati ad esprimere il loro parere nel corso di più audizioni al Senato, si profilarono posizioni parimenti critiche, anche se per profili contrastanti. A prescindere dall'infruttuosa vicenda dell'atto Senato n. 600 e dalla legittima diversità di opinioni sulla sua impostazione di fondo, va comunque posto in rilievo che i risultati, talora efficacissimi, delle forze dell'ordine, soprattutto nella lotta alla criminalità organizzata, testimoniano dei progressi notevoli che si sono registrati sul terreno del coordinamento in questi ultimi due anni. Si tratta di prendere atto di un miglioramento qualitativo che nasce nei fatti, dall'azione quotidiana e dal supporto che a questa azione viene fornito da tutte quelle forme di raccordo operativo variamente apprestate dalla legislazione anticrimine più recente: dai servizi provinciali interforze, istituiti nel 1991, alla stessa DIA, organismo interforze per definizione e per eccellenza, nonché da altre specifiche direttive di coordinamento finalizzato alla migliore distribuzione dei compiti tra i vari corpi ed allo sviluppo di un'azione investigativa coordinata anche prima dell'intervento del magistrato inquirente. Si ricordano, a questo proposito, i gruppi di lavoro interforze nel campo dell'intelligence anticrimine e della ricerca dei latitanti, le misure per il controllo del territorio, i nuclei investigativi misti per particolari esigenze. Quanto alle altre prospettazioni in tema di coordinamento delle forze di polizia (alle quali ha fatto richiamo il senatore Brutti), devo solo ribadire quanto sostenuto nella relazione e già ampiamente ricordato dal ministro dell'interno e dal capo della polizia. Si tratta di nuove linee di indirizzo che mirano ad affiancare le esperienze di informazione e conoscenza, acquisite dagli organi decentrati sul territorio, a quelle degli organi centralizzati e specialistici, coinvolgendo questi ultimi solo in operazioni mirate e restituendo agli organi territoriali la loro insostituibile funzione di garanti del territorio e di fonti primarie delle informazioni d'ambiente. Vi è poi la questione dell'impiego delle forze armate, in concorso con le forze di polizia, nella strategia di contrasto alla criminalità mafiosa nelle zone cosiddette a rischio. Il riconoscimento della qualifica di agente di pubblica sicurezza al militare impegnato a fianco dell'operatore di polizia contribuisce, del resto, in maniera determinante alla costruzione di un modello di cooperazione che si è rivelato valido ed efficace. L'innovazione normativa in questo senso favorisce e valorizza decisamente l'utilizzazione dei militari nello specifico concorso operativo. Attualmente il personale militare impegnato in Sicilia, in Calabria, nel territorio del comune di Napoli e sulla fascia confinaria nord-orientale ammonta a circa 7 mila unità. L'esito delle operazioni in corso è certo positivo anche in relazione al notevole recupero - per altre attività istituzionali - di personale delle forze di polizia, che l'impiego di militari in attività di controllo del territorio ha consentito. Ritengo perciò che l'esperienza sin qui svolta debba essere proseguita ed in tal senso proporrò di prorogare l'impiego delle forze armate oltre il termine del 31 dicembre e secondo le modalità sin qui efficacemente sperimentate. Negli ultimi anni, attese le particolari esigenze di contrasto alla criminalità organizzata, manifestatesi nelle regioni meridionali, l'amministrazione dell'interno ha provveduto, con immissioni di personale, a seguito dei pubblici concorsi, a potenziare gli uffici periferici, con riferimento prioritario ai presidi in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. A tale proposito si pongono il grande problema dell'insufficienza numerica e quello della revisione organizzativa delle Pagina 571 forze di polizia e delle forze dell'ordine. Ho potuto sperimentare personalmente, in occasione di mie uscite pubbliche, come tutte le forze di polizia partecipassero ad operazioni di prevenzione, in alcuni casi anche attraverso mezzi navali. Questo tipo di organizzazione ha radici profonde nella nostra storia, nella nostra tradizione. Peraltro, sul territorio si verificano spesso sovrapposizioni che non sono sempre funzionali all'ottenimento del miglior risultato. Credo sia molto difficile operare per risolvere questi problemi, comunque ritengo lo si possa fare solo attraverso un progetto che necessita di lunghissimi approfondimenti e sul quale è indispensabile il parere degli interessati. Credo pertanto si debba lavorare in profondità per poter disporre di una moderna organizzazione di contrasto al crimine. Per il momento conviene proseguire il lavoro degli ultimi due anni, che pure ha consentito di ottenere buoni risultati, anche se organizzando in una nuova struttura tutte le forze disponibili si potrebbero forse ottenere risultati migliori. Veniamo al problema del riciclaggio. L'onorevole Arlacchi ha ricordato che la mafia non si combatte solo nel Mezzogiorno d'Italia, ma anche nelle zone più sviluppate, in quanto la penetrazione in tali regioni rappresenta la faccia più silenziosa e meno visibile della criminalità organizzata. Egli ha quindi sottolineato la necessità di interventi diretti ad impedire sia l'infiltrazione di capitali illeciti nelle zone più sviluppate del paese sia il dirottamento strumentale di tali capitali verso quegli Stati che già si attrezzano a meglio riceverli. Sono ben consapevole sia della necessità di colpire le accumulazioni illecite mafiose e il loro reimpiego nell'economia legale, sia dell'indispensabilità di ottenere sul punto un'effettiva ed ampia cooperazione internazionale. Sono poi ben consapevole del fatto, che a tale riguardo, l'elaborazione di un sistema di effettivo controllo e di intervento richieda competenze specifiche e un'attitudine investigativa diversa da quella di tipo tradizionale, oltre che capace di adeguarsi al rapidissimo mutare delle strategie che i gruppi criminali di volta in volta adottano per agevolare la più remunerativa e sfuggente circolazione del capitale illecito. E' noto che il riciclaggio finanziario svolge un ruolo di moltiplicatore del volume dell'attività afferente a soggetti criminali e che sempre più netta è poi la differenziazione, nell'ambito delle associazioni mafiose, tra attività delinquenziali primarie (fonte della liquidità necessaria per l'attività criminale) e attività di riciclaggio: attività che nella gran parte dei casi è infatti affidata a intermediari finanziari - consapevoli o meno - e che di per sé allontana la liquidità illecita dal luogo in cui essa è stata prodotta rendendone così ancor più ardua la individuazione. Da qui alcune delle più consistenti difficoltà nel colpire il fenomeno e nell'impedire il verificarsi di progressive "invasioni" nazionali e internazionali nell'economia legale (anche mediante la rilevazione di imprese, l'espandersi dei prestiti usurari, il progressivo utilizzo delle case da giuoco). Ho perciò ricordato, nella relazione, che la materia non va solo riordinata, ma completamente rivisitata, tenendo conto tra l'altro delle oggettive difficoltà connesse agli accertamenti patrimoniali, dall'attuale assenza di un sistema centralizzato di dati utili all'effettuazione dei più approfonditi controlli, della contestuale assenza di previsioni normative idonee a colpire concretamente le fittizie interposizioni personali e la creazione di società di comodo. In questo campo bisogna lavorare per emanare norme che siano veramente in linea con quanto si sta sviluppando attualmente. Né va dimenticato che in molti casi la scoperta dell'operazione di riciclaggio è resa ancor più complessa dal fatto che la criminalità organizzata di tipo mafioso modifica tempestivamente le tecniche del reimpiego dei capitali ed esercita spesso una pressione crescente anche su imprenditori "puliti" per costringerli a fungere da insospettabili schermi per operazioni di riciclaggio. Con l'introduzione del decreto- Pagina 572 legge n. 143 del 1991 il nostro ordinamento si è posto in una giusta prospettiva di intervento, definendo come oggetto primario di indagine le operazioni sospette (anziché le persone), colmando le lacune di disciplina dei settori di intermediazione parabancaria e finanziaria, rivoluzionando il ruolo degli operatori bancari e finanziari. Le recentissime modifiche apportate con la legge n. 328 del 1993 alla disposizione penale sul riciclaggio e la previsione che tale reato si concreta ora anche quando il reato presupposto è un qualsiasi delitto non colposo (e non solo quando è un delitto di rapina, estorsione, sequestro o traffico di droga) possono certamente incidere anche sul funzionamento del sistema della segnalazione delle operazioni da parte dei responsabili degli istituti di credito, agevolandone il compito e non imponendo loro un impossibile accertamento sulla provenienza del denaro che forma oggetto dell'operazione stessa. Si tratta allora di partire dalle disposizioni del citato decreto-legge n. 143 per inventare nuovi strumenti di contrasto e per individuare i punti critici che non hanno finora consentito l'efficace funzionamento del sistema. Fra quei punti vanno certamente inseriti la scarsa riservatezza in tema di denuncia delle operazioni, la vaghezza dei parametri di identificazione delle operazioni sospette, la già ricordata assenza di una banca dei dati centralizzata. La necessità di questa era stata invece sostenuta fin dal 1989 da numerosi esperti e anche dall'allora comandante generale della Guardia di finanza, generale Ramponi, non solo per evitare la dispersione delle informazioni, ma anche per porre in essere un sistema di controllo praticamente opposto all'attuale. Un sistema che partisse, cioè, non dalle singole operazioni per arrivare al dato generale, ma che partisse (o potesse partire) dalle grandi movimentazioni monetarie per arrivare alle singole operazioni illecite e alla scoperta dei responsabili, individuando così obiettivi o materiali di indagine e fornendo periodicamente panoramiche analitiche delle metodologie, delle forme e delle tendenze adottate dal crimine organizzato per riciclare proventi illeciti. Non v'è dubbio che un tale sistema di controllo può essere adottato, al pari di altri che abbiano la stessa valenza pragmatica, solo programmando una seria armonizzazione internazionale e sensibilizzando al massimo ogni Stato sul rischio mafia e sul fatto che la regolamentazione antiriciclaggio può divenire fattore discriminante nelle scelte dei soggetti criminali che tendono a indirizzarsi verso quei contesti internazionali in cui le legislazioni sono più permissive. Ho già ricordato a questo proposito la necessità di nuovi accordi bilaterali e multilaterali che migliorino le forme di collaborazione internazionale, sia sul piano giudiziale sia su quello informativo e operativo. Sono questi, fra gli altri, gli obiettivi della prossima conferenza mondiale e di altre attività di cooperazione già costituite in materia. Dico subito che di questo voglio fare un mio personale cavallo di battaglia: per questo presiederò la conferenza mondiale. Anche affrontando il problema del Mezzogiorno, infatti, mi sono confermato nel convincimento che finché incombe questo pericolo di aggressione sugli imprenditori da parte della criminalità organizzata non si possono far prediche sui doveri agli imprenditori, anche del nord, o sul desiderio di attirare investitori esteri in queste aree. Si possono concedere agevolazioni, si può intervenire sulle infrastrutture, ma se non esiste questa salvaguardia, questa certezza, non si può andare molto lontano. Per quanto riguarda i collaboratori della giustizia... GIUSEPPE ARLACCHI. Mi scusi, signor Presidente, e i paradisi fiscali? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Le darò poi una risposta più precisa sui paradisi fiscali. Per quanto riguarda i collaboratori della giustizia, nella sua audizione il ministro dell'interno ha ricordato che sono in fase di avanzata elaborazione i nuovi regolamenti in materia di protezione dei collaboratori della giustizia e che essi attuano, Pagina 573 nel modo più razionale e coerente, le previsioni dettate sul tema dal decreto legge n. 8 del 1991. Le nuove previsioni non intendono dunque modificare l'impianto legislativo né, come ho già detto nella relazione del 21 ottobre scorso, possono essere lette "come arretramenti o ripensamenti rispetto alle scelte di politica criminale" già adottate sul punto. La Commissione (e qui rispondo anche al rilievo del senatore Brutti) ha già richiesto ai ministri direttamente interessati gli schemi di regolamento e sarà mia cura sensibilizzare al riguardo i titolari dei dicasteri dell'interno e di grazia e giustizia. Qui intendo solo ribadire che l'importanza dei collaboratori della giustizia nella disaggregazione delle associazioni criminali è sotto gli occhi di tutti - quindi anche e prioritariamente del Governo - e che il ricorso ad essi ha prodotto fin qui risultati quanto mai apprezzabili. Si tratta perciò e soltanto di approntare ogni mezzo per assicurare che la credibilità dei collaboratori non possa essere compromessa né da approcci non professionali né da trame orchestrate: magari da quegli stessi capiclan interessati a creare attorno ai loro accusatori un pesante clima di sospetto e diffidenza. Ritengo perciò che debbano essere sostenuti gli sforzi di chi da tempo (e ricordo in proposito anche le conclusioni cui pervenne la precedente Commissione antimafia fin dal febbraio 1993) sostiene sia la necessità di attuare una netta separazione tra chi investiga sui fatti dichiarati dal pentito e chi gestisce il pentito stesso, sia la necessità di impegnare lo Stato nella protezione e nel reinserimento sociale del collaboratore della giustizia solo quando la condotta dissociativa da questi manifestata è inequivoca e davvero rilevante ai fini del processo. Anche in tema di collaboratori della giustizia l'atteggiamento del Governo è perciò sorretto dalla piena consapevolezza della complessità della problematica e degli effetti che possono discendere dal ricorso a frasi, condotte od atteggiamenti suscettibili di interpretazioni differenziate e perciò idonei a creare stati di confusa incertezza ed apprensione in chi ha fatto precise scelte collaborative e di rottura del vincolo criminale (come d'altronde ha recentemente ed efficacemente ricordato il Procuratore nazionale antimafia). Passando alla questione dei possibili collegamenti della mafia con la politica, il tema sottolineato in specie dagli onorevoli Imposimato, Ayala e Bonsanti merita ogni più attuale riflessione, ma impone di evitare incaute generalizzazioni. Sul punto conservano oggi pieno valore le chiare conclusioni della relazione della Commissione antimafia, approvata il 6 aprile 1993; conclusioni che è opportuno ricordare e che si collocano nel più generale contesto dei rapporti tra mafia e politica. Di tale relazione voglio ricordare un passo, sul cui contenuto concordo pienamente: "Il terreno fondamentale sul quale si costituiscono e si rafforzano i rapporti di Cosa nostra con esponenti dei pubblici poteri e delle professioni private è rappresentato dalle logge massoniche. Il vincolo della solidarietà massonica serve a stabilire rapporti organici e continuativi. L'ingresso nelle logge di esponenti di Cosa nostra, anche di alto livello, non è un fatto episodico ed occasionale, ma corrisponde ad una scelta strategica. Il giuramento di fedeltà a Cosa nostra resta l'impegno centrale al quale gli uomini d'onore sono prioritariamente tenuti. Ma le affiliazioni massoniche offrono all'organizzazione mafiosa uno strumento formidabile per estendere il proprio potere, per ottenere favori e privilegi in ogni campo: sia per la conclusione di grandi affari sia per l' aggiustamento dei processi, come hanno rilevato numerosi collaboratori di giustizia. Tanto più che gli uomini d'onore nascondono l'identità dei fratelli massonici, ma questi ultimi possono anche non conoscere la qualità di mafioso del nuovo entrato". Si tratta di un quadro ampiamente delineato anche da numerosi collaboratori della giustizia e dal quale, nella sostanza, emerge linearmente la tendenza di Cosa nostra ad avvalersi delle associazioni massoniche come di uno dei canali privilegiati per infittire le relazioni tra i suoi appartenenti e coloro i quali, in quanto titolari di pubblici poteri, possano conseguentemente Pagina 574 agevolare la mafia nel raggiungimento dei propri obiettivi. Se così è, mi appare superfluo ribadire la grande attenzione del Governo sulla materia. Al di là delle emergenze processuali e investigative, deve esistere infatti sul punto una specifica attenzione politica che si collega nel suo complesso proprio e più genericamente allo stesso tema dei rapporti tra mafia e pubblica amministrazione: per evitare il ripetersi di antichi pericoli o di antichi scambi volti ad orientare il flusso della spesa pubblica o a favorire nuove opportunità di guadagno e gestioni del malaffare. Passando al tema dell'antiproibizionismo, sollevato anche in una interpellanza dalla senatrice Scopelliti, osservo che il traffico di stupefacenti rappresenta da sempre una delle più lucrose attività della criminalità organizzata. A volte, produce irreparabili guasti sociali e il progressivo diffondersi di forme di inquietante microcriminalità. Il tema della cura del tossicodipendente e della sua riabilitazione sociale rappresenta perciò tema di assoluto e prioritario interesse dell'autorità di Governo. Come suggerito dalla senatrice Scopelliti, le disposizioni che regolano la materia vanno perciò riviste, anche qui in una ottica nazionale ed internazionale, che tenga fra l'altro conto delle risultanze del referendum abrogativo dell'aprile 1993 (che ha escluso la illiceità penale del consumo personale degli stupefacenti). La proposta della senatrice Scopelliti va guardata con l'interesse e la serietà che essa merita pur se non può nascondersi - come la stessa senatrice rileva - la necessità di approfondire la materia senza preconcetta ostilità e con la serenità richiesta proprio dalla gravità e diffusione del fenomeno. Per quanto attiene alle problematiche sociali, il senatore Di Bella, il senatore Mancino e l'onorevole Ayala hanno posto l'accento sulla necessità di "mobilitare tutte le forze sociali per una seria iniziativa antimafia" al fine di porre le premesse per un rifiuto completo della logica del controllo del territorio da parte delle organizzazioni criminali. Hanno ricordato che tale mobilitazione deve iniziare fin dall'interno delle scuole e deve poi passare per un'aspra lotta agli altissimi livelli di disoccupazione: poiché sono questi a creare un terreno assai favorevole alla penetrazione mafiosa. Concordo pienamente con le analisi dei senatori Di Bella e Mancino e dell'onorevole Ayala e va accolto il loro invito a moltiplicare gli sforzi per impedire l'espansione del fenomeno mafia incidendo anche e principalmente sulle sue cause sociali e su quelle distorsioni istituzionali delle quali un limitato numero di menti criminali ha saputo approfittare per creare ciò che viene spesso definito come l'antistato o l'esercito mafioso. Ricordo che a questo proposito Giovanni Falcone ha scritto: "(...) ritengo che sia proprio la mancanza di senso dello Stato, di Stato come valore interiorizzato, a generare quelle distorsioni presenti nell'animo siciliano: il dualismo fra società e Stato, il ripiegamento sulla famiglia, sul gruppo, sul clan; la ricerca di un alibi che permetta a ciascuno di vivere e lavorare in perfetta anomia, senza alcun riferimento a regole di vita collettiva. Che cosa se non il miscuglio di anomia e violenza primitiva è all'origine della mafia? Quella mafia che essenzialmente, a pensarci bene, non è altro che espressione di un bisogno di ordine e quindi di Stato". Occorre perciò capovolgere questa convinzione di inefficienza dello Stato e di sfiducia in esso. Tante adesioni, tante collusioni e connivenze con il fenomeno mafioso, ma anche molte delle stesse condotte criminali di tipo armato e terroristico (funzionali all'attività eversiva della criminalità organizzata), sono in realtà conseguenza di un atteggiamento mentale che va scardinato, con i fatti e con un atteggiamento istituzionale nuovo e caratterizzato da nuove sensibilità. In quest'ottica mi pare perciò da accogliere il suggerimento dell'onorevole Imposimato di ricorrere anche al mezzo televisivo per sensibilizzare qualunque cittadino, per far comprendere che il problema mafia è davvero problema di ciascuno e di tutti, per ribadire infine che non sarà impunemente consentita la delegittimazione Pagina 575 (subdola, insidiosa, raffinata o rozza che sia) di coloro che servono lo Stato per combattere la criminalità organizzata e che a tal fine mettono a repentaglio la loro vita e quella dei loro cari. Mi rendo conto che si dicono e si sono dette tante parole a questo riguardo; mi rendo conto, poi, dell'inadeguatezza di chi occupa posizioni di responsabilità per rispondere a questa situazione con i fatti. Abbiamo un ordinamento che è quello che è; abbiamo la precarietà dei governi che conosciamo: credo davvero che ci vorrebbe un atto di contrizione da parte di tutti e che bisognerebbe progettare un modo diverso di guardare al nostro futuro rispetto a quello che è stato il nostro passato. Se non vi potrà essere un'azione condotta nel tempo sempre nella stessa direzione, con approfondimenti importanti, non si potrà risolvere questo problema. Si tratta di un problema sul quale non possono essere il Presidente del Consiglio o un Governo di passaggio a portare una soluzione... (Commenti del deputato Grimaldi e del senatore Imposimato). RAFFAELE BERTONI. Ma lei non crede che il suo sia un Governo di passaggio! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Sì, ma quello che vi crea preoccupazione è che cercate che si ceda da tutte le parti... Io sono un ottimista ed un testone! RAFFAELE BERTONI. Mussolini non era di passaggio, eppure non ha distrutto la mafia! PRESIDENTE. Senatore Bertoni...! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. C'è un aspetto sul quale posso darvi una certezza: non esiste alcun partito della minimizzazione (così come è stato definito) nell'ambito delle forze di maggioranza. Quando parlo di questo problema, riscontro grande senso di responsabilità in tutti. Per quanto mi riguarda, vi posso garantire che l'attenzione su di esso è primaria perché penso che, se non si risolverà tale questione, non giungerà mai a soluzione il problema del Mezzogiorno, che è un problema dell'Italia. Se il presidente me lo consente, vorrei proporre una sorta di ripasso degli argomenti affrontati nel corso delle ultime sedute. In sostanza, se la pazienza dei presenti me lo consentirà, vorrei ribadire sinteticamente i punti salienti del disegno e della strategia di contrasto e di lotta alla criminalità, lotta alla quale siamo tutti chiamati. Inizio con il ricordare le principali caratteristiche di un'efficace attività di contrasto. Le scelte di politica criminale - lo ribadisco - devono partire dalla consapevolezza di avere di fronte non semplici gruppi delinquenziali, ma organizzazioni politico-criminali che pretendono di esercitare sul territorio una sovranità alternativa a quella dello Stato. Devo dire che non ero consapevole di questo dato e che soltanto l'avere contattato molti imprenditori sottoposti a tutta una serie di pressioni mi ha reso evidente che questa è veramente la volontà che presiede all'attività dell'organizzazione criminale, che cerca in definitiva di sostituirsi allo Stato. Ciò comporta che l'impegno del Governo deve svilupparsi anche prima e fuori della semplice repressione del reato, ricercando il risanamento del tessuto sociale ed una politica di sviluppo economico delle aree depresse. Sul piano più specifico di contrasto criminale, occorre utilizzare al meglio le strutture esistenti, sconsigliandosi, per il momento, la creazione di nuovi organismi antimafia. Il potenziamento ed il coordinamento delle strutture di prevenzione e di investigazione assume particolare rilievo con riguardo al problema del coordinamento tra le forze di polizia, che già è stato affrontato con la predisposizione di nuove modalità di indagine, anche in conseguenza della creazione di nuovi organismi di polizia centralistici e specializzati (DIA, SCO, ROS, SCICO). In tal senso, la linea di intervento del ministro dell'interno, pienamente sottoscritta dal Presidente del Consiglio, consente di coniugare esperienze di informazione e conoscenza acquisite dagli Pagina 576 organi decentrati operanti sul territorio con le attività degli organi centrali e specialistici, con l'ulteriore beneficio di impegnare questi ultimi soltanto in investigazioni mirate, potenziando al contempo le insostituibili funzioni di garanzia e di controllo del territorio. Si tratta indubbiamente di un punto centrale che merita attenzione. Quanto al passaggio dalla prevenzione sul territorio alle forme di sostegno sociale e di fiducia nello Stato, occorre creare le condizioni per il recupero del rapporto fiduciario tra cittadino ed istituzioni, sia creando una nuova coscienza della legalità, sia assicurando protezione a chi concretamente fornisce notizie contro la criminalità. In questo contesto, merita attenzione l'esperienza del cosiddetto fondo antiracket e l'ipotesi di estensione dello strumento ad altri settori quale, per esempio, quello dell'usura. Va invece rivista la segnalazione di operazioni bancarie di sospetto riciclaggio, in quanto non si è in grado, nell'attuale stato normativo, di garantire l'anonimato dell'autore della segnalazione. Questi che ho ricordato sono i punti fondamentali della strategia. Quanto agli strumenti investigativo-processuali, un punto fondamentale è rappresentato dalla protezione da assicurarsi a coloro i quali, recedendo dal vincolo associativo, abbiano optato per la collaborazione processuale: protezione, tuttavia, che va assicurata solo dopo un attento vaglio critico del collaboratore, anche per impedire inquinamenti o gestioni interessate. Speculare a ciò è il mantenimento del regime carcerario speciale per gli appartenenti irriducibili alle organizzazioni criminali: ne consegue la conferma della previsione dell'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975. Proprio per assicurare l'isolamento di tali detenuti, oggi certo ed assoluto solo nelle isole di Pianosa e dell'Asinara, occorre studiare la possibilità, sia a livello normativo sia a livello concreto, di far svolgere talune udienze presso il luogo di detenzione ovvero di sostituire la traduzione dei detenuti con idonei collegamenti a distanza. Per quanto riguarda lo strumento processuale, i fatti di criminalità organizzata presentano tali e tante peculiarità da non poter essere assimilati ai fatti criminosi ordinari e, pertanto, abbisognano di una disciplina propria, di un cosiddetto doppio regime processuale. Occorre quindi valutare anche la possibilità della costituzione del cosiddetto tribunale distrettuale antimafia, che dovrà costituire oggetto di esame dopo che il Consiglio superiore della magistratura sarà addivenuto alle sue conclusioni. Sotto il profilo degli strumenti processuali e dell'aggressione di patrimoni, occorre una elaborazione di nuove e compiute linee di intervento, anche nell'ambito della cooperazione internazionale, volte all'aggressione dei patrimoni mafiosi. In tal senso, appare positiva la nuova possibilità di sequestrare durante il processo, e di confiscare in caso di condanna, interi patrimoni quando questi risultino sproporzionati al reddito dichiarato ed all'attività svolta dall'imputato. Anche su questo fronte, è tuttavia indispensabile una nuova sensibilità delle associazioni degli industriali, dei commercianti e dei sindacati dei lavoratori. L'ultimo punto al quale intendo fare riferimento riguarda l'ambito sovranazionale del crimine organizzato. La crescente unificazione ed interdipendenza delle economie crea anche i presupposti per un diffuso scambio tra le organizzazioni criminali, che nella dimensione internazionale vedono, tra l'altro, un mezzo più sicuro e proficuo di reimpiego dei proventi illeciti. Ciò comporta la possibilità di un innalzamento del rischio mafia, con uno smisurato aumento del potere armato ed economico delle organizzazioni criminali. Ecco perché sono da sottolineare gli sforzi del ministro dell'interno tesi a sviluppare forme di collaborazione bilaterali e plurilaterali (in questo senso egli riceve il continuo incentivo da parte del Presidente del Consiglio) e del ministro di grazia e giustizia, tesi ad agevolare, attraverso modifiche normative del codice di procedura penale, i rapporti tra le autorità giudiziarie. Sotto questo profilo mi auguro che preziosi Pagina 577 contributi possano emergere dalla conferenza mondiale di Napoli. Ho ritenuto di dover riassumere i punti fondamentali della strategia anticrimine che il Governo intende seguire, dal momento che molti dei commissari oggi presenti non lo erano quando ho svolto la relazione. LUIGI ROSSI. Cosa può dirci a proposito delle voci sull'amnistia e sulla chiusura del pool...? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Le rispondo subito... RAFFAELE BERTONI. Alla conferenza di Napoli, che assume un'importanza notevolissima perché Napoli è la città della camorra, potrà essere invitata, in quanto tale, la Commissione antimafia? SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Le spiego, senatore. Abbiamo registrato un'adesione superiore alle aspettative. Intanto, le rispondo subito di sì per quanto riguarda l'interesse che i singoli membri della Commissione possono manifestare. Mi sembra sia auspicabile... RAFFAELE BERTONI. Non lo dico per me, che alla conferenza parteciperei lo stesso perché sono invitato da Bassolino. E' possibile che la Commissione antimafia, la massima espressione della lotta alla camorra e alla mafia in Italia, non possa dire la sua ai rappresentati di 180 paesi che si riuniscono a Napoli? Siamo solo cinquanta! SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Lei comprende che se tutti i paesi avessero avanzato questa stessa richiesta, avremmo cinquanta membri per centoquaranta paesi e chissà quanti saremmo! Vedrò oggi pomeriggio a che punto siamo con l'organizzazione e poi riferirò al presidente all'inizio della settimana prossima. PRESIDENTE. All'organizzazione presiedono il dottor Di Maggio e la dottoressa Ferraro (Commenti del senatore Bertoni). SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Rispondo alla domanda dell'onorevole Rossi... ANTONIO BARGONE. Presidente, non è chiaro se saremo invitati alla conferenza! PRESIDENTE. All'organizzazione della conferenza sono preposti, ripeto, il dottor Di Maggio e la dottoressa Ferraro, non il Presidente del Consiglio. Mi informerò presso gli organizzatori. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Non continuiamo a discutere su questo punto! Se è possibile, se vi sono posti disponibili, benissimo! (Commenti del senatore Bertoni). RAFFAELE BERTONI. Ritengo che sarebbe particolarmente significativo un invito rivolto alla Commissione antimafia in quanto tale. Poi è evidente che parteciperà solo chi vorrà farlo. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Tutte le risposte delle quali ho dato lettura riguardano le domande che mi erano state rivolte nelle due precedenti occasioni. Alle domande di oggi, come ho già precisato all'inizio della seduta, fornirò una risposta scritta, che credo rappresenti un metodo più conveniente anche perché mi consentirà di lasciare nel cassetto la mia vis polemica che in certi casi emergerebbe. Quanto alla domanda dell'onorevole Rossi concernente il pool Mani pulite, riprendendo anche il riferimento alla rubrica Conversazioni al caminetto, debbo dire che ho fornito una risposta proprio nella trasmissione di questa settimana. Ho ricordato come fosse stato un intervento del procuratore Borrelli a parlare di amnistia e che io non ne avessi mai parlato... Pagina 578 LUIGI ROSSI. Ho sentito, ed è per questo che mi sono permesso di chiedere a lei, giacché ho avuto il piacere di vederla presente a questa riunione, se le questioni affrontate in quella rubrica radiofonica avessero la possibilità di essere ulteriormente illustrate da lei in questa sede. SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Però, vede, c'è abbastanza poco da illustrare. Cosa ho detto al riguardo in quella occasione? Ho detto che, per quanto riguarda il fenomeno della corruzione, occorre apprestare una legge (credo che esistano anche iniziative parlamentari al riguardo) che intensifichi le pene e che possa portare, di qui in avanti, un freno ad un'attività che spero sia stata grande nel passato. Ritengo che oggi vi sia stato un notevole ricambio della classe dirigente e che si sia avuta una grande lezione; credo che ancora si debbano effettuare molte scoperte a tale riguardo e che un'attività generale di insegnamento sia stata recepita da tutti coloro che si interessano della cosa pubblica; sono del parere che vi sia da aspettarsi anche una diversa risposta da parte degli imprenditori. Questo, per quanto riguarda il futuro. Per il passato, ho continuato a sottolineare l'esigenza che le indagini continuino in tutte le direzioni e che si svolgano i processi. In ordine all'amnistia ho detto che io non ne avevo mai evocata la possibilità; se in futuro le situazioni cambieranno, se i processi si faranno, se le pene definitive saranno comminate, in quel caso si potrà anche pensare a degli interventi, che mi sembra però debbano oggi essere lasciati fuori dall'attualità. Ne parleremo, ne parleranno altri, se la situazione sarà mutata radicalmente. PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, scusate, noi parliamo di antimafia e non delle amnistie, che non c'entrano nulla! ALESSANDRA BONSANTI. Presidente, abbiamo ancora tempo per brevi repliche. PRESIDENTE. Veramente questo non è vero. Le consento di porre la domanda, però non ci sono repliche; dopo la risposta, è previsto che non vi siano repliche (Proteste del deputato Bonsanti). Il Presidente del Consiglio ha esaurito il suo tempo: è mezzogiorno e mezza e deve andare! Mi dispiace ma abbiamo esaurito il tempo previsto per l'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri. La seduta termina alle 12,25. Pagina 579 ALLEGATO Pagina 580 Pagina 581 Domanda scritta fatta pervenire dal senatore Francesca Scopelliti: Non si può parlare di lotta alla mafia senza porre la questione delle sue fonti di guadagno fra le quali la principale è il commercio delle droghe illegali. Nella sua relazione, il Presidente del Consiglio ha posto l'accento sull'impegno di tutti per evitare che l'attività criminale produca risorse importanti. Non solo. Il traffico di droga esalta il ruolo della mafia e dei soggetti criminali come fornitori di beni di largo consumo; rende necessaria - anzi obbligatoria - un'organizzazione perfetta con conseguente proliferare di adepti; provoca l'aumento della microcriminalità, causa di costi sociali altissimi: dalla non sicurezza dei cittadini all'affollamento delle carceri. Per questo, quando si pone la questione "antimafia" la risposta dei radicali - riformatori è "antiproibizionismo". La questione della legalizzazione non è posta in termini ideologici, ma assolutamente pratici: regolamentare per legge ogni fase del fenomeno, dalla produzione al consumo, è la via necessaria per scoraggiare il consumo di sostanze il cui uso e abuso è in costante crescita proprio in virtù del regime di liberalizzazione criminale che deriva dal proibizionismo. Questo è dunque l'obiettivo: stroncare la liberalizzazione criminale del mercato della droga e di conseguenza impedire l'accumulazione di quei capitali illegali che - una volta prodotti - nessuna legge antiriciclaggio - ha potuto, può e mai potrà bloccare se non in misura microscopica e irrilevante. Quando una strategia è in crisi le strade che, pragmaticamente, ci si aprono davanti sono due: o correggere questa strategia o mutarla. E' questo atto di responsabilità che chiediamo: di aprire dunque una discussione - interna al Paese e internazionale - sulle strategie di lotta alla droga e a una criminalità organizzata di cui il traffico di droga è la parte finanziariamente e strutturalmente più importante e perversamente dinamica. Dato che conosciamo la sensibilità del Presidente del Consiglio su questo problema, e l'impegno che ha assunto con i riformatori al momento dell'accordo di maggioranza, ci si attende atti concreti - la cui urgenza è sotto gli occhi di tutti - da parte del Governo. Domanda scritta fatta pervenire dal deputto Giacomo Garra: E' doveroso per la Commissione antimafia soffermarsi per qualche istante sulla attuale situazione dell'Assemblea regionale siciliana, l'Assemblea in larga misura formata da inquisiti. Volendo impiegare adoperare toni polemici sarebbe di dire che alcuni partiti della prima Repubblica avevano collegamenti con la mafia. E' più probabile invece che fosse la cupola mafiosa a scegliere tra i candidati inclusi nelle liste dei vari partiti e per le diverse province i "personaggi" (lo dico tra virgolette) da appoggiare in ogni singola circoscrizione e nell'ambito delle circoscrizioni quali candidati da appoggiare località per località. La prima domanda: il Governo è a conoscenza che l'ARS, nella seduta d'aula del 18 ottobre 1994, ha respinto la proposta di legge-voto, diretta a rendere possibile un anticipato scioglimento di detta Pagina 582 Assemblea, accadimento mai registrato in 48 anni di vita repubblicana? A respingere la proposta di legge-voto sono stati 55 deputati, mentre per l'accoglimento hanno votato (e forse non tutti) i deputati della destra e della sinistra. Ritiene indifferibile una rigenerazione della classe politica che dal dopoguerra ha avuto nella regione siciliana tutte le leve del potere, rigenerazione che costituisce una precondizione per un efficace contrasto alla mafia. Ricorda che avanti alla Commissione affari costituzionali sono all'esame alcune proposte di legge costituzionali volte ad apportare allo statuto siciliano alcune essenziali modifiche, anche al fine di rendere possibile che gli elettori siciliani votino presto per il rinnovo dell'ARS. Durante tutti i lavori della Commissione affari costituzionali della Camera, iniziati sull'argomento il 28 settembre e proseguiti il 25 ottobre, il Governo purtroppo è stato assente. La seconda domanda: ciò è da attribuirsi a scarsa attenzione del Governo sull'argomento o a mancato coordinamento tra la Presidenza della Commissione e palazzo Chigi? Pagina 583 |
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