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Violante: seduta 62
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Pag.2757
      PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                         indi
            DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                        INDICE
Audizione   del   senatore  Francesco   Mazzola,
Sottosegretario  di Stato pro tempore  alla  Presidenza
del Consiglio dei ministri:
Violante Luciano, Presidente    2759, 2760, 2761, 2762
        2763, 2767, 2768, 2769, 2771, 2773, 2774, 2775
        2776, 2777, 2778
Brutti Massimo                              2765, 2767
Butini Ivo                                        2772
Cabras Paolo                                      2769
Cappuzzo Umberto    2768, 2770, 2771, 2775, 2776, 2777
D'Amato Carlo                   2769, 2770, 2775, 2776
Florino Michele                             2772, 2773
Frasca Salvatore                      2763, 2764, 2765
Galasso Alfredo                 2761, 2762, 2763, 2768
Matteoli Altero                             2775, 2777
Mazzola Francesco,  Sottosegretario di Stato pro  tempore
alla Presidenza del Consiglio dei ministri  2759, 2760
         2761, 2762, 2763, 2764, 2765, 2766 2767, 2768
                                2771, 2774, 2775, 2777
Tripodi Girolamo                      2762, 2767, 2768
Audizione   dell'onorevole   Virginio   Rognoni,
Ministro dell'interno pro tempore:
Violante Luciano, Presidente    2778, 2779, 2780, 2783
                                2786, 2788, 2789, 2790
Brutti Massimo                              2780, 2782
Cabras Paolo                                      2779
Cappuzzo Umberto                            2787, 2788
D'Amato Carlo                               2782, 2788
Florino Michele                                   2788
Frasca Salvatore                            2785, 2786
Matteoli Altero                             2783, 2784
Rognoni Virginio, Ministro dell' Interno pro tempore
   2778, 2779, 2780 2781, 2782, 2783, 2784, 2788, 2789
Comunicazioni del presidente:
Violante   Luciano,  Presidente2790
Determinazione in ordine alla pubblicità di alcune
parti  dell'audizione  della seduta  del  17  settembre
1993:
Violante Luciano, Presidente                      2790
Seguito della discussione della relazione sulla
criminalità in Puglia:
Cabras  Paolo,  Presidente                  2792, 2795
                                 2796 2797, 2799, 2800
D'Amato Carlo                         2794, 2797, 2799
Florino Michele                       2792, 2794, 2795
Matteoli Altero                             2796, 2797
Sui lavori della Commissione:
Violante   Luciano,  Presidente                   2791
D'Amato Carlo                                     2791
Frasca Salvatore                                  2791
Pag.2758
Pag.2759
La seduta comincia alle 9,30.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione     del    senatore    Francesco     Mazzola,
sottosegretario  di Stato pro tempore  alla  Presidenza
del Consiglio dei ministri.
 PRESIDENTE. Abbiamo con noi il senatore Francesco
Mazzola, al quale abbiamo chiesto di essere qui per  la
vicenda  relativa  al  sequestro  Cirillo.  A  noi  non
interessa  ricostruire  complessivamente  la   vicenda,
perché  questo non è nei compiti della Commissione;  ci
interessa piuttosto capire il rapporto che si è svolto,
se si è svolto un rapporto, tra apparati istituzionali,
apparati  pubblici e camorra. Ci è stato detto  dall'ex
vicedirettore  del SISDE, attuale capo  della  polizia,
che  il  senatore  Mazzola, allora sottosegretario  con
delega ai servizi di sicurezza, venne informato sia del
rapporto  avviato con Cutolo sia della  dismissione  di
questo  rapporto da parte del SISDE e poi dell'ingresso
di  altro  soggetto,  cioè il SISMI.  Può  il  senatore
Mazzola  informare  la Commissione  su  tale  questione
specifica,  perché questa a noi interessa?  Capisco  il
tempo  passato e le dichiarazioni già rese,  ma  a  noi
interessa soltanto questo aspetto.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Vorrei  premettere  che questa vicenda  ha  assunto  un
significato particolare e importante successivamente al
momento  in  cui  si svolse, perché quello  in  cui  si
svolse era un momento particolarissimo di impegni e  di
eventi,  che vorrei brevissimamente ricordare solo  per
rendere  evidente  alla Commissione  che  cosa  accadde
durante  quei due mesi (per me furono due mesi,  perché
il  sequestro  di Cirillo si concluse, se  non  ricordo
male, alla fine di luglio ma nel frattempo vi era stata
la  crisi  di  governo e dal 2 luglio io  non  ero  più
sottosegretario  alla  Presidenza  del  Consiglio   con
delega  per i servizi perché era subentrato il  Governo
Spadolini,  nel quale il Presidente del  Consiglio  non
aveva conferito delega ad alcun sottosegretario).
   In  quel  periodo  noi avemmo (me lo  sono  annotato
perché  sarebbe  stato  difficile  ricordare  tutto   a
memoria),  dal  27 aprile al 2 luglio 1981  (ossia  nel
periodo   interessato),  il  sequestro  Taliercio,   il
sequestro del fratello di Patrizio Peci, l'attentato  a
Papa Giovanni Paolo II, l'uccisione del commissario  di
pubblica sicurezza Vinci, il ferimento dell'avvocato di
Patrizio  Peci,  il rapimento dell'ingegner  Sandrucci;
poi   si   svolsero  le  elezioni  amministrative,   il
referendum sull'aborto e tutta l'indagine relativa alla
lista della P2, che era contestuale.
    Personalmente,  affrontai  in  quel   periodo   due
dibattiti  in Parlamento sul caso Cirillo e  sulla  P2,
oltre a tre dibattiti nel Comitato parlamentare per  il
controllo  sui  servizi  di sicurezza  sulla  questione
della  P2.  Dico  questo per sottolineare  che  in  una
situazione  del genere l'attenzione che fu dedicata  al
sequestro  Cirillo  era  un'attenzione  necessariamente
limitata da questa contestualità di fatti.
   Venendo alla domanda specifica, fin dal primo giorno
del  sequestro noi fummo informati, alla Presidenza del
Consiglio, che i servizi, e in specie il
Pag.2760
SISDE,  in base ad una direttiva di carattere  generale
che  era  stata  emanata dal Presidente  del  Consiglio
precedente  (credo  si trattasse  di  Cossiga,  se  non
addirittura  di  Andreotti, non ricordo  bene,  ma  non
proveniva  dal Governo Forlani, allora in  carica),  si
sarebbe  attivato  alla ricerca di notizie  all'interno
delle  carceri, perché si era già determinato,  fin  da
tempo  prima, in base ad una serie di informative fatte
dai  servizi, che si stava verificando un  fenomeno  di
connessione sempre più stretta fra il terrorismo  e  la
criminalità  comune. Si era quindi  ritenuto  opportuno
indicare specificamente l'ambiente carcerario  come  un
ambiente all'interno del quale effettuare operazioni di
raccolta di notizie per cercare di arrivare alla radice
o  ad  avere notizie più precise su queste connessioni,
di  cui  si  andava  dicendo, sempre  più  strette  tra
terrorismo  e criminalità comune. Quindi, il  SISDE  si
attivò all'interno delle carceri.
Dopo alcuni giorni (non posso ricordare esattamente
quanti) ...
   PRESIDENTE.  Si  parlò  di  criminalità   comune   o
specificamente di camorra?
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.  Si
parlò di criminalità comune.
   Dopo  non  molti giorni (direi nove, dieci,  undici,
massimo una dozzina di giorni, ora non ricordo la  data
precisa  ma  comunque si trattò di un  lasso  di  tempo
breve)  ci  venne comunicato dai due vicedirettori  che
sostituivano  di  fatto  i due  direttori  sospesi  dal
servizio perché risultati iscritti nella lista della P2
(Santovito  fu sostituito da Mei e Grassini da  Parisi)
che,  essendosi  determinato che  il  SISMI  aveva  più
possibilità  di  ottenere notizie perché  disponeva  di
canali   più   adeguati,  i  due   servizi,   d'intesa,
stabilirono che della questione si sarebbe occupato non
più il SISDE ma il SISMI. Questo ci fu comunicato.
PRESIDENTE.  Da  chi? Ricorda da quale persona  fisica?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non
ricordo  da quale dei due, ma credo da tutti e due  ...
Fu detto che era intervenuta un'intesa tra di loro; può
darsi che fosse addirittura il prefetto Pelosi, anzi il
prefetto  Maiello, che sostituiva il  prefetto  Pelosi,
anch'egli sospeso per la questione della P2. Adesso non
ricordo  se  fu il CESIS o furono loro, ma comunque  ci
dissero  che  d'intesa  tra loro avevano  ritenuto  che
fosse più opportuno che se ne occupasse il SISMI perché
aveva dei canali più adeguati.
 PRESIDENTE. Lei da chi aveva ricevuto il primo avviso
che  si  prendeva  contatto con la criminalità  comune?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Era
un fatto quasi automatico, perché ci dissero subito ...
PRESIDENTE. Quando lei afferma "ci dissero" a chi si
riferisce? Fu il SISDE a riferire a lei?
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore  alla  Presidenza del Consiglio  dei  ministri.
All'inizio sì. Il SISDE disse: "Noi ci attiviamo perché
riteniamo   che  in  base  alla  direttiva  sia   utile
raccogliere informazioni nelle carceri".
PRESIDENTE. In questo quadro, venne fuori che, essendo
stato  commesso  il fatto a Napoli,  città  in  cui  la
camorra  era  abbastanza  forte,  sarebbe  stato  utile
andare in quella direzione, oppure fu soltanto una cosa
generica?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. No,
fu una cosa generica. Debbo dire che quando vi fu la
comunicazione  che se ne sarebbe occupato  non  più  il
SISDE ma il SISMI, questa fu fatta in base anche ad una
Pag.2761
direttiva  di  carattere generale, che  era  allora  in
vigore, per la quale ...
 PRESIDENTE. C'era il sussidio reciproco.
   FRANCESCO  MAZZOLA,  Sottosegretario  di  Stato  pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. ...
c'era  il  sussidio reciproco in attesa  che  il  SISDE
avesse
un'organizzazione   completa   per   potersi   occupare
esclusivamente  lui  delle  questioni  della  sicurezza
democratica. Questa comunicazione ci venne fatta ma non
ci  si parlò di camorra né tanto meno di Cutolo (questo
avvenne  il  decimo-dodicesimo giorno); successivamente
non   vi  furono  più  comunicazioni  specifiche  sulla
vicenda: su quest'ultima, che era un sequestro in atto,
non  ci  fu più un'informazione continua perché  questa
non  avveniva mai. Oltretutto in quel caso non  avvenne
perché  -  lo  ripeto - in due mesi ogni cinque  o  sei
giorni  si poneva una questione nuova; ma anche  da  un
punto  di  vista generale, non avveniva che  i  servizi
riferissero costantemente su queste operazioni avviate,
perché  in effetti la funzione del sottosegretario  non
era  quella  di  seguire le operazioni  gestionali  dei
servizi.
 PRESIDENTE. I ministri erano stati informati?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Penso  di  sì,  perché  così come  l'hanno  detto  alla
Presidenza  del Consiglio debbo ritenere che  l'abbiano
detto   ai   ministri.  Adesso  non   ricordo   se   la
comunicazione,  oltre  che  orale,  fu  anche  scritta.
Ricordo  sicuramente che fu orale; se fu anche  scritta
dovrebbe esservene traccia negli atti del CESIS.
In   genere   la   comunicazione   portava   in   calce
l'indicazione
se  i  ministri erano informati; se a me mandavano  una
notizia,  sotto  c'era  scritto "ministro  dell'interno
informato"  oppure  "ministro della difesa  informato".
Reciprocamente,  la  notizia  che  veniva  inviata   al
ministro   dell'interno   doveva   portare   in   calce
l'indicazione "Presidenza del Consiglio informata".
Non ricordo - lo ripeto - se la notizia fu comunicata
anche  per  iscritto, mentre ricordo con  certezza  che
venne  comunicata verbalmente. Se comunque fu trasmessa
anche  per iscritto dovrebbe risultare dagli  atti  del
CESIS.
ALFREDO   GALASSO.   Desidero  esprimere,   se   mi   è
consentito,
senatore,  una certa stupefazione per il contrasto  tra
la  gravità  del  fatto e la superficialità  di  questo
rapporto tra SISDE, SISMI e così via nella vicenda.
Il SISDE e il SISMI si mettono d'accordo perché devono
proseguire  nella ricerca, se non ho  capito  male,  di
informazioni dentro il carcere attraverso  i  criminali
comuni  che  si diceva potessero avere rapporti  con  i
terroristi, i brigatisti, in quell'occasione.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non
in quell'occasione, in generale.
  ALFREDO  GALASSO. In generale e comunque a  proposito
di  notizie di questo genere. Non vi fu un appuntamento
per   un'informativa  ulteriore  man  mano  che  questa
vicenda si andava sviluppando? Lei ha fatto riferimento
al 2 luglio, ma dal 29 aprile al 2 luglio il periodo  è
abbastanza lungo. Non vi fu un'informativa del SISDE  o
del  SISMI  o  di  entrambi su che cosa  era  successo?
Sappiamo che poi alcuni agenti andarono nel carcere  di
Ascoli  Piceno  e  si incontrarono con  Cutolo.  Questa
iniziale  idea di raccogliere notizie deve avere  avuto
quindi  degli  sviluppi, perché  dalla  raccolta  delle
notizie  al rapporto non più con i criminali comuni  ma
con la banda Cutolo
ecol  suo capo deve essere successo qualcosa.  SISMI  e
SISDE
andarono avanti per conto loro perché voi avevate altro
di   cui   occuparvi,   visto  che   era   un   periodo
particolarmente
Pag.2762
  tormentato  per l'ordine pubblico: questo  mi  sembra
francamente piuttosto incredibile.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore  alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  .
Onorevole Galasso, la legge n. 801 del 1977 non prevede
che  il  Presidente  del  Consiglio  o,  per  esso,  il
sottosegretario delegato, svolga un'azione di controllo
sulle  operazioni  dei  servizi,  ma  una  funzione  di
direzione  politica  e  di controllo  sulla  osservanza
delle  direttive che la Presidenza del Consiglio  emana
ogni anno.
Nella vicenda di specie, una volta assodato (perché  ce
lo
comunicarono)  che  il SISMI era  subentrato  al  SISDE
nell'operazione di ricerca di notizie sui rapporti  tra
criminalità  comune e terrorismo nel caso Cirillo,  non
vi  era  da  parte  dei  servizi  nessuna  esigenza  di
informare  la  Presidenza del Consiglio delle  fasi  di
tale  operazione,  se  non alla sua  conclusione,  come
avveniva del resto in tutti i casi.
Vorrei fosse chiaro alla Commissione che la rilevanza
della vicenda Cirillo è emersa anni dopo; per noi  esso
era  un sequestro come un altro, come gli altri due che
erano   in  corso  nello  stesso  periodo,  quello   di
Taliercio  e  quello di Sandrucci. Non era  ancora  "il
sequestro  Cirillo"!. Vorrei che questo fosse evidente;
soltanto  successivamente tale vicenda è diventata  "il
sequestro Cirillo". Dopo la sua liberazione, negli anni
successivi,  è  emersa la rilevanza della  vicenda,  ma
allora per noi esso era un sequestro come gli altri due
che  in  quel  momento  erano in  corso.  Tra  l'altro,
essendo  continuamente, tutti i giorni, sotto tiro  con
questioni  di  vario  genere,  non  dedicammo  al  caso
Cirillo nessuna attenzione particolare.
 ALFREDO GALASSO. Eravate in un altro mondo?
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Ma
come  in  un  altro  mondo! I fatti vanno  valutati  in
relazione all'epoca in cui si sono svolti!
ALFREDO  GALASSO.  Ed  io mi riferisco  a  quell'epoca!
PRESIDENTE. Vorrei fornire un elemento di conoscenza
alla  Commissione; lei, senatore Mazzola,  afferma  che
foste
informati  prima  dell'avvio, poi del passaggio  SISDE-
SISMI,  e  poi  più  nulla. Vorrei  ricordarle  che  in
un'audizione presso la Commissione stragi, nella seduta
del 27 aprile 1989, lei affermò...
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Quello che ho dichiarato allora, lo confermo oggi,  sia
ben inteso!
   PRESIDENTE.  Per  chiarezza,  trattandosi  di  fatti
accaduti  molti anni fa, do lettura delle dichiarazioni
da  lei  rese  in  quella sede:  "Per  quanto  riguarda
Musumeci debbo dire che questi rappresentava per me  un
mistero,  perché  nella mia attività di sottosegretario
ai  servizi  l'ho visto una sola volta, ed  esattamente
durante  il  caso Cirillo. Più specificamente  Musumeci
venne  da  me,  insieme  al dottor  Maiello,  vice  del
prefetto Pelosi, quando ormai Santovito era in  congedo
ordinario,  per  dirmi  che  le  attività  relative  al
sequestro   Cirillo  promettevano  bene,  che   c'erano
speranze   di  identificare  il  covo  e  di   liberare
l'ostaggio.  Questo poteva accadere  all'incirca  nella
prima metà..."
 GIROLAMO TRIPODI. Allora c'era, si occupava...
   Può  capitare, dopo anni... Chiedessero a  noi  cosa
facevamo nel 1989 non sapremmo rispondere. Proseguo:
PRESIDENTE. "Questo poteva accadere all'incirca nella
prima metà del giugno 1981; Musumeci faceva parte della
lista  P2 e venne poi messo in congedo, come tutti  gli
appartenenti all'elenco, il 21 giugno 1981".
Pag.2763
   Quindi,  su  questa  vicenda vi  è  stato  un  altro
contatto di Musumeci il quale, nella metà di giugno del
1981,   dichiarò  che  le  trattative  stavano  andando
avanti.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Adesso ricordo, ma devo dire sinceramente che prima non
lo ricordavo; tra l'altro non ho neanche avuto il tempo
materiale di rileggere quella deposizione.
Credo di aver dimenticato di precisare che ovviamente
tutto  quello  che ho affermato presso  la  Commissione
stragi,  in un epoca in cui la memoria era più  vicina,
lo confermo.
PRESIDENTE. Quindi, Musumeci venne da lei...
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore  alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  .
Sì. Veramente, per me Musumeci è un mistero, e lo dissi
al  magistrato che indagava sul super SISMI, di cui non
ricordo il nome.
 PRESIDENTE. Credo fosse Sica.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Forse  era  Sica.  Per  quanto  ne  sapevo  io,  questo
personaggio,   salito   agli   onori   della    cronaca
successivamente,  non  aveva nessun  ruolo  particolare
all'interno  del  SISMI. Io non l'avevo  mai  visto,  e
quella  è stata la prima volta che lo vidi. Non era  un
direttore  di sezione, e quelli con cui trattavo  erano
Santovito e Notarnicola...
 PRESIDENTE. E a che titolo venne?
   FRANCESCO  MAZZOLA,  Sottosegretario  di  Stato  pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Probabilmente perché lui si occupava di quella vicenda;
venne  accompagnato dal prefetto Maiello,  che  era  il
vice  di  Pelosi. E' probabile che se fosse  venuto  da
solo non lo avrei ricevuto.
 ALFREDO GALASSO. Pelosi chi era?
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore   alla Presidenza del Consiglio dei ministri  .
Era il segretario generale del CESIS.
PRESIDENTE.  Anche lui iscritto alla P2  e,  quindi,...
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .  E
quindi in congedo, cioè sospeso dalle sue funzioni.
PRESIDENTE. Posto poi in congedo da Forlani.
ALFREDO GALASSO. In sostanza, mi pare di capire che dal
momento  in cui si ha notizia che della vicenda  se  ne
occupa  il SISMI, perché ha più possibilità del  SISDE,
tutto  quello  che è avvenuto, in maniera assolutamente
"deviata" rispetto al programma originale di ricerca di
notizie,  è sfuggito, è avvenuto senza nessun controllo
politico.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore  alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Certo,  perché  se ci fosse stata la comunicazione  che
stavano  facendo altro rispetto a quello  che  dovevano
fare,  e  cioè  ricercare notizie,  quanto  meno  avrei
sollevato la questione.
ALFREDO GALASSO. Resta il fatto che in carcere ci sono
entrati; qualcuno deve avergli dato il permesso.
   FRANCESCO  MAZZOLA,  Sottosegretario  di  Stato  pro
tempore  alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  .
Non
certo la Presidenza del Consiglio; lei è avvocato  come
me  e  sa  che  non  è  certo  la  Presidenza  che  può
rilasciare permessi per entrare in carcere.
 SALVATORE FRASCA. Socrate diceva: "Sono amico di
Platone, ma maggiormente amico della verità";  io  sono
amico
del senatore Mazzola, ma voglio essere
Pag.2764
maggiormente  amico  della verità parlamentare.  Perciò
desidero  rivolgergli alcune domande alla  stregua  dei
risultati    del   lavoro   svolto   nella   precedente
legislatura  dalla Commissione stragi, delle  audizioni
svolte  da  questa Commissione e delle affermazioni  di
pentiti rese recentemente alla Commissione stessa.
   Comincio  con la parte politica. Il pentito  Galasso
ha  dichiarato una prima volta e ripetuto  una  seconda
volta che a lui risulta che uomini politici hanno avuto
contatti  con  il signor Cutolo nel carcere  di  Ascoli
Piceno.  E' risultata vera a                lei  ed  al
Governo tale notizia? Questo è il primo dei
misteri da sciogliere.
   Dalle  audizioni del prefetto Parisi e del  generale
Mei  è  emerso  che  il  contatto  con  la  delinquenza
organizzata,   la   camorra,   era   finalizzato   alla
individuazione  della prigione in cui era  in  ostaggio
Cirillo  e,  quindi,  alla  sua  liberazione,  ed  alla
cattura dei responsabili del sequestro. Per raggiungere
tale obiettivo si mobilitò in un primo momento il SISMI
e,  successivamente, quando quest'ultimo si accorse che
il SISDE poteva fare meglio e di più ...
   FRANCESCO  MAZZOLA,  Sottosegretario  di  Stato  pro
tempore  alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  .
No, è il contrario.
SALVATORE FRASCA. Esattamente il contrario; quindi,
dicevo,  l'operazione passò al SISMI che poteva operare
meglio  in  quanto  più qualificato  professionalmente,
anche  perché disponeva di uomini che avevano  condotto
indagini  del genere. Accadde che quest'ultimo incaricò
alcuni  funzionari di prendere contatti con  il  signor
Cutolo nel carcere di Ascoli Piceno e che essi si  sono
avvicendati,  intrattenendo  colloqui  con  lo   stesso
Cutolo  per 5-7 ore. Ad un certo momento -  si  dice  -
anche  il  SISMI  si  è  messo  in  disparte  ed  altri
personaggi, che non si sa se siano del mondo  politico,
ma  si  ritiene che appartengano ad esso, si sono messi
in circuito per condurre una trattativa diretta.
   Da  quanto ha dichiarato il prefetto Parisi  risulta
che  al momento del passaggio dal SISDE al SISMI vi  fu
una   riunione  presso  la  direzione  generale   degli
istituti di prevenzione e pena del Ministero di  grazia
e  giustizia, di cui era direttore il dottor Sisti.  In
quel  momento si chiese da parte del SISMI, ma  con  il
consenso del SISDE, di far frequentare a funzionari dei
servizi  segreti il carcere di Ascoli  Piceno.  Come  è
possibile  che tutto questo sia rimasto  a  livello  di
funzionari?  Senatore  Mazzola,  questa  tesi  non  può
essere  accettata,  tanto più che  viene  smentita  dal
prefetto  Parisi il quale ha dichiarato che i  ministri
competenti  -  ed  io ritengo anche lei,  che  in  quel
momento  rappresentava il Presidente del Consiglio  dei
ministri  e coordinava l'attività dei servizi  venivano
informati sistematicamente. Quindi non vi è dubbio  che
vi sia stato l'avallo delle forze politiche governative
del tempo, alle quali, in caso contrario, dovremmo dare
una  patente  di  imbecillità.  E'  una  cosa  che  non
vogliamo   fare,  perché  abbiamo  stima   e   rispetto
dell'intelligenza  politica  di  coloro  che  in   quel
momento  erano  Presidente del  Consiglio,  ministri  e
sottosegretari  di Stato. Quindi,  non  è  il  caso  di
lavarsi  le mani, ma di aiutare il Parlamento a  capire
quello che è accaduto e, soprattutto, a stabilire  come
sia stato possibile che nell'ambito dei colloqui, delle
indagini e delle visite effettuate presso il carcere di
Ascoli Piceno, si siano potuti inserire uomini politici
che  a  giudizio  di un certo pentito, ascoltato  dalla
Commissione, dovrebbero essere Tizio, Caio e  Sempronio
(non  mi piace citare i nomi, perché il problema non  è
di natura personale).
Senatore Mazzola, da tutto questo emerge una profonda
verità e cioè che è stata cambiata la linea del Governo
e della maggioranza che lo sosteneva, perché dalla tesi
della  fermezza si è passati a quella della trattativa.
Voglio  precisare che per quanto mi riguarda,  in  quel
momento,  appoggiavo la linea del mio partito  che  era
quella  per il negoziato, la trattativa, ma - ripeto  -
la  maggioranza  del tempo, la chiesa  comunista  e  la
chiesa
Pag.2765
cattolica   di   allora,  erano  orientate   in   senso
contrario.  Poiché  quella maggioranza  era  favorevole
alla  tesi  della  fermezza,  desidero  sapere  chi  ha
cambiato  la  linea  politica, e come  ciò  sia  potuto
avvenire  al  di  fuori delle istituzioni  dello  Stato
abilitate - se mai - a modificarla.
   FRANCESCO  MAZZOLA,  Sottosegretario  di  Stato  pro
tempore  alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  .
Non
ho  ben capito la sua domanda senatore Frasca, mi  pare
che lei si sia limitato ad esporre le sue opinioni,  la
sua teoria, sul caso Cirillo...
  SALVATORE FRASCA. Non sono le mie opinioni: questo  è
quanto  è emerso fino ad ora. L'ultimo commento esprime
una  mia  opinione, ma quello che ho detto è dimostrato
dalle indagini.
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Si
immagini, senatore Frasca, se il sottoscritto,  che  ha
avuto  una  parte,  sia  pure di minor  rilievo,  nella
vicenda  dell'onorevole Moro, e  che  ha  subito  sulla
propria  persona  la  tragedia  della  politica   della
fermezza nei suoi confronti, avrebbe cambiato linea nei
confronti di Cirillo, che non sapevo nemmeno chi fosse!
Questo mi indigna perché, le ripeto, se avessimo dovuto
trattare, lo avremmo fatto per l'onorevole Moro, e  non
per  Cirillo!  Quindi non vi fu nessun  cambiamento  di
linea da parte del Governo sulla questione Cirillo;  se
qualcuno  ha trattato per conto proprio lo ha  fatto  a
tale  titolo,  ma  non rappresentava il  Governo  della
Repubblica.
Se poi lei dice che devo scegliere tra la qualifica di
imbecille  e quella di manutengolo della direzione  dei
servizi,  preferisco  mille  volte  essere  considerato
imbecille.
  MASSIMO BRUTTI. In occasione della prima riunione del
Comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica,  che  si
tenne  dopo  il sequestro Cirillo, vi fu un  intervento
del  sottosegretario Sanza, il quale, in sostanza,  può
considerarsi  il punto di avvio dell'attività  volta  a
ricercare  tutti  i  canali  di  comunicazione  con  la
criminalità  organizzata,  soprattutto  nella  zona  di
Torre  del Greco, dove era forte la camorra di  Cutolo,
per   contribuire   a  sbloccare  la   situazione   del
sequestro.  Sanza  dice:  in quella  zona  c'è  un'alta
densità criminale, attiviamo tutti i canali possibili.
Può considerarsi questo l' input politico, dal quale
poi  attraverso  una  serie di passaggi  si  giunge  al
rapporto   con   Cutolo  e  alla   trattativa.   Voglio
sottolineare il fatto che Cutolo non poteva avere alcun
interesse  a collaborare in ordine a questa vicenda  se
non in funzione di una trattativa. Quindi l'approccio a
Cutolo  è  inevitabilmente e necessariamente l'apertura
di una trattativa.
Ora, lei dinanzi alla Commissione stragi dichiarò che,
correttamente  e secondo le previsioni  normative,  non
veniva  convocato  a quelle riunioni del  Comitato  per
l'ordine  e  la sicurezza pubblica. Mi chiedo  però:  è
possibile che lei, con la responsabilità che aveva, non
ebbe  affatto notizia di questa prospettiva? Se non  ha
avuto  notizia, vuol dire che non l'ha avuta... Ma  non
se  ne parlò affatto? Non si discusse sulla possibilità
di  attivare  canali  in  direzione  della  criminalità
organizzata?  Ella  non  fu  informato  minimamente  di
questo? Se la risposta è "no", ci fermiamo qui perché è
inutile   continuare  a  "sondarla"   e   a   chiederle
informazioni in ordine a vicende sulle quali  ella  non
ha svolto alcun
controllo in quei giorni.
   Questo è il primo punto. Il secondo riguarda  invece
l'altro aspetto di quanto ci hanno detto Parisi e  Mei,
ed è un aspetto molto delicato. Mi pare che essi dicano
entrambi   che  fino  ad  un  certo  punto  c'è   stata
un'attività  dei  servizi (prima del SISDE  e  poi  del
SISMI) perché ad un determinato momento è subentrato un
terzo soggetto. Ora, questo terzo soggetto non viene da
Marte!   In  realtà,  per  tutto  quello  che  sappiamo
(processi  svolti, deposizioni rese), si tratta  di  un
gruppo  di  potere all'interno del SISMI, che  voi  non
potevate non conoscere.
Pag.2766
  Lo  conoscevate  o, per lo meno, ne  conoscevate  gli
esponenti;  forse non avevate presente  il  radicamento
dentro il servizio di questo gruppo di potere.
Per   esempio,  lei  conosceva  Pazienza?  Le  è  stato
presentato
da Santovito? Quali funzioni svolgeva Pazienza?
   Noi  sappiamo, per i processi che ci sono  stati  su
questa  vicenda  del super SISMI, che c'è  un  episodio
abbastanza singolare, la montatura di un'operazione  di
disinformazione,  di  "intossicazione"  informativa  ai
danni   del  fratello  dell'allora  Presidente  Carter,
durante  la  campagna elettorale per le elezioni  negli
Stati Uniti. Questa operazione venne compiuta da questo
gruppo  di potere utilizzando apparecchiature SISMI  ed
un agente del SISMI in Sicilia (un agente Zeta, così si
chiamava,  che  poi  era il Piazza,  uomo  legato  alla
massoneria, eccetera).
   Questa operazione accredita Pazienza e il suo gruppo
di  potere presso l'amministrazione americana, tanto  è
vero che Pazienza dichiara - ed altri dichiarano -  che
proprio in funzione di tale operazione, che andò a buon
fine, e del rapporto che si era stabilito con Haig, poi
segretario  di  Stato,  Pazienza organizza  il  viaggio
dell'onorevole  Piccoli negli Stati  Uniti.  C'è  anche
un'altra  deposizione nella quale si dice una cosa  che
ella  potrà  avere  occasione di smentire  qui,  e  che
probabilmente  ha  già  smentito,  ossia  che  Pazienza
millanta  di  avere organizzato anche  un  suo  viaggio
negli Stati Uniti.
   Insomma, le era noto questo gruppo di potere?  Aveva
capito  che  c'era qualcosa di oscuro? Le sue  funzioni
erano  di  vigilanza e di direzione sui servizi;  aveva
capito  che c'era qualcosa, che questi si muovevano,  e
per  conto loro, che Santovito non contava niente,  che
era nelle loro mani? Nei giorni del sequestro Cirillo è
possibile  che  non  vi  siate  posti  il  problema  di
controllare   queste  degenerazioni  che  forse   erano
intuibili,  visto che già erano uscite le  liste  della
loggia  massonica P2 ed eravate rimasti  un  po'  tutti
scottati   (lei   stesso  aveva   un   suo   segretario
particolare  che era nelle liste della loggia  P2)?  E'
possibile  che  non  vi  siate  posti  il  problema  di
esercitare    subito    un'attività    di     controllo
rigorosissima, in un mondo melmoso come quello  che  vi
circondava?
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore  alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  .
Senatore  Brutti, la maggior parte delle questioni  che
lei  ha sollevato sono state ampiamente poste nel corso
di  due  indagini parlamentari, condotte  dal  Comitato
parlamentare   sui   servizi  di  sicurezza   e   dalla
Commissione  stragi. Essi attengono ad una materia  che
io  considero  in  qualche  misura  estranea  a  questa
Commissione.  Credo infatti di capire che  il  problema
sia quello che ha posto all'inizio il presidente, ossia
del   rapporto  tra  criminalità  comune,   camorra   e
istituzioni. Cosa dovrei quindi dirle? Debbo dirle  che
il   cosiddetto   super   SISMI,   o   SISMI   deviato,
all'epoca... sarà perché... Non è che uno si improvvisa
esperto  in  questa materia... Io non ho mai  avuto  la
sensazione di questa
struttura  interna al SISMI, finché,  anni  dopo,  alla
luce  di  notizie  riportate dai  giornali...  uno  poi
ragionando  può riuscire a mettere insieme delle  cose,
che  prima,  mentre sta lavorando,  non  è  riuscito  a
mettere insieme.
   D'altra  parte,  la  funzione  di  sorveglianza  del
Presidente  del  Consiglio  e  del  sottosegretario  si
sviluppa sulla base delle informazioni che gli  vengono
date  dai  servizi. Se uno dei due servizi (o entrambi)
sta  deviando già da un pezzo, certamente non  viene  a
dirlo!  Allora diventa un po' difficile la sorveglianza
di un soggetto, sulla base delle cose che ti dice e che
ti  disinforma. Quindi anche se può sembrare banale, in
effetti è così! Io poi mi sono interrogato più volte su
come si può modificare la legge; alcuni anni fa, presso
la  I Commissione affari costituzionali della Camera ci
fu un dibattito su tale questione.
   L'impianto  della legge n. 801 rende  difficilissimo
vorrei  dire  impossibile  -  il  raggiungimento  degli
obiettivi  che  vengono  assegnati  alla  funzione   di
coordinamento  e  di  controllo  della  Presidenza  del
Consiglio. Però, le ripeto, se io avessi mai
Pag.2767
avuto  la  sensazione che l'operazione si era  deviata,
nel   senso   che   invece  di  ricercare   notizie   e
informazioni, avevano avviato una trattativa...
  MASSIMO BRUTTI. Il nome di Cutolo glielo ha mai fatto
nessuno?
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Il
nome di Cutolo non mi è stato fatto. Assolutamente  no!
Pazienza mi fu presentato dal generale Santovito. Ma mi
fu
presentato  come  un consulente del servizio,  uno  che
lavorava  a  cachet . Che io sapessi lui  non  era  nei
libri paga; ma
credo che non lo fosse.
    Tra   l'altro,  questo  Pazienza,  che  è  un  noto
millantatore ma questa dichiarazione io l'ho  già  resa
anche nell'aula del Senato -, non organizzò affatto  il
mio  viaggio negli Stati Uniti. Io mi recai negli Stati
Uniti  insieme  all'allora vice  direttore  del  SISMI,
generale   D'Ambrosio,  su  invito   della   Georgetown
University,  che  aveva  organizzato  un  seminario  su
attività, su alcune questioni della CIA: questioni  che
erano  di principio e non operazioni in senso concreto;
un  seminario di informazione sui criteri... Andai  con
lui.  Successivamente  me ne andai  a  New  York,  dove
comparve  Pazienza - io non sapevo nemmeno che  sarebbe
venuto  -,  il quale organizzò una cena a cui  andarono
alcune  persone, tra le quali - lo dico per  dimostrare
che  la  cena era di un certo livello - c'era  l'allora
vice  governatore, oggi governatore,  Cuomo;  c'era  il
sindaco   di  New  York,  che  allora  era  il   famoso
democratico Koch!
   Pazienza organizzò quella cena, ma io ero andato con
il  generale  D'Ambrosio  su  invito  della  Georgetown
University e avevo incontrato il gruppo di transizione.
C'era  allora infatti il passaggio dall'amministrazione
Carter a quella Reagan; adesso non ricordo da chi fosse
guidato  il gruppo. Ma non era Pazienza. Io non  so  se
Pazienza  abbia  organizzato  o  meno  il  viaggio   di
Piccoli. Certamente quello che feci io non lo organizzò
lui.  Ma questa è una dichiarazione che io ho già  reso
nell'aula del Senato...
 PRESIDENTE. Non era Michael Leedin?
   FRANCESCO  MAZZOLA,  Sottosegretario  di  Stato  pro
tempore  alla Presidenza del Consiglio dei  ministri  .
No,
Ledin  faceva  parte del gruppo,  ma  non  era  lui  il
presidente. GIROLAMO TRIPODI. Mi pare che, nel corso
dell'esposizione fatta stamane anche  a  seguito  delle
domande  poste all'inizio dal presidente,  il  senatore
Mazzola  abbia  affermato che  la  questione  del  caso
Cirillo era stata
affrontata  come un fatto di ordinaria amministrazione,
non  come  un  fatto  rilevante e  che,  di  fronte  ai
molteplici  impegni che c'erano, la  vicenda  ha  avuto
poco rilievo e scarsa attenzione.
   Scopriamo  però, poi, che nel 1989, nel corso  delle
dichiarazioni rese dinanzi alla Commissione stragi,  ha
affermato che il generale Musumeci ha detto che il caso
Cirillo  si evolveva bene. Ciò vuol dire che allora  vi
interessavate e che questo fatto non era  di  ordinaria
amministrazione: se è venuto il generale  Musumeci  per
informare su tale vicenda, allora non c'è dubbio che la
cosa  era  chiara.  Rilevo  dunque  una  contraddizione
profonda  tra  le  affermazioni iniziali,  generiche  e
deludenti  e  l'affermazione  fatta  a  suo   tempo   e
ricordata dal presidente.
Mi  pare  che  le  inquietudini  continuano  a  rimaner
presenti
anche  stamane e che la situazione sia ancora nebulosa:
la  vicenda Cirillo ha rappresentato uno dei momenti di
svolta  nei  rapporti  tra  il  potere  politico  e  la
criminalità   organizzata.   Da   allora,   certamente,
attraverso quel rapporto e con l'intervento dei servizi
segreti  si  è  determinata una  saldatura  tra  potere
politico  e  potere camorristico-mafioso che  ha  avuto
sviluppi  terribili  nel  nostro  paese,  e  che   oggi
paghiamo.
    Senatore  Mazzola,  credo  che  su  questo  lei  ci
dovrebbe  dire qualcosa di più. Ciò che ci sta dicendo,
infatti, a me pare assai
Pag.2768
poco  rispetto alla gravità dei fatti e  al  ruolo  che
ella ha ricoperto in quel momento, in cui rappresentava
il Presidente del Consiglio, non era un passacarte! Lei
era  il  sottosegretario di Stato alla  Presidenza  del
Consiglio,  per  cui  aveva alte  responsabilità.  Come
diceva poco fa il collega Galasso, non solo emerge  che
ad    un   certo   punto,   pur   avendo   una   simile
responsabilità,  non  si occupa  di  un  problema  così
rilevante ma mi pare anche che lei - questa  è  la  mia
convinzione  - non stia dando un aiuto per andare  fino
in fondo e               scoprire l'intreccio che si  è
determinato in quel momento e
che  ha  creato  molti  elementi  di  devastazione  nel
tessuto democratico.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri . Io
non   posso  dire  niente  di  più,  perché  non  posso
inventarmi  delle cose per farle piacere.  Questo  l'ho
già   fatto  una  volta,  a    posteriori  ,  mi   sono
inventato delle cose, ma ho
scritto un romanzo... Non credo che tale vicenda  debba
essere  trattata  in  questo modo.  Io  vi  ripeto  con
assoluta sincerità che il caso fu trattato come  furono
trattati  gli  altri  casi che erano contemporaneamente
pendenti  (  Commenti del Presidente ). Da  noi,  dalla
Presidenza  del Consiglio, ovviamente. Gli fu  dedicata
la  stessa attenzione riservata a tutti gli altri  casi
esistenti  in quel periodo. Se io avessi avuto,  in  un
qualunque   momento,  la  sensazione   che   si   stava
sviluppando una deviazione rispetto alle direttive (che
erano di raccogliere informazioni nelle carceri e  non,
ovviamente, di fare trattative), sarei intervenuto. Ma,
sarà  stato  per la mia poca intelligenza,  sarà  stato
perché  - ripeto - le fonti di informazione che avevamo
erano  i servizi stessi (ed è evidente che se una parte
di   questi   ultimi  stavano  facendo  qualcosa,   non
sarebbero certo venuti a raccontarcelo), non  ho  avuto
questa  sensazione. Non avendola avuta, non  ho  potuto
fare  altro  che quello che ho fatto. Non  posso  dirvi
nulla di più, perché altrimenti dovrei inventarmi delle
cose.
PRESIDENTE.  Vorrei invitare i colleghi  a  considerare
che
il  fatto  importante emerso oggi, dal punto  di  vista
della  ricostruzione della vicenda, è che  il  senatore
Mazzola conferma che a metà giugno Musumeci dice che la
cosa è in
corso.
   FRANCESCO  MAZZOLA,  Sottosegretario  di  Stato  pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sì.
PRESIDENTE. Questa è la cosa importante, perché non ci
risultava   dai  dati  che  abbiamo  acquisito.   Anzi,
sembrava  che  dopo una ventina di giorni  tutto  fosse
finito.
  ALFREDO  GALASSO. Presidente, non ho compreso  questo
passaggio.
  PRESIDENTE. Noi abbiamo ascoltato il dottor Parisi il
quale ci ha detto che, dopo circa dieci giorni, avevano
ceduto  la mano al SISMI. Il generale Mei dice che,  al
ritorno  dagli  Stati  Uniti,  parla  non  so  se   con
Santovito  o con qualcun altro, il quale gli  dice  che
quella  vicenda è esaurita. La stessa cosa  afferma  il
dottor  Parisi  il  quale, ad un certo  punto,  avrebbe
parlato  con  qualcuno  - credo  con  Belmonte,  perché
Musumeci  non c'era - che gli conferma che  la  cosa  è
chiusa.  In realtà - non perché fosse in contraddizione
-  c'era  qualcuno  che stava comunque  continuando  ad
agire, tant'è che a metà giugno Musumeci si presenta  e
dice  che c'era qualcuno che stava muovendosi.  Ora  si
tratta di capire se si stava muovendo qualcuno - perché
questo  non poteva saperlo il sottosegretario  delegato
ai  servizi  - e se questo qualcuno si stesse  muovendo
nell'ambito delle politiche ufficiali o in altro modo.
UMBERTO CAPPUZZO. Quando fu liberato Cirillo?
 PRESIDENTE. Mi pare a fine luglio.
GIROLAMO  TRIPODI.  Era quello il  momento  cruciale...
Pag.2769
PRESIDENTE. Lo so. Comunque, lui non poteva saperlo che
si
trattasse del momento cruciale.
  CARLO D'AMATO. Mi rendo conto che stiamo parlando  di
una   vicenda   che   all'epoca   non   presentava   le
connotazioni che sono emerse nel corso di questi anni e
che, pertanto, alcune valutazioni sul caso espresse dal
senatore Mazzola sono obiettivamente comprensibili.
    Vorrei   fare  due  considerazioni  che  sottendono
altrettante  domande.  Anzitutto  chiedo:   quando   un
servizio segreto si definisce deviato? Quando agisce al
di fuori delle direttive politiche. Quale sarebbe stato
allora  l'interesse da parte del servizio o dei servizi
segreti a svolgere la propria attività nei confronti di
Cirillo, se non ci fosse stato alle spalle un input  di
ordine politico che li spingeva a fare questo?
Io non credo che ci sia stato un autocoinvolgimento dei
servizi  segreti, uno spontaneo autocoinvolgimento  che
ad un certo punto li avrebbe addirittura determinati  a
deviare  rispetto  alle  direttive,  per  svolgere  una
trattativa. Evidentemente - ripeto - vi erano input  di
ordine politico ai quali i servizi dovevano rispondere.
Tutta la
storia  delle deviazioni dei servizi segreti nel nostro
paese alla fine si fa sempre ascendere a responsabilità
interne ai servizi; in effetti qui io vedo invece che i
servizi  -  la  parte  ufficiale  o  quella  deviata  -
rispondono ad input
di  ordine  politico ben precisi. Ciò anche  perché  mi
pare  che  la regola finora seguita, senatore  Mazzola,
sia  stata quella per cui le carte sono sempre a posto:
arrivano  i  riscontri,  ci sono  le  comunicazioni,  i
Ministeri della difesa e dell'interno sono informati  e
quindi, praticamente, chi è presposto a questo tipo  di
sorveglianza  e di controllo delle direttive  politiche
non  ha  alcun rilievo o addebito da muoversi.  Sta  di
fatto  tuttavia che i servizi continuano a svolgere  le
loro iniziative.
La  considerazione non è soltanto di  ordine  politico.
Noi
abbiamo ascoltato Parisi. Parisi è ancora il capo della
polizia   nel  nostro  paese.  Se  in  ordine   ad   un
determinato  comportamento debbono, per certi  aspetti,
essere  mossi addebiti, credo che la Commissione  debba
fare  tutte le sue valutazioni rispetto a comportamenti
o a presunte deviazioni
anche   dell'attuale  capo  della  polizia,   all'epoca
direttore vicario del SISDE.
PAOLO CABRAS. Non ho capito perché l'attuale capo della
polizia avrebbe deviato.
  CARLO  D'AMATO.  Non che avrebbe  deviato...  Parisi,
all'epoca, ha avuto un incontro... Scusate, Parisi  era
il responsabile di fatto del SISDE.
PAOLO  CABRAS. Sì, ma ha lasciato dopo dieci  giorni...
CARLO D'AMATO. Sì, ma a questo punto chi ce lo dice che
ha lasciato? Io non lo so!
 PAOLO CABRAS. Nessuno, ma...
CARLO D'AMATO. Io voglio capire, perché a questo punto
non è più chiaro niente. Io non so se voi abbiate tutte
queste chiarezze.
 PAOLO CABRAS. Almeno questo era chiaro!
  CARLO  D'AMATO.  Va  bene, era chiaro  rispetto  alle
dichiarazioni,  ma  a questo punto voi  credete  ancora
alle  dichiarazioni? Se voi ci credete, possiamo  anche
fare  a meno di procedere all'audizione di Mazzola!  Io
voglio capire
(Commenti del senatore Cabras ). Quando sento che si
svolge  un  incontro presso il direttore  generale  del
Ministero  di  grazia e giustizia al quale  partecipano
Parisi  e - mi pare -     il responsabile del SISMI,  e
che nel corso di questo
incontro,  tra le altre cose, si autorizza la  presenza
di esponenti politici all'incontro con Cutolo ad Ascoli
Piceno.
PRESIDENTE. Questo no!
Pag.2770
  CARLO  D'AMATO. Certo! Granato di chi  faceva  parte,
scusi?  Granato chi era? Era il segretario di  Cirillo,
un uomo politico di un certo peso nella sua zona tant'è
che   è   stato  sindaco  di  Giugliano  e  consigliere
regionale della democrazia cristiana. Non era quindi un
quidam de populo . Si dice e si disse all'epoca - io ho
ascoltato  l'audizione  di  Parisi  che  fosse  Granato
perché  quest'ultimo  era  segretario  particolare   di
Cirillo  e poteva essere informato e quindi raccogliere
ed  utilizzare indicazioni che potessero emergere da un
eventuale  contatto positivo con Cutolo.  Mi  pare  che
questa  fosse l'argomentazione... In sostanza,  abbiamo
un  responsabile del SISDE, un responsabile del  SISMI,
il  direttore  generale  del  Ministero  di  grazia   e
giustizia: tutti costoro agiscono per rendere possibile
l'acquisizione  di una serie di notizie che  sottendono
evidentemente un coinvolgimento da parte  del  Governo,
perché  non  credo che un direttore generale  si  muova
autonomamente in assenza di considerazioni ed input  di
altro genere. E poi si viene
adire  che questo appartiene alla deviazione di  tutto!
Cioè,
in  questo paese tutto è deviato e tutto avviene al  di
fuori dell'ufficialità perché le carte sono a posto!
Io  voglio  sapere.  Mi  rendo conto  che  non  si  può
rispondere
al  di  là  delle proprie... Non vogliamo  fare  alcuna
speculazione politica ma, vivaddio, non era meglio  che
a  un  certo  punto si attestasse e si dicesse  che  da
parte  del Governo e da parte di chi sosteneva la linea
della  fermezza era venuto il momento...! Guarda  caso,
io  mi  rendo conto che vi è una grande contraddizione:
non  si  è  fatta la trattativa per Moro e invece  alla
fine  la  si  è fatta per Cirillo, perché evidentemente
gruppi di pressione politica sono stati talmente  forti
rispetto a Cirillo da riuscire a smuovere una serie  di
considerazioni  e  di attività. O servizi  ufficiali  o
servizi deviati; o Parisi dormiva o si era dinteressato
allora    o,   evidentemente,   vi   era   chi    aveva
un'intelligenza  particolare ed input  particolari  per
avviare e per acquisire una serie
di elementi che consentissero - com'è giusto, perché io
sono  convinto  che lo Stato non debba  mai  consentire
l'uccisione di qualcuno - la liberazione di Cirillo: da
questo non si scappa!
UMBERTO CAPPUZZO. Anzitutto vorrei ricordare, per i
contatti che avevo allora con il senatore Mazzola,  che
quanto  egli  ha detto è quello che a me risulta.  Devo
dire  che,  dal punto di vista istituzionale,  non  c'è
stata mai non dico la notizia, ma neanche la sensazione
che  il mandato iniziale di carattere informativo fosse
poi  degenerato in mandato di trattativa. Tuttavia,  da
un  punto di vista generale, se noi non mettiamo un po'
d'ordine  nel nostro modo di procedere, non  arriveremo
ad alcun risultato.
    Vorrei   ripercorrere  quanto  detto  dal  senatore
Mazzola. Allora era noto che i terroristi tendevano, in
una  nuova  fase,  a        mobilitare  il  così  detto
"carcerario", ad intervenire, cioè,
nei  riguardi dei detenuti per farne proseliti.  Ciò  a
seguito   del  fallimento  del  loro  tentativo   nelle
fabbriche.  Le  carceri  erano  diventate  oggetto   di
attenzione sotto il profilo informativo per i  riflessi
sulla  sicurezza del paese, al punto -     bisognerebbe
ricordarlo - che fu dato mandato al generale
Dalla  Chiesa  (si  trattò di  uno  dei  primi  mandati
attribuiti a quest'ultimo) di curare la sicurezza delle
carceri.  Con  grande abilità, Dalla  Chiesa  organizzò
questa attività di controllo che poi ebbe a lasciare ad
un  altro  generale  dell'Arma (che  successivamente  è
stato  vittima  delle Brigate rosse).  Questa  attività
lasciò  degli addentellati informativi molto importanti
nelle carceri, non dimentichiamolo! Il grande merito di
Dalla  Chiesa fu di avere smorzato la tensione  e  reso
impossibile  ogni  tentativo di  rivolta,  e  di  avere
bloccato   le   connessioni  tra  -  diciamo   così   -
criminalità  politica e criminalità comune  all'interno
delle  carceri  e quindi di aver lasciato  -  ripeto  -
connessioni informative molto importanti. In  sostanza,
vi era una liceità iniziale di carattere istituzionale,
perché  le  carceri diventassero un luogo di attenzione
da  parte degli informatori, degli informativi.  Questo
bisogna ricordarlo.
Pag.2771
   Fatta  questa  premessa, ritengo che  la  chiave  di
volta  sia  proprio Sisti. Se infatti il  Sisti  ad  un
certo   punto  dice  ai  rappresentanti  dei   servizi:
"Mettetevi da parte voi perché subentra quest'altro", è
lui  che potrà dire sulla base di quali elementi  aveva
potuto  definire il tutto: se per incarico dei  servizi
stessi (che naturalmente lo hanno detto o non lo  hanno
detto  alla autorità politica: a me risulta che non  lo
avrebbero detto, perché non l'ho mai appreso) oppure se
si sia trattato di un'iniziativa indipendente. Questo è
il punto.
PRESIDENTE. Mi permette, senatore? Io non so  se  Sisti
fu
-come dire? - il direttore generale dello scambio.  Non
mi
pare che sia stato così. Per quello che ne sappiamo, la
vicenda  si  svolse  in  un altro  modo:  il  SISMI  si
presenta  e  chiede  l'autorizzazione.  Per  evitare  -
diciamo  così confusione ed affollamento, Sisti  chiama
il direttore del SISDE e dice: "Qui ci sarebbe...".
  UMBERTO  CAPPUZZO.  Ma  perché  si  inserisce  Sisti?
Questo è
il  punto!  Le  direttive politiche dell'epoca  avevano
indicato  i  criteri  -  sulla base  di  una  circolare
specifica  - relativi a chi avesse diritto  di  accesso
nelle carceri.
 PRESIDENTE. Tutti e due!
 UMBERTO CAPPUZZO. Nel 1982 vi fu una successiva
direttiva  di  Darida, a seguito  delle  prime  notizie
filtrate  sul caso Cirillo. Noi però dovremmo  risalire
alle  direttive  iniziali. Nelle  carceri  non  si  può
entrare come si vuole. Quindi, evidentemente, il  Sisti
in quel momento, investito di una carica istituzionale,
ha  fatto da intermediario tra i due servizi. Si tratta
di  stabilire per ordine di chi lo abbia fatto.  Allora
qui non c'entra né il sottosegretario, al quale do atto
di aver riferito cose che io conoscevo, meravigliandomi
peraltro  che  mai e poi mai nei comitati sia  filtrata
una qualche idea non dico di trattativa ma almeno di un
cambiamento della politica del Governo nei riguardi...
Questo  bisogna  dirlo, il fatto  importante  è  quindi
proprio  questo.  Devo altresì aggiungere  che  bisogna
collocarsi nel momento in cui è avvenuta la vicenda.  A
parte  i  vari sequestri e lo stato di insicurezza  del
paese, il fenomeno della P2
aveva completamente devastato l'assetto istituzionale e
di  sicurezza di tutte le istituzioni fondamentali  del
paese.  Vorrei  ricordare che i famosi  elenchi  furono
trovati nel mese di marzo.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il
18 marzo.
  UMBERTO  CAPPUZZO. Questi elenchi portarono  a  dover
esaminare  la posizione di un centinaio di responsabili
delle  forze armate e dei servizi, in brevissimo tempo.
A
quell'epoca,   per   incarico  dell'allora   Presidente
Spadolini,  ho dovuto un po' faticare per convincere  -
che  so - Grassini a presentare le dimissioni, o altri,
perché c'era una resistenza da parte di tutti costoro i
quali  ritenevano di essere stati ingiustamente inclusi
nelle   liste.  Gli  accertamenti,  in  realtà,  furono
effettuati  in  un  secondo tempo, ma  si  imponeva  di
doverli   mandare  via  tutti  quanti.   Pertanto,   mi
meraviglio  che  qualcuno di quelli i  cui  nomi  erano
compresi negli elenchi abbia ancora svolto una  qualche
attività.  Ecco  perché  ho  chiesto  i  tempi,  perché
arriviamo da marzo fino a giugno.
   La chiave di volta di tutto, signor presidente -  si
tratta  di  una considerazione aggiuntiva, non  di  una
domanda  al  senatore Mazzola - è di vedere  chi  abbia
dato l' input
per una mediazione o per un intervento del Sisti nel
passare  il  compito  dell'attività  informativa,   poi
degenerata in vera e propria attività di trattativa, al
SISMI  dopo  che  il  SISDE aveva dichiarato  di  avere
esaurito  la  propria  funzione.  Questo  è  il   punto
fondamentale.
     Concludo,   dando   conferma   che   nelle    sedi
istituzionali non era stato mai fatto alcun  cenno,  di
alcun  genere (né tanto meno attraverso le informazioni
non  ufficiali,  le notizie che sempre  ci  sono  negli
ambienti di un certo livello politico
Pag.2772
istituzionale), e mai nessuno ha detto "stiamo passando
alla  fase  della  trattativa".  Questo  mi  sorprende.
Ripeto:  la trattativa nelle sedi istituzionali  non  è
mai  trapelata,  né come dato di fatto né  come  rumore
(nel significato inglese, come voce).
IVO BUTINI. Non desidero sapere dall'onorevole Mazzola
quello  che  penso io, anche perché  non  ho  una  tesi
precostituita  da  verificare,  né  per  la  verità  ho
informazioni da dare alla Commissione. Mi permetto solo
di chiedere all'onorevole Mazzola alcuni chiarimenti di
carattere  istituzionale, che servono a dare  ordine  a
tutta  una  serie di informazioni che  sono  venute  in
nostro possesso. Senatore Mazzola, io le chiedo non  le
sue  opinioni  -  peraltro lei  le  ha  già  messe  per
iscritto  -  ma  di  rispondere ad alcune  domande  che
riguardano la responsabilità istituzionale per la quale
credo   che   lei  sia  qui  (rivestiva   infatti   una
responsabilità  istituzionale): che tipo  di  autonomia
hanno  i  servizi quando si muovono per fare  un  certo
lavoro?  Vi  è  un  rapporto  tra  l'amministrazione  e
l'autorità giudiziaria quando i servizi compiono azioni
in  ordine  a  fatti che interessano  anche  l'autorità
giudiziaria?  Vi  è uno scambio di informazioni  oppure
ciascuno  viaggia  per  conto suo  e  poi  le  cose  si
concludono     secondo    l'autonomia     istituzionale
dell'amministrazione o dell'autorità giudiziaria? Vi  è
un   aggiornamento  gerarchico  da  parte  dei  servizi
incaricati   di  qualche  operazione  all'interno   dei
servizi    o    fa    capo    a    settori    specifici
dell'amministrazione, non perché informano e basta,  ma
perché   da   quelli  devono  ricevere   indirizzi   ed
approvazioni  su  tutti gli atti che appartengono  alla
responsabilità di
Governo? Questo non mi è chiaro.
   Raccogliendo un elemento che anche il presidente  ha
richiamato  all'attenzione, questo suo  riferimento  al
generale   Musumeci  è  indice  di  una   straordinaria
comunicazione che viene fatta o rientra in informazioni
ordinarie che possono venire specialmente in un momento
di   congestione  criminale  come  quello  che  lei  ha
ricordato in quel periodo?
Concludo: le sono state sottratte delle responsabilità
oppure   lei   non  si  è  attivato  in   ordine   alle
responsabilità che aveva? Se, per quel che la riguarda,
i  fatti accaduti non hanno intaccato le competenze  né
lei   si   è   sottratto   a  responsabilità   che   le
appartenevano, da questo traggo motivo per giudicare  i
fatti di cui sono venuto a conoscenza.
MICHELE FLORINO. Sulla questione del sequestro Cirillo
gli  organi  responsabili, i capi settore istituzionali
all'epoca,   tentano   sempre  di   salvarsi   con   la
motivazione  del  "perché Cirillo e  non  Moro".  Tutto
dovrebbe essere inquadrato in una questione che ha  due
aspetti  salienti:  uno, quello politico,  è  stato  il
sequestro  Moro,  con delle responsabilità  che  devono
ancora essere chiarite e l'altro, quello più specifico,
commesso  in  una zona ad alta densità criminale.  Ecco
quindi la scelta, quella scelta che non andava verso il
politico  ma verso coloro che conoscevano  ed  erano  a
contatto   con   la   realtà   camorristica   dell'area
napoletana.  All'epoca  non è avvenuto  nessun  accordo
politico per la liberazione di Cirillo, ma si è  svolta
una  grossa  operazione  tra esponenti  politici  e  la
camorra   organizzata,  che   in   quel   momento   era
rappresentata  dal più forte sul territorio,  cioè  dal
signor  Raffaele  Cutolo; tuttavia, nel  passaggio  del
sequestro   Cirillo,  si  innestano  altri  particolari
rilevanti,  che non sono venuti alla luce  nelle  varie
audizioni  che  si  sono tenute in questa  Commissione,
quelli cioè di un equilibrio politico che Cutolo  aveva
sconvolto  con la gestione efferata del suo potere  sul
territorio.
    Che   cosa   significa  equilibrio   politico:   un
equilibrio   politico  che  veniva   fuori   da   altre
organizzazioni criminali molto vicine al partito  della
democrazia  cristiana.  Mi  riferisco  a  Nuvoletta,  a
D'Alessandro  ed  a tutte le altre componenti  di  peso
presenti sul territorio. Quella che volete far apparire
come  una  mossa strategica di stampo politico  operata
con  il sequestro Cirillo, collegandola soprattutto con
il
Pag.2773
caso  Moro,  viene  a cadere perché  si  è  svolta  una
trattativa  sul  caso  Cirillo  da  parte  di  ambienti
democristiani  vicini alla delinquenza organizzata  per
liberare l'assessore regionale. Questa è la verità.
    Quali   responsabilità  ha  la  Stato   in   questa
trattativa  lo  dimostrano i fatti  chiaramente  venuti
alla  luce  con  l'ingresso  nelle  carceri  di  Ascoli
Piceno,  perché  ancora non è venuto fuori,  almeno  in
modo chiaro, chi veramente si sia recato a trattare con
Cutolo;  certamente  non il signor Granata  o  Vincenzo
Casillo, ma anche altri esponenti i cui nomi sono stati
cancellati dal registro dei visitatori. Così come non è
stato  spiegato  nelle varie audizioni  perché,  subito
dopo la liberazione di Cirillo, con il passar del tempo
uomini che si erano adoperati, anzi che avevano assunto
un  ruolo  importante nella liberazione o -  come  dice
qualcuno   -  nell'occultamento  delle  prove   e   che
potessero  testimoniare la presenza di  politici,  sono
stati   premiati.   La  scomparsa  dei   biglietti   di
ringraziamento a Cutolo, con la premiazione dell'allora
questore Del Duca, che ancora oggi va avanti con questo
titolo  gratificante,  al  punto  di  essere  diventato
amministratore  unico di una USL,  o  del  commissario,
allora  giovanissimo - che poi è diventato il  questore
più   giovane  d'Italia  -  che  trasloca  il   Cirillo
dall'auto dei carabinieri e lo porta nella
sua  volante  per non portarlo dai magistrati  bensì  a
casa...  PRESIDENTE. Senatore Florino, non  vorrei  che
lei
anticipasse adesso tutti gli argomenti che sosterrà  in
sede di discussione.
MICHELE FLORINO. No, voglio solo dire che la questione
verte  su  una  responsabilità, che è quella  voluta  e
conosciuta  dal  Governo, di tutte  le  trattative:  ma
quali  servizi  deviati! Ancora oggi  parliamo  di  una
trattativa     svolta    nell'ambito    delle     varie
responsabilità con cognizione di causa, perché  non  si
poteva arrivare a tanto per parlare di servizi deviati,
di   subentro  di  SISMI  al  SISDE,  quando  poi  essi
collaboravano fra loro - come ha dichiarato  lo  stesso
capo  della  polizia  -  in uno  spirito  di  reciproca
assistenza.  Ha  ragione  l'onorevole  D'Amato   quando
richiama   le  responsabilità  anche  del  capo   della
polizia;  manifesto  da  sempre  il  mio  dissenso  nei
confronti di questo capo della polizia che resta al suo
posto  perché conoscitore di tanti segreti dello Stato,
segreti  tremendi  che  sono  sulla  testa  di   questa
repubblica, al punto che egli resta al suo posto  anche
con  le  dichiarazioni  e  gli  scandali  che  si  sono
verificati.
   Rispetto a questo, cari colleghi, volete ancora oggi
far  rientrare  il  caso Cirillo in  un'operazione  dei
servizi  deviati, quando è chiaro che  è  manifesta  la
partecipazione  diretta  di responsabili?  Il  senatore
Mazzola  ci viene a dire di non essere responsabile  di
niente perché, avendo usato la linea dura e la fermezza
durante il sequestro Moro, rispetto a quello non poteva
usate  una linea diversa anche perché non conosceva  il
Cirillo:  ma  il  coinvolgimento delle istituzioni  non
rappresenta la fermezza del personaggio dell'epoca,  ma
il coinvolgimento del SISMI e del SISDE perché, a causa
delle   loro  conoscenze,  hanno  indirizzato  i   vari
esponenti  a  trattare  la liberazione  di  Cirillo.  E
dietro la liberazione di Cirillo, signor presidente, si
è compiuto l'altro grande dramma del quale ognuno cerca
di  non parlare, cioè quello del favore in ricambio  al
Cutolo, in ricambio alle brigate rosse, uno scambio  di
favori  reciproco. Non è vero quello che afferma Cutolo
quando  dice  di  essersi adoperato per sostenere  come
base  l'appoggio alle brigate rosse per l'uccisione  di
Ammaturo;  quest'ultimo conosceva  tutti  i  retroscena
della   vicenda  Cirillo,  tutto  quello  che  si   era
verificato  per  liberare Cirillo ed è stato  eliminato
scientificamente,  per volere di una determinata  parte
politica,   d'accordo  i  delinquenti  per  non   farlo
parlare.  Lo  hanno messo a tacere  per  sempre.  Ed  è
ancora più grave della vicenda Cirillo l'uccisione  del
commissario Ammaturo e del suo agente di scorta: questa
è  la  verità  e qui non viene a galla.  Si  parla  del
sequestro Cirillo, ma del caso Ammaturo, collegato
Pag.2774
direttamente... Non posso dimenticare: ero  consigliere
comunale  di Napoli - serve per chiarire un  aspetto  e
per  ricordare  a  me  stesso  quei  momenti  -  e   il
commissario Ammaturo era di servizio presso la  sezione
Montecalvario;  qualche  volta  c'erano  degli  scontri
perché  io  ero  un  consigliere comunale  e  vi  erano
movimenti di cittadini che volevano accedere presso  il
sindaco,  ma  comunque c'era un buon rapporto.  Ebbene,
qualche  volta Ammaturo si confidava ed  un  giorno  mi
disse:  "Florino,  tra  qualche giorno  sentirai,  farò
esplodere  io  la bomba qui a Napoli".  Cari  colleghi,
queste  non  sono sciocchezze ed io le ricordo  sempre;
purtroppo, dopo qualche settimana, egli morì.
   Ancora  oggi noi leghiamo tutta la vicenda  al  caso
Cirillo    e                   non   all'aspetto    più
inquietante di chi ha voluto mettere a
tacere  Ammaturo perché potesse definitivamente  tacere
rispetto   ai   veri  momenti  e  trattative   per   la
liberazione  di Cirillo. E' inutile, signor presidente,
che  dopo  questa vicenda ascoltiamo Parisi,  Mei,  gli
organismi istituzionali dell'epoca che
potevano e dovevano correggere la traiettoria, i  quali
ci  vengono  a dire a distanza di tempo che  non  vi  è
stato      intervento     istituzionale:     intervento
istituzionale  c'è  stato,  perché  tutta  la   vicenda
Cirillo    dimostra   chiaramente   che   gli    organi
istituzionali  dell'epoca, con i relativi responsabili,
sapevano  tutto ed erano a conoscenza della  trattativa
in corso per la liberazione di Cirillo.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri .
Voglio rispondere solo alle domande che mi ha posto  il
senatore Butini perché non posso certo rispondere  alle
tesi altrui; infatti sono qui non per fare un dibattito
politico  ma per dire quello che so o che  non  so.  Al
senatore  Butini  dico che i servizi hanno  una  totale
autonomia  nell'ambito  delle  direttive  che   vengono
annualmente  emanate dal CIS e quindi, in  ordine  alla
gestione  delle  operazioni  che  fanno,  il  tipo   di
informativa è esclusivamente all'interno del servizio.
   I  rapporti con l'autorità giudiziaria sono regolati
esplicitamente ed implicitamente dalla legge n. 801;  i
funzionari  dei servizi non sono ufficiali  di  polizia
giudiziaria  e  quindi  non hanno  il  dovere  di  fare
rapporto  quando, nell'ambito dei loro  interventi,  si
imbattono  in  reati. Questa è una scelta compiuta  dal
legislatore,  perché altrimenti non  avrebbe  senso  la
sovrapposizione  alle  tre  forze  di  polizia  di   un
servizio che avesse la stessa funzione con la qualifica
di ufficiale di polizia giudiziaria. Il rapporto non  è
un rapporto di informativa obbligatoria.
   La  presenza di Musumeci sarebbe stato un fatto  non
ordinario se egli si fosse presentato da solo; anzi, se
si  fosse  presentato  da  solo,  non  l'avrei  nemmeno
ricevuto.  Essendo venuto in compagnia  del  segretario
generale  del CESIS Pelosi, sia pure facente  funzioni,
l'ho ricevuto per quella ragione.
 PRESIDENTE. Sono passati molti anni: per caso ricorda
qual era lo scopo di questa visita. Venne per riferirle
questa cosa o per parlare in generale?
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Questo me lo ricordo perfettamente: Maiello venne  come
veniva  quasi  tutti  i  giorni, perché  il  segretario
generale  del  CESIS veniva ogni giorno  a  portare  le
informative  e, dopo avermi parlato di altre  cose,  mi
disse:  "Per  la  questione Cirillo c'è  qui  fuori  il
colonnello  Musumeci, perché pare si stiano  acquisendo
notizie: posso farlo introdurre?". Lo feci entrare,  mi
disse  quelle  cose e se ne andò. Pertanto  era  venuto
appositamente, ma nell'ambito di un'informativa.
Per  quanto riguarda le responsabilità posso solo dire,
per
quanto  mi  riguarda, di non essermi né sottratto  alle
mie  responsabilità  né  di essere  stato  "bypassato";
sicuramente non sono stato "bypassato" perché non credo
che i ministri della repubblica fossero a conoscenza
Pag.2775
   di   più  di  quanto  non  fosse  a  conoscenza  del
sottosegretario alla presidenza. Se bypass  c'è  stato,
c'è  stato  nei  confronti di  tutti  ed  è  stata  una
deviazione  fatta da una parte di un servizio  -  debbo
ritenere  a  posteriori;  certo  allora  non  mi  passò
neanche  per  la mente - ma nei confronti  di  tutti  i
livelli istituzionali. Quindi io contesto nel modo  più
assoluto la deviazione.
  CARLO D'AMATO. Secondo lei, quale era l'interesse dei
servizi  segreti  a deviarsi rispetto  a  questa  linea
chiara?
FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Le
posso  dire  una  sola cosa: nella  mia  esperienza  ho
imparato  che le politiche dei servizi di sicurezza  in
Italia  e  in tutto il mondo sono, spesso e volentieri,
diverse dalle politiche dei
governi. Questo vale per i grandi paesi per la politica
estera e                 per la politica interna.
ALTERO  MATTEOLI.  Questo è  vero  in  tutto  il  mondo
fuorché
in Italia.
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore  alla  Presidenza del Consiglio  dei  ministri.
Questa è un'opinione sua; la mia opinione è questa.
ALTERO MATTEOLI. Non si tratta di opinioni. In Italia è
stato  proprio il contrario: i servizi segreti  sono  a
disposizione  dei  partiti politici  invece  che  dello
Stato.
PRESIDENTE. Siamo qui per acquisire delle informazioni.
Le opinioni le esprimeremo in un'altra sede.
ALTERO MATTEOLI. E' il senatore che ha espresso
un'opinione.
PRESIDENTE. Gli avete richiesto tutte le opinioni di
questo mondo, deve pure esprimere la sua!
   FRANCESCO  MAZZOLA,  Sottosegretario  di  Stato  pro
tempore  alla  Presidenza del Consiglio  dei  ministri.
Questa ultima non è neanche un'opinione: ci sono  libri
in materia. Spesso le politiche non coincidono.
 UMBERTO CAPPUZZO. Vorrei spendere una parola per i
servizi.  In  Italia si parla troppo di  servizi  forse
perché  l'unica  esperienza che  si  ha  è  quella  dei
servizi igienici, avendo noi delle magnifiche case dove
spesso  vi  sono  i doppi e tripli servizi.  I  servizi
dovrebbero    essere   conosciuti   in   maniera    più
approfondita,  perché in essi spera  gente  che  ha  il
senso  dello Stato spesso molto più forte di quello  di
coloro  che tante volte ne parlano male. Io  non  credo
alle  deviazioni,  come degenerazioni,  per  così  dire
istituzionali.  Non  ci  sono  deviazioni  del  genere.
Bisogna dire la verità; in Italia non c'è politica  che
tenga.  Per esperienza personale, posso dire che nessun
politico  può chiedere qualcosa di illecito  o  di  non
consentito.  A  titolo di esempio, mi  piace  ricordare
che,  avendo  ricevuto dal Presidente della  Repubblica
Sandro  Pertini  una  segnalazione  a  favore  del  suo
ufficiale  dei Carabinieri addetto, tenente  colonnello
Piccinini,  in valutazione per l'avanzamento  al  grado
superiore,  ho comunicato che l'interessato non  poteva
essere promosso e non ho subito nessuna conseguenza. Si
corrompono  e  deviano coloro che amano essere  deviati
per  loro  obiettivi di carriera: questo bisogna  dirlo
una volta per sempre! Qui si sta facendo un gioco ed io
mi  chiedo  a  chi  giovi. Perché un  responsabile  dei
servizi  dovrebbe  deviarsi? Intendo ad  alto  livello,
perché  poi ci sono i     venditori di fumo. Certamente
i servizi operano in
particolari  ambienti  per  raccogliere  notizie:   una
volta, anche, nelle case di tolleranza. Gli informatori
sono  spesso di un livello che non è certamente  quello
ideale.  Che  ci possa essere un individuo  che  fa  il
doppio gioco accade anche nei servizi migliori. C'è  un
libro  uscito  in questi giorni negli Stati  Uniti  che
dovrebbe essere letto. Allora si
Pag.2776
scoprirebbe  cosa c'è stato anche in quel grande  paese
in  fatto di servizi. Ci sono i piccoli che si  mettono
al  servizio  di  colui che offre. Tra l'altro  sono  i
soliti  informatori  che  ricevono  soldi  dall'uno   e
dall'altro,  perché ci si serve di  queste  figure.  Ma
parlare  del  servizio in blocco come di un'istituzione
che  di  per  sé è portata alla deviazione è  una  cosa
tremendamente sciocca, fino a che non mi si dimostra  a
chi giova la deviazione. Se un responsabile dei servizi
è arrivato a quel livello, a cosa deve aspirare di più?
Passiamo  in rassegna tutti i responsabili dei  servizi
di  alto  livello: quale fine hanno fatto? Con l'ascesa
alla  carica  hanno  esaurito il  tutto.  Questa  è  la
verità,  a  parte De Lorenzo che è stato  poi  nominato
capo  di stato maggiore dell'esercito. Ma anche per  il
caso  De Lorenzo bisognerebbe ripassare in rassegna  la
storia di quel tempo, per fare un po' di
chiarezza.
   Io  difendo...  per la mia conoscenza  dei  servizi,
della  parte palese dei servizi, quale potrebbe  essere
quella  degli addetti militari, per la parte che  opera
alla   luce   del  sole,  non  per  quella  misteriosa.
Bisogna stare molto attenti a queste deviazioni che  di
volta in volta venivano alla ribalta. Se qualcuno si  è
prestato, lo ha fatto per fini personali, per un  utile
di  qualche  genere  e  non deve meravigliare  che  poi
centinaia  di  milioni siano circolati o notizie  false
siano   state   date   dietro   pagamento   da   alcuni
informatori. Questo bisognerebbe capire, altrimenti noi
brancoleremo sempre... qui, signori miei, o  c'è  stata
la  precisa  volontà  della trattativa  e  bisognerebbe
vedere da parte di chi...
CARLO D'AMATO. Non era stata finanziata anche una somma
per la questione di Cirillo?
 UMBERTO CAPPUZZO. Questo bisogna chiarirlo.
PRESIDENTE.  Per  quello  che  ne  sappiamo,  non   dai
servizi.  CARLO D'AMATO. Si disse che c'era  una  busta
con dei
milioni che erano stati messi...
 PRESIDENTE. Per pagare gli informatori.
  UMBERTO  CAPPUZZO. Ci cadono tutti quanti  in  queste
cose; se sapeste quante sciocchezze hanno commesso  gli
americani!
Sono   quelli   che  hanno  pensato   che   i   nostri,
nell'ambasciata di Mogadiscio, tenevano Aidid,  signori
miei!
   PRESIDENTE.  Senatore  Cappuzzo,  mi   scusi.   Sono
perfettamente  d'accordo con lei sulla distinzione  tra
istituzioni  e  persone, però  è  pur  vero  che  nella
vicenda  italiana è accaduto che ufficiali di altissimo
livello  siano  stati condannati per deviazioni  e  per
copertura di eversori: questo è accaduto nella  vicenda
italiana!  Ora  perché sia accaduto  non  lo  sappiamo.
Maletti,  lo  stesso Miceli per alcune  cose,  Musumeci
condannato   con  sentenza  definitiva  per   calunnia,
generale,  non so che altra carriera dovesse  fare.  Ci
sono dei problemi gravi, certamente. Sono perfettamente
d'accordo con lei: non bisogna confondere le deviazioni
di questi ufficiali con l'istituzione.
UMBERTO  CAPPUZZO. Si tratta di deviazioni di  singoli,
se
ci  sono, ma anche la delicatezza del servizio in sé si
presta a                 queste cose, perché questi  si
assumono delle responsabilità.
 PRESIDENTE. Comunque, non dobbiamo fare una
disquisizione sui problemi della sicurezza.
  UMBERTO  CAPPUZZO. Poiché anche il  senatore  Mazzola
aveva  fatto questo riferimento... Sono sicuro  che  il
senatore Mazzola non sia stato preso in giro da alcuno,
perché,  da  quello  che potevo  vedere  io  dall'altra
parte,  lui era il politico e io, che con quella  gente
avevo   dimestichezza,  penso  che  tutto  quello   che
dovevano dirgli glielo dicevano; non
Pag.2777
credo  che vi fossero grandi attività. Semmai  qualcuno
ha  peccato di incompetenza, cioè non ha peccato ma era
incompetente o ha peccato di ingenuità.
  PRESIDENTE. Sta di fatto, senatore Cappuzzo,  che  si
ammette che a metà giugno il rapporto, la relazione era
in  corso  con risultati, pare, positivi; evidentemente
si era mentito da più parti prima.
 UMBERTO CAPPUZZO. Su questo non c'è dubbio.
  PRESIDENTE. Si tratta di vedere se diceva che le cose
andavano bene per conto del servizio, oppure per  conto
di qualcun altro.
UMBERTO CAPPUZZO. Devo dire, però, che queste notizie,
nelle  sedi operative, non sono mai arrivate. Questa  è
una cosa importante.
ALTERO MATTEOLI. Mi rendo conto che in questi dibattiti
è inevitabile... ma io non ho mai ritenuto che si possa
avere  ragione  alzando la voce o dando degli  sciocchi
agli interlocutori.
Senatore Mazzola, vorrei rivolgerle una domanda e la
rivolgo  a lei, pur sapendo che subito dopo verrà  l'ex
ministro  Rognoni, per avere anche da lei un  giudizio.
Il  ministro,  in  un'audizione del 2  maggio  1989  ha
detto: "Al di là degli incontri in sede di comitato per
l'ordine    e   la   sicurezza   pubblica,    io    ero
quotidianamente in contatto ed in rapporto con il  capo
della  polizia  ed  il comandante generale  dell'Arma".
Allora,  ritiene  che qualcuno non lo  abbia  informato
completamente  di quello che accadeva,  perché  lui  in
tutta  l'audizione ha detto che non sapeva nulla e  che
lo ha saputo molto in ritardo e poi ha cercato quasi di
"scaricare" nei confronti del capo della polizia e  del
comandante generale dell'Arma, i due in carica in  quel
momento, dicendo: "Io ero quotidianamente in contatto e
non mi hanno riferito di tutto questo". Lei ritiene che
questo sia stato possibile?
L'altra  domanda:  sui servizi deviati  ormai  si  sono
scritti
libri, lo stesso Parlamento ha pubblicato camere intere
di  documenti;  ma lei ritiene che un servizio  segreto
che  devia  una,  due,  tre,  quattro  volte  (vi  sono
condanne  passate  in giudicato e vicende  incredibili)
possa  essere  considerato un servizio deviato,  oppure
che  si  possa  dire  che tutti i servizi  segreti,  in
effetti,  in  Italia,  come  struttura,  sono  deviati?
Quando  si  stanno deviando un giorno dopo l'altro,  si
può  dire  che la maggior parte è deviata, allora,  lei
che  ha avuto questa esperienza, che parere si è fatto,
che  giudizio  dà su tutto questo? O tutti  voi  volete
continuare  ad  arroccarvi ancora in  una  difesa  che,
questa   sì,  diventerebbe  sciocca,  perché  ormai   i
magistrati hanno emesso sentenze definitive, quindi non
c'è  più nemmeno la possibilità di dire "Ma ora vediamo
in  appello  o se la cassazione interviene  in  maniera
diversa". Che giudizio si è fatto nel complesso?
 FRANCESCO MAZZOLA, Sottosegretario di Stato pro
tempore  alla  Presidenza del Consiglio  dei  ministri.
Alla  prima  domanda mi è un po' difficile  rispondere,
perché non so
come   valutare  quello  che  ha  detto   il   ministro
dell'interno. Io debbo ritenere che egli abbia detto la
verità,  ma  è  una mia opinione, non ho  elementi  per
affermarlo. Se il ministro dell'interno dice che era in
costante  contatto e non è stato informato... anche  io
vedevo, non quotidianamente ma un giorno sì ed uno  no,
i  direttori dei servizi: si parlava di tutte le  cose,
però  l'unico tipo di informativa che ho avuto è  stata
questa  - di cui poi, tra l'altro mi ero dimenticato  -
che  era  gli atti della Commissione stragi, dichiarata
da  me  in  epoca in cui ne avevo memoria più  precisa.
Quindi,  non  sono in grado di dire... ritengo  che  il
ministro dell'interno, come potrà confermare lui
Pag.2778
stesso  dopo,  abbia detto la verità,  poi  non  spetta
certo a me dare un giudizio su questo.
   Sui  servizi,  io sono dell'opinione che  in  questo
paese forse se ne potrebbe fare a meno, a questo punto.
Ormai!  Perché riscontro una tendenza alla  dietrologia
eccessiva e quindi diventa difficile cioè ci vuole  una
cultura   diversa  per  accettare  il   principio   del
passaporto  di Richelieu "Il latore della  presente  ha
fatto  quello che ha fatto nell'interesse dello  Stato.
Firmato: Richelieu", perchè, come è noto, il passaporto
di  Milady  rilasciato da Richelieu fu  usato  dai  tre
moschettieri, messo in mano al boia di Autun che tagliò
la   testa  di  Milady,  ma  il  passaporto  era  stato
rilasciato  a  Milady perché andasse ad ammazzare  lord
Buckingham. Questa è la morale dei servizi.  Lo  stesso
documento,  cioè l'autonomia data in direzione  di  una
funzione   -   l'interesse  dello  Stato  proprio   per
quell'autonomia, proprio perché i controlli non debbono
essere   estremamente   incisivi,   perché   altrimenti
l'autonomia  non  c'è  più,  proprio  perché  non  sono
ufficiali   di   polizia  giudiziaria  e   quindi   non
debbono.... proprio per tutte
queste  ragioni  ci  può  essere  l'utilizzo  distorto.
PRESIDENTE. Quindi, la questione è: autonomia nei mezzi
enon nei fini; questo è il problema politico.
  Senatore Mazzola, la ringraziamo.
Audizione  dell'onorevole  Virginio  Rognoni,  ministro
dell'interno pro tempore.
  PRESIDENTE. Abbiamo con noi l'ex ministro Rognoni, al
quale abbiamo chiesto di intervenire in questa sede con
riferimento ad alcune questioni specifiche,  perché  il
quadro complessivo delle informazioni - lo ripeto  -  è
già a
disposizione  della Commissione. Vi è un punto  che  ci
interessa  in  particolare: vorremmo  sapere  in  primo
luogo  se  lei  è  stato informato, e in  che  termini,
dell'ingresso  dei servizi nel carcere o  del  rapporto
con la criminalità organizzata; in secondo luogo, se  è
stato informato della dismissione di questo rapporto da
parte  del SISDE e del subentro da parte del SISMI;  in
terzo  luogo, quali erano i tipi di indirizzi  politici
impartiti  su  questa  vicenda dal ministro  competente
dell'epoca.
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Devo dire che questi tre quesiti ai quali sono
invitato a rispondere mi erano già stati rivolti non da
questa  Commissione ma dal Parlamento,  in  particolare
dalla    Commissione   di   inchiesta   sulle   stragi,
nell'audizione  che ebbi in quella sede  il  23  maggio
1989.
   Potrei  a questo punto rimettermi puntualmente  alla
deposizione  di  allora,  ossia  a  quanto   dissi   in
quell'occasione in risposta alle domande  analoghe  che
il  presidente Gualtieri mi rivolse. Comunque, sono qui
e  rispondo  ai  quesiti, partendo dal terzo,  relativo
agli  ordini e alle direttive impartiti alle  forze  di
polizia  e  ai  servizi l'indomani stesso del  sequstro
dell'assessore  Cirillo;  non  dimentichiamo  che  tale
sequestro  avviene nelle modalità che tutti conosciamo,
con   due   morti   ed   un   ferito   (il   segretario
dell'assessore Cirillo).
Il 28 aprile convocai il Comitato per l'ordine e la
sicurezza  pubblica  e  loro  sapranno  certamente  che
membri  di diritto di tale Comitato sono il capo  della
polizia, il
comandante    generale   dell'Arma   dei    carabinieri
(all'epoca  tale  incarico era  ricoperto  dall'attuale
senatore  Cappuzzo)  ed altre autorità.  Il  28  aprile
erano presenti anche i servizi.
L'ordine, la direttiva che impartii fu la seguente:
"Dovete  acquisire le informazioni che sono necessarie,
indispensabili   per  arrivare  al  covo   dove   viene
trattenuto  l'ostaggio,  liberarlo  e  assicurare  alla
giustizia  i  criminali". Questo era l'obiettivo;  dove
avrebbero  dovuto  essere  acquisite  le  informazioni?
Dovunque,  come  si conviene in qualsiasi  paese  ed  a
qualsiasi polizia che si rispetti.
Pag.2779
   In  particolare,  aggiungevo (vi sono  i  verbali  e
potrei  rifarmi  addirittura alle  parole  testimoniate
dagli  stessi verbali) che queste informazioni dovevano
essere  acquisite  anche nel quadro e  nell'area  della
criminalità,  visto  che  Napoli  si  trovava  in   una
situazione particolare: a torto o a ragione si assumeva
(questa  era tra l'altro l'opinione di Dalla Chiesa  in
relazione  alla  Sicilia) che  la  mafia  ed  anche  la
camorra    hanno   interesse   a   non   far   invadere
(consentitemi questa espressione) l'area, il territorio
in  cui  esse  operano  dal  terrorismo  classico,  dal
terrorismo  politico, perché in tal caso aumenterebbero
l'attenzione  e la pressione dello Stato  e  quindi  la
compressione anche su fatti criminali sarebbe maggiore.
A  torto  o  a  ragione,  questa  era  un'opinione  che
circolava, ma indipendentemente da ciò era utile  avere
queste  informazioni, dovunque si potessero  acquisire,
anche   nell'area  della  criminalità  e  quindi  della
camorra. Queste erano le direttive.
    Quanto   al  secondo  quesito,  non  fui  informato
dell'ingresso
di  uomini del SISDE nel carcere di Ascoli Piceno;  non
fui   altresì   informato  del  passaggio   di   questa
iniziativa  dal SISDE al SISMI. Lo venni a  sapere  più
tardi, certamente nei primi mesi del 1982.
   Riprendendo  il  testo  della  mia  audizione  testé
ricordata  del 23 maggio 1989 dinanzi alla  Commissione
di  inchiesta sulle stragi, vedo che allora, proprio in
vista  di un dibattito parlamentare, mi è stato rimesso
un  appunto  in cui si legge: "Un anno dopo  certamente
no,  dato  che  il  20  marzo  c'era  il  dibattito  in
Parlamento  e  questi fatti erano  già  conosciuti.  Mi
pervenne  un  rapporto attorno al 20 marzo  proprio  in
vista  del dibattito che qualche giorno dopo si sarebbe
tenuto  alla  Camera, nel quale si  parlava  di  queste
visite  al carcere da parte di alcuni responsabili  del
SISDE  per  incontrare Cutolo una prima e  una  seconda
volta. Si diceva che avendo constatato l'inefficacia  e
l'inutilità della pista questa era stata abbandonata".
    Detto   questo,  ribadisco  quanto  ho  già   avuto
occasione   di   affermare  dinanzi  alla   Commissione
Gualtieri nella scorsa legislatura: mi pare cioè che la
circostanza  non  sia  estremamente  rilevante  ma  sia
irrilevante  del  tutto, perché se mi  avessero  detto:
"Badi,   ministro,  che  noi,  a  seguito   di   questa
direttiva, riteniamo di andare in carcere per acquisire
informazioni", avrei risposto: "Sta bene"; e  credo  di
essere in buona compagnia nell'assumere questo. Proprio
tre  o  quattro  giorni  fa ho letto  un'intervista  di
Petruccioli su
l'Unità in cui Petruccioli diceva pressappoco le stesse
cose.
PAOLO CABRAS. Si tratta di un esperto del caso Cirillo.
PRESIDENTE.  Uno dei pochi che ha pagato, a  differenza
di
altri!
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Sì, appunto. Questa è la risposta che  do  ai
quesiti  che  il presidente ha ritenuto  di  ripropormi
dopo  che gli stessi mi erano già stati rivolti - torno
a  ripeterlo nell'audizione del 23 maggio 1989  dinanzi
alla Commissioni di inchiesta sulle stragi.
  PRESIDENTE.  Nel  suo intervento alla  Camera  del  6
maggio  1981, lei precisa che le aliquote della polizia
erano  state  aumentate fino a raggiungere circa  1.500
uomini in più che sono stati inviati e si sono aggiunti
alle  forze  ordinarie presenti,  costituite  da  4.500
uomini.  Fu  lei  o  il capo della polizia  a  disporre
questo invio? Si trattò di un indirizzo politico  o  di
una questione puramente tecnica?
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.    L'indirizzo   politico   fu   quello    che
abitualmente  si assume in occasioni di questo  genere.
Napoli  era già sufficientemente presidiata; ricordiamo
che  ci  trovavamo  nell'epoca post-terremoto,  in  una
situazione  particolarmente delicata e mi  pare  che  i
carabinieri,  in particolare, erano a disposizione  del
commissario
                         Pag.2780
 Zamberletti. Quindi, di fronte alla consumazione di un
sequestro  come quello di Cirillo, penso che vi  furono
disposizioni per un aumento di queste forze.
PRESIDENTE. Furono disposizioni di carattere politico,
di indirizzo?
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Di  indirizzo in generale.  Queste  sono  del
resto  iniziative che vengono assunte a livello tecnico
e vengono rappresentate al ministro, il quale gioca una
parte  decisiva:  compete al ministro la  direttiva  in
ordine agli obiettivi di politica criminale.
   A  volte,  a distanza di tempo, questi obiettivi  di
politica  criminale sembrano essere del tutto ovvi,  ma
talvolta,   risalendo  all'epoca,  ovvi  non   sembrano
affatto. Ricordo per
esempio   (consentitemi  questa  memoria  di  carattere
assolutamente   personale)  che   quando   arrivai   al
Viminale,  il 13 giugno 1978, sentivo ancora nel  paese
l'eco di quel dannato grido "né con le brigate rosse né
con lo Stato". Era quindi giusto che certi obiettivi di
politica  criminale dovessero essere ribaditi e  questa
era la responsabilità del ministro; stabilire che uno o
due  battaglioni,  la squadra mobile,  gli  allievi  di
Vicenza o quelli di Catania venissero, fossero istruiti
e così via, tutto questo compete al capo della polizia.
  PRESIDENTE. Il fatto di rafforzare la presenza  della
polizia  a  Napoli fu un indirizzo politico  impartito,
che lei ricordi, oppure no?
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. In particolare non ricordo, ma credo di  poter
rispondere  di  sì perché di fronte ad  un  fatto  come
quello   che   si   era  consumato  era   giusto   che,
compatibilmente  con  le  risorse  a  disposizione,  si
dovesse procedere in questo modo.
Ricordo anche le difficoltà in cui le forze dell'ordine
si
trovavano  in  quel  momento, come del  resto  si  sono
sempre  trovate, durante la lotta contro il terrorismo.
Ricordiamo    inoltre   che   in   quella   particolare
congiuntura  di  tempo vi sono stati quattro  sequestri
(in  ordine di tempo vi fu prima quello di Cirillo  poi
quelli  di  Peci, del povero Taliercio e di Sandrucci);
il  13  maggio  si verificò l'attentato di  piazza  san
Pietro; si era altresì in presenza del fenomeno P2, con
i servizi in crisi, ed il 6 maggio si tenne una tornata
di referendum.
   Si  trattava veramente di una situazione  di  grande
difficoltà  ed  il  ministro  non  poteva   non   avere
comprensione per il capo della polizia e i carabinieri,
sempre  alle prese con la disponibilità delle forze  di
polizia e la loro dislocazione.
  MASSIMO BRUTTI. Nella prima riunione del Comitato per
l'ordine e la sicurezza pubblica si decide una linea di
orientamento  relativa  alle  indagini  sulla  base  di
alcune  considerazioni  che  erano  state  svolte   dal
sottosegretario Sanza; nel verbale che si riferisce  al
suo   intervento   si   legge:  "L'onorevole   ministro
condivide le opinioni dell'onorevole Sanza".
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Quali sarebbero state?
  MASSIMO  BRUTTI.  Nel verbale si legge:  "L'onorevole
Sanza  ricorda le condizioni ambientali della  zona  di
Torre  del  Greco,  segnate da  un'eccezionale  densità
demografica,  dalla presenza continua  della  gente  in
strada,  dal  controllo del territorio da  parte  della
criminalità  comune; questo contesto potrebbe  favorire
le indagini".
   Nello  stesso  verbale  si  legge  che  il  ministro
condivide  le opinioni dell'onorevole Sanza e  afferma:
"La  camorra  potrebbe avere interesse ad agevolare  la
liberazione dell'assessore Cirillo; i rapporti  tra  la
delinquenza  organizzata e il  terrorismo  a  volte  si
intrecciano a volte si divaricano; devono quindi essere
attivati  tutti  i possibili canali".  Qui  finisce  la
citazione dal verbale.
Pag.2781
   Il  SISDE, ed in particolare il prefetto Parisi  che
era   presente  a  quella  riunione  del  Comitato  per
l'ordine  e  per  la  sicurezza pubblica,  interpretano
queste   sue   dichiarazioni  come   la   ratifica   di
un'attività che essi avevano già in quelle ore avviato.
Si può dire che in queste parole vi sia una indicazione
politica   che   ricomprenda  anche   l'ipotesi   della
trattativa? E' alquanto singolare che la camorra  -  si
parla  di  Cutolo - possa collaborare con lo Stato  per
individuare  i  terroristi  ed  il  luogo  in   cui   è
imprigionato il sequestrato semplicemente per una sorta
di avversione ideologica contro di
essi.  In  realtà, come risulta dai primi contatti  con
Cutolo, una collaborazione di questo tipo vi può essere
soltanto in funzione di un sinallagma, di un do ut  des
o  di  una  trattativa. Non si prende contatto  con  un
soggetto   come   Cutolo  per  avere  informazioni,   è
evidente!
Lei  si pose allora questo problema? Fu informato delle
vie
che  venivano intraprese? In particolare, fu  informato
dei  contatti con Cutolo e del fatto che  il  punto  di
riferimento ovvio e naturale, proprio sulla base  delle
considerazioni  di Sanza sul controllo  del  territorio
nella  zona  di Torre del Greco, non poteva che  essere
Cutolo?  In funzione di che cosa Cutolo poteva  fornire
informazioni se non nell'ambito di una trattativa?
    Le   chiedo,  nei  limiti  del  possibile,  essendo
trascorsi  ormai  molti  anni, di  rappresentarci  quei
momenti,  che  devono  essere stati  anche  angosciosi,
cercando  di far emergere i seguenti punti:  si  sapeva
che  era  Cutolo l'interlocutore? Come  si  pensava  di
aprire un canale informativo con lui?
   Lei  ha  dichiarato che le diverse  fasi  di  questa
attività  non le sono state rese note; abbiamo  appreso
che  in  una  prima fase è intervenuto il SISDE,  nella
seconda, il SISMI e, successivamente, avrebbe agito  un
soggetto   non  specificato;  l'ipotesi   cui   si   fa
riferimento  è  il  gruppo  di  potere  che  si  celava
all'interno del SISMI. Lei, non ha avuto in alcun  modo
notizia di tutta questa vicenda? Inoltre, le chiedo una
sua  valutazione  su alcuni fatti, visto  che  è  stato
responsabile della politica interna in quegli anni così
difficili e pesanti. La sua sensazione ed impressione è
che  dopo gli episodi dell'estate del 1981 vi sia stato
una  rafforzamento o un salto di qualità della forza  e
della  presenza della camorra? Questa, tra  l'altro,  è
una  delle  ipotesi  di  lavoro che  abbiamo  preso  in
considerazione.
    E'  evidente  che  ci  interessiamo  del  sequestro
Cirillo  in  modo diverso da come se ne  sono  occupate
altre  Commissioni;  infatti  non  ci  interessa  tanto
l'aspetto del controllo sull'operato dei servizi  e  la
ricostruzione  delle  deviazioni, quanto  accertare  se
coloro che condussero la trattativa e, ancora di più, i
centri  occulti che agirono in questo periodo, entrando
in contatto con la camorra ne esaltarono la potenza, la
presenza,  la  forza organizzata ed  il  controllo  del
territorio.
Su questo punto vorrei conoscere la sua valutazione,
perché lei, ripeto, può formularla in modo appropriato,
avendo diretto la politica interna di quegli anni.
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Credo  di avere già risposto ad  una  domanda
analoga  rivoltami dal presidente. L'obiettivo  era  di
acquisire  informazioni  per  arrivare  al  covo,  alla
prigione, liberare l'ostaggio ed assicurare i criminali
alla  giustizia; non vi è mai stata nessuna possibilità
di  altra interpretazione che questa. La direttiva  era
questa  e  le  informazioni dovevano  essere  acquisite
anche  nei bassifondi della criminalità, della  camorra
napoletana. Devo anche aggiungere che non  seppi  -  lo
ripeto - della presenza nel carcere di Ascoli Piceno di
responsabili del SISDE.
In  merito  alla  mia  valutazione,  è  chiaro  che  il
Ministero
eil  ministro  dell'interno  erano  impegnati  su  vari
fronti,
però  non sarei sincero, innanzitutto verso me  stesso,
se  non  dicessi  che la preoccupazione  prevalente  in
quegli anni era la lotta al terrorismo.
Faccio  riferimento ad un episodio che mi pesa  ancora:
la
scelta del generale
Pag.2782
Dalla  Chiesa come prefetto di Palermo, una scelta  che
feci  immediatamente dopo la liberazione  del  generale
Dozier.  Il  punto  che discrimina, a  mio  avviso,  la
nostra lotta al
terrorismo  è  proprio  la  liberazione  del   generale
Dozier. Il 1981 è ancora un anno durissimo per noi; con
la
liberazione di quest'ultimo non solo cambia l'opinione
internazionale nei confronti dell'Italia, ma entrano in
crisi   le  formazioni  brigatiste,  peraltro  già   in
difficoltà per il fenomeno del pentitismo, il quale, in
parte,   è   stato  il  risultato  della   legislazione
premiale,   che   in  un  certo  senso  ratificava   un
sentimento che circolava all'interno della corporazione
brigatista. La mia riflessione è sempre stata quella di
ritenere  che questa gente, ideologizzata com'era,  non
potesse  vivere clandestinamente tutta la vita; ritengo
che  chi  fa una rivoluzione oggi, non pensi di restare
clandestino,  ma  di  assumere  un  domani  il  potere.
Quindi, si faceva strada l'idea dell'impossibilità  per
lo  Stato  di vincere, poi la legislazione premiale  ha
fatto il resto.
   Eravamo  impegnati  su tutti i fronti,  anche  nelle
regioni  meridionali, che erano le meno  insidiate  dal
brigatismo,  però  a       Napoli vi erano  Viscardi  e
Senzani. La preoccupazione era
quella  di  mettere le mani sopra la colonna napoletana
e,  infatti,  nei primi giorni di gennaio del  1982  fu
arrestato Senzani.
MASSIMO  BRUTTI.  Un effetto della  vicenda  Cirillo  è
stato
il finanziamento dell'ala militarista delle BR.
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Quindi,  la  preoccupazione  era  soprattutto
quella. In premessa alla valutazione che lei mi chiede,
posso
affermare che l'evolversi del fenomeno della camorra  è
stato   quello  che  conosciamo:  essa  non   è   stata
certamente debellata
in quegli anni. Vi è stato uno sforzo notevole da parte
dello  Stato  per  venirne a  capo,  analogo  a  quello
attuale.  Non  vedo un discrimine nel caso  Cirillo  di
accresciuta potenzialità e pericolosità della  camorra;
piuttosto  deve essere valutato il quadro generale  del
post  terremoto, la fertilità di un certo humus in  cui
la camorra poteva operare.
  CARLO D'AMATO. Desidero formulare un rilievo rispetto
alle  dichiarazioni del dottor Parisi; in  particolare,
mi
riferisco  ai rapporti tra i servizi ed il ministro  di
cui   si  fa  menzione  a  pagina  2617  del  resoconto
stenografico della seduta del 10 settembre 1993. Se non
sbaglio,  l'onorevole Rognoni ha dichiarato  di  essere
stato  informato delle iniziative assunte  dai  servizi
segreti   successivamente  alla  vicenda  Cirillo.   Al
riguardo,  il dottor Parisi ha dichiarato: "Sono  molto
corretto: qualunque ministro abbia lavorato con  me  sa
bene che mi sono comportato sempre in maniera chiara  e
corretta. Certamente non era il caso che il discorso si
aprisse  in  comitato,  perché  l'attività  di  ricerca
informativa  dei  servizi non aveva come  referente  il
comitato ma i ministri dell'uno e dell'altro ramo".
   Subito  dopo,  a  una domanda del senatore  Capuzzo,
egli aggiunge: "E' stato informato e ne ha dato atto in
sede di commissione e in sede di giudizio. Abbiamo  due
posizioni:  quella del sottosegretario, che ricorda  di
essere  stato informato, e quella del ministro che  non
ricorda di essere stato informato. La mia parola  certa
è che sono stati entrambi informati". E, a pagina 2622,
aggiunge: "Vorrei dire, a questo proposito, che è fuori
discussione  che ci sia stata la trattativa.  E'  anche
fuori  discussione che ci sia stato il  pagamento.  Poi
abbiamo visto dei riferimenti."
Vorrei sapere dal ministro, vista la sua competenza ed
esperienza  in  materia,  come  sia  possibile   questa
contraddittorietà    di   posizioni    rispetto    alle
affermazioni del dottor Parisi che mi sembrano  precise
e  puntuali.  E'  come se lui ritenesse  che  ci  possa
essere  stata un'attività autonoma dei servizi segreti,
cosiddetti  deviati; per la verità non sono un  esperto
in  questa  materia,  però  da  quello  che  leggo  sui
giornali so che sono deviati, anche se
Pag.2783
non  si  sa  quale sia il motivo (non è dato  saperlo);
sembra  che tale deviazione avvenga autonomamente.  Per
la  verità non credo alla loro deviazione autonoma  non
finalizzata e non sollecitata da qualcuno. Non  capisco
per  quale ragione i servizi dovrebbero deviarsi se non
per  altri motivi o per scopi di ordine politico,  come
il  senatore Mazzola ci ha voluto far credere.  Quindi,
sembra  che  i nostri servizi si deviino autonomamente,
trasgredendo ad una indicazione del Governo, per aprire
canali e trovare contatti per una trattativa.
   Vorrei  conoscere l'opinione dell'onorevole Rognoni,
nella  sua  qualità  di ministro all'epoca  dei  fatti,
sulle  precise  affermazioni  del  dottor  Parisi  (fra
l'altro  è  ancora  il capo della  polizia  del  nostro
paese),  e sulla questione delle deviazioni dei servizi
segreti  che avrebbero agito autonomamente,  al  di  là
delle   indicazioni  del  Governo  che,  come  è  noto,
ufficialmente   era  contrario  all'apertura   di   una
trattativa con la camorra e con le brigate rosse.
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Per quanto riguarda il SISDE, che è  l'organo
dei  servizi  che  dipende  direttamente  dal  ministro
dell'interno,   posso  affermare,  sulle   base   delle
risultanze,  che esso non è mai andato al di  là  delle
direttive impresse dal ministro. Non vi è una parola da
parte  del  capo  della polizia che faccia  riferimento
alla trattativa con la camorra, mai! In primo luogo, si
parla   di   acquisire  informazioni  per   raggiungere
quell'obiettivo;  in  secondo  luogo,   certo,   vi   è
contrasto  su  una  circostanza  che,  come  ho   detto
all'inizio  dell'audizione,  non  mi  pare  onestamente
rilevante. Se Parisi mi avesse detto:" Badi,  ministro,
che  mandiamo  un funzionario" avrei dato probabilmente
il  mio assenso, perché mi pareva giusto che si dovesse
procedere  in  questo modo. Ed è  così,  anche  per  la
seconda     circostanza    riguardante     l'iniziativa
abbandonata   dal   SISDE  e   riassunta   dal   SISMI.
Soprattutto in questi casi l'esperienza della polizia e
dei carabinieri è molto ricca; gli informatori non dico
che osservino il principio, cuius regio, eius religio ,
però  all'incirca è così. Quando un informatore è della
polizia dobbiamo lasciarla lavorare.
PRESIDENTE. In genere, viene poi arrestato dai
carabinieri.
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Quando  una pista è più  propriamente  di  un
servizio, dobbiamo lasciargliela. Quindi, mi  pare  che
su questa circostanza le cose stiano così. Del resto ho
sempre  ritenuto, e       l'ho affermato indirettamente
anche prima, che un ministro
ha   il   dovere  di  dare  direttive,  di  controllare
l'efficienza  dei  servizi e delle  strutture,  ma  non
credo  che  abbia il dovere di seguire dettagliatamente
gli   itinerari  investigativi.  Guai  se  il  ministro
dovesse  assumere  un simile ruolo.  Questa  è  la  mia
posizione di ministro dell'interno dell'epoca.
ALTERO MATTEOLI. Onorevole Rognoni, il collega D'Amato
ha  un  po'  "bruciato"  la mia domanda,  gliela  porrò
pertanto  in  maniera diversa. Lei  evidentemente  avrà
letto...
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Poiché chi le risponde sono sempre io...
ALTERO  MATTEOLI. Le chiedo un giudizio  più  generale.
Lei
avrà  ovviamente letto il resoconto dell'audizione  del
capo della polizia Parisi, resa in questa...
VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore. Sì, gli atti sono pubblici.
ALTERO MATTEOLI. Audizione che poi ha determinato anche
l'incontro  odierno  con lei.  Quale  giudizio  dà,  in
generale,  di questa audizione, nei suoi vari passaggi?
Perché  è  vero  quello che lei ha detto: l'espressione
"trattativa con la camorra"
non è scritta, non emerge
Pag.2784
dall'audizione, ma tra le righe emerge molto  bene  che
tale  trattativa  c'è  stata. Se infatti  si  parla  di
esponenti di vertice di un partito, che hanno ricoperto
cariche  rilevanti anche in dicasteri assai importanti,
che  si  sono  recati  nel carcere  di  Ascoli  Piceno,
sarebbe  troppo semplicistico dire che non risulta  che
vi sia stata la trattativa.
Ho letto quanto affermato in sue precedenti audizioni,
rese anche di fronte al Comitato dei servizi. Emerge  -
per  uno che non ha mai ricoperto cariche di Governo  -
forse  anche  ingenuamente, una  domanda.  Il  ministro
emana  delle direttive senza poi entrare -  l'ha  detto
lei   -  nel  merito  delle  operazioni;  ebbene,  come
funziona  il  controllo  per  sapere  se  le  direttive
emanate  dal ministro siano o meno rispettate?  C'è  un
modo  di rapportarsi alle direttive per capire  poi  se
esse vengano in qualche modo rispettate?
   Le porrò adesso un'ultima domanda con riferimento  a
quanto   emerge  da  alcuni  passaggi  delle   suddette
audizioni,  tenutesi  a  distanza  di  un  anno   l'una
dall'altra   (maggio  1981  e  maggio   1982).   Alcuni
parlamentari - tra cui mi sembra lo stesso presidente -
rivolgendole  delle domande le hanno fatto  notare  che
lei  avrebbe  scritto in un libro che l'entrare  in  un
carcere  è,  a  suo giudizio, un'attività deviata.  C'è
stata  una  direttiva  che  autorizza  ad  entrare  nel
carcere.  Nel 1982 essa viene cambiata: si può  entrare
nel carcere ma occorre fare una domanda al ministro  di
grazia e giustizia. Se la risposta è positiva, allora è
possibile   entrare  nel  carcere.  Ora,  io   non   mi
scandalizzo se i servizi segreti entrano in un  carcere
-  ci  mancherebbe altro - per apprendere  informazioni
che  possano essere utili ad una determinata  indagine,
mi  scandalizzo però quando si entra in un carcere  per
trattare  con personaggi che si chiamano, per  esempio,
Cutolo.  Ma  non  mi scandalizza tanto nemmeno  questo,
ossia  se  ci  vanno  i servizi segreti,  o  personaggi
dell'autorità giudiziaria; mi scandalizzo invece quando
ci  vanno  esponenti  di partito  o  rappresentanti  di
Governo,  che  hanno  ricoperto o  ricoprono  incarichi
importanti.  Ebbene, non ritiene che sia - se  possiamo
usare  il  termine  che  adoperiamo  per  i  servizi  -
un'attività  tutta  deviata  quella  svoltasi  per   la
liberazione di Cirillo?
   E'  ovvio che al punto in cui siamo, viste le  carte
che  abbiamo  a disposizione, il problema  è  diventato
ormai  di  ordine politico e nel dibattito che  poi  ci
sarà  all'interno  della Commissione  su  tutto  questo
ognuno di noi affronterà l'argomento dal punto di vista
politico. Dico questo perché ritengo che dal  punto  di
vista  delle indagini, se comprendiamo bene  gli  atti,
possiamo  tranquillamente capire come siano  andate  le
cose.
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Certo,  io ho letto - perché  gli  atti  sono
pubblici   l'audizione   del   prefetto   Parisi.    E'
ineccepibile,  a  parte il punto di  contrasto  di  cui
abbiamo parlato.
ALTERO MATTEOLI. Non è secondario, però!
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Ricordo  la  domanda fattami  dal  presidente
Gualtieri e ricordo anche la mia risposta (del resto  è
nei  verbali).  Non  è  vero che  io  dissi  in  quella
audizione che cercare di avere informazioni, attraverso
gli  strumenti  di  cui  dispone  l'ordinamento,  anche
nell'area  carceraria,  è  attività  deviata.  Lasciamo
perdere  i passaggi formali (autorizzazione, eccetera),
ma io non ho detto questo! Qui, probabilmente c'è stato
un misleading da parte del presidente in relazione
al  libretto, testimonianza di memorie, che io  scrissi
nel  1989. Cosa mi disse Gualtieri? "Se mi consente  di
continuare a citare un suo libro, ricordo che  in  esso
lei  sostiene  che  quella di essere andati  dentro  le
carceri era un'attività
deviata,  di  cui  è comprensibile che  lei  non  abbia
saputo niente in quanto il suo controllo si svolge solo
sulle attività di istituto e non su quelle degli altri.
Ma come potevano
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essere  deviate operazioni, portate avanti inizialmente
dal SISDE attraverso il suo vice direttore, che in quel
momento esercitava la funzione di comando?". Io risposi
quanto  ho  detto  qui poc'anzi e cioè  che  andare  in
carcere  per  avere informazioni ai fini di raggiungere
l'obiettivo  di  liberare  l'ostaggio  e  assicurare  i
criminali  alla  giustizia non era affatto  un'attività
deviata.  Nel  mio  libro sostengo questo.  La  domanda
dell'intervistatore  - mi dispiace  dover  ricorrere...
era, tra l'altro: "Si parla di un tentativo dei servizi
di avviare vere e proprie trattative per la liberazione
di   Cirillo,  nascondendo  l'identità  di  coloro  che
parteciparono   ai  colloqui,  negando   una   corretta
informazione  (...). Una vera e propria deviazione  dei
compiti   istituzionali  del  servizio   (...)".   Così
risposi: "Il ministro dell'interno ha la responsabilità
oggettiva  degli  atti  della  sua  amministrazione   e
quindi  delle  operazioni di polizia,  ma  non  le  può
conoscere
tutte  nei  diversi tragitti che esse  percorrono.  Non
deve  sorprendere  perciò che sia venuto  a  conoscenza
delle visite al carcere di Ascoli molto più tardi.  Che
poi  non potessi sapere di attività deviate dei servizi
è   comprensibile,  proprio  perché  svolte  fuori  dal
controllo   politico".   Se  c'è   un'azione   deviata,
evidentemente,  deve  essere stata fatta  nell'assoluta
clandestinità.  C'è quindi un equivoco:  per  "attività
deviate"  intendo  le attività deviate  e  non  intendo
includere in esse l'informativa che un servizio - o  al
limite   la  polizia  potrebbe  acquisire  andando   in
carcere.
   Devo  dire che il ministro gode e profitta, se  così
si  può dire, dei rapporti fiduciari che ha con i  suoi
collaboratori:  con  il  capo  della  polizia,  con  il
comandante  dell'Arma, che per un ministro dell'interno
sono gli strumenti di consultazione quotidiana; meno  i
servizi,  tutto  sommato, che  sono  più  lontani,  più
periferici...  nell'ordinarietà. Certo,  nelle  vicende
straordinarie  no. In ogni caso gli strumenti  sono  il
capo  della  polizia  e il comandante  dell'Arma.  E  i
rapporti sono fiduciari.
   Certo,  il  ministro deve controllare. Ma  anche  la
notizia  che  in  seguito ad una  certa  investigazione
queste autorità di polizia o dei servizi possano venire
a conoscenza... Quando la notizia è producente - questa
era  la  regola  -  la comunicano al  ministro,  mentre
quando  non lo è, non la comunicano al ministro.  Ed  è
giusto  che  sia  così;  è fuor di  dubbio.  Quando  la
notizia  è un po' "vestita" - ma vestita bene, come  si
dice  in gergo - allora il ministro interviene;  è  qui
che    c'è    la    comprensione,   il   discernimento,
l'intelligenza sui fatti e gli avvenimenti da parte  di
chi  ha  il  dovere  di parlare con il  ministro  e  di
informarlo. Questa è la mia risposta.
SALVATORE FRASCA. Ho avuto il piacere di collaborare,
per  un certo periodo di tempo, con l'onorevole Rognoni
allorquando egli era ministro di grazia e giustizia. In
quella  occasione ho potuto constatare il  senso  dello
Stato  che l'onorevole Rognoni portava e ritengo  porti
tuttora con sé. Farei perciò appello, per le brevissime
considerazioni che svolgerò, proprio a questo  suo  ben
conosciuto senso dello Stato perché egli possa  aiutare
la Commissione antimafia a pervenire alla verità che si
va cercando da ben tredici anni circa e che tuttora non
si riesce a riscontrare.
    Non   c'è  dubbio  che  siano  state  fatte   delle
trattative.  Si  parte,  ha detto  il  ministro,  dalla
riunione  del  Comitato per l'ordine  pubblico  in  cui
vengono  date  delle direttive; in quelle riunioni  del
Comitato c'è l'onorevole Sanza che parla dell'intreccio
possibile tra camorra e Brigate rosse; parlando
anche  a norme del ministro - come ha poc'anzi rilevato
il collega Brutti - dice che bisogna indagare in questa
direzione.
   Richiamandosi a tale passo del verbale della  seduta
del  Comitato,  il  presidente  Violante  ha  posto  la
seguente  domanda  al  capo della  polizia,  nel  corso
dell'audizione tenutasi il 10 settembre:
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"E'  questo l' input politico che porta a Cutolo?".  Il
prefetto Parisi risponde che è così.
  PRESIDENTE. No, dice in realtà un'altra cosa, se  non
ricordo  male:  "  E'  la  ratifica,  perché  l'  input
l'avevamo già avuto".
  SALVATORE  FRASCA. Esattamente. E'  una  ratifica  di
comportamento. In realtà, risponde in termini positivi,
signor presidente, alla sua domanda.
   D'altra parte, il prefetto Parisi, come poc'anzi  ha
detto  il  collega D'Amato, afferma ancora:  "E'  fuori
discussione che ci sia stata la trattativa ed  è  anche
fuori  discussione  che ci sia stato il  pagamento...".
Poi  abbiamo  visto dei riferimenti: "Come  riuscire  a
personalizzare  la  responsabilità  e  a  dire  che  ha
trattato,  che  ha fatto la raccolta di fondi,  che  ha
conferito  il denaro e per quale vantaggio (appalti  ed
altre  cose)  è cosa che potrà emergere dalle  indagini
giudiziarie".
PRESIDENTE. Senatore Frasca, mi consenta di chiarire un
punto.  Il  13 novembre 1984 - visto che non discutiamo
di  cose  acquisite  -  fu presentata  dagli  onorevoli
Rognoni,  Formica,  Battaglia, Reggiani,  Bozzi  e  Del
Pennino  (cioè  dai capigruppo della  maggioranza)  una
mozione  -  che  fu approvata - i cui primi  due  punti
erano  del seguente tenore: "Valutata la relazione  che
il  Comitato parlamentare di controllo sui  servizi  di
informazione  e  sicurezza e sul segreto  di  Stato  ha
trasmesso l'8 ottobre 1984 ai Presidenti delle  Camere,
denunciando  gravi  deviazioni di  alcuni  settori  del
SISMI, dai loro compiti istituzionali, in occasione del
sequestro  e  della  liberazione  dell'assessore  della
regione  Campania  Ciro  Cirillo,  sino  a  giungere  a
trattative con le BR e con la camorra e a prevedere per
la  liberazione di Cirillo inammissibili contropartite,
considerato che alcuni fra i principali funzionari  del
SISMI  coinvolti  nella  grave  deviazione,  anche   in
illecita collaborazione con il noto Pazienza, risultano
iscritti  alla  loggia P2, mentre  nel  contesto  della
vicenda, influenzata dalle deviazioni indicate, si sono
attivate  per la liberazione di Cirillo persone  a  lui
legate  anche per motivi politici...". Ciò  che  voglio
dire  è che dal punto di vista parlamentare alcuni dati
sono acquisiti.
   Il problema che ci riguarda è accertare se da questo
dato sia derivato o meno un rafforzamento della camorra
e  se  per caso - questo è il punto - quanto ci è stato
detto  nell'indagine fatta sulla mafia, ossia  che  per
una   serie  di  anni  vi  sia  stata  una   sorta   di
negoziazione  -  come è stato detto -  tra  malavita  e
forze  di  polizia, perché non vi erano altri strumenti
se non quelli, per avere informazioni e notizie, sia il
quadro in cui questo si colloca.
Alcuni dati sono ormai acquisiti dal punto di vista
parlamentare.  Ciò  lo dico per chiarezza.  Ripeto,  il
ministro    Rognoni    è    stato    colui    che    ha
coraggiosamente...
SALVATORE  FRASCA. La ringrazio, presidente.  Vedo  che
lei
usa  l'arma  della  maieutica;  con  ciò  mi  aiuta   a
formulare  all'onorevole Rognoni dei quesiti che  avevo
già in nuce .
Il  prefetto ha ammesso che è fuori discussione che  ci
sia
stata  la trattativa, il pagamento e via dicendo.  Ora,
fra la riunione del Comitato per l'ordine pubblico e la
conclusione delle trattative è avvenuta un'infinità  di
atti.  A  parte  i  tre sopralluoghi o  le  tre  visite
organizzate dal SISDE, vi sono
state  altre  visite nel carcere di Ascoli  Piceno  con
personaggi  anche  impegnati sul piano  politico,  come
poc'anzi  ha rilevato il collega D'Amato.  Vi  è  stato
altresì  il  trasferimento  di  alcuni  detenuti  dalle
carceri  della Sardegna, in cui si trovavano, a  Palmi,
perché si potessero stabilire i contatti tra camorra  e
Brigate rosse. Vi è stata ancora una riunione presso il
Ministero  di  grazia e giustizia,  laddove  il  dottor
Sisti  ha  convocato  il capo del SISMI  e  quello  del
SISDE,  e  in  cui si è deciso di procedere  in  questo
andirivieni tra Roma e il
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carcere di Ascoli Piceno. Vi è stata tutta una serie di
cose  per cui - me lo consentirà l'onorevole Rognoni  -
io  non  accedo  con tanta facilità alla  tesi  che  il
ministro  o i ministri competenti ed il Presidente  del
Consiglio  potessero non saperne niente.  Sappiamo  chi
sono i direttori generali nel nostro paese! Noi, signor
presidente,  non  abbiamo  una  burocrazia  forte  come
quella  della Repubblica francese. Da noi non avvengono
quei  ricambi della burocrazia che si verificano  negli
Stati   Uniti  d'America  ogni  qualvolta   cambia   il
Presidente:  da  noi  c'è  un  percorso   che   si   fa
nell'ambito dell'amministrazione dello Stato e sappiamo
come  vengono  nominati i direttori  generali!  Quindi,
sappiamo  che  questo  tipo  di  direttore  generale  è
rappresentato  da  persone  che  quasi  quotidianamente
cercano  di  cogliere quelli che  sono  gli  umori  del
ministro.  Sembra pertanto assurdo che questi direttori
generali, che queste persone di fiducia del Governo non
avessero  informato  i  ministri.  Debbo  qui  ribadire
quanto  già detto nel corso dell'audizione del senatore
Mazzola: ove si dovesse accedere ad una acquisizione di
questo  genere, noi non potremmo esprimere un  giudizio
positivo  sugli  uomini  che  ci  rappresentavano   nel
Governo in quel momento.
Vi  è  poi la tesi dei servizi deviati. I romani - come
mi
insegnate  -  quando  andavano  alla  ricerca  di   una
risposta difficoltosa si domandavano: cui prodest? Allo
stesso
modo,  noi  ci dobbiamo chiedere: per quale  ragione  i
servizi segreti dovevano deviare? O i servizi non  sono
stati  indotti  a fare certe cose, le  cose  che  hanno
fatto,  per aprire la pista alle ultime trattative  che
sono state fatte a livello politico, così come dice Mei
nella  sua  audizione... Infatti Mei ad un certo  punto
dice:  "Fino al giorno X siamo andati avanti  noi;  poi
siamo  stati  estromessi e vi sono state trattative  di
altra natura". Non diventa credibile una tesi di questo
genere.  Si  può  fare anche riferimento  alla  P2,  ai
singoli  intrallazzatori che vi erano,  all'imbroglione
del  secolo  che corrisponde al nome di  Pazienza  e  a
tante,  tante  altre  cose.  Però  i  responsabili  dei
servizi  segreti, caro presidente, erano stati nominati
poco  prima,  dopo la rivoluzione che vi era  stata  ed
erano  persone  di fiducia di ministri e  del  Governo.
Quindi  è difficile far credere alla gente che  costoro
potessero aver mentito al Governo.
Comunque,  siamo arrivati al dunque: o  non  dicono  la
verità
gli  uomini  di  Governo, oppure non dicono  la  verità
coloro i quali rappresentavano in quel momento lo Stato
a  livello di servizi e che tuttora ricoprono incarichi
notevoli.  Questo  dilemma lo dobbiamo  sciogliere  per
arrivare  alla ricerca della responsabilità, altrimenti
-   e   concludo  -  dovremmo  arrivare  a  dire,   con
Pirandello: "Ma non è una cosa seria"!
UMBERTO CAPPUZZO. A differenza del senatore Frasca, non
evocherei il titolo della commedia "Ma non è  una  cosa
seria",  ma parlerei piuttosto di "Così è, se vi  pare"
oppure di "Uno, nessuno e centomila"... Devo dare  atto
al  signor ministro, per irapporti che ho avuto con lui
(ci vedevamo quasi ogni
giorno),  di  non aver avuto mai alcuna indicazione  di
questo  genere.  Al  di  la  del  fatto  gerarchico  ed
istituzionale, vi erano anche rapporti di simpatia  con
il signor ministro e mi
stupirei...  Insomma,  qualche  indiscrezione   l'avrei
gradita.  Se fosse stato assunto un atteggiamento  così
freddo  nei miei riguardi, la cosa mi colpirebbe.  Devo
inoltre  dare  atto  al ministro  di  avere  avuto  una
concezione rigorosa dell'ortodossia delle procedure per
le  entrate in carcere. Non posso non ricordare, a tale
proposito, la reprimenda, non nei miei riguardi ma  con
riferimento a tentativi (successivi al fatto  Peci)  di
penetrazione  nel carcere che portavano a  privilegiare
l'attività  investigativa di  un  settore  delle  forze
dell'ordine nei confronti dell'altro. Su questo aspetto
non  vorrei  sorvolare. Ricordo benissimo  le  ripetute
segnalazioni  di  contatti  che  non  avrebbero  dovuto
esserci e che poi sono
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stati  anche  positivi dal punto di vista operativo;  è
una  concezione  dello Stato che fa onore  al  ministro
Rognoni.
E' stato detto che i direttori generali sono sensibili
agli  umori  del ministro. Volevo ricordare  al  signor
ministro  che  ad  una sua richiesta o segnalazione  di
designazione  di un alto ufficiale al  comando  di  una
certa  divisione  dei carabinieri (peraltro  ribaditami
anche  dal  ministro  Lagorio),  vi  è  stata  la   mia
opposizione,  che  poi  si  è  rivelata  molto  saggia,
rispetto   alla   quale  non  è  stata   fatta   alcuna
difficoltà. Si fanno premere i direttori generali  o  i
comandanti  che  non  hanno  valide  argomentazioni  da
opporre  ai ministri. Quindi mi reputo felice di  avere
offerto  la  mia  collaborazione  a  ministri  come  il
ministro Rognoni.
Voglio precisare che in quell'epoca non vi fu alcuna
indicazione,  se non quella dell'attività  informativa,
che  aveva  piena giustificazione nella  considerazione
del  fatto che il territorio napoletano era quanto  mai
"difficile"  per  le Brigate rosse: ricordiamocelo!  Il
controllo  del  territorio  , l'infiltrazione  venivano
infatti  esercitati dalla camorra. Vorrei  chiedere  al
presidente  se  vi  sia  qualche  dichiarazione   delle
Brigate rosse dalla quale si desuma che il riscatto sia
stato pagato.
 MICHELE FLORINO. Certo che c'è!
  PRESIDENTE. Quando viene annunciata la liberazione di
Cirillo, nel documento delle Brigate rosse si dice  che
essa è avvenuta perché è stato pagato il riscatto di un
miliardo  e 450 milioni. Non so se è vero. Comunque,  è
stata  trovata  la  persona  che  consegnò  i  soldi  a
Senzani; mi pare si trattasse di un avvocato di Roma.
CARLO  D'AMATO.  No,  si trattava  di  un  avvocato  di
Napoli.  PRESIDENTE. Sul pagamento alle BR non ci  sono
quindi
problemi.
  UMBERTO CAPPUZZO. Io volevo avallare quanto ha  detto
il  signor  ministro, con riferimento ai  rapporti  che
andavano  al  di là della riunione del comitato  e  dei
continui scambi di informazione, quasi quotidiani,  per
dire  che di questo passaggio dall'attività informativa
pura  all'attività di trattativa noi non abbiamo  avuto
alcun  sentore, nessuna indicazione, nessuna direttiva.
La  stessa  presenza sul territorio è stata ribadita  e
mantenuta   dalle   forze   dell'ordine   senza   alcun
allentamento,  in relazione anche alla  possibilità  di
favorire  i  camorristi  nella  consegna  del   Cirillo
liberato.  Dico  questo per confermare  quanto  ho  già
avuto  modo  di dire più volte. D'altra parte,  sarebbe
sufficiente  consultare i verbali  delle  riunioni  del
comitato.  Il  riferimento - ripeto  -  è  soltanto  ad
un'attività    informativa   mirata   nel   particolare
contesto.
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Vorrei  fare  una  precisazione.  Quando   ho
parlato della prevalente battaglia contro il terrorismo
ed  ho  fatto riferimento alla scelta di Dalla  Chiesa,
non  ho  completato  il discorso (me  ne  accorgo  solo
adesso). La liberazione del
generale Dozier rappresenta un po' il discrimine: da lì
viene fuori la sconfitta del terrorismo e delle Brigate
rosse. Proprio perché sembrava allora che il terrorismo
fosse politicamente sconfitto, anche se poi residui  di
colpi  militari  era prevedibile che ci  fossero,  così
come  ci  sono  stati, da lì c'è stato  l'interesse  ad
accentuare,  più  di quanto si fosse fatto  negli  anni
precedenti, la lotta contro la criminalità. E' in  quel
periodo che io mi incontro con Pio La Torre e che nasce
la legge sul riciclaggio del denaro sporco; è da lì che
nasce  in  me l'idea di utilizzare un uomo  come  Dalla
Chiesa  ed  impiegarlo  non come  commissario  ma  come
prefetto  di  Palermo. Sembrava a me, come sembrava  al
Governo   dell'epoca,  che  non  fosse  il  tempo   dei
commissariamenti, che occorresse notificare la presenza
dello Stato. Ricordo quando Dalla Chiesa veniva da me e
mi diceva: "Ministro, la cosa più bella è andare nelle
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scuole  e  vedere che si parla per la  prima  volta  di
mafia".  Ecco quindi il senso dello Stato riassunto  in
un personaggio emblematico!
   Ho  voluto  dire  questo per ricordare  come  allora
fosse prevalente la battaglia contro il terrorismo. Ciò
non  significa che l'amministrazione fosse assente  sul
fronte della lotta alla mafia e alla camorra. Tuttavia,
in  quegli anni il terrorismo azzannava lo Stato e  noi
dovevamo rispondere.
PRESIDENTE. Ministro, le vorrei rivolgere una domanda
per  evitare che permanga un punto equivoco.  E'  stata
posta  una  questione, la cui definizione ci  interessa
anche ai fini della stesura del documento finale. A suo
avviso,   quale  poteva  essere  l'interesse   di   una
organizzazione come la camorra a fornire elementi  allo
Stato  per  liberare Cirillo, visto che dal quadro  che
emerge  si evince l'avvio - che vi preoccupava molto  -
di  un rapporto più stretto tra criminalità organizzata
ecriminalità  terroristica (che nasce  nelle  carceri)?
In
queste ultime sembrava esserci - ed in effetti c'era  -
un  rapporto fra queste due forme di criminalità, tanto
che  alcuni  detenuti comuni sono diventati brigatisti.
Quale   poteva   essere  da  questo  punto   di   vista
l'interesse  di  Cutolo nel dire:  "Sì,  vi  do  questa
informazione"?  Informazione che -  sia  ben  chiaro  -
in  un  primo momento si pensava di poter ottenere  con
denaro,
così  come  avviene con i normali criminali. Lo  stesso
SISDE  aveva stanziato una somma di denaro che  non  fu
utilizzata perché Cutolo rifiutò denaro. Si disse  100-
150  milioni...  Poi  fu consegnata  al  successore  di
Parisi.
   La  seconda  questione è la seguente.  Risulta,  sia
dalle  sue  dichiarazioni che dagli atti  inviati  che,
nonostante  Coronas,  capo della polizia,  nella  prima
riunione  del  comitato  per l'ordine  e  la  sicurezza
avesse  detto  che  non  vi era bisogno  di  rafforzare
Napoli, in realtà dalla polizia furono mandati a Napoli
circa 1000-1500 uomini. Da notizie - in verità soltanto
di  stampa - risulterebbe che il 4 giugno questi  1000-
1500  uomini furono ritirati. Il 6 poi c'è  Siola,  che
viene...  Poi c'è una serie di regolamenti di conti,  6
omicidi di camorra. Una delle accuse che è stata  fatta
allora  -  considerato che dobbiamo replicare a  queste
cose  -  è  che  il  ritiro di questi uomini  fosse  in
qualche  modo collegato ad una fase della  vicenda  dei
rapporti tra personaggi dei servizi e camorra.  Non  so
se le questioni che ho posto siano chiare.
 VIRGINIO ROGNONI, Ministro dell'interno pro
tempore.  Noi non ci siamo posti il quesito relativo  a
quale  interesse potesse avere la criminalità a fornire
informazioni allo Stato. La valutazione che  davamo  in
ordine  all'area napoletana era abbastanza complessa  e
differenziata. L'ho già ricordato: c'era l'opinione che
la camorra, così come la mafia, fossero poteri tendenti
a  respingere fuori dal proprio "territorio" i fenomeni
di brigatismo, per evitare la
compressione diretta sulla stessa criminalità da  parte
di un maggiore insediamento di forze dell'ordine. Sulla
base  di  questa tesi - giusta o sbagliata che fosse  -
era verosimile pensare che la camorra potesse avere  un
qualche  interesse. In realtà, noi abbiamo  sentito  il
dovere  di acquisire e di dare questa direttiva  perché
non  potevamo  pensare alla camorra come ad  un  potere
"dirimpettaio" dello Stato.
   E' un fenomeno diffuso e, a differenza delle Brigate
rosse,  potere concentrato, gerarchizzato, a  comparto,
ideologizzato,  e quindi i singoli camorristi  o  parte
della   camorra,  sempre  in  conflitto  fra  di  loro,
avrebbero potuto assumere un'iniziativa di informatori.
Molto   più   allora  che  non  nei   confronti   della
corporazione   stretta   delle   Brigate   rosse,    la
corporazione  dei  camorristi poteva  essere  a  maglie
larghe  e  dentro a queste maglie larghe l'informazione
poteva venire fuori.
     In   secondo   luogo,   leggendo   sul   resoconto
stenografico  la  deposizione del prefetto  Parisi,  ho
visto che questa questione è stata posta dal presidente
e che Parisi,
Pag.2790
soprattutto nella sua veste di capo della polizia, si è
riservato   di  fornire  dei  documenti.  Mi  riferisco
pertanto  ai  contenuti di questi documenti  in  ordine
alla  mobilità  delle forze di polizia dell'epoca;  fra
l'altro, ho avuto occasione anche oggi, rispondendo  ad
una  delle  prime  domande,  di  riferire  come  queste
iniziative fossero soprattutto a livello tecnico.
  PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Rognoni ed invito i
colleghi  a  trattenersi in aula per  deliberare  sulle
segretazioni   che  dobbiamo  operare   sui   resoconti
dell'audizione  del pentito Galasso e della  visita  di
ieri a Barcellona Pozzo di Gotto.
(L'onorevole Rognoni esce dall'aula).
Determinazioni  in  ordine alla  pubblicità  di  alcune
parti  dell'audizione  svoltasi  nella  seduta  del  17
settembre
1993.
  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, proseguiamo  in
seduta segreta. Dispongo la disattivazione del circuito
audiovisivo interno.
   (  La  Commissione  procede  in  seduta  segreta  ).
PRESIDENTE. Riprendiamo i nostri lavori in seduta
pubblica.   Dispongo  la  riattivazione  del   circuito
audiovisivo interno.
             Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE.  Informo i colleghi che  una  delegazione
della Commissione è stata invitata domani a Palermo per
due ordini di motivi. Il primo è un incontro con alcune
associazioni di Palermo, in particolare a Brancaccio  -
era  quel  sacerdote che ci aveva invitato ad andare  e
che poi è stato ucciso - ed in altri quattro quartieri,
le  quali chiedono alla Commissione di incontrarsi  con
le  loro  realtà religiose per poi fare una  visita  in
quei quartieri. Vedremo poi in che modo farla perché  è
fastidioso  andare, per così dire,  blindati,  in  quei
posti;  studieremo il modo di effettuare una visita  in
modo civile e non militare.
   L'istituto  Volta chiede inoltre che la  delegazione
della  Commissione si rechi alle 11,30  presso  la  sua
sede,  alla  presenza del prefetto e dietro  invito  di
Città  per  l'uomo, che è un movimento di Palermo,  per
presentare  la  relazione della  Commissione  antimafia
sulle  scuole  di  Palermo e per  una  discussione  sul
rapporto scuola-mafia. Si tratta di una cosa abbastanza
interessante perché l'altra sera abbiamo avuto, in sede
di  ufficio  di presidenza un incontro con il  ministro
Russo Jervolino.
   Informo  i  colleghi che sono stati assunti  impegni
molto  rilevanti  anche  da  parte  del  ministro,  che
cercherebbe di
impegnare  le  scuole a considerare la questione  della
formazione  di una coscienza civile nella lotta  contro
la  mafia come uno dei punti continuativi di quest'anno
scolastico;  in particolare cercherebbe  di  connettere
questo tema all'insegnamento dell'educazione civica.
   In  secondo  luogo vi sarebbero tre incontri  con  i
provveditori  del  sud,  centro  e  nord  indetti   dal
ministro   con   una   delegazione  della   Commissione
antimafia,    sempre    su    tale    tematica,     per
l'individuazione  di  alcune  aree  "pilota"   per   la
formazione  degli  insegnanti; si  tratta  di  un  dato
essenziale  perché,  formando gli  insegnanti,  si  può
avere un' incidenza maggiore.
   Nel pomeriggio, alle 16, il prefetto, il Commissario
straordinario  al comune di Palermo ed il  provveditore
agli  studi  hanno invitato la Commissione antimafia  a
presenziare  al  primo momento di attività  del  centro
sociale  di Borgonuovo, che inizierà a funzionare  così
com'era  stato  detto. Questo si inserisce  nel  quadro
caratterizzato  dall'apertura  di  14   nuovi   edifici
scolastici  a  Palermo:  è  stato  svolto   un   lavoro
abbastanza importante, che in piccola parte ha fatto la
Commissione e in gran parte le autorità. Pertanto vi è
Pag.2791
l'intenzione  di sottolineare questo dato  al  fine  di
riallacciare  la fiducia tra cittadini  ed  istituzioni
locali e nazionali.
   Poiché alcuni colleghi hanno già manifestato la loro
disponibilità,  invito anche gli altri  a  valutare  la
possibilità  di dedicare la giornata di domani  a  tali
incontri.  Naturalmente  i  componenti  la  delegazione
saranno  considerati in missione  ai  fini  del  numero
legale,  trattandosi di un'attività della  Commissione.
Vi  prego  pertanto di considerare la positività  della
cosa; i colleghi interessati potranno prendere contatto
con gli uffici per concordare l'orario della partenza.
             Sui lavori della Commissione.
PRESIDENTE. Il senatore Frasca ha chiesto di parlare
sull'ordine dei lavori.
 SALVATORE FRASCA. E' stata convocata per venerdì
prossimo,  se  non  erro  alle 9,30,  la  seduta  della
Commissione  in cui dovremmo fare il punto  dei  nostri
lavori,  trattare  le metodologie che  abbiamo  seguito
fino a questo momento e così via. Ora, anche a nome dei
colleghi Garofalo e Covello, le chiedo se sia possibile
spostare  l'orario di inizio di tale  seduta  alle  12,
perché   venerdì  saremo  impegnati  tutti  e  tre   in
un'audizione presso la giunta regionale con i sindacati
su  questioni  di grande importanza che interessano  la
Calabria.  Ove  non fosse possibile spostare  l'orario,
chiederemmo   di  rinviare  la  seduta  alla   prossima
settimana.
PRESIDENTE.  La  prossima  settimana  saremo  prima  in
Emilia
epoi  a  Bonn; inoltre abbiamo un problema, e cioè  che
il 30
settembre  scade l'anno di lavoro della Commissione  e,
poiché  la  legge istitutiva prevede che la Commissione
presenti  una  serie  di  relazioni  ed  una  relazione
annuale,  si  era  deciso di predisporre  un  documento
sintetico - di relazioni ne abbiamo presentate tante  -
sulle  cose fatte, su come si è lavorato, sui risultati
raggiunti  e così via. Se andiamo troppo in là  con  le
date  andiamo oltre l'anno: non si potrebbe anticipare,
invece che a mezzogiorno, alle 10,30 o alle 11?
 SALVATORE FRASCA. Si tratta di varie audizioni
cadenzate, che cominciano alle...
  PRESIDENTE.  Le  cose potrebbero avvenire  in  questo
modo:  potrei  far  distribuire  questo  documento   ai
colleghi  venerdì mattina e si potrebbe  cominciare  la
seduta  un  po'  più  tardi senza chiuderla  prima  del
vostro arrivo.
  SALVATORE  FRASCA.  Signor  presidente,  stimo  molto
importante una seduta del genere: ne stiamo parlando da
prima
delle vacanze ed avevamo detto che sarebbe stata quella
la prima seduta della Commissione dopo la pausa estiva;
alcuni   di  noi  intendono  anche  dire,  in   termini
autocritici e non critici, alcune cose su tutto  quello
che  abbiamo fatto, avanzare delle proposte e così via.
Credo  pertanto  che per una seduta  di  questo  genere
debba essere assicurato il
plenum  da  parte  della Commissione.  Non  vi  sarebbe
niente  di  strano se ci riunissimo dopo la  visita  in
Germania, non succederebbe proprio niente.
PRESIDENTE.  Succede  questo:  che  è  scaduto  l'anno!
SALVATORE FRASCA. Signor presidente, lei mi insegna che
questi termini non sono perentori: se fossero perentori
i  termini  del Parlamento avremmo un paese  del  tutto
diverso rispetto a quello che abbiamo.
  CARLO  D'AMATO. La giornata di venerdì è problematica
per
tutti:  non possiamo assicurare la presenza del  nostro
gruppo.  PRESIDENTE. Rinviamo la deliberazione su  tale
questione
alla seduta pomeridiana,
Pag.2792
così  avrò  modo di proporre un'altra data nella  quale
sarà
possibile fissare la seduta.
La  seduta,  sospesa alle 12,30, è ripresa alle  16,20.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
                      PAOLO CABRAS
Seguito   della   discussione  della  relazione   sulla
criminalità in Puglia.
 PRESIDENTE. Proseguiamo nella discussione della
relazione  sulla criminalità in Puglia predisposta  dal
senatore Robol.
  MICHELE FLORINO. Nella relazione sulla criminalità in
Puglia presentata nella seduta del 14 settembre 1993 si
afferma  che  "la conclusione di laboriosi maxiprocessi
di  Lecce celebratisi in primo grado ha definitivamente
sancito  l'esistenza  della  cosiddetta  quarta   mafia
operante in Puglia".
Ritengo gravissimo questo riconoscimento dell'esistenza
di
una  quarta mafia che si collega direttamente alle  tre
organizzazioni criminali presenti sul territorio e  che
sembravano  essere circoscritte alle regioni  Calabria,
Sicilia e    Campania, cioè la mafia, la 'ndrangheta  e
la camorra.
   Nella  relazione, tuttavia, manca la  focalizzazione
delle cause che sono alla base dell'infiltrazione e del
consolidamento  della quarta mafia in una  regione  che
fino  a  qualche anno fa veniva considerata immune  dal
fenomeno  malavitoso. A mio giudizio, una quarta  mafia
non si consolida, non si ramifica in una regione se non
ha  alle  spalle una copertura o una stretta connivenza
con il potere politico.
Anche per la disamina delle situazioni calabrese,
siciliana  e  campana si è partiti sempre  (ritengo  in
modo  errato) dal presupposto che 'ndrangheta  e  mafia
fossero   fenomeni  legati  soltanto  a  questioni   di
primogenitura e di possesso del territorio da parte  di
organizzazioni  criminali;  nessuno   ha   voluto   mai
chiarire  in  termini espliciti che il possesso  di  un
territorio  può attuarsi solo se l'elemento politico  è
strettamente  collegato  alle  associazioni  criminali.
Ecco   dunque   il  motivo  che  sta  alla   base   del
consolidamento della quarta mafia nella regione Puglia.
   Come  ho detto all'inizio del mio intervento,  nella
relazione non appare questa connivenza che pure  emerge
in  modo  prorompente da alcuni scandali  che  si  sono
verificati  nel passato e che hanno fornito alle  forze
emergenti   della   criminalità   la   possibilità   di
associarsi al potere politico.
Non  possiamo  liquidare facilmente la questione  della
Gero
Service  facendo riferimento ai tabulati che riflettono
l'assunzione  di  delinquenti con la definizione  "mala
doc",  senza  considerare  anche  quell'altro  tipo  di
assunzione  che va letteralmente inserito nel  classico
voto di scambio che ha
portato  a  risultati eclatanti anche in altre  regioni
d'Italia.   La  commistione  tra  potere   politico   e
malavitosi che appare
chiaramente  nella vicenda Gero Service, emerge  ancora
di  più  allorquando si esamini lo scandalo dei  nastri
trasportatori del porto di Manfredonia e l'insediamento
turistico  di  Vieste, a proposito del  quale  nulla  è
stato  detto nella relazione nonostante nel corso delle
numerose  audizioni  effettuate dalla  Commissione  sia
emersa  la pericolosità dell'inserimento della malavita
organizzata  in  quel grosso affare  che  è  l'edilizia
abusiva.  Siamo venuti a conoscenza che anche in  altre
regioni  la  criminalità  si spinge  oltre  i  guadagni
illeciti  derivanti dal traffico della  droga  e  delle
armi  e  dal  racket  per arrivare a  sostituirsi  agli
imprenditori  per  tutto  ciò che  riguarda  l'edilizia
residenziale, specie in quelle regioni che dal punto di
vista paesaggistico sono la parte migliore della nostra
nazione.
Non  a caso qualcuno ha voluto evidenziare tutto questo
in
modo più incisivo, mi riferisco ai magistrati che hanno
affermato  che  la  Puglia è una  zona  particolarmente
esposta e coinvolta e che scarse sono le conoscenze che
il momento
Pag.2793
istituzionale ha del fenomeno. Quest'ultimo  certamente
è  l'aspetto più grave del problema ma non possiamo non
affermare  che  la  quarta mafia si  è  ramificata  sul
territorio pugliese grazie alla complicità di politici.
Se  non  abbiamo il coraggio di affrontare  in  maniera
decisa il nodo delle questioni, corriamo il rischio  di
avere  la quinta mafia in Liguria, la sesta in  Emilia-
Romagna, la settima in Lombardia.
   Il  problema di fondo, dunque, è quello  prospettato
da alcuni magistrati, cioè che occorre tagliare il filo
che  lega  i  politici ai delinquenti.  Mi  sembra  che
proprio  questa sia stata l'affermazione fatta a  Lecce
da un magistrato, il quale dichiarò, lo ripeto, che per
stroncare  la  mafia  e la delinquenza  comune  occorre
recidere i legami con i politici.
A questi episodi si aggiungono quelli legati allo
scioglimento di altri consigli comunali, come quello di
Trani.  E'  evidente,  dunque,  che  la  responsabilità
politica  appare in tutta la sua gravità e voler,  come
si  tenta  di  fare  anche in questo  caso,  licenziare
questa  relazione  limitandosi alla  sola  analisi  del
fenomeno criminale senza porre in prima fila i politici
significa non voler affrontare la questione.
La  situazione  di Bari, con tutte le  sue  connivenze,
quel
sistema  perverso delle Cliniche riunite, che collegava
e   ritengo  -  ancora  collega  malavitosi,  politici,
imprenditori,  è  stato creato dalla volontà  politica,
perché  dal  prefetto  ed anche da  altri  ci  è  stato
riferito che le strutture pubbliche non funzionano.  Ed
io   voglio  ricordare  per  l'occasione  che  se   una
struttura  pubblica non funziona - in quel caso  ci  si
riferiva  al policlinico e ad altre strutture pubbliche
questo avviene sempre perché c'è una strategia di fondo
che,  abilmente pilotata, non fa funzionare il pubblico
per arrivare al privato. Ad esempio nella mia città, ad
alta  densità criminale, grazie ad una strategia  messa
in  atto  volutamente dai politici, si  è  arrivati  al
fallimento  del  pubblico nel  settore  della  nettezza
urbana  (rimozione e trasporto dei rifiuti) per passare
ai  privati.  A distanza di un anno abbiamo  constatato
che  non c'è stato miglioramento del servizio, che anzi
è precipitato più di quanto non fosse avvenuto sotto la
gestione  pubblica; abbiamo saputo del pagamento  delle
tangenti,   perché   a   Roma  era   stata   concordata
l'operazione  dei  consorzi  della  NU.  Come  si   può
constatare  - ho citato solo questo caso ma  la  stessa
cosa  vale  per decine di altri - ogni operazione  tesa
alla  conquista  di interi settori del sociale  di  una
regione è strategicamente pilotata dal potere politico.
Non  c'è  niente  da fare. Potete anche  non  crederci,
potete  anche  respingere questa mia ipotesi,  ma  essa
resta, oltre
tutto  perché ancorata a episodi che sono accaduti.  La
vicenda  della  Gero  Service è  lì  in  tutta  la  sua
evidenza. Non voglio nemmeno ricordare le lamentele, se
non  proprio denunce, del prefetto relative a tutte  le
questioni  collegate ai processi pendenti: alcuni  sono
stati   celebrati   ma   il  più   importante,   quello
riguardante  Abbrescia Michele _.001 144,  si  potrebbe
ridurre  solo  -  come  ci hanno  detto  preoccupati  i
magistrati  della  procura  distrettuale  antimafia   -
all'imputazione  di  cui all'articolo  74  della  legge
sugli stupefacenti.
    Rispetto   alle  denunce  che  ci  sono   pervenute
nell'ambito delle varie audizioni, nella relazione  non
è   stata   inserita   l'esigenza   di   eseguire   gli
accertamenti  patrimoniali, estendendoli  a  componenti
istituzionali,   come  professionisti,   funzionari   e
politici.  Questo dà l'esatta misura della  volontà  da
parte  della  Commissione di non mirare al  centro  del
problema,  per tagliare il nodo classico che  veramente
sconvolge  il  nostro paese, quello  di  una  dittatura
politico-mafiosa sul territorio!
   Sono  queste le evidenti ragioni che portano poi  al
crollo delle amministrazioni locali nei comuni ad  alta
densità  malavitosa. Questo porta  alla  esplosione  di
bombe,  come a Terlizzi. Questo porta allo scioglimento
del comune di Trani. Questo porta a tutte le situazioni
gravissime  di Montescaglioso e di altri  comuni  della
regione Puglia.
Pag.2794
Dopo  questa  introduzione,  voglio  sottolineare   che
quanto è
scritto  nella relazione, almeno riguardo  a  Brindisi,
non  corrisponde  al  vero. Non è  vero  che  le  forze
dell'ordine  in  provincia  sono  sufficienti   e   ben
coordinate.  Infatti, per quanto riguarda  la  polizia,
gli  stessi funzionari della Polizia di Stato segnalano
che  gli attuali organici della questura di Brindisi  e
del  commissariato  di  Ostuni sono  quelli  di  alcuni
decenni or sono, quando non vi erano i problemi attuali
di  microcriminalità organizzata e la  popolazione  era
minore.   Inoltre,   la  ventilata  istituzione   della
compagnia dei carabinieri a San Vito dei Normanni è  in
alto  mare e certamente non è avvenuto il coordinamento
che tanto si auspicava.
    L'abusivismo  dilagante  ad  Ostuni   preoccupa   i
cittadini  e  soprattutto coloro che vogliono  bloccare
l'espansione non solo di questo fenomeno ma anche della
criminalità  organizzata  ad  esso  legata.  Ma  né  la
prefettura  né  la  magistratura hanno  prestato  molta
attenzione  al  dilagante  abusivismo  nella  zona   di
Ostuni.   Come   dicevo  prima,  dietro   l'abusivismo,
soprattutto  in  queste  regioni  o  in  questi   paesi
meravigliosi,  si cela la lunga mano della  criminalità
organizzata.
   Parlando di Brindisi va aggiunto che nella relazione
non  è stato inserito quel che ci era stato denunciato:
il consiglio comunale di Brindisi va sciolto, in quanto
la  metà di esso è composta da rinviati a giudizio o da
indagati,  dopo  che  alcuni  consiglieri  sono   stati
arrestati  e  sostituiti. Nessuno  nella  relazione  ha
segnalato la posizione del sindaco di Brindisi,  dottor
Arina,  il  quale non ha demolito una costruzione,  una
villa,  non  legittima, da lui realizzata  vicino  alla
chiesa del Casale, monumento nazionale.
Va   detto  chiaramente  che  l'attuale  situazione  di
Brindisi
e  di  altri  comuni della provincia è  derivata  dalla
realizzazione  delle  due  megacentrali  a  carbone   -
appalti,  subappalti,  trasporto  ceneri,  tangenti   -
accettate  da DC, PSI, PDS, ex-PCI, PRI e  PSDI,  senza
garanzie  ambientali e di sviluppo per la provincia  di
Brindisi. La magistratura brindisina non riesce  o  non
vuole accertare le responsabilità delle tangenti.
    Per   quanto   riguarda  il  dato   relativo   alla
disoccupazione  in  provincia  di  Brindisi,   va   poi
precisato che si tratta non di 50 mila unità ma  di  55
mila unità.
   A  pagina  49 della relazione, dove si dice  che  la
giunta   regionale   DC-PDS-verdi-PSDI-PSI   è    stata
sostituita  nella scorsa settimana da  un'altra  giunta
senza  il  PDS, si nota una certa benevolenza verso  la
giunta  regionale  con  il PDS,  quando  invece  quella
giunta  è stata fallimentare come le altre. Non  vorrei
che  in  questa  Commissione  nascesse  di  nuovo  quel
rapporto...
 CARLO D'AMATO. Corporativismo e collateralismo.
  MICHELE  FLORINO.  ...quel  rapporto,  già  visto  in
passato nella cosiddetta solidarietà nazionale, tra  la
DC  e  il  PCI, dal momento che traspaiono  chiaramente
nella  relazione toni ovattati nei confronti di  alcune
zone  di influenza pidiessina come Mesagne. Non  appare
chiaramente  -  come pure ci è stato  denunciato  -  la
gravità  della  situazione  di  Mesagne  rispetto  alla
conduzione  attuale  di  quel comune  ad  opera  di  un
sindaco del PDS.
   Un  altro  aspetto che pure ci è stato denunziato  è
quello   del  circondario  di  Brindisi,  dove   alcuni
potentati   politici  non  sono  nemmeno  scalfiti   da
indagini  e denunzie. Eppure nei confronti dei  delitti
contro  la  pubblica amministrazione converrebbe  agire
con  più decisione. Non c'è scritto nella relazione  ma
ci  è  stato denunciato dal procuratore generale presso
la  corte  d'appello  di Lecce e  qui  lo  ripeto:  per
sconfiggere la criminalità bisogna rompere il  rapporto
di  questa  con i politici. E' evidente che la  visione
che   può   avere  dall'alto  della  sua  cattedra   il
procuratore generale presso la corte d'appello di Lecce
è  diversa da quella dei commissari che si sono  recati
sul  posto  a guardare per 24 ore, oad ascoltare  dagli
auditi, quel che si verifica nella
regione
Pag.2795
Puglia. Eppure, le denunce che sono state ripetutamente
avanzate    dai    magistrati,   dalle   organizzazioni
sindacali, dalle associazioni di commercianti, dai  due
magistrati della procura distrettuale - che non sto qui
a   ripetere,  proprio  perché  sono  inserite  in   un
fascicolo  segreto  - dimostrano chiaramente,  in  modo
lampante,  la stretta connivenza tra potere politico  e
malavita organizzata.
   La relazione contiene una descrizione dei fatti, non
analizza  e non chiarisce impietosamente, con coraggio,
il  dramma della regione Puglia. Dobbiamo invece  avere
il  coraggio di dire che se qualcuno viene a lamentarsi
con  noi  o a piangere - come quel procuratore  che  si
sente  solo nella lotta contro la criminalità politico-
amministrativa, come quando ci vengono a  dire  che  un
certo  processo è bloccato o che da parte della procura
di  Foggia non esiste impegno né si effettuano indagini
per  conoscere il fenomeno dell'infiltrazione  e  della
penetrazione  camorristica  -  sono  ancora  scarse  le
conoscenze delle istituzioni sul fenomeno.
   L'altro aspetto che pure nella relazione non è stato
evidenziato ma soltanto sfiorato è quello dei  soggetti
cui  si  applicano  le  norme sul sequestro  dei  beni,
provvedimento  al  quale  non segue  mai  quello  della
confisca. Eppure questo problema ci è stato chiaramente
denunciato  con  preoccupazione nelle  varie  audizioni
svolte a Bari. Rispetto alle dichiarazioni eclatanti di
alcuni autorevoli componenti di questa Commissione, che
di  certo  non giovano al messaggio che un organo  così
autorevole deve lanciare all'opinione pubblica, bisogna
avere  il  coraggio di dire che ci sono  molti  settori
inquinati   della  magistratura,  che  non  riesce   ad
applicare  il  meccanismo della confisca,  a  fronte  -
ripeto - delle eclatanti notizie che appaiono in  prima
pagina   sui  numerosi  sequestri  effettuati.  Leggevo
l'altro  giorno  sui giornali che il nostro  presidente
dichiarava  alla  stampa che erano stati  confiscati  o
sequestrati  5 mila miliardi. Queste sono  notizie  che
certamente non danno la possibilità di combattere con
decisione la mafia, perché non corrispondono  al  vero.
Esiste   un  rapporto  interno  alle  istituzioni   che
condiziona il passaggio definitivo alla confisca, vero,
reale  strumento per abbattere il potere malavitoso,  a
differenza di quello falso e tendenzioso del sequestro,
che  serve solo a rassicurare i cittadini senza che gli
stessi vengano a conoscenza del fatto che dopo due mesi
i   beni  sono  restituiti,  perché  la  notizia  viene
riportata in due righe nell'ultima pagina del giornale.
La   restituzione  dei  beni  a  Cassina,  in  Sicilia,
dimostra  chiaramente che questo passaggio non  avviene
quasi mai.
PRESIDENTE. Il sequestro del patrimonio di Cassina è
stato invalidato per vizio procedurale.
 MICHELE FLORINO. Sì, per vizio procedurale; comunque,
sono stati restituiti a Cassina 300 miliardi.
   Non  è stato dato ampio risalto a quanto pure  ci  è
stato  riferito - forse quello è stato il  momento  più
denso di emozioni per la Commissione - rispetto ad  una
delinquenza  minorile che domina nella regione  Puglia.
Alcuni   aspetti  marginali  sono  emersi,  soprattutto
quello del minore armato di pistola, ma non si è  fatto
riferimento,  se  non in alcune  pagine  in  cui  si  è
parlato     dei    quartieri    cosiddetti    popolari,
all'infiltrazione malavitosa con alta densità  minorile
su  tutto il territorio della regione, così come  hanno
evidenziato  i            responsabili che  venivano  a
discutere con noi. Non si è
parlato  in  termini chiari del carcere di  Lecce,  del
passaggio  dai  30  ai 114 miliardi. Evidentemente  nel
dire  queste cose non muovo alcun addebito al  relatore
Robol  perché ogni componente della Commissione  ha  la
possibilità  di  annotare tutto,  di  prendere  appunti
rispetto  alle  notizie  che  ci  vengono  riferite   e
giunge poi il momento della verifica della relazione
rispetto  alle notizie date: una è potuta  sfuggire  al
relatore, l'altra pur essendo stata data avrebbe dovuto
essere evidenziata.
Vi è stato il grande scandalo denunziato dal prefetto
Catenacci rispetto al
Pag.2796
l'acquedotto pugliese ed alla società Grandi lavori  di
Ravenna: nessun particolare riferimento è stato fatto a
politici  che  pure  hanno operato, nonostante  abbiamo
avuto  la  denuncia chiara, precisa  nei  confronti  di
politici   che  hanno  preso  parte  a  questa   grande
operazione.
   Per  quanto riguarda il controllo AIMA,  di  cui  si
parla,  esso  è  disarticolato  ma  fatto  in  modo  da
apparire  corretto,  quando  esiste  un'illegalità   di
fondo. Basti ricordare che gli elenchi degli anni 1975-
1976-1979-1980-1981 sono arrivati nel 1982.
   Quali provvedimenti - mi avvio alla conclusione, non
sono  stato  troppo  lungo - hanno inteso  assumere  le
istituzioni rispetto a questo dilagare malavitoso?  Non
ne sono stati presi nei confronti dei ragazzi sul piano
degli  interventi scolastici; a Lecce  si  registra  il
dato di mille ragazzi inadempienti rispetto all'obbligo
scolastico.  E'  stato denunciato che  le  risorse  non
vengono  gestite,  che all'interno  degli  istituti  di
rieducazione  i ragazzi corrono rischi,  essendoci  una
manipolazione degli stessi da parte della malavita.
   Caro  presidente, ho voluto fare una panoramica  dei
problemi  che sono stati denunciati di volta  in  volta
nel  corso  delle  due audizioni da  tutti  gli  organi
istituzionali,  dalle associazioni di  categoria  e  da
quelle sindacali.
   Voler  sintetizzare,  riassumere  in  poche  pagine,
senza centrare il problema della quarta mafia significa
non voler guardare in faccia la verità. La verità -  lo
ribadisco - è un'altra: la regione Puglia ha la  quarta
mafia  perché  questo potere criminale insediatosi  sul
territorio  ha trovato i politici pronti, favorevoli  a
stringere un rapporto di
collaborazione, di connivenza e di affari. Se così  non
fosse stato, la Puglia sarebbe rimasta al di fuori  del
contesto  delle  regioni ad alta  densità  criminale  e
avrebbe continuato ad essere un'isola dei sogni. Non lo
è  più  perché  è il potere politico il primo  elemento
mafioso che conduce al disastro queste regioni.
ALTERO    MATTEOLI.    Signor   presidente,    desidero
intervenire
sull'ordine dei lavori.
 PRESIDENTE. Può farlo, onorevole Matteoli.
  ALTERO MATTEOLI. Risulta evidente dalle dichiarazioni
rese  or ora dal collega del mio gruppo che esprimeremo
voto contrario a questa relazione. Vorrei dunque sapere
se  si  ritenga  di  allegare al  documento  che  verrà
approvato i resoconti stenografici degli interventi, in
particolare delle dichiarazioni di voto, nel qual  caso
potremmo   anche  non  presentare  una   relazione   di
minoranza (in altri casi ci siamo comportati in  questo
modo);  altrimenti, saremmo costretti a  farlo.  Vorrei
che fosse chiarito questo punto.
PRESIDENTE. Credo che non esauriremo il dibattito nella
seduta odierna poiché molti sono gli iscritti a parlare
ed  alcuni colleghi, non potendo partecipare  a  questa
seduta, ci hanno pregato di poter comunque esprimere il
loro parere.
In generale la prassi da noi seguita per relazioni
specifiche come questa sulla regione Puglia  -  non  su
dibattiti generali dove può essere adottato il criterio
da   lei  suggerito  -        è  stata  nel  senso   di
prevedere da parte di dissenzienti la
presentazione di relazioni di minoranza da  allegare  a
quella di maggioranza per essere inviate al Parlamento;
in  tal  modo  esse hanno una pari dignità di  ingresso
nelle  aule  parlamentari  rispetto  al  documento   di
maggioranza.  Se non ricordo male, anche  in  occasione
della  presentazione  della  relazione  del  presidente
Violante sulla mafia ci si è mossi in questo modo.
   Comunque, onorevole Matteoli, possiamo adottare  sia
il  metodo  della relazione di minoranza sia quello  di
allegare  i  resoconti stenografici  degli  interventi.
Potremmo decidere in proposito quando saremo in  numero
legale;   si   tratta   di  una   questione   delicata,
importante,  che  comunque si può risolvere  di  comune
accordo, non vedo motivo di contrasto.
Pag.2797
  ALTERO MATTEOLI. Ho chiesto questo chiarimento perché
eventualmente  avremmo bisogno di un  certo  numero  di
giorni per redigere la relazione.
  PRESIDENTE. Non c'è dubbio; questa è una  concessione
dovuta da parte della presidenza.
  CARLO  D'AMATO.  Vorrei anzitutto  esprimere  il  mio
apprezzamento per l'attività svolta dal collega  Robol,
il  quale si è indubbiamente fatto carico di porre mano
ad  una relazione su una materia che, per la verità, ha
seguito soltanto per una parte; infatti, sebbene con il
secondo  sopralluogo a Bari abbia recuperato in termini
diretti  un  patrimonio  di conoscenza,  egli  è  stato
maggiormente impegnato sul versante dell'attività della
Commissione  che  ha  interessato Taranto,  Brindisi  e
Lecce, piuttosto che Foggia e Bari.
   Ciò  nonostante, con uno sforzo notevole, il collega
Robol  ha  cercato  di  dare  una  visione  completa  e
complessiva  delle  vicende  che  hanno  riguardato  il
nostro  lavoro e costituito oggetto del nostro  impegno
nelle  giornate pugliesi, in particolare per quanto  mi
riguarda in quelle a Bari e a Foggia.
    Pur   apprezzando  questo  sforzo  e   naturalmente
sottolineandone  la positività, a mio avviso  -  questo
può  costituire oggetto di un ulteriore approfondimento
da  parte della Commissione nel suo complesso  -  nella
puntualità   dei  fatti  riscontrati  ci  sono   alcune
questioni che meriterebbero -
non   per  responsabilità  del  collega  Robol  -   una
valutazione più ampia da parte della Commissione.
   E'  vero,  l'aggravarsi  della  situazione  sociale,
economica  e  delinquenziale nella Puglia presenta  una
serie  di cause di ordine economico-sociale più  ampie,
che   non  sono  escluse;  anzi  vengono  puntualizzate
abbastanza  bene  responsabilità  di  ordine  politico-
amministrativo.  Ma  a mio avviso, secondo  quella  che
ritengo   una  considerazione  di  carattere  generale,
quando  a  tanto  si  giunge  evidentemente  le   varie
componenti della società civile non hanno fatto fino in
fondo il proprio dovere.
   Mi  sembra che sotto questo profilo l'analisi  della
situazione meriterebbe un approfondimento maggiore  sul
ruolo  che la magistratura ha svolto in alcune  realtà.
Anche  se  i  fatti  sono stati  indicati,  sono  state
individuate  alcune  situazioni  di  non  agere   della
magistratura  (i  fatti  che  successivamente  si  sono
verificati   hanno  anche  evidenziato   responsabilità
dirette di qualche magistrato), sottolineare in  questo
senso   potremmo   fare   un   approfondimento,   anche
recuperando  quella  parte  del  verbale  della  seduta
segreta  che tenemmo a Foggia - il dato che  permangono
le  situazioni  di  conflittualità,  per  esempio,  nel
tribunale,  nella procura di Foggia mi sembra  soltanto
un  fatto di cronaca e non il frutto di un'analisi,  di
un approfondimento. Non si può registrare a distanza di
due  o  tre  anni  il  permanere di una  situazione  di
conflittualità in un organo delicato come quello  della
magistratura senza aver verificato che cosa  sia  stato
fatto  nel  frattempo da chi è preposto ad eliminare  i
conflitti, a valutare i casi; mi riferisco al ruolo del
Consiglio   superiore   della   magistratura   in   una
situazione   che  permane  difficile  e  delicata   nel
tribunale e nella procura di Foggia.
    Questa   parte   della   relazione   obiettivamente
richiederebbe alcuni approfondimenti, anche perché sono
convinto  che  non sempre situazioni di  conflittualità
siano  riconducibili a questioni di ordine personale  o
caratteriale relative a rapporti tra magistrati;  molto
spesso  c'è un modo di essere magistrato e di misurarsi
con  la  realtà in cui si opera che per alcuni potrebbe
essere  il frutto di coinvolgimenti ancora più diretti,
che vanno al di là di un compito delicato, importante e
significativo   come   quello   proprio   dell'attività
giudiziaria,  in altri casi può essere un atteggiamento
consistente nel lasciar correre.
   Ribadisco  quindi  il concetto iniziale:  quando  si
arriva   ad   un   degrado  della   società   ci   sono
responsabilità che vanno
Pag.2798
analizzate  e riferite a tutti i segmenti dell'attività
pubblica, specialmente a quanti sono preposti ad azioni
delicate.  Né  si  può  dire, nel  caso  delle  vicende
pugliesi,  che  ci si aspettava un particolare  segnale
politico  -  così come in alcuni casi è stato  detto  -
perché la magistratura facesse fino in fondo il proprio
dovere.
   Ci  sono fatti che vengono da lontano, questioni che
devono essere ulteriormente approfondite. Su questo  la
Commissione dovrebbe fare una valutazione.
   Allo  stesso modo non vedo espressa una  valutazione
del  ruolo  di alcuni agenti che sono risultati  essere
coinvolti  in  alcune attività criminali. In  occasione
del  nostro  sopralluogo a Foggia ci  fu  riferito  del
coinvolgimento  di  qualche  funzionario,  di   qualche
ispettore  della  polizia  nell'attività  camorristica,
mafiosa  e  delinquenziale;  furono  fatti  riferimenti
precisi e indicati anche alcuni nomi.
Come  commissari  abbiamo  constatato  la  tendenza   a
ritenere
la  società  pugliese non permeata, così come  i  fatti
hanno   dimostrato,   dal   fenomeno   della   malavita
organizzata. Ci siamo trovati di fronte alla  tendenza,
da  parte sia di alcuni organi della magistratura,  sia
di alcuni settori delle forze di
polizia,  a  circoscrivere il  fenomeno  in  un  ambito
locale,  come  se  non avesse compiuto  quel  salto  di
qualità  che  invece  si  evince  nella  relazione  del
senatore Robol, cioè un collegamento molto saldo con le
grandi  organizzazioni criminali siciliane e napoletane
che  fanno della malavita organizzata in Puglia non  un
fatto  localistico, bensì ascrivibile a  pieno  titolo,
purtroppo,   in  una  strategia  criminale   largamente
diffusa e presente nel nostro paese.
Ciò  detto,  vorrei  sottolineare altre  questioni  che
hanno
ugualmente  richiesto  il nostro  impegno,  quali,  per
esempio,  quelle relative alle dichiarazioni abbastanza
precise   e   puntuali   rese  dal   presidente   della
Commissione  di controllo sull'attività  della  regione
Puglia;  in  occasione del nostro sopralluogo  a  Bari,
infatti,  egli  fece  una serie di riferimenti  precisi
rispetto   ad   attività,  azioni  ed  iniziative:   in
particolare,  mi riferirisco alla gestione  dell'ERSAP,
un  ente della regione Puglia definito, da tutti quelli
con   cui   abbiamo   parlato,   come   permanentemente
disamministrato  e  caratterizzatosi  per  una  vera  e
propria  dilapidazione  di  risorse,  anziché  per   un
riferimento importante, puntuale e significativo in  un
settore che interessa gran parte dell'economia e  della
realtà  pugliese.  Credo che questo aspetto,  che  pure
viene  citato  nella relazione, in quanto  in  essa  si
parla   dell'ERSAP,   potrebbe   essere   oggetto    in
Commissione  di  un  minimo  di  approfondimento  e  di
un'ulteriore  valutazione, perché ci  consentirebbe  di
cogliere   un   dato   particolarmente   importante   e
significativo.
Anche per quanto riguarda la questione delle Cliniche
riunite di Bari, trattata con notevole puntualità nella
relazione,  in  quanto  vengono riferiti  i  metodi  di
assunzione,  i  criteri  di  gestione  e  le  questioni
relative alle convenzioni con la regione Puglia,  a  me
sembra  che  la sottolineatura del dato e la fotografia
dei meccanismi di funzionamento dell'esistente, con  la
individuazione del soggetto titolare mi sembra  un  tal
Cavallari - siano insufficienti rispetto al ruolo avuto
da  questo istituto privato nell'ambito, probabilmente,
dell'utilizzazione e del riciclaggio  di  capitali.  Se
sono   vere   le   notizie  acquisite  in   merito   ad
un'organizzazione   delinquenziale  che   evidentemente
ricicla  i suoi capitali - mi sembra sia questa  l'idea
che  emerge -, si sottace su cosa abbia significato per
l'assistenza sanitaria pubblica nella regione Puglia il
fatto  che  da un lato occorrono almeno 25 anni  perché
gli ospedali siano realizzati (questo nella relazione è
detto),  dall'altro,  vi è il vanto  di  una  struttura
privata    che   svolge   un'attività   particolarmente
importante  e  significativa probabilmente  utilizzando
sia risorse pubbliche sia quelle aventi una provenienza
che, a quanto pare, sembra essere illecita.
    Oltre   a   questi  due  aspetti,   che   considero
importanti,  ve ne è un terzo che vorrei  sottolineare,
sempre riferendomi
Pag.2799
alla  relazione, per comprendere il metodo che seguiamo
nei  nostri lavori e perché, anche in sintonia con  una
serie  di sollecitazioni emerse, sono contrario  a  che
alcune  persone  diventino  vittime  da  sacrificare  o
comunque  da  perseguitare, magari  per  principio:  mi
riferisco  al  passo  che ha per oggetto  la  questione
dell'imprenditore  Casillo, a carico  del  quale  nella
relazione  si  riportano alcune  valutazioni  rese  dal
pentito Galasso.
La  mia opinione è che la questione Casillo si trascini
da
molto  tempo; l'altro giorno, ad esempio, mi è capitato
di  vedere in televisione un'intervista fatta a  questo
personaggio, il quale ha detto di sapere  bene  da  che
parte vengano le accuse, che si tratta di soggetti bene
individuati e di questioni che già conosceva da  tempo,
assumendo più la faces di un perseguitato che quella di
una persona
effettivamente coinvolta in certe realtà.
    A  mio  parere,  dunque,  nella  relazione  sarebbe
opportuno  aggiungere  alle  dichiarazioni  di  Galasso
un'affermazione  più puntuale. A tal fine,  i  colleghi
che componevano la delegazione della Commissione da  me
presieduta  quando ci siamo recati a Foggia  sanno  che
con  puntualità abbiamo cercato una serie di riscontri:
ci siamo rivolti ai magistrati, alla Guardia di finanza
e  al GICO chiedendo a tutti una serie di carte e atti,
proprio  per evitare quanto è accaduto o per consentire
alla Commissione una valutazione più pregnante rispetto
a   quanto   non   è   stato  detto  nelle   precedenti
Commissioni, in cui, almeno a giudicare da una  lettura
probabilmente  superficiale, si segnalava  la  presenza
scomoda  di un imprenditore di nome Casillo, in qualche
modo e a qualche titolo coinvolto e definito erede...
   PRESIDENTE.  Onorevole  D'Amato,  lei  era  presente
all'ultima audizione di Galasso?
 CARLO D'AMATO. No.
  PRESIDENTE. Galasso ha ribadito ed ha ampliato questi
riferimenti all'imprenditore Casillo. Il fatto che  poi
quest'ultimo  dichiari pubblicamente di essere  oggetto
di   persecuzione   da  parte  di   un   membro   della
Commissione,  che per altro era assente quando  abbiamo
proceduto   a   quest'ultima  audizione   del   pentito
Galasso...
CARLO   D'AMATO.   Lui  non  faceva  riferimento   alle
questioni
di...
  PRESIDENTE.  Sì,  ma  io  l'ho  letto,  perché  seguo
attentamente ciò che riguarda le nostre vicende...
  CARLO  D'AMATO.  Io  non l'ho letto,  ho  sentito  in
televisione questa battuta.
  PRESIDENTE.  In  una  recente dichiarazione,  che  ho
letto, c'era un riferimento del tutto improprio  ad  un
nostro   collega,  in  quanto  egli  non  era  presente
all'ultima audizione di Galasso. Quest'ultimo  ha  reso
le  sue  dichiarazioni in piena responsabilità  dinanzi
alla  Commissione  antimafia,  così  come  aveva  fatto
dinanzi  alla  magistratura.  Credo  che  noi  possiamo
riferire  tutto quello che è a nostra conoscenza,  vuoi
in   seguito   alle  audizioni  dei  collaboratori   di
giustizia, vuoi...
CARLO D'AMATO. Sì, ma per il lavoro che abbiamo svolto,
ame sembra un po' riduttivo...
  PRESIDENTE. Sono intervenuto per precisare,  non  per
contestare quanto lei diceva...
 CARLO D'AMATO. Capisco, anche perché credo che
perseguiamo gli stessi obiettivi.
   Stavo  dicendo  che sul personaggio in  questione  e
sulla   sua   personalità   riportiamo   soltanto    le
dichiarazioni rese da un pentito, nonostante dagli atti
del nostro lavoro potrebbero risultare, se vi sono -  e
credo  che  ve ne siano - elementi che dettaglierebbero
in  maniera più precisa responsabilità e coinvolgimenti
del personaggio in questione. Al procuratore
Pag.2800
della  Repubblica  e al GICO abbiamo chiesto  gli  atti
relativi  ad  una serie di vicende e di  fatti  che  ci
erano   stati  suggeriti  e  per  i  quali  la   nostra
sensibilità  non  è  stata  pronta  ed  immediata   nel
chiedere  riscontri. Questo perché quando svolgiamo  il
nostro  lavoro  pensiamo di doverlo fare nell'interesse
più  generale,  quindi attenti ad evitare  che  vicende
anche   di  ordine  personale  e  particolare   possano
inserirsi  in  questioni  che, invece,  non  dovrebbero
riguardare   -               e   che   certamente   non
riguardano - il lavoro della
Commissione.
   Per  dare maggior risalto e valore al nostro lavoro,
riterrei  opportuno  aggiungere nella  relazione  altri
elementi nel senso che ho sopra auspicato, proprio  per
non avere la sensazione che i riferimenti a persone,  a
fatti   e  a  circostanze  siano  supportate  solo   ed
esclusivamente dalle
dichiarazioni  di un pentito, per quanto  importanti  e
significative  (non  sono infatti tra  coloro  i  quali
ritengono che i collaboratori di giustizia non  debbano
essere  apprezzati per il loro contributo).  Credo  che
un'aggiunta  in  tal senso dia maggiore obiettività  al
nostro impegno.
    Sono   queste  le  considerazioni  di   fondo   che
desideravo svolgere; si tratta di suggerimenti  che  mi
sono permesso di dare alla luce del lavoro svolto sia a
Bari sia a Foggia. A titolo personale, non essendo  qui
in   veste   di  capogruppo,  dichiaro  di  condividere
ampiamente il resto della relazione del senatore Robol.
  PRESIDENTE.  Non essendo presenti gli altri  colleghi
che
si  erano  iscritti a parlare, rinvio il seguito  della
discussione della relazione sulla criminalità in Puglia
a venerdì 24 settembre. Ciò avendo accolto la richiesta
di  alcuni  colleghi di rinviare la  discussione  della
relazione  sugli indirizzi generali, la  quale  servirà
anche   come   consuntivo  annuale  da  presentare   in
Parlamento. Tale discussione, in base a quanto è  stato
richiesto  stamattina, verrà spostata, presumibilmente,
a venerdì 1^ ottobre.
La seduta termina alle 17,15.

 


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