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Violante: seduta 85
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        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Seguito della discussione e approvazione della relazione
sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato
di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di
soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non
tradizionali:
Violante Luciano, Presidente .................... 3433, 3437
Biscardi Luigi ........................................ 3436
Brutti Massimo ........................................ 3434
Cafarelli Francesco ................................... 3437
Marchetti Fausto ...................................... 3436
Ricciuti Romeo ........................................ 3433
Smuraglia Carlo, Relatore ....................... 3433, 3437
Audizione della dottoressa Elisabetta Cesqui, sostituto
procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma,
sulla situazione della criminalità organizzata a Roma:
Violante Luciano, Presidente .................... 3437, 3438
Cabras Paolo .......................................... 3438
Cesqui Elisabetta, Sostituto procuratore della Repubblica
presso il tribunale di Roma ........................... 3438
Audizione del questore e del comandante del gruppo dei
carabinieri di Reggio Calabria sul problema delle cosiddette
"vacche sacre":
Violante Luciano, Presidente .......................... 3438
                          3439, 3440, 3441, 3442, 3443, 3444
Cetola Massimiliano, Comandante del gruppo dei carabinieri
di Reggio Calabria .................................... 3440
                                                  3441, 3442
Ferrara Salute Giovanni ............................... 3444
La Sala Luigi, Questore di Reggio Calabria ............ 3438
                                3439, 3440, 3441, 3442, 3443
Leccese Vito .......................................... 3443
Tripodi Girolamo ...................................... 3442
Sui lavori della Commissione:
Violante Luciano, Presidente .......................... 3437
Ricciuti Romeo ........................................ 3437
                        Pag. 3432
                        Pag. 3433
La seduta comincia alle 10,20.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Seguito della discussione e approvazione della relazione
sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato
di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di
soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non
tradizionali.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della
discussione della relazione sulle risultanze dell'attività del
gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su
insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di
tipo mafioso in aree non tradizionali.
   Do la parola al relatore.
  CARLO SMURAGLIA, Relatore. Comunico ai colleghi di
aver apportato alcune modifiche alla relazione, recependo le
indicazioni emerse dalla discussione avvenuta l'altro ieri
(spero di averle accolte tutte nel senso voluto dai
proponenti, altrimenti potranno essere corrette) e talune
osservazioni che, per guadagnare tempo e in uno spirito di
collaborazione, il collega Ricciuti mi ha anticipato e di cui
ritengo di aver già tenuto conto; si tratta sostanzialmente di
modifiche che eliminano cose superflue e tendono a
puntualizzare meglio alcuni punti. Vi è poi un'osservazione
aggiunta dal relatore di propria iniziativa concernente la
scheda del Veneto: a proposito di una zona di speculazioni
possibili riguardo a cessioni di immobili, alberghi e così
via, c'era un'esemplificazione, ovviamente non inventata da
noi, riferita ad alcuni alberghi; poiché ci è stato fatto
osservare che alcune potrebbero essere operazioni del tutto
regolari mentre altre potrebbero essere sospette e dato che si
dice che sono in corso operazioni da parte della Guardia di
finanza, ho preferito eliminare il riferimento agli alberghi
specifici e parlare solo del fenomeno, cioè del fatto che
alcuni passaggi suscitano sospetti. Mi pare una formulazione
più corretta; poi la Guardia di finanza a suo tempo concluderà
le proprie indagini.
   Questo è il senso delle modifiche apportate. Devo
avvertire solo che, dato che alcune modifiche erano già state
inserite nel testo ed era intervenuto lo spostamento di una
pagina, i colleghi potrebbero trovare nelle schede una pagina
di differenza.
  PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
  ROMEO RICCIUTI. Signor presidente, colleghi, voglio
ringraziare il senatore Smuraglia per una collaborazione che
mi consente di esprimere un parere del tutto favorevole sulla
relazione; infatti, in quest'ultima vi erano alcune ridondanze
che sono state limate. Devo dare atto che la relazione prende
in esame la realtà abruzzese con grande obiettività di
giudizio - tenendo conto dei tre atteggiamenti che abbiamo
riscontrato nelle persone ascoltate a L'Aquila: chi era
ottimista, chi era moderato, chi era pessimista -, che dà
ragione a noi che abbiamo voluto dall'inizio che la
Commissione si recasse a
                        Pag. 3434
visitare l'Abruzzo, in modo da poter svolgere quell'azione di
prevenzione che è assolutamente necessaria.
   In più parti della relazione si riconosce che la mafia in
Abruzzo non c'è; non c'è nell'accezione con cui la cultura
media del nostro paese si riferisce alla mafia, organizzata
militarmente e con un controllo stretto del territorio. La
relazione lancia invece una serie di allarmi e sottolinea
talune necessità di cui spero che la società civile abruzzese
nella sua completa organizzazione voglia tener conto. Spero
anche che la relazione stessa possa essere, com'è stato detto
dal presidente Violante, inviata al consiglio regionale ed
anche ad altri enti della società civile, come le scuole di
formazione dei carabinieri e dei sottufficiali della finanza
esistenti in Abruzzo, le università e così via. Vorrei quindi
che fosse più diffusa, in modo che, leggendo le affermazioni
in essa contenute, si presti maggiore attenzione a tutti i
pericoli che possiamo correre continuando ad essere disattenti
nei confronti di quella che potrebbe essere una penetrazione
mafiosa nella nostra regione.
   Voterò pertanto a favore della relazione e preannuncio
anche il voto favorevole del gruppo democratico cristiano.
  MASSIMO BRUTTI. Preannuncio il voto favorevole del
gruppo del PDS sulla relazione predisposta dal collega
Smuraglia, che rappresenta un fatto nuovo, un'acquisizione
assai rilevante, se si guarda all'insieme del lavoro delle
Commissioni antimafia negli ultimi anni, perché per la prima
volta la diffusione e l'insediamento delle organizzazioni
mafiose - o di organizzazioni che su di esse strettamente si
modellano in aree nelle quali manca una tradizione di mafia -
vengono fatti oggetto di un'indagine sistematica. Sulla base
di tale indagine si delineano anche linee di intervento e
proposte.
   Credo che l'insieme dei fenomeni che sono stati studiati e
messi a fuoco nella relazione rappresenti una prova della
modernità e della dinamicità delle organizzazioni mafiose;
tale relazione si distingue rispetto a tutte le altre che
abbiamo discusso nei mesi scorsi perché nelle altre abbiamo
un'analisi nella quale sono mescolati insieme - e non potrebbe
essere altrimenti - caratteri premoderni di tali
organizzazioni criminali e tradizioni legate a costumi locali
che si traducono poi in una capacità di ottenere consensi e di
fondare su di essi il controllo del territorio.
   Qui invece non abbiamo la messa a fuoco di questi
caratteri premoderni, non vi è l'intreccio fra tradizione e
forme avanzate di sviluppo dell'organizzazione criminale; vi
sono soltanto queste ultime, vi è una capacità di
trasformazione e di egemonia delle organizzazioni criminali
mafiose anche in ambienti che sono diversi, che non hanno una
storia congeniale ai valori di quelle organizzazioni. Ciò
naturalmente pone un problema non solo all'insieme degli
apparati repressivi dello Stato ma anche alla società, a
quelli che possiamo definire gli apparati della formazione,
alla politica, all'amministrazione.
   Ritengo che nella preparazione e nella stesura
dell'analisi fornita dalla relazione del collega Smuraglia
molto peso abbia avuto lo studio dell'esperienza milanese cui
già da anni il collega dedicava la propria attenzione. Ricordo
le polemiche di qualche anno fa; la situazione milanese è
peculiare, perché naturalmente noi non abbiamo quelle forme di
insediamento e di radicamento delle organizzazioni mafiose che
conosciamo in Sicilia ed in Calabria, però abbiamo teste di
ponte, emissari di quelle organizzazioni tradizionali e la
capacità di legarsi a forme di gangsterismo locale, a poteri
insediati nella città. Lo stesso fenomeno si riscontra in
altre zone del centro-nord; quando il relatore parla di aree a
tipologia unitaria vuole descrivere un gruppo di regioni, una
serie di aree nelle quali l'insediamento ha caratteristiche
omogenee e corre lungo due linee direttrici: lungo quella
dell'espansione (si tratta delle organizzazioni criminali del
Mezzogiorno che inviano i loro uomini in quelle
                        Pag. 3435
aree), ma anche in base ad un altro schema di sviluppo,
quello dell'imitazione. Le organizzazioni mafiose propongono
un modello che viene adottato anche dalle associazioni locali
ed è da qui che nascono il rapporto, l'osmosi ed il mutuo
potenziamento tra gruppi mafiosi e gruppi di gangsterismo
locale.
   Un esempio tipico è rappresentato dalla situazione
dell'Emilia Romagna, su cui la relazione si sofferma: abbiamo
avuto modo di verificare, durante la visita effettuata da una
delegazione della Commissione a Bologna ed in Emilia, come lo
sviluppo e la diffusione di forme di gangsterismo locale -
valga per tutti l'esempio della banda del Pilastro - sono
stati determinati e favoriti dalla scarsa sensibilità e dalla
scarsa risposta dell'azione di contrasto degli apparati
repressivi di fronte alla presenza, all'insediamento ed alla
penetrazione dei gruppi mafiosi tradizionali. Gli uomini che
hanno dato vita alla banda del Pilastro avevano cominciato
come collaboratori, come luogotenenti, come uomini al servizio
di gruppi mafiosi che erano diretta emanazione della corrente
dei Corleonesi che dirigeva Cosa nostra.
   Ricordo tutto il lavoro che abbiamo svolto per analizzare
e sviluppare questi temi, ponendo così le basi del lavoro di
sintesi del collega Smuraglia. Abbiamo avuto modo di
verificare quanto sia stata importante l'iniziativa della
procura distrettuale di Firenze, in quanto riguardava proprio
la zona del centro-nord ed in particolare il ruolo di snodo e
di controllo di una serie di traffici - droga, armi ed altro -
svolto da uomini direttamente legati alle centrali di Cosa
nostra (Giacomo Riina a Budrio, Feno Giacomelli a Morciano di
Romagna e altre famiglie a queste legate).
   L'acquisizione di elementi di conoscenza su questa
situazione è recentissima, perché, pur sottolineando - come
vanno sottolineati - i meriti della procura distrettuale di
Firenze, ricordo bene che quando vennero qui i magistrati di
quella direzione distrettuale, pur conoscendo molti di questi
fenomeni, non erano al corrente del ruolo svolto nella stessa
città di Budrio, accanto a Giacomo Riina, da un'altra famiglia
mafiosa già coinvolta negli anni precedenti in un sequestro di
persona e che si trova al centro di una serie di traffici;
quando ci siamo recati in Emilia Romagna ci è stato raccontato
che questa famiglia, che controllava un'impresa di notevole
rilevanza, aveva addirittura tentato una strategia di
penetrazione nella Confesercenti, in un'associazione di
piccoli imprenditori. Ricordo che di quella famiglia i
magistrati della procura distrettuale di Firenze ancora non
avevano notizia. Quindi le acquisizioni e la messa in comune
delle conoscenze rappresentano un fatto recente. Su questo
terreno, che è anche il terreno della vera e propria indagine
giudiziaria e dell'azione di contrasto, mettere insieme i dati
conoscitivi contenuti in questa relazione, definire i modelli
rappresentativi che qui vengono proposti, approfondire
l'analisi, come qui è stato fatto, soprattutto negli allegati,
significa offrire un contributo importante per unificare e
rendere più netta la strategia e la consapevolezza che deve
essere alla base dell'azione di contrasto antimafia.
   Noi consideriamo quindi molto importante questa relazione,
perché rappresenta un fatto innovativo rispetto al passato e
dà un contributo ad un lavoro arduo ed essenziale. Credo sia
molto importante ancora oggi e che debba continuare la lotta
contro la mafia nelle regioni di insediamento tradizionale;
esiste però una nuova frontiera, e se non la conquistiamo fino
in fondo e se non svilupperemo fino in fondo la lotta in
queste aree dove più alto è lo sviluppo, più forte la
dinamicità e più evidente la modernità delle organizzazioni
mafiose non saremo in grado di colpire con decisione anche il
nucleo tradizionale.
   Un insegnamento ci viene dall'arresto effettuato ieri di
un medico imparentato con Ignazio Salvo, al quale si contesta
la partecipazione all'assassinio di quest'ultimo e la messa in
opera di una serie di atti preparatori per un altro attentato
nei confronti dell'ex ministro Martelli: questo
                        Pag. 3436
è l'esempio tipico di un uomo che è già al di là del nucleo
ristretto dell'organizzazione mafiosa, anche se il nucleo
ristretto, il potere militare situato in Sicilia si serve di
lui, perché è un uomo che gira l'Italia in lungo e in largo, è
un professionista, è uno che si presenta come un uomo
eccellente, un colletto bianco, un personaggio che sta già al
di là dei connotati tradizionali dell'organizzazione mafiosa
Cosa nostra, anche se poi le modalità del suo operare - su
questo voglio richiamare l'attenzione - sono esattamente
quelle tradizionali della corrente dei Corleonesi, del suo
modo di agire. Così come Stefano Bontate nel 1981 viene
assassinato grazie alla collaborazione con i Corleonesi del
fratello Giovanni, che lo tradisce, così come Giovanni viene
assassinato nel 1988 dai Corleonesi tramite una persona amica
e che egli fa entrare in casa, allo stesso modo Ignazio Salvo
viene ucciso con la complicità di uno della sua famiglia che
si è accordato con i Corleonesi, anche se è un medico, anche
se è uno che viene arrestato vicino a Nizza, anche se è un
professionista che certamente non assomiglia agli analfabeti o
semianalfabeti che rappresentano i gruppi di fuoco.
   Questo esempio particolare, legato all'attualità, ci fa
capire quanto sia importante mettere insieme i diversi piani
di questa analisi e dell'azione di contrasto che deve essere
legata alla natura del fenomeno e che deve partire
dall'analisi compiuta, complessiva e sistematica da noi
effettuata. La relazione che approveremo oggi rappresenta un
tassello di questo lavoro e si colloca dentro questa
strategia; noi la voteremo convintamente, pensando che sia un
fatto importante.
  FAUSTO MARCHETTI. Ho già espresso durante la discussione
generale l'apprezzamento ed il consenso nei confronti della
relazione; confermo ora il voto favorevole del gruppo di
rifondazione comunista, prendendo atto anche delle
integrazioni apportate dal relatore a seguito della
discussione. Vorrei soltanto far presente che la formulazione
aggiuntiva a pagina 132 ("la Commissione raccomanda pertanto
agli organi competenti di individuare con sollecitudine una
soluzione organica e coerente, che consenta di ottenere il
massimo di efficienza e di coordinamento") andrebbe
modificata; l'intendimento del relatore è quello di rafforzare
il concetto, già espresso nella relazione, accogliendo anche
un'esigenza di integrazione che io avevo posto. Chiedo che
questa frase aggiuntiva sia modificata nel senso che l'intento
di rafforzamento sia più chiaro; la formulazione potrebbe
essere la seguente: "la Commissione raccomanda pertanto agli
organi competenti di adottare con sollecitudine la soluzione
organica e coerente, che riconduca anche il territorio della
provincia di Massa Carrara nell'ambito del distretto della
corte di appello di Firenze". Ritengo che il relatore possa
concordare con questa formulazione.
   Non voglio motivare nuovamente il voto favorevole del mio
gruppo, in quanto penso di averlo fatto sufficientemente
l'altro ieri, ma intendo sottolineare la qualità, il grosso
sforzo compiuto ed il grande contributo conoscitivo che la
relazione apporta anche in ordine alle zone di insediamento
non tradizionale.
  LUIGI BISCARDI. Ringrazio il senatore Smuraglia per
l'integrazione effettuata alla relazione in seguito alle
segnalazioni che avevo effettuato per quanto riguarda la mia
regione. Vorrei soltanto chiedere una lieve modifica per far
riferimento al basso Molise, cioè alla zona confinante con la
Puglia.
   Per ciò che concerne la relazione nel suo complesso, non
posso che ripetere l'apprezzamento che ho espresso nella
seduta di ieri: si tratta, come del resto precedentemente
sottolineato dal collega Brutti, di un'innovazione nella
storia della Commissione antimafia, consistente nel delineare
anche un quadro preventivo dei fenomeni che possono
verificarsi a seguito di infiltrazioni. Non sarà mai
abbastanza sottolineato questo aspetto positivo dell'azione
della Commissione e
                        Pag. 3437
quindi della relazione del collega Smuraglia.
  CARLO SMURAGLIA, Relatore. Accolgo le modifiche e
le integrazioni proposte dai colleghi Marchetti e Biscardi.
  PRESIDENTE. Sospendo la seduta per dieci minuti per
consentire ad altri colleghi di partecipare alla votazione.
La seduta, sospesa alle 10,50, è ripresa alle 11.
  PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta con la votazione sulla
relazione presentata dal senatore Smuraglia.
  FRANCESCO CAFARELLI. Chiedo se sia possibile prendere la
parola per dichiarazione di voto.
  PRESIDENTE. Mi dispiace, ma le dichiarazioni di voto
sono già state concluse e dobbiamo ora passare alla votazione.
Se lo riterrà opportuno, potrà presentare una nota
integrativa.
  FRANCESCO CAFARELLI. Le note integrative non servono a
niente.
  PRESIDENTE. Non è vero che non servano a niente. Nel suo
caso non può proprio dirlo, perché, secondo me, nell'altra
occasione ha suscitato più scalpore la sua nota integrativa di
quanto non abbia fatto la relazione stessa.
   Pongo in votazione la relazione del senatore Smuraglia
sugli insediamenti e le infiltrazioni di soggetti ed
organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali così
come riformulata dal relatore.
(E' approvata).
  Pertanto la relazione è approvata all'unanimità.
              Sui lavori della Commissione.
  PRESIDENTE. Prima di passare al successivo punto
all'ordine del giorno, informo i colleghi che è arrivata dalla
Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di
Ragusa la richiesta di un incontro con la Commissione
parlamentare antimafia. Ritengo che si debba, in linea di
massima, accogliere tale richiesta, fatte salve, naturalmente,
quelle che saranno le evenienze politiche e parlamentari.
  ROMEO RICCIUTI. Tale incontro dovrebbe avvenire a Ragusa
o a Roma?
  PRESIDENTE. A Ragusa.
   Vi è anche una seconda questione. Come sapete, colleghi,
abbiamo il problema dell'approvazione delle relazioni
riguardanti Benevento e Roma e di tutte le altre di cui
abbiamo parlato nella precedente seduta, nonché della
relazione finale. Ritengo che queste non possano essere
presentate, discusse e votate oltre la fine di febbraio,
perché poi ci si avvicinerebbe troppo alla contesa elettorale.
D'intesa con i capigruppo, con i quali ci incontreremo, faremo
in modo di condensare il lavoro in una o due riunioni, magari
inviando precedentemente al domicilio dei colleghi
parlamentari il testo delle relazioni, in modo che abbiano la
possibilità di esaminarle. Credo che questo sia il modo
migliore per consentire una valutazione rapida, ma nello
stesso tempo, approfondita. Se non vi sono obiezioni, rimane
così stabilito.
(Così rimane stabilito).
Audizione della dottoressa Elisabetta Cesqui, sostituto
procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma,
sulla situazione della criminalità organizzata a Roma.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione della
dottoressa Elisabetta Cesqui, sostituto procuratore della
Repubblica presso il tribunale di Roma, sulla situazione della
criminalità organizzata a Roma.
                        Pag. 3438
   Il collega Cabras, relatore per questa materia, ha chiesto
- e la Commissione è stata d'accordo - di invitare la
dottoressa Cesqui perché possa integrare le nostre conoscenze
in materia di criminalità organizzata a Roma. Chiedo al
senatore Cabras se abbia qualche questione specifica da porre
alla dottoressa.
  PAOLO CABRAS. Già nel motivare l'invito al sostituto
procuratore Cesqui, ed anche in una conversazione che ho avuto
con lei, ho fatto riferimento non soltanto all'indagine molto
importante che la dottoressa Cesqui ha condotto sulla P2 e
sulla massoneria ma anche agli intrecci che possono
determinarsi tra la nostra indagine sulla criminalità
organizzata a Roma e nel Lazio e l'inchiesta della dottoressa.
   Anche nella relazione presentata nella passata legislatura
dalla Commissione antimafia si rivela che da una
documentazione rilasciata sempre dai magistrati della procura
di Roma, e contenente anche intercettazioni telefoniche,
emergevano segnali di rapporti, di relazioni, di interessi in
affari che unificavano membri della banda della Magliana,
esponenti mafiosi e, in particolare, personaggi come Gelli,
Carboni e, mi sembra, per certi aspetti, Pazienza. Questi
fatti ci sono stati confermati anche dai magistrati della
direzione distrettuale antimafia di Roma che abbiamo
ascoltato. Ci sembrava che l'audizione della dottoressa Cesqui
potesse completare questo quadro, anche se ci rendiamo conto
che la sua indagine sulla loggia massonica P2 non è
un'indagine di mafia, in quanto i riferimenti e gli intrecci
sono tali che è interessante per la Commissione, dovendo
stendere una relazione di aggiornamento sulla vicenda,
ascoltare anche quanto la dottoressa Cesqui ci dirà.
  PRESIDENTE. Poiché la dottoressa Cesqui lo ha richiesto,
proseguiamo i nostri lavori in seduta segreta. Se non vi sono
obiezioni, dispongo la disattivazione del circuito audiovisivo
interno.
(La Commissione procede in seduta segreta).
  Riprendiamo i nostri lavori in seduta pubblica. Dispongo
la riattivazione del circuito audiovisivo interno.
   Ringraziamo la dottoressa Cesqui.
Audizione del questore e del comandante del gruppo dei
carabinieri di Reggio Calabria sul problema delle cosiddette
"vacche sacre".
  PRESIDENTE. Nel ringraziarvi per la vostra presenza,
debbo rilevare che la Commissione, in collaborazione con le
autorità locali, sta cercando di individuare una soluzione al
problema delle cosiddette "vacche sacre". Abbiamo ascoltato i
sindaci delle zone più colpite, che ormai non sono più solo
quelle del versante tirrenico ma anche quelle del versante
ionico, nonché il prefetto di Reggio Calabria. Oggi ascoltiamo
il questore e il comandante provinciale dei carabinieri. Prego
ora il questore di Reggio Calabria di voler riferire in
proposito.
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Il
fenomeno delle "vacche sacre" è chiaramente una manifestazione
di tipo mafioso - su questo non vi è alcun dubbio - che
riguarda paesi non solo del versante ionico ma anche di quello
tirrenico. In particolare, nel versante ionico sono
interessati ad esso i comuni di Africo, Bova, Brancaleone,
Melito Porto Salvo, Roghudi, Roccaforte del Greco, San Lorenzo
e Staiti. Per quanto riguarda la zona tirrenica, sono
interessati i comuni di Cittanova, Molochio, Rizziconi,
Taurianova e Terranova Alta.
   Sulla carta il problema delle "vacche sacre" sembra di
facile soluzione perché è quasi inimmaginabile che del
bestiame non possa essere catturato. In pratica, invece, il
problema è molto più complesso e particolare. In passato - mi
risulta non per esperienza diretta ma dalle carte - vi è stato
più di un tentativo per cercare di risolverlo e sono stati
anche messi a punto piani operativi per la cattura del
bestiame.
                        Pag. 3439
   Per comprendere bene il fenomeno bisogna conoscere il modo
in cui si muovono questi capi di bestiame: essi vivono
praticamente allo stato selvaggio e non sono direttamente
controllati, anche se chiaramente ne vengono seguite le mosse.
Non si trovano sempre in una zona perché, a seconda delle
stagioni e quindi al mutare delle condizioni climatiche, si
spostano da una zona all'altra. Da ultimo, ci risulta che
addirittura riescano a transitare da un versante all'altro
attraverso passaggi molto angusti e con spostamenti rapidi,
tanto che nel giro di tre-quattro ore riescono a spostarsi dal
versante tirrenico a quello ionico.
   Com'è possibile risolvere il problema dal punto di vista
operativo? Per cominciare, le forze dell'ordine o comunque le
persone che saranno chiamate a risolverlo debbono essere in
grado di distinguere, nel momento in cui vedono un capo di
bestiame, se esso sia sfuggito momentaneamente alla custodia
del legittimo proprietario o se faccia parte del gruppo delle
"vacche sacre". A questo punto, debbo segnalare una
circostanza: è necessario, indispensabile che si ritorni
all'anagrafe del bestiame, cioè alla possibilità di
individuare un capo (sia esso bovino, suino o altro) in base
ad un contrassegno ben definito e stabilito dal regio decreto
del 1899, una disposizione molto antica ma che, a quanto mi
risulta, non è ancora stata abrogata.
   Una volta individuato il capo di bestiame, e stabilito che
esso non appartiene ad un legittimo proprietario...
  PRESIDENTE. Quindi, che non si tratta di un capo legale.
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Non
volevo sprecare questo termine per un bovino, ma sicuramente
si tratta di un capo non legale.
   Dicevo che, a questo punto, bisogna cercare di catturarlo,
ma la cattura di un animale che pesa tre o quattro quintali
per chi non conosce bene il problema non è poi tanto semplice;
bisogna che la cattura sia operata da parte di soggetti che
abbiano una qualifica specifica, dai butteri, per esempio, per
cui è necessario che sul posto vi siano in permanenza simili
soggetti.
   Dopo che i capi sono stati catturati, vanno caricati su un
camion e trasportati in un recinto a valle, perché la maggior
parte di essi, tranne alcuni, che sono stati notati anche in
centri abitati, quali Cittanova, eccetera, per lo più vivono
in alta montagna. Proprio perché vivono in queste zone è
difficile catturarli e per i camion non è facile raggiungere
zone scoscese e, comunque, dove non esistono strade
percorribili da mezzi di questo tipo. Si pone poi il problema
della custodia, in attesa della destinazione finale di questi
capi. Un punto importantissimo è anche quello del loro
inseguimento attraverso i campi, il demanio o le zone in cui i
capi cercano di fuggire. Poiché possono entrare nella
proprietà privata o nelle terre del demanio, anche questo
aspetto necessita di una opportuna regolamentazione.
   Cosa fare di questi capi una volta catturati? A mio
avviso, la soluzione percorribile è quella dell'abbattimento,
cui deve seguire immediatamente l'incenerimento della
carcassa. Infatti, le maggiori difficoltà incontrate dai miei
predecessori che in qualche modo hanno cercato di affrontare e
risolvere il problema sono consistite proprio nel fatto che,
una volta catturati questi capi, hanno dovuto tenerli per
quindici o venti giorni, perché non si sapeva cosa farne,
perché nessuno li voleva: i macelli non potevano prenderli
perché non si sapeva se questi capi fossero o meno affetti da
malattie, né c'era la possibilità di abbatterli. Quindi,
bisogna regolamentare in qualche modo la cattura, l'eventuale
deposito momentaneo dei capi e l'abbattimento dei medesimi, il
quale deve avvenire, a mio parere, con l'incenerimento della
carcassa. Non vi è altra soluzione.
   Una volta messo a punto tutto l'iter giuridico, ci si deve
chiedere se estirpare il fenomeno in un'unica soluzione, con
un intervento unico e massiccio - quindi anche con l'aiuto di
militari - oppure con
                        Pag. 3440
piccoli interventi quotidiani, i quali a lungo andare
potrebbero produrre gli stessi risultati. Per compiere
un'operazione massiccia è necessario, com'è ovvio, un numero
abbastanza consistente di butteri, che al momento, per quanto
mi risulta, per quante ricerche abbia fatto, non mi sembra
sufficiente: ve ne sono infatti una ventina in Maremma e
trenta o quaranta che fanno parte di un gruppo speciale
dell'esercito; vi sono anche amatori e volontari, ma comunque
non sono molte le persone in grado di svolgere questo tipo di
operazione. Questo è il mio punto di vista sull'argomento.
   Agli atti della questura di Reggio Calabria vi sono
appunti di piani operativi che, però, sono stati poi
abbandonati perché praticamente irrealizzabili, nella maniera
più assoluta.
  PRESIDENTE. Il decreto del 1899 è stato espressamente
abrogato con la legge finanziaria del 1989, però la strada da
seguire dovrebbe essere quella di sollecitare un intervento
rapido del Governo in questa direzione. Secondo la sua
proposta, questo intervento dovrebbe riguardare, se non ho
capito male, la identificazione dei proprietari del bestiame,
la previsione di sanzioni qualora si verifichino gli episodi
ricordati, l'abbattimento del bestiame nel caso in cui non si
trovi altra soluzione. Vi è poi un secondo profilo che
riguarda una questione di ordine pubblico, nel senso che in
una certa contingenza questo bestiame può o meno arrecare
pericolo per l'ordine pubblico. Nel caso in cui si valuti che
in un certo contesto ciò accada, può esservi un'ordinanza
contingibile e urgente del prefetto, che imponga
l'abbattimento delle bestie?
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Sì,
può esserci. Ma penso che a volte non ce ne sia bisogno,
perché il pericolo, sempre imminente, attuale e quindi
inevitabile, può di per sé comportare l'abbattimento del capo,
come è avvenuto in passato...
  PRESIDENTE. Mi spiego: poiché la questione è permanente,
ho l'impressione che se si porta avanti in cinque, sei o sette
giorni un lavoro di questo genere, ad un certo punto chi è
proprietario delle mucche se le porta a casa, perché il danno
che riceve è di un certo peso, oppure ne perde un centinaio...
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria.
Secondo me rientra nel loro bilancio la perdita di un certo
numero di capi.
  PRESIDENTE. Ma se vi sono gruppi che pattugliano le
strade e che abbattono i bovini che le occupano, credo che ad
un certo punto il danno diverrebbe tale che ai proprietari
passerebbe l'idea... Però questa "cura" dovrebbe essere
protratta nel tempo.
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria.
Bisogna anche individuare i soggetti deputati...
  PRESIDENTE. Prescindendo anche dai butteri, cioè andando
in maniera più...
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Certo,
se il risultato finale è l'abbattimento del capo, non c'è
bisogno dei butteri. Ma se il capo deve essere catturato, il
discorso si fa più complicato e dovrebbe essere risolto nel
modo più articolato che ho detto poc'anzi.
  PRESIDENTE. Altrimenti, la procedura è "bovina", nel
senso che...
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria.
Certamente.
  MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei
carabinieri di Reggio Calabria. Il problema riguarda circa
tremila capi, in base all'ultimo censimento del 1992. E'
chiaro che con un solo intervento non si può pensare di
risolvere radicalmente il problema, cioè abbattere tremila
capi, perché sarebbe impossibile.
                        Pag. 3441
Tuttavia, un intervento radicale deve portare
all'eliminazione di almeno una metà dei capi, e perché ciò
possa avvenire occorre l'impiego dei butteri e di tutte le
strutture che sono state oggetto di uno studio particolare. Al
riguardo, essendo tra i più anziani, come permanenza, a Reggio
Calabria (ormai mi avvio al terzo anno), ricordo di aver
partecipato ad uno studio compiuto dalla prefettura nel 1992 -
poi finito al commissariato antimafia -, che prevedeva, oltre
ad una serie di strutture e infrastrutture particolari,
l'impiego di trenta butteri per arrivare ad eliminare un
sessanta-settanta per cento di questi animali. Come
sottolineato poc'anzi dal questore, non è però facile reperire
trenta butteri, per cui sarebbe forse opportuno prevedere non
tanto un unico intervento massiccio e radicale, quanto più
interventi. Potrebbe essere questo il modo per raggiungere
l'obiettivo che ci si è prefissati. Peraltro, interventi
occasionali vengono svolti continuamente: ho qui un elenco
degli abbattimenti compiuti...
  PRESIDENTE. Può lasciarlo alla Commissione?
  MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei
carabinieri di Reggio Calabria. Sì, certo.
  PRESIDENTE. Mi sembra che il questore avesse anche
studiato l'esistenza di una direttiva CEE che comporta la
marchiatura dei bovini.
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Sì,
esatto.
  MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei
carabinieri di Reggio Calabria. Interventi occasionali,
contingenti vengono svolti non dico tutti i giorni ma molto
spesso. C'è l'abbattimento e senz'altro non occorre
un'ordinanza prefettizia perché lo stato di pericolo c'è anche
se il bovino è sulla strada: nell'elenco che ho con me e che
lascerò alla Commissione sono riportati tutti gli incidenti
stradali, in alcuni casi addirittura ferroviari, provocati dai
bovini negli anni scorsi.
   Visto e appurato che non è possibile un intervento
massiccio e radicale in un'unica soluzione, per
l'impossibilità di avere a disposizione le risorse necessarie,
la soluzione potrebbe essere quella di prevedere più
interventi meno massicci e portati avanti sempre con personale
specializzato, per esempio butteri o anche personale
dell'esercito, in modo da eliminare questi capi un po' alla
volta e dare una dimostrazione delle possibilità dello Stato
circa la soluzione del problema. E' chiaro però che occorre
una normativa che possa fungere da appoggio anche per la fase
successiva, quella relativa alla fine cui destinare il
bestiame catturato. Al riguardo, voglio citare un esempio
significativo: nell'estate del 1992, nella zona di Serrata -
credo che lei lo ricordi senz'altro - catturammo
quarantacinque capi, ma fu un dramma, nel senso che la cattura
fu abbastanza semplice rispetto a ciò che accadde dopo;
infatti, non riuscendo a trovare dove collocare questi
animali, li sistemammo in una stalla, ma per quaranta giorni
ho dovuto impiegare dei carabinieri perché vigilassero
ventiquattrore su ventiquattro. Quindi, ogni giorno dovevo
togliere dieci carabinieri al controllo del territorio perché
custodissero quelle bestie ed impedissero che venissero
riprese. Tutto questo è durato fino a quando non si è trovata
la soluzione per la collocazione definitiva degli animali.
Ecco perché a monte occorre prevedere una normativa, una
programmazione specifica per la collocazione dei capi
catturati.
  PRESIDENTE. Quindi, vi sarebbero in pratica due
frontiere, se così si possono chiamare: la prima riguarda
un'azione di ordine pubblico, che può essere avviata anche
indipendentemente da provvedimenti legislativi; la seconda
riguarda invece una normativa a regime che stabilisca la
marchiatura delle bestie e così via.
                        Pag. 3442
  MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei
carabinieri di Reggio Calabria. Naturalmente, l'occasionale
contingenza cui si fa fronte per motivi di ordine pubblico non
è che risolva il problema. Di volta in volta...
  PRESIDENTE. Mi scusi, colonnello, mi riferisco non tanto
al tipo di operazioni svolte dai suoi uomini, quanto ad altro:
al fatto che si stabilisca che tutta una serie di vie siano
pattugliate costantemente - per esempio per un mese - e che
siano abbattuti i bovini che creano intralcio alla
circolazione. Mi sembra essere questo il tipo di ragionamento.
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Volevo
precisare che quando ho fatto riferimento all'esercito
intendevo riferirmi esclusivamente a personale specializzato.
  PRESIDENTE. Sì, lo avevamo capito, perché il prefetto ci
ha detto che a Grosseto vi sono dei gruppi...
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Sì,
esatto.
  MASSIMILIANO CETOLA, Comandante del gruppo dei
carabinieri di Reggio Calabria. Sì, c'è un centro per la
riproduzione dei quadrupedi.
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Volevo
sgomberare il campo da ogni equivoco, perché siccome vi è la
possibilità di utilizzare l'esercito in Calabria, non vorrei
che il mio pensiero fosse interpretato nel senso che parte
dell'esercito dovrebbe essere utilizzata per risolvere questo
problema.
  PRESIDENTE. Ho capito. A questo poi ci pensiamo noi!
  GIROLAMO TRIPODI. Credo che il signor questore ed il
colonnello dei carabinieri siano perfettamente consapevoli di
quanto questo problema sia inquietante per le zone di Reggio
Calabria, dove rappresenta uno dei più evidenti casi di
illegalità generalizzata. Tale fenomeno interessa non solo i
comuni citati ma anche la zona di Gioia Tauro (Rizziconi e
Polistena): l'altro giorno, per esempio, ho esibito una
denuncia di un agricoltore ai carabinieri di Polistena. In
queste zone, ci troviamo di fronte a quella che possiamo
considerare un'occupazione illegale del territorio. Chi
coltiva la terra non ha più la possibilità di raccogliere
nulla perché tutto viene divorato da questo pascolo abusivo.
Prima si diceva che i proprietari di una parte del bestiame
appartenessero alle cosche di Cittanova (si parlava dei Raso
Albanesi e anche dei Facchineri); adesso, sembra che il
fenomeno si sia allargato, sia perché una parte dei capi da
Cittanova può attraversare lo Zomaro e spostarsi nella zona
ionica, sia perché per quanto riguarda Melito Porto Salvo,
Bova, Brancaleone o Africo le cosche sono altre. Sono convinto
che si tratti di altre cosche. Quelle di Serrata, per esempio,
sono vicine alle Serre, quindi si tratta di un'altra zona
rispetto a quella che avete considerato nel 1992.
   Di questo fenomeno delle cosiddette vacche sacre mi sembra
che già ve ne occupaste in precedenza, nel 1989, quando lei
ancora non era a Reggio Calabria, colonnello Cetola. Ricordo
che allora furono catturati soltanto ventisei capi e che
l'operazione fu non solo deludente ma anzi controproducente,
perché lo Stato non solo per lungo tempo ignorò o si dimostrò
incapace di assicurare la giustizia in queste zone ma quando
portò avanti un intervento esso si rivelò fallimentare.
   Adesso, a Cittanova, giorno per giorno, l'amministrazione
comunale ed i carabinieri stanno procedendo all'abbattimento e
poi all'utilizzazione delle carni dei bovini.
   Il problema è verificare se adesso finalmente si prende
una posizione e la si porta avanti. Non sono un tecnico, ma da
contatti avuti con esperti del settore e anche con macellai ho
saputo che catturare questi animali, che sono per alcuni
aspetti selvaggi, comporta qualche difficoltà.
                        Pag. 3443
 Forse si potrebbe catturarli dopo averli indeboliti con
apposite tecniche.
   Comunque, in un modo o nell'altro il problema deve essere
risolto. Bisogna dare un segnale in questo senso, ed è uno dei
segnali più importanti che si possa dare in quelle zone dove
il dominio, anche attraverso questa via, dimostra l'arroganza
e la prepotenza delle organizzazioni criminali mafiose.
  VITO LECCESE. Premesso che non conosco a fondo il
problema...
  PRESIDENTE. Onorevole Leccese, in quanto verde non
difenda le mucche altrimenti non ne usciamo più...(Si
ride).
  VITO LECCESE. Non vorrei che queste indicazioni
potessero destare un po' di problemi nel mondo degli
animalisti...
  PRESIDENTE. Bisogna fare molto presto prima che la cosa
si diffonda...
  VITO LECCESE. Non conosco a fondo il problema se non per
le notizie di stampa; fra l'altro non ho partecipato
all'audizione del prefetto di Reggio Calabria. Ammetto che non
riesco ad inquadrare bene le motivazioni del fenomeno. I 3
mila capi di bestiame che girano liberamente nel territorio di
parecchi comuni sono una manifestazione di tipo mafioso, come
ha dichiarato il questore, ma non capisco se tale
manifestazione sia legata a motivi commerciali o soltanto a
motivi ideologici, concettuali, consistenti nel fatto che
alcune cosche mafiose della Calabria lasciano vagare
liberamente questi 3 mila capi soltanto per dimostrare il loro
predominio sul territorio.
   Se il problema è legato ad un motivo commerciale, credo
che sia facilmente risolvibile con l'individuazione dei capi
attraverso il tatuaggio, che può essere effettuato anche se il
regio decreto che lo prevedeva è stato abrogato dalla legge
finanziaria per il 1989. Ritengo infatti che per contingibili
ed urgenti motivi di carattere sanitario i sindaci dei vari
comuni o l'autorità sovracomunale, quindi in questo caso
quella regionale ed in particolar modo l'assessore alla sanità
della regione Calabria, potrebbero emanare un'ordinanza con la
quale si predispone l'individuazione del bestiame attraverso
il tatuaggio, in modo da individuare i singoli capi di
bestiame e quindi renderne impossibile la successiva
commercializzazione.
   La mia domanda tende dunque a capire le motivazioni di
questo fenomeno.
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria. Alla
sua domanda rispondo che valgono l'una e l'altra ragione,
anche se secondo me è prevalente la ragione del profitto.
Occorre tener conto che questo tipo di commercio - chiamiamolo
così - è a costo praticamente zero perché, dal momento in cui
lo si porta in una zona impervia dell'Aspromonte, un capo di
bestiame non costa niente a chi ne rivendica la proprietà.
Quando poi sarà pronto per essere macellato, l'avente diritto
non farà altro che portarlo al mattatoio e incassare il ricavo
della vendita realizzando un introito praticamente a costo
zero.
  VITO LECCESE. Ma se il capo viene marchiato?
  LUIGI LA SALA, Questore di Reggio Calabria.
Risponderò fra poco, per non accavallare gli argomenti. Il
boss del posto così facendo riafferma ancora di più il suo
potere mafioso: non soltanto tengo questa mucca pascolante, ma
lo faccio come, dove e quando voglio, e se la vacca rovina un
campo seminato a me non interessa; il mafioso della zona sono
io.
   Per quanto riguarda il discorso della marchiatura, io
stesso prima ho osservato che l'anagrafe del bestiame serve
appunto a questo. Il regio decreto del 1899 che è stato
abrogato aveva proprio la funzione di imporre obblighi non
soltanto ai comuni, ma anche ai singoli proprietari che erano
tenuti a marchiare i loro capi di bestiame. Era un'anagrafe
vera e propria:
                        Pag. 3444
alcuni comuni della Sardegna e della Sicilia hanno
ottemperato agli obblighi del regio decreto fino al 1982. Ho
qui una documentazione che attesta che ogni capo veniva
descritto con il marchio che doveva portare sul mantello, con
il tipo di razza al quale apparteneva e con tutte le altre
notizie che il comune aveva l'obbligo di annotare. Anche
perché ciascun capo, quando andava venduto o macellato, perché
l'operazione potesse essere legale doveva avere la marchiatura
da parte del proprietario e l'attestazione dell'avvenuto
controllo da parte del comune. Il problema è che attualmente
tutto ciò non si fa.
  PRESIDENTE. C'è quindi anche il problema dei macelli.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Certo, perché sono il filtro
tra la commercializzazione e la marchiatura.
  PRESIDENTE. Vi ringraziamo per il vostro contributo,
precisando che sulla base dei dati che ci avete fornito
elaboreremo un indirizzo per quanto riguarda sia le autorità
locali sia le autorità di Governo.
La seduta termina alle 12,10.

 


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