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Violante: seduta 07
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                         Pag. 177
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Sull'ordine dei lavori:
Violante Luciano, Presidente ...................... 179, 181
D'Amelio Saverio ....................................... 179
Galasso Alfredo ........................................ 181
Matteoli Altero ........................................ 181
Comunicazioni del Presidente:
Violante Luciano, Presidente ................. 181, 184, 186
                                               191, 194, 195
Ayala Giuseppe Maria .............................. 184, 185
Borghezio Mario ........................................ 189
Brutti Massimo .................................... 186, 194
Buttitta Antonino ...................................... 188
Cabras Paolo ...................................... 193, 194
Capuzzo Umberto ........................................ 195
D'Amato Carlo .......................................... 192
De Matteo Aldo ......................................... 192
Ferrara Salute Giovanni ........................... 190, 194
Florino Michele ........................................ 189
Galasso Alfredo .............................. 182, 192, 195
Imposimato Ferdinando .................................. 190
Riggio Vito ....................................... 191, 192
Scotti Vincenzo ........................................ 187
Taradash Marco ......................................... 188
Tripodi Girolamo ....................................... 185
                         Pag. 178
                         Pag. 179
La seduta comincia alle 9,45.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, poiché nella giornata
odierna, intorno alle 11,30, sono previste votazioni di un
certo rilievo sia al Senato sia alla Camera, propongo di
rinviare a martedì pomeriggio l'audizione dei funzionari del
Servizio centrale operativo e di dedicare la seduta odierna
esclusivamente al secondo punto all'ordine del giorno, vale a
dire comunicazioni del presidente. I funzionari del Servizio
centrale operativo sono d'accordo a ritornare martedì
pomeriggio.
   Comunico inoltre che martedì prossimo alle 15,30 l'ufficio
di presidenza e altri colleghi interessati riceveranno,
insieme con il ministro della pubblica istruzione, Rosa
Jervolino Russo, una delegazione di giovani composta da
rappresentanti dell'Azione cattolica e di associazioni "A
sinistra", che hanno chiesto di incontrarci per verificare in
particolare come viene preso in considerazione il problema
della mafia in relazione alle esigenze della scuola.
   Nella stessa giornata alle 17,30, la Commissione potrà
sentire i funzionari del Servizio centrale operativo, in modo
che, prima di chiudere questa fase dei nostri lavori e
compiere le nostre valutazioni, dovremo procedere soltanto
all'audizione dei funzionari della DIA.
   Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
  SAVERIO D'AMELIO. Signor presidente, onorevoli colleghi,
intervengo con la stessa sensibilità con la quale intervenni
nel momento in cui si pose alla nostra attenzione il problema
riguardante l'atteggiamento che la Commissione antimafia
avrebbe dovuto osservare in ordine ad eventuali atti che
delegittimassero singoli componenti di essa, quando apprezzai
l'iniziativa del presidente e la sua sensibilità e sostenni
che occorreva darsi una regola rigida, possibilmente
definitiva. Ritenevo infatti che, se ciò non fosse avvenuto,
la delegittimazione ora di questo ora di quell'altro
componente della Commissione avrebbe potuto essere posta in
atto da un giorno all'altro, magari a mezzo di anonimi,
considerato che con i tempi che corrono si registra spesso un
notevole desiderio di sollevare polveroni anche intorno agli
uomini che fanno parte di questo Parlamento e che sono
portatori non solo della volontà del popolo ma anche della
loro personale dignità.
   In quel momento ero ottimista, perché mi riferivo ad un
quidam de populo che avrebbe potuto intraprendere azioni
nei confronti delle nostre persone. Devo invece con amarezza
constatare che il quidam de populo qualche volta può
indossare le vesti di un nostro collega, di un parlamentare.
Mi riferisco alla comunicazione apparsa sul Il
Messaggero del 24 ottobre in cui un collega, il deputato
verde Alfonso Pecoraro Scanio, afferma che alcuni
parlamentari, tra i quali il sottoscritto, senatore Saverio
D'Amelio, siederebbero impropriamente in questa Commissione
dal momento che nei miei confronti - parlo per me, ma credo
che il discorso debba essere per coerenza generalizzato - è
stata inoltrata una richiesta
                         Pag. 180
di autorizzazione a procedere per una ipotesi di reato che
avrei commesso nella veste di sindaco per non aver dato a me
stesso l'autorizzazione a sversare le acque del mattatoio
comunale.
   Si tratta, tra l'altro, di un'ipotesi di reato che è già
stata presa in esame dalla competente Giunta del Senato, che
ha respinto la richiesta di autorizzazione a procedere,
aggiungendo tra l'altro, in considerazione della circostanza
che la gestione del mattatoio non è diretta ma affidata a
terzi, una recriminazione e un giudizio negativo nei confronti
del magistrato. A seguito di tale parere, l'Assemblea del
Senato si è pronunciata nel senso che non si dovesse
procedere, archiviando così il caso.
   Invece mi trovo "sparato", come si usa dire in gergo, su
questo giornale con titoli cubitali: "Sono sotto inchiesta, ma
indagano sulle cosche - Deputato verde denuncia cinque
inquisiti nella Commissione antimafia". Al di là dei giudizi
estemporanei del giornalista, a cui però non attribuisco la
responsabilità di quanto accaduto, egli conclude: "Una
elementare attenzione al rispetto delle istituzioni, oltre che
motivi di opportunità politica, dovrebbero indurre questi
parlamentari a sospendersi dalle funzioni all'interno della
Commissione antimafia".
   Per quanto mi riguarda, non accetto lezioni. Conosco i
miei doveri: ove dovessi essere inquisito per reati infamanti
o interferenti con l'attività di questa Commissione, saprei
certamente scegliere la via delle dimissioni. Questo non è il
caso.
   Apprezzo la sensibilità del presidente e di tutti i
colleghi intervenuti sull'argomento in una delle prime sedute
che abbiamo tenuto. In quella occasione ci demmo una regola.
Ritengo che dobbiamo ribadire tale regola di comportamento,
che naturalmente riguarda le nostre posizioni, il nostro
agire, la sensibilità di ognuno di noi.
   Credo, però, che debba altresì richiedersi a chiunque,
tanto più quando si tratti di colleghi, come nel caso in
specie, di avere quanto meno la sensibilità di leggere gli
atti processuali e verificare se gli ipotetici reati
interferiscano con l'azione che questa Commissione e i suoi
singoli componenti debbono svolgere, prima di "sparare" la
notizia sulla stampa e prima ancora di investire, come nel
caso specifico ha fatto l'onorevole Alfonso Pecoraro Scanio, i
Presidenti delle due Camere.
   Chiedo scusa al presidente, mi trovo anche in imbarazzo
nello svolgere questo intervento, però vi è un momento nel
quale ognuno di noi deve assumere una posizione, se non
vogliamo che, nel polverone indiscriminato, anche le persone
per bene alla fine appaiano di colore bigio, come avviene per
tutti i gatti durante la notte.
   Vorrei pertanto invitare il presidente a compiere, nel
momento in cui ritenesse che questi comportamenti debbano
essere censurati, gli atti necessari perché l'onorabilità
della Commissione, prima che dei singoli componenti, sia
riaffermata e ripristinata. Io ho compiuto già i miei passi
scrivendo ai due Presidenti delle Camere (non ho avuto la
possibilità di incontrarli per mancanza di tempo, visto che
questa settimana il Senato ha dovuto affrontare un calendario
intenso di votazioni e di lavori). Rivolgo alla presidenza
della Commissione, ove ritenesse le mie considerazioni degne
di un minimo di attenzione, l'invito a pronunciarsi su di
esse, a compiere i passi dovuti presso i Presidenti delle
Camere e comunque ad intraprendere tutti gli atti necessari
per correre ai ripari per tutelare l'onorabilità non solo dei
singoli ma dell'intera Commissione.
   Dobbiamo lavorare con la necessaria serenità, che viene
meno quando vengono date alla stampa notizie che poi, come nel
caso specifico, non risultano vere. Mi auguro che lo stesso
possa affermarsi anche nei confronti degli altri colleghi
citati, vale a dire Carlo D'Amato del PSI, Romano Ferrauto del
PSDI, Carlo Ballesi della DC e Salvatore Frasca del PSI.
   Ringrazio e chiedo scusa agli onorevoli colleghi, oltre
che al presidente, se ho sollevato un problema che per la
verità non meriterebbe tanta attenzione; ma,
                         Pag. 181
visto che diventano pubblici gli atti che non lo meritano,
confido nella presidenza e nella cortesia dei colleghi perché
si cerchi di porre al riparo la Commissione e i suoi singoli
componenti da questo sparare nel mucchio, che purtroppo tende
a delegittimare ora questo ora quello, al solo scopo di
determinare un sistema di caos, nel quale credo sguazzino
mafia, camorra, 'ndrangheta, non certamente coloro i quali
hanno a cuore la verità.
  ALTERO MATTEOLI. Chiedo di parlare.
  ALFREDO GALASSO. Se apriamo una discussione su questo
argomento, rischiamo di non finirla più!
  PRESIDENTE. Colleghi, vorrei evitare una discussione su
questo argomento. Condivido la sostanza delle considerazioni
svolte dal collega D'Amelio, che ringrazio per certe
affermazioni. Si tratta di una questione che va affrontata con
grande fermezza da parte della Commissione, perché non solo
può costituire un elemento che ci impedisce di lavorare
seriamente, ma può anche innescare, per ragioni certamente
indipendenti dalla volontà dei componenti, un meccanismo di
implosione della Commissione stessa che ci bloccherebbe nelle
discussioni sostanziali.
   Se ben ricordo, nella seduta cui faceva riferimento il
collega D'Amelio, la Commissione delegò il presidente a
prendere in esame questo tipo di questioni. Ho chiesto ai
presidenti delle competenti Giunte della Camera e del Senato
se vi siano richieste di autorizzazioni a procedere nei
confronti di parlamentari della Commissione ed in tal caso di
informarmi. Qualora emergessero aspetti di incompatibilità, il
che non può essere determinato dallo scarico delle acque del
mattatoio che sarebbe addebitato al collega D'Amelio o da
fatti del genere, li esamineremo e li valuteremo; francamente
però richiamerei i colleghi ad un maggiore distacco da questo
tipo di argomenti. Capisco che sono gravi e offendono, ma se
non riusciamo ad acquisire una certa autorevolezza nei
confronti di questo tipo di materie, rischiamo di aprire ogni
volta una discussione, dando così spazio ad operazioni che,
anche se fatte in buona fede, danneggiano i nostri lavori.
Credo che il giacobinismo sia l'anticamera della
restaurazione, pertanto la cosa migliore da fare è frenare
questo tipo di azioni.
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. Nella seduta di oggi esporrò, su mandato
dell'ufficio di presidenza allargato ai presidenti dei gruppi,
le deliberazioni assunte nella riunione del 27 ottobre scorso
con il voto favorevole di tutti ad eccezione del collega
Galasso, che si è espresso in senso contrario.
   La Commissione ha deciso, nella seduta del 12 ottobre, nel
corso della quale venne approvato il programma di lavoro, di
dedicare un settore di attività al rapporto tra mafia e
politica. Nel corso della seduta del 22 ottobre, i componenti
della Commissione Galasso, Borghezio, Brutti, Ferrara Salute,
Florino, Imposimato, Matteoli, Riggio, Scalia, Taradash e
Tripodi chiesero, con diverse accentuazioni, che la
Commissione avviasse con immediatezza il proprio lavoro sui
rapporti tra mafiosi e politici, in relazione a quanto
sostenuto dalla procura della Repubblica e dal GIP di Palermo
nella motivazione del provvedimento restrittivo della libertà
personale per gli imputati dell'omicidio dell'onorevole Salvo
Lima. Nel rispondere agli intervenuti, precisai
preliminarmente quanto segue, allo scopo di definire l'ambito
e gli effetti di quella discussione: "Sono attualmente assenti
i senatori membri della Commissione, a parte i colleghi
Ferrara, Brutti e Smuraglia, per cui sarebbe scorretto
assumere decisioni prescindendo dalla loro presenza".
   Ho convocato per il 27 ottobre l'ufficio di presidenza,
che ha approvato la proposta che sottopongo ora al voto della
Commissione.
                         Pag. 182
   Per definire un programma di lavoro sulla materia dei
rapporti tra mafiosi e politici - ma la questione non può
prescindere dai rapporti tra mafiosi e burocrazia e mafiosi e
magistratura, rapporti naturalmente eventuali - è
preliminarmente necessario chiarire l'asse politico del nostro
lavoro. La legge istitutiva assegna alla Commissione il
compito di accertare e valutare la natura e le caratteristiche
dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di
tutte le sue connessioni; e assegna anche il compito di
accertare la congruità dell'azione dello Stato e degli altri
pubblici poteri. Pertanto, a mio avviso, l'obiettivo
essenziale dell'indagine dovrebbe essere costituito
dall'individuazione delle condizioni oggettive e soggettive
che hanno favorito questi rapporti, della modalità che questi
rapporti hanno assunto, degli effetti che essi hanno avuto
sullo sviluppo della mafia e sulla concreta efficacia
dell'azione di contrasto e delle concrete proposte dirette a
rimuovere le condizioni e la convenienza di quei rapporti.
   Questi obiettivi possono essere perseguiti in modo
ottimale acquisendo tutte le informazioni necessarie per le
nostre decisioni, sia mediante la richiesta di documenti sia
mediante interrogatori di persone utili al nostro lavoro,
interrogatori da effettuare nelle forme che si renderanno
opportune caso per caso e previa preparazione di
dossiers che consentano a tutti i commissari di disporre
degli elementi di fatto necessari per svolgere efficacemente
la loro attività; discutendo quindi dei risultati acquisiti in
una o più sedute della Commissione e deliberando, in quella
sede, l'eventuale ulteriore fase dei lavori o la presentazione
di una relazione al Parlamento; dando comunque la priorità,
per ragioni che ad una Commissione parlamentare e quindi
politica non possono sfuggire, al complesso delle questioni
poste dalle motivazioni dei mandati di cattura nei confronti
degli imputati per l'omicidio dell'onorevole Salvo Lima,
questioni che riguardano i rapporti tra mafia e politica ma
anche i rapporti tra mafia e burocrazia e mafia e
magistratura.
   Sulla base di queste valutazioni, propongo che venga
acquisita tutta la documentazione relativa alla cattura degli
imputati per l'omicidio dell'onorevole Salvo Lima, comprese le
deposizioni dei collaboratori della giustizia; di sentire i
procuratori distrettuali delle aree più esposte ed
eventualmente altre autorità dello Stato, a partire da quelle
interessate dalle motivazioni dell'ordinanza che decide la
cattura; di acquisire l'elenco degli imputati o condannati per
delitti di mafia che esercitano funzioni politiche di
qualsiasi livello; di sentire quei collaboratori che possono
essere particolarmente utili (mi riferisco ai pentiti) e Vito
Ciancimino, che lo ha chiesto revocando la condizione, posta
nel passato, di essere ripreso da canali televisivi pubblici o
privati in diretta nel momento in cui rendeva la deposizione;
di sentire, alla fine, tutti gli uomini politici citati
nell'ordinanza come referenti diretti degli imputati, quelli
il cui nome è comunque chiamato in causa nella stessa
ordinanza ed eventualmente quelli il cui nome è chiamato in
causa dai collaboratori e quelli il cui nome potrà emergere
nel corso delle audizioni; sentire successivamente, per una
valutazione complessiva delle questioni, il presidente del
governo siciliano.
   Nel condurre l'inchiesta, occorre tener conto, infine,
dell'esigenza di celerità dei nostri lavori e di netta
distinzione dei nostri compiti da quelli dell'autorità
giudiziaria (questa è tenuta ad accertare responsabilità
penali, noi responsabilità politiche). In ogni caso, è
evidente che i nostri accertamenti devono maturare
autonomamente rispetto a quelli dell'autorità giudiziaria e
non devono intralciarne l'attività.
  ALFREDO GALASSO. Ho il dovere di spiegare alla
Commissione - ciò mi porterà poi ad intervenire nel merito -
la ragione per la quale ho manifestato il mio dissenso, in
sede di ufficio di presidenza, dalla proposta del presidente.
Sono del tutto favorevole all'obiettivo che il presidente
                         Pag. 183
 ha illustrato in merito al cruciale nodo dei rapporti tra
mafia e politica, all'individuazione delle condizioni
soggettive e oggettive di tali rapporti e alle responsabilità
conseguenti e alla predisposizione di una proposta, che è
politica ma che può essere anche istituzionale, volta a
chiarire questa serie di rapporti.
   Concordo anche sul fatto che la prima inchiesta riguardi
il caso Lima per il carattere di straordinaria attualità e
drammaticità che ha assunto e perché, proprio allo scopo di
evitare qualunque generica valutazione, è bene che si faccia
riferimento ad un caso preciso piuttosto che all'evocazione
generica "mafia e politica" ormai abbastanza risaputa e
ripetuta.
   Il mio dissenso riguarda il percorso dell'inchiesta e non
è soltanto di natura formale. Credo che occorra, innanzitutto,
riportare il più rapidamente possibile nella sede
istituzionale, cioè in una sede alta e propria, una polemica
che occupa le pagine dei giornali e che, come tutte le
polemiche, impedisce che si affrontino, si esaminino e si
risolvano alcuni nodi fondamentali. L'onorevole Andreotti ha
concesso in due o tre giorni una quindicina di interviste
giornalistiche e televisive; hanno rilasciato dichiarazioni
anche l'onorevole D'Acquisto, vicepresidente della Camera, e
l'ex senatore e dirigente politico di rilievo, Emanuele
Macaluso, preannunciando una specie di sentenza assolutoria.
Potrei continuare con le citazioni, ma dico soltanto che vi
sono state risposte aspre e polemiche. Tutto questo ha
ingenerato un'enorme confusione e l'impossibilità di
affrontare i nodi cruciali del problema. Come ha sottolineato
il collega Ferrara in sede di ufficio di presidenza, la
vicenda presenta una straordinaria novità: viene posta una
sanzione ufficiale e giudiziaria a qualcosa che nuova non è,
cioè ad una vicenda che ripercorre questi anni con una
puntualità estremamente preoccupante ed allarmante. Dico
questo per citare un nodo che sicuramente nella polemica sta
sfuggendo.
   La mia prima considerazione è che l'urgenza politica ed
istituzionale è quella di riportare nella sede propria una
polemica che rischia di determinare un grande disorientamento
nell'opinione pubblica perché una cosa è parlare ad un
giornalista, altra è replicare ad una intervista, altra è fare
una battuta in televisione ed altra ancora è sottoporsi, in
una sede autorevole come la Commissione parlamentare
antimafia, ad una discussione, ad un confronto e ad una serie
di domande. In proposito non ho alcuna preoccupazione: credo
che siamo tutti persone dotate di buon senso prima che di
correttezza formale e pertanto ritengo che ciò avverrà nella
maniera più congrua ed adatta a questa sede istituzionale. Se
così non fosse, non capisco per quale motivo facciamo parte di
questa Commissione.
   Vi è una seconda ragione per cui non invertirei il
percorso proposto dal presidente. Non possiamo rifare il
processo e neanche correre il rischio di rifare il processo,
ascoltando i procuratori distrettuali (che pure dovranno
essere ascoltati) e i collaboratori (che probabilmente in
qualche misura dovranno essere ascoltati), perché temo che,
contrariamente ad ogni buona intenzione, l'audizione dei
personaggi politici finirà per incentrarsi sulla congruità o
incongruità, sulla veridicità o falsità delle deposizioni o
del punto detto da questo o da quell'altro pentito; non
ritengo sia questo il piano della nostra valutazione, che deve
concentrarsi su ciò che ha detto il presidente: le condizioni
oggettive e soggettive che, sul terreno politico ed
istituzionale, hanno determinato un legame che ormai credo
nessuno più metta in discussione, salvo valutarne gli aspetti
e le responsabilità.
   Dunque, credo sia importante mettere in primo piano,
finalmente, la valutazione della responsabilità politica, così
come si attende la pubblica opinione, evitando che la
Commissione ripercorra la via giudiziaria che deve avere la
sua autonomia, i suoi tempi, le sue regole estremamente
rigorose, come è giusto e come
                         Pag. 184
noi dobbiamo auspicare che sia. Quindi, occorre una
valutazione politica ed istituzionale di una vicenda che ha
come caratteristica di non essere affatto nuova ma di avere in
questo momento un avallo non secondario in sede giudiziaria.
   Qualunque giornale si apra o qualunque schermo televisivo
si accenda, ci si trova di fronte a qualche personaggio
politico, a dimostrazione dell'ansia di rinnovamento diffusa
che attraversa il paese ed alla quale dobbiamo dare risposte
attraverso una discussione, una valutazione, un confronto, una
richiesta di chiarimento che tocchino innanzitutto alcuni
momenti e alcune vicende del circuito politico prima di quello
giudiziario. Dopo di ciò verrà naturalmente il seguito, ferma
restando la necessità di acquisire gli elementi documentali,
così come è apparso scontato nella riunione dell'ufficio di
presidenza e nella proposta avanzata dal presidente.
   Non si tratta, dunque, di una valutazione di carattere
puramente pratico (cioè prima questo e poi quello) bensì di
dare al nostro lavoro un metodo appropriato alla natura della
vicenda che stiamo affrontando e alle funzioni che la nostra
Commissione deve svolgere. Per il resto, ripeto, mi ritrovo
del tutto d'accordo sul programma e sugli obiettivi di fondo
che il presidente ha proposto e quindi sulla necessità di
questa inchiesta che ha preso drammaticamente il campo e
sull'opportunità che si concluda nel tempo più breve
possibile.
   Ho la preoccupazione assai viva - ripeto - che un percorso
diverso, che si concluda con l'audizione dei politici, ci
porti a ripercorrere la vicenda giudiziaria e soprattutto a
spostare l'attenzione verso l'attendibilità delle risultanze
giudiziarie, che in questo momento ritengo sia sopravanzata
dall'esigenza di affrontare una discussione sulle
responsabilità e sulle valutazioni di carattere politico.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Sono sostanzialmente d'accordo con
il programma illustrato dal presidente. Mi sembra ragionato,
meditato e consono al tipo di indagini che la Commissione ha
il dovere di condurre. Sono tuttavia in assoluto ma
rispettosissimo dissenso su due punti: sull'acquisizione delle
deposizioni dei collaboratori della giustizia e addirittura
sull'ascoltare gli stessi collaboratori della giustizia. E'
inutile premettere che non sono depositario di alcuna verità,
però ritengo che su questo punto sia necessario riflettere.
   Il provvedimento recentemente emesso dall'autorità
giudiziaria di Palermo, che la maggior parte di noi conosce,
richiama alcune delle risultanze più interessanti contenute
nei verbali resi da questi pentiti, con riferimento
all'omicidio Lima. A parte il fatto che dal documento sopra
richiamato risulta che vi sono collaboratori che hanno da
pochissimo iniziato a collaborare, da altre considerazioni
ricavabili dal testo stesso del provvedimento si desume che
questi verbali contengono tutta una serie di altre
indicazioni, non necessariamente attinenti ai rapporti tra
mafia e politica, che in questo momento hanno bisogno della
più assoluta riservatezza.
   Su tali risultanze, infatti, i colleghi di Palermo stanno
lavorando e ricercando, ad esempio, i famosi riscontri,
meritatamente famosi perché necessari per poter dar corpo alle
ipotesi accusatorie.
  PRESIDENTE. Non mi sarei mai permesso di avanzare questa
proposta senza aver sentito la magistratura di Palermo, la
quale ha detto che questi pentiti possono essere ascoltati.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Non lo sapevo. Si vede che è
cambiato il metodo utilizzato al palazzo di giustizia di
Palermo rispetto a qualche anno fa.
  PRESIDENTE. Naturalmente, c'è un problema di modalità,
come risulta dalle sue preoccupazioni. Se i colleghi
approveranno la mia proposta, sarà necessario decidere
modalità particolari, nel senso che ogni commissario (così
come l'ufficio di presidenza ha deliberato di proporre
                         Pag. 185
alla Commissione) dovrà formulare in anticipo i quesiti, che
saranno posti dal presidente. Se ci saranno richieste di
chiarimento anche queste dovranno passare attraverso il
presidente. Tutto ciò per la specificità della situazione e
per venire incontro ad alcune delle sue preoccupazioni,
onorevole Ayala, perché non è escluso che qualcuna delle
domande possa essere allo stato non ammissibile per i motivi
che molto fondatamente sono stati esposti.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Per una volta mi sia consentito di
dissentire dai colleghi giudici di Palermo e di ribadire la
mia opinione.
   Potrei anche non avere nulla da dire sull'audizione di
Buscetta, perché, per quella che è la sua vita recente,
potrebbe raccontare fatti non necessariamente legati a
situazioni in atto: egli vive negli Stati Uniti da diversi
anni e quindi probabilmente non è a conoscenza di vicende che
si sono potute svolgere di recente o che si svolgono
attualmente. Ma per gli altri pentiti in corso di
collaborazione, non capisco perché correre il rischio,
ascoltandoli, sia pure con tutte le cautele di questo mondo,
di una sovrapposizione rispetto al lavoro dell'autorità
giudiziaria.
   Dobbiamo stabilire che la nostra funzione istituzionale è
ben diversa da quella dell'autorità giudiziaria, perché
politica, tenendo presente che in questa materia i magistrati
vanno privilegiati e lasciati tranquilli. Quindi rimango
fermo, nonostante il dissenso dei colleghi di Palermo, sulla
necessità di riflettere attentamente, anche se adotteremo
tutte le modalità che il presidente ha avuto la bontà di
illustrarmi (e di cui non ero a conoscenza), che rendono
abbastanza responsabili gli incontri con questi personaggi.
Desidero che rimanga fermo il mio dissenso più totale perché,
in un esame dei costi e dei ricavi che potrebbero derivare
dalle audizioni, ho idee abbastanza chiare su quelli che
potrebbero essere i costi in termini di produttività
giudiziaria, mentre non ho idee assolutamente chiare sugli
ipotetici ricavi. Per il resto sono assolutamente d'accordo
sul programma predisposto dall'ufficio di presidenza.
  GIROLAMO TRIPODI. Sono d'accordo che la Commissione
affronti il problema relativo all'intreccio tra mafia e
politica, che vede coinvolti anche importanti organi dello
Stato.
   Dalla lettura del provvedimento recentemente emesso
dall'autorità giudiziaria di Palermo risultano coinvolti
personaggi che hanno svolto un grande ruolo sul piano
politico, quali l' onorevole Lima e l'onorevole Andreotti, che
per ben sette volte ha ricoperto l'incarico di Presidente del
Consiglio. Si tratta di questioni estremamente delicate, che
vanno affrontate con assoluta priorità, per evitare che su di
esse possano innescarsi elementi di farraginosità che
potrebbero impedire di giungere ad una soluzione per la quale
c'è tanta attesa nella pubblica opinione. Guai a noi se in
questo momento non fossimo in grado di dare una rapida
risposta, in quanto correremmo il rischio di fare apparire la
nostra Commissione come incapace di affrontare problemi così
rilevanti e che tanto interessano la gente onesta, cioè la
stragrande maggioranza dei cittadini italiani.
   L'aspetto più grave che desidero sottolineare è
rappresentato dall'inquinamento delle nostre istituzioni e dal
sovvertimento dei princìpi su cui si regge la democrazia a
causa dei fenomeni di cui ci stiamo occupando. La Commissione
deve avere la forza e la capacità di dare risposte positive
perché ci troviamo di fronte ad eventi di carattere
eccezionale.
   Dall'ordinanza emessa dall'autorità giudiziaria di
Palermo, di cui tutti noi abbiamo avuto la possibilità di
prendere visione, emergono tutti gli elementi di riscontro
possibili, perciò non possiamo pensare che si tratti di pura
fantasia. Essendo accuse argomentate, le dichiarazioni dei
pentiti non possono far nascere riserve o contestazioni. Dal
provvedimento risulta che Lima era il garante della mafia,
protetto da Roma dall'onorevole Andreotti, il quale in questi
giorni
                         Pag. 186
- come ricordava il collega Galasso - in alcune interviste ha
dichiarato che Lima combatteva la mafia. A questo punto, delle
due l'una: o sono bugiardi i giudici di Palermo, oppure
l'onorevole Andreotti sta rendendo un pessimo servizio al
paese. Nell'ordinanza è chiamato in causa anche il
vicepresidente della Camera, onorevole D'Acquisto.
   Questi sono i fatti e credo che la Commissione possieda
tutti gli elementi per fornire risposte, con la rapidità che
la questione impone, alle richieste provenienti dal paese.
   Essendo la documentazione sufficiente, non vi sono
ostacoli alla possibilità di sentire altre persone; vorrei
però conoscere la finalità delle audizioni, in quanto sentire
i pentiti potrebbe ingenerare il dubbio che nutriamo riserve
sulle affermazioni dei giudici di Palermo. Su questo occorre
prestare attenzione, perciò chiedo un attimo di riflessione.
   Sono d'accordo, quindi, nell'iniziare subito la
discussione sul documento e ad incontrare i giudici che lo
hanno redatto ma avendo presente un rapporto di collaborazione
in quanto, in questo momento, non dobbiamo gettare ombre sul
documento stesso. Valutiamo attentamente il nostro intervento:
diversamente si rischia di riproporre la vicenda di Ustica,
che si sta trascinando da oltre dieci anni.
   Propongo che nel documento conclusivo della Commissione si
condivida la posizione dei magistrati di Palermo che, in
effetti, costituisce la conferma delle argomentazioni
sostenute da due persone che presentarono all'epoca una
relazione di minoranza ed i cui nomi sono La Torre e
Terranova.
  PRESIDENTE. Invito i colleghi iscritti a parlare a
contenere gli interventi nell'arco di cinque minuti. In
sostanza, pregherei di manifestare l'assenso o il dissenso e,
in questo caso, la proposta alternativa.
  MASSIMO BRUTTI. Poiché condivido la proposta formulata
dal presidente, mi limiterò a svolgere alcune brevi
considerazioni.
   La Commissione antimafia, dopo i fatti delle ultime
settimane, ha di fronte a sé una prova di grande rilievo,
direi una vera e propria sfida istituzionale. Abbiamo voluto
che la Commissione antimafia riassumesse in sé l'intera
latitudine dei poteri che le erano propri tradizionalmente,
poteri ricalcati su quelli dell'autorità giudiziaria che le
consentono un'attività di seria e penetrante indagine.
   Dobbiamo fare il possibile affinché il lavoro che stiamo
avviando ora non si esaurisca in una sfuggente discussione
politica, nella quale le tesi e le argomentazioni di ciascuno
si equivalgano per mancanza di riscontro nei fatti. Per questo
non sono d'accordo con la proposta avanzata dall'onorevole
Galasso; non credo che il nostro lavoro debba avviarsi con
l'audizione dei politici di vertice, degli esponenti di primo
piano del sistema di Governo, perché si risolverebbe in una
contrapposizione di argomenti che non pesano in quanto non si
fondano sui fatti. Dunque, occorre una seria attività di
inchiesta.
   I fatti segnalati, emersi dai documenti giudiziari da noi
letti (di cui la stampa ha dato notizia) sono rilevanti e non
sfuggono le novità. Non credo però sia una novità eclatante il
parlare - ed è la prima volta che lo si fa esplicitamente in
un documento giudiziario - dei rapporti tra l'onorevole Salvo
Lima e gli ambienti mafiosi siciliani. L'aspetto più rilevante
è la qualificazione del ruolo che l'onorevole Salvo Lima
avrebbe svolto, in particolare i suoi rapporti con il sistema
di Governo e con personaggi di primo piano, nonché i suoi
rapporti con la magistratura. Per la prima volta in un
documento giudiziario si legge che le cosche mafiose
consideravano il ruolo e la funzione del dottor Corrado
Carnevale, presidente della I sezione penale della Corte di
cassazione e a lungo arbitro della composizione dei collegi
chiamati a giudicare, di massima garanzia per le cosche
mafiose. E' un fatto
                         Pag. 187
di estrema rilevanza, che esige un accertamento da condurre
d'intesa con le autorità giudiziarie interessate, utilizzando
tutti i mezzi, gli strumenti e le possibili fonti di
conoscenza.
   Si dovranno curare attentamente le modalità delle
audizioni dei collaboratori con la giustizia, senza
precluderci tale via di accertamento proprio perché la
funzione di questa Commissione è quella di essere non soltanto
una sede di discussione politica, ma anche uno strumento di
accertamento e di indagine.
   Ritengo necessario l'esercizio di una funzione di filtro e
di controllo da parte della presidenza; tuttavia penso sia
utile poter sentire, in stretta intesa con l'autorità
giudiziaria competente, anche coloro i quali collaborano con
la giustizia.
   Per il resto, concordo con l'ordine dei lavori proposto
dal presidente. Sono cioè d'accordo sul fatto che uomini
politici come il senatore Andreotti (che collocherei
attualmente nella seconda categoria dei politici indicati dal
presidente, ossia i politici il cui nome sia comunque chiamato
in causa nei documenti giudiziari dei quali ci stiamo
occupando) vengano ascoltati con la garanzia che le domande ed
i discorsi siano seri e penetranti e che non si consenta
soltanto un'inutile passerella. Ribadisco: sono d'accordo che
vengano sentiti i politici nel momento in cui la Commissione
antimafia avrà acquisito fatti e conoscenze, avrà lavorato e
riflettuto e sarà in grado di porre domande precise e
penetranti, ottenendo risposte secche ed univoche. Qualora non
lo fossero, evidentemente questa sarebbe materia di
valutazione per noi e per il paese.
  VINCENZO SCOTTI. Signor presidente, nell'esprimere
consenso all'ipotesi di lavoro da lei prospettata, intendo
illustrarne le motivazioni.
   Posto che l'attuale momento è estremamente delicato,
l'autorità giudiziaria ha avviato, a mio avviso positivamente,
un lavoro di indagine in ordine ai rapporti tra mafia,
istituzioni e politica, perché - come ricordava poc'anzi il
collega Brutti - non c'é soltanto un passaggio della
mediazione politica, ma vi è anche una questione che attiene
direttamente al cuore delle istituzioni e al loro
funzionamento.
   Potrei condividere l'ipotesi avanzata dal collega Galasso
se avessimo dinanzi un lavoro della magistratura compiuto e
definito, ossia un processo celebrato dalle cui conclusioni
prendere le mosse per sviluppare il nostro compito e la nostra
responsabilità. Noi invece siamo all'inizio di un lavoro che,
comunque, si annuncia promettente ed utile, considerata
l'esistenza - per chi ha letto l'ordinanza - di spunti
interessanti che vanno in più direzioni, sulle quali avremo
modo di riflettere insieme all'interno della Commissione.
   Da questo punto di vista, le risposte fornite dal
presidente al collega Ayala mi tranquillizzano: il nostro
lavoro non compromette minimamente l'azione che utilmente e
proficuamente i magistrati stanno conducendo e che, a loro
stesso dire, è all'inizio, in quanto vi sono ulteriori
elementi emersi - e che stanno emergendo - negli
interrogatori, negli incontri con i pentiti ed anche nei
riscontri in atto.
   Sarei estremamente rigoroso nella formulazione delle
domande, in stretto rapporto tra l'autorità giudiziaria, il
presidente e il nostro lavoro. Credo sia importante tener
conto che stiamo operando nel pieno di un mutamento -
sottolineato anche dall'ordinanza dei giudici - dei poteri
dello Stato nei confronti della mafia e di una reazione di
quest'ultima a tale cambiamento.
   La Commissione ha il compito non solo di eseguire un
accertamento storico, ma anche di intervenire sull'evoluzione
dei rapporti per avere una strategia efficace di contrasto e
di eliminazione. Presterei molta attenzione nel far
riferimento all'evoluzione attuale ed a quello che si
prospetta in divenire, perché nutriamo interesse non solo al
giudizio e alle valutazioni politiche (quindi alla conclusione
cui si può giungere in ordine al passato), ma anche
all'intervento sul momento attuale e sui suoi sviluppi,
scaturenti
                         Pag. 188
 dal lavoro che l'autorità giudiziaria di Palermo sta
conducendo proficuamente. Un lavoro di cui la Commissione
antimafia deve tener conto affinché l'attività svolta dai
giudici e quella nostra raggiungano - ciascuna nell'ambito
delle proprie responsabilità - un obiettivo comune, quello di
riuscire a dipanare nel concreto (non solo in astratto) le
vicende che il nostro paese, e in particolare Palermo e la
Sicilia, stanno vivendo.
  ANTONINO BUTTITTA. Il collega Galasso lamenta,
giustamente e con la sensibilità che tutti gli riconosciamo,
l'eccessivo rumore giornalistico e politico che si è sollevato
sul caso Lima. Anche qualcuno di noi è rimasto sorpreso
dall'attivismo dell'onorevole Andreotti, ma ciò potrebbe
significare che gode buona salute, almeno fisica; se poi alla
buona salute fisica corrisponde una buona salute politica,
sarà accertato in altra sede, non certamente in questa.
   Il timore reale, che qui è stato sollevato non solo dal
collega Galasso ma anche dal collega Ayala, è che il nostro
lavoro possa sovrapporsi all'attività giudiziaria, soprattutto
per ciò che attiene all'utilizzazione dei cosiddetti
collaboratori della giustizia. Mi sembra, tuttavia, che il
presidente abbia introdotto elementi chiarificatori tali da
fugare questo timore.
   Più in generale, ciò che accade, sia pur riprovevole, è
tuttavia fisiologico in una società come la nostra, in cui i
fatti di comunicazione sono ormai diventati fatti di
spettacolo. Pertanto, riperimetrando la vicenda all'interno
della nostra funzione, ritengo che l'agenda proposta dal
presidente sia razionale e possa portare a risultati utili e
chiarificatori.
  MARCO TARADASH. Il programma che abbiamo predisposto,
che considera il rapporto mafia-politica come uno degli assi
centrali del lavoro della nostra Commissione, rischia di
subire continue deviazioni sulla base dei casi giudiziari che
si vengono ad aprire. E' ovvio che un'inchiesta come quella
che si è aperta a Palermo è importantissima perché riguarda
direttamente il rapporto tra la mafia, come organizzazione
criminale operante in Sicilia, e alcuni uomini politici: è
quindi necessario acquisirne la documentazione relativa.
   Quello che invece in me suscita forte preoccupazione è che
intorno a questa ordinanza si costruisca il programma di
lavoro della nostra Commissione, nel senso che è importante
disporne e leggerla con grande attenzione ma è un errore
creare una sorta di processo parallelo all'interno della
Commissione, dal momento che non abbiamo gli strumenti per
chiedere ai pentiti e ai politici più di quanto possano
chiedere i magistrati; per di più, dovremmo farlo in tempi più
ridotti. Il documento conclusivo che elaboreremo sarà dunque
soltanto una proiezione di nostre valutazioni un po'
aprioristiche della situazione.
   Non dovremmo allora procedere in questo modo, ma dovremmo
seguire il programma di lavoro che avevamo elaborato nei suoi
vari capitoli: mafia-politica, mafia-pubblica amministrazione,
mafia-traffico di droga e riciclaggio.
   Infatti, che cosa potremo sapere di più da queste
audizioni rispetto a quello che leggiamo nell'ordinanza? Io
non l'ho letta e quindi non so se gli inquisiti abbiano
ripetuto quello che hanno letto sui giornali dopo l'assassinio
di Salvo Lima o abbiano detto qualcosa di più. Intanto,
sarebbe più interessante se le accuse fossero dirette contro
uomini vivi e non contro un morto, perché avremmo qualche
possibilità di svolgere un lavoro politico. In questo caso mi
pare di no. Le accuse a Carnevale che sono state citate sono
certo importanti, però c'erano anche affermazioni secondo cui
la mafia era favorevole al codice Vassalli. Forse allora anche
Vassalli è mafioso?
   Se seguiamo questa logica e se cerchiamo di "scavare" in
ciò che già sappiamo e che è scritto in quell'ordinanza,
arriveremo a conclusioni di scarsa utilità, perché questa
Commissione, a differenza di un tribunale, non ha il compito
di accertare responsabilità personali
                         Pag. 189
 ma di comprendere fenomeni (quale è stato il legame tra la
mafia e settori politici importanti; come il narcotraffico ha
fatto sviluppare la mafia fuori dalla Sicilia eccetera) e di
cercare di influire anche sulle scelte politiche e legislative
del nostro paese, in modo che non si assista passivamente al
crescere o al riformarsi dei fenomeni mafiosi: è chiaro
infatti che, se certi uomini vengono buttati via, la mafia si
concentrerà su altri. Personalmente vedo che al nord le
associazioni di stampo mafioso, tra politici e mondo del
crimine organizzato, hanno una certa caratteristica: si
potrebbe allora parlare della mafia degli Agnelli perché
ovunque ci sono appalti o c'è traffico di armi al nord
registriamo l'implicazione di aziende della FIAT; al sud
invece la situazione è diversa, dal momento che la mafia è
Cosa nostra e non la famiglia Agnelli.
   Dalla valutazione di quella ordinanza non possiamo
ricavare più di quanto non abbiano ricavato i giudici, salvo
rischiare, da una parte, di illuderci di aver saputo leggere
meglio gli atti del processo e, dall'altra, di pregiudicare il
dibattimento, che è il luogo in cui effettivamente le
responsabilità devono essere accertate.
   In conclusione, dichiarandomi contrario a qualsiasi
audizione, propongo di creare eventualmente un comitato
ristretto che, dopo la lettura attenta del documento e delle
deposizioni dei collaboratori della giustizia, indichi al
presidente e all'ufficio di presidenza come andare avanti per
riprendere di buona lena quello che deve essere il nostro
lavoro, e cioè la programmazione dei lavori della Commissione,
altrimenti ci troveremo di tre mesi in tre mesi ad inseguire i
casi giudiziari, il che sarebbe un errore.
  MARIO BORGHEZIO. Non posso che confermare quanto già
detto in sede di ufficio di presidenza, e cioè che il gruppo
della lega nord giudica positiva l'impostazione del lavoro
della Commissione prospettata dal presidente, insistendo
perché non si corra il rischio, per voler ascoltare tutti, di
non arrivare in tempi rapidi ad una conclusione. Bisogna, al
contrario, introdurre criteri selettivi sul lavoro da
svolgere, limitandosi all'aspetto più inquietante, cioè il
rapporto mafia-politica, che emerge da questa ordinanza.
   Sotto questo profilo, e confermando che alcune delle
valutazioni proposte dal collega Galasso mi paiono degne di
considerazione, vorrei richiamare l'attenzione della
Commissione sulla seconda frase contenuta nel capitolo VI
"Conclusioni" dell'ordinanza, laddove troviamo la valutazione
che ci fa capire che siamo di fronte a qualcosa di veramente
nuovo ed importante in questo atto giudiziario: "E' chiaro
come l'omicidio dell'onorevole Salvo Lima costituisca diretta
espressione di una strategia criminale in corso, volta
all'intimidazione generale delle istituzioni politiche e
giudiziarie (...)". Basterebbe questa frase per capire che
dobbiamo operare al fine di conoscere bene questa strategia e
quali sono gli strumenti e le modalità di cui si è avvalsa. E'
tutto qui il rapporto mafia-politica: noi dobbiamo soltanto
storicizzare e mettere alla fine questo aspetto nero su
bianco.
   Quando poi nelle dichiarazioni, riprodotte dal periodico
Avvenimenti, rese da Tommaso Buscetta a Falcone leggiamo
la frase testuale "Cosa nostra uccide gli uomini politicamente
scomodi su ordine di altri uomini politici", abbiamo il quadro
completo della situazione, che mi sembra drammatica e sulla
quale può essere interessante sentire i collaboratori della
giustizia. Mi pare, tra l'altro, che il rapporto contenente le
dichiarazioni di Buscetta sia giunto con strane cancellature
ai nostri uffici giudiziari: è dunque necessario sentire i
collaboratori della giustizia non in termini generali o con
attinenza specifica ad aspetti trascurabili dell'inchiesta
giudiziaria, ma specificatamente in ordine a questi punti
essenziali del nostro lavoro.
  MICHELE FLORINO. Ribadisco l'assenso dato dal collega di
gruppo Matteoli in sede di ufficio di presidenza alla proposta
avanzata dal presidente, anche
                         Pag. 190
se nutro qualche perplessità mista a preoccupazione sulla
situazione che si sta sviluppando nel paese.
   E' vero che abbiamo un problema che assorbe gli altri,
presidente, ma non vorrei che, presi da questo problema, non
si tenesse conto - come osservava l'onorevole Scotti poc'anzi
- dell'evoluzione attuale e degli sviluppi della situazione.
Peraltro, l'evoluzione secondo il mio punto di vista c'è stata
in passato, onorevole Scotti, e quindi parlerei piuttosto di
assetto tattico della delinquenza organizzata nel paese, che
si è propagata nelle città del nord in maniera incalcolabile e
con aspetti devastanti (è di ieri la notizia dell'arresto di
un'altra componente camorristica a Cattolica). Giudico
indispensabile che la Commissione ribadisca nel suo calendario
la necessità di occuparsi, oltre che del problema che assorbe
gli altri, anche delle aree esposte, e quindi dia in tempi
brevi una risposta alla nuova evoluzione del problema mafia.
   La mia preoccupazione è infatti che, come i monarchici
dicono "morto il re viva il re", la mafia, morto Lima, abbia
già un altro "garante" pronto a sostituirlo. I pentiti possono
distogliere l'attenzione che lo Stato in questo momento pone
per l'aggressione criminale al paese e noi stessi possiamo
diventare strumento della mafia; invece, poiché ormai i
"signori della delinquenza" si sono impadroniti del resto del
territorio, tocca a noi non tralasciare questo aspetto
preoccupante evitando di imbarcarci in una discussione dal
sapore politico che non avrebbe l'effetto di ostacolare o
debellare la mafia.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Nel dichiarare che condivido il
programma prospettato dal presidente, vorrei ricordare, pur
comprendendo le preoccupazioni manifestate da molti colleghi
che mi hanno preceduto, che abbiamo un precedente importante
in questo campo, proprio con riferimento alla necessità di
ascoltare mafiosi, magistrati, politici e collaboratori della
giustizia. In occasione dell'inchiesta sulla "ballata delle
bobine", cioè sulla sparizione di registrazioni mafiose dagli
uffici giudiziari di Roma, la prima Commissione antimafia
procedette all'audizione non solo dei mafiosi implicati in
quella storia, come Frank Coppola e qualche altro, ma anche
dei magistrati istruttori, nella persona di chi parla, nonché
dei collaboratori della giustizia, e cioè Ferrara ed altri, e
dei politici; e la cosa non mi pare abbia disturbato il lavoro
dell'autorità giudiziaria.
   Certamente dobbiamo fare attenzione all'opera di
svalutazione e di delegittimazione che sta avvenendo già in
questi giorni anche attraverso organi d'informazione, nei
confronti dei collaboratori della giustizia. Poiché questa
preoccupazione è notevole, sarebbe opportuno rinviarne il più
possibile l'audizione, per consentire il completamento della
loro escussione da parte dei magistrati. Non va dimenticato,
inoltre, che vi è il rischio di creare occasioni per svolgere
una verifica immediata su circostanze precise riferite dai
mafiosi; in tal caso, ci troveremmo di fronte ad una
situazione particolare perché dovremmo trasmettere
immediatamente gli atti all'autorità giudiziaria per una
verifica che non saremmo in grado di compiere.
   Fatte queste brevi considerazioni, pur concordando sul
programma di massima proposto dal presidente, vorrei
richiamare ai colleghi l'opportunità di rinviare il più
possibile l'audizione dei pentiti.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Condivido il calendario dei
lavori che si sta formulando, comprese le riserve che taluni
colleghi hanno avanzato; tuttavia desidero svolgere alcune
osservazioni in merito a considerazioni qui espresse. Non
vorrei che cadessimo in una consuetudine storica del nostro
paese e delle nostre abitudini secondo la quale, quando
circolano voci su qualcuno, si afferma che non ci sono
riscontri giudiziari e quando poi questi ultimi emergono si
sostiene che, essendo appunto riscontri giudiziari, non hanno
valore politico.
   La mia convinzione è che dobbiamo evitare di essere meno
sensibili del resto
                         Pag. 191
degli italiani di fronte a quello che sta accadendo. Se in
Inghilterra, per ipotesi, nel corso di un processo emergesse,
in base alla testimonianza di alcuni, il coinvolgimento della
signora Thatcher in un traffico di armi e di droga, anche se
ciò fosse falso, dovete ammettere che la Camera dei comuni se
ne occuperebbe, così come se ne occuperebbe l'opinione
pubblica!
   Dobbiamo svolgere il nostro lavoro con prudenza, saggezza,
filosofia politica, onestà, senso dei limiti della nostra
Commissione, ma non possiamo avere paura di affrontare certe
cose, certe persone, certi ambienti. Per quanto mi riguarda,
vi garantisco che non avrò alcuna paura. Che vi siano
prudenza, saggezza e quant'altro mi va benissimo; quello che
non accetto è che ci rendiamo ridicoli di fronte all'Italia
facendo finta che se ci occupiamo di certe cose ci distraiamo
da più importanti problemi. A questo punto, vorrei sapere se
il problema più importante di un paese non sia quello
riguardante i suoi grandi uomini politici, noti in tutto il
mondo anche meritatamente, che vengono sospettati, sia pure
alla lontana, di essere coinvolti nelle cose più orrende che
possano accadere in un paese!
   A mio giudizio, questa è una situazione di tipo
sudamericano che va pulita, nel senso che dobbiamo sgombrare
il campo dai sospetti e distruggerli definitivamente.
  VITO RIGGIO. Potrei anche rinunciare al mio intervento,
dal momento che condivido le considerazioni espresse dal
senatore Ferrara. Mi permetto tuttavia di ricordare che nella
scorsa legislatura la Commissione antimafia aveva già iniziato
un approfondimento sui rapporti tra mafia e politica e anche
su quelli tra mafia, politica e magistratura. Se ben ricordo,
quando vi furono alcune dichiarazioni relative alla procura di
Palermo aspettammo che gli atti relativi fossero incardinati
presso il Consiglio superiore della magistratura, con la
riserva da parte di quest'ultimo di verificare se le notizie
riguardanti la procura di Palermo fossero vere o false. In
quell'occasione dichiarai, a nome anche di altri colleghi, che
era impensabile che si potessero avere sospetti su quella
procura deputata proprio ad indagare sui delitti di mafia.
   Oggi disponiamo di ulteriori elementi perché la questione
investe certamente il settore politico ma soprattutto
l'influenza che la politica poteva avere su talune decisioni
di alto livello della magistratura. Si tratta certamente di un
aspetto più grave ma che riprende un filone che la Commissione
antimafia della precedente legislatura non aveva trascurato.
   L'unica preoccupazione che manifesto riguarda i tempi e le
modalità del calendario: se da una parte ascoltare pentiti che
contemporaneamente vengono sentiti dalla magistratura può
essere rischioso - come sosteneva il collega Ayala - perché
obiettivamente il pentito non può dire a questa Commissione
nulla di più o di diverso di quanto non stia dicendo ai
magistrati, dall'altra si deve temere l'eventualità di un
processo imbastito fuori di qui. Ciò che voglio dire è che non
è nostra la responsabilità se le carte riguardanti questa
Commissione arrivano prima ai settimanali e poi ai
parlamentari.
  PRESIDENTE. Vorrei precisare che lo stesso inconveniente
avviene, forse più spesso, per le carte giudiziarie.
  VITO RIGGIO. Infatti, intendevo dire che in questo caso
la Commissione si comporta come l'autorità giudiziaria nel
senso che, dal momento che procede con gli stessi suoi poteri,
ha gli stessi vizi.
   E' presumibile che una "sfilata" di pentiti in questa sede
senza adeguate garanzie possa innescare una sorta di processo
sul singolo fatto distraendo la Commissione dalle sue finalità
specifiche, perché l'inchiesta avviene ai sensi della lettera
c) dell'articolo 25-quinquies della legge n. 356 del
1992, allo scopo di approfondire le connessioni nelle indagini
che questa Commissione deve svolgere. Se è giusto avanzare
questa obiezione, è opportuno trovare un modo per superarla;
                         Pag. 192
 lo stesso discorso vale per l'altra questione che è stata
qui sollevata. La Commissione può decidere di ascoltare i
pentiti che allo stato hanno fatto nomi di politici, ma non va
dimenticato che ci possono essere tanti altri pentiti che
ancora non sono arrivati alla sede giudiziaria e che hanno
fatto tanti altri nomi.
  ALFREDO GALASSO. Ci possono essere anche non pentiti.
  VITO RIGGIO. Certamente. C'è tutto un universo che in
questo momento, per fortuna, si sta arricchendo rispetto al
passato e che comunque andrà verificato, per cui più che
ascoltare i singoli occorrerebbe ampliare la nostra
documentazione sulla base di rapporti istituzionali, in modo
tale che quando decidiamo di ascoltare qualcuno non ci
limitiamo a domandargli: "Scusi, lei ha mai intrattenuto
rapporti con la politica?". Tutto ciò ovviamente accade in
presenza di una distinzione all'interno della Commissione che
non sarà volta all'approfondimento della verità ma sarà
pregiudicata dalle diverse collocazioni politiche.
   Dobbiamo comportarci come una Commissione del Parlamento
che svolge un'indagine conoscitiva con gli stessi poteri
dell'autorità giudiziaria, senza riserva di tutelare o di
pregiudicare alcuno, perché questo è il compito fondamentale
di un Parlamento democratico.
  ALDO DE MATTEO. Nel condividere le osservazioni espresse
dall'onorevole Scotti, vorrei precisare che, a mio giudizio,
la presenza in questa Commissione prescinde dall'appartenenza
ai singoli gruppi.
   Concordo sul programma dei lavori perché mi sembra
coerente con la premessa fatta dal presidente circa l'asse
politico su cui verte il nostro lavoro; nel corso del
dibattito mi è sorta però qualche perplessità sulla proposta
di procedere all'audizione dei pentiti. Secondo me, questa
eventualità dovrebbe essere preceduta da un'opera di selezione
sulla base della documentazione disponibile, perché il punto
di partenza non deve essere quello di audizioni generalizzate.
   Mi ritrovo interamente negli ultimi interventi relativi
alle attese del paese; possiamo risanare l'economia ma
possiamo egualmente andare a fondo. Il lavoro della
Commissione è fondamentale soprattutto se si compie, come
credo che avvenga, al servizio della verità. Ciò sarebbe di
grande aiuto anche per quei politici ingiustamente coinvolti
in certe vicende.
  CARLO D'AMATO. Signor presidente, alla luce del
necessario approfondimento svoltosi dopo la riunione
dell'ufficio di presidenza e delle considerazioni espresse dai
colleghi sull'ordinanza del magistrato di Palermo, ribadisco
quanto ho avuto già occasione di affermare in sede di ufficio
di presidenza circa la necessità di disporre di tutti gli
elementi necessari per esprimere un giudizio sul caso
sottoposto al nostro esame. Da un lato l'opinione pubblica
vuol capire cosa stia avvenendo, dall'altro dobbiamo tener
conto del particolare dato dal quale partiamo, cioè
un'ordinanza che definisce affidabili i pentiti, sulla base
dei comportamenti, sotto il profilo delle indicazioni previste
dalla legge, oltre che alla luce della sentenza della Corte di
cassazione.
   Pertanto, dal punto di vista formale e sostanziale,
l'ordinanza del giudice chiude una fase delle indagini, tant'è
vero che si procede ad un rinvio a giudizio. A questo punto,
il nostro operato non deve interferire con l'attività del
magistrato, ma non deve tralasciare l'esigenza fondamentale di
approfondire un dato che traspare con molta evidenza, quello
di un rapporto trilaterale tra mafia, politica e magistratura.
Sotto questo profilo, penso che il programma proposto dal
presidente non sia esaustivo proprio perché non prende in
considerazione il rapporto con la magistratura. Abbiamo
fornito indicazioni puntando l'obiettivo sulle questioni di
carattere politico ma rimane un aspetto di cui ci si può
preoccupare o meno; mi riferisco alla permeabilità
dell'istituzione
                         Pag. 193
giustizia rispetto ai rapporti fra mafia, politica e organo
giudiziario che deve decidere.
   Tale problema va posto sullo stesso piano degli altri,
perché altrimenti si corre il rischio di rispondere solo
all'aspetto più eclatante della vicenda, poiché oggi
l'opinione pubblica vuole "i morti" nella politica e vuole
continuare a criminalizzare, in un'azione dissennata, una
classe dirigente senza pensare a quello che accadrà dopo.
Poiché non siamo animati da questo spirito, dobbiamo
individuare le modalità di funzionamento dello Stato.
   Quanto all'acquisizione dei verbali di interrogatorio, pur
non essendo un tecnico ho condiviso talune perplessità
sollevate da tecnici che sono anche politici autorevoli, ma
ritengo che sia opportuno acquisirli perché diventano un
elemento fondamentale del nostro lavoro. Non va dimenticato
che noi li conosciamo solo parzialmente. La loro acquisizione
consentirà di avere da un lato un riscontro di quanto è stato
detto, dall'altro una conoscenza diretta di un fenomeno,
quello del pentitismo, che non può non riguardarci, sia come
membri della Commissione antimafia sia come legislatori.
   Condivido la perplessità secondo cui la Commissione corre
il rischio di focalizzare la propria attenzione su questo
aspetto, ma ho più volte sottolineato che il suo esame deve
essere ben definito nel tempo per evitare che ci occupiamo
solo di un problema riguardante una parte del paese (anche se
la Sicilia rappresenta la parte emergente), dimenticandoci di
altre regioni che vivono situazioni altrettanto significative.
Basti pensare alla Calabria, alla Campania e alle altre
regioni a rischio, i cui problemi vanno affrontati con
altrettanta rapidità.
   Per evitare che la nostra Commissione cada in questo
errore, ritengo opportuno limitare nel tempo gli
approfondimenti sull'ordinanza al nostro esame per poi passare
al lavoro che ci siamo prefissi, in un progetto legato senza
soluzione di continuità al lavoro svolto dalla Commissione
antimafia della precedente legislatura.
  PAOLO CABRAS. Il programma illustratoci dal presidente
non rappresenta "l'inseguimento" di un caso giudiziario, ma un
impegno coerente con la direttrice che abbiamo impresso al
nostro lavoro, che assegna importanza primaria al rapporto tra
mafia e politica. Credo che tale rapporto debba essere
indagato oggi sulla base dei nuovi elementi che abbiamo
acquisito a Palermo, senza trascurare che esso non esiste solo
a Palermo ed in Sicilia, ma riguarda la diffusione della mafia
come fenomeno nazionale. Non c'è dubbio, pertanto, che il
lavoro potrà essere graduato e che la programmazione sia
necessaria; occorre prevedere obiettivi a breve, medio e lungo
termine.
   Da questo punto di vista, ritengo che il percorso indicato
sia razionale. Dobbiamo evitare taluni "scogli" come quello di
interferire o di nuocere (come ha giustamente ricordato il
collega Ayala) all'ulteriore procedimento giudiziario in
corso. Per questo penso che dovremmo interrogare (dopo aver
letto i verbali) il procuratore distrettuale prima dei
collaboratori eventualmente messi a disposizione dall'autorità
giudiziaria. In questo modo sarà possibile capire anche quali
siano le nostre possibilità di dialogo e di indagine rispetto
ai collaboratori.
   La Commissione antimafia ha un carattere istituzionale e
deve contribuire, per quanto possibile, a fornire un
contributo di intelligenza, chiarezza, leggibilità e
conoscenza non soltanto al Parlamento, ma anche all'opinione
pubblica. Ogni qualvolta la Commissione antimafia diviene la
sede per una valutazione libera (come deve essere) su fatti
che hanno risonanza politica, su spiegazioni ed analisi di
tipo sociologico e politico-culturale, essa rischia di perdere
il proprio spessore istituzionale. Per un genere diverso di
confronto, per la normale dialettica, esistono le Assemblee
del Parlamento, all'interno delle quali le appartenenze si
manifestano, prevalgono, si confrontano e si scontrano.
                         Pag. 194
 Della caratteristica propria di questa Commissione dobbiamo
tutti essere gelosi perché è quella che ci consente di
spogliarci della parzialità propria della politica. E' questo
il servizio istituzionale che possiamo rendere e ritengo tale
aspetto estremamente importante.
   Ciò vale per la vicenda del rapporto tra mafia e politica
come per altre. Desidero sottolineare che tutto quello che
questa ordinanza contribuisce a chiarire meglio rispetto al
passato, nell'ambito del rapporto tra mafia e politica, è
rilevante. Come ho già affermato in sede di ufficio di
presidenza, tuttavia, sono particolarmente inquieto per lo
spiraglio che apre sul rapporto tra criminalità organizzata e
istituzioni dello Stato, magistratura. Non intendo, onorevole
Taradash, criminalizzare nessuno; il mio è un dissenso
culturale rispetto all'iperformalismo più che
all'ipergarantismo del dottor Carnevale, ma nessuno può
dimenticare che Scopelliti, sostenitore della pubblica accusa
nella I sezione penale guidata da Carnevale sulla revisione
del maxi-processo, è stato assassinato mentre stava redigendo
la sua requisitoria. Non possiamo trascurare tale dato; non
possiamo trascurare che, oltre all'indicazione delle
connivenze politiche si parla di strane manovre di pressione,
addirittura di corruzione (nell'ordinanza si fa riferimento a
pagamenti) perché era nota la disponibilità della magistratura
...
  MASSIMO BRUTTI. Non è la prima volta.
  PAOLO CABRAS. Lo so benissimo. Saranno tutte illazioni,
possono essere anche tentativi dispersivi e distraenti, ma
abbiamo il diritto, non solo noi (mi auguro che il Consiglio
superiore della magistratura abbia già avviato un'indagine) di
sapere. Un sospetto del genere non può permanere in quanto,
con le istituzioni, ucciderebbe anche la democrazia. Dobbiamo
approfondire tale questione con la sollecitudine che mi pare
sia stata manifestata nella totalità degli interventi di
questa mattina.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Quanto intendevo evidenziare è
in parte superato dall'intervento del senatore Cabras. Mi
riferisco alla necessità di approfondire la questione
riguardante la magistratura. Mi associo, pertanto, a tale
iniziativa, che dovrebbe essere inserita nel nostro programma
dei lavori.
  PRESIDENTE. Alcuni colleghi hanno sollevato il tema
delle priorità da seguire nei nostri lavori, se ascoltare,
cioè, prima i politici o seguire l'ordine che avevamo
stabilito. La maggioranza dei colleghi ha sostenuto la
proposta formulata dalla presidenza, che intendo dunque
ribadire, non solo per le considerazioni svolte dal senatore
Cabras, ma anche perché il confronto con chi ricopre
responsabilità politiche ha un senso se la Commissione è già
informata dei vari aspetti della questione. Si rischierebbe
altrimenti di svolgere un dibattito da aula parlamentare e non
da Commissione di inchiesta, come invece è necessario.
   Per quanto riguarda la preoccupazione sollevata con grande
senso istituzionale dai colleghi Ayala e Tripodi in merito ai
pentiti, dobbiamo decidere se ascoltarli: la scelta dei
collaboratori da sentire, dei tempi e delle modalità con cui
farlo costituisce un aspetto che dovrà essere concordato con
le autorità che con essi hanno rapporto diretto. Ricorderete
che a conclusione della mia esposizione iniziale ho posto
l'esigenza della non interferenza o danneggiamento delle
indagini e su questo aspetto essenziale siamo stati tutti
d'accordo. Mi sono permesso di avanzare questa proposta perché
ho consultato autorità di polizia e giudiziarie a tale
proposito; una volta che la Commissione avesse il nullaosta,
valuteremo come, quando e chi sentire e se ciò non
interferisca e sia al tempo stesso utile.
   La questione del rapporto tra mafia, politica e
magistratura posta dai senatori Brutti, Cabras e Ferrara e
dall'onorevole D'Amato ed altri ha indubbiamente grande
rilevanza perché questo rapporto con la politica deve aver
avuto in qualche modo una ricaduta: non si tratta, cioè di
                         Pag. 195
un dialogo astratto, bensì (da quello che risulta) un dialogo
teso a raggiungere risultati utilitaristici (non certo una
sorta di club). Dobbiamo quindi verificare se esso abbia
prodotto risultati, di che tipo e se connessi o meno con tali
relazioni. Altrimenti non si comprende quali sarebbero stati i
fini dei rapporti con il mondo politico. Tutto questo con
riferimento sia al versante giudiziario sia a quello
amministrativo (finanziamenti e così via). E' necessario agire
in tal modo anche per rendere serio il rapporto con i soggetti
politici chiamati in causa.
   Svolte queste precisazioni, dobbiamo assumere una
decisione sui tempi: è essenziale per il nostro lavoro,
infatti, la rapidità, pur senza essere superficiali. Se
concludessimo tra un anno non servirebbe a nulla. Potremmo
assegnarci come termine finale su questa materia il mese di
dicembre; sarebbe questo, a mio avviso, un termine
accettabile.
  ALFREDO GALASSO. Questo significa che ascolteremo i
politici per Natale?
  PRESIDENTE. Il termine del mese di dicembre riguarda il
completamento delle attività, che dovranno quindi essere
espletate prima del termine conclusivo.
  UMBERTO CAPPUZZO. Compatibilmente con gli altri
impegni...
  PRESIDENTE. Pongo in votazione il programma dei lavori
di cui ho dato precedentemente lettura.
(E' approvato).
  Prima di concludere, desidero far presente che nel corso
dei nostri lavori è pervenuta una telefonata che annunciava un
attentato dinamitardo alla Commissione che, peraltro, non si è
verificato.
La seduta termina alle 11,30.

 


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