clic sul titolo per tornare alla copertina
PROSERPINA
Tutti quei fronzoli che vecchissimi scrittori hanno cucito attorno a
un comune e banale episodio: che lei era figlia della dea così e così,
che lui, il fidanzato, era il dio così e cosà, non han potuto certo
alterare il nocciolo vero della faccenda.
Insomma, signori miei, diciamo le cose così come stanno: non si
trattò d'altro che di una normalissima «fuga» di due fidanzati.
In Sicilia s'usa così: la famiglia di lui, oppure quella di lei si
oppongono? a lei manca il corredo o a lui la possibilità di metter su
casa decentemente? i familiari frappongono lungaggini, perché la
cerimonia delle nozze richiede uno sfarzo adeguato alla posizione
sociale e i soldi non ci sono? Niente paura, c'è un rimedio
semplicissimo: la fuga.
Lui, una sera che riesce a trattenerla a chiacchierare qualche minuto
davanti all'uscio di casa, chiede con naturalezza:
- Ce ne andiamo?
Lei, con altrettanta naturalezza, risponde:
- Sì.
E la mattina dopo i familiari si riversano sulla strada gridando,
piangendo, strepitando, perché la ragazza non si è trovata in casa.
Si badi che questa delle grida in piazza o sulla strada è formalità
d'obbligo: una specie di notificazione per pubblici proclami, una messa
in mora per il fidanzato fuggitivo e per i suoi familiari, perché si
affrettino a concludere le nozze.
E' principalmente alla mamma che tocca questa parte, anche,
s'intende, se il volo della figlia col fidanzato sia stato concertato
con lei o addirittura preparato da lei stessa. Anzi in questo caso le
grida e gli strilli devono essere più alti del solito:
- Ahimè, che questa figlia svergognata mi ha buttato il fango in
faccia!
Ma è un fango lavabilissimo: basta il matrimonio.
Arrivano infatti i parenti di lui. Magari si incontrano
«casualmente» per istrada coi parenti di lei. Il padre di lui prende
la, parola: gli spetta. Sia pure, se del caso, sotto dettatura della
moglie.
- Commare, che era parte da farsi a noi questa?
Ma loro sono tutti uomini d'onore e suo figlio pure che è uomo
d'onore eccetera eccetera... Donde il matrimonio. Senza velo, senza
festa e senza invitati: il diavolo se li porti, che se no avrebbero
mangiato e si sarebbero empito il ventre a crepapelle, alla faccia degli
sposi. Meglio così, tutto sommato.
Dunque il caso di Plutone e Prosperina non ebbe nulla di speciale, se
non questo: che fu il primo della serie. Ed ecco perché tanta rinomanza
e tanta mitologica aureola.
La signora Cerere Pappalardo vedova di Demetrio Troina (donde il
soprannome di Démetra) era, sia per parte propria sia per l'eredità
raccolta dal marito, proprietaria o usufruttuaria di non so quanti
feudi, la cui estensione copriva, se non tutta, quasi tutta la Sicilia.
Questo, si capisce, ancora prima dei tempi in cui Berta filava.
Siccome quando la sorte ci si mette non risparmia i doni, la figlia
di Démetra, Pinuccia, vezzeggiativo di Prosérpina (ma aveva un sacco
di altri nomi ancora, tutti vezzeggiativi che le aveva appiccicato la
mamma: Perséfone, Kora e così via) oltre ad essere così
spaventosamente ricca, era anche una gran bella figliola.
Vederla e innamorarsene fu tutt'uno per Plutone D'Averno. Costui, un
lontano parente della signora Cerere, era venuto un giorno al paese, per
non so che festa, e fu ospite per un po' di tempo in casa di Démetra.
Ebbe così modo di sussurrare qualche parolina all'orecchio di
Pinuccia e il cuore di lei cominciò a liquefarsi per quel bel
giovanotto venuto dal continente. Partendosene, egli tagliò corto. Si
spiegò con la madre.
Ma Démetra, che anzitutto non sapeva se questo lontano parente,
venuto da lontano, fosse più o meno spiantato, a sentire una proposta
del genere che l'unica sua figlia la voleva in sposa uno che se la
portava a casa del diavolo - figuratevi, oltre lo stretto! - divenne
addirittura paonazza.
Ne aveva rifiutato di proposte di matrimonio per sua figlia... e
rifiutò recisamente anche questa, mandando al diavolo quel capodiavolo,
quel re di tutti i diavoli.
Ma Prosérpina non se lo leva dalla testa. Soffre di malinconia, si
apparta, fa solitarie passeggiate in campagna, sospira...
E in una di queste solitarie passeggiate, avviene quel che avviene.
Le colline ondeggiano intorno e su di esse ride sfacciatamente il
giallo delle stoppie. Le cicale cantano con quanta voce hanno in petto.
Nell'ardente meriggio un cespuglio offre un angolino ospitale a
Prosérpina. E' stanca, ha sonno, da tante notti non dorme. Ma gli occhi
non le si chiudano, vagano negli squarci di limpidissimo azzurro, che
s'aprono tra il fogliame. Le braccia incrociate dietro la nuca, pare che
tutta la sua vita si riduca al ritmico sollevarsi del seno nel respiro e
al lento lavorio che fa la bocca, mordicchiando un filo di paglia.
Ma il pensiero corre, galoppa. Tornerà a lei Plutone? Ecco, così...
faranno una passeggiata assieme. Si sederanno qui, sotto questo
cespuglio. Quanto, quanto ho sofferto, gli dirà, lontano da te. Vedi,
proprio in questo angolo, tempo fa, ti ho pensato, ti ho desiderato.
Gridavo verso di te. Ma tu non mi udivi. Era come se ti avessi smarrito.
Smarrito in un bosco oscuro ed intricato ed io ti chiamavo per
ricondurti alla nostra capanna. Sai, una capanna in mezzo al bosco, per
noi due. Soli. Una capanna... non so, tutta intessuta non di paglia...
ma... di raggi di luna...
La fantasticheria si frantuma, per divenire luminosa realtà. Le è
dinanzi Plutone, che con tutta naturalezza, come mille, diecimila,
centomila giovani siciliani avrebbero fatto nei secoli futuri, chiede
alla fanciulla:
- Ce ne andiamo Pinuccia?
E Prosérpina va con lui.
La signora Cerere ne fa una tragedia. Pretende non che Plutone sposi
la figlia, ma che la restituisca, e ricorre al tribunale. Presidente era
un certo Giove, un tipo ameno, che ne aveva fatte in gioventù... ed
anche nell'età matura... La sentenza è il non plus ultra della
«salomonicità»: Plutone restituisca la figlia a Cerere, ma se questa
ha già mangiato qualcosa, resti con Plutone.
Caso volle che Prosérpina avesse assaggiato, nella fuga, i chicchi
di un melograno. Ma Cerere non si acquieta. Vuole andare in appello, in
cassazione. E finalmente si trasige la lite in questi termini:
Prosérpina starà sei mesi con la madre in Sicilia e sei col marito in
continente, nell'inferno, cioè - precisa Démetra - visto che la
Sicilia è un paradiso.
Fu mantenuto il patto? Non so, ma io ne dubito assai.
|