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Luigi Pirandello, Così è (se vi pare): Testo

Testo

Atto I [Indice]

Personaggi [Indice]

Lamberto Laudisi
La Signora Frola
Il Signor Ponza, suo genero
La Signora Ponza
Il Consigliere Agazzi
La Signora Amalia, sua moglie e sorella di Lamberto Laudisi
Dina, loro figlia
La Signora Sirelli
Il Signor Sirelli
Il Signor Prefetto
Il Commissario Centuri
La Signora Cini
La Signora Nenni
Un cameriere di casa Agazzi
Altri Signori e Signore

In un capoluogo di provincia. Oggi.

Salotto in casa del Consigliere Agazzi. Uscio comune in fondo; usci laterali a destra e a sinistra.

Scena prima [Indice]

La Signora Amalia, Dina, Laudisi

Al levarsi della tela Lamberto Laudisi passeggia concitatamente per il salotto. Svelto, elegante senza ricercatezza, sui quaranta, indossa una giacca viola con risvolti e alamari neri; spirito arguto, s'irrita facilmente; ma poi ride e lascia fare e dire, compiacendosi dello spettacolo della sciocchezza altrui.

Laudisi:

Ah, dunque è andato dal Prefetto?

Amalia:

(sui quarantacinque, capelli grigi; ostenta una certa importanza, per il posto del marito, ma lasciando intendere che, se stesse in lei, rappresenterebbe la sua parte e si comporterebbe forse altrimenti). Oh Dio, Lamberto, ma si tratta infine di un suo subalterno!

Laudisi:

Ma suo subalterno, scusa, alla Prefettura, non a casa!

Dina:

(diciannove anni; una cert'aria di capir tutto meglio della mamma e anche del babbo, ma attenuata, quest'aria, da una vivace grazia giovanile) È venuto ad allogarci la suocera qua accanto, sullo stesso pianerottolo!

Laudisi:

E non era forse padrone? C'era un quartierino sfitto, e l'ha affittato per la suocera. Che ha forse l'obbligo una suocera di venire a ossequiare in casa la moglie e la figliuola d'un superiore di suo genero?

Amalia:

Ma no, chi dice obbligo? Siamo andate noi, io e Dina, per le prime da questa signora, e non siamo state ricevute - capisci?

Laudisi:

E che cosa è andato a fare adesso tuo marito dal Prefetto? A imporre d'autorità un atto di cortesia?

Amalia:

Un atto di giusta riparazione! Perché non si lasciano due signore, così, davanti alla porta.

Laudisi:

Soperchierie, soperchierie, prepotenze! O che non è dunque più permesso alla gente di starsene per casa sua?

Amalia:

Eh, se tu non vuoi tener conto che l'atto di cortesia volevamo farlo noi per le prime a una forestiera!

Dina:

Via, zietto, calmati, via... Come sei terribile! Sarà pure la curiosità... Ma scusa, non ti sembra naturale?

Laudisi:

Naturale, un corno! Non avete nulla da fare!

Dina:

Ma no, guarda: metti che tu stia qua, scusa, zietto, senza la minima voglia di badare a ciò che fanno gli altri attorno a te. - Bene. - Vengo io. E qua, proprio su questo tavolinetto che ti sta davanti, ti colloco, con la massima serietà... - anzi no, con la faccia di quel signore lì, patibolare - che so, mettiamo; un pajo di scarpe della cuoca.

Laudisi:

Ma che c'entra?

Dina:

Aspetta... che posso dire? Un ferro da stiro... che so, il mestolo... il tuo pennello della barba... - Posso far colpa a te della curiosità che con tutte queste stramberie son venuta io stessa a suscitarti?

Laudisi:

Carina! - Hai ingegno tu; ma parli con me, sai? - Tu vieni a posarmi qua sul tavolino le cose più strambe e disparate, appunto per suscitar la mia curiosità; e certo - poiché l'hai fatto apposta - non puoi farmi colpa se ti domando: - «Ma perché, cara, le scarpe della cuoca qui sopra?» - Dovresti ora dimostrarmi che questo signor Ponza - villano e mascalzone, come lo chiama tuo padre - sia venuto ad allogarci, ugualmente apposta, qua accanto, la suocera!

Dina:

Non l'avrà fatto apposta, va bene! Ma non puoi negare che questo signore è venuto a stabilire in paese, sotto gli occhi di tutti, un cumulo di cose talmente strambe da suscitar la curiosità naturalissima di tutta la gente. - Scusami. - Arriva. - Prende a pigione un quartierino all'ultimo piano di quel casone tetro, là, all'uscita del paese, su gli orti...- L'hai veduto? Dico, di dentro?

Laudisi:

Sei forse andata a vederlo, tu?

Dina:

Sì zietto! Con la mamma. E mica noi sole, sai? Tutti sono andati a vederlo. - C'è un cortile interno, così bujo che pare un incubo, con una ringhiera di ferro in alto in alto, lungo il ballatojo dell'ultimo piano; da cui pendono coi cordini tanti panieri....

Laudisi:

E con questo?

Dina:

(con meraviglia e indignazione) Ha relegato la moglie lassù!

Amalia:

E la suocera qua, accanto a noi!

Laudisi:

In un bel quartierino, la suocera, in mezzo alla città!

Amalia:

Grazie! E la costringe ad abitar divisa dalla figlia?

Laudisi:

Chi ve l'ha detto? E non può esser lei, invece, per avere maggior libertà?

Dina:

No, no! che, zietto! Si sa che è lui!

Amalia:

Ma scusa, si capisce che una figliuola, sposando, lasci la casa della madre e vada a convivere col marito, anche in un'altra città. Ma che una povera madre, non sapendo resistere a viver lontana dalla figliuola, la segua, e nella città dove anche lei è forestiera, sia costretta a viverne divisa, via ammetterai che questo no, non si capisce più facilmente!

Laudisi:

Già! Che fantasie da tartarughe! Ci vuol tanto a immaginare che, o per colpa di lei, o per colpa di lui, ci sia tale incompatibilità di carattere, per cui, anche in queste condizioni. . .

Dina:

(interrompendo, meravigliata) Come, zietto? Tra madre e figlia?

Laudisi:

Perché tra madre e figlia?

Amalia:

Ma perché tra loro due, no! non sono sempre insieme, lui e lei!

Dina:

Suocera e genero! È ben questo lo stupore di tutti !

Amalia:

Viene qua ogni sera, lui, a tener compagnia alla suocera.

Dina:

Anche di giorno, viene, una o due volte.

Laudisi:

Sospettate forse che facciano all'amore, suocera e genero?

Dina:

No, roba da ridere! È una povera vecchietta, lei!

Amalia:

Ma non le porta mai la figlia! non porta mai con sé, mai, mai, la moglie a vedere la madre.

Laudisi:

Sarà malata quella poverina... non potrà uscire di casa...

Dina:

Ma che! Ci va lei, la madre...

Amalia:

Ci va... sì! Per vederla da lontano! Si sa di causa e scienza che a questa povera madre è proibito di salire in casa della figliuola!

Dina:

Può parlarle solo dal cortile!

Amalia:

Dal cortile, capisci!

Dina:

Alla figliuola che s'affaccia dal ballatojo lassù, come dal cielo! Questa poveretta entra nel cortile; tira il cordino del paniere; suona il campanello lassù; la figliuola s'affaccia, e lei le parla di giù, da quel pozzo, tenendo la testa... così! Figurati!

Si sente picchiare all'uscio e si presenta il cameriere.

cameriere:

Permesso, signora?

Amalia:

Chi è?

cameriere:

I signori Sirelli con un'altra signora.

Amalia:

Ah, fa' passare,

Il cameriere s'inchina e via.


Scena seconda [Indice]

I coniugi Sirelli, la Signora Cini, Detti

Amalia:

(alla signora Sirelli) Cara signora!

Signora Sirelli:

(grassoccia, rubizza, ancora giovine, piacente, parata con sovraccarica eleganza provinciale, ardente d'irrequieta curiosità, aspra contro il marito) Mi sono permessa di portarle la mia buona amica, signora Cini, che aveva tanto desiderio di conoscerla.

Amalia:

Piacere, signora. - S'accomodino.

Fa le presentazioni

Questa è la mia figliuola Dina. - Mio fratello Lamberto Laudisi

Sirelli:

(calvo, sui quaranta, grasso, ma con pretese d'eleganza, salutando) Signora, Signorina.

Stringe la mano a Laudisi.

Signora Sirelli:

Ah, signora mia, noi veniamo qua come alla fonte. Siamo due povere assetate di notizie.

Amalia:

E notizie di che, signore mie?

Signora Sirelli:

Ma di questo benedetto nuovo segretario della Prefettura. Non si parla d'altro in paese, creda, signora mia!

Signora Cini:

(vecchia goffa, piena di cupida malizia dissimulata con arie d'ingenuità) Una curiosità abbiamo tutte!

Amalia:

Ma non ne sappiamo nulla più degli altri, noi, creda, signora!

Sirelli:

(alla moglie) Te l'ho detto? Ne sanno quanto me! Ne sanno forse meno di me! - la ragione per cui questa povera madre non può andare a vedere in casa la figliuola, per esempio, la sanno loro, qual è veramente?

Amalia:

Ne stavo parlando appunto con mio fratello...

Laudisi:

Mi sembrate impazziti tutti quanti!

Dina:

Perché il genero, dicono, glielo proibisce.

Signora Cini:

Non basta, signorina!

Signora Sirelli:

Non basta ! Fa di più !

Sirelli:

Notizia fresca appurata or ora:. - La tiene chiusa a chiave!

Amalia:

La suocera?

Sirelli:

No, signora: la moglie!

Signora Sirelli:

La moglie! la moglie!

Signora Cini:

A chiave!

Dina:

Capisci, zietto? Tu che vuoi scusare...

Sirelli:

(stupito) Come? Tu vorresti scusare quell'uomo?

Laudisi:

Ma non voglio scusare nient'affatto! Dico che la vostra curiosità (chiedo perdono alle signore) è insoffribile, non foss'altro, perché inutile.

Sirelli:

Come, scusa?

Laudisi:

Inutile! - Inutile, signore mie!

Signora Cini:

Che si voglia venire a sapere?

Laudisi:

Che cosa, scusi? Che possiamo noi realmente sapere degli altri? chi sono... come sono... ciò che fanno... perché lo fanno...

Signora Sirelli:

E perché no? Chiedendo notizie, informazioni...

Laudisi:

Ma se c'è una che, per questa via, dovrebbe essere a giorno d'ogni cosa; quest'una, scusi, dovrebbe proprio esser lei, signora, con un marito come il suo, così informato sempre di tutto!

Sirelli:

(cercando d'interrompere) Scusa, scusa...

Signora Sirelli:

Ah no, caro, senti: questa è la verità!

rivolgendosi alla signora Amalia:

La verità, signora mia: con mio marito che dice sempre di saper tutto, io non riesco a sapere mai niente.

Sirelli:

Sfido! Non si contenta mai di quello che le dico! Dubita sempre che una cosa non sia come io gliel'ho detta. Sostiene anzi che, come gliel'ho detta io, non può essere. Arriva finanche a supporre di proposito il contrario!

Signora Sirelli:

Ma abbi pazienza, se vieni a riferirmi certe cose...

Laudisi:

(ride forte) Ah ah ah... Permettete, signora? Rispondo io a suo marito. Come vuoi, caro, che tua moglie si contenti delle cose che tu le dici, se tu - naturalmente - gliele dici come sono per te?

Signora Sirelli:

Come assolutamente non possono essere!

Laudisi:

Ah, no, signora, perdono: qui ha torto lei! Per suo marito, stia sicura, le cose sono come lui gliele dice.

Sirelli:

Ma come sono in realtà! come sono in realtà!

Signora Sirelli:

Nient'affatto! Tu t'inganni continuamente!

Sirelli:

T'inganni tu, ti prego di credere! Non m'inganno io!

Laudisi:

Ma no, signori miei! Non v'ingannate nessuno dei due. Permettete? Ve lo dimostro. - Tutt'e due, qua, vedete me. - Mi vedete, è vero?

Sirelli:

Eh sfido!

Laudisi:

No no. Vieni qua, vieni qua...

Sirelli:

(gli s'appressa, sorridente, come per prestarsi a uno scherzo) Perché?

Laudisi:

Vedimi meglio. Toccami. Così, bravo. - Tu sei sicuro di toccarmi come mi vedi, è vero?

Sirelli:

Direi...

Laudisi:

Non puoi dubitare di te, sfido! - Ora, scusi, venga qua lei, signora... No no, ecco, vengo io da lei...

Le si fa davanti, si piega su un ginocchio:

Mi vede, è vero? Alzi una manina; mi tocchi... - Cara manina!

Sirelli:

Ohè... ohè...

Laudisi:

Non gli dia retta! - È sicura anche lei di toccarmi come mi vede? Non può dubitare di lei. - Ma per carità, non dica a suo marito, né a mia sorella, né a mia nipote, né alla signora qua, come mi vede, perché tutt'e quattro altrimenti le diranno che lei s'inganna. Mentre lei non s'inganna affatto! Perché io sono realmente come mi vede lei! - Ma ciò no toglie che io sia anche realmente come mi vede suo marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua, che anche loro non si ingannano affatto!

Signora Sirelli:

E come, dunque, lei cambia dall'uno all'altro?

Laudisi:

Ma sicuro che cambio, signora mia! E lei no, forse? Non cambia?

Signora Sirelli:

(precipitosamente) Ah no no no no no. Le assicuro che per me io non cambio affatto!

Laudisi:

E neanch'io per me, creda! E dico che voi tutti v'ingannate se non mi vedete come mi vedo io! Ma ciò non toglie che non sia una bella presunzione tanto la mia che la sua, cara signora.

Sirelli:

Ma che ci ha da vedere tutto questo, scusa?

Laudisi:

Come no? Vi vedo così affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così...

Signora Sirelli:

Ma secondo lei allora non si potrà mai sapere la verità?

Signora Cini:

Se non dobbiamo più credere neppure a ciò che si vede e si tocca!

Laudisi:

Ma sì, ci creda, signora! Perciò le dico: rispetti ciò che vedono e toccano gli altri, anche se sia il contrario!

Signora Sirelli:

Oh, senta! io le volto le spalle e non parlo più con lei! Non voglio impazzire!

Laudisi:

No, no: basta! Seguitate, seguitate a parlare della Signora Frola e del signor Ponza suo genero - non v'interrompo più.

Amalia:

Ah, Dio sia ringraziato! E faresti meglio, caro Lamberto, se te ne andassi di là!

Dina:

Di là; di là, zietto... sì, sì...

Laudisi:

Perché? No. Mi diverto a sentirvi parlare. Starò zitto, non dubitate. Al più - se permettete - farò qualche risata.

Signora Sirelli:

E dire che noi eravamo venute per sapere... - Ma scusi: suo marito, signora, non è un superiore di questo signor Ponza?

Amalia:

Altro è l'ufficio, altro la casa, signora.

Signora Sirelli:

Capisco, già! - Ma loro non hanno neppure tentato di vedere la suocera qua accanto?

Dina:

Altro che! Due volte, signora!

Signora Cini:

Ah dunque... dunque loro le hanno parlato?

Amalia:

Non siamo state ricevute, signora mia!

Sirelli, Signora Sirelli, Signora Cini:

Oh! oh! - Come! - Come mai!

Dina:

Anche questa mattina...

Amalia:

La prima volta restammo più d'un quarto d'ora dietro la porta. Nessuno venne ad aprirci, e non si poté neppure lasciare un biglietto di visita... Siamo tornate oggi...

Dina:

(Con un gesto colle mani che esprime spavento) È venuto ad aprirci lui!

Signora Sirelli:

È la faccia... già! La faccia di quest'uomo che sconcerta tutto il paese! E poi, così, vestito di nero... Sono tutti e tre vestiti di nero, anche la signora, è vero? la figlia?

Sirelli:

(con fastidio) Ma se la figlia non l'ha mai veduta nessuno! Te l'ho detto mille volte! sarà vestita di nero anche lei... - Sono d'un paesello della Marsica - lo sanno questo?

Amalia:

Sì; distrutto, pare, totalmente...

Sirelli:

Di pianta, raso al suolo, dal terremoto.

Dina:

Hanno perduto tutti i parenti, si dice...

Signora Cini:

(con ansia di riattaccare il discorso interrotto) Bene; dunque dunque... - ha aperto lui?

Amalia:

Appena me lo sono veduto davanti, con quella faccia, non mi son più trovata in gola la voce per dirgli che venivamo per una visita alla suocera. Niente, sa? neanche un ringraziamento.

Dina:

No, per questo, fece un inchino...

Amalia:

Ma appena... così col capo.

Dina:

Gli occhi, piuttosto, devi dire! Quelli sono gli occhi d'una belva, non d'un uomo.

Signora Cini:

E allora? Che ha detto allora?

Dina:

Tutto imbarazzato...

Amalia:

...tutto arruffato, ci ha detto che la suocera era indisposta... che ci ringraziava dell'attenzione... e rimase lì su la soglia, in attesa che ci ritirassimo...

Dina:

Che mortificazione!

Sirelli:

Un vero sgarbo! Ma può esser sicura che è lui, sa? Forse terrà sotto chiave anche la suocera!

Signora Sirelli:

Ci vuol coraggio! Con una signora, moglie d'un suo superiore!

Amalia:

Ah, ma mio marito, sa, l'ha presa come una grave mancanza di riguardo ed è andato a rinzelarsene fortemente col Prefetto, pretendendo una riparazione.

Dina:

Oh, giusto, eccolo qua, il babbo!


Scena terza [Indice]

Il Consigliere Agazzi, Detti, cameriere.

Agazzi:

(cinquant'anni, rosso di pelo, arruffato, con barba, occhiali d'oro, autoritario e dispettoso) Oh, caro Sirelli...

S'appressa al canapè, s'inchina a stringe la mano alla signora Sirelli.

Signora...

Amalia:

(presentandolo alla signora Cini) Mio marito - la Signora Cini.

Agazzi:

(s'inchina, stringe la mano) Lietissimo...

Poi, rivolgendosi alla moglie e alla figlia:

Vi avverto che sarà qui a momenti la Signora Frola.

Signora Sirelli:

(battendo le mani, esultante) Ah, verrà? verrà qui?

Sirelli:

(ad Agazzi, stringendogli la mano, compreso d'ammirazione) Bravo, caro! Hai fatto bene a importi!

Agazzi:

Ma per forza, scusate! Potevo tollerare che fosse fatto uno sgarbo così patente alla mia casa?

Sirelli:

Ma sì! Dicevamo questo appunto!

Signora Sirelli:

E sarebbe stato bene cogliere quest'occasione...

Agazzi:

(prevenendo) Per far notare al Prefetto tutto ciò che si dice in paese sul riguardo di questo signore? Eh, non dubiti: l'ho fatto!

Sirelli:

Ah, bene! bene!

Signora Cini:

Cose inesplicabili! veramente inconcepibili!

Amalia:

Selvagge addirittura! Ma sai che le tiene chiuse a chiave tutt'e due!

Dina:

No, mamma - per la suocera ancora non si sa!

Signora Sirelli:

Ma la moglie, è certo!

Sirelli:

E il Prefetto?

Agazzi:

Sì... Eh... ne è rimasto molto... molto impressionato...

Sirelli:

Ah, meno male!

Agazzi:

Erano arrivate anche a lui delle voci... Vede anche lui adesso l'opportunità di chiarire questo mistero, di venire a sapere la verità...

Laudisi:

(ride forte) Ah! ah! ah! ah!

Amalia:

Non ci manca proprio, adesso, che la tua risata.

Agazzi:

E perché ride?

Signora Sirelli:

Ma perché dice che non è possibile scoprire la verità!


Scena quarta [Indice]

Cameriere, Detti poi la Signora Frola

cameriere:

(presentandosi sulla soglia dell'uscio e annunziando) Permesso? La Signora Frola.

Sirelli:

Oh! Eccola qua.

Agazzi:

Vedremo adesso se non è possibile!

Signora Sirelli:

Benissimo! Ah, sono proprio contenta!

Amalia:

(alzandosi) La facciamo passare?

Agazzi:

No, ti prego, siedi. Aspetta che entri.

Al cameriere

Fa' passare

Il cameriere, via. Entra poco dopo la Signora Frola e tutti si alzano. La Signora Frola è una vecchina linda, modesta, affabilissima, con una grande tristezza negli occhi, ma costantemente smorzata dolce sorriso sulle labbra. La signora Amalia si fa avanti e le porge la mano.

Amalia:

Favorisca, signora

Tenendola per mano, fa le presentazioni:

La Signora Sirelli, mia buona amica. - La signora Cini. - Mio marito. - Il signor Sirelli - La mia figliuola - Mio fratello Lamberto Laudisi. - S'accomodi, signora.

Signora Frola:

Sono dolente e chiedo scusa d'aver mancato fino ad oggi al mio dovere. - Lei, signora, con tanta degnazione mi ha onorata d'una visita, quando toccava a me di venire per la prima.

Amalia:

Tra vicine, signora, non si sta attente a chi tocchi prima. Tanto più che lei, stando qui, sola, forestiera, chi sa, poteva aver bisogno...

Signora Frola:

Grazie, grazie... troppo buona...

Signora Sirelli:

La signora è sola in paese?

Signora Frola:

No, ho una figlia maritata: venuta anche lei che è poco qui.

Sirelli:

Il genero della signora è il nuovo segretario della Prefettura - il signor Ponza, è vero?

Signora Frola:

Appunto, sì. E il signor Consigliere vorrà scusarmi, spero, e scusare anche mio genero...

Agazzi:

Per dirle la verità, signora, io mi sono avuto un po' a male -

Signora Frola:

(interrompendo) Ha ragione, ha ragione! Ma lei deve scusarlo! Siamo ancora tutti così scombussolati, creda, dalla nostra disgrazia.

Amalia:

Ah, già... loro ebbero quel gran disastro...

Signora Sirelli:

Hanno perduto parenti?

Signora Frola:

Oh, tutti... - Tutti, signora mia. Del nostro paesello non è rimasto niente, altro che mucchio di rovine...

Sirelli:

Già... s'è saputo....

Signora Frola:

Io non avevo più che una sorella, con una figliuola anche lei, ma nubile. Per il mio povero genero la sciagura fu assai più grave. La madre, due fratelli, una sorella, e poi cognato, cognate, due nipotini.

Sirelli:

Un'ecatombe!...

Signora Frola:

E sono sciagure per tutta la vita! Si resta come stordite!...

Amalia:

Oh certo!

Signora Sirelli:

Da un momento all'altro... C'è da impazzire!

Signora Frola:

Non si pensa più a nulla. Si manca senza volerlo, signor Consigliere.

Agazzi:

Oh basta - prego, signora...

Amalia:

Anche in considerazione di questa sciagura, io e la mia figliuola eravamo venute per le prime.

Signora Sirelli:

(friggendo) Già... sapendo così sola la signora! - Benché... - mi perdoni, signora, se oso domandarle come va che, avendo qua la figliuola, dopo una sciagura come questa, che... mi sembra... dovrebbe far nascere nei superstiti il bisogno di star tutti uniti -

Signora Frola:

Io me ne stia così sola, è vero?

Sirelli:

Già, ecco, pare strano, per essere sinceri.

Signora Frola:

Eh, lo capisco... Ma... sa, io son d'avviso che, quando un figliuolo o una figliuola sposano, si debbano lasciare in libertà...

Laudisi:

Benissimo! Giustissimo! A farsi la loro vita, che dev'essere per forza un'altra, nelle nuove relazioni con la moglie o col marito.

Signora Sirelli:

Ma non fino al punto, scusi Laudisi, da escludere dalla propria vita quella della madre!

Laudisi:

Che c'entra escludere? Qui si tratta - se ho inteso bene - della madre che comprende che la figliuola non può e non deve rimanere legata a lei come prima, avendo ora un'altra vita per sé.

Signora Frola:

(con viva riconoscenza) Ecco, sì... sì, grazie! È proprio così, signore!

Signora Cini:

Ma la sua figliuola, certamente, m'immagino, verrà, verrà qui spesso a tenerle compagnia.

Signora Frola:

(tra le spine) Già...sì...ci vediamo, certo...

Sirelli:

(subito) Non esce mai di casa, però, la sua figliuola! Almeno, nessuno l'ha mai veduta!

Signora Cini:

Avrà forse dei piccini, a cui badare...

Signora Frola:

(subito) No, nessun figliuolo, ancora. E forse, ormai, non ne avrà più. Sono già sette anni che è sposata. Ha da fare, in casa, certo...- Ma non è per questo... Noi sa? - noi donne - siamo abituate, nei piccoli paesi, a star sempre in casa.

Agazzi:

Anche quando c'è la mamma da andare a vedere? la mamma che non sta più con noi?

Amalia:

Ma la signora andrà lei a vedere la figliuola!

Signora Frola:

(subito).Ah, certo! Come no? Una o due volte al giorno ci vado...

Sirelli:

E sale, una, due volte al giorno, tutte quelle scale, fino all'ultimo piano di quel casone?

Signora Frola:

(smorendo, tentando ancora di volgere in riso il supplizio di quest'interrogatorio) Eh... no... non salgo, veramente... Ha ragione, signore: sarebbero troppe per me... Non salgo... La mia figliuola s'affaccia dalla parte del cortile e... e ci vediamo, ci parliamo...

Signora Sirelli:

Cosi soltanto? Oh! Non la vede mai da vicino?

Dina:

Io figlia, non pretenderei che mia madre salisse per me ogni giorno novanta, cento scalini; ma non potrei resistere, non potrei contentarmi di vederla, di parlarle così, da lontano, dall'alto, senza abbracciarla, senza sentirmela vicina...

Signora Frola:

(vivamente turbata, imbarazzata) Ha ragione... Eh sì... ecco... bisogna che io dica... Non vorrei che loro pensassero della mia figliuola ciò che non è; che abbia per me poco affetto, poca considerazione... E anche di me che sono la mamma... Novanta, cento scalini non possono essere impedimento a una madre, sia pur vecchia e stanca, quando si tratti di stringersi al cuore la propria figliuola?

Signora Sirelli:

(trionfante) Ah, ecco! Lo dicevamo noi, signora! Ci dev'essere una ragione!

Amalia:

(con intenzione) C'è, vedi, Lamberto? c'è una ragione!

Sirelli:

(pronto) Suo genero, eh?

Signora Frola:

Oh, ma per carità, non pensino male di lui! È un così bravo giovine! Buono, buono... Lor signori non possono immaginarsi quanto sia buono! Che affetto tenero e delicato, pieno di premure, abbia per me! E non dico l'amore e le cure che ha per la mia figliuola. Ah, credano, che non avrei potuto desiderare per lei un marito migliore!

Signora Sirelli:

Ma... allora?...

Signora Cini:

Non sarà lui, allora, la ragione!

Agazzi:

Ma certo! Non mi sembra almeno possibile ch'egli proibisca alla moglie di andare a trovar la madre, o alla madre di salire in casa per stare un po' insieme con la figliuola!

Signora Frola:

Proibire, no! Chi ha detto proibire? Siamo noi, signor Consigliere, io e mia figlia che ce ne asteniamo, spontaneamente, creda, per un riguardo a lui.

Agazzi:

E come, scusi, di che potrebbe offendersi lui? Non vedo...

Signora Frola:

Non offendersi, signor Consigliere... È un sentimento... - un sentimento, signore mie, difficile forse a intendere.... Quando si sia inteso, però, non più difficile - credano - a compatire, quantunque importi senza dubbio un sacrifizio non lieve, tanto a me, quanto alla mia figliuola...

Agazzi:

Riconoscerà almeno che è strano, signora...

Sirelli:

Già... e tale da suscitare e da legittimare la curiosità.

Agazzi:

Ma anche, diciamo, qualche sospetto...

Signora Frola:

Contro di lui? No, per carità, non dica! Che sospetto, signor Consigliere?

Agazzi:

Nessuno! Non si turbi... Dico che si potrebbe sospettare...

Signora Frola:

No, no! E di che? Se il nostro accordo è perfetto! Siamo contente, contentissime, tanto io, quanto la mia figliuola.

Signora Sirelli:

Ma è gelosia forse?

Signora Frola:

Per la madre? Gelosia? Non credo che si possa chiamare così... benché, non saprei, veramente... Ecco: egli vuole tutto, tutto per sé, assolutamente, il cuore della moglie, fino al punto che anche l'amore che la mia figliuola deve avere per la sua mamma (e l'ammette, come no? altro!) ma vuole che mi arrivi attraverso lui, per mezzo di lui, ecco!

Agazzi:

Oh! Ma scusi! Mi sembra una crudeltà bella e buona, codesta!

Signora Frola:

No, no... non crudeltà... non dica crudeltà, signor Consigliere! È un'altra cosa, creda! Non riesco a esprimermi... - Natura, ecco... ma no... forse, una specie di malattia, come dire? È una pienezza di amore - chiusa - ecco! una totalità esclusiva d'amore, nella quale la moglie deve vivere, senza mai uscirne, e nella quale nessun altro deve entrare!

Dina:

Neppure la madre?

Sirelli:

Un bell'egoismo, direi!

Signora Frola:

Forse. Ma un egoismo che si dà tutto, come un mondo, alla propria donna! - Egoismo, in fondo, sarebbe forse il mio, a voler forzare questo mondo chiuso d'amore, a volermici per forza introdurre, quando so che la mia figliuola è felice; così adorata... Questo a una madre, signore mie, deve bastare, non è vero? - Del resto, se io la vedo la mia figliuola e le parlo...

con graziosa mossa confidenziale:

Il panierino che vado a tirare là nel cortile, porta su e giù, sempre, due paroline di lettera, con le notizie della giornata... - Mi basta questo. - E ormai, già mi sono abituata... Rassegnata, là... se vogliono... Non ne soffro più.

Amalia:

Eh... dopo tutto... se son contente loro...

Signora Frola:

(alzandosi) Oh, sì! gliel'ho detto... Perché è tanto buono - credano! Come non potrebbe essere di più! - Abbiamo ognuno le nostre debolezze, è vero? e bisogna che ce le compatiamo a vicenda.

Saluta la signora Amalia.

Signora...

Saluta le signore Sirelli e Cini, poi Dina; poi rivolgendosi al Consigliere Agazzi:

Mi avrà scusato...

Agazzi:

Oh, signora, che dice! Le siamo gratissimi della visita...

Signora Frola:

(stringe la mano a Sirelli e a Laudisi, poi volgendosi alla signora Amalia) No prego... stia, stia, signora...non s'incomodi...

Amalia:

Ma no, è mio dovere, signora.

La Signora Frola esce, accompagnata dalla signora Amalia, che rientra poco dopo.

Sirelli:

Ma che! ma che! Vi siete contentati della spiegazione?

Agazzi:

Ma che spiegazione? dove? Qua ci deve esser sotto chi sa che mistero!

Signora Sirelli:

E chi sa cosa deve soffrire quel povero cuore di madre!

Dina:

Ma anche la figliuola, Dio mio!

Signora Cini:

Le lagrime le tremavano nella voce !

Amalia:

Già! quando ha detto che altro che cento scalini salirebbe, pur di stringersi al cuore la figliuola!

Laudisi:

Io per me ho notato soprattutto un impegno, uno studio di guardare da ogni sospetto il genero!

Signora Sirelli:

Ma che! Dio mio, ma se non sapeva neanche come scusarlo!

Sirelli:

Ma che scusare! la violenza? la barbarie?


Scena quinta [Indice]

Cameriere, Detti poi il Signor Ponza

cameriere:

(presentandosi sulla soglia) Signor Commendatore, c'è il signor Ponza che chiede d'essere ricevuto.

Signora Sirelli:

Oh! Lui!

Sorpresa generale e movimento di curiosità ansiosa, anzi quasi di sbigottimento.

Agazzi:

Ha chiesto di me?

cameriere:

D'esser ricevuto - ha detto soltanto così.

Signora Sirelli:

Per carità, lo riceva qua, Commendatore! - Ho quasi paura; ma una grande curiosità di vederlo davvicino, questo mostro!

Amalia:

Ma che vorrà?

Agazzi:

Sentiremo.

Al cameriere

Fallo passare.

Il cameriere s'inchina, e via. Entra poco dopo il signor Ponza. Tozzo, bruno, dall'aspetto quasi truce, tutto vestito di nero, capelli neri, fitti, fronte bassa, grossi mustacchi neri da questurino; stringe continuamente le pugna e parla con sforzo, anzi con violenza a stento contenuta. Di tratto in tratto si asciuga il sudore con un fazzoletto listato di nero. Gli occhi, parlando, gli restano costantemente duri, fissi, tetri.

Agazzi:

Venga, venga avanti, signor Ponza!

Presentandolo

Il segretario signor Ponza: la mia signora - la signora Sirelli - la signora Cini - la mia figliuola - il signor Sirelli - Laudisi, mio cognato. - S'accomodi.

Ponza:

Grazie. Un momento solo, e tolgo l'incomodo.

Agazzi:

Vuol parlare da solo con me?

Ponza:

Posso... posso anche davanti a tutti... - Anzi... - È... è una dichiarazione doverosa, da parte mia...

Agazzi:

Oh, ma se è per la visita della sua signora suocera, può farne a meno, sa? Perché...

Ponza:

Non è per questo, signor Commendatore. Tengo anzi a dichiarare che la Signora Frola, mia suocera, sarebbe venuta senza dubbio prima che la sua signora e la signorina avessero la bontà di degnarla d'una loro visita, se io non avessi fatto di tutto per impedirglielo, non potendo assolutamente tollerare che ella faccia visite o ne riceva.

Agazzi:

(con fiero risentimento) Ma perché, scusi?

Ponza:

(alterandosi sempre più, non ostante gli sforzi per contenersi) Mia suocera avrà parlato a lor signori della sua figliuola, è vero? Avrà detto loro che io le proibisco di vederla, di salire in casa mia?

Amalia:

Ma no, creda! La signora è stata piena di riguardo e di bontà per lei!

Dina:

Non ha detto di lei altro che bene!

Agazzi:

E che s'astiene lei, di salire in casa dalla figliuola, per un riguardo a un suo sentimento, che noi francamente le diciamo di non comprendere...

Signora Sirelli:

Anzi, se dovessimo dire proprio ciò che ne pensiamo...

Agazzi:

Ma sì, ci è parsa una crudeltà, ecco! una vera crudeltà!

Ponza:

Sono qua appunto per chiarir questo, signor Commendatore. La condizione di questa donna è pietosissima. Ma non meno pietosa è la mia, anche per il fatto che mi obbliga a scusarmi... a far qui davanti a loro una dichiarazione, che soltanto...soltanto una violenza come questa poteva costringermi a fare.

Si ferma un momento a guardare tutti, poi dice lento e staccato:

La signora Frola è pazza.

tutti:

Pazza?

Ponza:

Da quattro anni.

Signora Sirelli:

Oh Dio, ma non pare affatto!

Agazzi:

Come, pazza?

Ponza:

Non pare, ma è pazza. E la sua pazzia consiste appunto nel credere che io non voglia farle vedere la figliuola.

Con orgasmo d'atroce e quasi feroce commozione

Quale figliuola, in nome di Dio, se è morta da quattro anni la sua figliuola?

tutti:

(trasecolati) Morta? - Oh!... - Come? - Morta?

Ponza:

Da quattro anni. È impazzita proprio per questo.

Sirelli:

Ma dunque, quella che lei ha con sé...

Ponza:

L'ho sposata da due anni. È la mia seconda moglie.

Amalia:

E la signora crede che sia ancora la sua figliuola?

Ponza:

È stata, se così può dirsi, la sua fortuna. Quando, dalla finestra della stanza dove la tenevano custodita, mi vide passare per via, la prima volta, con questa mia seconda moglie, si mise improvvisamente a ridere, a piangere, a tremar tutta di felicità: volle rivedere la sua figliuola, viva, in questa mia seconda moglie, e scampò dallo stato di tetra disperazione in cui era prima caduta in quest'altra forma di pazzia, lucida, che consiste appunto nel credere che non è vero che la sua figliuola è morta, ma che sono io che voglio tenermela tutta per me e non voglio più fargliela vedere. Si rianimò tutta; si calmò d'un tratto; è quasi come guarita... - tanto che - lor signori l'hanno veduta, l'hanno sentita parlare - non sembra affatto.

Amalia:

Affatto! Affatto!

Signora Sirelli:

Dice che è contenta così...

Ponza:

Lo dice a tutti. E è per me, veramente, piena di affetto e gratitudine... Perché credano che io faccio di tutto per assecondare, anche a costo di gravi sacrifizii, questa pietosa follìa.... Mi tocca tener due case; obbligo mia moglie, che per fortuna si presta caritatevolmente, a secondare anche lei la follia.... S'affaccia alla finestra, le parla, le scrive... - Ma, carità, ecco, dovere... fino a un certo punto, signori! Non posso costringere mia moglie a convivere con lei... Intanto è come in carcere, quella disgraziata, chiusa a chiave, per paura che ella le entri in casa. È tranquilla, sì, e così mite, d'indole... - ma, capiranno... farebbero raccapriccio a mia moglie le carezze... sarebbero anche uno strazio...

Amalia:

Ah, certo... povera signora, immaginiamoci!

Signora Sirelli:

È dunque lei, la signora, che vuol essere chiusa a chiave...?

Ponza:

Signor Commendatore, intenderà che io non potevo permettere, se non forzato, questa visita.

Agazzi:

Ah, intendo ora perfettamente, e mi spiego tutto!

Ponza:

Chi ha una sventura come questa, deve starsene appartato. Costretto a far venire qua mia suocera, era mio obbligo fare innanzi a loro questa dichiarazione, non potendo, da pubblico funzionario, per rispetto al posto che occupo, permettere che si creda di me, in paese, una cosa così disumana: che io, cioè, per gelosia o per altro, impedisca a una povera madre di veder la propria figliuola.

Si alza.

Chiedo scusa alle signore d'averle involontariamente turbate...

S'inchina.

Signor Commendatore!

S'inchina. Davanti a Laudisi e Sirelli chinando il capo:

Signori...

S'inchina e via per l'uscio comune.

Amalia:

(sbalordita) Uh... è pazza, dunque !

Signora Sirelli:

Povera signora! Pazza...

Dina:

Ecco la ragione, dunque... Non poteva spiegarsi altrimenti!

Signora Cini:

Ma chi l'avrebbe mai pensato!

Agazzi:

Eppure... eh! dal modo come parlava...

Laudisi:

Tu avevi già capito?

Agazzi:

No... ma, certo che... non sapeva lei stessa come dire...

Signora Sirelli:

Sfido, poverina... non ragiona!

Sirelli:

Però, scusate... è strano, per una pazza... - (non ragionava, certo!) - Ma questo cercar di farsi una ragione per cui il genero le impedisce di veder la figliuola... scusarlo... adattarsi a queste scuse trovate da lei stessa...

Agazzi:

Già, ma è appunto questa la prova che è pazza! In questo scusare il genero... che poi non lo scusava affatto...

Amalia:

Sì! diceva e non diceva...

Agazzi:

Precisamente! Se non fosse pazza, scusa, potrebbe accettar quelle scuse, queste condizioni di non veder la figliuola se non da una finestra?

Sirelli:

E da pazza le accetta? Vi si rassegna? Eh...mi sembra strano...

A Laudisi.

Tu che ne dici?

Laudisi:

Io? Niente!


Scena sesta [Indice]

Cameriere, Detti, poi la Signora Frola

cameriere:

(picchiando all'uscio e presentandosi sulla soglia, turbato) Permesso? C'è di nuovo la Signora Frola.

Amalia:

(con sgomento) Oh Dio, e adesso... se non possiamo più levarcela d'addosso?...

Signora Sirelli:

Eh, capisco... a saperla pazza!

Signora Cini:

Dio, Dio... Chi sa che verrà a dire ora?

Sirelli:

Io sarei curioso di sentirla ancora...

Dina:

Ma sì, mamma... Non c'è da aver paura... è così tranquilla...

Agazzi:

Bisognerà riceverla, certo. Sentiamo che cosa vuole. Nel caso, si provvederà...

Al cameriere.

Fa' passare

Il cameriere si ritira.

Amalia:

Ma ajutatemi per carità... Io non so più come parlarle adesso...

Entra la Signora Frola La signora Amalia si alza e le viene incontro; gli altri la guardano sgomenti.

Signora Frola:

Permesso?

Amalia:

Venga, venga avanti, signora... Sono qua ancora le mie stesse amiche...

Signora Frola:

(con mestissima affabilità, sorridendo) Che mi guardano... e anche lei, mia buona signora, come una povera pazza, è vero?

Amalia:

No, signora - che dice?

Signora Frola:

Abbiano pazienza un momento (con profondo rammarico) Ah, meglio lo sgarbo, signora, di lasciarla dietro la porta, come feci la prima volta! Non avrei mai supposto che lei dovesse ritornare e costringermi a questa visita, di cui purtroppo avevo previsto le conseguenze!

Amalia:

Ma no - perché?

Dina:

Quali conseguenze, signora?

Signora Frola:

Non è uscito di qua or ora mio genero?

Agazzi:

Ah, sì... - Ma è venuto... è venuto, signora, per parlare a me di... certe cose d'ufficio...

Signora Frola:

(ferita, costernata) Eh... codesta pietosa bugia che ella mi dice per tranquillarmi...

Agazzi:

No no, signora, stia sicura... le dico la verità...

Signora Frola:

(ferita, costernata) Era calmo, almeno? Ha parlato calmo ?

Agazzi:

Ma sì, calmo, calmissimo - è vero?

Tutti annuiscono, confermano.

Signora Frola:

Oh Dio, signori, loro credono di rassicurare me, mentre vorrei io, al contrario, rassicurar loro sul conto di lui!

Signora Sirelli:

E su che cosa, signora? Ma no, creda...

Agazzi:

Se ha parlato con me di cose d'ufficio...

Signora Frola:

Ma io vedo come mi guardano... Abbiano pazienza! Non si tratta di me! - Dal modo come mi guardano, m'accorgo ch'egli è venuto qua a dar prova di ciò che io per tutto l'oro del mondo non avrei mai rivelato! Mi sono tutti testimonii che poc'anzi io qua, alle loro domande che - credano - sono state per me molto crudeli, non ho saputo come rispondere... ho dato loro di questo nostro modo di vivere una spiegazione che non può soddisfare nessuno, lo so! Ma potevo dirne loro la vera ragione? O potevo dir loro - come va dicendo lui - che la mia figliuola è morta da quattr'anni e che io sono una povera pazza che la crede ancora viva e che lui non me la vuol far vedere?

Agazzi:

(stordito dal profondo accento di sincerità con cui la signora Frola ha parlato) Ah... ma come? La sua figliuola?

Signora Frola:

(subito, con ansia costernata) Vedono che è vero? Perché vogliono negarlo? Ha detto loro così, è vero?

Sirelli:

(esitando, ma studiandola) Sì... difatti... ha detto...

Signora Frola:

Ma lo so! E so quale turbamento gli cagiona il vedersi costretto a dir questo di me! - È una disgrazia, signor Consigliere, che con tanti stenti, attraverso tanti palpiti e tanti dolori, s'è potuta superare - ma così, a patto di vivere come viviamo... Purtroppo, capisco, deve dar nell'occhio alla gente, provocare scandalo, sospetti... Ma d'altra parte, se lui è un ottimo impiegato, zelante, scrupoloso... Lei lo avrà già sperimentato, certo...

Agazzi:

No... per dir la verità, ancora...

Signora Frola:

Per carità non creda alle apparenze! - È ottimo - lo hanno dichiarato tutti i suoi superiori! E perché si deve allora tormentarlo con questa indagine della sua vita familiare, della sua disgrazia - ripeto - già superata e che - a rivelarla - potrebbe comprometterlo nella carriera?

Agazzi:

Ma no, signora, non s'affigga così... Nessuno vuol tormentarlo... Che compromissione?

Signora Frola:

Dio mio, come vuole che non m'affligga nel vederlo costretto a dare a tutti una spiegazione... assurda, via, inverosimile... Possono loro credere sul serio che la mia figliuola è morta? che io sia pazza? che questa che ha con sé è una seconda moglie? - Ma è un bisogno, credano... è un bisogno per lui! - Gli s'è potuto ridar la calma, la fiducia, solo a questo patto. Si eccita solo, si sconvolge tutto, quando è costretto a parlarne, perché sente lui stesso la violenza che fa, a dir certe cose - lo avranno veduto...

Agazzi:

Sì, difatti... difatti era eccitato...

Signora Sirelli:

O Dio, ma come?... ma allora - è lui?

Sirelli:

Ma sì, che dev'esser lui!

Trionfante:

Signori, io ve l'ho detto!

Agazzi:

Ma via! Possibile?

Agitazione in tutti gli altri.

Signora Frola:

(subito, giungendo le mani) No, per carità, signori! Che credono? È solo questo tasto che non gli dev'esser toccato! Ma scusino, lascerei io forse la mia figliuola così sola con lui, chiusa?... Ma poi la prova è lì, all'ufficio, dove adempie a tutti i suoi doveri come meglio non si potrebbe!

Agazzi:

Ah, ma bisogna che lei ci spieghi, signora! Possibile che suo genero sia venuto qua a inventarci tutta una storia?

Signora Frola:

Sissignore, sì, ecco, spiegherò loro tutto! Ma bisogna compatirlo, signor Consigliere!

Agazzi:

Ma come? Non è vero niente che la sua figliuola è morta?

Signora Frola:

Oh no! Dio liberi!

Agazzi:

Ma allora il pazzo è lui!

Signora Frola:

No, no... guardi...

Sirelli:

Ma sì, perdio, dev'esser lui!

Signora Frola:

No, guardino... guardino... Non è neanche lui!... Mi lascino dire... Lo hanno veduto - è così forte di complessione... violento... Sposando, fu preso da una vera frenesia d'amore... Rischiò di distruggere, quasi, la mia figliuola, ch'era delicatina... Per consiglio dei medici e di tutti i parenti - anche dei suoi (che ora poverini non ci sono più!) - gli si dovette sottrarre la moglie di nascosto, per chiuderla in una casa di salute. E allora lui, già un po' alterato, naturalmente, a causa di quel suo.... soverchio amore - non trovandosela più in casa... - ah, signore mie... cadde in una disperazione furiosa... credette davvero che la moglie fosse morta, non volle sentir più niente, si volle vestir di nero; fece tante pazzie; e non ci fu verso di smuoverlo più da quest'idea. Tanto che - quando, dopo appena un anno, la mia figliuola, già rimessa, rifiorita, gli fu ripresentata - disse di no, che non era più lei, no, no... la guardava... ma no, no... non era, non era più lei... Signore mie, uno strazio... le si accostava... pareva che la riconoscesse... e poi di nuovo, no, no... E per fargliela riprendere, con l'ajuto degli amici, si dovette simulare un secondo matrimonio...

Signora Sirelli:

Ah, dice dunque per questo che...?

Signora Frola:

Sì; ma non ci crede più, certo, da un pezzo, neanche lui! Ha bisogno di darlo a intendere agli altri; non può farne a meno! Per star sicuro, capiscono? Perché forse, di tanto in tanto, gli balena ancora la paura che la mogliettina gli possa essere di nuovo sottratta.

A bassa voce, sorridendo confidenzialmente.

Se la tiene chiusa a chiave, perciò - tutta per sé. Ma l'adora!... Sono sicura, e la mia figliuola è contenta.

Si alza.

Me ne scappo, perché non vorrei che tornasse subito da me, se è così eccitato...

Sospira dolcemente, scotendo le mani giunte.

Ci vuol pazienza... Quella poverina deve fingere di non esser lei, ma un'altra... e io... eh! io - d'esser pazza, signore mie! Ma come si fa? Purché stia tranquillo lui... Non s'incomodino, prego, so la via... Riverisco, signori, riverisco...

Salutando e inchinandosi si ritira in fretta, per l'uscio comune. Restano tutti, sbalorditi, come basiti. Silenzio.

Laudisi:

(facendosi in mezzo) Vi guardate tutti negli occhi? Eh! La verità?

Scoppia a ridere forte.

Ah! ah! ah! ah!

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Atto II [Indice]

Personaggi [Indice]

Lamberto Laudisi
La Signora Frola
Il Signor Ponza, suo genero
La Signora Ponza
Il Consigliere Agazzi
La Signora Amalia, sua moglie e sorella di Lamberto Laudisi
Dina, loro figlia
La Signora Sirelli
Il Signor Sirelli
Il Signor Prefetto
Il Commissario Centuri
La Signora Cini
La Signora Nenni
Un cameriere di casa Agazzi
Altri Signori e Signore

Studio in casa del Consigliere Agazzi. - Mobili antichi; vecchi quadri alle pareti; uscio in fondo, con tenda; uscio laterale a sinistra, che dà nel salotto, anch'esso con tenda; a destra, un ampio camino, su la cui mensola poggia un grande specchio; su la scrivania, apparecchio telefonico; canapè, poltrone, seggiole, ecc.

Scena prima [Indice]

Agazzi, Laudisi, Sirelli

Agazzi è in piedi presso la scrivania, col ricevitore dell'apparecchio telefonico all'orecchio. Laudisi e Sirelli, seduti, guardano verso di lui, in attesa.

Agazzi:

Pronto!... - Sì... Parlo con Centuri?... Ebbene?... Sì, bravo...

Ascolta a lungo, poi.

Ma come, scusi? è possibile?

Ascolta di nuovo a lungo, poi.

Lo capisco, ma mettendocisi con un po' d'impegno!...

Altra pausa lunga, poi.

È proprio strano, scusi, che non si possa...

Pausa.

Capisco, sì... capisco...

Pausa.

Basta, veda un po'... A rivederla...

Posa il ricevitore, e viene avanti.

Sirelli:

(ansioso) Ebbene?

Agazzi:

Niente.

Sirelli:

Non si trova niente?

Agazzi:

Tutto disperso, tutto distrutto... Municipio... archivio... stato civile...

Sirelli:

Ma la testimonianza almeno di qualche superstite?...

Agazzi:

Niente... Dice che non si ha notizia di superstiti, se pure ce ne sono... Ricerche difficilissime!

Sirelli:

Cosicché non ci resta che o da credere all'uno o da credere all'altra - senza prove?

Agazzi:

Purtroppo!

Laudisi:

(alzandosi) Volete seguire il mio consiglio? Credete a tutti e due!

Agazzi:

Ma come! che dici?

Sirelli:

Se una dice una cosa e l'altro ne dice un'altra!

Laudisi:

E allora, non credete a nessuno dei due!

Sirelli:

Tu vuoi scherzare. Mancano le prove, i dati di fatto; ma la verità, perdio, sarà da una parte o dall'altra!

Laudisi:

I dati di fatto... già! Che vorresti desumerne?

Agazzi:

Ma scusa! Purtroppo non c'è più - ma c'era - se la signora Frola è lei la pazza - c'era, doveva esserci, si potrà trovare domani l'atto di morte della figliuola. - Oppure, non c'è e non si potrà trovare perché non c'è stato mai - e allora il pazzo è lui, il signor Ponza suo genero!

Sirelli:

Potresti negar l'evidenza, se domani quest'atto ti venisse presentato?

Laudisi:

Io? Ma non nego nulla io! Me ne guardo bene! Siete voi che avete bisogno dei dati di fatto, dei documenti, per affermare o per negare! Io non so che farmene, perché per me la realtà non consiste in essi, ma nell'animo di quei due, in cui non posso entrare, se non per quel tanto che essi me ne dicono.

Sirelli:

Benissimo! E non dicono appunto che uno dei due è pazzo? - O pazza lei, o pazzo lui - di qui non si scappa! Quale dei due?

Agazzi:

È qui la questione!

Laudisi:

Prima di tutto, non è vero che lo dicano entrambi. Lo dice lui, il signor Ponza, di sua suocera. La signora Frola lo nega, non soltanto per sé, ma anche per lui. Se mai, lui - dice - fu un po' alterato di mente per soverchio amore. Ma ora, sano, sanissimo...

Sirelli:

Ah dunque tu propendi, come me, verso ciò che dice lei, la suocera?

Agazzi:

Certo che, stando a ciò che dice lei, si può spiegar tutto...

Laudisi:

Ma si può spiegar tutto ugualmente, stando a ciò che dice lui, il genero!...

Sirelli:

E allora - pazzo - nessuno dei due? Ma uno dev'essere, perdio!

Laudisi:

E quale? Non potete dirlo voi, né può dirlo nessuno! E non già perché codesti dati di fatto, che andate cercando, siano stati annullati da un accidente qualsiasi - un incendio, un terremoto -; ma perché li hanno annullati essi in sé, nell'animo loro, volete capirlo? - creando lei a lui, o lui a lei, un fantasma che ha la stessa consistenza della realtà, dov'essi vivono perfettamente, di pieno accordo! E non potrà essere distrutta, quella loro realtà, da nessun documento, poiché essi ci respirano dentro, la vedono, la sentono, la toccano! - Al più, per voi potrebbe servire il documento, per togliervi voi una sciocca curiosità. Vi manca, ed eccovi dannati al meraviglioso supplizio d'aver davanti, accanto, qua il fantasma e qua la realtà, e di non poter distinguere l'uno dall'altra!

Agazzi:

Filosofia, caro, filosofia! - Lo vedremo, lo vedremo adesso se non sarà possibile!

Sirelli:

Abbiamo inteso prima l'uno, poi l'altra; mettendoli insieme, ora, di fronte, vuoi che non si scopra dove sia il fantasma, dove la realtà?

Laudisi:

Io vi chiedo licenza di seguitare a ridere alla fine.

Agazzi:

Va bene, va bene; vedremo chi riderà meglio alla fine. Non perdiamo tempo!

Si fa all'uscio a sinistra e chiama.

Amalia! Signora! Venite, venite qua!


Scena seconda [Indice]

Signora Amalia, Signora Sirelli, Dina, Detti.

Signora Sirelli:

(a Laudisi, minacciandolo con un dito) Ancora? ancora, lei?

Sirelli:

È incorreggibile !

Signora Sirelli:

Ma come non si lascia prendere dalla smania, dall'ossessione che è in tutti ormai, di strappare questo mistero che rischia di fare impazzire tutti quanti? - Io non ci ho dormito stanotte!

Agazzi:

Per carità, signora, lo lasci stare!

Laudisi:

Dia retta a mio cognato piuttosto, che le prepara il sonno per questa notte.

Agazzi:

Dunque. Stabiliamo. Ecco. Voi andate dalla signora Frola...

Amalia:

E saremo ricevute?

Agazzi:

Oh Dio, direi...

Dina:

Restituiamo la visita...

Amalia:

Ma se lui non vuol permettere che la signora ne faccia e ne riceva?

Sirelli:

Prima sì... perché ancora non si sapeva niente. Ma ormai che la signora, costretta, ha parlato, spiegando a modo suo la ragione del suo ritegno...

Signora Sirelli:

Forse avrà piacere, anzi, di parlarci della figliuola...

Dina:

È così affabile! - Ah, per me non c è dubbio, sapete : il pazzo è lui !

Agazzi:

Non precipitiamo il giudizio. - Dunque, statemi a sentire.

Guarda l'orologio.

Vi tratterrete poco, un quarto d'ora, non più.

Sirelli:

(alla moglie) Per carità, sta' attenta!

Signora Sirelli:

E perché dici a me?

Sirelli:

Se ti metti a parlare...

Dina:

(per prevenire una lite fra i due) Un quarto d'ora, un quarto d'ora; starò attenta io.

Agazzi:

Io arrivo alla Prefettura, e sarò qui di ritorno alle undici. Fra una ventina di minuti.

Sirelli:

E io?

Agazzi:

Aspetta.

Alle donne.

Con una scusa, un poco prima, voi indurrete la signora Frola a venire qua.

Amalia:

E che... che scusa?

Agazzi:

Una scusa qualunque! La troverete conversando... Manca a voi? C'è Dina, c'è la signora... - Entrerete, s intende, nel salotto.

Si reca all'uscio a sinistra e lo apre bene, scostando la tenda .

Quest'uscio deve restare così - bene aperto - così! per modo che di qua vi si senta parlare. - Io lascio sulla scrivania queste carte, che dovrei portare con me. È una pratica d'ufficio preparata apposta per il signor Ponza. Fingo di scordarmela, e con questo pretesto me lo conduco qua. Allora...

Sirelli:

Scusa, ma io quando devo venire?

Agazzi:

Qualche minuto dopo le undici, tu - quando già le signore saranno nel salotto, e io qua con lui. Vieni per prendere la tua signora. Ti fai introdurre da me. Io allora le inviterò tutte a favorire qua da noi...

Laudisi:

(subito) E la verità sarà scoperta!

Dina:

Ma scusa, zietto, quando saranno tutt'e due di fronte...

Agazzi:

Non gli date retta! Andate, andate... Non c'è tempo da perdere!

Signora Sirelli:

Andiamo, sì, andiamo. Io neanche lo saluto!

Laudisi:

Ecco, mi saluto per lei, signora!

Si stringe una mano con l'altra.

Buona fortuna!

Via Amalia, Dina e la Signora Sirelli.

Agazzi:

(a Sirelli) Andiamo anche noi, eh? Subito...

Sirelli:

Sì, andiamo. Addio, Lamberto.

Laudisi:

Addio, addio...

Agazzi e Sirelli, via.


Scena terza [Indice]

Laudisi solo, poi il cameriere

Laudisi:

(Va un po' in giro per lo studio, sogghignando tra sé e tentennando il capo; poi si ferma davanti al grande specchio su la mensola del camino, guarda la propria immagine e parla con essa) Eccoti qua...

La saluta con due dita, strizzando furbescamente un occhio, e sghigna.

Eh caro... Chi è il pazzo di noi due?

Alza una mano con l'indice appuntato contro la sua immagine che, a sua volta, appunta l'indice contro di lui. Sghigna ancora, poi.

Eh, lo so: io dico: tu - e tu dici: io! - Tu! tu! - E già, io...- Va' là, che così a tu per tu, ci conosciamo bene noi due! - Il guajo è che come ti vedo io, non ti vedono gli altri! E allora, caro mio, che diventi tu? Dico per me che, qua di fronte a te, mi vedo e mi tocco - tu, per come ti vedono gli altri - che diventi? - Un fantasma, caro, un fantasma! - Eppure, vedi questi pazzi? Senza badare al fantasma che portano con sé, in sé stessi, vanno correndo, pieni di curiosità, dietro il fantasma altrui! E credono che sia una cosa diversa...

Il cameriere, entrato, resta sbalordito a sentir le ultime parole del Laudisi allo specchio. Poi chiama

cameriere:

Signor Lamberto...

Laudisi:

Eh?

cameriere:

Ci sono due signore. La signora Cini e un'altra...

Laudisi:

Vogliono me?

cameriere:

Hanno chiesto della signora. Ho detto che si trovava a visita dalla signora qua accanto, e allora...

Laudisi:

Ebbene?

cameriere:

Si sono guardate negli occhi, poi hanno detto: - "Ah sì? ah sì?" - e m'hanno domandato, se non c'era proprio nessuno in casa.

Laudisi:

Tu avrai risposto che non c'era nessuno...

cameriere:

Ho risposto che c'era lei.

Laudisi:

Io? No. - Quello che conoscono loro, se mai!

cameriere:

Come dice?

Laudisi:

Ma scusa, ti pare lo stesso?

cameriere:

Non capisco.

Laudisi:

Con chi stai parlando tu?

cameriere:

Come... con chi sto parlando ?... Con lei...

Laudisi:

E sei proprio sicuro che io sia lo stesso di quello che chiedono codeste signore?

cameriere:

Ma... non saprei... Hanno detto il fratello della signora...

Laudisi:

Caro! Ah... - Eh sì, allora sono io, va bene...- Falle entrare, falle entrare...

II cameriere si ritira


Scena quarta [Indice]

Detti, la Signora Cini, la Signora Nenni.

Signora Cini:

Permesso?

Laudisi:

Avanti, avanti, signora...

Signora Cini:

M'hanno detto che la signora non c'è. Io avevo portato con me la mia amica signora Nenni

La presenta: è una vecchia più goffa e smorfiosa di lei, piena anch'essa di cupida curiosità, ma guardinga, sgomenta:

che aveva tanto desiderio di conoscere la signora...

Laudisi:

(subito) Frola?

Signora Cini:

No, sua sorella!

Laudisi:

Oh, verrà, sarà qui tra poco. Anche la signora Frola. S'accomodino, prego. C'è anche la signora Sirelli.

Signora Cini:

Già lo sapevamo...

Laudisi:

Tutto concertato. Sarà una scena interessantissima. Tra poco, alle undici. Sì.

Signora Cini:

Hanno concertato... che cosa?

Laudisi:

(misterioso, prima con un gesto delle dita, poi, con la voce) L'incontro.

Gesto d'ammirazione, poi:

Un'idea grande!

Signora Cini:

Che... che incontro?

Laudisi:

Dei due. Prima, lui qua.

Signora Cini:

Il signor Ponza?

Laudisi:

E lei là...

Indica il salotto.

Signora Cini:

La signora Frola?

Laudisi:

Sissignora.

Daccapo, prima con un gesto espressivo della mano, poi con la voce.

Ma poi, tutti qua. Un'idea grande!

Signora Cini:

Per venire a scoprire...

Laudisi:

(subito) La verità! Ma già s'è scoperta, sa? Si tratta adesso di smascherarla.

Signora Cini:

(con sorpresa e vivissima ansia) Ah! s'è scoperta? E chi è? Chi è dei due? chi è?

Laudisi:

Vediamo un po'. Indovini. Lei chi dice?

Signora Cini:

(gongolante, esitante). Ma... io... ecco...

Laudisi:

Lei o lui? Non saprebbe? Vediamo... Coraggio!

Signora Cini:

Io... io lui dico...

Laudisi:

(la guarda un po'. Poi:) È lui!

Signora Cini:

Sì? Ah! Ecco! ecco! Ma sì! Era evidente!

Signora Nenni:

Tutte, tutte lo dicevamo, noi donne!

Signora Cini:

E come, come s'è scoperto? Son venute fuori prove, è vero? atti...

Signora Nenni:

Per mezzo della Prefettura, eh? Lo dicevamo! Non era possibile che non si scoprisse!

Laudisi:

(fa segno con le mani d'accostarsi di più a lui: poi dice loro piano, con tono di mistero, quasi pesando le sillabe) L'atto del secondo matrimonio.

Signora Cini:

(stordita, interdetta) Del secondo?

Signora Nenni:

(stordita, interdetta) Come, come? Del secondo matrimonio?

Signora Cini:

Ma allora... allora ha ragione lui?

Laudisi:

Eh... i dati di fatto, signore mie! L'atto del secondo matrimonio - a quanto pare - parla chiaro.

Signora Nenni:

Ma allora la pazza è lei!

Laudisi:

E già! Parrebbe lei...

Signora Cini:

Ma come? Aveva detto lui!

Laudisi:

Sì. Ma perché l'atto, signora mia, può essere benissimo - come ha assicurato la signora Frola - un atto simulato, messo su con l'ajuto degli amici per secondare in lui la fissazione che la moglie non fosse più quella, ma un'altra.

Signora Cini:

Ah, ma allora un atto... così, senza valore?...

Laudisi:

Cioè, cioè... Con quel valore, signora, con quel valore che ognuno gli vuol dare! Non ci sono, scusi, anche le letterine che la signora Frola dice di ricevere ogni giorno dalla figliuola per mezzo del panierino, là, nel cortile? Ci sono queste letterine, è vero?

Signora Cini:

Sì, ebbene?

Laudisi:

Ebbene: documenti, signora! Documenti, anche queste letterine! Ma secondo il valore che lei vuol dar loro! Viene il signor Ponza e dice che sono finte, fatte per secondare la fissazione della signora Frola.

Signora Cini:

Ma, allora, oh Dio! di certo non si sa niente...

Laudisi:

Come niente, come niente, scusi... non esageriamo! I giorni della settimana, quanti sono? Sette: lunedì, martedì, mercoledì... E i mesi dell'anno? Dodici: gennajo, febbrajo, marzo...

Signora Cini:

Ah, abbiamo capito! Lei vuole scherzare...


Scena quinta [Indice]

Detti e Dina

Dina:

(sopravviene di corsa dall'uscio in fondo) Zietto, per favore...

Si arresta vedendo la signora Cini.

Oh, signora, lei qui?...

Signora Cini:

Sì, ero venuta...

Laudisi:

Con la signora Cenni...

Signora Nenni:

No, Nenni, prego...

Laudisi:

Nenni, già... Che ha tanto desiderio di conoscere la signora Frola.

Signora Nenni:

Ma, no... scusi...

Signora Cini:

Seguita a burlarsi di noi!... Se sapesse, signorina, come ci ha burlate...

Dina:

È tanto cattivo, in questo momento, anche con tutti noi, sa? Abbiano pazienza un pochino... Non ho più bisogno di niente. Vado a dire alla mamma che ci sono qua loro e questo basterà... Ah zio, se la sentissi... È un tesorino di vecchietta... come parla!... che bontà!... Ci ha mostrate tutte le letterine della figliuola.

Signora Cini:

Già... ma... se, come ci stava dicendo il signor Laudisi...

Dina:

E che ne sa lui? Non le ha mica lette lui!

Signora Nenni:

Non possono esser finte?

Dina:

Ma che finte! Sono così chiare, evidenti! Può mai ingannarsi una madre su le espressioni della propria figliuola! L'ultima letterina, di jeri...

S'interrompe, udendo nel salotto accanto, attraverso l'uscio rimasto aperto, rumor di voci.

Ah, eccole... sono qua, sono qua senz'altro!

Va a l'uscio e guarda.

Signora Cini:

(correndole appresso) Con lei? con lei?

Dina:

Sì, vengano, vengano... Bisogna che stiamo tutte nel salotto... Sono già le undici, zio?


Scena sesta [Indice]

Detti, la signora Amalia

Amalia:

(sopravvenendo agitata dall'uscio a sinistra) Se se ne potesse fare a meno! Non c'è più assolutamente bisogno di prove!

Dina:

Ma già! Ci pensavo, sì, è inutile!

Amalia:

(salutando in fretta, costernata, la signora Cini) Cara signora...

Signora Cini:

(presentando la signora Nenni) La signora Nenni, ch'era venuta con me...

Amalia:

(salutando in fretta, costernata, la signora Nenni) Piacere, signora...

Poi:

Non c'è più dubbio! È lui!

Signora Cini:

È lui, è vero? è lui?

Dina:

Perché quest'inganno, alla povera signora?

Amalia:

Un tradimento!

Laudisi:

Ma sì! È indegno, è indegno, avete ragione! Tanto più che comincia a parermi evidente che dev'esser lei!

Amalia:

Lei? Come! Che dici?

Laudisi:

Lei, lei, lei...

Amalia:

Ma va' là! Se tu la sentissi parlare!

Dina:

Ne siamo ormai così sicure noi!

Signora Cini e Signora Nenni:

(gongolanti) Sì? sì, eh?

Laudisi:

Ma appunto perché ne siete così sicure vojaltre: dev'esser lei!

Dina:

Andiamo, via, andiamo di là; non lo vedete che lo fa apposta?

Amalia:

Andiamo, sì, andiamo, signore...

Davanti all'uscio a sinistra.

Favoriscano, prego...

Via la signora Cini, la signora Nenni, Amalia. Dina fa per uscire anche lei.

Laudisi:

(chiamandola a sé) Dina!

Dina:

Non ti voglio dare ascolto! No! no!

Laudisi:

Richiudi codesto uscio, se, ormai, la prova è inutile.

Dina:

E il babbo? L'ha lasciato lui così aperto... Sta per venire con quell'altro. Se lo trova chiuso... Sai com'è, il babbo...

Laudisi:

Ma lo persuaderete voi... tu, specialmente...che non ce n'era più bisogno. Non ne sei convinta tu?

Dina:

Convintissima!

Laudisi:

(con sorriso di sfida) E chiudi allora!

Dina:

Tu vorresti pigliarti il piacere di vedermi dubitare ancora. Non chiudo. Ma solo per il babbo.

Laudisi:

(con sorriso di sfida) Vuoi che chiuda io?

Dina:

Su la tua responsabilità!

Laudisi:

Ma io non ho acquistato come te la certezza che il pazzo sia lui.

Dina:

E tu vieni; sentila parlare! Vedrai che l'acquisterai anche tu, senza dubbio. Vieni?

Laudisi:

Sì, vengo. E posso chiudere, sai? Su la mia responsabilità.

Dina:

Ah, vedi? Anche prima di sentirla!

Laudisi:

No, cara. Perché son sicuro che tuo padre, a quest'ora, pensa anche lui, come vojaltre, che questa prova è inutile.

Dina:

Ne sei sicuro?

Laudisi:

Ma sì! Sta parlando con lui! Avrà acquistato senza dubbio la certezza che la pazza è lei.

S'appressa all'uscio risolutamente.

Chiudo.

Dina:

(subito trattenendolo) No.

Poi, interdetta:

Scusa... se pensi così... lasciamolo aperto...

Laudisi:

(ride al suo solito) Ah ah ah... vedi?

Dina:

Io dico per il babbo!

Laudisi:

E il babbo dirà per voi... Lasciamolo aperto...

Si sente sonare nel salotto accanto, sul pianoforte, un'antica aria piena di dolce e mesta grazia, della "Povera Nina" del Pergolesi.

Dina:

Ah, è lei... senti? suona! suona lei!

Laudisi:

La vecchietta?

Dina:

Sì, ci ha detto che la figliuola, prima, la sonava sempre, questa vecchia aria... Senti con quanta dolcezza la suona?... Andiamo, andiamo...

Escono tutt'e due per l'uscio a sinistra.


Scena settima [Indice]

Agazzi, il Signor Ponza, poi Sirelli

La scena, appena usciti Laudisi e Dina, resta vuota per un pezzo. Seguita dall'interno il suono del pianoforte. Il signor Ponza, entrando per l'uscio in fondo col consigliere Agazzi, udendo le note, si turba profondamente, e il suo turbamento andrà a mano a mano crescendo durante la scena.

Agazzi:

(davanti all'uscio in fondo) Passi, passi, prego...

Fa entrare il signor Ponza, poi entra lui e si dirige alla scrivania per prendere le carte che ha finto di dimenticarsi lassù.

Ecco, devo averle lasciate qua... S'accomodi, prego...

Il signor Ponza resta in piedi, guardando con agitazione verso il salotto, donde viene il suono del pianoforte.

Eccole qua...

Prende le carte e s'appressa al signor Ponza sfogliandole.

È una vecchia pratica... una contesa, come le dicevo, aggrovigliata, aggrovigliata e molto seria, che si trascina da anni...

Si volta anche lui a guardare verso il salotto, urtato dal suono del pianoforte.

Ma questa musica... Giusto ora!...

Fa un gesto di dispetto, nel voltarsi, come per dire tra sé: Che stupide!

Chi suona?

Si fa a guardare, attraverso l'uscio, nel salotto, scorge al pianoforte la signora Frola, fa un atto di meraviglia.

Ah!...

Ponza:

(appressandoglisi, convulso) In nome di Dio, è lei? suona lei?...

Agazzi:

Sì... È sua suocera... Come suona bene!...

Ponza:

Ma come? Se la sono portata qua, di nuovo? E la fanno sonare ?...

Agazzi:

Perché no, scusi?... che male?

Ponza:

Ma no, per carità!... Questa musica!... È quella della sua figliuola!

Agazzi:

Ah... forse fa male a lei?

Ponza:

Non a me! non a me! Fa male a lei... un male incalcolabile!... Ma scusi, signor consigliere, io ho pur detto a lei, alle signore, le condizioni di quella povera disgraziata!...

Agazzi:

(procurando di calmarlo nell'agitazione sempre crescente) Sì, sì... ma veda...

Ponza:

(seguitando) Che dev'essere lasciata in pace! Che non può ricever visite, né farne! So io solo come si deve trattare con lei! La rovinano! la rovinano!

Agazzi:

Ma no, creda... Le mie donne sapranno bene anche loro...

S'interrompe improvvisamente al cessare della musica nel salotto, da cui viene ora un coro d'approvazioni.

Ecco, guardi... può ascoltare...

Dall'interno giungono, spiccatamente, queste battute di dialogo:

Dina:

Ma lei suona ancora meravigliosamente, signora!

Signora Frola:

Io? Eh... la mia Lina! dovrebbe sentire la mia Lina, come la suona!...

Ponza:

(fremendo, strizzandosi le mani) La sua Lina!... la sua Lina!

Agazzi:

La figliuola.

Ponza:

Ma sente? dice suona! dice suona!

Di nuovo, dall'interno, spiccatamente:

Signora Frola:

Eh, no, non può, non può più sonare, da allora! E forse è questo il suo maggior dolore, poverina !

Agazzi:

Mi sembra naturale... La crede ancora viva...

Ponza:

Ma non le si deve far dire così! Non deve... non deve dirlo... Ha sentito? Da allora... Ha detto, da allora... Per quel pianoforte... certo!... Lei non sa... Per il pianoforte della povera morta... Ma Dio mio, Dio mio... loro mi vogliono daccapo rovinare...

Sopravviene a questo punto Sirelli, il quale, udendo le ultime parole del Ponza e notandone l'estrema esasperazione, resta come basito. Agazzi, anche lui sbigottito, gli fa cenno di appressarsi.

Agazzi:

Ma no... ma perché, scusi...

A Sirelli.

Ti prego, fa' venire qua le signore...

Sirelli, tenendosi al largo, si fa all'uscio a sinistra e chiama le signore.

Ponza:

Le signore? Qua... No, no... Piuttosto...


Scena ottava [Indice]

La Signora Frola, la Signora Amalia, la Signora Sirelli, Dina, la Signora Cini, la Signora Nenni, Laudisi, Detti.

Le signore, al cenno di Sirelli pieno di sbigottimento, entrano, sgomente. La signora Frola, scorgendo il genero in quello stato d'orgasmo, se n'atterrisce. Investita da lui con estrema violenza durante la scena seguente, farà, di tratto in tratto, con gli occhi, alle signore cenni espressivi d'intelligenza. La scena si svolgerà rapida, concitata e violentissima.

Ponza:

Lei, qua? Come qua? Che è venuta a fare qua?

Signora Frola:

Ero venuta, abbi pazienza...

Ponza:

È venuta qua a dire... - Che ha detto? che ha detto a queste signore?

Signora Frola:

Niente... ti giuro... Niente...

Ponza:

Niente? Come niente? Ho sentito io!... Ha sentito qua con me questo signore! Lei ha detto suona! Chi suona! Lina suona? Lei lo sa bene che è morta da quattro anni la sua figliuola!

Signora Frola:

Ma sì!... caro, calmati... sì... sì...

Ponza:

"E non può più sonare da allora!" Sicuro che non può più sonare da allora! Come vuole che suoni, se è morta?

Signora Frola:

Ma certo, sì! E non l'ho detto, signore mie? L'ho detto, che non può più, da allora... Certo! se è morta...

Ponza:

E perché pensa ancora a quel pianoforte, dunque?

Signora Frola:

No, no, non ci penso più!

Ponza:

L'ho sfasciato io! Lei lo sa! Quando la sua figliuola è morta! Per non farlo toccare a quest'altra, che del resto non sa sonare! Lei lo sa che non suona quest'altra...

Signora Frola:

Ma se non sa sonare!... certo!

Ponza:

E scusi; si chiamava Lina, è vero? la sua figliuola. Ora dica, dica qua come si chiama la mia seconda moglie! Lo dica qua a tutti, perché lei lo sa bene! - Come si chiama?

Signora Frola:

Giulia... Giulia si chiama!... - Sì, sì, è vero, signori; si chiama Giulia!

Ponza:

Giulia si chiama! Non si chiama mica Lina!! E non cerchi di ammiccare lei intanto, dicendo che si chiama Giulia!

Signora Frola:

Io? no! Non ho ammiccato... Ma no!

Ponza:

Me ne sono accorto! Me ne sono accorto bene! Lei vuole rovinarmi! Vuole dare a intendere a questi signori che io voglia tenermi ancora tutta per me la sua figliuola, come se non fosse morta...

Rompe in spaventosi singhiozzi.

Come se non fosse morta!

Signora Frola:

(subito con infinita dolcezza e umiltà, accorrendo a lui) Io... no, no... figliuolo mio caro, càlmati per carità... Io non ho detto mai questo... - È vero? è vero, signore?

Amalia, Signora Sirelli, Dina:

Ma sì... sì... - Non lo ha detto mai! - Ha detto che è morta!

Signora Frola:

È vero? -Che è morta, ho detto!... - Come no? E che tu sei tanto buono per me... è vero? è vero?... Io, rovinarti? - Io, comprometterti?

Ponza:

E va cercando nelle case il pianoforte degli altri? per farci le sonatine della sua figliuola, e andar dicendo che Lina le suona così, e meglio di così?

Signora Frola:

No... è stato... è stato così... tanto... tanto per provare...

Ponza:

Lei non può! Lei non deve! Come le può venire in mente di sonare ancora ciò che sonava la sua figliuola morta?

Signora Frola:

Hai ragione... sì, ah poverino... poverino!

Intenerita, si mette a piangere.

Non lo farò più!... non lo farò più!

Ponza:

(investendola davvicino) Vada! vada via! vada via!

Signora Frola:

Sì... sì... vado, vado... Oh Dio!...

Fa cenni supplichevoli a tutti, arretrando, di aver riguardo al genero, e si ritira piangendo.


Scena nona [Indice]

Detti, meno la Signora Frola

Restano tutti compresi di pietà e terrore a mirare il signor Ponza. Ma subito, questi, appena uscita la suocera, riprende la sua aria normale, di cupa affannata tristezza e dice con profonda commozione:

Ponza:

Chiedo scusa a lor signori di questo triste spettacolo che ho dovuto dar loro per rimediare al male che, senza volerlo, senza saperlo, con la loro pietà, fanno a questa infelice...

Agazzi:

(stupito) Ma come... lei ha finto?

Ponza:

Per forza, signori! E non intendono che l'unico mezzo è questo, per tenerla nella sua illusione, che io le gridi così la verità, come se fosse una mia pazzia? - Mi perdonino, e mi permettano: bisogna che io corra ora da lei...

Via di fretta per l'uscio comune. Restano tutti, di nuovo, sbalorditi. Un silenzio.

Laudisi:

(facendosi in mezzo) Ed ecco, signori, scoperta la verità!

Scoppia a ridere.

Ah! ah! ah! ah!

Tela


Atto III [Indice]

Personaggi [Indice]

Lamberto Laudisi
La Signora Frola
Il Signor Ponza, suo genero
La Signora Ponza
Il Consigliere Agazzi
La Signora Amalia, sua moglie e sorella di Lamberto Laudisi
Dina, loro figlia
La Signora Sirelli
Il Signor Sirelli
Il Signor Prefetto
Il Commissario Centuri
La Signora Cini
La Signora Nenni
Un cameriere di casa Agazzi
Altri Signori e Signore

La stessa scena del secondo atto.

Scena prima [Indice]

Laudisi, cameriere, il commissario Centuri.

Laudisi è sdrajato su una poltrona e legge. Attraverso l'uscio a sinistra che dà nel salotto, giunge il rumore confuso di molte voci. Il cameriere, dall'uscio in fondo, dà il passo al commissario Centuri.

cameriere:

Favorisca qua. Vado ad avvertire il signor Commendatore.

Laudisi:

(voltandosi e scorgendo il Centuri) Oh, il signor Commissario!

Si alza in fretta e richiama il cameriere che sta per uscire.

Ps! Aspetta.

A Centuri.

Notizie?

Centuri:

(alto, rigido, aggrondato, sui quarant'anni) Sissignore.

Laudisi:

Ah bene!

Al cameriere.

Lascia. Lo chiamerò io di qua, mio cognato.

Indica, con una mossa del capo, l'uscio a sinistra. Il cameriere s'inchina, e via.

Lei ha fatto il miracolo! Salva una città! Sente? sente come gridano? Ebbene: notizie certe?

Centuri:

Di persone che si son potute rintracciare...

Laudisi:

- del paese del signor Ponza? Persone che sanno?

Centuri:

Sissignore. Alcuni dati, non molti, ma sicuri.

Laudisi:

Ah, bene! bene! Per esempio?

Centuri:

Per esempio... ecco, ho qua le... le comunicazioni che mi sono state trasmesse.

Trae dalla tasca interna della giacca una busta gialla aperta con un foglio dentro e la porge a Laudisi.

Laudisi:

Vediamo... vediamo...

Cava il foglio dalla busta e si mette a leggerlo con gli occhi, intercalando di tratto in tratto, con diversi toni, degli ah! e degli eh!: prima un ah! di compiacimento, poi un altro ah! che l'attenua di molto; poi un eh! quasi commiserativo, infine un altro eh! di piena disillusione.

Ma no! E che c'è di certo qua, signor Commissario?

Centuri:

Tutto quello che s'è potuto sapere.

Laudisi:

Ma niente, lei lo capisce! Tutti i dubbii sussistono. Niente di sicuro.

Lo guarda; poi, con risoluzione improvvisa:

Vuol fare un bene davvero, signor Commissario? Vuol rendere un segnalato servizio alla cittadinanza, di cui Dio certamente le darà merito?

Centuri:

(guardandolo perplesso) E che vuole che faccia?

Laudisi:

Ecco, guardi. Segga lì.

Indica la scrivania.

Strappi questo mezzo foglio d'informazioni che non dicono nulla; e qua, sull'altro mezzo, scriva qualche informazione precisa!

Centuri:

Io? Come? Che informazione?

Laudisi:

Ma una qualunque, a suo piacere, purché sia precisa! Che è la signora Frola, per esempio! Oppure, se le piace meglio, che è stata una finzione il secondo matrimonio del signor Ponza!...

Centuri:

Ma come? Che dice mai, signor Laudisi? Io?

Laudisi:

(incalzando) A nome di questi due stessi signori che si son potuti rintracciare! - Per il bene di tutti! Per ridar la tranquillità a tutto il paese! Sia superiore! - Non vede? Vogliono una verità, così... esteriore, non importa quale, purché sia categorica - e si quieterebbero!

Centuri:

Ma che verità, scusi! Vuole che faccia un falso? Mi fa meraviglia che lei osi propormelo? E dico meraviglia per non dire altro... - Mi faccia il piacere d'annunziarmi al signor Consigliere.

Laudisi:

(apre le braccia desolato) La servo subito.

S'avvia all'uscio a sinistra. Apre l'uscio a sinistra e subito si fanno sentire più alte le grida confuse. Appena Laudisi varca la soglia, le grida però cessano d'un tratto. Il commissario Centuri, nell'attesa, fiero, soddisfatto, si carezza la punta di un baffo. Ma all'improvviso le grida prorompono di nuovo altissime, giulive ora, miste a battimani. Il commissario Centuri si scuote, si turba, non sapendo che pensarne.


Scena seconda [Indice]

Detti, Agazzi, Sirelli, Laudisi, la Signora Amalia, Dina, la Signora Sirelli, la Signora Cini, la Signora Nenni, molti altri signori e signore.

Entrano tutti per l'uscio a sinistra, con Agazzi alla testa, accesi, esultanti, battendo le mani e gridando:

Bravo! bravo!

Agazzi:

(con le mani protese) Caro Centuri! Lo volevo dire io! Non era possibile che lei non RIUSCISSE!

tutti:

Bravo! Bravo! Vediamo! vediamo! Le prove, subito! Chi è? chi è?

Centuri:

(stupito, frastornato, smarrito) Ma no... ecco... io, signor Consigliere...

Agazzi:

Signori, per carità! Piano!

Centuri:

Ho fatto di tutto... sì... Ma... non so che ha potuto dir loro il signor Laudisi...

Agazzi:

Che lei ci reca notizie certe!

Sirelli:

Dati precisi!

Laudisi:

(forte, risoluto, prevenendo) Non molti, sì, ma precisi! Di persone che si son potute rintracciare! Del paese del signor Ponza! Persone che sanno!

tutti:

Finalmente! Ah, finalmente! finalmente!

Centuri:

(porgendo il foglio ad Agazzi) Sì... ecco, signor Consigliere...

Agazzi:

(aprendo il foglio tra la ressa di tutti attorno) Ah, vediamo! vediamo !

Centuri:

Ma lei, signor Laudisi...

Laudisi:

(subito, forte) Lasci leggere, per carità! Lasci leggere!

Agazzi:

Un momento di pazienza, signori... Ecco... leggo...

Laudisi:

Ma ho già letto io! ho già letto io!

tutti:

(lasciando il consigliere Agazzi e precipitandosi attorno a lui) Ah sì? Ebbene? Ebbene? Che dice? Che si sa? Ci è? Chi è?

Laudisi:

(scandendo bene le parole) È certo, indubitabile, per testimonianza d'un compaesano del Signor Ponza, che la signora Frola è stata in una casa di salute!

tutti:

(con rammarico e delusione) Oh!

Signora Sirelli:

La signora Frola?

Dina:

Ma dunque è proprio lei?

Agazzi:

Ma no! ma no!

Facendosi avanti, agitando il foglio.

Qua non dice niente affatto così!

Sirelli:

Ah, come! Che dice? che dice?

Si agitano tutti.

Laudisi:

(tenendo testa) Ma sì! Dice la signora! Dice precisamente la signora!

Agazzi:

Nient'affatto! Gli pare, dice questo signore... Non ne è certo! E non sa, a ogni modo, se la madre o la figlia!

tutti:

(con soddisfazione) Ah !

Laudisi:

(tenendo testa) Ma sì! Ma dev'essere lei, la madre, senza dubbio!

Sirelli:

Che! È la figlia, signori! La figlia!

Signora Sirelli:

come ha detto lei stessa, la signora!

Amalia:

Precisamente! Quando la sottrassero di nascosto al marito!

Dina:

Sì, la signora dice appunto che la figliuola fu chiusa in una casa di salute!

Agazzi:

E del resto non è neanche del paese quest'informatore! Dice che ci andava spesso... che non ricorda bene... che gli pare d'aver inteso così...

Sirelli:

Ah! Notizia per aria, dunque!

Laudisi:

Ma scusate tanto, se siete tutti così convinti che la signora Frola ha ragione lei, che andate cercando più? Finitela!

Sirelli:

Se non ci fosse il Prefetto che crede a lui! Al signor Ponza, capisci?

Centuri:

Sissignore, è vero! II signor Prefetto l'ha detto anche a me!

Agazzi:

Ma perché il signor Prefetto non ha parlato ancora con la signora qua accanto!

Signora Sirelli:

Sfido! Ha parlato solo con lui!

Sirelli:

E del resto, ci son altri qua che credono come il Prefetto!

un signore:

Io, io per esempio, sissignori! Perché so d'un caso simile, io, d'una madre impazzita per la morte della figliuola, la quale crede che il genero non voglia fargliela vedere: tal e quale!

secondo signore:

C'è in più, no, c'è in più che il genero è rimasto vedovo, oh! Qui almeno, questo, ha una in casa con sé...

Laudisi:

(acceso da un subito pensiero) Oh Dio, signori! Avete sentito? Ma eccolo trovato, il bandolo! Dio mio! L'uovo di Colombo...

tutti:

Ma che è? che è?

secondo signore:

(stordito) Che ho detto? Io non so...

Laudisi:

Eh, un po' di pazienza, signori!

Ad Agazzi.

Il Prefetto deve venire qua?

Agazzi:

Sì, lo aspettiamo... Ma che hai trovato?

Laudisi:

È inutile che venga qua per parlare con la signora Frola! Finora crede al genero... Quando avrà parlato con la suocera, non saprà più neanche lui a chi credere dei due! - No, no! Qua bisogna che faccia altro il signor Prefetto. Una cosa che può fare lui solo!

tutti:

Che cosa? che cosa?

Laudisi:

(raggiante) Ma la moglie, scusate! Colei che il signor Ponza ha con sé! Me l'ha suggerito questo signore!

Sirelli:

Far parlare la moglie?... Eh già! Eh già!

Dina:

Ma come, se è tenuta in carcere quella poveretta?

Sirelli:

Bisogna che il Prefetto s'imponga e la faccia parlare!

Amalia:

Certo è l'unica che possa dire la verità!

Signora Sirelli:

Ma che! Dirà ciò che vuole il marito...

Laudisi:

Già! Se dovesse parlare davanti a lui! Certo!

Sirelli:

Dovrebbe parlare da sola a solo col Prefetto!

Agazzi:

E il Prefetto potrebbe - sicuro! - con la sua autorità, imporre a questo signore la confessione esplicita della moglie a lui. Sicuro! Sicuro! Non le sembra, Centuri?

Centuri:

Eh, senza dubbio... se il signor Prefetto volesse...

Agazzi:

È l'unica veramente! Bisognerebbe avvertirlo, e risparmiargli per ora l'incomodo di venire qua. Vada, vada lei, caro Centuri.

Centuri:

Sissignore. La riverisco. Signore, signori.

S'inchina e via.

Signora Sirelli:

Ma sì! Bravo Laudisi!

Dina:

Bravo! bravo zietto! Che bell'idea!

tutti:

- Bravo! bravo! Sì, è l'unica! è l'unica!

Agazzi:

Ma già! Come non ci avevamo pensato?

Sirelli:

Sfido! Nessuno l'ha mai veduta! Come se non ci fosse, quella poverina!

Laudisi:

(come colpito all'improvviso) Oh! Ma scusate... E siete proprio sicuri che ci sia?

Amalia:

Come? Ma Dio mio, Lamberto!

Sirelli:

(fingendo di ridere) Vorresti ora metterne anche in dubbio l'esistenza?

Laudisi:

Eh, ma chi ve lo dice? chi ve l'assicura?

Dina:

Ma se c'è la signora che la vede e le parla ogni giorno?

Signora Sirelli:

E l'asserisce di lui, anche!

Laudisi:

Sì, sì... Non dico!... Ma scusate... - se ci pensate bene: - ha ragione la signora Frola? e allora chi c'è là, per lui? Il fantasma d'una seconda moglie. O ha ragione lui, il signor Ponza, e allora là, per casa, c'è il fantasma della figliuola! - Tutto sta ora, signori, se questo fantasma per l'uno o per l'altra è poi una persona per sé! Arrivati a questo punto, mi sembra che sia anche il caso di dubitarne!

Agazzi:

Ma va' là! Tu vorresti farci impazzire tutti quanti appresso a te!

Laudisi:

No, signori, badate, badate che forse in quella casa non c'è altro che un fantasma!

Signora Nenni:

Oh Dio, mi s'aggricciano, quasi, le carni!

Signora Cini:

Non so che gusto provi a farci impaurire!

tutti:

Ma che! ma che! Scherza! scherza!

Laudisi:

Non scherzo affatto, signori miei! - Chi l'ha veduta? Scusate! Non l'ha mai veduta nessuno! - Ne parla lui; e lo dice lei, la signora Frola, che la vede...

Sirelli:

Ma come! Se le s'affaccia, là, dal cortile!

Laudisi:

Chi le si affaccia?

Sirelli:

Ma una donna! una donna in carne ed ossa, che è stata veduta! e che si può far parlare, perdio!

Laudisi:

Ne siete sicuri?

Agazzi:

Ma come no? ma come no? Ma se l'hai detto tu stesso, scusa!

Laudisi:

Io, sì, se lassù c'è veramente una donna... una donna qualunque. Ma badate che una donna qualunque, signori miei, lassù non ci può essere! non c'è! non c'è di certo! Io almeno dubito adesso che ci sia!

Signora Sirelli:

Dio mio, davvero vuol farci impazzire tutti quanti!

Laudisi:

Eh... vedremo, vedremo...

tutti:

E chi c'è allora? - Se l'hanno veduta! - Chi c'è? chi c'è? - Se s'affaccia dal balcone!...


Scena terza [Indice]

Detti, Centuri di ritorno.

Centuri:

(tra l'agitazione di tutti s'introduce, accaldato, annunziando:) Il signor Prefetto! il signor Prefetto!

Agazzi:

Come? Qua? Ma lei?

Centuri:

L'ho incontrato per via, ch'era diretto qua, a due passi... È col signor Ponza!

Sirelli:

Ah, con lui?

Agazzi:

Oh Dio, no! se viene con lui, entrerà dalla signora qua accanto! Per piacere, Centuri, si metta davanti la porta e lo preghi a nome mio di favorire prima qua da me un momento, come m'aveva promesso.

Centuri:

Sissignore, non dubiti. Vado.

Via di fretta per l'uscio in fondo.

Agazzi:

Signori, vi prego di ritirarvi un poco di qua nel salotto...

Signora Sirelli:

Glielo dica bene, sa! È l'unica! è l'unica!

Amalia:

(davanti all'uscio a sinistra) Avanti, favoriscano, signore...

Agazzi:

Tu resta, Sirelli. E anche tu, Lamberto.

Tutti gli altri, signori e signore, escono per l'uscio a sinistra. Agazzi a Laudisi:

Ma lascia parlare a me, ti prego!

Laudisi:

Per me, figùrati! Se anzi vuoi che me ne vada anch'io...

Agazzi:

No no: è meglio che tu ci sia... - Ah, eccolo qua.


Scena quarta [Indice]

Detti, il Signor Prefetto, Centuri.

Il Prefetto:

(sui sessanta, alto, grasso, aria di bonomia facilona) Caro Agazzi... Oh, il signor Sirelli... Caro Laudisi...

Stringe la mano a tutti.

Agazzi:

(invitandolo col gesto a sedere) Scusami, se t'ho fatto pregare d'entrare prima da me.

Il Prefetto:

Ma no, sarei venuto, come t'avevo promesso...

Agazzi:

(scorgendo indietro e ancora in piedi Centuri) Prego, Centuri, venga avanti; segga qua...

Il Prefetto:

(bonariamente, a Sirelli) Eh lei, Sirelli - ho saputo! - è uno dei più accesi, dei più inquieti per questo benedetto affare del nostro nuovo segretario...

Sirelli:

Oh no, creda, signor Prefetto, tutti siamo inquieti!

Agazzi:

È la verità, sì, inquietissimi...

Il Prefetto:

Ma perché, ma perché, santo Dio?

Agazzi:

Scusami: tu non puoi fartene ancora un'idea chiara! Noi abbiamo qui accanto la signora.

Il Prefetto:

Ma sì, ho capito...

Sirelli:

No, mi perdoni, signor Prefetto... Lei non la ha ancora sentita, questa povera signora...

Il Prefetto:

Mi recavo appunto da lei.

Ad Agazzi:

Ti avevo promesso che l'avrei fatto qua da te. Ma il genero stesso è venuto a pregarmi, a implorare la grazia - per far cessare tutte queste chiacchiere - che mi recassi in casa di lei. Scusate, vi pare che lo avrebbe fatto, se non fosse più che sicuro...?

Agazzi:

Ma sfido! Perché davanti a lui, quella poveretta...

Sirelli:

(attaccando subito) Dirà come vuol lui, signor Prefetto! E questa è la prova che la pazza non è lei!

Agazzi:

Ne abbiamo fatto l'esperimento qua, noi, jeri!

Il Prefetto:

Ma sì, caro: perché egli le fa credere che il pazzo sia lui! - Me ne ha prevenuto. Scusate, come potrebbe illudersi, altrimenti, codesta disgraziata? È un martirio, credete, un martirio per quel pover'uomo!

Sirelli:

Già! Se non dà lei, invece, che dà a lui l'illusione di credere che la figliuola sia morta, perché possa star sicuro che la moglie non gli sarà di nuovo sottratta! In questo caso, vede bene, signor Prefetto, il martirio è della signora; non più di lui!

Agazzi:

Quando questo dubbio t'è entrato...capisci? E se tu la sentissi parlare - ma da sola - entrerebbe anche in te, stai sicuro!

Sirelli:

L'abbiamo tutti!

Il Prefetto:

Ma no, mi pare che in voi, anzi, non l'abbiate! Come vi confesso che non l'ho neppure io, da un altro canto... - E lei, Laudisi?

Laudisi:

Mi scusi, signor Prefetto. Io ho promesso a mio cognato di non parlare.

Agazzi:

(scattando) Ma va' là, che dici! Se ti domanda... - Gli avevo detto di non parlare, sai perché? Si diverte da due giorni a intorbidare peggio le acque!

Laudisi:

Non lo creda, signor Prefetto. Io ho fatto di tutto, invece, per rischiararle, le acque.

Sirelli:

Già! Sa come? Sostenendo che non è possibile scoprire la verità, e ora facendo sorgere il dubbio che in casa del signor Ponza non ci sia una donna, ma un fantasma!

Il Prefetto:

(godendoci) Come! come! Oh bella!

Agazzi:

Per carità! Lo comprendi: è inutile dare ascolto a lui!

Laudisi:

Eppure, signor Prefetto, lei è stato invitato a venire qua, per me!

Il Prefetto:

Pensa anche lei che farei bene a parlare con la signora qua accanto?

Laudisi:

No, per carità! Lei fa benissimo a stare a ciò che le dice il signor Ponza!

Il Prefetto:

Ah, bene! Perché crede anche lei che il signor Ponza...?

Laudisi:

(subito) No. Come vorrei che tutti qua stessero a ciò che dice la signora Frola, signor Prefetto - e la facessero finita!

Agazzi:

Hai capito? Ti pare un ragionamento, questo?

Il Prefetto:

Permetti?

A Laudisi.

Secondo lei, dunque, si può prestar fede anche a ciò che dice la signora?

Laudisi:

Altro che! Perfettamente. Come a ciò che dice lui !

Il Prefetto:

Ma allora, scusi?

Sirelli:

Se dicono il contrario!

Agazzi:

(irritato, risolutamente) Da' ascolto a me, per favore! Io posso non essere né per l'una né per l'altro. Può aver ragione lui, può aver ragione lei. Bisogna venirne a capo! C'è un solo mezzo.

Sirelli:

E l'ha suggerito lui appunto!

Indica Laudisi.

Il Prefetto:

Ah sì?... - E dunque!... Sentiamo...

Agazzi:

Poiché ci manca ogni altra prova di fatto, l'unica che ci resti è questa: che tu, con la tua autorità, ottenga la confessione della moglie.

Il Prefetto:

Della signora Ponza?

Sirelli:

Ma senza la presenza del marito, s'intende!

Agazzi:

Perché possa dir la verità!

Sirelli:

Se è la figlia della signora, come sembra a noi di dover credere...

Agazzi:

O una seconda moglie che si presta a rappresentare la parte della figlia, come dice il signor Ponza...

Il Prefetto:

E come io credo senz'altro! - Ma sì! Pare l'unica anche a me. Quel poverino, credete, non desidera altro che far tacere tutte queste voci. L'ho trovato così arrendevole... Ne sarà felicissimo! E voi vi tranquillerete subito, amici miei. - Mi faccia il favore, Centuri.

II Centuri si alza

Vada a chiamarmi il signor Ponza qua accanto. Lo preghi a nome mio di venire qua un momento.

Centuri:

Vado subito!

S'inchina, e via per l'uscio in fondo.

Agazzi:

Eh, se accettasse...

Il Prefetto:

Ma vedrai che accetta subito! La faremo finita in un quarto d'ora! Qua, qua davanti a voi stessi...

Agazzi:

Come! Qua?

Sirelli:

Che voglia portare la moglie qua stesso?

Il Prefetto:

Lasciate fare a me! Qua stesso, sì. Perché, altrimenti - io lo so - tra voi, qua, seguiterete a supporre che io...

Agazzi:

Ma no, per carità!

Sirelli:

Questo, mai!

Il Prefetto:

Andate là. Sapendomi così sicuro che la ragione sta dalla parte di lui... - pensereste che per mettere in tacere la cosa, trattandosi d'un pubblico funzionario... - No no: voglio che ascoltiate anche voi.

Poi, ad Agazzi.

La tua signora?

Agazzi:

È di là, con altre signore...

Il Prefetto:

Eh... voi avete stabilito qua un vero quartiere di congiura, eh?


Scena quinta [Indice]

Detti, Centuri, il Signor Ponza

Centuri:

Permesso? - Ecco il signor Ponza.

Il Prefetto:

Grazie, Centuri.

Il signor Ponza si presenta su la soglia.

Venga, venga avanti, caro Ponza.

Il signor Ponza s'inchina.

Agazzi:

S 'accomodi, prego.

Il signor Ponza s'inchina e siede.

Il Prefetto:

Lei conosce i signori... - Sirelli...

II signor Ponza si alza e s'inchina.

Agazzi:

Sì, l'ho già presentato. Mio cognato Laudisi.

Il signor Ponza s'inchina.

Il Prefetto:

L'ho fatto chiamare, caro Ponza, per dirle che qua, coi miei amici...

S'interrompe, notando che il signor Ponza a queste prime parole dà a vedere un gran turbamento e una viva agitazione.

Ha da dire qualche cosa?

Ponza:

Sì. Che io intendo, signor Prefetto, di domandare oggi stesso il mio trasferimento.

Il Prefetto:

Ma perché? - Scusi... Come? poc'anzi, così ragionevole, parlava con me...

Ponza:

Io sono fatto segno qua, signor Prefetto, a una vessazione inaudita!

Il Prefetto:

Ma no, via... non esageriamo...

Agazzi:

Vessazione, scusi... - intende, da parte mia?

Ponza:

Di tutti. E me ne vado! Me ne vado, signor Prefetto, perché non posso tollerare quest'inchiesta accanita, feroce, che finirà di compromettere, guasterà irreparabilmente un'opera di carità che mi costa tanta pena e tanti sacrifizii! - Io venero più che una madre quella povera vecchia, e mi sono veduto costretto, qua, jeri, a investirla con la più crudele violenza. Ora l'ho trovata di là, in tale stato d'avvilimento e d'agitazione...

Agazzi:

È strano! Perché la signora, con noi, ha parlato sempre calmissima. Tutta l'agitazione, invece, l'abbiamo finora notata in lei, signor Ponza, e anche adesso...

Ponza:

Perché loro non sanno quello che mi stanno facendo soffrire!

Il Prefetto:

Via, via... si calmi, caro Ponza... Che cos'è? Ci sono qua io! E lei sa con quale fiducia e quanto compatimento io abbia ascoltato le sue ragioni. Non è così?

Ponza:

Mi perdoni. Sì, lei.... E gliene sono grato, signor Prefetto.

Il Prefetto:

Poiché venera come una madre la sua povera suocera, scusi, deve pensare che qua questi signori mostrano tanta curiosità di sapere, appunto perché s'interessano molto della signora...

Ponza:

Ma la uccidono, signor Prefetto! E l'ho fatto notare!

Il Prefetto:

Bene, bene... Finiranno, appena si sarà chiarito tutto: ora stesso, guardi! Non ci vuol niente. - Lei ha il mezzo più semplice e più sicuro di levare ogni dubbio a questi signori. Non a me, perché io non ne ho.

Ponza:

Ma se non vogliono credermi in nessun modo!

Agazzi:

Questo non è vero. - Quando lei venne qua, dopo la prima visita di sua suocera, a dichiararci ch'era pazza, noi tutti - con meraviglia, ma le abbiamo creduto.

Al Prefetto.

Ma subito dopo, capisci? tornò la suocera...

Il Prefetto:

Sì, sì, lo so, me l'hai detto.

Seguiterà rivolgendosi al Ponza.

...a dare quelle ragioni, che lei stesso cerca di tener vive in lei. Bisogna che abbia pazienza, se un dubbio angoscioso nasce nell'animo di chi ascolta. Di fronte a ciò che dice sua suocera, questi signori, ecco, non credono d'esser più sicuri di poter potere prestar fede a ciò che dice lei. Dunque, è chiaro. Lei e sua suocera - via! tiratevi in disparte per un momento! - Lei è sicuro di dir la verità, come ne sono sicuro io; non può aver nulla in contrario, certo, che sia ripetuta qua, ora, dall'unica persona che possa affermarla, all'infuori di voi due.

Ponza:

E chi?

Il Prefetto:

Ma la sua signora...

Ponza:

Mia moglie?

Con forza, con sdegno:

Ah, no! Mai, signor Prefetto!

Il Prefetto:

E perché no, scusi?

Ponza:

Portare mia moglie qua a dare soddisfazione a chi non vuol credermi?

Il Prefetto:

(pronto) A me ! Scusi... Può aver difficoltà?

Ponza:

Ma signor Prefetto... no! mia moglie, no! Lasciamo stare mia moglie! Si può ben credere a me!

Il Prefetto:

Ma mi pare che lei voglia far di tutto per non essere creduto!

Agazzi:

Tanto più che ha cercato anche d'impedire in tutti i modi - anche a costo d'un doppio sgarbo a mia moglie e alla mia figliuola - che la suocera venisse qua a parlare...

Ponza:

Ma che vogliono loro da me? In nome di Dio! Non basta quella disgraziata? vogliono qua anche mia moglie? Signor Prefetto, io non posso sopportare questa violenza! Mia moglie non esce di casa mia! Io non la porto ai piedi di nessuno! Mi basta che mi creda lei! E del resto vado a far subito l'istanza per andar via di qua!

Il Prefetto:

Ah, no: scusi! Prima di tutto io non tollero, signor Ponza, che lei assuma codesto tono davanti a un suo superiore e a me, che le ho parlato con tanta cortesia e tanta deferenza. In secondo luogo le dico che comincia a dar da pensare anche a me codesta sua ostinazione nel rifiutare una prova che le chiedo io e non altri, nel suo stesso interesse, e in cui non vedo nulla di male! - Possiamo bene, io e il mio collega, ricevere una signora... - o anche, se lei vuole, venire a casa sua...

Ponza:

Lei dunque mi obbliga?

Il Prefetto:

Le ripeto che gliel'ho chiesto nel suo interesse. Potrei anche chiederglielo come suo superiore!

Ponza:

Sta bene. Sta bene. Quand'è così... porterò qua mia moglie... pur di finirla! Ma chi mi garantisce che quella poveretta non la veda?

Il Prefetto:

Ah già... perché sta qui accanto...

Agazzi:

(subito) Ma possiamo andar noi in casa della signora...

Ponza:

Nossignore. - Io lo dico per loro. Che non mi si faccia un'altra sorpresa, che avrebbe conseguenze spaventevoli!

Agazzi:

Ma no, per carità, che pensa!

Il Prefetto:

Se no... ecco... a suo comodo potrebbe condurre la signora alla Prefettura.

Ponza:

No, no - subito, qua... subito... Starò io, di là, a guardia di lei. Vado subito, signor Prefetto, e sarà finita, sarà finita!

Esce sulle furie per l'uscio in fondo.


Scena sesta [Indice]

Detti, meno il Signor Ponza.

Il Prefetto:

Vi confesso che non m'aspettavo da parte sua questa opposizione.

Agazzi:

E vedrai che andrà a imporre alla moglie di dire ciò che vuol lui!

Il Prefetto:

Ah no! Di questo state tranquilli. Interrogherò io la signora!

Sirelli:

Quest'esasperazione continua, scusi...

Il Prefetto:

È la prima volta - che! che! - è la prima volta che lo vedo così... - Forse l'idea di portare qua la moglie...

Sirelli:

Di scarcerarla...

Il Prefetto:

Oh, questo, scusi, non c'è bisogno di spiegarlo con la pazzia...

Agazzi:

Già... Dice che la tiene così per paura della suocera...

Il Prefetto:

Ma anche se non fosse per questo... Senz'esser pazzo, scusate, potrebbe esserne geloso!

Sirelli:

Fino al punto, di non tenere neppure una donna di servizio? Costringe la moglie a fare in casa tutto da sé...

Agazzi:

E va a farsi lui la spesa, ogni mattina...

Centuri:

Sissignore, è vero: l'ho visto io! Se la porta in casa con un ragazzotto...

Sirelli:

Che fa restare sempre fuori la porta!

Il Prefetto:

Oh Dio, signori, via... l'ha deplorato lui stesso, questo, parlandomene...

Laudisi:

Servizio d'informazione inappuntabile!

Il Prefetto:

Lo fa per risparmio, Laudisi! Deve tener due case...

Sirelli:

Ma no, non diciamo per questo, noi! Scusi, signor Prefetto, crede lei che questa seconda moglie, come lui dice, si sobbarcherebbe a tanto...

Agazzi:

(incalzando) Ai più umili servizii di casa!

Sirelli:

(seguitando) ...per una che fu suocera di suo marito, e che sarebbe un'estranea per lei?

Agazzi:

Via! Via! Non ti par troppo?

Il Prefetto:

Troppo, sì...

Laudisi:

(interrompendo) Per una seconda moglie qualunque!

Il Prefetto:

(subito) Ammettiamolo. Troppo, sì. - Ma anche questo però, scusate - se non con la generosità - può spiegarsi ancora benissimo con la gelosia. E che sia geloso - pazzo o non pazzo - mi pare che non si possa mettere neppure in discussione...

Si ode a questo punto dal salotto un clamore di voci confuse.

Agazzi:

Oh... - e che avviene di là?


Scena settima [Indice]

Detti, la Signora Amalia

Amalia:

(entra di furia, costernatissima, dall'uscio a sinistra, annunziando) La signora Frola! La signora Frola è qua!

Agazzi:

No! Perdio, chi l'ha chiamata?

Amalia:

Nessuno! È venuta da sé!

Il Prefetto:

No! Per carità! Ora? No! La faccia andar via, signora!

Agazzi:

Subito via! Non la fate entrare! Bisogna assolutamente impedirglielo!


Scena ottava [Indice]

Detti, la Signora Frola, tutti gli altri.

La signora Frola s'introduce tremante, piangente, supplicante, con un fazzoletto in mano, in mezzo alla ressa degli altri, tutti esagitati.

Signora Frola:

Signori miei, per pietà! per pietà! Lo dica lei a tutti, signor Consigliere!

Agazzi:

Io le dico, signora, di andar via subito! Perché qua lei, per ora, non può stare!

Signora Frola:

(smarrita) E perché? perché?

Alla signora Amalia.

Mi rivolgo a lei, mia buona signora...

Amalia:

Ma guardi... guardi, c'è qua il Prefetto.

Signora Frola:

Oh! lei, signor Prefetto! Per pietà! Io volevo venire da lei!

Il Prefetto:

No, abbia pazienza, signora! Per ora io non posso darle ascolto. Bisogna che lei vada!

Signora Frola:

Sì, me ne vado! Me ne vado oggi stesso! Me ne parto, signor Prefetto! per sempre me ne parto!

Agazzi:

Ma no, in questo momento, sia buona, basta che lei si ritiri. Mi faccia la grazia! Poi parlerà col signor Prefetto!

Signora Frola:

Ma perché?... Che cos'è? Che cos'è?

Agazzi:

Deve tornare subito qua suo genero, ecco! Ha capito?

Signora Frola:

Ah! Sì?... E allora, sì... sì, mi ritiro... mi ritiro subito! Volevo dir loro questo soltanto: che per pietà, la finiscano! Loro credono di farmi un bene, così, e mi fanno tanto male! Io sono costretta ad andarmene, così, a partirmene oggi stesso! perché lui sia lasciato in pace! - Ma che vogliono, che vogliono ora qua da lui? Che deve venire a fare qua lui?... - Oh, signor Prefetto!

Il Prefetto:

Niente, signora, stia tranquilla! Stia tranquilla, e se ne vada, per piacere...

Amalia:

Via, signora, sì! sia buona!

Signora Frola:

Ah Dio, signora mia, loro mi priveranno dell'unico bene, dell'unico conforto che mi restava: vederla almeno da lontano la mia figliuola!

Si mette a piangere.

Il Prefetto:

Ma chi glielo dice? Perché? Lei non ha bisogno di partirsene! Le diciamo di ritirarsi ora per un momento. Stia tranquilla!

Signora Frola:

Ma è per lui! per lui, signor Prefetto! Io sono venuta qua a pregare tutti per lui, non per me!

Il Prefetto:

Sì, va bene... E lei può star tranquilla anche per lui, gliel'assicuro io. Vedrà che ora si accomoderà tutto...

Signora Frola:

E come? E come? Li vedo qua tutti accaniti addosso a lui!

Il Prefetto:

No, signora! Non è vero! Ci sono qua io per lui! Stia tranquilla!

Signora Frola:

Ah! Lei lo crede? Ah, grazie! Vuol dire che lei ha compreso...

Il Prefetto:

Sì, sì, signora, io ho compreso...

Signora Frola:

E io l'ho detto qua, a tutti questi signori... È una disgrazia già superata... veda! su cui non bisogna più ritornare...

Il Prefetto:

Sì, va bene, signora... Se le dico che io ho compreso!

Signora Frola:

Ecco, sì, signor Prefetto! Se ci costringe a vivere così - non importa! Non ci fa niente! Perché noi siamo contente... La mia figliuola è contenta così, e questo mi basta!... - Ci pensi lei, ci pensi lei... perché, se no, non mi resta altro che andarmene, proprio! e non vederla più, neanche così da lontano... Lo lascino in pace, per carità!

A questo punto, tra la ressa si fa un movimento d'ansia e di sgomento, tutti fanno cenni, alcuni guardano verso l'uscio; qualche voce repressa si fa sentire.

VOCI:

Oh Dio... Eccola... Oh Dio...

Signora Frola:

(notando lo sgomento, lo scompiglio, geme perplessa, tremante) Che cos'è?... Che cos'è?


Scena nona [Indice]

Detti, la Signora Ponza, poi il Signor Ponza.

Tutti si scostano da una parte e dall'altra per dar passo alla signora Ponza che si fa avanti rigida, in gramaglie, col volto nascosto da un fitto velo nero, impenetrabile.

Signora Frola:

(cacciando un grido straziante di frenetica gioja ) Ah! Lina... Lina... Lina...

E si precipita e s'avvinghia alla donna velata, con l'arsura d'una madre che da anni e anni non abbraccia più la sua figliuola. Ma contemporaneamente, dall'interno, si odono le grida del signor Ponza che si precipita sulla scena.

Ponza:

Giulia!... Giulia!... Giulia!...

La signora Ponza, alle grida di lui, s'irrigidisce tra le braccia della signora Frola che la cingono. Il signor Ponza s'accorge della suocera così perdutamente abbracciata alla moglie, e inveisce, furente.

Ah! Questo hanno fatto! L'avevo detto io! Si sono approfittati così, vigliaccamente, della mia buona fede?

Signora Frola:

(volgendo il capo velato, quasi con austera solennità, verso il marito) Non temere! - Non temere! Conducila via... - Andate, andate...

Signora Frola:

(si stacca subito, da sé, tutta tremante, umile, dall'abbraccio, e accorre, premurosa, a lui) Sì, sì... andiamo, caro, andiamo... andiamo...

E tutti e due abbracciati, carezzandosi a vicenda, tra due diversi pianti, si ritirano. Silenzio. Dopo aver seguito con gli occhi fino all'ultimo i due, tutti si rivolgono ora sbigottiti e commossi alla signora velata.

Signora Frola:

Che altro possono voler da me, dopo questo, lor signori? Qui c'è una sventura, come vedono, che deve restar nascosta, perché solo così può valere il rimedio che la pietà le ha prestato.

Il Prefetto:

(commosso) Ma noi vogliamo, vogliamo rispettar la pietà, signora... Vorremmo però che lei ci dicesse...

Signora Frola:

Che cosa? la verità: è solo questa: che io sono, sì, la figlia della signora Frola, - e la seconda moglie del signor Ponza; sì, e per me nessuna! nessuna!

Il Prefetto:

Ah, no, per sé, lei, signora, sarà l'una o l'altra!

Signora Frola:

Nossignori. - Per me, io sono colei che mi si crede!

Guarda, attraverso il velo, tutti, fieramente, e si ritira. Un silenzio.

Laudisi:

Ecco, o signori, come parla la verità!

Volge attorno uno sguardo di sfida derisoria.

Siete contenti?

Scoppia a ridere

Ah! ah! ah! ah!

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