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Violante: seduta 63
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                             Pag.2801
          SEGUITO DELLA DISCUSSIONE DELLA RELAZIONE SULLA
                              PUGLIA
           PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO CALVI
                               indi
                  DEL VICEPRESIDENTE PAOLO CABRAS
                              INDICE
Seguito della discussione della relazione sulla
Puglia:
Cabras Paolo, Presidente                      2803, 2812
Calvi Maurizio, Presidente                          2819
Brutti Massimo                                2803, 2809
Cappuzzo Umberto                              2812, 2813
Ferrara Salute Giovanni                       2817, 2819
Robol Alberto, Relatore                             2813
Sorice Vincenzo                         2806, 2809, 2815
Tripodi Girolamo                        2814, 2815, 2816
Pag.2802
Pag.2803
 La seduta comincia alle 9,25.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
               Seguito della discussione
             della relazione sulla Puglia.
 PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito
della discussione della relazione sulla Puglia.
  Prima di dare la parola al senatore Brutti informo
i colleghi che la Commissione è chiamata a
ratificare una proposta dell'ufficio di presidenza
riguardante due consulenze a tempo parziale:
quella del dottor Mario Laudati (magistrato
esperto su problemi di camorra) e quella di Maurizio
Fiasco, che dovrà sostenere il lavoro del gruppo
chiamato a verificare, per quanto riguarda Roma,
l'esistenza o meno della camorra e della mafia o di
altre organizzazioni criminali similari. Ricordo che
il signor Fiasco è già stato consulente nella
precedente legislatura, supportando il gruppo che ha
lavorato sulla situazione di Roma e del Lazio.
  Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).
 MASSIMO BRUTTI. Desidero anzitutto esprimere un
apprezzamento per l'impegno con il quale è stata
pensata, elaborata, redatta la relazione sulla
Puglia, che ci offre, dopo un tratto di tempo
piuttosto lungo, rispetto a precedenti indagini e
valutazioni sulla realtà pugliese, un quadro ampio,
esauriente del fenomeno criminale così come oggi si
presenta in Puglia.
  D'altra parte, nella relazione vi è anche lo
sforzo di individuare tra gli elementi di novità
degli anni recenti che per quanto riguarda
l'evoluzione interna, le dimensioni, i connotati
assunti dal fenomeno, sono molto spesso elementi di
novità negativi - anche tutte le possibili
controtendenze, le spinte verso una risposta
popolare, la coscienza nuova che si diffonde tra i
giovani. Tutto questo non può che meritare un
apprezzamento. A me sembra che l'esperienza
pugliese, la situazione di quest'ultimo
quindicennio, riveli, in modo forse più netto di
altre realtà nelle quali vi è ormai un insediamento
radicato delle organizzazioni mafiose, come questa
macrocriminalità italiana possa diventare un
elemento costitutivo dello sviluppo.
  Eravamo abituati, nelle letture del fenomeno
mafioso degli anni sessanta e dell'inizio degli anni
settanta, a legare la criminalità mafiosa ad un
fenomeno antico presente in una parte del paese, nel
Mezzogiorno, al sottosviluppo.
Tante volte si è prospettata una visione
ingenuamente
evoluzionistica, in base alla quale sarebbero
bastati un
investimento di ricchezze, la circolazione di un
volume più ampio di ricchezze,
l'industrializzazione, la crescita urbana per
sconfiggere il fenomeno mafioso legato alle vecchie
forme agrarie della società meridionale, legato a
fenomeni di intermediazione che da quelle vecchie
forme agrarie derivavano. La mafia nasce nel
Mezzogiorno come intermediazione tra il potere della
grande proprietà agraria, dei latifondisti lontani
dal territorio,
Pag.2804
e l'obbedienza, l'organizzazione della forza lavoro
del territorio.
  La mafia sfrutta i contadini poveri ma, comunque,
assicura loro un ordine, una certezza di rapporti.
Tra uno sfruttatore lontano, qual è lo Stato, tra un
governante che non si vede (quello che dovrebbe
governare secondo le leggi) ed uno sfruttatore
vicino, un governante violento, che si vede ed è
presente, le popolazioni della società contadina, a
cominciare dai contadini poveri, finiscono per
obbedire, per adattarsi allo sfruttamento del
vicino, e i gruppi mafiosi fanno da intermediari in
un blocco di potere che assicura il governo nel
Mezzogiorno.
  Questa era l'analisi di allora e si immaginava che
lo sviluppo bastasse a rompere quel vecchio blocco.
La storia della mafia e delle altre organizzazioni
similari è andata in una direzione diversa e ci
dimostra che, invece, dalla rottura del vecchio
blocco, in una singolare continuità con il potere
della mafia tradizionale, si costituisce un nuovo
blocco caratterizzato da circolazioni di ricchezze,
sviluppo urbano, investimenti nell'edilizia, appalti
pubblici, e che dentro questo nuovo blocco ci sono
le famiglie mafiose, le stesse che avevano giocato
un ruolo di governo nella società contadina, in
quelle forme peculiari di sfruttamento.
  A questo si aggiunge il dinamismo imprenditoriale
delle famiglie mafiose, la loro spregiudicatezza,
che le porta, negli anni settanta, ad intervenire
nel business
illecito più redditizio: il traffico della droga.
Questo avviene in Sicilia, in Campania, con
sfumature diverse in Calabria. La cosa singolare è
che in Puglia abbiamo, in uno spazio di tempo
circoscritto, il dispiegarsi di questa fase moderna
dell'organizzazione e del potere mafioso. Non c'è
una tradizione in questa regione.
  L'organizzazione dei rapporti agrari si presenta
in modo profondamente diverso da quella che era
stata tipica della Sicilia, dove il modello mafioso
si propone, si sviluppa e si impone in modo più
chiaro e compiuto.
Qui invece abbiamo, in un breve periodo di tempo, il
sorgere di una forte organizzazione criminale, che è
dedita ad attività illecite di vario genere, che
sono tutte quelle proprie della modernità mafiosa.
Sta nello sviluppo urbano, negli appalti pubblici,
si occupa di estorsioni e in una economia ricca,
qual è quella pugliese, l'attività estorsiva diventa
una delle attività fondamentali dell'organizzazione
criminale; si dedica, anche in collegamento con le
altre organizzazioni criminali di maggiore
"anzianità", al traffico internazionale della droga.
Quindi, tempi brevi, concentrazione di attività e di
sviluppo del potere mafioso e sua modernità.
Il potere mafioso in Puglia è un elemento dello
sviluppo,
nasce in relazione alle forme dello sviluppo di
quella società: una produzione agricola avanzata,
una trasformazione industriale dei prodotti
dell'agricoltura, uno sviluppo del terziario, un
grande sviluppo di alcune città, a cominciare dal
capoluogo della regione, e poi l'espandersi del
traffico della droga.
  Vi è una questione urbana nello sviluppo mafioso
della Puglia che si manifesta nel modo in cui sono
cresciute quelle
città, nell'assenza di luoghi di incontro tali da
rappresentare per la gente centri di effettiva
partecipazione e di organizzazione. Tutto questo
contribuisce al disagio della vita urbana in città
come Bari e Lecce, dove la condizione giovanile è
pesante e dove la crescita del traffico della droga
è molto forte. Perfino in città minori, durante gli
anni settanta e soprattutto negli anni ottanta, le
forme di vita sono degenerate a vista d'occhio, come
ho potuto constatare di persona avendo avuto
occasione di trovarmi a Fasano proprio in un periodo
particolarmente drammatico per quella città, che si
può definire il simbolo di come in un breve giro di
anni possa ampliarsi la degenerazione del tessuto
civile, di come possa svilupparsi il traffico della
droga, di come si possano introdurre ferite profonde
nella vita dei giovani e in quella sociale.
Pag.2805
  Questo è il quadro sommario della crescita
criminale in Puglia, fatto abbastanza inedito e
senza tradizioni ma che ci porta a parlare di una
quarta mafia, di una quarta grande organizzazione
mafiosa. Nelle analisi effettuate sulle origini
delle organizzazioni mafiose si sottolinea che la
prima causa è da ricercare all'interno delle
carceri; si sottolinea altresì che questa
organizzazione assume riti, forme di affiliazione e
simboli che derivano dalla tradizione più profonda
della camorra, per intenderci quelli rinverditi da
Cutolo nel momento in cui, per condurre
vantaggiosamente, con successo, la lotta contro le
famiglie tradizionali della camorra, ha rievocato e
messo insieme tutte le simbologie della camorra più
antica puntando a costituire una vera e propria
organizzazione di massa (la novità cutoliana è
quella della trasformazione della camorra in
un'organizzazione di massa, in un reclutamento molto
ampio). Ebbene, all'origine della Sacra corona unita
ritroviamo quelle ideologie camorristiche.
Nell'ambito del sistema penitenziario si è formato
un gruppo dirigente che successivamente si è
cimentato in molteplici attività illecite. Tale
organizzazione ha una struttura gerarchica molto
complessa, come ci ha spiegato Annacondia,
stratificata; è tutt'altro che un'organizzazione
labile, è invece una struttura forte e interessata a
traffici lucrosissimi all'interno di una società
ricca e sviluppata di cui cerca di diventare parte.
Non può quindi non avere un progetto politico, non
può non stabilire rapporti con la società ufficiale,
con gli apparati dello Stato con il mondo della
politica, con la magistratura.
  Tutto questo è emerso anche nel corso delle
indagini che abbiamo svolto; si tratta di una mafia
imprenditrice, di un gruppo dirigente nato già sul
terreno delle attività delittuose, già perso alla
legalità, un gruppo dirigente che si è formato
all'interno delle carceri e che ha messo in atto
numerosissime attività illecite fortemente
remunerative. Queste ultime pongono però il problema
di stabilire rapporti di vario genere con il mondo
politico, con le istituzioni, con gli apparati dello
Stato.
  Proprio su questo terreno sono emerse le novità
più rilevanti nel corso delle indagini da noi svolte
e dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia
da noi ascoltato, il quale ha dipinto un quadro
molto interessante e compiuto di questa realtà.
  Colgo l'occasione per segnalare ancora una volta
che, durante l'audizione di Annacondia, per la prima
volta un dirigente del grande traffico di droga ci
ha spiegato come esso funzioni, individuandone, con
estrema capacità, i punti cruciali. Avevamo già
avuto occasione di ascoltare un altro grande
trafficante di droga, Mutolo, ma egli non aveva la
stessa lucidità e probabilmente non aveva neanche
avuto il ruolo di direzione complessiva che, invece,
nell'ambito
dell'organizzazione criminale pugliese, ha svolto
Annacondia. Egli ha detto anche altro, richiamando
la nostra attenzione su fenomeni e aspetti
inquietanti della realtà pugliese, anzitutto il
rapporto con la magistratura. Non possiamo non
sottolineare questo aspetto nella relazione e nei
nostri dibattiti, richiamando contemporaneamente il
Consiglio superiore della magistratura alla
necessità di un intervento sollecito. Dopo quello
che abbiamo sentito e saputo (comprese le parti
dell'audizione di Annacondia sulle quali abbiamo
posto il segreto), non è possibile non mettere tutte
le nostre conoscenze e valutazioni a disposizione
del Consiglio superiore della magistratura che,
proprio in queste settimane, si sta occupando della
vicenda inquietante del procuratore della Repubblica
di Bari.
Vi è un altro problema che abbiamo colto durante le
nostre
visite: quello del ritardo con cui vengono condotte
le indagini per i reati contro la pubblica
amministrazione e quelle relative ai rapporti tra
criminalità e politica. Per quanto riguarda
Brindisi, Lecce e Taranto il problema è stato posto
in evidenza dal procuratore generale di Lecce,
Lombardi, e da Leonardo Leone De Castris, sostituto
a Brindisi. Ritengo doveroso da parte
Pag.2806
nostra mettere in luce nella relazione
un'indicazione così importante che proviene da fonti
responsabili.
  Inoltre, per quanto riguarda Bari e Foggia, si
registra un ritardo della magistratura e delle forze
dell'ordine che non consente di capire le dimensioni
e le caratteristiche delle organizzazioni criminali
presenti in quel territorio. Già nella relazione
sulla Puglia di qualche anno fa veniva sottolineata
questa valutazione relativamente alla città di
Foggia.
  Ho ascoltato con interesse l'intervento del
collega Cafarelli che ha illustrato l'interno della
realtà inquietante di Foggia, dove si pone un
problema di rapporto tra organizzazioni criminali e
mondo imprenditoriale e, più in generale, delle
istituzioni, e dove vi è un ritardo storico da parte
della magistratura nell'affrontare questo nodo.
L'audizione di Annacondia ha fatto emergere un altro
elemento, quello relativo al rapporto tra
criminalità e politica. Nonostante le sue
dichiarazioni vengano raccolte da mesi, non vi sono
ancora stati né un'iniziativa giudiziaria né un
provvedimento conseguente di riscontro.
  In Puglia vi sono molti collaboratori di
giustizia, che da mesi hanno riempito centinaia di
pagine di verbali, ma ancora non si hanno risultati
tangibili, nonostante che si sia detto espressamente
che tali collaboratori hanno parlato di coperture
politiche. E' proprio in questa direzione che
l'indagine deve proseguire, mentre da parte nostra
vi è l'obbligo di segnalare l'esigenza di farlo con
rigore.
Annacondia ha denunciato un grave episodio sul quale
voglio richiamare l'attenzione della Commissione. Un
magistrato ha concesso un'intervista ad un
quotidiano locale e ad un'emittente televisiva nelle
quali veniva rivelata la collaborazione di
Annacondia, che fino a quel momento era segreta.
  Per quel che riguarda la città di Taranto, se
possibile, suggerirei di puntualizzare la
descrizione del meccanismo che regola gli appalti e
delle compromissioni attorno a questo sistema e a
quello delle infiltrazioni criminali, tenendo conto
anche delle denunce proposte dal segretario della
CGIL Ludovico Vico che, peraltro, risultano a
verbale.
  Penso che, senza grande fatica, si potrebbe
aggiungere nella relazione qualche cenno alla
situazione che si vive all'interno delle carceri in
Puglia in rapporto al maxiprocesso, alla presenza di
esponenti della Sacra corona
unita, alla condizione di tutela, di sicurezza e di
isolamento degli esponenti mafiosi. Com'è noto, uno
dei punti di maggior scontro con l'insieme delle
organizzazioni mafiose oggi è rappresentato
dall'articolo 41- bis dell'ordinamento penitenziario
che prevede il trattamento carcerario duro,
trattamento che va mantenuto nonostante tutti i
tentativi che sono stati fatti e che si stanno
facendo per giungere ad un compromesso, in sostanza
ad un "non rinnovo" della sua applicazione. Noi
siamo invece favorevoli ad un trattamento severo che
garantisca la sicurezza e l'isolamento di queste
persone; dissentiamo dalla recente iniziativa di un
gruppo di parlamentari siciliani che si sono recati
nel carcere dell'Ucciardone e dalle polemiche
sull'articolo 41- bis
che hanno accompagnato la visita dandole una
connotazione che per noi è inaccettabile.
L'onorevole Lauricella, che appartiene al nostro
gruppo, il quale in un primo tempo doveva recarsi
all'Ucciardone insieme agli altri parlamentari, non
vi è andato proprio per quel motivo.
Il relatore Robol conosce certamente meglio di me la
realtà pugliese, tuttavia rimetto a lui le mie
considerazioni convinto che egli ne terrà conto.
 VINCENZO SORICE. Signor presidente, colleghi,
contrariamente a quanto è stato fino a questo
momento affermato, chi vi parla non ritiene di poter
condividere l'impalcatura della relazione in quanto
giunge ad affermazioni e giudizi definitivi sulla
situazione della Puglia che non
coincidono con le deposizioni rese in sede di
audizione, pur apprezzando il lavoro svolto nella
compilazione della relazione e, in modo particolare,
l'introduzione del senatore Robol.
Pag.2807
  Siccome dalla genericità bisogna passare alla
specificità, per motivare il mio giudizio negativo
desidero ricordare due affermazioni contenute nella
relazione. La prima è a pagina 11 dove si legge:
"Peraltro, è stato anche rilevato che la regione
opera in carenza di qualsiasi programmazione perché
le opere vengono ideate e realizzate per lo più in
ragione del particolare finanziamento che il singolo
comune o il singolo gruppo di pressione riesce a
spuntare a livello statale o regionale, soprattutto
in ragione" - il termine è riportato proprio tra
virgolette - "'del patronato di riferimento'".
Tutti vi renderete conto che si tratta di
un'affermazione,
di un giudizio drastico che non ha riscontro
obiettivo nel corpo di tutta la relazione.
  Partendo dall'ultimo capoverso della pagina 15 si
legge: "In Puglia, infatti, come denunciato dal
nuovo prefetto di Bari, dottor Catenacci, e dal
procuratore generale della corte di appello di
Lecce, nonostante il manifestarsi di gravissimi
episodi di criminalità economica e di malgoverno
(ERSAP, sanità pubblica e convenzionata, acquedotto
pugliese, frodi comunitarie), a parte i recenti
ordini di custodia cautelare emessi nei confronti
dell'ex presidente della regione, Bellomo, e del
presidente dell'acquedotto pugliese, la
magistratura, tuttavia, ancora non è riuscita a
cogliere con sufficiente energia e con chiarezza le
indubbie connessioni tra politica, mondo degli
affari e criminalità comune ed organizzata".
  Si tratta di un giudizio pesante sulla
magistratura, non acclarato attraverso nessun fatto
specifico, anche perché, sotto questo profilo,
esistono indagini in corso promosse dalla
magistratura stessa.
  Qual è quindi il punto sul quale non convengo? E'
che nella relazione si dà per certa la connessione
tra politica, mondo degli affari e criminalità
comune ed organizzata. Insomma, un giudizio
definitivo sulla situazione in Puglia.
A questo punto della relazione, si fa riferimento a
fatti
specifici partendo dall'audizione del prefetto
Catenacci. Andiamo, dunque, a vedere cosa questi ha
dichiarato. A pagina 16 del verbale dell'audizione
leggiamo quanto il prefetto Catenacci dice a
proposito dell'episodio delle Cliniche riunite: "Si
vocifera - è una teoria tutta da provare ma sulla
quale bisogna avere comunque il coraggio di
soffermarsi - che siano finanziate con soldi
riciclati". Si tratta, quindi, di una voce. Dopo di
che, qualche componente di questa Commissione
davanti ai microfoni dichiara che nelle Cliniche
riunite vi sono soldi riciclati.
  Sempre nell'audizione del prefetto Catenacci, a
proposito del rapporto tra classe imprenditoriale
medica e malavita, si legge: "Posso dire che sono in
corso indagini giudiziarie molto approfondite delle
quali non so niente e sulle quali comunque non posso
esprimermi". C'è pertanto a monte l'affermazione di
non saper niente, alla quale il prefetto aggiunge
che sono in corso indagini.
  Un altro argomento di cui ha parlato il prefetto
Catenacci è quello degli arricchimenti patrimoniali.
Nella deposizione, a pagina 24, rispondendo ad una
domanda sul tema rivoltagli dal presidente, egli
dice: "Non ho elementi per affermare, ma posso dire
che sarebbero indispensabili accertamenti
patrimoniali".
  Questo prefetto, dunque, parla soltanto sulla base
di voci, non ha elementi, non sa niente. Quando chi
vi parla si pone un problema rispetto
all'impostazione data nel mese di luglio, da
confrontare con l'audizione tenuta a gennaio, sulla
base di un'impostazione diversa, veniamo a sapere
che il prefetto Catenacci ricopriva l'ufficio dal 15
gennaio, vale a dire da un tempo a mio giudizio
troppo breve. L'impostazione della relazione, però,
fa affidamento su queste deposizioni.
Il prefetto Catenacci ha fatto poi alcune
affermazioni
positive che sono scomparse dalla relazione. A
pagina 39 dell'audizione, egli dice: "Circa il
funzionamento della pubblica amministrazione in
provincia di Bari vi è da dire, contrariamente a
quanto si possa immaginare, che gli enti pubblici,
le istituzioni e gli uffici dello Stato presentano
un funzionamento
Pag.2808
 nel complesso accettabile; lo stesso dicasi dei
vari servizi pubblici". Si accentua dunque l'aspetto
negativo fondato su voci e poi non si dà conto degli
aspetti positivi.
Non posso pertanto non denunziare, caro relatore,
alcune
forzature politiche. Con l'impostazione della
relazione si cerca di mettere in evidenza le carenze
amministrative e gestionali della pubblica
amministrazione, il che rappresenta un classico in
un dibattito politico tutto interno. Si cerca di
evidenziare il collegamento - oggi, perché fino a
ieri così non era - fra alcuni imprenditori ed
alcuni amministratori, fatti di comune corruzione;
si cerca di identificare la gestione politica come
gestione corrotta generalizzata e poi, collegando
l'attività malavitosa con alcuni fatti di
corruzione, si arriva alla generalizzazione del
teorema. Si arriva cioè alla generalizzazione della
connessione tra mondo politico, mondo degli affari e
criminalità. Questa è l'impalcatura: fatto
specifico, singoli episodi, generalizzazione del
problema.
  Ebbene, a questo punto arrivati, ritengo si debba
avviare un momento di riflessione che credo non
valga soltanto per la Puglia, visto che il problema
è metodologico. Mi sono riferito in particolare alla
Puglia perché ho avuto modo di approfondire meglio
la situazione locale. Certamente non è il momento di
minimizzare e noi abbiamo il dovere morale di andare
a fondo per perseguire concretamente lo scopo di
combattere la criminalità. E' altrettanto certo che
non possiamo rimanere indifferenti davanti ai
fenomeni di
corruzione emersi nella gestione in Puglia, come in
Calabria e in Lombardia, cioè su tutto il territorio
nazionale. Non possiamo non essere preoccupati per
l'aumento dell'attività criminosa che richiede un
accurato approfondimento da parte della Commissione.
  Bisogna, quindi, vigilare ed essere
sufficientemente sereni per non lasciarsi trascinare
dalla passione di parte. Infatti, nel momento in cui
la passione politica prevale oggettivamente
sull'attività istituzionale della Commissione, sia
pure in buona fede si viene meno a quella che è la
sua funzione. Rispetto agli anni precedenti,
dobbiamo ammettere che la Commissione antimafia ha
assunto un ruolo importantissimo, probabilmente in
ragione della situazione, o ancora dell'attivismo
del presidente, della capacità della Commissione
stessa di essere presente. Conseguentemente, le
considerazioni e i giudizi definitivi di questa
Commissione hanno rilevanza non soltanto per il
Parlamento. Ne hanno infatti una all'esterno molto
maggiore di quanto si possa immaginare. In altre
parole, un giudizio della Commissione antimafia è
una vera e propria sentenza per la pubblica opinione
e per gli organi istituzionali.
  Dobbiamo, dunque, cercare di essere coscienti
della funzione che svolgiamo e perciò dobbiamo
chiederci innanzitutto cosa sia la Commissione
antimafia. Essa, in base alle norme vigenti, gode
delle stesse prerogative dell'autorità giudiziaria,
per cui è portata a svolgere una funzione
inquirente. Essa, inoltre, si avvale degli apporti
informativi delle forze dell'ordine, le quali per
l'appunto svolgono attività inquirente. Come si
evince dalle singole audizioni, i primi ad essere
ascoltati sono stati i procuratori ed i sostituti
procuratori della Repubblica. La Commissione,
dunque, si avvale anche e soprattutto dell'apporto
della magistratura inquirente.
  Così, mentre tutta l'attività della Commissione è
impostata come inquirente, a conclusione dei nostri
lavori inascoltata altera parte - emaniamo giudizi.
Vi
renderete ben conto che ci troviamo di fronte ad un
capovolgimento dello Stato di diritto. I nostri
giudizi, però, non hanno più le garanzie
giurisdizionali e, se me lo consentite, non hanno
più neanche le garanzie della professionalità.
Abbiamo ascoltato le dichiarazioni di un prefetto
che forse abbiamo investito di poteri superiori a
quelli propri della sua funzione: un prefetto ormai
va ad indagare in procura, si dà da fare.
Pag.2809
In conclusione, ci troviamo ad emettere un giudizio
su
un'attività esclusivamente inquirente condotta dalla
Commissione e tale giudizio ha notevole incidenza
sui fatti, sulle persone e sulle considerazioni di
ordine generale. Ritengo, quindi, che si debba
essere più prudenti. Abbiamo tanto discusso sulle
comunicazioni giudiziarie, sugli avvisi di garanzia
che alterano il rapporto fra il cittadino e la
società: potete bene immaginare quali effetti abbia
un giudizio emesso in una nostra relazione.
  Senza entrare nel merito dei singoli episodi -
rispetto, infatti, l'impostazione del relatore anche
se non la condivido - desidero far rilevare che, nel
momento in cui le relazioni diventano sentenze,
almeno dobbiamo intenderci sui termini. Altrimenti,
la situazione diventa pericolosa.
  Una prima cosa che chiedo al relatore riguarda
pagina 27, dove è riportata un'affermazione molto
importante e pesante: "Il quadro presentato dalla
Commissione nel corso della seconda audizione è
tale, insomma, che non appare più proponibile
presentare la criminalità barese soltanto come una
forte, radicata e ben organizzata società a
delinquere. Il livello è più alto e va ricercato nei
collegamenti che questa
società ha con il mondo politico, con le
amministrazioni pubbliche, con la imprenditoria, con
i professionisti, con la magistratura".
 MASSIMO BRUTTI. Così è.
 VINCENZO SORICE. A questo punto, chiedo cosa sia il
"mondo politico". Dobbiamo specificare cosa sia,
dobbiamo andare all'identificazione delle
responsabilità. Il "mondo politico" è il segretario
della mia sezione di partito, è
stato il Presidente del Consiglio dei ministri, è il
deputato, è l'amministratore, è il commentatore
politico. Dobbiamo specificare questo "mondo
politico", perché altrimenti procediamo ad una
generalizzazione della responsabilità e, quando la
responsabilità diventa generale, automaticamente si
attutisce quella individuale.
Su questo punto è necessario che nella relazione ci
sia
specificità, portando in luce quelle che sono state
le audizioni e i fatti particolari. Abbiamo
ascoltato la magistratura e le forze inquirenti e
per alcuni di questi soggetti non esiste
l'opponibilità del segreto; quindi siamo nelle
condizioni di specificare.
  Un'altra questione che si riallaccia a quanto ho
prima considerato è trattata a pagina 16, quando in
riferimento al dottor Catenacci ed al procuratore
generale della corte d'appello si afferma:
"nonostante il manifestarsi di gravissimi episodi di
criminalità economica e di malgoverno". Che cos'è il
malgoverno? Chiedo che venga specificato. Malgoverno
significa, per la Commissione antimafia, che i
bilanci non sono in pareggio? Che c'è infiltrazione
criminale all'interno di un ente? Che c'è un
dispendio di risorse pubbliche a danno della
comunità? Che ci sono fatti di corruzione?
  Questo generico riferimento a malgoverno che
sintonia ha con la funzione della Commissione?
Dobbiamo allora cercare di essere precisi; è perciò
che chiedo una "rivisitazione" di quanto affermato:
se sono state individuate responsabilità di soggetti
nel corso delle audizioni - evito di riportare
alcune indicazioni fornite dal prefetto, di estrema
genericità dato il breve periodo della sua
permanenza a Bari - non si può con la dizione
"malgoverno" annullare anni di attività che hanno
avuto una rilevanza anche di carattere sociale. Con
una parola si distrugge un sistema e non è questa
l'intenzione né del relatore né di chi vi parla.
  Proprio perché la Commissione sta svolgendo
un'attività inquirente e data la sua importanza,
dobbiamo procedere all'identificazione delle
responsabilità penali soggettive, non generiche.
Ricordiamoci che la responsabilità penale è
soggettiva e che innestare un meccanismo di
responsabilità oggettive significa andare fuori dal
proprio seminato.
Mi permetto di superare ogni tentazione di
teorizzazione
di un rapporto in base a fatti specifici, perché il
nostro Pag.2810
compito è quello di identificare le responsabilità
personali dei soggetti che hanno commesso o che si
sospetta possano commettere azioni delittuose. Solo
così la nostra funzione è precisa.
  Certamente, in questa fase d'attività della
Commissione, abbiamo il dovere di isolare dal resto
della società civile i corrotti, i criminali, i
violenti. Questo è il nostro obiettivo. Tuttavia, se
generalizziamo la responsabilità, finiamo per
favorire la corruzione, la violenza, la criminalità,
perché nessuno si sente responsabile e la società
civile non potrà più discernere tra buoni e cattivi.
In questa luce, non condivido la corsa dei prefetti
a
proporre, e del Governo a decretare, lo scioglimento
dei consigli comunali. Credo che oggi ci sia proprio
una gara a chi riesce a far sciogliere più consigli
comunali, immaginando
di aver risolto così i problemi della criminalità
organizzata. Il mio giudizio negativo non esclude
che ci sono casi verificati di collusione tra
criminalità organizzata e gran parte dei pubblici
amministratori; in questi casi bisogna intervenire e
bisogna farlo con decisione, così come abbiamo
fatto. Ritengo però che sia più giusto individuare
le responsabilità dei singoli amministratori e
allontanarli con provvedimenti specifici, perché
altrimenti rischiamo di distruggere il tessuto
democratico del nostro paese. Il rischio che
corriamo è quello di allontanare la gente: non si
può immaginare di sciogliere un consiglio comunale
per due o tre fatti delittuosi commessi da uno o due
amministratori sospettati e non ancora giudicati e
sciogliere un consiglio comunale, mandare a casa una
rappresentanza dei cittadini senza sapere, alla
fine, chi sia il responsabile. Peggio: in tal modo
rischiano di essere accomunate in un giudizio
negativo anche quelle persone perbene che, di
conseguenza, non possono fare altro che allontanarsi
dalla vita politica.
La democrazia di un paese non cresce né con la
nomina dei
commissari, né con le regole dello Stato di polizia:
questa è la distruzione della democrazia nel nostro
paese. Mi permetto allora di proporre una revisione
della legge n. 221 del 1991, sullo scioglimento
degli organi rappresentativi degli enti locali,
inquadrandola nel clima di quella responsabilità
soggettiva che dobbiamo cercare di individuare in
coloro che sbagliano. Dobbiamo altresì fare più
attenzione ai fatti delittuosi che, nei comuni,
coinvolgono i singoli amministratori ed attribuire
le responsabilità di rilevanza penale.
  Collegando il rapporto tra mondo politico e
criminalità organizzata, viene compiuta una
forzatura, a volte con un po' di passione di parte
perché, immaginando questo collegamento, si è a
volte tentati di trasferire su un altro piano la
lotta politica: ciò che l'elettorato non è riuscito
a dare si potrebbe raggiungere con altri sistemi. Si
dimentica però una cosa molto importante e cioè che
il punto di riferimento della criminalità è il mondo
politico ma anche, in sé e per sé, il potere: la
criminalità organizzata intende dialogare con il
potere nelle sue articolate espressioni, non solo
con quello identificato nel mondo politico. Anzi,
mai come in questo momento che il mondo politico è
in una posizione di debolezza, non credo che si
possa combattere la criminalità soltanto
individuando questo collegamento. Tale linea potrà
soddisfare qualche appassionato di politica ma non
consente di vincere i fenomeni criminali. Siamo
perciò preoccupati per il consolidamento del sistema
dei rapporti tra criminalità e potere, nelle sue
articolazioni. Dalle indicazioni che stiamo
ricevendo, emerge che il potere non è solo quello
politico.
Tralascio una discussione che meriterebbe quel
maggior
approfondimento che non viene accettato in questa
sede ma che sarà motivo di discussione: mi riferisco
al ruolo della magistratura nella lotta politica.
Gli avvenimenti che si stanno verificando anche a
Bari vanno approfonditi meglio, così come l'aumento
dei magistrati candidati alle elezioni politiche,
anzi - ed è ancora peggio - dei papabili a queste
elezioni. Dobbiamo porci seriamente questo problema,
perché, pur ri
Pag.2811
spettando tutti, ritengo che non si possa essere
candidati nello stesso distretto nel quale si svolge
attività giudiziaria. Il problema è stato affrontato
dal Ministero di grazia e giustizia ed è serio,
basta guardare il numero dei magistrati presenti in
Parlamento che provengono da quel tipo di collegio.
Alla vigilia di elezioni svolte con questa
impostazione, vedrete quanti pretendenti ci saranno
e ci sono. L'argomento dovrà essere approfondito, ma
desidero trattarlo
adesso, esaminando la relazione, in modo tale che vi
sia un punto di riferimento.
  Dopo aver svolto queste considerazioni di
carattere generale, vorrei brevemente affrontare
alcuni fatti specifici. In proposito ho presentato
alcuni emendamenti, che mi riservo di illustrare
successivamente.
  In primo luogo, mi riferisco al rilevante problema
concernente le Cliniche riunite. Non entro nel
merito, perché la magistratura sta indagando, però
rilevo un fatto molto grave che ci è stato spiegato
dal procuratore della Repubblica e del quale si sta
occupando il Consiglio superiore della magistratura.
Nella relazione, onorevole relatore, a proposito
delle Cliniche riunite si compie un'affermazione
pesantissima per tutto il mondo politico:
"nonostante un procedimento penale aperto nei
confronti delle Cliniche riunite per questioni di
rimborsi regionali non spettanti e nonostante vi sia
un elenco di 70 indagati, tra i quali quasi tutti i
più alti esponenti della vita politica ed economica
pugliese, per aver segnalato soggetti mafiosi per
assunzioni alle Cliniche riunite...". Dove sta
questa certezza? Siamo di fronte ad un elenco di 70
persone non ancora individuate, irritualmente
inserite nel registro degli indagati, perché non è
specificato il reato. Sapete che bisogna procedere
all'iscrizione nel registro degli indagati, con
tutte le generalità, identificando il soggetto ed il
reato; solo così scattano i famosi sei mesi per le
indagini; quindi siamo in una situazione irrituale
perché ancora non c'è stata l'identificazione, per
alcuni soggetti il nome e cognome sono da
identificare e non è stata definita l'ipotesi di
reato. Eppure, si dà per certo che il mondo politico
ha segnalato il nome di mafiosi alle Cliniche
riunite. Potrà anche essere vero, ma non è possibile
immaginare che una relazione diventi una sentenza
che anticipa un giudizio che deve ancora essere
dato.
  Per non parlare della questione del Petruzzelli.
Tale questione è sostanzialmente smentita dai fatti:
è sufficiente rileggere l'atto di annullamento
dell'ordine di custodia cautelare del gestore per
rendersi conto come salti la teoria, riportata in
questa relazione, del collegamento tra
imprenditoria, mondo politico e criminalità
organizzata.
In una relazione non si può affrontare in modo
specifico
elementi di questo genere! In altri termini,
immaginare un rapporto tra imprenditoria, mondo
politico e criminalità organizzata sulla base di un
semplice ordine di custodia cautelare, annullato
successivamente dal tribunale, dando per certo un
giudizio definitivo su una vicenda che indubbiamente
ha ancora bisogno di affermarsi. Di qui le
preoccupazioni che avvertiamo.
  Vogliamo anche parlare dell'acquedotto pugliese
rispetto al quale vi sono tre fatti specifici. Nella
vicenda dell'acquedotto pugliese ci siamo trovati di
fronte agli
arresti domiciliari del presidente per aver emesso
un decreto, o una delibera, durante il periodo della
siccità, anticipando - o dando già per emanato - un
decreto di finanziamento da parte del ministro della
protezione civile, giunto con un ritardo di
ventiquattro ore. L'accusa era falso ideologico. Vi
sarà certamente un rinvio a giudizio, perché -
secondo quanto si dice - durante la siccità vi fu un
rapporto telefonico nel quale il ministro garantì
l'intervento: la siccità si è avuta in agosto, nel
periodo di massima irrigazione, ed ha creato
difficoltà per le popolazioni tanto che il consiglio
di amministrazione, in base all'affidamento del
ministro, anticipò un provvedimento, giunto
puntualmente 24 ore dopo. E il magistrato, su
denuncia, ritenne di dover emettere un ordine di
Pag.2812
custodia cautelare, sia pure con arresti
domiciliari: ebbene, tutto ciò induce la relazione a
parlare di malgoverno nell'acquedotto pugliese. Vi
rendete conto dell'assurdità dell'impostazione?
Ho voluto citare tre casi nel tentativo di
ristabilire
l'impostazione della relazione. E' un lavoro enorme
e impegnativo, ma proprio per la funzione che sta
assumendo la nostra Commissione e per il rispetto
che ad essa viene portato, evitiamo di creare accuse
o teoremi, svolgendo soltanto un'azione inquirente,
non di confronto. Se accanto all'azione inquirente
degli organi istituzionali a ciò preposti, ossia la
magistratura, si aggiunge - come sostiene il
senatore Capuzzo - l'azione di trascinamento degli
organi periferici dello Stato, privi di una
specifica professionalità, si creano solo polveroni
senza andare al cuore delle vicende. Ciò rientra nel
più generale ed impegnativo tema della riforma che
insistentemente chiedo - e ne ho già parlato con il
ministro Mancino - della legge sullo scioglimento
dei consigli comunali. Non possiamo criminalizzare
il tessuto democratico del nostro paese andando a
caccia di affermazioni folcloristiche e senza
incidere nel
cuore delle diverse questioni.
  Signor presidente, credo che il mio capogruppo
abbia già avanzato una richiesta affinché, prima di
passare alle dichiarazioni di voto e alla votazione
finale, si svolga una riflessione. La chiede il
gruppo della democrazia cristiana, una volta
acquisita la disponibilità del relatore, affinché,
tenendo presenti gli elementi oggettivi verificati
dalla relazione in esame, si ristabilisca la verità
dei fatti con i dovuti confronti e accertamenti. In
tal modo, anche i deputati della Puglia potranno,
con serenità, dire di aver svolto il proprio dovere,
quello cioè di combattere la criminalità e ricreare
nel nostro paese un clima sereno di legalità.
PRESIDENTE. Onorevole Sorice, abbiamo convenuto che
il
1^ ottobre la relazione sarà oggetto di un ulteriore
approfondimento. La sua richiesta pertanto ritengo
possa considerarsi soddisfatta.
  Dal punto di vista politico le conclusioni
verranno tratte in quella data. La presidenza è
comunque favorevole al rinvio delle conclusioni
finali.
UMBERTO CAPPUZZO. Signor presidente, mi chiedo se,
dopo
aver ascoltato un intervento tanto motivato e
completo, che va alle radici del problema, non
convenga dedicare alle considerazioni fatte dal
collega Sorice una seduta ad
hoc . I problemi sottolineati dal suddetto collega
sono rilevantissimi: si va dalla impalcatura della
relazione alla metodologia seguita, dalle
prospettive future alle correzioni da apportare, e
le considerazioni - da me condivise quasi totalmente
- risultano pesanti e di grandissimo interesse. Mi
dispiace che non siano presenti tutti i componenti
la Commissione, perché avrebbero potuto ascoltare
considerazioni che vanno al di là della situazione
pugliese. Per quanto mi riguarda, non avendo
partecipato a nessuna riunione in cui è stata
affrontata la realtà di quella regione, mi limiterò
a formulare valutazioni di carattere generale.
  Non possiamo trastullarci con considerazioni di
tipo sociologico, da più parti ribadite e macinate,
perché la Puglia costituisce un esempio emblematico
al fine di capire come un'area non toccata da
fenomeni di criminalità organizzata nel passato, ad
un certo punto si è trovata coinvolta in tali
attività. Sarebbe stato utile chiedersi quali
ragioni siano sottese al mutamento della situazione.
Sono reduce, insieme con il relatore, da una visita
che
per me - che sono siciliano - rappresenta un
insegnamento più importante e valido di quelli
acquisiti con le audizioni dei pentiti: mi riferisco
al sopralluogo nelle borgate di
Ciaculli, Settecannoli e Brancaccio a Palermo - alle
quali forse sarebbe opportuno dedicare una apposita
seduta - per comprendere quale sia l' humus che
consente lo sviluppo della criminalità organizzata e
indirettamente comprendere dove sono
Pag.2813
collocate le carenze, le omissioni, le latitanze;
che cosa significa mal governo e in quali punti si
annida.
ALBERTO ROBOL, Relatore. Salvo poi ascoltare i
parlamentari siciliani, i quali affermerebbero che
non corrisponde al vero!
 UMBERTO CAPPUZZO. No, il problema va al di là del
fatto politico. (Commenti del senatore Robol ). Caro
Robol, anche dove opera il commissario si registrano
carenze! Non
bisogna attendere le riforme istituzionali o le
leggi speciali per eliminare l'immondizia oppure
rimuovere autoveicoli fuoriuso abbandonati da anni,
senza che l'autorità dello Stato si sia affermata!
Non occorrono leggi speciali per pretendere che i
cittadini dormano tranquilli o che la borgata sia
affidata ai facinorosi! Non occorrono leggi speciali
per ottenere che le strutture sociali e quelle
sanitarie siano difese dai cittadini e dalle forze
dell'ordine: il controllo del territorio deve essere
visto ed attuato in un'ottica moderna. Non è lo
scarrozzamento delle forze di polizia, dei
carabinieri o della Guardia di finanza a dare
sicurezza ai cittadini, ma una presenza vigile,
capace di intervenire in tutte le carenze. Solo così
si può dire se il problema è politico o
amministrativo ed individuare chi dovrebbe operare e
non lo fa!
  Tornando alla Puglia, ricordo che nella precedente
legislatura partecipai ad una visita nella zona del
brindisino. Sono stato colpito dalla presenza di 50
battelli utilizzati per il contrabbando, tutti di
color blu: ebbene, mentre questi mezzi erano
schierati davanti a noi, la Guardia di finanza e le
forze dell'ordine si baloccavano chiedendosi a chi
spettasse l'intervento e se si potevano o meno
affondare! Non solo: i possessori di questi
battelli, pur risultando nullatenenti, spendevano 3
milioni al giorno per l'approvvigionamento del
carburante!
Signori miei, mi chiedo: vogliamo veramente
individuare
alle radici il punto dolente per intervenire
efficacemente contro la criminalità organizzata?
Senza trarre un utile politico, accusando questo o
quell'altro, e senza assistere ad uno stomachevole
adeguamento delle strutture amministrative che si
muovono secondo le correnti, solo perché fa comodo.
Quanto allo scioglimento dei consigli comunali -
anche in questo caso concordo con l'onorevole Sorice
- occorre verificare che cosa non ha funzionato. Da
questo punto di vista la Puglia è un caso ideale,
perché, come ho detto in precedenza, nel passato la
mafia non esisteva, mentre ora vi è la criminalità
organizzata. E' un caso ideale su cui dobbiamo
riflettere per evitare di ripetere gli errori
compiuti, dal momento che per un effetto di
trascinamento o di contagio è probabile che altre
regioni subiranno la stessa sorte.
Dobbiamo pensare a provvedimenti legislativi ed
amministrativi per affrontare la situazione
presente, ma anche ad iniziative di carattere
sociale ed interventi politici per evitare, in
futuro, che altre regioni si allineino sulla
posizione pugliese.
  Il quesito di fondo è quello posto dall'onorevole
Sorice e riguarda il rapporto tra criminalità e
potere. Si tratta di un rapporto non soltanto di
connivenza voluta, ma anche di soggiacenza per
deterrenza, perché si ha paura e perchè non è comodo
fare certe cose. Chi denuncia sa che andrà incontro
a determinati pericoli e non è protetto. Nel caso
delle estorsioni - assai convincenti - non esiste la
collaborazione
della vittima, perché questa sa di dover subire.
Questa è la verità: la latitanza dello Stato - con
le attuali possibilità - di fronte a fatti che
dimostrano come il potere vero e il
potere legale si debbano adeguare a questa filosofia.
Signor presidente, se fosse possibile, inviterei il
collega Sorice a fare una sintesi delle
considerazioni
odierne, a cui far seguire un dibattito, fermo
restando che la relazione dovrà essere emendata in
taluni punti nel senso indicato dal collega Sorice,
per proseguire in futuro avendo ben chiara una
metodologia. Fatta salva la possibilità di capire
chi abbiamo ascoltato,
Pag.2814
 perché diamo un giudizio che oltre ad essere
politico ha una sua rilevanza sotto il profilo
giudiziario e costituisce un avallo.
  Alla luce dei dati acquisiti durante la recente
visita a Palermo, occorrerà discutere per decidere
come andare avanti, considerato il tempo che ancora
rimane a questa legislatura.
La Puglia è degenerata nel giro di un quinquennio: a
parte
la microcriminalità barese, ossia i famosi "topini"
ed il contrabbando dei tabacchi degenerato in
commercio di droga, il resto della regione era
immune dal fenomeno criminale. Ripeto, è inutile
soffermarsi su considerazioni di tipo sociologico,
mentre più importante e utile è capire il motivo
dello sviluppo del fenomeno criminale, dove vi sono
stati "buchi" nell'azione dello Stato, delle forze
dell'ordine, della magistratura, le eventuali
collusioni che certamente possono esistere. La
politica esprime attraverso il sistema democratico
tutto quello che vi è nella società: è chiaro che
anche nelle forze politiche possono esservi elementi
che rappresentano interessi non certamente puliti.
  Ciò detto, chiedo scusa al senatore Robol per non
aver potuto approfondire la relazione, la cui parte
iniziale può essere perfettamente condivisa. Penso
che le precisazioni indicate dal collega Sorice, che
sono molto puntuali perché si danno dei giudizi
quando ancora questi non sono definitivi, devono
essere corrette per questioni di metodologia, al di
là del caso Puglia, ad evitare che diamo un sigillo
di validità ad affermazioni che finiscono per avere
incidenza anche sul piano giudiziario. Infatti "l'ha
detto l'Antimafia" è ormai una frase che vedo
costantemente ripetuta, perché è molto apprezzato
anche dai magistrati avere una considerazione a un
così alto livello democratico.
  Ritengo pertanto che le giuste valutazioni del
collega Sorice potrebbero fornire lo spunto, in una
prossima seduta fatta salva la relazione ed
eventualmente modificata per essere approvata nei
tempi previsti -, per meditare su eventuali
audizioni future e su eventuali conclusioni in sede
di relazioni future.
 GIROLAMO TRIPODI. A differenza dell'onorevole
Sorice apprezzo lo sforzo compiuto dal relatore e
quindi ritengo che la relazione sottoposta alla
nostra approvazione rappresenti un documento che
sostanzialmente rispecchia gli elementi emersi a
seguito dei sopralluoghi compiuti in Puglia e delle
audizioni che abbiamo svolto in questa sede di
esponenti della magistratura e di alte autorità
dello Stato.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE
PAOLO CABRAS
 GIROLAMO TRIPODI. Abbiamo la conferma di una realtà
sociale che vede la presenza massiccia di
organizzazioni criminali denominate in quella zona
Sacra corona unita; pertanto, quanto affermavamo, e
cioè che in questi anni si è
verificato un allargamento della presenza delle
organizzazioni mafiose, non è smentito dalla
relazione, la quale anzi conferma la gravità della
situazione in Puglia, che in pochi anni è stata
invasa dalle organizzazioni criminali anche se
non ha raggiunto ancora i livelli della Sicilia,
della Calabria e della Campania. Ci troviamo di
fronte ad una situazione che non può essere
sottovalutata dal punto di vista della sua
pericolosità.
  Il collega Sorice ha inoltre introdotto elementi
molto allarmanti sul ruolo stesso della Commissione
e sul modo in cui deve essere condotta la battaglia
contro la mafia, i suoi collegamenti, gli intrecci,
le collusioni e le complicità fra il mondo politico,
quello imprenditoriale, le istituzioni e cosche
mafiose. Credevo che questa mattina si dovesse
discutere la relazione sulla Puglia, diversamente è
stata posta in discussione la strategia che fino a
questo momento abbiamo portato avanti, questa
Commissione ed anche la precedente Commissione
antimafia, nonché il metodo di lavoro ed i risultati
che sono stati raggiunti. E' un fatto che
Pag.2815
ritengo allarmante e che non può essere
assolutamente sottovalutato; andiamo pure ad un
confronto, anche se ritengo che l'elemento che è
stato introdotto sia destabilizzante, collega
Sorice. Non è un elemento di aiuto per la ricerca di
possibili lacune nel lavoro della Commissione,
perché si pone in discussione tutta la strategia di
contrasto nella lotta alla mafia, nonché gli
strumenti che sono stati utilizzati fino a questo
momento. Questo è un fatto che deve preoccupare.
Certamente, ognuno si assume le sue responsabilità
e, per
quanto mi riguarda, non condivido, anzi respingo,
questo attacco alla strategia di lotta. Ritengo
altresì che le questioni che emergono dalla
relazione sulla presenza di attività criminali
dell'organizzazione mafiosa in Puglia evidenzino
indubbiamente le stesse origini della loro crescita:
quelle che abbiamo individuato in Sicilia, in
Calabria ed a Napoli. La mafia, la 'ndrangheta, Cosa
nostra o la Sacra corona unita sono cresciute perché
hanno trovato forme di gestione e di complicità,
seppure qualche volta indiretta (ma io ritengo che
vi siano state complicità dirette); anche se in
Puglia non è emerso, vi è stato il sostegno da parte
della Sacra corona unita alle forze politiche
durante la campagna elettorale, cioè il voto di
scambio. Questo dalla relazione non viene fuori ed
io ritengo invece che bisogna approfondirlo; non
credo infatti che la Sacra corona unita sia
un'organizzazione avulsa e distante, isolata ed
emarginata rispetto all'assetto istituzionale,
politico e così via. Si dice - l'abbiamo detto altre
volte ed è contenuto nei documenti che abbiamo
approvato - che vi è stata una saldatura fra
organizzazioni criminali pugliesi e 'ndrangheta
calabrese, che si è allargata verso la regione
Puglia, così come è avvenuto per la camorra
napoletana.
Abbiamo altresì appreso che vi sarebbero episodi di
collegamento anche con Cosa nostra, così come è
contenuto nella relazione. Se questo è avvenuto, non
vi è dubbio che qualcosa ha favorito questa
possibilità di espansione. Non è soltanto il
problema del tipo di sviluppo nei settori economici,
perché è noto che la mafia interviene dove vi sono
flussi finanziari dello Stato o trasformazioni in
agricoltura che hanno reso l'attività agricola più
industrializzata e più soggetta alla
commercializzazione e quindi alla presenza di
operatori sospetti di appartenenza alle
organizzazioni mafiose. Credo che vi siano anche
altre responsabilità, che vanno ricercate nella
gestione. Non sono d'accordo, collega Sorice in
Puglia sono intervenute le leggi regionali per
quanto concerne la gestione dei fondi per la
formazione professionale e la regione Puglia è stata
posta sotto inchiesta; non è che queste cose non
abbiano contato. Quanto si è verificato nei comuni
di Terlizzi e di Mesagne non è stato un incidente;
forse la norma della legge sullo scioglimento dei
consigli comunali inquinati è stata applicata
aseguito di un'informazione superficiale che poi ha
coinvolto
tutti. Si possono verificare anche queste cose,
tuttavia a Terlizzi per poco non c'è stata una
strage a causa di un autobomba. E' azzardato, è
pericoloso, collega Sorice, quando si dice ...
 VINCENZO SORICE. Nessuno dice che non ci sia!
GIROLAMO TRIPODI. ... che abbiamo dovuto guardare
queste
cose. Guardiamole queste cose! A parte che ciò non è
collegato al problema della Puglia, perché abbiamo
già discusso della questione approvando una
relazione il 25 febbraio scorso ...
VINCENZO SORICE. Come si spiega che il procuratore
della
Repubblica di Trani protegge il comandante dei
vigili di Terlizzi? Anche questo dobbiamo spiegare.
GIROLAMO TRIPODI. Questo conferma il mio giudizio e
cioè
che dobbiamo ancora scavare, andare a fondo.
 VINCENZO SORICE. Bravo!
Pag.2816
 GIROLAMO TRIPODI. Esistono ancora elementi più
torbidi della situazione che abbiamo di fronte.
Alcuni mesi fa tutti abbiamo approvato la relazione
presentata dal vicepresidente Cabras e l'abbiamo
mandata ai due rami del Parlamento e ad altri
organi, ma naturalmente non abbiamo contestato il
valore della legge, non abbiamo detto che bisogna
abolirla; abbiamo suggerito alcuni accorgimenti e la
creazione di alcuni poteri, abbiamo indicato che vi
può essere il pericolo della riproduzione della
precedente presenza delle cosche mafiose, abbiamo
lanciato un allarme dicendo che in alcune zone, come
a Lamezia Terme, le forze mafiose che prima
dominavano ora continuano a dominare e che dietro ad
esse vi sono anche alcune forze politiche. Dobbiamo
stare attenti a questo e dobbiamo fare un
approfondimento - questo è il nostro compito -   non
rimettendo in discussione il lavoro specifico per
quanto
riguarda la Puglia ma anche quello più complessivo
che si sta svolgendo e che ha portato ad alcuni
risultati nella lotta alla mafia. Sappiamo,
peraltro, che in questa fase la criminalità
organizzata, la mafia, ha subito dei colpi, ma,
nonostante ciò, cerca di distruggere la caserma di
Gravina mentre i carabinieri sono all'interno di
essa o uccide don Puglisi a Palermo.
  Sappiamo inoltre di altre vicende, tra cui quella
dell'esplosivo nel treno. Voglio dire che in questo
momento esistono gravi rischi e pericoli per le
istituzioni a causa della mafia nelle zone di cui
stiamo discutendo.
  Per quanto riguarda la Puglia, non possiamo
evitare di partire dalla considerazione
dell'esistenza del sistema di affarismo e di
gestione clientelare determinatosi negli enti
locali. Si tratta di fatti che sono venuti alla luce
e debbono essere esposti. Dobbiamo approfondire le
questioni relative alla regione, alle province, ai
comuni ed alle USL; dobbiamo, ad esempio,
approfondire la vicenda delle Cliniche riunite; è
allarmante, inoltre, il fatto che in Puglia vi siano
state infiltrazioni nella magistratura. Aggiungo la
questione dell'utilizzazione dei fondi dell'AIMA e
la vergogna del caporalato, fenomeno che avrebbe
potuto essere combattuto e che si collega
all'esistenza della criminalità diffusa.
Sono quindi del parere che ciascuno si debba
pronunciare
circa l'opportunità di riscrivere nuovamente la
relazione in esame, che è già stata riscritta a
seguito dei clamorosi sviluppi della situazione
dell'ordine pubblico in Puglia e dell'emergere di
gravi problemi di funzionamento delle istituzioni
(si pensi al caso del tribunale di Bari).
Non conosco il tenore degli emendamenti presentati e
di
quelli preannunciati dall'onorevole Sorice.
Tuttavia, se essi rispecchiano alcune osservazioni
che ho ascoltato questa mattina, non credo si possa
approdare a qualcosa.
Bisogna discutere della questione generale? Non
condivido
questa ipotesi ed anzi la ritengo dannosa. In
sostanza questa mattina è stato detto che bisogna
ridiscutere tutto; ebbene, mi pronuncio fin d'ora
contro tale ipotesi: dobbiamo discutere della
Puglia, argomento sul quale ognuno può aggiungere
quanto crede.
  Non si può rimettere in discussione tutto il
lavoro effettuato né la strategia seguita. Sono
calabrese come altri colleghi sono siciliani o
campani, ma in questo momento dobbiamo prescindere
dalle nostre origini e dare il nostro contributo, se
siamo convinti del fatto che le organizzazioni
criminali rappresentano un pericolo per la
democrazia.
Abbiamo criticato in certe occasioni il modo in cui
sono
state utilizzate le forze dell'ordine, ma ritengo
che non sia questo il problema in quelle zone in cui
la libertà del cittadino è abolita dalla mafia e
l'esercizio della democrazia è vietato. In queste
aree non si tratta di impiego delle forze
dell'ordine e di altre forze dello Stato, che pure
possono commettere errori e che a volte presentano
al loro interno settori addirittura conniventi: se
non vi è controllo del territorio, se il cittadino
non è libero di investire ed anzi vede messa in
pericolo la sua incolumità
Pag.2817
fisica, non credo che ciò dipenda dalle forze
dell'ordine, bensì dalla presenza mafiosa.
  Per questo abbiamo il dovere di essere uniti nella
battaglia: inserire elementi di confusione non aiuta
il nostro lavoro ma le forze contrarie alla
democrazia e quindi, direttamente o indirettamente,
le organizzazioni criminali.
GIOVANNI FERRARA SALUTE. Per la verità, non avevo
pensato di dover intervenire in ordine alla
relazione in esame, che non ho avuto tempo di
approfondire. Inoltre, come il collega Cappuzzo, non
mi sono occupato in particolare della Puglia.
  Sono stati però posti alcuni problemi di carattere
metodologico, sui quali, per il rilievo che
rivestono, vorrei esprimere la mia opinione. Ricordo
benissimo che esiste un vecchissimo problema che
sempre si pone per le Commissioni d'inchiesta: cosa
si debba cioè fare quando si va in parallelo e, in
un certo senso, ci si sovrappone al lavoro della
magistratura e cosa voglia dire svolgere una
funzione inquirente ed emettere giudizi di carattere
generale.
Ricordo che vi è stata un'epoca in cui si
manifestava la
tesi, fortunatamente tramontata (e tramontata
ingloriosamente, perché molte persone che la
sostenevano sono oggi sotto inchiesta o addirittura
in prigione), che non si potesse emettere alcun
giudizio addirittura fino al momento in cui non
fossero intervenute sentenze passate in giudicato.
Si poteva quindi giungere al caso limite di
altissimi personaggi politici sulla cui fedeltà alle
norme di buon costume ed al rispetto del codice
penale non si poteva dire nulla fino alla fine
dell'iter giudiziario.
  Questo dà luogo ad una curiosa operazione:
desidero richiamare l'attenzione dei colleghi su un
fatto sul quale non si riflette abbastanza: quando
noi temiamo, e giustamente, il governo politico del
paese da parte dei giudici, dimentichiamo che ciò
deriva dal fatto che le funzioni di autocontrollo
sul corretto esercizio dell'amministrazione e del
potere politico non sono state esercitate dal mondo
politico. E' evidente che, se si stabilisce il
principio che non si rimuove e non si manda di fatto
(certo non di diritto ma di fatto) in pensione dalla
responsabilità politica una persona sospettata per
anni ed anni, succede che quella stessa persona, il
giorno che non viene più rieletta, finisce in
prigione. Ci si chiede allora perché mai non ce ne
fossimo accorti prima. Non faccio casi specifici, ma
ricordo benissimo la vicenda di una persona di cui
si diceva, si diceva e si diceva e, poiché tutti
affermavano che non vi era niente di provato, essa
continuava a fare il parlamentare o il
sottosegretario (non ricordo esattamente); ebbene,
questa persona è poi finita in manette.
Se non siamo noi a ripulire continuamente il paese,
lo
ripuliscono i magistrati. Se affidiamo ai magistrati
il compito ultimo e definitivo non solo del normale
esercizio delle loro funzioni, ma addirittura
dell'individuazione dei problemi e dei processi in
atto, è chiaro che ci espropriamo del nostro stesso
potere. Poi, ci lamentiamo se i magistrati
prevaricano, ma essi lo fanno in presenza di un
vuoto politico.
L'esperienza della storia ci insegna queste cose. Il
caso
di scuola è quello dell'ultimo secolo della
Repubblica romana, che fu caratterizzato da processi
politici. E vai a sapere quale verità vi fosse in
tali processi: certamente vi era della verità ma
anche della non verità; il fatto è che, poiché la
nobilitas romana non si emendava da sola, si finiva
a colpi di processi per esiliare la gente, per
condannarla o anche per assolverla. Questo è fatale!
  Chiedere quindi che non si dica nulla di nessuno o
di nessuna situazione finché la magistratura non sia
arrivata al dunque significa delegarle compiti
ultimativi e non poter dire più nulla quando essa
arriva a certe conclusioni.
  Sto dicendo delle cose banali, scusatemi,
colleghi, ma vedo che periodicamente questi problemi
risorgono. Ha ragione il collega Tripodi a dire che
di
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queste cose non dovremmo più discutere, ma
evidentemente esse sono scottanti e finiscono per
risorgere anche a livello metodologico.
Il nostro compito è anche quello (che si può
svolgere con
maggior o minor discrezione, riuscendo più o meno
bene a portarlo a termine) di informare il
Parlamento ed il paese di quali siano gli stati
d'animo e i giudizi dell'opinione pubblica. Se,
arrivando in un paese o in una città, dei
parlamentari si sentono dire da autorità locali, da
sindacati e da altri che in quel luogo esiste una
situazione gravissima, che esistono fenomeni di
infiltrazione nel mondo politico, bisogna allora
mancare d'informare, non cercare di capire quanto è
stato detto (esercitando naturalmente un filtro) né
registrare questi fatti?
Nella relazione in esame molte cose sono date nella
forma
del riferire di giudizi e stati d'animo, espressioni
e testimonianze delle istituzioni e della società
civile. Sappiamo che, andando a parlare con il
maresciallo dei carabinieri, egli non ci dice certe
cose, ma comprendiamo dalla sua espressione che
vuole segnalarci il fatto che nel paese in cui opera
c'è una situazione alla quale sarebbe bene che
qualcuno mettesse mano.
  Questo ci porta evidentemente al rischio di creare
un'atmosfera che coinvolge un po' tutti. Ebbene
questo rischio esiste, ma, se non lo si corre, uno
degli effetti, purtroppo penoso, di simili
individuazioni di carattere generale... Il passo
della relazione citato dal collega Sorice è
certamente grave nella sua consistenza: "il livello
è più alto e va ricercato nei collegamenti che
questa società ha con il mondo politico, con le
amministrazioni pubbliche, con l'imprenditoria, con
i professionisti e la magistratura". Ebbene, ciò non
si può interpretare nel senso che tutti i settori
della vita istituzionale e civile sono coinvolti;
sono invece indicate delle aree di ricerca e si vuol
dire che è probabile e plausibile che, se si mettono
le mani approfonditamente in senso inquisitorio in
questi settori, si troveranno dei collegamenti. Non
è detto, ma è probabile ed è una cosa che qui tutti
dicono; è una percezione politica.
Dico sempre in proposito che quello delle
Commissioni
politiche assomiglia molto più al giudizio che gli
storici danno degli eventi quando sono mal
documentati; c'è cioè una ricostruzione
intellettuale del fatto, una plausibilità raggiunta
attraverso l'induzione, l'analisi, che è poi una
responsabilità morale di chi la mette in funzione.
Vi è quindi effettivamente un problema di
discrezione,
però il principio fondamentale è che questa non è
una Commissione d'inchiesta come potevano essere, ad
esempio, quelle sulla miseria e sulla disoccupazione
- anche quelle, tra l'altro, sarebbero state inutili
perché vi erano i dati dell'ufficio centrale di
statistica per comprendere certi fenomeni - che
erano più che altro commissioni d'inchiesta, di
studio, a contenuto molto oggettivo, anche se poi
individuavano i processi di formazione di questi
fenomeni negativi, cosa che evidentemente le analisi
puramente statistiche non possono fare.
  C'erano anche lì processi di ricostruzione, ma
questi non sono negativi, sono procedure positive,
giuste. Naturalmente poi si tratta di vedere qual è
la situazione ed è per questo che non entro nel
merito di quanto è stato detto; se però vi è
qualcosa che non possiamo accettare, è proprio il
principio di delegare le nostre funzioni di analisi
politica, di ricerca, di audizione dell'opinione
pubblica, delle istituzioni. Dobbiamo individuare le
grandi aree di sospetto sociale, non per dare un
giudizio da tribunale del popolo, ma per mettere in
allarme e per creare un risultato. Dobbiamo ottenere
un risultato ed in realtà, se riflettete bene, lo
abbiamo spesso ottenuto come Commissione
d'inchiesta, ma più in generale con questa specie di
"autocommissione" d'inchiesta che si è generata in
Italia, questo paese che si è fatto esso stesso
commissione d'inchiesta su se stesso, la cosiddetta
Tangentopoli, eccetera.
Cosa abbiamo provocato? Certamente una crisi molto
grave,
o per meglio dire,
Pag.2819
la constatazione che la crisi era in atto, il che
naturalmente l'ha accentuata, l'ha messa in
evidenza, ma abbiamo anche provocato in moltissimi
ambienti politici, imprenditoriali, nella
magistratura, eccetera, la consapevolezza che, se si
dice qui che questo determinato mondo è sospettabile
lo si dice a livello autorevole, le persone non
sospettabili, gli ambienti non sospettabili di quel
mondo cominciano a cercare di distinguersi. In una
qualche misura si tratta di creare le condizioni per
le quali succede che chi non c'entra nulla protesta
e si chiede perché debba scontare sulla propria
pelle i sospetti che nascono giustamente perché
altri fanno certe cose. Questo - lo abbiamo visto -
si verifica nei partiti politici, nei sindacati,
nelle istituzioni ed è una delle conseguenze del
momento inquisitorio della organizzazione politico-
istituzionale: costringere la gente a prendere
posizione.
  In questo - si dice - vi sono dei pericoli. Lo so,
colleghi, ma questa non è una azione senza pericoli.
Nessuna azione che si verifichi su una realtà
pericolosa è essa stessa senza pericolo: pericolo di
sbagliare, di colpire, di creare situazioni
sgradevoli.
  Tutti dobbiamo però renderci conto che se non si
affronta questo problema, che è anche il rischio di
errare, allora conviene direttamente abbandonare;
siccome questo non è possibile, non va fatto, credo
che questa impostazione, che poi naturalmente si può
sempre discutere nei dettagli, sia quella giusta;
non c'è n'è un'altra. L'altra è la rinunzia alle
funzioni delle Commissioni d'inchiesta; infatti,
molti sostengono che sono inutili o addirittura
dannose, ma questa è una tesi che non abbiamo
accolto e che il Parlamento non ha fatto propria.
 PRESIDENTE. Il seguito della discussione generale
sulla relazione del senatore Robol, la replica del
relatore e l'esame di emendamenti e l'eventuale
votazione sono rinviati alla prossima seduta, che si
terrà il 1^ ottobre alle 9,30.
All'ordine del giorno di tale seduta, come già
deciso, vi
sarà anche, al secondo punto, la discussione e la
votazione finale della relazione annuale, ma
considerato il numero degli iscritti e il tempo
necessario per la replica del relatore e le
dichiarazioni di voto, dubito che si potrà
rispettare tale previsione.
  Desidero infine ricordare i prossimi appuntamenti
in relazione alla conclusione del lavoro sugli
insediamenti mafiosi in aree non tradizionali: a
parte quello di Bologna fissato per lunedì e martedì
prossimo, sono previsti sopralluoghi in Abruzzo,
Lombardia e Basilicata. Per quanto riguarda
l'Abruzzo, la visita avverrà nei giorni 1 e 2
ottobre; la partenza per l'Aquila è prevista nel
pomeriggio del 1^ ottobre, al termine della seduta
della Commissione.
Questa è la previsione...
 GIOVANNI FERRARA SALUTE. Un po' pesante.
 PRESIDENTE. ... un po' pesante - osserva
giustamente il
senatore Ferrara - dei nostri lavori.
 GIOVANNI FERRARA SALUTE. Che notoriamente non è uno
stakanovista.
 PRESIDENTE. Qui invece prevale, senatore Ferrara,
la tendenza stakanovista o sacrificale.
Non essendovi obiezioni, rimane stabilito il
programma
comunicato.
(Così rimane stabilito).
La seduta termina alle 11,20.

 


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