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Parenti: seduta 17
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Pagina 471
       PRESIDENZA DEL PRESIDENTE TIZIANA PARENTI
                          INDICE
                                                        Pag.
Comunicazioni del presidente:
  Parenti Tiziana, Presidente .......................... 473
Seguito dell'audizione del Presidente del Consiglio dei
ministri, onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee
programmatiche dell'azione del Governo nella lotta alla
criminalità organizzata:
  Parenti Tiziana, Presidente ....................  473, 474
                                     475, 476, 481, 483, 484
                                     486, 489, 491, 492, 493
  Ayala Giuseppe .......................  478, 479, 480, 483
  Bargone Antonio ................................  474, 475
  Berlusconi Silvio, Presidente del Consiglio dei
ministri ...............................  473, 474, 475, 479
                                     480, 481, 483, 485, 486
                                     487, 489, 491, 492, 493
  Bertoni Raffaele ...............................  481, 486
  Bonsanti Alessandra .................................. 488
  Brutti Massimo ..................  476, 489, 491, 492, 493
  Garra Giacomo .............................  482, 489, 491
  Imposimato Ferdinando ................................ 476
  Mancino Nicola ....................................... 476
  Manconi Luigi ........................................ 492
  Ramponi Luigi ........................................ 488
  Scopelliti Francesca ...........................  475, 486
  Scozzari Giuseppe .........................  485, 486, 492
  Stajano Corrado ................................  480, 481
  Tripodi Girolamo ..........................  482, 483, 484
  Vendola Nichi .............................  486, 487, 488
Sostituzione di un membro della Commissione:
  Parenti Tiziana, Presidente .......................... 473
Pagina 472
Pagina 473
   La seduta comincia alle 10.
    (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
                       Sostituzione
             di un membro della Commissione.
  PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Camera ha
chiamato a far parte della Commissione parlamentare
d'inchiesta sul fenomeno della mafia il deputato Luigi Rossi
in sostituzione del deputato Luca Azzano Cantarutti, che ha
rassegnato le dimissioni.
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. Comunico che, accogliendo le richieste
avanzate in tal senso, a partire da oggi tutte le informazioni
relative ai lavori della Commissione verranno trasmesse
tramite convocazioni, contenute integralmente in un unico
documento e recapitate con le consuete modalità.
Seguito dell'audizione del Presidente del Consiglio dei
ministri, onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee
programmatiche dell'azione del Governo nella lotta alla
criminalità organizzata.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito
dell'audizione del Presidente del Consiglio dei ministri,
onorevole Silvio Berlusconi, sulle linee programmatiche
dell'azione del Governo nella lotta alla criminalità
organizzata.
   Informo i colleghi che alle 11,30 il Presidente
Berlusconi, per il motivo che ora vi dirà, deve essere a
Palazzo Chigi.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Dobbiamo risolvere il problema delle assegnazioni
dei portafogli europei. E' bene che tutti sappiano che stiamo
discutendo della nomina dei commissari italiani in Europa; le
intese si sono protratte fino ad oggi perché ci sembrava molto
importante individuare le persone giuste per i portafogli che
ci saranno assegnati o che riusciremo a farci assegnare. Vi è
stata una lunghissima trattativa con il presidente incaricato,
Jacques Santer, con il quale abbiamo avuto contatti telefonici
multipli, ed anche incontri diretti, affinché il portafoglio
principale, destinato all'Italia, fosse di un certo livello e
soprattutto adeguato alla personalità indicata da tutti i
componenti la maggioranza, la quale mi risulta gode di
notevole prestigio anche tra i rappresentanti
dell'opposizione. Si tratta del professor Mario Monti, che da
persona corretta qual è, aveva posto come condizione della sua
accettazione, il fatto di poter essere veramente utile al
nostro paese e, quindi, di potersi occupare di una materia di
cui fosse realmente competente. Pertanto il ritardo è dipeso
soltanto ed esclusivamente da questo motivo; abbiamo
continuato la trattativa con l'istituzione europea, finché
finalmente siamo riusciti, nei giorni scorsi, ad ottenere
l'assegnazione di un portafoglio che riguarda i mercati
Pagina 474
interni, cioè tutti i movimenti di merci, di capitali e
di persone all'interno del mercato europeo. Essa è ancora
ufficiosa, perché, come sapete, le assegnazioni definitive
richiedono il concerto di tutti i commissari indicati - la
prima seduta che si occuperà di questa questione si terrà
domani mattina alle 9 - cui deve seguire la convalida da parte
dell'Assemblea europea. Il Governo, sin dall'inizio, si è
mosso in direzione di questo portafoglio, che ci è stato
assegnato ed ampliato con l'aggiunta del portafoglio
riguardante i movimenti finanziari, molto interessanti sotto
il profilo della lotta alla criminalità organizzata. Siamo
riusciti ad ottenere questo cospicuo ampliamento, che ha
comportato tra l'altro il frazionamento di una direzione (il
capitolo E interessa le due direzioni che erano già state
individuate).
   Questa mattina ho avuto personalmente la definitiva -
spero - conferma da parte di Jacques Santer: abbiamo
concretizzato l'azione svolta con un risultato che, ripeto,
spero sia definitivo.
   Resta sospesa la questione del secondo commissario; come
avete potuto verificare vi era una serie di posizioni diverse
all'interno della maggioranza, che ieri sono state superate
con un mandato fiduciario assegnato all'unanimità al
Presidente del Consiglio dei ministri. Quindi, nella giornata
di oggi dovrò decidere, sulla base di questo ampio mandato,
chi sarà il nostro secondo rappresentante. Ancora una volta,
vorrei far scaturire la decisione dalle cose; se ad un certo
punto il secondo portafoglio sarà quello cui sto guardando,
che mi sembra più vicino agli interessi del nostro paese, vi
potrà essere essere una certa designazione. Se invece il
portafoglio sarà un altro (ormai ridotti a tre quelli su cui
possiamo operare), non credo di poter designare una persona di
un certo tipo, con un certo passato, con una certa esperienza
ad occuparsi di questioni lontanissime dalla sua esperienza.
Quindi, prenderò una decisione funzionale di questo tipo; in
merito sono stati fatti taluni nomi, ma non sono soltanto
quelli, perché vi sono anche altre possibilità nel caso ci
venga assegnato un determinato portafoglio (eventualità che in
questo momento non vorrei considerare) per la difficoltà di
comporre il puzzle europeo. Visto che abbiamo vinto
sulla prima richiesta, mi ero riservato di accettare un altro
portafoglio, nell'ambito di una terna, lasciando però libero
il presidente Santer di indicarmi quali fossero i portafogli
su cui avevo dato tutta una serie di indicazioni; da questa
scelta dipenderà se si potrà andare in una direzione piuttosto
che in un'altra. Credo che di ciò potremo essere soddisfatti e
credo anche che le persone che in questo momento sono nella
possibilità di accettare costituiranno una buona scelta per
l'Italia, perché saranno rappresentanti molto validi per il
nostro paese.
  PRESIDENTE. Tutto questo per dire che non potrà
trattenersi oltre le 11,30.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Sì, ma mi è sembrato giusto dare una corretta
informazione.
  ANTONIO BARGONE. Intervengo sull'ordine del lavori per
sottolineare che apprendiamo soltanto adesso che il Presidente
del Consiglio ha altri impegni alle 11,30 e che già l'altra
volta è andato via alle 12. Tenuto conto del numero degli
iscritti a parlare (12 o 13) vi è il rischio che il Presidente
del Consiglio abbia il tempo soltanto di ascoltare le domande
ma non di rispondere e che quindi si debba rinviare ancora. Mi
pare del tutto inopportuno rinviare l'audizione di settimana
in settimana, perché significa "diluire" il problema e perdere
la centralità della questione che vogliamo affrontare.
Pertanto, vorrei pregare, se fosse possibile, il Presidente
del Consiglio, con tutto il rispetto per le questioni di cui
ci ha parlato questa mattina, di prorogare di un'ora i suoi
successivi impegni.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. No, non è possibile.
  ANTONIO BARGONE. Vorrei finire di parlare. A questo
punto la Commissione non è posta nelle migliori condizioni per
Pagina 475
interloquire in modo adeguato con il Presidente del
Consiglio. Potrebbe addirittura verificarsi che egli torni in
Commissione il prossimo venerdì senza che abbia risposto ad
alcune delle domande che finora gli sono state poste.
   Vorrei pregare, ripeto, il Presidente del Consiglio di
ovviare se possibile, a questo inconveniente altrimenti
probabilmente è più opportuno non tenere la seduta di oggi,
visto che sono già le 10,15 e alle 11,30 il Presidente deve
andare via.
  PRESIDENTE. Dobbiamo tenerla, ormai abbiamo convocato la
Commissione.
  ANTONIO BARGONE. Ognuno, se crede, è padronissimo di
porre domande nel vuoto.
  FRANCESCA SCOPELLITI. Nell'economia dei tempi, la
sintesi.
  ANTONIO BARGONE. Qui non si tratta di economia dei
tempi; io affido questo problema a voi (Commenti)... se
mi fate finire di parlare. Secondo me l'economia dei tempi non
c'entra, perché nella storia della Commissione antimafia non è
mai accaduto di svolgere un'audizione nel corso di tre
settimane. Quindi l'economia dei tempi non c'entra nulla.
Sarebbe una cosa del tutto inedita, di fronte alla quale ci
troveremmo per la prima volta.
   Ribadisco ancora una volta che l'economia dei tempi non
c'entra niente. Riflettevo sulla valenza, sull'adeguatezza di
questa interlocuzione del Presidente del Consiglio; mi pare
che fino a questo momento questi tempi diluiti siano
assolutamente inadeguati.
  PRESIDENTE. D'altra parte i tempi sono quelli che sono
per tutti; vi sono anche delle cose urgenti. Inoltre, non
trovo che sia assolutamente disdicevole svolgere questa
audizione in tre o quattro sedute anziché in una sola; in
questo modo vi sarebbe più tempo per fare le domande e per
rispondere. Non mi pare che questo sia impeditivo di alcunché.
Intanto il Presidente del Consiglio potrebbe rispondere alle
domande poste nella precedente seduta e raccogliere quelle
ulteriori che gli saranno rivolte, e poi a mano a mano si
andrà avanti. D'altra parte, non si può concentrare
(Commenti del senatore Tripodi)... Allora, se non va
bene questo, passiamo...
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Posso anch'io interloquire?
  PRESIDENTE. Sì.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Vorrei innanzitutto far notare che nell'incontro
della settimana scorsa sono state dette cose molto importanti
per quanto riguarda la politica del Governo nell'argomento di
cui trattasi. In secondo luogo, a quanto è stato detto sono
già seguiti dei fatti, perché in Senato la proroga fino a 5
anni dell'articolo 41-bis è stata approvata
all'unanimità (Commenti del senatore Brutti). Perché
hanno partecipato anche le forze che sostengono questa
maggioranza; il Governo non è stato estraneo a ciò, in quanto
ha aderito totalmente al progetto, che era lo stesso del
Governo.
   Ieri ho chiesto ai ministri di grazia e giustizia e dei
lavori pubblici di inserire nel decreto-legge (che però
seguirà una corsia preferenziale) sulle strutture ed i servizi
dell'amministrazione della giustizia una disposizione di
conferma per un analogo periodo, rispetto a quello del Senato,
della destinazione attuale degli istituti di Pianosa e
dell'Asinara.
   Vi è stata quindi un'indicazione completa della politica
del Governo; in secondo luogo, è stato dato corso immediato a
due provvedimenti concreti ed importanti; in terzo luogo, ho
già ricevuto tutta una serie di domande, anche scritte, ed ho
già provveduto a stilare sette schede, di cui potrei
immediatamente darvi lettura, riguardanti ciascuna un
argomento oggetto della domanda e probabilmente anche
anticipatorio di possibili domande da parte vostra. Vi dico
quali sono gli argomenti su cui esiste già la posizione del
Governo: l'usura, i temi del processo penale, gli stanziamenti
Pagina 476
a favore della giustizia, il riciclaggio, la mafia e
la massoneria, l'antiproibizionismo, le problematiche
sociali.
   Se per risparmio di tempo voi ritenete opportuno che io
dia lettura di queste cose, sono lieto di farlo perché mi
sembra più completo. Se invece ritenete di andare nella
direzione - se mi consentite - di un utilizzo meno funzionale
del tempo, procediamo come avete individuato voi. Per me va
bene.
  PRESIDENTE. Il senatore Mancino ha chiesto di parlare
sull'ordine dei lavori, però vi prego di essere brevi,
altrimenti parliamo solo dell'ordine dei lavori.
  NICOLA MANCINO. Ritenevo che, come si è fatto per il
passato, si potessero fare domande ed avere risposte.
  PRESIDENTE. Infatti.
  NICOLA MANCINO. Invece insistiamo sulle presenze, che
naturalmente devono conciliarsi con altre esigenze di tipo
istituzionale e rappresentativo. Ma rinuncio a parlare.
  PRESIDENTE. La ringrazio.
  MASSIMO BRUTTI. Chiedo di parlare.
  PRESIDENTE. Ancora sull'ordine dei lavori?
  MASSIMO BRUTTI. Vorrei fare una richiesta rapidissima,
che credo il Presidente del Consiglio possa valutare.
L'effetto di dispersione della discussione è determinato dal
fatto che essa si protrae troppo a lungo, per settimane. Credo
quindi che oggi sia possibile dare luogo al maggior numero di
interventi che riusciamo a svolgere e, al tempo stesso,
chiedere al Presidente del Consiglio di voler intervenire
presto, senza rinviare di un'altra settimana, tenendo conto
che forse nei prossimi giorni vi saranno impegni meno
rilevanti o meno intensi. Se fissassimo la seduta a breve,
potremmo concludere presto questa discussione.
  PRESIDENTE. Mi pare che vogliate svolgere gli
interventi; vi prego però di essere sintetici
nell'esposizione, così almeno potremo cominciare con le
risposte.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Signor Presidente, nel suo
intervento di venerdì 21 ottobre lei ha preso in esame alcuni
aspetti fondamentali della lotta alla mafia: il problema del
regime carcerario dei mafiosi, quello dei pentiti e quello
della lotta al riciclaggio. Devo darle atto del mutato
atteggiamento del Governo rispetto all'articolo 41-bis
che è stato approvato in Commissione giustizia al Senato anche
con l'apporto del Governo.
   Tuttavia mi preoccupa comunque la posizione dell'onorevole
Maiolo, presidente della Commissione giustizia della Camera,
che è favorevole invece alla sua abrogazione. Così come
condivido la scelta da lei proclamata di non indebolire, ma di
rafforzare la legge sui pentiti.
   Devo subito aggiungere che del suo intervento mi hanno
colpito alcune omissioni; in particolare, mi ha sorpreso il
suo silenzio su un tema centrale della lotta alla mafia, il
rapporto tra mafia e politica. Eppure di tale questione fu lei
stesso a riconoscere l'importanza, quando nel suo discorso
programmatico del 16 maggio al Senato ella ebbe a dire
testualmente che era stata affrontata a viso aperto la
questione dei legami, spesso ambigui e sempre insidiosi, tra
mafia e politica, tra criminalità organizzata e consenso
elettorale.
   Pertanto la prima domanda che le pongo è se lei ritenga
che il problema del rapporto tra mafia e politica sia stato in
tutto o in parte risolto, o se invece esso continui ad
esistere ed in quali termini.
   Un altro punto che manca nella sua relazione riguarda la
nuova strategia mafiosa, molto più insidiosa di quella del
passato. Dopo le stragi del 1993, questa strategia si
manifesta con attentati volutamente incruenti contro
amministratori locali, oppure con la minaccia di attentati
stragisti, attraverso la collocazione di bombe dinanzi ad
uffici giudiziari o lungo il percorso seguito da alcuni
magistrati: è di ieri il sinistro segnale di morte rivolto al
Pagina 477
giudice Scarpinato ed alla moglie. La mafia, insomma, vuol
dimostrare di essere forte senza ricorrere a stragi o ad
omicidi.
   A ciò corrispondono una scarsa percezione dell'estrema
pericolosità di Cosa nostra e la diffusione di una filosofia
riduttiva e minimalistica da parte degli organi di Governo,
tanto più allarmante in quanto essa si pone in sintonia con
attacchi contro i magistrati e contro investigatori più
impegnati nella lotta alla mafia, contro alcuni collaboratori
della giustizia, contro i responsabili del sistema
carcerario.
   Noi ben sappiamo che la lotta alla mafia, prima che con le
leggi e con le solenni declamazioni verbali, si vince con
uomini capaci e coraggiosi. Ed è proprio rispetto alla
sostituzione e alla delegittimazione di alcuni elementi di
punta della lotta alla mafia che il Governo ha mostrato un
atteggiamento secondo me assai criticabile. Qui passo alla
citazione di alcuni fatti precisi, alla quale seguiranno le
domande.
   Ci sono gli attacchi personali ai procuratori di Palermo e
di Napoli da parte dei presidenti delle Commissioni giustizia
della Camera e del Senato; i due magistrati, dei quali Cosa
nostra ha decretato la condanna a morte da tempo, sono stati
costretti a tutelare la loro onorabilità ed il loro prestigio
con querele e citazioni per danni civili. Tuttavia gli
attacchi non sono cessati.
   La domanda che le pongo è pertanto la seguente: lei
ritiene di dover mantenere, rispetto a questi fatti
gravissimi, una posizione di indifferenza o di neutralità, o
invece che sia dovere politico e morale del Governo di
impedire il linciaggio di questi magistrati?
   Un'altra domanda riguarda la valutazione che lei dà
dell'aggressione verbale che il presidente della Commissione
giustizia della Camera attua da tempo nei confronti del dottor
Di Maggio e della infelice decisione del ministro di grazia e
giustizia di sollecitare le dimissioni di questo magistrato,
proprio nel momento in cui questi era impegnato a controllare
la corretta applicazione dell'articolo 41-bis dopo
l'evasione dal carcere di Padova del mafioso Maniero. Le
chiedo inoltre se lei non ritenga che la neutralizzazione del
giudice Di Maggio, con un incarico che io ritengo pretestuoso
all'ONU, abbia prodotto un allentamento del sistema
carcerario, con la conseguenza della riduzione da 800 a 400
del numero dei mafiosi sottoposti al regime di cui
all'articolo 41-bis.
   Un altro fatto negativo riguarda il tentativo di
allontanare Vigna e Grasso dalla commissione per la gestione
dei pentiti, tentativo fallito solo per l'allarme lanciato dai
magistrati. L'episodio è sembrato un segnale della
disponibilità dello Stato ad indebolire il fronte dei
collaboratori della giustizia. Vorrei una valutazione su
questo fatto.
   Desidero sapere altresì quale valutazione lei esprime
della rimozione dal vertice della DIA del dottor Gianni De
Gennaro, obiettivo numero uno di Cosa nostra, e se lei non
pensa che tale provvedimento possa essere considerato (sia
pure involontariamente, ovviamente) da Cosa nostra come un
segnale positivo, visto che Totò Riina indicava proprio in De
Gennaro uno degli obiettivi da colpire.
   Sul fronte della lotta al riciclaggio, le chiedo quale
valutazione lei dà del fenomeno, denunciato già a suo tempo da
Falcone, di imprenditori non mafiosi che subiscono da parte di
mafiosi richieste perentorie di compartecipazione alle
imprese, allo scopo di sfuggire alle indagini patrimoniali e
di conquistare sempre maggiori profitti. Potrei citare una
serie numerosa di casi di questo genere, di imprese pulite
nelle quali sono affluiti da tempo capitali della criminalità
organizzata; queste imprese fanno ovviamente da copertura ad
operazioni di riciclaggio e di reinvestimento.
   Vorrei sapere inoltre se il Governo non ritenga di dover
promuovere vere e proprie campagne di stampa dirette a
diffondere la cultura della legalità e a tenere alto l'allarme
sociale, posto che il silenzio favorisce l'espansione della
mafia.
   Infine, le domando se non ritenga che la mafia stia
raggiungendo di nuovo notevoli livelli di potenza militare ed
Pagina 478
economica, realizzando quella saldatura tra criminalità
organizzata e criminalità degli affari che mette in pericolo
l'esistenza stessa della nostra democrazia.
  GIUSEPPE AYALA. Poiché il destino, e soltanto esso,
vuole che da circa 12 anni io mi occupi di questi problemi, le
posso dire, Presidente, che sono stato abituato, almeno fino
al 1991 (dal 1991 in poi qualcosa è cambiato), ad ascoltare
Governi che riuscivano a coniugare in maniera eccellente
ottimi propositi con scarsissimi risultati. Se così non fosse
stato, oggi non staremmo qui ad occuparci non di un fenomeno,
ma di quello che lei stesso nella relazione (la cito
testualmente, perché condivido integralmente queste
affermazioni) ha detto trattarsi di organizzazioni
politico-criminali che pretendono di esercitare una sovranità
alternativa a quella dello Stato ed a piegare i cittadini con
l'intimidazione. Di fronte ad una realtà di questo genere, che
è un problema attuale, la sua relazione per un verso mi ha
soddisfatto, perché la trovo molto ben centrata, forse - come
ha detto il senatore Imposimato - con qualche carenza, ma non
si può pretendere la perfezione. L'esigenza che avverto in
questo momento è quella di chiederle alcune precisazioni più
concrete su taluni dei punti della relazione che mi sono
sembrati più significativi. Pertanto seguirò la relazione e su
singoli punti le chiederò qualche approfondimento.
   Ad un certo punto si afferma che da parte del Governo si
dà grande importanza, oltre che all'aspetto repressivo,
naturalmente, al risanamento del tessuto sociale e ad una
politica di sviluppo economico delle aree depresse. Non vi è
chi non possa essere d'accordo con questa affermazione. Vorrei
sapere che cosa in concreto il Governo abbia in animo o in
programma di fare per realizzare questa politica di sviluppo
economico delle aree depresse. Certamente l'occasione
rappresentata dalla legge finanziaria si è perduta, per quello
che mi è consentito valutare; ma sicuramente, se c'è
un'affermazione di questo genere, lei potrà fornirci elementi
più precisi su come, quando, in che misura questo sviluppo
finalmente potrà essere avviato in termini concreti e non come
una enunciazione di una speranza che certamente - ripeto -
trova d'accordo Governo ed opposizione: su queste cose non
esiste sicuramente contrapposizione.
   Inoltre, a pagina 5 della sua relazione si legge
un'affermazione molto importante: mi riferisco all'intenzione
di adottare "più specifici interventi di rottura" (questo è
forse il punto che potrebbe in parte soddisfare la carenza
rilevata dal senatore Imposimato, perché vi è certamente
quanto meno un accenno al rapporto tra mafia e
amministrazione, politica e istituzioni) "di certe ambigue
solidarietà finalizzate a disarticolare la complessa trama di
referenti creata dalla mafia in tutti gli spettri della
società e delle istituzioni". Si tratta di un'enunciazione
ottima, anch'essa molto condivisibile, ma vorrei sapere
concretamente in che modo, attraverso quali iniziative e quale
strategia, il Governo intenda realizzare questo ottimo
proposito.
   Più in particolare, a proposito della questione ormai -
ahimè - annosa della gestione dei pentiti, nella sua relazione
vi è un riferimento alla necessità di affidare tale gestione a
personale che non sia lo stesso che si occupa delle indagini,
ossia non alla polizia giudiziaria (tanto per essere più
specifici). Vorrei sapere come il Governo intenda raggiungere
questo obiettivo (se, per esempio, intenda istituire un corpo
specifico); tra l'altro, secondo i calcoli, i pentiti sono
circa 880 ma le persone da proteggere circa 3 mila. Si tratta
di un problema enorme, soprattutto in momenti non brillanti
per le casse dello Stato. Vorrei sapere in che modo e in quali
tempi si intenda perseguire tale obiettivo, che peraltro
rappresenta una scelta molto condivisibile; vi è il famoso
esempio proveniente dagli Stati Uniti, dove ad occuparsi dei
pentiti sono i marshal, che però non svolgono indagini.
Siccome in quella realtà il sistema ha funzionato ed è stato
collaudato, sono d'accordo nel procedere su questa linea;
vorrei però sapere come il Governo intenda concretamente
perseguirla, considerata la corposità e - credo - anche la
costosità del problema.
Pagina 479
   Per quanto riguarda l'articolo 41-bis, il Presidente
del Consiglio ha accennato poco fa a quanto si è verificato al
Senato: se la proroga è stata approvata all'unanimità, vuol
dire che anche le forze di maggioranza hanno votato a favore,
e ne siamo tutti molto soddisfatti (Commenti del senatore
Bertoni). Non intendevo esprimere una valutazione di tipo
parlamentare, ma semplicemente rilevare che sarebbe stato
assai più significativo, come il ministro Maroni ha detto
anche in questa Commissione, se il Governo avesse assunto
subito questa iniziativa per dare un segnale chiaro. Comunque,
ci accontentiamo della via parlamentare!
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Si è proceduto qualche giorno dopo, onorevole
Ayala.
  GIUSEPPE AYALA. Signor Presidente del Consiglio, le devo
dire una cosa in tutta franchezza: lei governa non da ieri, ma
da diversi mesi ed il problema dell'articolo 41-bis e
della legge sui pentiti non è stato tirato fuori quisque de
populo, ma in una certa fase è stata una bandiera, anche se
- devo prenderne atto - ormai superata ed ammainata (ne sono
molto soddisfatto); comunque, in sei mesi si sarebbe potuto
procedere (Commenti del senatore Imposimato).
   Sempre in ordine all'articolo 41-bis, il Presidente
del Consiglio ha fatto un altro riferimento assai opportuno
che richiama l'attenzione di tutti noi sulla differenza
esistente tra il mantenimento normativo del suddetto articolo
(è stato ormai avviato il relativo iter parlamentare e le
Camere lo seguiranno sicuramente) ed il rischio di un suo
svuotamento applicativo (trovo molto opportuno questo suo
accenno), con riferimento, tra l'altro, alla questione della
celebrazione dei processi. Ricordo che il carcere
dell'Ucciardone ha una sua storia, che Buscetta ha raccontato
in buona misura: si trattava quasi di un albergo, che ospitava
praticamente la commissione di Cosa nostra, la quale non aveva
alcuna difficoltà a comunicare con l'esterno e quindi a
continuare a gestire l'organizzazione. I mafiosi erano stati
portati in giro nelle varie carceri (sappiamo tutto e su
questo sorvolo). La celebrazione dei processi, che tra primo e
secondo grado è una celebrazione sostanzialmente costante,
comporta il diritto di questi imputati (ci mancherebbe altro!)
ad essere tradotti all'Ucciardone, perché essi hanno il
diritto di assistere ai processi. Si è accennato, al riguardo,
alla possibilità di ricorrere al sistema audiovisivo, che
richiede però una riforma attenta, perché potrebbero porsi
questioni di costituzionalità (non è questa la sede per
affrontarle).
   Vorrei sapere se il Governo abbia intenzione, in termini
concreti, e attraverso quali forme, di superare questo
problema che svuota di significato quello che si sta ottenendo
grazie al Parlamento, ossia la proroga di una norma
fondamentale, che rappresenta uno dei due elementi che non
infastidiscono ma colpiscono seriamente l'organizzazione
mafiosa. I due veri nemici della mafia sono il regime
differenziato e i pentiti; la mafia ha anche altri nemici (e
speriamo ne abbia sempre di più), ma questi sono i due cardini
del problema. Occorre allora evitare che, nel momento in cui
si mantiene sul piano normativo questo regime - che a suo
tempo è stato una conquista - di fatto non si operi affinché
esso sia applicato effettivamente fino in fondo (questo è
compito soprattutto del Governo), sia pure nel rispetto dei
diritti umani, che rappresentano il limite sancito dalla Corte
costituzionale. Poiché il Presidente del Consiglio ha
sollevato il problema e quindi lo ha presente (questo mi
sembra un fatto positivo), vorrei sapere come il Governo
intenda muoversi in termini concreti per evitare lo
svuotamento applicativo della norma.
   Il discorso potrebbe continuare, ma mi rendo conto che non
è giusto sottrarre spazio agli altri colleghi, visto che
purtroppo questa audizione si svolge in tempi limitati. Vorrei
allora concludere con due notazioni: lei, signor Presidente
del Consiglio, in perfetta buona fede (lo do per scontato e lo
dico perché lo penso, non per timore di essere equivocato) ha
dato un'immagine di deja vu, o almeno così mi
Pagina 480
è parso, a proposito de La Piovra (questo devo
dirglielo, signor Presidente). Sono d'accordo che, con
riferimento alla criminalità organizzata, l'immagine del
nostro paese all'estero è - ahimé - di un certo tipo. Però
devo anche dire che assai più della fiction (tale è
La Piovra) ha fatto la realtà: chi di noi è in
condizione di calcolare quanti cittadini di questo mondo
abbiano visto reiteratamente le immagini della strage di
Capaci, di quella di via D'Amelio o di altre stragi analoghe,
che fiction non sono? Il problema allora è quello di
lavorare non sulla fiction (dico una cosa ovvia) ma
sulla realtà; poi potremo permetterci anche la
fiction.
   Vi è poi un'altra cosa che debbo dirle con franchezza
circa il nesso tra il problema mafia e il turismo: al
riguardo, il presidente della provincia di Palermo, esponente
di forza Italia (che tra l'altro conosco da anni ed ho sempre
avuto con lui un ottimo rapporto, per cui non vi è alcuna
venatura polemica personale), non si è costituito parte civile
nel processo per la strage di Capaci perché prima deve
accertare se vi sia stato o meno un danno per il turismo. Si
informi: sembra incredibile, ma è vero. Si tratta - lo ripeto
- del presidente della provincia, eletto dai cittadini e
democraticamente investito (ci mancherebbe altro!); è
possibile ragionare in questo modo su tali problemi?
   Infine, signor Presidente del Consiglio, i mafiosi non
sono qualche centinaio.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Non ho mai detto che sono qualche centinaio.
  GIUSEPPE AYALA. Lo dico a scanso di equivoci. Le voglio
dare un dato di riflessione.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Si tratta di migliaia.
  GIUSEPPE AYALA. Che siano 3 mila o 5 mila, ai fini del
fatturato non vale comunque il discorso che lei giustamente fa
come imprenditore, ossia che ad un certo numero di impiegati
corrisponde un determinato fatturato. Le citerò un caso che ho
tratto dalla mia esperienza personale: nel 1981-1982, nel giro
di sei o sette mesi (le parlo di un fatto abbastanza noto, la
famosa "pizza connection"), poche persone (non ricordo
esattamente quante, ma comunque poche) hanno fatto transitare
in due conti correnti svizzeri 55 milioni di dollari; poiché
secondo il cambio dell'epoca il dollaro valeva circa 2 mila
lire, la cifra complessiva è stata di 110 miliardi. Non si può
quindi applicare alla mafia il criterio che vale per l'impresa
sana e non si deve allora sottovalutare il problema; non mi
importa stabilire (è una battuta che le ho fatto anche nella
precedente seduta) se il fatturato sia di 10 mila o di 12 mila
miliardi, perché non cambia molto; quello a cui dobbiamo
essere tutti attenti (soprattutto deve esserlo chi è investito
di responsabilità istituzionali di vertice, come lei) è il
fatto di dare anche soltanto la sensazione di non giudicare
sufficientemente grave il problema. Altrimenti, se si
trattasse semplicemente di una banda che offende l'immagine
del paese all'estero, sarebbe normale che a Napoli si tenesse
una manifestazione che coinvolge mezzo mondo? Una
manifestazione come quella di Napoli che ha riguardato - lo
ripeto - mezzo mondo, per non dire l'intero pianeta, dimostra
che siamo di fronte a un problema che non può essere liquidato
con il conteggio più o meno presuntivo né del fatturato né
degli appartenenti alla mafia. Si tratta di una tragedia per
tutto il mondo e vi è quindi quasi un'incoerenza tra un tipo
di interpretazione che si può dare e il contributo che il
nostro Governo dà perché si possa fattivamente perseguire
l'obiettivo.
  CORRADO STAJANO. Signor Presidente del Consiglio, si ha
l'impressione, ascoltandola, di un doppio registro: lei si è
impegnato a non modificare la disciplina sui pentiti e a
mantenere in vigore l'articolo 41-bis, ma la sua
premessa non scritta di venerdì scorso e le sue
giustificazioni sulle parole dette a Mosca continuano a
destare sconcerto. Appena lei è fuori dalla cornice e dai
documenti ufficiali
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(intendo dire quelli che legge) minimizza naturalmente
il fenomeno della mafia.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Mi scusi, ma non è vero. A Mosca sono stato
attaccato da italiano e ho reagito, perché ogni italiano,
quando è fuori, deve essere orgoglioso del proprio paese.
Credo che a nessuno di noi possa far piacere sedersi
dall'altra parte e constatare che il primo argomento che viene
tirato fuori è la mafia, nei confronti di noi italiani che
siamo lì per portare un aiuto a un paese che attraversa una
fase storica difficile. Cercate di capire anche il momento:
credo di aver fatto il mio dovere, ma credo altresì che
l'avrebbero fatto tutti. Siamo forse tutti mafiosi? Ho detto
soltanto che non è così!
  CORRADO STAJANO. A parte il fatto che non è questione di
numeri, come può il Presidente del Consiglio parlare di
qualche centinaio di mafiosi nel momento in cui sono oltre
800, come risulta dalle sue stesse comunicazioni, soltanto
quelli che stanno parlando, ossia i pentiti? Come può parlare
della mafia e del suo fatturato (questo l'ha detto al di fuori
del testo scritto) come se si trattasse di una qualsiasi
azienda? Ma lei sa veramente qual è la condizione di quattro
regioni italiane che si trovano in mano, o quasi, ai poteri
criminali? Sa qual è la gravità della situazione in tutte le
altre regioni, soprattutto al nord, dove la mafia si è diffusa
molto pericolosamente?
   Secondo i modelli della perenne cultura reazionaria, lei è
stato assai critico nei confronti dei film che danneggiano
l'immagine dell'Italia all'estero. Da questo punto di vista,
il collega Ayala è stato molto chiaro: è la mafia, signor
Presidente del Consiglio, a incrinare all'estero l'immagine
dei Governi italiani. E' la mafia il nemico, non i film!
Questa sua tendenza alla minimizzazione - le chiedo - nasce
forse dalla sua qualità di imprenditore portato a considerare
i soldi senza odore e quelli della mafia come soldi
qualsiasi?
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Allora, andiamo in giro a dire che siamo tutti
mafiosi, che viviamo tutti dei proventi della mafia e così
consegniamo al mondo questa immagine del nostro paese! Non lo
accetto! Lei sta dicendo veramente delle cose in malafede! Mi
consenta: lei è in malafede!
  CORRADO STAJANO. Potrei dire la stessa cosa.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Non può non aver capito quello che volevo dire e
quello che ho detto! Le chiedo scusa e non intervengo più.
  CORRADO STAJANO. Chiedo alla presidente di essere
tutelato (Commenti dei deputati del gruppo
progressisti-federativo).
  PRESIDENTE. Senatore Stajano, la prego di proseguire nel
suo intervento (Commenti).
  CORRADO STAJANO. Il Presidente del Consiglio non può
esprimersi in questo modo (Commenti).
  RAFFAELE BERTONI. Il Presidente del Consiglio si
arrabbia quando si parla di queste cose!
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Mi arrabbio quando si dicono cose contrarie al
vero! Mi sono state attribuite cose che non ho mai pensato!
  RAFFAELE BERTONI. Sembra che abbia la coda di paglia!
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. No, no, è semplicemente amore per la verità!
  PRESIDENTE. Senatore Stajano, continui nel suo
intervento.
  CORRADO STAJANO. Vorrei che mi si consentisse di porre
un'altra domanda senza dover subire ingiurie dal Presidente
del Consiglio (Proteste dei parlamentari dei
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gruppi di forza Italia, della lega nord e di alleanza
nazionale-MSI).
   Lei, signor Presidente del Consiglio, nelle sue
comunicazioni ha collocato tra i vari settori dell'illecito le
case da gioco. In Parlamento sono state presentate undici
proposte di legge per la creazione di case da gioco,
soprattutto nel Mezzogiorno: lei si esprimerà in senso
favorevole o contrario?
  GIROLAMO TRIPODI. Come hanno fatto altri colleghi, devo
dichiararmi veramente insoddisfatto dell'esposizione del
Presidente del Consiglio e anche delle integrazioni che egli
ha aggiunto a braccio. Ritengo infatti che non possa
convincere una volontà, quella espressa dal Presidente del
Consiglio, di lottare contro la mafia, quando poi una serie di
precedenti portano in un'altra direzione e contraddicono le
affermazioni, che quindi potrebbero essere considerate di
carattere esclusivamente pubblicitario e non effettive sul
piano dell'impegno nella lotta alla criminalità organizzata.
Lei sa - se non lo sapesse glielo dico io - che da quando c'è
questo Governo la mafia ha riacquistato arroganza, ha ripreso
a controllare il territorio, a svolgere, con baldanza, la sua
attività criminale e, di conseguenza, l'imposizione della
logica della sopraffazione nei confronti delle popolazioni in
molte zone del paese, tornando a minare le basi della nostra
democrazia.
   Questo è avvenuto, perché i comportamenti del Governo, di
ministri e di alcuni esponenti della sua maggioranza hanno
stimolato, anzi, per certi aspetti, hanno ridato fiducia alle
cosche mafiose per continuare le azioni avviate o per
intraprendere un'attività di rivincita.
   Voglio ricordare il cosiddetto decreto Biondi, che
prevedeva la conclusione delle inchieste sulla mafia entro tre
mesi, il che non è possibile perché occorrono almeno due anni
per poter eseguire un accertamento. Voglio anche rammentare lo
svuotamento dell'articolo 41-bis: oggi solo 430 mafiosi
sono sottoposti alle misure...
  GIACOMO GARRA. Abbiamo detto proprio ieri che è stato il
ministro Conso a ridurre!
  GIROLAMO TRIPODI. Dicevo che 430 sui 1200 iniziali, sono
i mafiosi sottoposti a quelle misure.
   Si registra, altresì, l'attacco contro i collaboratori di
giustizia, volto a delegittimare la validità di uno strumento
importante per la lotta contro la criminalità organizzata. Non
solo, al Senato è stata presentata una proposta di legge,
firmata da oltre cinquanta senatori della sua maggioranza,
allo scopo di avviare un'inchiesta sulla giustizia penale
(così la chiamano i firmatari), mentre di fatto è un'inchiesta
che si occuperà dell'utilizzo della misura della custodia
cautelare, della gestione dei pentiti nonché della situazione
sanitaria all'interno degli istituti penitenziari. In altri
termini è un'inchiesta contro la magistratura, è un attacco in
corso tendente a colpire l'indipendenza e l'autonomia
dell'ordine giudiziario!
   Si aggiungano anche la ricordata rimozione -
successivamente sospesa - dei procuratori Vigna e Grasso dalla
commissione centrale sui pentiti; la sostituzione del dottor
De Gennaro, da anni direttore della DIA, e le ispezioni in
corso nelle sedi giudiziarie in cui più vivo è stato l'impegno
nella lotta alla criminalità organizzata. Vi è un'ispezione
anche su fatti precedenti, svolta presso la procura di Palmi e
naturalmente indirizzata contro il procuratore Cordova: da un
mese quattro ispettori stanno indagando per poter vendicarsi
dell'indagine sulla massoneria. Credo che sia effettivamente
questo il motivo dell'ispezione, rimane comunque il fatto che
si sta indagando da quattro mesi.
   Non è stata data una risposta, sollecitata dagli avvocati
e dagli operatori giudiziari di Reggio Calabria, circa il
rafforzamento degli organici per consentire la celebrazione di
dodici processi di mafia, alcuni dei quali rischiano di
arrivare alla scadenza dei termini permettendo l'uscita dal
carcere di pericolosi mafiosi: penso a Mammoliti, di cui si è
parlato in questi ultimi tempi non molto dopo le prese di
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posizione della coraggiosa signora Cordopatri.
   Aggiungo ancora l'elezione a presidente della Commissione
giustizia della Camera dell'onorevole Tiziana Maiolo, che non
condivide assolutamente la lotta contro la mafia e gli
interventi dell'onorevole Sgarbi, che dalla sua televisione
quotidianamente attacca, anzi insulta i magistrati e la
giustizia. Forse è pagato dalla Fininvest, anzi sarà pagato
dalla Fininvest per condurre questa battaglia! Naturalmente
lei può dire che sono altri a decidere, ma la proprietà è
ancora sua.
   A coronare tutta questa situazione è venuta la sua
esternazione a Mosca, il tentativo cioè di nascondere la
gravità del fenomeno mafioso o di attenuarne la pericolosità.
Noi non diciamo che tutti gli italiani sono mafiosi; abbiamo
sempre detto che la mafia è una minoranza, che però ha avuto
enormi possibilità, è stata coperta, ha ottenuto sostegni ed
ha costruito collegamenti al punto da dominare ed imporre
regole su intere popolazioni mettendo in discussione il nostro
ordinamento.
   Lei ha anche dimenticato le numerose persone che hanno
combattuto e sono morte per la lotta alla mafia: vi sono
decine di magistrati (in questi giorni si stanno celebrando i
relativi processi, quello di Palermo per la strage di Capaci e
il processo di Reggio Calabria per l'assassinio del giudice
Scopelliti), i quali hanno avuto il coraggio di combattere la
mafia e sono caduti per difendere la democrazia e la libertà
dei cittadini! Centinaia di ufficiali e di funzionari della
polizia, agenti e carabinieri, sono stati massacrati dalla
mafia, così come è accaduto ai politici come Pio La Torre e
Piersanti Mattarella, per citarne due.
  GIUSEPPE AYALA. Vi sono stati anche degli
imprenditori.
  GIROLAMO TRIPODI. Certo, come Libero Grassi assassinato
dalla mafia ed altri ancora, come leggiamo in questi giorni.
Non si dimentichi infine il generale Carlo Alberto Dalla
Chiesa, anch'egli assassinato dalla mafia quando era prefetto
di Palermo.
   Di fronte a tutto questo, com'è possibile sostenere che i
film sulla Piovra mettono in discussione l'economia
turistica?
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Non ho detto questo.
  GIROLAMO TRIPODI. Signor Presidente del Consiglio, poche
settimane fa un ragazzino americano di sette anni in vacanza
in Italia è stato cinicamente assassinato dalla mafia, e il
suo nome si è diffuso in tutto il mondo.
   Come può cercare di stendere un velo sulla mafia? Non è
possibile fare certe affermazioni non solo a Mosca ma anche
qui; le ha confermate anche l'altro giorno a Melfi, dicendo
che abbiamo di fronte qualche centinaio di mafiosi. Questo è
falso.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Mi consenta, non mi può attribuire cose che non
ho detto! Si parlava di imprenditori, di quattro milioni di
persone. Secondo il Ministero dell'interno gli imprenditori
della malavita sono un centinaio ma, ripeto, non mi può
attribuire cose che non ho detto. E' facile dire "hai detto
quella cosa"; ma se non l'ho detta? Lei critica
un'affermazione che non mi appartiene: è una prassi costante,
ingiusta e non accettabile.
  GIROLAMO TRIPODI. Al termine della riunione consegnerò
una mappa - che certamente il Ministero dell'interno conoscerà
- in cui sono segnalate 413 cosche, distribuite su una certa
area geografica, rispetto alle circa 800 operanti sull'intero
territorio così lei potrà constatare che la situazione è
diversa rispetto a quella da lei indicata. Sono decine e
decine di migliaia, e non qualche centinaio, gli appartenenti
alle cosche, i quali contano su un milione di persone per
l'attività violenta che pongono in essere.
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  PRESIDENTE. Senatore Tripodi, le faccio presente che vi
sono quindici iscritti a parlare.
  GIROLAMO TRIPODI. Presidente, quando non condivide
determinati discorsi, interrompe. Lei deve lasciar parlare
tutti.
  PRESIDENTE. Senatore Tripodi, lascerò parlare tutti
coloro che lo chiederanno.
  GIROLAMO TRIPODI. Siamo componenti di una Commissione e
ognuno può dire...
  PRESIDENTE. Senatore Tripodi, concluda il suo
intervento.
  GIROLAMO TRIPODI. Cara presidente siamo stati eletti
nello stesso modo, anche se in due zone differenti, io a
Reggio Calabria nella quale la mafia esiste, lei in un'altra
zona dove non vi sono queste questioni.
   Signor Presidente del Consiglio, certamente la sua
posizione non incoraggia; se lei riconoscesse autocriticamente
che i comportamenti assunti fino a questo momento sono
sbagliati e, nel contempo, fornisse qualche risposta in ordine
alle diverse tematiche (mi riferisco alla proposta di legge
presentata dalla  maggioranza, all'attacco contro l'autonomia
e l'indipendenza della magistratura per far comprendere che
sostiene i magistrati - che sono in prima linea nella lotta
contro la criminalità organizzata -, i funzionari ed i
carabinieri che rischiano la vita quotidianamente), potremmo
discutere, ma fino a questo momento non può dire agli italiani
che si stia combattendo la mafia.
   La proroga dell'articolo 41-bis, che è stata
approvata dalla Commissione giustizia del Senato anche con il
mio voto, non è sufficiente, perché poi deve essere applicato;
così come vanno attuate le leggi vigenti altrimenti rimangono,
come spesso è successo, pezzi di carta! Lo stesso discorso può
valere per quanto riguarda i pentiti.
   Non intendo porre assolutamente alcuna domanda. Però le
mie dichiarazioni contengono un giudizio e richiedono risposte
chiare da parte sua: diversamente la mafia non verrà
combattuta. La mafia si combatte, e si è cominciata a
combattere, quando vi è stata la volontà politica. Finora - lo
dico con amarezza, ma anche con fermezza e convinzione - da
parte del suo Governo non si è evidenziata una volontà
politica, né una linea di lotta e contrasto al fenomeno
mafioso.
   Poiché sia le sue dichiarazioni sia le sue affermazioni di
principio non mi hanno convinto, attendiamo da lei risposte
chiare sulle tematiche da me trattate, sui rapporti
mafia-politica e sugli intendimenti del Governo per il futuro,
anche se ritengo che non sia facile, perché per far ciò
occorrono scelte governative di altro genere e soprattutto
bisogna andare controcorrente.
  PRESIDENTE. Vorrei aprire una parentesi in ordine alla
disciplina della Commissione, dopodiché non tornerò mai più
sull'argomento.
   Il regolamento non mi autorizza a limitare in modo
vincolante gli interventi sotto il profilo temporale. Non lo
posso fare, né intendo più richiamarvi, viste le reazioni che
ci sono state. Quindi, formalmente e pubblicamente vi dico che
se continuate così non potrete imputare né al Presidente del
Consiglio in questo momento né agli altri audiendi in futuro
la mancanza della possibilità di una discussione serrata,
concreta e fattiva! Trovo un po' buffo che, una volta finita
un'audizione, qualcuno di voi venga qua e si lamenti perché
gli altri parlano molto e che quando è il suo turno parli più
degli altri. Siccome ripeto che in questo momento devo far
conto sulla vostra responsabilità, non vi interromperò mai
più; i tempi sono quelli fissati dal regolamento parlamentare
e il funzionamento di questa Commissione dipende
esclusivamente dalla vostra responsabilità. Su questo non
tornerò mai più. Vi prego, però, di non imputare poi a me o
agli audiendi (in questo caso al Presidente del Consiglio e a
quelli che ci saranno dopo) la responsabilità per
l'allungamento dei tempi!
   Procediamo.
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  GIUSEPPE SCOZZARI. Signor Presidente, io e il presidente
Parenti veniamo da una visita fatta ieri ad Agrigento; una
giornata di intenso lavoro, che ha avuto risultati
straordinariamente positivi. Il primo obiettivo che ci siamo
prefissi è stato quello di evitare che nella lotta alla mafia
ci fossero diversità di partito, di forze politiche: io sono
progressista e la presidente Parenti è un'appartenente a forza
Italia.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. E' un'azzurra.
  GIUSEPPE SCOZZARI. E' un'azzurra. La stessa cosa abbiamo
fatto precedentemente con Michele Caccavale di forza Italia e
con Nichi Vendola. Faccio questa premessa, perché ritengo che
se si riescono a dare, nell'uniformità, segnali chiari ed
univoci in alcune direzioni, la mafia capisce.
   Molte volte, nel suo Governo - e faccio nomi e cognomi -
un sottosegretario, l'onorevole Li Calzi, nella materia dei
collaboratori di giustizia ha mandato segnali contraddittori,
Presidente; contradditori anche rispetto a quello che dice lo
stesso ministro. Per fare un esempio concreto, la vicenda -
che può sembrare semplice e che si è risolta nel miglior modo
possibile - di Vigna e Grasso è paradossale e sa perché?
Perché si stava contrabbandando una cosa per un'altra, cioè si
è affermato che in quella commissione i magistrati giudicanti
sarebbero stati più competenti dei magistrati inquirenti nel
gestire i collaboratori di giustizia. E questo è un falso,
signor Presidente, e lo è per un motivo molto semplice: perché
i magistrati giudicanti vedono solo per poche ore i
collaboratori, poiché si limitano ad interrogarli. Non solo,
ma si sarebbe creata una situazione di obiettiva
incompatibilità tra il magistrato che gestisce il pentito e il
magistrato giudicante che un giorno può trovarsi a dover
sentire lo stesso pentito e a dover assumere decisioni in base
alle sue dichiarazioni.
   Questo per dire che se oggi continuiamo a lanciare segnali
contraddittori - ed ho indicato nomi, cognomi e casi specifici
- possiamo sforzarci di fare tutte le belle relazioni di
questo mondo ma il risultato sarà sempre quello di creare
incertezza, di depotenziare le indagini e di isolare i
magistrati.
   Vengo all'esperienza che abbiamo maturato ieri in questa
direzione, per porre una prima domanda, che riguarda
l'edilizia carceraria. Non è necessario oggi spendere migliaia
di miliardi per costruire nuove carceri, basta completare le
nuove carceri che già esistono. Ne cito due per tutte:
Agrigento e Palermo. L'Ucciardone e il carcere di San Vito non
riescono più a contenere i detenuti, non solo quelli
sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis che
molte volte sono costretti a fare quel che abbiamo sentito e
che non voglio ripetere. Perché non si completano le carceri
la cui costruzione è già iniziata o quasi ultimata? Non
capisco, perché da anni - da anni! - la struttura centrale e
quelle interne sono già completate! Il primo segnale forte che
si chiede al Governo è questo, Presidente: visto che a Palermo
e ad Agrigento si andranno a celebrare i maxiprocessi contro
la mafia nei prossimi mesi, perché il Governo non dà un
segnale preciso per il completamento (quello di Agrigento è
certamente completato) di tali istituti penitenziari?
   Passo ad una seconda questione. Non credo che ci possa
essere un'antimafia di serie A e un'antimafia di serie B; l'ho
sempre sostenuto perché ritengo che non esistano centri o
distretti dell'antimafia che siano migliori di altri. Secondo
me, nella lotta alla mafia non vi sono un luogo centrale e un
luogo periferico; la lotta alla mafia è ovunque centrale,
anche nella cosiddetta periferia. Mi riferisco a Reggio
Calabria, a Catanzaro, a Siracusa, ad Agrigento, a Marsala;
centri nei quali, purtroppo, oggi abbiamo situazioni anomale,
perché le forze di polizia sono sotto organico. Siccome per me
non esiste un'antimafia di serie A e un'antimafia di serie B,
la prima proposta che rivolgo al Governo e che presenterò
anche nella prossima riunione del gruppo di lavoro sugli
strumenti di contrasto per la lotta alla mafia è quella di far
entrare di diritto i procuratori dei
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tribunali dei capoluoghi di provincia nelle direzioni
distrettuali antimafia. Intendo sapere cosa pensa il Governo
di questa proposta: i procuratori dei tribunali entrano di
diritto nelle direzioni distrettuali antimafia. Questo per un
motivo molto semplice, perché molte volte l'eccessiva
centralizzazione delle inchieste, delle istruttorie,
depotenzia la "periferia" - sempre tra virgolette, perché è un
termine che non mi piace, che detesto -, la conoscenza del
fenomeno a livello locale. Lo dico per esperienza, per le
audizioni che abbiamo svolto, per quello che stiamo facendo e
per le segnalazioni che ci arrivano.
   Concludo su due temi: banche e usura. La invito, signor
Presidente, a recuperare al Senato l'occasione perduta alla
Camera sulla legge sull'usura. La invito a recuperare al
Senato l'occasione che stiamo perdendo e mi affido alla sua
maggioranza, visto che noi, come opposizione, abbiamo indicato
una linea, anche se al nostro interno ci sono stati contrasti,
diversità di vedute (questo bisogna anche sottolinearlo).
Quanto meno, signor Presidente, che si torni alle indicazioni
del disegno di legge che il Governo stesso aveva presentato a
Montecitorio, che io non condivido ma che certamente è
migliore del testo approvato dalla sua maggioranza alla
Camera. E' certamente migliore e non capisco perché sia stato
stravolto! Il riferimento alla cifra da 5 a 8 volte superiore
al tasso di sconto è incredibile! Il segnale che si lancia al
paese è negativo. Quindi, intendo sapere se il Governo vuole
recuperare questa occasione, che si sta perdendo, al Senato.
Certo, ieri - il presidente Parenti può darmene atto - tutti
ci dicevano che è un errore non fissare un tasso oltre il
quale si ha l'usura, che è un errore non imporre alle banche
di dare la motivazione del diniego o della revoca del fido o
del castelletto, che è un errore non dare all'utente un
termine maggiore di 48 ore per il rientro...
  PRESIDENTE. Vi prego di tacere quando gli altri parlano.
Senatore Bertoni, la prego!
  GIUSEPPE SCOZZARI. Quindi, intendo sapere cosa vuole
fare il Governo per recuperare questa legge.
   Lei certamente sa, Presidente, che la differenza di
comportamento fra banche del nord e del sud è abissale: lei
certamente deve sapere che al sud le banche danno il denaro a
chi ce l'ha.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Dappertutto.
  GIUSEPPE SCOZZARI. Al sud c'è una rigidità di
comportamenti incredibile, anche nell'applicare i tassi
passivi e attivi. Cosa intende fare il Governo per
riequilibrare questa diversità? Fate un'ispezione, fate
un'indagine comparativa fra gli istituti bancari del nord e
del sud: è chiara la differenza, che penalizza ulteriormente
le piccole e medie imprese del sud.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Soltanto un'informazione, se mi consente (non è
una risposta). Per la prossima settimana abbiamo già pronto il
decreto-legge - in questo caso credo ci siano i motivi di
urgenza - per il completamento degli uffici giudiziari di
Palermo.
  GIUSEPPE SCOZZARI. Meno male!
  NICHI VENDOLA. Sarà rimasto turbato quanto tutti noi
leggendo la reiterazione del macabro lessico di mafia nei
confronti del giudice Scarpinato. Ci sono molti modi per
cominciare ad attaccare un giudice: intimidirlo, minacciarlo,
attentare ai suoi beni e ai suoi cari. Ma accanto a questi c'è
anche un altro modo, altrettanto insidioso e pericoloso, che è
quello di isolare il giudice, consentire che sia circondato da
un alone di calunnie, di pettegolezzi. Il giudice Scarpinato
oggi ha la nostra solidarietà.
   C'è anche un modo assolutamente subdolo per far del male a
un giudice: per esempio, iniziare un'azione disciplinare da
parte del ministro di grazia e giustizia nei suo confronti. Se
lei avesse la bontà di leggere il resoconto stenografico
relativo alla missione che la Commissione antimafia ha
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compiuto a Reggio Calabria, Presidente, scoprirebbe un nome,
quello del giudice Boemi e le parole che questo magistrato
pronuncia. E' il giudice sicuramente più coraggioso e più
esposto che abbiamo in tutta la Calabria, ma il ministro di
grazia e giustizia non ha saputo trovare di meglio che aprire
un procedimento disciplinare nei suoi confronti; anche questo
è un modo di isolare i giudici.
   La prima domanda è: cosa intende fare il Governo per
proteggere i giudici più esposti e per rompere il loro
eventuale isolamento?
   Seconda questione. Non ho uno sgomento strumentale e credo
sinceramente nella perfetta buone fede delle dichiarazioni del
Presidente del Consiglio a Mosca, reiterate qui in Commissione
a premessa del suo discorso. Ed è proprio la buona fede di
quelle dichiarazioni che suscita in me la parte più profonda,
più sentita di sgomento. Vede, signor Presidente, a parte il
fatto - hanno fatto bene a segnalarglielo - che quelle
dichiarazioni facevano il paio con quelle del presidente della
provincia di Palermo, deve sapere che nella regione dove vivo,
la Puglia, nella mia provincia, quella di Bari, e nel mio
paese, abbiamo impiegato circa dieci anni affinché si
costruissero una visibilità e una consapevolezza collettiva
del livello di penetrazione dell'organizzazione mafiosa. Nel
mio paese in pochi anni siamo passati da zero a 300
tossicodipendenti, da nessun omicidio a 10 omicidi
particolari, da niente al sindaco aggredito, al successivo
sindaco pure aggredito, alla sua casa incendiata, al carro
della Madonna incendiato e persino all'autobomba!
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Lì in villeggiatura non possiamo andare, bisogna
andarci con l'esercito!
  NICHI VENDOLA. No, si può anche andare in villeggiatura
ma non sono...
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Mi fa paura una cosa del genere, perché è
impressionante.
  NICHI VENDOLA. L'obiezione che lei mi ha fatto ora
scherzando, Presidente, è l'obiezione che ho dovuto combattere
e contrastare - ed è stata una cosa drammatica! - in quegli
ambienti politici che erano collusi con la mafia e che hanno
urlato di finto dolore contro chi metteva il marchio della
mafiosità sul paese, sulla provincia, sulla regione perché si
trattava di un marchio che avrebbe danneggiato il turismo,
portato un'immagine che non rendeva giustizia alla stragrande
maggioranza dei pugliesi, che sono sicuramente persone
splendide, laboriose, eccetera.
   La mia preoccupazione e il mio sgomento sono reali, perché
siamo in Italia dove per lustri e per decenni ha vinto il
partito minimalista, dal punto di vista quantitativo rispetto
al problema della mafia e qualitativo. Il fatto che la mafia
sia un fenomeno abbondantemente interno alle istituzioni, allo
Stato, al sistema economico... Signor Presidente, credo che
abbia sentito il nome del noto imprenditore Casillo di Foggia
o quello dell'altro noto imprenditore Cavallari di Bari:
eravamo pazzi e visionari quando ponevamo un indice non
giustizialista ma intriso di bisogno di verità e giustizia su
imprenditori che venivano presentati come il fiore
all'occhiello dell'economia pugliese e che oggi sono agli
arresti in base all'articolo 416-bis! Per questo la sua
premessa è pericolosa e rischia di inficiare persino le cose
sagge scritte nella sua relazione.
   Vi è un altro punto che desidero porre in maniera non
strumentale ma oggettiva. In una fase di transizione quale
quella che stiamo vivendo, è del tutto ovvio che le nuove
formazioni politiche, al pari - ma io penso di più - delle
formazioni politiche tradizionali, siano a rischio rispetto
alla capacità di pervasiva penetrazione che hanno i poteri
criminali. La mafia ha mille virtù opportunistiche, è una
patologia opportunista, è un animale assolutamente mimetico e
ha una vocazione naturale ad entrare in rapporto di simbiosi
con il potere costituito. Da questo punto di vista, qual è la
sua opinione sulle nuove formazioni politiche? Questa non è
una provocazione velenosa ma un allarme che
Pagina 488
perfino l'attuale presidente della Commissione parlamentare
antimafia, ad un certo punto, ha lanciato.
   L'ultima questione che desidero affrontare riguarda il sud
in generale. Signor Presidente del Consiglio, non solo la
finanziaria ma tutti i provvedimenti di questo Governo vanno
nella direzione della precarizzazione dei rapporti di lavoro
nel Mezzogiorno d'Italia; procede in forme veramente selvagge
un fenomeno di deindustrializzazione drammatico. Lei
sicuramente conosce l'economista Augusto Graziani e la sua
celebre espressione apparentemente banale: "Quando l'industria
arretra, la camorra avanza". Questa è un'osservazione che si
può fare ad esempio a Napoli - Graziani si riferisce alla
Campania - in quartieri dove vi erano polmoni industriali e
produttivi a pieno regime il cui disfacimento ha coinciso con
una penetrazione camorrista sconosciuta prima. Quello della
precarizzazione dei rapporti di lavoro è un problema serio.
  LUIGI RAMPONI. Questa è una visione vecchia.
  NICHI VENDOLA. Senatore, la invito a fare un giro a
Bari. Nella zona industriale di questa città, che non fa parte
dell'archeologia industriale ma ha una produzione competitiva
e vincente sui mercati mondiali, le aziende chiudono ogni
giorno, con miliardi di commesse sul tavolo del padrone. Cito
ad esempio le officine Calabrese i cui operai da 1800 sono
diventati 52 in attività questa settimana. Da un lato vi è
questo aspetto e dall'altro vi sono il degrado, le piazze di
proprietà privata della malavita, i bambini che diventano
baby killer, il fenomeno del caporalato, il vostro
provvedimento che introduce la chiamata nominativa in
agricoltura ed ha effetti disastrosi dal punto di vista della
qualità delle relazioni sociali e di lavoro nel sud.
   Come si può combattere la mafia? Inviando carabinieri,
poliziotti, esercito oppure ricostruendo il quadro della
convivenza civile e il tessuto civile, democratico ed anche
produttivo, che rappresentano l'unica maniera strutturale di
sottrarre all'esercito mafioso l'egemonia sul territorio e la
possibilità di reclutare sempre più manovalanza?
  ALESSANDRA BONSANTI. Ho la tentazione di rinunciare al
mio intervento, perché mi rendo conto che un'altra audizione
non è ciò per cui abbiamo rinunciato oggi a recarci presso i
nostri collegi fuori Roma. Cercherò, quindi, di essere
breve.
   Signor Presidente del Consiglio, ho l'impressione che
dalla sua relazione e da quanto ci ha detto manchi qualcosa di
vissuto e personale (vorrei riuscire a rivolgerle questa
domanda senza farla arrabbiare). Lei ha passato gran parte
della sua vita in un osservatorio molto privilegiato; lei è
uno dei più grandi - forse il più grande - imprenditori
italiani, e la gente si chiede come mai non abbia mai saputo
nulla nel passato di ciò che accadeva, dei rapporti illeciti
tra politica, imprenditoria, criminalità. Lei ha avuto
l'occasione, frequentando personaggi della P2, di sapere, o
per lo meno di sospettare, quali fossero o quali potessero
essere i rapporti tra mafia e massoneria. Abbiamo avuto un
interlocutore comune, Bettino Craxi: lei è molto amico di
Craxi ed io facevo la giornalista e non ero molto amata, però
Craxi mi ha parlato di Gelli e di ciò che ha significato, ad
esempio, durante il caso Moro. Vorrei sapere perché lei non
abbia mai fatto denunce. Lei ha avuto la mafia in casa sua, ad
Arcore; ricordo la Standa a Catania.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Precisiamo: sono stato vittima di una minaccia
che ha riguardato mio figlio.
  ALESSANDRA BONSANTI. A proposito della Standa, ha fatto
delle denunce? Non abbiamo capito cosa sia successo a Catania,
però non abbiamo mai sentito nel passato la sua voce. Chiedo
di poter finire perché sto formulando una domanda in maniera
civile.
Pagina 489
   Signor Presidente del Consiglio, lei ha avuto una
posizione privilegiata in questi anni per poter fare le
denunce che noi oggi facciamo. Perché la sua voce non si è
sentita nel passato? Prima di scendere in campo, non ha mai
detto che voleva ripulire l'Italia dalle porcherie - che a lei
dovevano essere ben note, o per lo meno doveva sospettarle -
quali mafia, massoneria e corruzione. E' inutile ripetere che
lei era molto vicino ad uno dei gangli centrali del sistema
corrotto dei partiti.
   Ci risulta che dal Ministero di grazia e giustizia sia
stato allontanato il dottor Vaudano, che si occupava delle
rogatorie internazionali, uno dei punti più delicati perché è
molto importante poter svolgere interrogatori all'estero: mi
riferisco non solo ad Hammamet ma anche ai possibili
personaggi che si trovano in questo momento fuori dai nostri
confini.
   Per quanto riguarda il discorso dell'immagine che filmati
o puntate televisive possono aver dato dell'Italia, ritengo
inaccettabile la sua preoccupazione, anche perché credo che
proprio quelle trasmissioni, mandate in onda nelle ore di
massimo ascolto, abbiano dimostrato l'orgoglio di un paese che
è riuscito a combattere e denunciare la mafia. Mi chiedo che
cosa lei intendesse quando ci ha detto che d'ora in poi
bisogna intervenire per limitare i danni. Questa è una domanda
concreta: vorrei sapere in che modo lei intenda intervenire
per attenuare quello che lei ritiene un danno procurato
all'immagine del paese.
  GIACOMO GARRA. Mi domando se sia possibile per chi ha
domande scritte consegnarle al Presidente del Consiglio.
Ritengo che occorra non solo ascoltare la propria voce ma
anche manifestare problemi seri, anzi serissimi.
  PRESIDENTE. Certamente.
  MASSIMO BRUTTI. Già altri colleghi si sono soffermati
sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente del
Consiglio, sottolineando come da esse sorga un problema che è
quello della loro traduzione in fatti concreti.
   Mi domando, signor presidente, se vi sia qualche obiezione
o qualche difficoltà.
  PRESIDENTE. Colleghi, vi prego di tacere.
  MASSIMO BRUTTI. Il problema posto in alcuni interventi è
quello del rapporto fra dichiarazioni e fatti. Credo sia
compito in particolare dei parlamentari dell'opposizione
verificare la corrispondenza tra parole e fatti, indurre e
stimolare il Governo a tener fede agli impegni che assume.
   Voglio tuttavia soffermarmi su un altro aspetto, vale a
dire su un limite presente nelle dichiarazioni programmatiche
del Presidente del Consiglio e sul quale gli chiedo di
riflettere, eventualmente per modificare il punto di vista
fondamentale dal quale egli muove. Per quello che riguarda
l'attività di contrasto nei confronti della mafia e della
criminalità organizzata, il Presidente del Consiglio ritiene
che ci si debba muovere sulle strutture esistenti,
sull'impianto esistente, secondo i livelli e le forme
raggiunti in questi ultimi anni; in altre parole, l'impianto
va bene così com'è.
   Credo che non sia così e che dobbiamo misurarci su questa
questione fondamentale che pongo al Governo: quali misure di
riforma, quali innovazioni organizzative vanno introdotte oggi
per riuscire a sospingere l'attività di contrasto nei
confronti della mafia verso livelli più alti di efficacia? Il
Presidente del Consiglio ci ha parlato della DIA: noi sappiamo
che in essa vi sono 1.250 addetti, i quali hanno una diretta
funzione operativa, per quel che riguarda le finalità
istituzionali; contemporaneamente 700 persone della Guardia di
finanza lavorano nel Servizio centrale d'intervento contro il
crimine organizzato; più di 1.000 uomini lavorano nei reparti
operativi speciali dell'Arma dei carabinieri; tra i 400 e i
500 uomini lavorano nel servizio centrale operativo della
Polizia di Stato. Questo impianto non può rimanere così com'è.
E la legge n. 410 è stata
Pagina 490
interpretata nel senso che dai servizi investigativi centrali
alla DIA venga trasferito personale ma non si porti a
compimento quel processo di confluenza che solo può
determinare il potenziamento della DIA, al quale pure il
Presidente del Consiglio ha fatto riferimento. E' necessario
introdurre un'innovazione, fare un passo avanti, sapendo che
questo si scontra con abitudini consolidate, con un legittimo
spirito di corpo e con una tradizione rispetto alla quale
occorre introdurre una discontinuità. Non so se il Governo ce
la farà a far questo, ma noi crediamo sia necessario per
produrre maggiore efficienza nell'azione di contrasto nei
confronti della mafia.
   In questa prospettiva, signor Presidente del Consiglio,
salta agli occhi il problema del rapporto tra diverse forze di
polizia. Siamo convinti che il coordinamento stabilito dalla
legge n. 121 si sia rivelato insufficiente ed inadeguato e che
quella legge non abbia funzionato come doveva, per cui è
necessario avviare realisticamente, tenendo conto di tutti i
vincoli, un processo di integrazione delle forze di polizia.
In questa prospettiva, l'obiettivo da realizzare subito è
quello di ricondurre tutta l'azione di contrasto contro la
criminalità organizzata e contro l'eversione alle dipendenze
del ministro dell'interno che è, secondo la legge, autorità
nazionale di pubblica sicurezza.
   Signor Presidente del Consiglio, nella sua relazione vi è
un accenno al buon risultato e alla validità dell'esperienza
dei cosiddetti fondi antiracket e vi è anche l'impegno a
sviluppare questo modello di intervento, questo tipo di
solidarietà anche nel campo dell'azione antiusura. Ebbene, le
forze politiche della maggioranza hanno scelto una linea del
tutto contraria all'impegno che lei ha manifestato in questa
Commissione, come si è visto nel voto alla Camera. Io invito
lei a far sì che il Governo prenda una posizione più chiara,
il che non può non essere di stimolo ad un orientamento delle
forze di maggioranza in Parlamento volto a reintrodurre al
Senato - noi lo chiederemo - la previsione legislativa di un
fondo antiusura.
   Due ultime rapidissime domande e considerazioni, la prima
delle quali si riferisce ai collaboratori di giustizia. Le
parole che lei ha pronunziato qui sono risultate per molti
colleghi tranquillizzanti; ma c'è un problema che rimane
aperto, quello della definizione di uno schema di regolamento
per la protezione dei collaboratori di giustizia che lei ha
detto si appresta a tornare all'esame del Comitato nazionale
per l'ordine e la sicurezza pubblica. Penso che possiamo già
da adesso chiedere di essere informati, di conoscere tale
schema di regolamento anche se non tocca a noi, in questa
fase, formulare su di esso pareri, anche per evitare la
confusione dei ruoli. E' bene, infatti, che l'itinerario di
formazione di un provvedimento così importante sia
trasparente, sia reso pubblico e noto, anche perché vi sono
state dichiarazioni sconcertanti da parte di membri del
Governo, in particolare - come è già stato citato - da parte
del sottosegretario Marianna Li Calzi. E' evidente che se si
subordina la concessione o la revoca della protezione a
valutazioni di merito relative al contributo del collaboratore
di giustizia, si introduce un pericoloso margine di
discrezionalità e di valutazione soggettiva, tale da incidere
perfino sulla legge. Lei correttamente ha detto che la
valutazione del pentito dipende dal contributo processuale; se
questo è vero, è evidente che un regolamento che subordini la
protezione a certi parametri di valutazione piuttosto che ad
altri introduce la possibilità, in via amministrativa, di
governare e condizionare il collaboratore di giustizia. Si
rende conto che la materia è delicatissima ed è dunque
necessario garantire il massimo di trasparenza sulla
formazione del regolamento che è in gestazione.
   Infine, signor Presidente del Consiglio, chi è al vertice
del Governo deve avere oggi - io credo - una grande e forte
preoccupazione che riguarda un aspetto importante della vita
del paese. Forse la sua dimensione non sarà di massa, non
porterà voti ma è un aspetto fondamentale, si tratta del
rapporto tra il Governo ed il mondo della cultura, degli
intellettuali. Abbiamo in Italia numerose scuole
Pagina 491
di pensiero, storici, sociologi, studiosi, ma anche letterati
e creatori di opere filmiche, che si ooccupano della
criminalità organizzata, della mafia e delle sue connessioni
con la società italiana. Il Presidente del Consiglio non può
permettersi di pronunziare parole che, anche lontanamente,
suonino censura per questi intellettuali. So che non era
questa la sua intenzione - sto alla sua dichiarazione secondo
cui non era questa la sua intenzione - ma le chiedo di
valutare con particolare attenzione le sue parole quando esse
si riferiscono agli intellettuali. Ha visto quale effetto
negativo ha avuto la sua polemica con il professor Bobbio. Il
politico deve, se così si può dire, avere un minimo di
discrezione in più...
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Bobbio ha accusato la mia forza politica di
essere inquinata dal fascismo.
  MASSIMO BRUTTI. Lo lasci parlare.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Non si possono dire delle falsità impunemente.
  MASSIMO BRUTTI. Lei ha, per la sua posizione politica ed
istituzionale, il dovere di un self restraint quando i
suoi interlocutori siano degli intellettuali, dei creatori di
opere dell'ingegno, che hanno, evidentemente, un pubblico
diverso da quello della grande politica, che tocca grandi
moltitudini di persone. Io credo che le parole che lei ha
pronunciato a Mosca abbiano avuto il risvolto discutibile di
esprimere da parte del Governo una valutazione su opere
dell'ingegno che pure hanno illustrato l'Italia all'estero.
Perché lei saprà che nella Russia della metà degli anni
ottanta La priovra servì ai russi ad aprire gli occhi
sulla loro realtà e sulla loro corruzione, proprio perché
mostrava possibilità di intrecci tra politica e criminalità
che essi conoscevano nella loro esperienza quotidiana e che
impararono a nominare attraverso la grande diffusione di
quello sceneggiato televisivo.
  GIACOMO GARRA. La corruzione la combattevano, gli
assassini no!
  PRESIDENTE. Sono le 11,30 e concludiamo, dunque,
l'audizione del Presidente del Consiglio. Gli iscritti a
parlare sono ancora otto ma non posso indicare adesso in quale
data - probabilmente nella prossima settimana - questa
audizione avrà seguito.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Nelle sette schede che avevo preparato sono già
contenute molte risposte alle domande che mi sono state
rivolte questa mattina. Domando, per economizzare il tempo di
tutti, se qualche commissario ritenga di formulare per
iscritto le sue domande, alle quali mi impegno a dare
risposta. In apertura del prossimo incontro, leggerei tutta
una serie di annotazioni di risposta e mi metterei poi a
disposizione per ulteriori altre domande. Mi pare che
risparmieremmo tutti tempo se usassimo tale metodo.
  PRESIDENTE. Credo che secondo quanto emerso sinora non
sarà possibile seguire questo metodo.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Un'ultima cosa. A seguito di tutte le
preoccupazioni che ho sentito manifestare, vorrei confermare
che sono estremamente conscio della gravità del problema della
criminalità organizzata e credo non vi sia affermazione che
possa essermi imputata che dimostri il contrario. Da tempo ho
deciso di essere io a presiedere, con tre giorni di presenza
diretta sullo scranno della presidenza, la conferenza di
Napoli sulla criminalità internazionale; in tutti questi mesi
ho avuto una serie di sessioni con chi nel Governo è delegato
precipuamente all'azione di contrasto alle organizzazioni
criminali. Non credo che si possa annettere particolare
importanza ad una affermazione che viene fatta in mezzo a due
o trecento dichiarazioni. Voi sapete quanto sia difficile
l'attività di chi deve incontrarsi con il mondo della
comunicazione, con i protagonisti dell'informazione, che
devono lavorare.
Pagina 492
Per naturale cortesia si accetta di rispondere alle domande,
magari in situazioni di fatica perché si esce da una serie di
sedute nelle quali l'adrenalina è stata tanta. L'incontro con
la stampa a volte capita in momenti di abbassamento
dell'adrenalina, si sta attenti, ma su cento domande tutte le
cose positive passano senza essere rilevate mentre
l'attenzione si concentra, magari, su quella risposta che dà
la possibilità di un determinato uso. Altro sistema è, molto
spesso, quello di non indicare la domanda, per cui la risposta
non ha un senso compiuto e non viene riproposta nel senso vero
in cui è stata data.
   Faccio una citazione lontanissima dai problemi ora in
discussione: l'altra sera ho incontrato i candidati di forza
Italia alle amministrazioni locali; sono entrato nella sala e
qualcuno mi ha detto: "Tieni duro, vai avanti" per cui io, in
risposta alle voci che venivano dalla platea, ho detto: "Tengo
duro, va' avanti, sono forte...". I giornali hanno riportato
che io mi sono recato all'incontro, mi sono battuto, alla
Tarzan, i pugni sul petto ed ho esordito dicendo: "Tengo
duro...". Se non si spiega il contesto, tutto assume un altro
significato. Lo stesso vale per l'episodio della foto di
Agnelli sulla scrivania: non ho mai avuto una foto di Agnelli
come credo non l'abbia mai avuta nessuno, eccetto le sue
fidanzate. Era un modo garbato...
  LUIGI MANCONI. Agnelli però ha la sua!
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Non credo proprio. Quel che voglio dire è che si
forzano sempre le cose. E' un modo di dire che una certa
generazione di giovani, ad esempio, ha sul tavolo la foto di
Maradona, un'altra quella di Baggio...
  GIUSEPPE SCOZZARI. I mafiosi hanno quella di Maiolo!
  PRESIDENTE. Onorevole Scozzari, la prego di non essere
così inopportuno.
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. La foto sul tavolo non c'è, mentre secondo i
titoli che son venuti fuori io ho la foto di Agnelli sul
tavolo. Era un modo figurato per dire che c'era attenzione da
parte di una certa generazione di imprenditori nei confronti
di chi, in quel momento, rappresentava il campione
dell'imprenditoria. Bisogna decodificare i messaggi che
vengono dati dalla stampa.
   Vi posso assicurare che qualunque italiano con un minimo
di orgoglio nazionale, nella situazione in cui io mi sono
trovato a Mosca, avrebbe avuto una reazione vicina alla mia,
tutto qui. Non c'era nessuna intenzione di attaccare gli
uomini di cultura, nessuna intenzione di attaccare i nostri
protagonisti del film. Semplicemente, avevo registrato che chi
mi aveva fatto la domanda aveva una conoscenza dell'Italia e
di quello che la mafia rappresenta in Italia che gli derivava
soltanto dalla fiction, che fa qualche miliardo di
presenze, visto che viene ripetuta quattro o cinque volte.
Allora, io sono d'accordissimo che se vi è un episodio
drammatico, come gli episodi veri di mafia che si sono
verificati, questo debba passare nei telegiornali, ma andare
anche a metter fuori ripetutamente manifesti con cose che ci
illustrano in questo modo... forse è impossibile fare
diversamente, tutti hanno la libertà di farlo, però certamente
gli effetti sono quelli che abbiamo riscontrato. Alla domanda
"cosa ti viene in mente a proposito dell'Italia?", la risposta
è "mafia, pizza, Milan": non è un bel risultato. Non so come
si possa fare il contrario, però da italiano mi spiace, anche
se di pizza sono un consumatore accanito!
   MASSIMO BRUTTI. Vorrei rapidissimamente chiedere se sia
possibile verificare se il Governo possa costituirsi parte
civile nel processo per la strage di Capaci, visto che
Giovanni Falcone era direttore generale degli affari penali
del Ministero dell'interno.
Pagina 493
  SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei
ministri. Lo chiederò all'Avvocatura dello Stato.
   MASSIMO BRUTTI. Si tratterebbe di un gesto simbolico che
ha anche valore sostanziale.
  PRESIDENTE. Ringrazio e saluto, anche a nome della
Commissione, il Presidente Berlusconi.
   La seduta termina alle 11,45.

 


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