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Violante: seduta 78
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        AUDIZIONE DEL GENERALE MARIO DE SENA
        AUDIZIONE DEL SENATORE ANTONIO GAVA
      PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione del generale Mario De Sena:
Violante Luciano, Presidente ........ 3265, 3267, 3269, 3271
                                                        3272
Abbate Fabrizio ....................................... 3269
Brutti Massimo .................................. 3270, 3271
Butini Ivo ............................................ 3268
Cappuzzo Umberto ...................................... 3267
D'Amelio Saverio ................................ 3269, 3271
De Sena Mario, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri ............................... 3265, 3267, 3268
                                      3269, 3270, 3271, 3272
Matteoli Altero ....................................... 3271
Sorice Vincenzo ....................................... 3267
Audizione del senatore Antonio Gava:
Violante Luciano, Presidente ........ 3272, 3277, 3278, 3279
                                                  3280, 3281
Brutti Massimo .................................. 3280, 3281
D'Amato Carlo ......................................... 3279
D'Amelio Saverio ...................................... 3272
Gava Antonio ............ 3272, 3277, 3278, 3279, 3280, 3281
Sorice Vincenzo ....................................... 3278
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente .................... 3281, 3282
Butini Ivo ............................................ 3282
Cabras Paolo .................................... 3281, 3282
Sorice Vincenzo ....................................... 3282
                        Pag. 3264
                        Pag. 3265
La seduta comincia alle 8,30.
    (La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
         Audizione del generale Mario De Sena.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
generale Mario De Sena, che ha chiesto di essere ascoltato
dalla Commissione.
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Ho chiesto di essere ascoltato da questa
Commissione per dare un contributo alla verità dei fatti che
sono stati enunciati dalla stampa e che riproducono delle
distorsioni, che credo non siano tali da poter essere
considerate fatti veri.
   Ho preparato una memoria (comprensiva di allegati) che
lascerò agli atti. Tale memoria, che leggerò, accompagna ed
integra l'audizione cortesemente disposta, su mia richiesta,
da codesta autorevole Commissione; essa ha il solo fine di
porre a disposizione del signor presidente e dei signori
commissari gli elementi di fatto utili a determinare la verità
storica su comportamenti che, come risulta dalla stampa
quotidiana, mi verrebbero attribuiti nella bozza della
"proposta di relazione sulla camorra".
   Mi è stata maliziosamente e strumentalmente attribuita, in
relazione alla mia candidatura e successiva nomina a sindaco
di Nola nel 1989, una partecipazione attiva alla vita politica
e di partito che, al contrario, non ho mai perseguito.
   Come risulta dal mio curriculum vitae (allegato 1),
dal 1941 al 1987, il mio impegno è stato dedicato al servizio
nell'Arma dei carabinieri, senza altri coinvolgimenti, di
alcun tipo; successivamente sono stato nominato presidente
della Società italiana per condotte d'acqua, al cui
risanamento mi sono dedicato nei limiti del mio mandato di
presidente del consiglio di amministrazione.
   L'attività di lavoro mi ha completamente assorbito e
gratificato. Dunque, così, non ho trovato o saputo trovare -
se si preferisce -, il tempo ed il modo di dedicarmi ad
attività politiche.
   D'altra parte, anche la mia candidatura a sindaco di Nola
non fu in alcun modo frutto di militanza politica ma, ritengo,
collegata appunto alla mia estraneità alla politica stessa,
oltre che alla tradizione familiare (mio padre e mio nonno
avevano ricoperto lo stesso ufficio molti anni addietro) e al
mio modesto successo nella vita militare.
   In verità, per quanto è a mia conoscenza, la mia
candidatura a sindaco appare tutt'altro che preordinata o
pianificata, se è vero, come è vero, che la proposta mi venne
avanzata solo il giorno precedente a quello di scadenza del
termine per la presentazione delle liste elettorali. Il giorno
detto ricevetti una rappresentanza di esponenti locali della
democrazia cristiana, che mi chiese con insistenza di
accettare, in virtù della tradizione familiare ricordata, la
candidatura a sindaco. Obiettai che non avrei potuto dedicare
il tempo necessario a gestire un così delicato incarico, a
causa degli altri impegni che mi trattenevano a Roma, mia
città di residenza. Mi fu assicurato che il mio compito
avrebbe avuto un rilievo non politico ma squisitamente
amministrativo e che sarebbe consistito nel coordinare il
lavoro degli
                        Pag. 3266
assessori, ma soprattutto che la mia persona, considerata
giustamente al di sopra delle parti, avrebbe consentito di
comporre la litigiosità fra i rappresentanti delle correnti di
partito - che aveva portato allo scioglimento del consiglio
comunale - e quindi di assicurare il funzionamento, in
condizioni di trasparenza e legittimità, della giunta. Per
inciso, negli ultimi quattro anni, si erano avvicendati alla
carica ben sei sindaci.
   Pressato dai tempi brevi concessimi per la decisione, non
ebbi il tempo di ponderare l'impegno che andavo ad assumere e,
spinto dai sentimenti e dalla volontà di potermi rendere utile
alla città in cui ero nato, accettai la candidatura, anche e
soprattutto per spirito di servizio.
   In correlazione alla candidatura a sindaco, mi viene poi
attribuita una frequentazione regolare con i maggiori capi di
camorra e, ancor peggio, si asserisce una mia conferma di tale
fatto.
   Tale ricostruzione è affetta da totale falsità e volontà
persecutoria, in quanto prende le mosse da una mia
dichiarazione spontanea resa il 17 marzo 1992 al pubblico
ministero, dottor Franco Roberti, della procura della
Repubblica presso il tribunale di Napoli.
   Nel corso di tale dichiarazione (allegato 2), feci
presente di aver incontrato nel corso della mia breve campagna
elettorale, nel 1989, tra gli altri e per una sola volta, tal
Francesco Alfieri, successivamente imputato ai sensi
dell'articolo 416-bis del codice penale.
   Ebbi occasione anche di spiegare che, poiché ero lontano
dalla città di Nola ormai dall'agosto del 1941, non conoscevo
la realtà locale e pertanto durante la campagna elettorale,
esperienza per me del tutto nuova, fui guidato da vecchie
conoscenze di famiglia e da esponenti del partito e che, con
questa modalità, venni condotto in alcune abitazioni private,
ove era convenuto un certo numero di elettori, e presso alcuni
parroci per farmi conoscere ed illustrare il mio programma:
l'intervento non durava più di dieci o venti minuti. Una di
queste visite si svolse appunto presso l'abitazione
dell'Alfieri, che non conoscevo e che mi venne presentato come
un imprenditore locale vicino alle posizioni democristiane;
anche lì erano presenti altre dieci o dodici persone.
   Da questa banale vicenda si è fatto discendere la
cosiddetta "frequentazione con capi camorra" e si è
illazionato che la mia nomina a sindaco fosse stata appoggiata
da tali soggetti.
   Ricordato lo scarso interesse che avevo personalmente alla
nomina, mi preme segnalare (vedi allegato 3) che nelle
elezioni io non ebbi il massimo delle preferenze; che le
preferenze ricevute erano per la massima parte individuali;
che nella frazione di Piazzolla, secondo la stampa feudo del
boss Carmine Alfieri e che conta circa 9 mila abitanti, io
ebbi a riportare solo 115 voti, nel totale di otto sezioni,
risultando nella media il quattordicesimo per voti riportati.
   A ciò si aggiunga che nel periodo in cui espletai il
mandato di sindaco la mia attività si svolse tutta
nell'obiettivo principale di risanare la tragica situazione
economica in cui si dibatteva l'amministrazione e che i
provvedimenti adottati in quel periodo non furono certo tali
da dimostrare una ricerca di popolarità. Avevo trovato circa
10 miliardi di debiti fuori bilancio.
   Non dimentico che alcuni argomenti qui accennati sono
stati ripresi, con pedissequa uniformità, anche dal camorrista
Pasquale Galasso. A ciò, oltre che rigettare ogni e qualsiasi
insinuazione formulata nei miei confronti, non posso che
opporre la denunzia (allegato 4) per calunnia presentata nei
confronti dello stesso Galasso il 5 aprile 1993 innanzi il
procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma,
poche ore dopo aver appreso dalla stampa (L'Espresso n.
14, che era uscito tre ore prima) le dichiarazioni del
camorrista.
   Purtroppo, credo che a tutt'oggi la mia denunzia non abbia
ricevuto ancora il beneficio di essere esaminata dalla
magistratura.
   Infine, per chiudere in modo classico un teorema
accusatorio, mi si addebita di
                        Pag. 3267
aver favorito un subappalto della Società italiana per
condotte d'acqua a favore della Fesi s.r.l. e della Movisud,
nella quale ultima avrebbe avuto interessi, tramite suoi
parenti, Francesco Alfieri.
   Ancora una volta la ricostruzione dei fatti è ben diversa
e consiste in una mera segnalazione da me fatta agli uffici
delle Condotte, su richiesta dei responsabili di cantiere, di
tal Ambrosino Luigi, da me conosciuto in occasione di alcuni
periodi di vacanza presso un albergo di Policastro, che si
interessava della Fesi s.r.l. Segnalazione che poi ebbe
seguito con l'effettivo affidamento dei lavori, in
considerazione della circostanza che l'offerta della Fesi era
apparsa agli uffici tecnici ed amministrativi la più
economica.
   Le successive vicende del rapporto Condotte-Fesi non
furono ovviamente da me gestite, in quanto non rientranti nel
mio mandato, ma comportarono, su richiesta fatta dalla Fesi
direttamente ai responsabili di cantiere, un'associazione nel
subappalto della ditta Movisud, alle stesse condizioni
contrattuali.
   Come ho detto in precedenza, questa memoria vuole essere
una mera e sintetica ricostruzione dei fatti a fini di verità
e non contiene, pertanto, allocuzioni difensive, ma deve
essermi consentito il rilievo che nessuno ed in nessun modo ha
mai potuto neanche indicare un mio qualsiasi interesse nelle
vicende in esame. L'insussistenza di tale interesse
costituisce anch'essa verità storica che contrasta con le
mendaci asserzioni o con i voluti stravolgimenti operati
contro di me.
   Alla luce di quanto esposto mi appare corretto chiedere
che la relazione sulla camorra di codesta onorevole
Commissione non ripeta, quasi per assuefazione, generiche e
fumose esposizioni accusatorie di fatti, strumentalmente
travisati, e riconosca la verità di quanto in questa sede ho
rappresentato, e sono disponibile ancora a chiarire.
  PRESIDENTE. Ci sono domande?
  VINCENZO SORICE. Vorrei soltanto sapere come è nata la
sua candidatura, cioè se è stato il senatore Gava a indicarla
come candidato sindaco a Nola.
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. No, nel modo più assoluto. Non ho mai avuto
nessun contatto con il senatore Gava prima della mia
candidatura a sindaco. Il senatore Gava l'ho visto durante il
primo ed unico comizio da me pubblicamente tenuto a Nola,
quando egli venne e mi presentò quale futuro sindaco della
città di Nola. D'altra parte, anche il manifesto elettorale
della democrazia cristiana mi indicava già come sindaco,
qualunque fosse stato il risultato elettorale, tant'è vero che
non fui neppure il più votato.
  PRESIDENTE. Quindi, fu il senatore Gava che la presentò
nel comizio.
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Sì, solo in quella sede vidi...
  UMBERTO CAPPUZZO. Vorrei chiedere al generale De Sena se
effettivamente la camorra abbia capacità di convogliamento di
voti. Egli ha accennato al fatto che, nella zona che era
controllata dall'Alfieri, è riuscito ad avere soltanto una
collocazione al quattordicesimo posto, vale a dire che ha
avuto un centinaio di voti. Nel complesso della città di Nola,
qual è stato l'andamento delle ultime elezioni alle quali lei
ha partecipato?
   L'altra domanda è se nel passato, per la sua attività
professionale, ha mai avuto a che fare con Galasso.
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Per quanto riguarda la capacità elettorale,
devo dire che non mi ero mai interessato di sapere chi mi
avesse votato e come mi avessero votato, in quanto ero così
lontano dalla lotta politica locale - e questa così lontana da
quelle che erano le mie aspirazioni, perché non avevo nessun
altro incentivo, nessun altro motivo politico - che
consideravo come spirito di servizio quanto avevo fatto a
Nola.
                        Pag. 3268
Quindi, non mi interessai di niente. Anzi, nella prima
relazione che feci lo definii per me stesso "un atto di
coraggio", visto che andare a combattere lì non era facile.
   Che la camorra mi abbia votato non è esatto perché in
seguito ho fatto un raffronto tra le elezioni del 1985 e
quelle del 1989. Da un esame obiettivo di questa situazione,
risulta che i voti che ho ricevuto sono stati per la
maggioranza singoli e quasi tutti del centro cittadino. A
danno di chi? A danno dell'estrema destra, che aveva due
consiglieri che non ha più preso, quindi ha perso circa mille
voti.
   Per quanto riguarda la parte della camorra, nelle due
frazioni dove più o meno valeva questa presenza, in
particolare in quella di Piazzolla, sono stato il
quattordicesimo ed ho preso solo 115 voti, contro i 700-800 o
600 degli altri candidati; nella frazione di Pollica, dove fui
accompagnato dallo stesso soggetto che mi accompagnò nel giro
e che non era oltretutto rappresentante di partito ma solo
uomo di famiglia per generazioni (suo padre era figlioccio di
mio padre, lui era figlioccio di mio fratello, quindi era più
una questione famigliare che non politica), rispetto al
candidato locale che ha preso 750 voti, io ne ho presi 22: 19
in una sezione e 3 in un'altra. Come dicevo, lo stesso avvenne
a Piazzolla dove risultai quattordicesimo o quindicesimo. Non
credo quindi di aver avuto da parte di questa camorra nessun
appoggio politico.
  IVO BUTINI. Signor generale, forse lei ha già risposto,
ma vorrei essere certo di poter interpretare un suo passaggio
come risposta alla domanda che ora le pongo. Lei è stato
candidato a Nola, aveva rapporti famigliari tradizionali, in
altre parole la città di Nola per lei nel corso della sua vita
aveva riferimenti precedenti alla sua attività di
amministratore locale: come è nata, quindi, la sua
candidatura? Non le chiedo da chi è venuta. Si è scelto lei
perché qualcuno la conosceva.
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. La mia famiglia a Nola ha una tradizione
ultradecennale, direi quasi secolare. Nel 1903-1904 mio nonno
è stato sindaco e consigliere provinciale del partito; il
fratello di mio nonno, scapolo che viveva con noi in famiglia,
è stato sindaco dal 1910 al 1914; mio padre è stato potestà di
Nola, mi pare dal 1936 al 1940, quando è morto mentre era
potestà; possedevamo una clinica privata. Mio zio, fratello di
mio padre, eroe della prima guerra mondiale, superdecorato, ha
a Nola un circolo intestato a suo nome ed una strada
inaugurata a suo nome. Questo eroe è stato sublimato in tutto
perché era davvero un eroe: cinque medaglie al valore militare
nella guerra del 1915-1918 in cui è morto. Per inciso, il suo
aiutante di campo era Gronchi, l'allora tenente Gronchi che
poi portò questo anello, che io ho l'onore di portare al dito,
e che consegnò alla nonna. Questi sono i sentimenti cui sono
stato educato, questo è il clima della mia educazione.
   Alla fine della mia carriera sono stato invitato a Nola in
varie manifestazioni ed in una di queste il consiglio comunale
mi regalò una pergamena ed una medaglia d'oro. Qualcuno dei
maggiorenti del paese mi disse: perché lei, adesso che ha
lasciato il servizio, non viene un po' a gestire, come i suoi
avi, l'amministrazione di Nola non troppo chiara? Io risposi:
no, non ho tempo. Insomma, lasciai cadare la cosa. Dopodiché
vi fu la gestione commissariale e non si riusciva a trovare
nelle beghe locali e tra di loro chi dovesse fare il sindaco,
così fui invitato a fare questo sacrificio. Chiedo scusa, ma
per me era un sacrificio: vivendo a Roma, mi alzavo la mattina
alle sei-sei e mezza, ad ore antelucane, andavo giù a Nola,
facevo il sindaco ed alle due del pomeriggio rientravo a Roma.
Non è stata una vita molto semplice in quegli anni, ma l'ho
fatta con amore per la mia terra. Tutto qui, non è che abbia
fatto nient'altro. Questi sono stati i motivi.
                        Pag. 3269
  FABRIZIO ABBATE. Generale, lei ha fatto riferimento ad un
incontro, debbo ritenere casuale, durante la vicenda
elettorale, nel quale alcuni amici l'hanno condotta in casa
dell'Alfieri. Ha riferito di aver detto al pubblico ministero,
Roberti, della circostanza nella quale lei incontra l'Alfieri.
Ritiene lei, sulla base di una sua valutazione, che quando
riferì al pubblico ministero Roberti dell'accaduto, cioè
dell'incontro occasionale con l'Alfieri, egli conoscesse già
la circostanza?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. No, lo escludo nel modo più assoluto. Egli mi
chiese, tramite il comandante del gruppo dei carabinieri -
così è nata questa discussione - di avere un colloquio
evidentemente sulla situazione locale camorristica, relativa
ad un certa intercettazione telefonica che vi sarebbe stata
fra un certo vigile urbano e l'Alfieri; io avrei dovuto
incontrare questo signore nella sua villa.
  PRESIDENTE. Questo sarebbe il risultato
dell'intercettazione?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Sì, vi fu un'intercettazione telefonica che
poi oltretutto non si è ben capita perché anche nel processo
che si sta svolgendo a Napoli - ed io sono stato lì come
testimone - questo signore non ha saputo dire chi gli aveva
telefonato: prima era il mio autista, poi non era il mio
autista. Insomma, nessun contatto diretto ha avuto con me. Era
una circostanza che io avevo già negato, e questo fu il motivo
per cui mi chiamò. Il verbale dell'interrogatorio inizia in
questo modo: lei conosce Francesco Alfieri? La mia risposta
spontanea, leale come sempre nell'interesse della giustizia, è
stata: sì, conosco Francesco Alfieri per esserci stato portato
durante la campagna elettorale, in un giro vertiginoso. Io non
sapevo: in una sera andai in quattro o cinque abitazioni. Non
sapevo neppure chi fosse. Questa è la verità. Quindi il
sostituto non sapeva di questo episodio, sono stato io a
riferirglielo.
  SAVERIO D'AMELIO. Chi conosce la realtà meridionale, il
modo in cui si fa campagna elettorale, credo che sappia come
sia facile incontrare e stringere mani di gente che magari non
si conosce affatto, la cui identità tanto meno è possibile
accertare in quel vorticoso andare che sono le campagne
elettorali.
   Al di là di questa circostanza che lei ha ben definito e
che io condivido, volevo dire: durante il suo mandato di
sindaco - e so che lei ha fatto diverse opere pubbliche, ha
fatto tanto risanamento di zone, eccetera - ha avuto mai la
sensazione di essere controllato, di essere condizionato nel
suo mandato? Le sono mai giunte richieste particolari per le
quali ha avuto modo di sentire sulla sua azione di sindaco una
presenza ingombrante, oppure no?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Io, per chi mi ha conosciuto, ho un carattere
abbastanza autoritario. Poiché tutta la mia vita è stata al
servizio militare, non potevo certo venire a condizionamenti
con nessuno.
   A Nola, appena arrivai, trovai una situazione, anche sotto
il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica, abbastanza
delicata. A dieci anni dal terremoto, c'era ancora gente che
dormiva in albergo o era in baracche. Quindi, il primo atto fu
di dare a questa gente una situazione dignitosa. Pertanto, la
prima ed unica gara di appalto che feci fu la costruzione di
diciotto appartamenti, con un brevetto Rein, che consente di
effettuare i lavori in dieci-undici mesi. Fu invitata una
ditta di Ascoli Piceno, che deteneva questo brevetto.
   Già questo primo fatto non è che condizionò, ma fui
subbissato di anonimi, di ricorsi al prefetto, al CORECO, a
tutti, perché mi ero permesso di fare una cosa del genere,
violando tutto ciò che era la prassi locale nella
distribuzione delle varie fette clientelari. Siccome, come
dicevo
                        Pag. 3270
 prima, non avevo nessuna aspirazione di carriera politica,
ho camminato per la mia strada, sono andato dritto. Questo,
logicamente, ha determinato un sacco di guai. Sono sempre
stato officiato come un despota; uno addirittura definì la mia
come una "amministrazione asburgica". Forse ignorava di farmi
un elogio perché ho sempre cercato di avere linearità.
   Ovviamente, trovando un comune disastrato e pieno di
debiti, le soluzioni erano due: o dichiarare il fallimento del
comune o rimboccarsi le maniche, per orgoglio e capacità, e
andare avanti. Come andare avanti? Cercando di reperire denaro
dove era possibile. Come? Accertando gli oneri che venivano
elusi: 500 ditte che non esistevano iscritte, per esempio, nei
ruoli di pagamento dei canoni dell'acqua; altre mille ditte
che non risultavano aver pagato l'ICIAP; il raddoppio del
canone del suolo pubblico; l'affissione pubblica. Seguendo
anche i suggerimenti della burocrazia, sulla quale ho sempre
fatto affidamento anche perché la nuova legge n. 142 dava la
responsabilità tecnico-amministrativa ai responsabili, ho
proceduto a denunzie all'autorità giudiziaria anche di qualche
esponente della passata amministrazione, nonché di dipendenti
comunali o di altri, il che logicamente non ha contribuito a
rendermi "simpatico". Non dico altro.
  MASSIMO BRUTTI. Dove ha prestato servizio come generale
dei carabinieri?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. La mia carriera è un po' turbinosa. Ho fatto
23 trasferimenti, ho servito l'Arma dei carabinieri da Merano,
nel 1943, a Catania, nel 1965. Ho comandato la compagnia di
Monfalcone, sempre nel periodo bello, quando l'Italia occupava
Trieste, nel 1951-1954. Insomma, ne ho viste di tutti i
colori. Poi ho comandato la legione di Bari.
  MASSIMO BRUTTI. Lei aveva idea che nelle zone dalle
quali aveva avuto origine la sua famiglia esisteva un
insediamento camorristico, che c'erano dei clan, che c'erano i
capi di tali clan, che c'era una potenza della camorra a Nola
e dintorni? Ne aveva avuto idea come generale dei carabinieri
o ne aveva un'idea come cittadino?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Come no? Altroché! Innanzitutto, la camorra
che io conoscevo era la camorra così chiamata "agricola", cioè
quella dei mediatori che assicuravano, con il loro modo di
agire, la vendita dei prodotti della terra ai tempi di
Pascalone di Nola, tanto per capirci.
   Non sono stato attore, perché non ho mai comandato reparti
in Campania che avessero responsabilità dirette con la
camorra; ho comandato la divisione di Roma, quindi non
studiavo il problema campano, studiavo forse il problema sardo
in quell'epoca.
  MASSIMO BRUTTI. Quando è stato candidato a Nola quali
cautele ha assunto nella campagna elettorale, nella
presentazione della sua candidatura, nei rapporti che ha
stabilito per evitare comunque che vi fossero contatti con
ambienti camorristici?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Ricordo di avere dedicato alla campagna
elettorale soltanto tre o quattro giorni, perché, come si
potrà anche accertare, il giorno 19 presentai la mia
candidatura e il giorno 20 o il 21 partii per Salsomaggiore,
dove mi trattenni dodici giorni. Rientrai a Nola dove rimasi
un sabato e una domenica; andai in Austria per cinque o sei
giorni e ritornai a Nola per fare un giro di campagna
elettorale. Fui accompagnato da esponenti democristiani in un
incontro con alcuni dipendenti di un'impresa ai quali dissi
soltanto (non essendo un politico non ero molto abituato a
parlare in pubblico) che avrei fatto il mio dovere come
amministratore, ma non come politico. Tant'è vero che non ho
mai partecipato, questo per inciso, a nessuna riunione
politica del partito, alle varie
                        Pag. 3271
composizioni che loro usavano fare per quanto riguarda le
correnti.
  MASSIMO BRUTTI. Quindi, ha partecipato ad un solo
comizio, quello con Gava?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Un solo comizio con Gava e poi ho visitato
queste famiglie nella strada dove ero nato, dove ero
conosciuto da tante persone e dove vi erano compagni
d'infanzia. A quella visita di cui si fa cenno fui
accompagnato da un tal Manzi che, come dicevo, era un amico di
famiglia da generazioni. Io ebbi piena fiducia dei luoghi dove
mi portavano e quindi non chiedevo.
  MASSIMO BRUTTI. In sostanza, lei non ha fatto una
campagna elettorale. Si può dire che l'abbiano fatta altri.
Comunque, una campagna elettorale si deve fare per essere
eletti.
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Mi sentivo completamente al di fuori della
vita nolana. Ma poi c'è un motivo molto chiaro: mancavo da
Nola dal 1941. Il mio giro aveva più che altro lo scopo di
farmi vedere fisicamente, perché da dove provenivo e chi ero
lo sapevano tutti!
  MASSIMO BRUTTI. Chi è che lo ha invitato, generale, a
presentarsi come candidato?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Vennero da me che ero appena rientrato da
Parigi, da dove se avessi tardato un giorno a rientrare forse
mi sarei salvato da questa tragedia. Purtroppo, il destino di
un uomo è costruito in un modo molto diverso da quello che
ognuno vorrebbe. Fui invitato dai maggiorenti della democrazia
cristiana della zona, i quali mi offrirono il posto di
capolista e la candidatura a sindaco.
  MASSIMO BRUTTI. Quindi, si dava per scontato che lei
diventasse sindaco!
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Era nel manifesto elettorale.
  PRESIDENTE. Dirigenti di Nola?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Sì, dirigenti di Nola; il segretario
cittadino...
  SAVERIO D'AMELIO. Avete anticipato la riforma?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Anticipai la riforma.
  ALTERO MATTEOLI. Si è chiesto perché è stato coinvolto
in questa vicenda di camorristi? Lei ha fornito una versione
molto distaccata della sua presenza a Nola, ha detto che è
stato tanti anni senza andarci. Come si spiega il fatto che
camorristi pentiti l'abbiano coinvolta così pesantemente,
sempre che dicano la verità?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Sempre che dicano la verità! Questa è la cosa
più importante da chiarire! Ho già sporto una denuncia per
calunnia e credo che l'avvocato Vassalli abbia già presentato
più di dieci citazioni contro la stampa per risarcimento
danni.
   Ho subito un linciaggio morale più unico che raro nella
storia politica, peraltro in danno di un politico così
piccolo, come il sottoscritto! Il motivo era molto semplice:
che un generale dei carabinieri, che ha svolto tutta la sua
carriera con onestà e lealtà, che ha servito il paese in
guerra e in pace per quarantasette anni, possa essere amico
della camorra, fa titolo sui giornali. Quindi, la stampa ha
fatto scempio, al punto che il giorno in cui mi dimisi (lo
stesso giorno fu arrestato Alfieri) si scrisse che appunto mi
ero dimesso perché avevo
                        Pag. 3272
perduto il mio protettore. Cosa completamente falsa, perché
la mia decisione di dimettermi era dell'inizio di agosto.
Ricordo che fui pregato di rinviare le mie dimissioni dopo le
ferie estive per non turbare, si disse, l'equilibrio politico
locale. Il 6 settembre ufficialmente e pubblicamente dichiarai
al senatore Meo, nonché al segretario cittadino e al
capogruppo consiliare della democrazia cristiana, che il
giorno dopo mi sarei dimesso recandomi a Nola. Tale
comunicazione fu fatta anche al segretario comunale il giorno
7; ricordo che fui pregato di soprassedere per tre giorni per
fare (la parola usata fu questa) dei passaggi politici. Non
capii a cosa si alludesse. Tuttavia, il giorno 10 presentai le
mie dimissioni da sindaco e da consigliere e, non sapendo a
chi indirizzarle, il giorno successivo, arrivato alle ore 8 a
Nola, lo chiesi al segretario. Mi rispose che andavano
indirizzate a lui ed io dopo aver scritto il suo nome gli
consegnai le mie dimissioni. Tutto qui. Dopo di ciò è venuta
fuori tutta l'ira di dio!
  PRESIDENTE. Nella sua memoria, a pagina 2, lei scrive
tra virgolette di "una frequentazione regolare con i maggiori
capi di camorra".
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. E' scritto sulla stampa: su la
Repubblica.
  PRESIDENTE. La frase non appartiene alla sua relazione?
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. No! E' stata pubblicata su la
Repubblica, che riporta stralci di quella relazione.
  PRESIDENTE. Comunque, le daremo copia della proposta di
relazione.
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Questa frase iniziale scritta nella mia
istanza è stata riportata dal giornale la Repubblica.
  PRESIDENTE. Per sua tranquillità deve sapere che nella
proposta di relazione non esiste questa frase.
  MARIO DE SENA, Generale a riposo dell'Arma dei
carabinieri. Sì, lo so, ma io ho letto solo quella parte.
  PRESIDENTE. Se non ci sono altre domande, ringrazio il
generale De Sena.
   (Il generale De Sena è accompagnato fuori dall'aula -
Entra in aula il senatore Gava).
           Audizione del senatore Antonio Gava.
  PRESIDENTE. Senatore Gava, lei ha chiesto di essere
ascoltato dalla Commissione. Pertanto, le do la parola.
  ANTONIO GAVA. Onorevole presidente, onorevoli colleghi,
desidero per prima cosa ringraziare l'ufficio di presidenza e
in generale la Commissione per avere accolto la mia richiesta
di essere ascoltato, motivata da ciò che era stato detto in
Commissione sul problema concernente il fenomeno della
criminalità organizzata, della camorra, in modo particolare in
Campania.
   Vorrei dire in via preliminare che avevo predisposto una
relazione, ma nonostante la nottata, non sono riuscito a
mettere per iscritto tutto il materiale che avevo preparato;
pertanto, mi riservo di far pervenire alla Commissione entro
lunedì la relazione scritta, mentre adesso mi limiterei ad una
relazione orale, salvo il completamento al quale tengo in modo
particolare, avendo studiato soprattutto lo schema di proposta
conclusiva.
  SAVERIO D'AMELIO. Vorrei sapere se siamo in seduta
pubblica con la ripresa televisiva diretta.
  PRESIDENTE. Certo!
  ANTONIO GAVA. Desidero rappresentare che la proposta di
relazione, per quanto riguarda in modo particolare la mia
posizione, con il fine apparente di volere individuare
responsabilità politiche,
                        Pag. 3273
senza fornire alcun elemento a supporto della loro
fondatezza o dei loro collegamenti con me, assume come certi
fatti che potrebbero acquistare anche rilevanza penale, avendo
però ben operato la distinzione tra la responsabilità di
questa onorevole Commissione e la differenza, che è stata ben
sottolineata nell'ambito della relazione, tra l'esame dei
fatti dal punto di vista delle responsabilità giuridiche e
l'esame dal punto di vista delle responsabilità politiche,
sulle quali soltanto, si ripete, è competente la Commissione.
   Devo dire, per lo meno così a me è apparso, che si è
comunque costruito un teorema secondo cui il presunto legame
con esponenti della camorra in particolare di alcuni
amministratori o politici locali, solo per la loro
appartenenza alla corrente politica di cui fui uno dei
leader (questa corrente politica come tale, tutti lo
sanno, non esiste più da tempo) lo determinerebbe una mia
responsabilità per i loro comportamenti. In sostanza, avrei
responsabilità per i comportamenti tenuti da elementi che a
suo tempo appartenevano alla posizione politica che io
rappresentavo all'interno del partito.
   In proposito, devo innanzitutto rilevare che non è provata
l'appartenenza alla camorra delle persone che si assume a me
legate (per alcune non è nemmeno vero e lo potrò poi
comprovare), ma soprattutto non è indicato - questo è il dato
importante - alcun fatto illecito commesso - ove ne siano
stati commessi - con la mia partecipazione diretta o
indiretta. Devo dare atto che nella maggioranza dei casi,
nella quasi totalità dei fatti, si parla di soggetti i quali
apparterrebbero alla corrente dorotea o gavianea, secondo la
denominazione che è stata data di volta in volta.
   Non è stato indicato - dicevo - alcun fatto illecito
commesso, ove ne siano stati commessi, con la mia
partecipazione diretta o indiretta.
   Se la responsabilità politica deve essere "rigorosamente
accertata sulla base dei fatti specifici" come ritiene la
relazione nella sua introduzione, appare evidente l'erroneità
del sillogismo secondo cui la condivisione delle idee di una
corrente politica da parte di alcuni rende responsabili dei
loro comportamenti i capi della corrente.   Voglio qui
ricordare che in quella che fu la democrazia cristiana (visto
che siamo alla vigilia della costituzione di un nuovo partito)
la corrente della quale io facevo parte e di cui venivo
considerato uno degli esponenti di maggiore portata in campo
nazionale (e non solo nell'ambito napoletano o campano) era
quella con la maggiore libertà, in cui era molto facile
l'entrata e l'uscita ed il cambio di posizione politica anche
secondo le aspirazioni che ciascuno aveva e gli obiettivi che
voleva eventualmente raggiungere.
   Se non fosse come detto prima, si ipotizzerebbe una sorta
di responsabilità oggettiva. Cioè, se di ciò che fanno coloro
che condividono lo stesso modo di vedere all'interno di un
partito dovessero comunque rispondere i maggiori esponenti, si
realizzerebbe una sorta di responsabilità oggettiva, che
potrebbe addossarsi persino ai segretari dei partiti politici
per gli atti compiuti dai loro aderenti su tutto il territorio
nazionale; e ciò, dal mio punto di vista, è risibile perché si
risolve in un ragionamento nel quale non vi è alcun nesso
logico tra premessa e conseguenza.
   Appare poi strano che si evidenzino dichiarazioni da cui
emerge che il mio meccanismo elettorale e di potere politico
si fonda, o si fondava, proprio su una rete di dirigenti
locali, che sono da me sostenuti e che a loro volta mi
sostengono, e che ciascuno di questi dirigenti è essenziale,
perché consente la raccolta del consenso elettorale nella
propria zona di influenza ed un generale controllo della
vicenda amministrativa, quasi che si trattasse di un fatto
illecito e come se il consenso elettorale non si conquistasse
mediante un rapporto con le collettività locali, facendosi
carico dei loro problemi.
   Vorrei precisare che da questo punto di vista nella storia
politica del nostro paese vi è sempre stato - credo - un
raccordo, un rapporto, tra i rappresentanti nazionali, cioè i
parlamentari, e i
                        Pag. 3274
rappresentanti locali. Anzi, devo dire che originariamente
questo raccordo era molto più intenso, perché era inferiore il
potere degli enti locali ed era maggiore il peso dei
parlamentari, specie di quelli nazionali, peso che andò man
mano diminuendo quando si passò all'attuazione
dell'ordinamento regionale e quando poi si arrivò, come siamo
arrivati, per esempio, ad affidare agli enti locali la
realizzazione delle opere pubbliche. Ricordo soprattutto che,
dopo il terremoto del 1980, si è avuta un'ampia discussione
sulla legge che doveva affrontare e risolvere i problemi dal
punto di vista finanziario e tecnico, durante la quale si
sosteneva, da parte di alcuni autorevoli personaggi, che si
sarebbe dovuta costituire un'authority che dovesse
presiedere alla realizzazione del piano di ricostruzione. Vi
fu poi altra parte che sostenne che l'impegno della
ricostruzione doveva essere basato sull'esempio positivo
rappresentato dal Friuli: si doveva affidare direttamente agli
amministratori locali la realizzazione di tutto ciò che
atteneva a questo problema, per cui furono dati incarichi di
gestione, a Napoli, al sindaco e al presidente della regione
campana e poi furono affidati compiti alle amministrazioni
locali, addirittura per l'attribuzione dei contributi che
venivano stanziati per i danni subiti dai cittadini.
   Quindi, sostenere invece che tutto questo sia stato
realizzato soprattutto da chi svolgeva attività parlamentare è
certamente infondato. Per quel che mi riguarda devo per altro
soggiungere che ho avuto la ventura, dal punto di vista
politico e da quello governativo, di svolgere funzioni che non
mi hanno mai condotto ad occuparmi di questi problemi. Perché?
Perché nella mia funzione di ministro (sono stato prima
ministro per i rapporti con il Parlamento, poi ministro delle
poste, successivamente ministro delle finanze e quindi
ministro dell'interno) non ho mai avuto occasione di essere
partecipe, a qualunque livello, o di occuparmi dei problemi
che riguardavano la ricostruzione, considerata invece nella
relazione come un momento di svolta per la crescita della
camorra.
   Ringrazio tutti coloro che hanno studiato bene il problema
della camorra e che ne indicano le date e i momenti -
ringrazio in modo particolare il senatore Brutti che ha svolto
un esame molto accurato da questo punto di vista -; però
vorrei che l'approfondimento da parte di tutti fosse un
tantino più puntuale per esaminare effettivamente il problema,
perché ritenere che la camorra sia sorta praticamente negli
1981-1982 significa distaccarsi completamente da quella che è
stata - purtroppo - una storia negativa, caro Cabras, nel
nostro paese. Vi è stato comunque, in quest'ultimo periodo,
uno sviluppo che è stato giustamente posto in evidenza, che ha
invaso in modo particolare, attraverso la camorra, la mia
regione.
   Si ipotizzerebbe, altrimenti, una sorta di responsabilità
oggettiva che potrebbe addossarsi addirittura, attraverso i
propri aderenti, ai segretari dei partiti. Ho detto che appare
poi strano che si evidenzino dichiarazioni da cui emerge che
il mio meccanismo elettorale, e il mio potere politico si
fondano proprio su una rete di dirigenti locali, che sono da
me sostenuti e che a loro volta mi sostengono. Vorrei capire
una cosa: se si critica che l'azione era svolta, dal punto di
vista politico, insieme ai dirigenti locali (cioè agli
amministratori, ai consiglieri comunali, provinciali e
regionali), ma allora il parlamentare il rapporto dal punto di
vista politico-elettorale con chi lo deve avere? Lo deve avere
forse direttamente con elementi che possono essere pericolosi?
Certo, ci può probabilmente essere, tra gli amministratori,
qualcuno che sia espressione diretta o indiretta del fenomeno
della camorra; ma questo è un fatto nel quale bisogna operare
e contro il quale bisogna combattere. Per quel che mi
riguarda, ho sentito una serie di nomi (adesso ne dirò
qualcuno, non starò ad esaminarli uno per uno, in quanto lo
farò nella relazione che vi farò pervenire): non mi consta
personalmente che alcuno di questi amministratori abbia avuto
delle
                        Pag. 3275
responsabilità dirette di rapporti con la camorra. E debbo
respingere l'affermazione, che talune volte è ripetuta, che vi
era un duplice rapporto: da una parte un rapporto di questi
amministratori con la democrazia cristiana, ed in particolare
con quella parte che fa capo a Gava, e dall'altra parte con il
clan Alfieri. Avevano cioè preceduto il modo di fare del
carissimo ed autorevole collega radicale quando sostenne che
era possibile iscriversi contemporaneamente al proprio partito
e ad un altro?
   Qui si sarebbero cambiate le cose e sarebbe accaduto che
uno poteva contemporaneamente aderire ad un partito politico
ed alla criminalità organizzata. Certo: può essere accaduto,
ed io sono pronto ad esaminare le eventuali denunce - diciamo
così - che possono essere formulate su questo piano e ad
assumermi tutte le mie responsabilità. Però, a me
personalmente questo non risulta e debbo dire che ho avuto poi
un atteggiamento - ma lo dirò alla conclusione - ben diverso
durante tutta la vicenda.
   Si dice: "Ciascuno di questi dirigenti è essenziale perché
consente la raccolta del consenso elettorale nella propria
zona di influenza ed un generale controllo delle vicende
amministrative": ebbene, adesso abbiamo visto, e ci stiamo
giustamente tutti vantando del fatto che sono stati eletti i
sindaci con il nuovo sistema e con votazioni che sono
addirittura plebiscitarie, in cui non vi è certamente
possibilità di controllare se qualcuno abbia votato in un modo
o in un altro. E mentre bisogna essere capaci di individuare
le eventuali responsabilità dei singoli, saperli perseguire e
saperli respingere, non si può considerare il rapporto con gli
amministratori locali quasi si trattasse di un fatto illecito,
mentre non è un fatto illecito. Credo sia importante che, dal
punto di vista politico, vi sia nel paese un rapporto tra le
rappresentanze dei vari settori; anzi, vi è addirittura una
richiesta nostra, dei parlamentari, di avere una maggiore
influenza poiché questa stessa influenza è venuta diminuendo
con il sistema che abbiamo portato innanzi. Non si tratta di
un fatto illecito, come se il consenso elettorale non si
conquistasse mediante un rapporto con le collettività locali,
facendosi carico dei loro problemi. Quando parlo delle
collettività locali intendo parlare di tutto, perché in città
come Roma e Napoli la collettività non è soltanto il comune ma
è complessivamente la rappresentanza della società civile.
   Ritengo che tutti i parlamentari, e tra essi i qui
presenti, intrattengano abitualmente, come è dovere di chi è
eletto, simili rapporti, che servono soprattutto ad evitare
proprio il rapporto clientelare; infatti, se si elimina questo
tipo di rapporto, non può che sopraggiungere il rapporto
clientelare con i singoli elettori per acquisire informazioni
sui problemi delle collettività locali per concorrere alla
loro soluzione.
   Se il sillogismo proposto nella relazione fosse esatto e
preciso, bisognerebbe avvertire chiunque si presentasse alle
elezioni, ad esempio nella circoscrizione Napoli-Caserta, che
la propria elezione, se preparata anche mediante contatti con
amministratori ed esponenti politici locali, equivarrebbe ad
associarsi alla camorra. In certi casi questo è vero, in certi
casi ci sono amministratori collegati alla camorra, ma bisogna
saperli individuare e denunziare, non con ciò arrivare alla
conclusione che non si devono avere rapporti con gli
amministratori locali.
   Il discorso andrebbe naturalmente esteso a tutte le
circoscrizioni in cui si riscontrasse la presenza di
organizzazioni criminali o addirittura a tutte le
circoscrizioni ed i collegi elettorali, perché, con il sistema
qui seguito, si potrebbe sempre teorizzare che il sostegno del
parlamentare ai politici locali e quello dei politici locali
ai parlamentari, costituisce uno scambio di favori;
addirittura diverrebbe uno scambio di favori anche il rapporto
tra coloro che operano in termini giusti di rappresentanza
degli interessi locali con coloro che operano in campo
nazionale.
   E' appena il caso di aggiungere che si afferma un mio
particolare interesse elettorale
                        Pag. 3276
 per alcuni comuni, in particolare Sant'Antonio Abate e
Poggiomarino, al fine di ottenere voti: si tratta di due
comuni nei quali ho iniziato - ma in particolare a
Castellammare di Stabia - la mia attività politica. E l'ho
iniziata in una città nella quale, nelle prime elezioni
amministrative, il fronte popolare ottenne 20 mila voti e la
democrazia cristiana 5 mila; quindi sono stato e ho vissuto in
una città dove vi era un forte partito comunista, il quale
aveva dato prova della sua capacità politica, accogliendo
senza applausi nel cantiere navale di Castellammare di Stabia
la presenza di Mussolini e conducendo una battaglia politica
con i democratici cristiani che appartenevano al vecchio
partito popolare, che erano stati antifascisti, come qui
qualche collega ha autorevolmente ricordato, e che, insieme ai
comunisti, erano rimasti antifascisti durante tutti i 20 anni,
con battaglie politiche di grande rilevanza ed esclusivamente
di carattere politico. Quindi è chiaro che vi è un sentimento
particolare. Vorrei porre una domanda: la relazione,
presidente, lascia pensare che avrei fatto chissà cosa per
prendere i voti di Sant'Antonio Abate e di Poggiomarino,
perché diversamente forse non sarei stato eletto: ebbene,
voglio ricordare che ho tenuto campagne elettorali sia come
consigliere regionale sia come deputato (non parlo poi
ultimamente come senatore, perché sono stato eletto nel
collegio di Benevento, e ringrazio in modo particolare l'amico
Mastella per l'accoglienza e la solidarietà che in quella
circostanza mi sono state offerte). Dunque, con la perdita di
questo consenso io avrei perso chissà che cosa! In tutta la
relazione si parla di una decina di piccoli comuni che,
rispetto a quello che è il collegio elettorale Napoli-Caserta,
non possono certamente avere il ruolo che viene indicato.
   Si dice che avrei fatto chissà cosa per ottenere i voti di
"Sant'Antonio Abate e Poggiomarino, e ciò senza tenere in
alcun conto che tali comuni fanno parte del collegio
elettorale in cui mio padre, fin dal 1948, data che precede di
molto le indicazioni temporali della relazione circa gli
sviluppi della camorra, per circa trent'anni è stato senatore,
eletto con ampia messe di voti, e che, avendo io sempre
ottenuto un numero di preferenze notevole fin dalle elezioni
al consiglio regionale del 1972 (nel corso delle quali ne
conquistai 107 mila), non ho mai avuto alcun interesse o
bisogno di ricorrere ad illeciti, a cui non sarei comunque mai
ricorso anche a costo di non essere eletto, per conquistare
poche migliaia di voti - tanti ne davano quei comuni -
assolutamente irrilevanti ai fini del mio risultato
elettorale.
   Ho chiesto di essere ascoltato perché, come ho fatto
nell'aula del Senato, al quale mi onoro di appartenere,
intendo pubblicamente respingere innanzi a codesta onorevole
Commissione le accuse infamanti ed assolutamente infondate che
mi vengono rivolte; e ciò con lo sdegno che mi deriva dalla
profonda convinzione di non essere venuto meno, in nessun
momento della mia vita di cittadino e di parlamentare, ai miei
doveri ed ancor più mi deriva dalla serenità della mia
coscienza, alla quale - prima che ad ogni altro - ritengo di
dover rispondere.
   Credo di aver dato ampia prova, in un lungo periodo di
milizia politica e parlamentare, della mia dedizione e della
mia fedeltà alle istituzioni democratiche, alle quali mi lega
la profonda convinzione che esse rappresentino il vero ed
insostituibile baluardo della difesa della libertà e della
giustizia; ed amo sperare che la conoscenza diretta che molti
di voi hanno del mio comportamento e dell'opera svolta in
qualità di ministro dell'interno, a riprova della quale
indicherò un elenco delle iniziative legislative da me assunte
nella lotta contro la malavita organizzata e non, vi porti a
valutare le questioni sottoposte alla vostra attenzione con
serena obiettività, al fine di rendere giustizia non tanto a
me quanto alla verità. Non leggerò l'elenco dei provvedimenti
ma entro un paio di giorni vi presenterò una relazione che lo
conterrà.
   Sarei in grado di parlare ancora di altri problemi, che
attengono per esempio
                        Pag. 3277
all'ipotesi di riunioni e di personaggi che sarebbero stati
miei amici: ogni volta si parla di una persona - per la
verità, con lealtà, debbo riconoscere -; non è che si dica:
questo è colpevole perché Gava ha... No, si dice: ha
realizzato questo dato di fatto e appartiene alla corrente di
Gava. Più volte, addirittura in qualche caso due volte in uno
stesso paragrafo, viene fatto questo richiamo all'appartenenza
alla corrente. Per alcuni non è esatto neanche questo; si
parla anche di riunioni che non sono state effettuate. Sono
quindi in grado di fornire le indicazioni sui singoli fatti.
Debbo dare atto dello sforzo compiuto dalla Commissione di
discutere della responsabilità politica piuttosto che di
confonderla con altri tipi di responsabilità... perché è
difficile fissare i limiti esatti in materia; ricordo di
essermi laureato con il professor Tesauro svolgendo una tesi
sul tema dell'inchiesta parlamentare: operare l'esatta
distinzione tra la responsabilità penale e quella di carattere
politico, alla quale giustamente voi vi volete richiamare, non
rende possibile l'affermazione che vi sia una responsabilità
politica da parte mia.
   Voglio soggiungere una cosa, e lo dico anche dinanzi a
qualche amico napoletano: vi ringrazio, perché sono
responsabile di tutto, perché a Napoli avrei fatto tutto da
solo, perché avrei realizzato alcune cose. Ma come è possibile
tutto ciò in una regione nella quale, a prescindere dai guai e
dalle cose fatte, vi è una presenza politica così massiccia e
così importante che certamente mi sembrerebbe...? Non è che io
non voglia che si riscontrino le responsabilità e,
soprattutto, diciamo così, le strutture nelle quali si opera
nella nostra regione e che possano venire i suggerimenti
necessari per operare un cambiamento e per portare sulla
strada giusta alla quale noi ci ispiriamo anche la regione
Campania. Ve lo dico, se mi consentite, in un momento nel
quale personalmente seguo le indicazioni che vengono dal mio
partito, e colgo l'occasione per dirlo in questa riunione: da
quando si è ipotizzata nei miei confronti una qualche
responsabilità di questo genere, il che mi ha profondamente
amareggiato e turbato, mi sono dimesso da tutte le cariche
pubbliche che ho ricoperto e praticamente ho accolto l'invito
proveniente anche dal mio movimento politico ad operare un
rinnovamento nel nostro paese nella prossima consultazione
elettorale. Sarò certamente uno di quelli che contribuiranno,
per quel che riguarda il mio movimento politico, alla
rinascita ed al superamento di questa situazione difficile di
crisi che stiamo attraversando, facendolo da cittadino, avendo
svolto per lungo tempo la mia funzione politica e avendolo
fatto con serenità e con serietà.
   Per il resto, sono disponibile - lo dissi già al
presidente - a rispondere alle domande che mi possono essere
rivolte, dicendo soltanto una cosa: probabilmente potrò
rispondere ad ogni domanda che mi verrà posta, ma potrebbe
farlo qualche commissario con capacità maggiori delle mie - e
questo è nell'ordine naturale delle cose.
   In questa ipotesi, se non avessi gli elementi necessari
per rispondere, lo farei con la documentazione che presenterò.
Conto però di poter rispondere a tutte le domande.
   Concludo ringraziando per la cortesia con la quale avete
accettato la mia proposta di venire in Commissione. Credo che
in futuro dovrete discutere di un fatto: quando in questa
Commissione si dibatte in particolare di "soggetti", ebbene
questi perlomeno devono avere il diritto di essere convocati
per rispondere. Diversamente - scusate la battuta - è più
importante Galasso di qualsiasi autorevole parlamentare!
  PRESIDENTE. Senatore Gava, invierà la sua relazione
nella giornata di lunedì?
  ANTONIO GAVA. Sì, l'ho quasi completata e la farò avere
alla Commissione.
  PRESIDENTE. Chiede di essere ascoltato ulteriormente?
  ANTONIO GAVA. No. Se ad una domanda non fossi in grado
di rispondere immediatamente, lo farò con la relazione.
                        Pag. 3278
  PRESIDENTE. I colleghi intendono rivolgere domande?
  VINCENZO SORICE. Vorrei avere talune precisazioni alla
luce della relazione esposta che, di per sé, chiarisce alcuni
problemi. Specificatamente vorrei conoscere dal senatore Gava
il ruolo rivestito dal dottor Criscuolo, per quanto concerne
il sequestro Cirillo. Dalla relazione e dagli atti in nostro
possesso emerge che il dottor Criscuolo ha ricevuto una specie
di delega da parte sua per poter operare direttamente, o
indirettamente, nella trattativa per la liberazione di
Cirillo.
   Vorrei anche sapere dal senatore Gava se ha notizia -
ovviamente è passato molto tempo - circa la famosa riunione
tenutasi nella villa di Casamarciano tra Francesco Alfieri e
cinque sindaci, tutti appartenenti (si dice) alla corrente
dell'onorevole Gava. Vorrei sapere se lei ha degli elementi da
fornire alla luce della esposizione.
   Inoltre, dalla relazione e dalle notizie fornite dai
pentiti emerge un particolare rapporto tra Antonino D'Auria e
D'Antuono: pare che il D'Auria - incriminato per alcuni reati
- avesse un'influenza notevole sui comportamenti del senatore
Gava (tant'è che ha sostituito lo stesso D'Antuono in questo
rapporto di "incidenza") e che, in quanto segretario del
senatore Gava, fosse specificamente impegnato in un'azione
politica a Sant'Antonio Abate. Potremmo aggiungere una
considerazione, ma ci riserviamo di farla una volta esaminata
la documentazione presentata, concernente il rapporto
operativo tra gli amministratori facenti capo alla corrente di
Gava e lo stesso senatore Gava, il quale appare come
l'organizzatore dell'attività all'interno della corrente.
   Passo ora all'ultima osservazione, che potrà essere
oggetto di attenzione nel momento in cui verrà trasmessa la
relazione annunciata. Si sente sempre parlare di corrente
dell'onorevole Antonio Gava e di suoi aderenti. Bisogna essere
precisi perché l'appartenenza ad una corrente, secondo la
prassi politica, si determina allorché vi sono liste e
congressi: in altre parole, una persona aderendo ad una lista
fa parte della corrente. Dunque è un problema di ambiente
politico. Tuttavia un fatto mi lascia particolarmente
perplesso e riguarda l'episodio del Banco di Napoli, peraltro
citato anche nella sentenza della Corte d'appello del 2
dicembre 1992 con cui il Di Maro e Di Somma Raffaele sono
stati assolti sia per il reato di associazione a delinquere di
stampo mafioso sia per quello di concorso in peculato per
distrazione. Quando si dice che un funzionario, un impiegato,
un imprenditore, appartiene alla corrente di Gava, come
avviene il rapporto? Più che parlare di appartenenti alla
corrente di Gava si può dire amico dell'onorevole Gava, perciò
vorrei capire la differenza tra "appartenente alla corrente" e
"amico" sul piano dei rapporti operativi.
  ANTONIO GAVA. Per quanto riguarda il sequestro Cirillo,
e in modo particolare l'interessamento al fatto nei primi
giorni, come è risultato dalle dichiarazioni di Parisi - si
parla comunque di eventi risalenti a quindici anni or sono per
cui è evidente che oggi la conoscenza è di gran lunga diversa
rispetto all'inizio - si dice che il Criscuolo sarebbe stato
delegato oltre che dal suo capo (all'epoca era Parisi in
quanto dirigeva il SISDE), anche da Antonio Gava. Mi rivolgo
una prima domanda: Antonio Gava, che in quel momento era capo
della segreteria politica del segretario Piccoli (durante la
vicenda Cirillo sono stato per un periodo ministro per i
rapporti con il Parlamento nel Governo presieduto
dall'onorevole Forlani e dopo capo della segreteria di
Piccoli), come poteva dare la delega a Criscuolo? Criscuolo -
ho dichiarato - lo conoscevo da ragazzo, in quanto
frequentavamo il liceo a Castellamare di Stabia (era uno
stabiese); credo di non averlo più visto per una ventina di
anni. L'ho rivisto in questa circostanza, avendolo incontrato
esclusivamente, una volta, a casa di Cirillo dove
evidentemente si recava per avere notizie e per essere
informato, rispetto alla indicazione data di tentare di
assumere informazioni - lo
                        Pag. 3279
ha dichiarato lo stesso Parisi - nell'ambiente di Cutolo e da
Cutolo sul luogo in cui "rintracciare" il Cirillo.
   Smentisco nella maniera più assoluta che vi sia stata una
delega data da me. Ripeto, non riesco...
  PRESIDENTE. Delega data da lei a Criscuolo.
  ANTONIO GAVA. Io avrei dato una delega a Criscuolo...
  PRESIDENTE. E lei sostiene che non corrisponde al vero.
  ANTONIO GAVA. Assolutamente. Non solo non è vero, debbo
anche aggiungere che non ero in grado di darla, perché la
delega poteva darla chi svolgeva la funzione, cioè il Parisi,
che era il suo superiore, il quale credo abbia detto che
questo non è avvenuto. Non lo so, non mi risulta. Comunque è
un fatto non veritiero.
   Per quanto riguarda la riunione a Casamarciano presso
Francesco Alfieri, preciso che Francesco Alfieri non lo
conosco, non l'ho mai visto.
   Attenzione: quando dico che non conosco una persona, dico
di non avere conoscenza, non dico "non l'ho mai vista", perché
se quella persona è venuta ad un comizio al quale ho
partecipato, evidentemente posso averla vista e può darsi che
sia venuta anche a darmi la mano. La conoscenza però è ben
altra cosa, è consapevolezza di avere a che fare con Tizio o
con Caio il quale fa questo o quello. Non ho avuto nessun
rapporto con Francesco Alfieri; debbo dire di non aver avuto
mai rapporti, in generale, con gli Alfieri.
   Si disse che si è tenuta una riunione a Casamarciano a cui
partecipavano - da quanto ho saputo successivamente, perché
non ero informato dalla riunione - cinque sindaci, i quali
dovevano essere democratico cristiani. Mi hanno indicato i
nomi, che non ricordo: rammento per esempio il nome di
Virtuoso. Il collega D'Amato sa che Virtuoso prima era
socialista ed era sindaco...
  CARLO D'AMATO. E' stato sindaco per circa trent'anni.
  ANTONIO GAVA. Sì, è stato sindaco di Casamarciano per
circa trent'anni. Debbo soggiungere che gli abbiamo fatto una
lotta politica abbastanza dura, anche quando eravamo alleati
con i socialisti. Per quale ragione? Di Casamarciano era anche
Emilio De Feo, presidente della provincia e della regione.
Emilio De Feo aveva un solo sogno, quello cioè di sconfiggere
politicamente Virtuoso, il che però non gli è mai riuscito.
Noi lo prendevamo in giro al punto tale che gli regalammo una
macchina targata Caserta perché la "leggevamo" Casamarciano.
Questo per spiegare la situazione.
   Vi erano altre quattro persone (non ricordo esattamente
chi fossero) di cui due appartenenti alla corrente, diciamo
così, amici di Gava o altro, mentre gli altri appartenevano ad
altri raggruppamenti interni: uno era il sindaco di Saviano
che è il paese di Mensorio.
   So che questa riunione, che mi pare avrebbe dovuto tenersi
- l'ho saputo successivamente - per sostenere la candidatura
di un assessore regionale, l'amico Mazzella, non si svolse.
Mazzella comunicò che era impegnato a Roma. Queste le notizie
che ho; quindi da parte mia non c'è nessuna...
   Non sapevo niente della riunione perché, mi sia
consentito, per quanto siano amici di gruppo o di corrente,
quando si fa la campagna elettorale ognuno la fa per i fatti
propri. Voi pensate che i consiglieri regionali che sono
candidati si mettano insieme? Ognuno tira dalla sua parte;
quando c'era il sistema che si mettono assieme, vanno assieme
e fanno la riunione comune. Quelli la riunione se la fanno
cercando di avere il maggior consenso possibile di voti.
   Per quanto riguarda Antonino D'Auria e D'Antuono, non
riesco a capire come si possano costruire cose assolutamente
infondate;
                        Pag. 3280
so che questa parte è stata costruita da chi ha
avuto le informazioni, che non ne ha la responsabilità.
   Nel 1972 sono stato eletto deputato e in quell'anno ho
cercato un collaboratore personale. Nel cercarlo, ho scelto
Antonino D'Auria perché appartenente ad una famiglia modesta
ma di persone dabbene, laureato in giurisprudenza - in quel
momento era assessore comunale - dicendogli però che doveva
venire a Roma per farmi da collaboratore e che perciò avrebbe
dovuto rinunciare ad ogni tipo di attività politica; quindi,
nelle successive elezioni amministrative non si sarebbe dovuto
presentare. Gli dissi che non ritenevo che dovessi fare io il
segretario di D'Auria come assessore comunale e che dovesse
essere D'Auria a dare una mano al deputato che lavorava a
Roma. Questo è tanto vero che in una parte addirittura si dice
- voi conoscete il mio temperamento - che sarei divenuto quasi
succube di D'Auria, il quale sarebbe diventato il capo
rispetto a me. Siamo al limite delle barzellette, rispetto
alla mia responsabilità politica ed alla mia capacità di
presenza politica.
  PRESIDENTE. D'Auria si è poi presentato alle elezioni
comunali?
  ANTONIO GAVA. No. Non si è più ripresentato e non è
stato più consigliere comunale a partire dal 1973; non ricordo
con precisione.
   Se non avesse aderito, sarebbe andato via e non avrebbe
fatto il mio collaboratore. L'ho scelto anche per una ragione
semplice: lo consideravo - pur conoscendolo lo dovevo formare
- un galantuomo e una persona onesta. E' stato con me anche
dopo ed è diventato segretario particolare quando sono
diventato ministro in vari ministeri.
   Quanto all'accordo con D'Antuono ed al fatto che prima il
mio D'Auria fosse D'Antuono, vi prego di non finire alle
barzellette. D'Antuono aveva un temperamento difficile,
combattivo, voleva essere esclusivamente lui a tenere la
situazione nelle mani. Pertanto non è vero che D'Antuono sia
stato in alcun momento mio uomo di fiducia... E' stato un
amico della corrente, ma non ha mai avuto un rapporto
particolare con me. Questo per la verità.
   Anzi, poiché era un soggetto abbastanza arzillo ed altro,
da parte mia vi era un motivo di maggiore preoccupazione,
anche se personalmente non faccio nessun riferimento di
carattere particolare.
   Quindi, quando si costruisce una tesi secondo cui io avrei
avuto come mio elemento di fiducia assoluta a Sant'Antonio
Abate il D'Antuono, ma che successivamente le cose sono
cambiate, ribadisco che quando ho cominciato a fare il
deputato ho avuto immediatamente il D'Auria come collaboratore
personale; poi, poiché è rimasto a vivere a Roma, al momento
giusto ho ritenuto di poterlo portare come segretario.
   Circa l'influenza nei miei confronti, vi prego! Se uno di
voi ha un collaboratore e questo collaboratore determina la
linea che dovete seguire, da una parte o dall'altra, a Torino
o a Napoli, ciò significa non che è bravo D'Auria, ma che è un
po' stupido chi tiene D'Auria come collaboratore.
  MASSIMO BRUTTI. Nel 1980 era suo segretario?
  ANTONIO GAVA. Era mio collaboratore personale, non
segretario. E' diventato segretario quando io sono diventato
per la prima volta ministro per i rapporti con il Parlamento,
nel 1981. E' rimasto sempre mio segretario salvo un vuoto,
quando è finito il Governo Forlani ed è venuto il Governo
Spadolini ed io sono uscito da quel Governo e sono tornato a
fare il capo della segreteria politica della democrazia
cristiana.
  MASSIMO BRUTTI. Nell'estate del 1980 lei era ministro
dei rapporti con il Parlamento?
  ANTONIO GAVA. No.
                        Pag. 3281
  MASSIMO BRUTTI. A quell'epoca non c'era il Governo
Forlani, che è caduto nella primavera 1981?
  ANTONIO GAVA. Infatti, stetti pochi mesi a fare il
ministro, perché improvvisamente Forlani se ne andò. Se ve lo
ricordate, ditemelo; è stato ministro per pochi mesi.
  PRESIDENTE. Si tratta di dati che potremo accertare.
  ANTONIO GAVA. Quanto alla questione relativa al Banco di
Napoli, devo dire che ho letto la documentazione in cui, per
la verità, non è detto che c'è una responsabilità di Antonio
Gava; è detto soltanto, alla fine, dopo il racconto di un
fatto che ha interessato una vertenza ed una causa nella quale
erano interessati il vice direttore generale, allora facente
funzione di direttore generale del Banco di Napoli, e questo
Di Maro, che hanno svolto un'operazione per cui sono finiti
sotto processo. Il Di Maro obiettivamente era capogruppo della
democrazia cristiana a Marano e poi si venne a sapere,
sopraggiunsero voci che fosse sostanzialmente un prestanome di
Nuvoletta. Queste cose sono venute dopo.
   Voglio domandarvi: se un soggetto va a chiedere alla banca
un prestito e lo ottiene, senza che mai sia intervenuto Gava -
non c'è un elemento di prova - per quale ragione bisogna
scrivere "amico di Gava"? Se uno va a farsi fare un prestito,
se uno fa usura, fa un'operazione, non vedo la ragione per
cui, non essendo assolutamente io entrato nel rapporto, debba
veder scritto "amico di". Chissà quanti altri amici aveva
questo soggetto; perché se ne cita uno solo? Se doveste
trovare tutti i suoi amici, se veramente svolge quella
funzione di cui si parla, scoprireste che di amici ne aveva
tanti. Pare che l'"amico" sia soltanto io.
  PRESIDENTE. Se non vi sono altre domande, ringrazio il
senatore Gava per aver aderito al nostro invito.
   (Il senatore Gava esce dall'aula).
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Lunedì perverrà alla Commissione e sarà
distribuito a tutti i colleghi il documento preannunciato dal
senatore Gava.
   Per la prossima settimana, propongo che nella mattina di
giovedì, sin dalle ore 9, sia a disposizione la proposta di
relazione, al fine di poter iniziare la discussione sulla
medesima a partire dalle 14 di giovedì stesso, considerando
che in quella giornata si svolgerà alla Camera la discussione
della legge finanziaria e del bilancio. Un'altra ipotesi
potrebbe essere quella di riunirci alle 21, ma ritengo che
sarebbe troppo tardi. La distribuzione del documento nella
mattina di giovedì consentirà di evitare quello che sinora è
sempre accaduto e cioè che il testo appaia prima sui giornali.
Faremo anche in modo che le modifiche siano evidenziate grazie
a un diverso carattere di stampa.
  PAOLO CABRAS. Poiché deve essere ancora conclusa la
discussione generale, vorrei sapere quando si prevede lo
svolgimento dei restanti interventi, tra i quali il mio. Credo
che debba essere stabilita una data per tale dibattito.
  PRESIDENTE. Se i colleghi desiderano leggere la memoria
e successivamente intervenire, è nel loro diritto. Martedì
potremmo riunire la Commissione per concludere la discussione
generale. Purtroppo, dobbiamo tener conto della concomitante
attività della Camera e perciò propongo di iniziare alle 14 la
seduta di martedì, chiedendo eventualmente al Presidente della
Camera di rinviare di mezz'ora l'inizio della seduta
pomeridiana dell'Assemblea; in tal modo, la discussione
potrebbe svolgersi dalle 14 alle 16. Decideremo poi se
proseguire giovedì o venerdì.
   Colleghi, se ci riuniamo martedì avrò a disposizione un
solo giorno per apportare alla relazione le correzioni che voi
proporrete; non vorrei che il tempo a disposizione fosse
troppo esiguo.
                        Pag. 3282
  PAOLO CABRAS. Potremmo riunirci alle 8,30 come abbiamo
fatto oggi.
  PRESIDENTE. Rimaniamo intesi che ci vediamo martedì
prossimo alle 14 per proseguire e chiudere la discussione
generale; venerdì mattina alle 8,30 consegno il testo
corretto, mentre alle 14 ci riuniamo per svolgere le
dichiarazioni di voto finali.
  IVO BUTINI. Quando potremo avere la memoria di Gava?
  PRESIDENTE. Il quadro mi sembra chiaro: venerdì alle 14
ci vedremo per le dichiarazioni di voto finali e per il voto.
  VINCENZO SORICE. Gli eventuali emendamenti alla
relazione?
  PRESIDENTE. Pregherei i colleghi di presentare eventuali
emendamenti entro la giornata di lunedì, in modo di poterne
tener conto nella stesura della relazione.
  PAOLO CABRAS. Si possono presentare in relazione al
testo base.
  PRESIDENTE. D'accordo, ma entro lunedì.
  PAOLO CABRAS. Teniamo presente che anche gli interventi
che si svolgeranno durante la discussione generale
costituiranno di per sé materiale per ulteriori correzioni e
integrazioni da apportare alla relazione. Dico questo con
riferimento anche all'intervento che io stesso terrò.
  PRESIDENTE. La prossima seduta è fissata per martedì
alle 14, mentre lunedì vi farò pervenire il testo della
memoria di Gava.
La seduta termina alle 10,20.

 


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