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Violante: seduta 88
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AUDIZIONE DEL MINISTRO DELL'INTERNO, AVVOCATO NICOLA
MANCINO, SULLO STATO DELLA LOTTA ALLA CRIMINALITA' MAFIOSA IN
   CALABRIA DOPO IL RECENTE OMICIDIO DI DUE CARABINIERI
AUDIZIONE DEL MINISTRO DI GRAZIA E GIUSTIZIA, PROFESSOR
GIOVANNI CONSO, SULLO STATO DELLA LOTTA ALLA CRIMINALITA'
MAFIOSA IN CALABRIA DOPO IL RECENTE OMICIDIO DI DUE
                       CARABINIERI
        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Audizione del ministro dell'interno, avvocato Nicola
Mancino, sullo stato della lotta alla criminalità mafiosa in
Calabria dopo il recente omicidio di due carabinieri:
Violante Luciano, Presidente .............. 3515, 3522, 3523
              3526, 3527, 3529, 3530, 3534, 3537, 3538, 3542
Bargone Antonio ................................. 3536, 3537
Brutti Massimo .................................. 3526, 3534
Buttitta Antonino ..................................... 3528
Cafarelli Francesco ................................... 3538
Cappuzzo Umberto ...................................... 3538
Frasca Salvatore .................... 3525, 3526, 3527, 3528
                                3529, 3530, 3531, 3540, 3541
Imposimato Ferdinando ................................. 3523
Galasso Alfredo ....................................... 3538
Mancino Nicola, Ministro dell'interno............ 3515, 3525
                    3531, 3533, 3537, 3538, 3540, 3541, 3542
Matteoli Altero ................................. 3525, 3526
Tripodi Girolamo ................................ 3530, 3531
                                3533, 3534, 3537, 3540, 3542
Audizione del ministro di grazia e giustizia, professor
Giovanni Conso, sullo stato della lotta alla criminalità
mafiosa in Calabria dopo il recente omicidio di due
carabinieri:
Violante Luciano, Presidente .............. 3543, 3544, 3545
                    3546, 3547, 3548, 3552, 3553, 3554, 3555
Conso Giovanni, Ministro di grazia e giustizia ........ 3543
                                            3544, 3545, 3546
                    3547, 3548, 3550, 3552, 3553, 3554, 3355
Frasca Salvatore .......................... 3543, 3544, 3547
                                            3548, 3552, 3554
Galasso Alfredo ..................... 3545, 3546, 3547, 3555
Tripodi Girolamo .......................... 3549, 3553, 3555
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente .............. 3522, 3542, 3543
Brutti Massimo ........................................ 3543
                        Pag. 3514
                        Pag. 3515
La seduta comincia alle 16,10.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
Audizione del ministro dell'interno, avvocato Nicola
Mancino, sullo stato della lotta alla criminalità mafiosa in
Calabria dopo il recente omicidio di due carabinieri.
  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del
ministro dell'interno, avvocato Nicola Mancino, e del ministro
di grazia e giustizia, professor Giovanni Conso. Tale incontro
fa seguito ad una richiesta, rivolta alla presidenza della
Commissione da parte di cinque colleghi appartenenti a cinque
diversi gruppi parlamentari, dopo l'assassinio dei due
carabinieri in provincia di Reggio Calabria: ciò sia per la
gravità obiettiva del fatto sia perché la 'ndrangheta
risultava, complessivamente, come la struttura ancora meno
aggredita da parte delle forze dell'ordine e della
magistratura. La presidenza della Commissione ha richiesto al
Presidente della Camera l'autorizzazione a tenere una seduta
con tale ordine del giorno ed il Presidente, considerata la
particolare gravità della situazione in Calabria, ha
acconsentito. Il Governo, tramite i ministri Mancino e Conso,
si è mostrato immediatamente disponibile a svolgere il
presente incontro.
   Do senz'altro la parola al ministro dell'interno
chiedendogli di fornirci una valutazione politica dello stato
della situazione in Calabria e di indicarci le misure concrete
che egli ritenga possano essere immediatamente assunte per
fronteggiare tale realtà.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Signor
presidente, desidero innanzitutto consegnare agli atti della
Commissione una documentazione relativa alla situazione degli
organici della polizia di Stato nelle regioni a maggiore
rischio: Sicilia, Calabria, Campania e Puglia.
   Per quanto riguarda la Calabria, abbiamo un organico
generale di 4.069 addetti, con un organico effettivo di 4.048,
ossia ci avviciniamo alla dotazione organica con una certa
approssimazione. A Catanzaro vi è un organico generale di
1.111 addetti, a fronte di un organico effettivo di 1.119,
quindi vi è qualche elemento in più; a Cosenza 808 a fronte di
765; a Reggio Calabria 2.150 a fronte di 2.164, quindi anche
in questo caso vi è qualche elemento in più.
   Dal punto di vista generale, ho predisposto una relazione
riassuntiva anche dei profili evolutivi che la malavita
organizzata ha registrato negli ultimi tempi.
   Vi è un indubbio salto di qualità della 'ndrangheta, che
si colloca in un contesto delinquenziale più ampio, con
proiezioni sul territorio sia nazionale sia estero. Sotto il
profilo organizzativo, si assiste ad una riconversione della
tradizionale articolazione di tipo orizzontale, con una
tendenziale ristrutturazione che, se non è proprio gerarchica,
innesta tuttavia un sistema di controllo e direzione
sull'autodeterminazione delle 'ndrine a mezzo di un organismo
collegiale che disciplina la ripartizione delle iniziative
delle singole famiglie. Valutando i risvolti di recenti
inchieste giudiziarie condotte dalla procura distrettuale di
Reggio Calabria, è possibile cogliere segnali di strette
alleanze tra cosche reggine, con la presenza di un organismo
collegiale a livello provinciale
                        Pag. 3516
 (questo è un salto di qualità). Tale organismo non
configurerebbe una realtà nuova rispetto alla precedente, ma
sarebbe caratterizzato da un affinamento di tecniche
organizzative, in passato alquanto rudimentali, e da una
visione della gestione del potere criminale segnato da
maggiori professionalità e imprenditorialità. Questa
configurazione sarebbe scaturita dall'evoluzione del fenomeno
mafioso determinata dalla convenienza di bloccare la guerra
tra le cosche della provincia reggina, protrattasi fino al
1991, nonché dall'opportunità di razionalizzare gli interventi
sociali ed economici previsti dal noto "decreto Reggio", su
cui si sono appuntate le capacità organizzative delle cosche
mafiose. Inoltre, l'esigenza di un'oculata gestione dei
traffici di droga e di altre attività della criminalità più
evoluta avrebbe comportato un coordinamento delle
articolazioni della malavita in funzione della
complementarietà dei compiti espletati dalle singole famiglie,
nonché di un approccio unitario e di avvio di relazioni
commerciali illecite.
   I riflessi di tale organizzazione interna del sistema si
proietterebbero anche sul piano delle relazioni con analoghe
organizzazioni criminali nazionali ed internazionali (e questo
è il fenomeno più preoccupante).
   La centralità che il commercio di stupefacenti ha assunto
per l'economia della 'ndrangheta ha accentuato la tessitura di
alleanze e, con l'aggiornamento di tecniche sperimentate nel
contrabbando dei tabacchi, la trasformazione di esse in
"cartelli", per l'acquisizione di grosse partite di droga da
parte delle cosche consorziate che poi gestiscono in proprio
le fasi di distribuzione.
   Due, soprattutto, i raggruppamenti criminali che si sono
delineati nel Reggino: quelli facenti capo a Giuseppe
Morabito, da Africo, detto "Tiradritto" (e a questo proposito
mi sono guadagnato una querela ed una citazione per danni) ed
ai Mammoliti di Gioia Tauro. A tale forma di intese le cosche
sono state indotte anche in conseguenza dei rilevanti successi
delle forze dell'ordine che hanno, in molti casi,
disarticolato le strutture di potenti organizzazioni, operando
sia sul piano delle indagini penali, sia su quello della
prevenzione patrimoniale.
   Le strutture mafiose radicate sul territorio si
configurano nei seguenti termini: nei 97 comuni del Reggino,
abitati da 592.152 persone, sono attive 86 formazioni mafiose,
con circa 3.800 affiliati; nel Catanzarese, che annovera una
popolazione di 774.450 persone distribuita in 157 comuni, si
registra la presenza di 51 cosche, con oltre 1.100 affiliati,
prevalentemente nel capoluogo, nel Vibonese, nel Crotonese e
nel Lametino; nel Cosentino, con 780.122 abitanti in 155
comuni, operano 23 clan, con 800 affiliati e capacità di
influenza nel capoluogo, nella Piana di Sibari e sulla costa
tirrenica (Cetraro, Paola, S. Lucido e via dicendo).
   Quanto alle attività criminali privilegiate, resta
fondamentale la sistematica applicazione del metodo estorsivo,
espressione del controllo del territorio di influenza da parte
della cosca. Ma altra via, quella dell'acquisizione diretta
delle imprese, commerciali soprattutto, appare essersi aperta
alle organizzazioni criminali, come forma di reinvestimento di
proventi illeciti, favorito dalla difficile congiuntura
economica. L'imprenditore tradizionale, pressato dagli oneri
fiscali e dalla concorrenza, è facile preda della morsa
estorsione-usura, entrambe gestite dalle centrali criminose.
   L'attività usuraria rappresenta infatti un altro fiorente
canale per la 'ndrangheta, che ha trovato in esso un ulteriore
sistema di riciclaggio e, nel contempo, di copertura, giacché
la titolarità dell'impresa viene conservata in capo al
titolare, che diventa, in sostanza, dipendente di un socio
occulto. L'imprenditore mafioso, peraltro, tende ad incidere
in chiave monopolistica sul mercato, eliminando la concorrenza
ed imponendo agli imprenditori, a monte o a valle del ciclo
produttivo, l'utilizzo dei suoi prodotti e dei suoi servizi.
Ne sono testimonianza la spartizione, per aree di influenza,
di significativi mercati (dalla carne al pesce, ai prodotti
ortofrutticoli, ai fiori, e così via).
                        Pag. 3517
   Il sequestro di persona a scopo di estorsione è ancora
radicato negli ambienti delinquenziali dell'area aspromontana
e dell'immediata costa ionica, sebbene una certa flessione del
numero dei delitti sia stata registrata negli ultimi anni: sei
sequestri nel 1991 (quattro in provincia di Reggio e due in
provincia di Catanzaro); tre nel 1992 (tutti nella provincia
reggina); tre nel 1993 (anch'essi in provincia di Reggio
Calabria). Lo scorso anno sono stati rapiti: Tommaso Mittiga
(Bovalino, 20 aprile 1993), liberato, nell'arco della stessa
giornata, dalla polizia di Stato; Antonio Tassone (Caulonia, 6
ottobre 1993), autoliberatosi dopo sei giorni; Adolfo
Cartisano (Bovalino, 22 luglio 1993), ancora nelle mani dei
sequestratori.
   Le indagini riferite agli ultimi sequestri hanno messo in
evidenza il ricambio generazionale delle vecchie formazioni
che avevano operato sistematicamente in passato e che erano
state neutralizzate con imponenti operazioni di polizia negli
anni ottanta.
   Le finalità perseguite dalla 'ndrangheta negli scorsi
decenni erano ancorate, precipuamente, alla ricerca di
capitali da investire nella realizzazione di opere pubbliche
(quinto centro siderurgico, rete viaria), nei traffici di
droga e nell'acquisto di beni fondiari.
   Anche per alcuni sequestri degli ultimi anni (Casella, 18
gennaio 1988; Marzocco, 22 gennaio 1988; Celadon, 25 gennaio
1988) sono apparse valide le stesse motivazioni di
finanziamento di attività collegate ai traffici di droga.
   Le ultime iniziative si discostano nettamente dalle
precedenti e possono essere riferite alle prime esperienze di
giovani leve o a momenti residuali di pratiche illecite, anche
con lo scopo di distrarre l'attenzione degli investigatori
dalle indagini su circuiti criminali di maggiore spessore.
   Per quanto attiene ai traffici di droga, nel rammentare
quanto detto sulla concentrazione in capo ad appositi
"cartelli" delle relative fasi gestionali, bisogna dire, alla
luce delle conoscenze perfezionate sul piano investigativo,
che la malavita calabrese (reggina e, in alcuni casi, anche
catanzarese) è, senza dubbio, protagonista delle più
significative transazioni illecite registrate nel settore.
Essa ha basi operative nel nord Italia (Lombardia, Piemonte e
Liguria), punto di riferimento per la collocazione del
prodotto e, attraverso intese operative con rappresentanti
delle cosche siciliane, proietta la propria attività nei
circuiti europei (Germania e Francia, in particolare), nei
paesi dell'area mediterranea e medio-orientale, in Canada ed
in Sud-America.
   Parallelo a quello degli stupefacenti e talvolta
interconnesso è il traffico delle armi; mentre si assiste alla
stazionarietà degli interessi della 'ndrangheta nel settore
delle frodi comunitarie.
   Al campo delle rapine, solitamente tipiche della malavita
cosentina, risulta ultimamente interessata anche quella
reggina, con interventi selezionati e tecniche di particolare
complessità.
   A completamento dell'analisi, è il caso di sottolineare
l'attenzione riservata alle attività correlate al fenomeno
dell'immigrazione clandestina di extracomunitari allo scopo di
individuarne le finalità speculative nel quadro delle voci
attive del bilancio della 'ndrangheta.
   I dati statistici relativi ai reati di maggiore allarme
sociale confermano il calo progressivo delle manifestazioni di
conflittualità interna alle cosche e l'andamento stazionario,
ma ridotto, del fenomeno dei sequestri di persona. Nel
contempo, è da rilevare l'indice sostenuto delle
manifestazioni tipiche dell'incidenza delle cosche sul
territorio: in particolare per le estorsioni e per gli
attentati incendiari o dinamitardi.
   Nell'ultimo quadriennio sono stati registrati: 316 omicidi
nel 1990, 264 nel 1991, 152 nel 1992, 123 nel 1993 (quindi c'è
una regressione). Per i sequestri di persona si richiamano i
dati già forniti. Le estorsioni denunciate sono passate dalle
136 del 1990 alle 195, 164, 214 degli anni successivi, mentre
gli attentati incendiari e dinamitardi, in numero di 498
                        Pag. 3518
nel 1990, sono stati 687 nel 1991, 540 nel 1992, 526 nel
1993. Le rapine gravi hanno presentato il seguente andamento:
538 nel 1990 e, rispettivamente, 550, 426 e 509, negli anni
seguenti.
   La pericolosità delle centrali mafiose e la costante
ricerca del profitto hanno determinato negli ultimi due anni
un accentuarsi degli attentati dinamitardi o incendiari, non
solo nei confronti delle vittime di reati estorsivi ma anche
contro obiettivi istituzionali (alle minacce a magistrati e
rappresentanti delle forze di polizia vanno aggiunti gli
attentati, prevalentemente incendiari, a tutori dell'ordine ed
elementi della polizia penitenziaria). In particolare, dal
1988 al 1993 sono stati consumati 80 attentati contro
appartenenti alle forze di polizia e 3 nei confronti di
strutture di polizia.
   Non può mancare in proposito un riferimento alle reazioni
sanguinarie della malavita nei confronti di appartenenti alle
istituzioni registrate negli ultimi tempi, al fine di
ingenerare un clima di intimidazione diffusa. L'omicidio del
sovrintendente capo Salvatore Aversa, ucciso il 4 gennaio 1992
a Lamezia Terme (il relativo processo si è concluso il 13
gennaio scorso con la condanna degli autori) e l'agguato
mortale teso a due militi dell'Arma di Palmi, appuntati
Antonio Fava e Vincenzo Garofalo, il 18 gennaio scorso,
costituiscono un chiaro esempio della nuova tracotanza della
malavita associata, già evidenziatasi nel 1991 con
l'eliminazione del sostituto procuratore generale dottor
Scopelliti.
   I rapporti tra la malavita organizzata e le componenti
politico-amministrative hanno scandito le fasi evolutive della
criminalità in Calabria e segnatamente nel Reggino. Basta
rileggere le pagine della sentenza del tribunale di Reggio
Calabria del 4 gennaio 1979, relativa al procedimento penale a
carico di Paolo De Stefano ed altri 59 imputati, responsabili
di associazione per delinquere finalizzata all'illecita
acquisizione di profitti nell'avvio della realizzazione - come
ho detto prima - del quinto centro siderurgico di Gioia Tauro.
   Particolarmente significativi, in tempi recenti: la
vicenda che ha visto coinvolta l'amministrazione comunale di
Reggio Calabria (il 23 settembre 1992, con decreto
presidenziale, è stato disposto lo scioglimento di quel
consiglio comunale); lo scioglimento, ai sensi della normativa
antimafia, di 12 consigli comunali; il perseguimento di 767
pubblici amministratori nel quadriennio 1990-1993; i 20
accessi disposti dai prefetti nei confronti di altrettante
amministrazioni comunali (9 in provincia di Catanzaro, 6 in
quella di Reggio Calabria, 5 in provincia di Cosenza).
   Per quanto concerne Reggio Calabria, la situazione già al
vaglio della magistratura a seguito delle dichiarazioni
dell'ex sindaco della città Agatino Licandro e dell'emissione
di 24 provvedimenti cautelari relativi anche ad esponenti
politici, ha finito per interessare, lo scorso anno, le
pratiche relative alla nascita del centro direzionale del
capoluogo, e, quindi, a porre in evidenza l'intreccio tra
potere politico, imprenditoria e cosche mafiose sintetizzato
nel cosiddetto "comitato d'affari".
   Passando alle ramificazioni della 'ndrangheta nel nord
Italia, in Liguria, le cosche hanno stabilito propaggini in
provincia di Imperia (Ventimiglia, Arma di Taggia), nella
stessa Genova e nella parte occidentale della provincia di
Savona.
   In Piemonte, ove il fenomeno si presentò legato alla
immigrazione meridionale, sin dai primi insediamenti, la
malavita reggina, nonostante sconvolgimenti interni e
defezioni conseguenti ad operazioni di polizia di particolare
valenza, conserva la propria pericolosità per il collegamento
del clan dominante di Mario Ursini con le più accreditate
cosche della zona ionica reggina e del catanzarese. Una
recente operazione della direzione centrale per i servizi
antidroga conferma l'abile tessitura delle alleanze da parte
di Ursini e la sua posizione di polo di riferimento nel
traffico della droga. Altri insediamenti di notevole spessore
si registrano a Orbassano, Chivasso e Novara.
                        Pag. 3519
   In Lombardia spiccano due clan, entrambi dediti al
traffico di stupefacenti ed al riciclaggio di denaro: quello
di Santo Pasquale Morabito, in contatto con cosche palermitane
(Corallo e Fidanzati), nonché con esponenti della malavita
francese ed argentina e quello dei fratelli Ferraro, collegati
alla camorra di Michele Zaza.
   In contatto con la camorra è anche la famiglia Giovine,
con proiezioni nella penisola iberica ed in Svizzera.
   La presenza delle cosche della 'ndrangheta e l'incidenza
nella realtà criminale lombarda va oltre l'indicazione dei
poli di riferimento maggiori, atteso che il trapianto di
talune cosche, tramite cellule delle organizzazioni mafiose
della Locride, ha interessato non solo Milano ed il relativo
hinterland ma anche il lodigiano, il comasco e la provincia di
Lecco.
   In Emilia Romagna (Modena, in particolare), esponenti
delle cosche di San Luca, e della malavita tirrenica della
provincia reggina (Piromalli e Longo-Versace) sono coinvolti
nel traffico di stupefacenti, delle armi nonché nella pratica
dell'estorsione e del riciclaggio; in Toscana, vengono
segnalati insediamenti della cosca Piromalli e dei Facchineri;
nel Lazio, della malavita di Africo e Sinopoli.
   Quanto alle proiezioni internazionali, giova far presente
che in Europa, la Germania (L|f3nder sud-occidentali) è
la nazione maggiormente coinvolta dall'esportazione di
modalità e comportamenti propri della criminalità calabrese,
con riferimento al traffico internazionale di stupefacenti, al
falso nummario, al riciclaggio del denaro sporco.
   In Francia l'attenzione delle cosche si è proiettata
nell'area meridionale per la gestione di attività illecite nei
settori della droga, del riciclaggio, delle scommesse
clandestine.
   Analoghe iniziative sono riscontrabili, principalmente per
la conduzione di attività connesse ai traffici di droga, nella
penisola iberica.
   Ai paesi dell'Europa orientale, appaiono rivolte le
maggiori attenzioni di alcuni esponenti della 'ndrangheta per
tentare di reperire nuovi canali per la ripulitura del denaro
sporco ed il reinvestimento di profitti illeciti in nuove
occasioni di reddito. Questa è una pagina tutta ancora da
scrivere, anche dal punto di vista di informazioni più
dettagliate ma c'è un'attenzione particolare, certo non
soltanto della 'ndrangheta ma di tutta la malavita organizzata
nei settori dell'Europa centro-orientale.
   Quanto al continente nord americano, si segnala
l'organizzazione di origine reggina, cosiddetta "Siderno
group", operante a Toronto, in contatto con le cosche di
origine. Non mancano segnali di proiezione della malavita
reggina in paesi dell'America latina (Perù, Colombia, Bolivia,
Venezuela, Brasile).
   In Australia, nuclei di famiglie reggine sono dediti alla
coltivazione della canapa indiana e si segnalano contrasti
violenti per il predominio delle aree di influenza.
   I collegamenti con la mafia siciliana e la camorra
continuano ad essere tessuti nel rispetto dell'autonomia
operativa dei singoli aggregati e in funzione di forme di
cooperazione o di coointeressenza che si presentano necessarie
per il perseguimento di fini comuni. Tale assunto trova una
chiara conferma in specifici episodi storicamente accertati.
   Nel considerare le linee di tendenza della malavita
calabrese, è da tener presente che le proiezioni lungo le
rotte della droga, i nuovi spazi operativi conseguenti
all'apertura delle frontiere comunitarie ed all'incerta tenuta
degli apparati istituzionali dell'Europa dell'est, fanno
ritenere probabile una crescente attenzione verso i citati
traffici e verso iniziative in settori di interesse, attuate
con capacità di confermare gli uni e le altre secondo le
occasioni che possono presentarsi di volta in volta.
   Non può essere trascurata la già dimostrata capacità dalla
'ndrangheta a forme di riconversione dell'apparato e dei
programmi, avuto riguardo ai possibili interlocutori del mondo
politico-amministrativo ed alle prospettive di interventi sul
piano sociale ed economico nelle regioni di appartenenza.
                        Pag. 3520
   L'azione di contrasto. Dopo aver combattuto, negli anni
settanta e ottanta i sequestri di persona e le cicliche guerre
di mafia, le forze di polizia e l'apparato giudiziario, con
l'utilizzazione dei nuovi strumenti normativi e l'apporto di
dichiarazioni di collaboranti, hanno segnato al proprio
attivo, nell'ultimo biennio, importanti successi.
   E' stato conseguito l'abbattimento di solide
organizzazioni con il perseguimento di 139 sodalizi ed il
coinvolgimento di 2.743 persone. Sono stati catturati 165
pericolosi latitanti.
   L'intensa attività di prevenzione speciale ha consentito
la neutralizzazione di cospicui patrimoni nella disponibilità
di appartenenti ad elementi delle cosche, con il sequestro di
beni per un valore di 790 miliardi di lire e la confisca per
complessivi 260 miliardi. C'è sempre questo scarto tra il
sequestro e la confisca ma ciò è piuttosto evidente, oltre
tutto credo che rientri nella norma del rapporto tra sequestro
e confisca nelle aree di maggiore criminalità.
   In tema di attività antidroga, sono stati sequestrati
chilogrammi 5.872 di stupefacenti e perseguite 3.599 persone
di cui 2.471 in stato di arresto.
   Una riprova della consistente ed incisiva attività
investigativa svolta viene dalle numerose inchieste
giudiziarie giunte alla fase dibattimentale e da eloquenti
sentenze di condanna, emesse negli ultimi anni contro robusti
sodalizi criminosi.
   A tal proposito vanno ricordate: la decisione, nel 1992,
della Suprema corte in ordine al processo a carico di Albanese
più 106, relativamente agli scontri tra i gruppi Imerti e De
Stefano in Reggio Calabria; la conclusione, il 14 novembre
1992, presso la corte d'assise di Reggio Calabria del processo
di primo grado a carico di Antonino Imerti più 50,
responsabili di numerosi crimini consumati negli ultimi anni
nel capoluogo reggino; la definizione, il 23 gennaio 1993,
presso il tribunale di Palmi, del processo penale contro Luigi
Facchineri più 11, con la condanna di 7 persone affiliate alla
cosca Facchineri, operante in Cittanova, nel settore delle
estorsioni; la irrogazione, il 13 gennaio scorso, di severe
condanne agli autori dell'omicidio dei coniugi Aversa.
   A queste pronunce giudiziarie vanno aggiunte le fasi
processuali in atto. Di particolare rilievo quelle attualmente
in fase dibattimentale presso: la corte d'assise di Palmi, nei
confronti della cosca Pesce di Rosarno; il tribunale di Locri,
contro Rosario Barbaro più 102 (operazione "Aspromonte"); il
tribunale di Cosenza, nei confronti delle principali cosche
gravitanti nel capoluogo e nei centri dei versanti tirrenico e
ionico della provincia.
   Non può, da ultimo, essere dimenticato il complesso
impegno assunto dalla magistratura di Palmi ai fini
dell'accertamento delle commistioni tra segmenti del mondo
criminale, della politica e di altri corpi associativi di tipo
massonico. Di non minore rilievo è l'indagine relativa alla
concatenazione mafioso-imprenditoriale attraverso cui la cosca
dominante in Gioia Tauro ha rinnovato, in occasione della
costruzione dei precantieri ENEL di Gioia Tauro, i consueti
canoni d'infiltrazione affaristica nelle opere pubbliche
interessanti la rispettiva zona di influenza.
   Nella disamina dei profili dell'azione di contrasto in
chiave propositiva, corre l'obbligo di sottolineare la
necessità di continuare ad aggiornare l'intenso lavoro di
analisi svolto, al fine di individuare le nuove situazioni
nelle quali si trovano ad operare le singole cosche; gli
aggiornati meccanismi operativi predisposti dalla malavita per
estendere la propria azione in contesti ambientali e
relazionali di più vasta portata; le nuove possibili forme di
condizionamento dell'apparato politico-amministrativo deputato
alla gestione della cosa pubblica ed alla realizzazione di
avanzati progetti per lo sviluppo sociale ed economico della
regione.
   Considerando l'importanza dei programmi economici delle
cosche, proseguirà, con sempre maggiore intensità ed
oculatezza, l'attacco ai patrimoni conseguiti
                        Pag. 3521
 illecitamente, curando in special modo le indagini rivolte
ad accertare le possibili intromissioni di esponenti della
criminalità organizzata nelle procedure relative
all'aggiudicazione di appalti, forniture ed al rilascio di
titoli abilitativi per la gestione di beni e servizi.
   La strategia anticrimine continuerà altresì a privilegiare
la ricerca dei più pericolosi latitanti, nonché lo sviluppo di
mirati interventi nel settore della prevenzione, con
riferimento al controllo coordinato del territorio, sia
nell'area aspromontana che lungo le fasce costiere,
particolarmente esposte queste ultime alle insidie provenienti
da sbarchi di sostanze stupefacenti ed armi.
   Considerati i ritmi e le linee di tendenza della malavita
associata calabrese, le forze dell'ordine si ispireranno alle
regole di una corretta reciprocità informativa e di una
coordinata ripartizione di obiettivi, principi opportunamente
sottolineati in specifiche direttive del consiglio generale
per la lotta alla criminalità organizzata.
   Nella delineazione di programmi investigativi, i servizi
di polizia giudiziaria potranno giovarsi, nella lotta alla
malavita associata, dei contributi delle nuove strutture di
indagine previste dalla recente normativa, nonché di
sperimentate strutture centrali della direzione centrale della
polizia criminale, per gli aspetti della cooperazione a
livello internazionale.
   A conclusione dell'analisi non può essere sottaciuta
l'importanza decisiva di una convergenza degli sforzi, a
sostegno delle forze dell'ordine e della magistratura, da
parte della classe politico-amministrativa, chiamata a
programmare e a realizzare le iniziative indispensabili a
rilanciare quelle province sul fronte sociale ed economico.
   In questo senso la sottrazione di spazi alla malavita,
producendo consensi e fiducia nel cittadino, accelererebbe il
processo di riscatto civile delle popolazioni e farebbe cadere
le barriere dell'omertà e le riserve ancora oggi ravvisabili
nei confronti dei rappresentanti delle istituzioni incaricati
di tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica.
   E' recente l'adozione di un decreto-legge, che rinnovando
l'operazione della presenza militare in Sicilia consente al
Governo di utilizzare una sua distribuzione sul territorio.
Abbiamo raggiunto in questa settimana un'intesa con il
Ministero della difesa, in base alla quale verrà utilizzato un
contingente analogo a quello oggi presente in Sicilia,
costituito da 5.200 militari, di cui 300 nelle zone di
confine, 1.000 prevalentemente nell'area reggina e 500 in
quella napoletana con obiettivi mirati. Tali unità, infatti,
verranno utilizzate a Napoli non soltanto per il nuovo
tribunale, ma anche per fronteggiare l'occupazione abusiva di
alcuni alloggi costruiti dalle strutture pubbliche, anche
secondo la richiesta avanzata dal sindaco di Napoli.
   Probabilmente avremmo potuto fare anche di più, ma abbiamo
problemi di copertura, soprattutto per quanto riguarda la
Calabria e in particolare Reggio Calabria. Tuttavia, la
presenza in questo momento di 1.000 militari e
l'alleggerimento da parte delle forze dell'ordine dei compiti
di mera sorveglianza potranno indubbiamente giovare ad una
migliore razionalizzazione.
   So di non avere accontentato soprattutto la magistratura
reggina che da tempo sollecitava la presenza di militari in
quell'area, ma credo che lo sforzo compiuto dal Governo sia
notevole. In occasione dell'intesa per la distribuzione sul
territorio dei militari, l'Arma dei carabinieri ha assicurato
la presenza della cavalleria per un'operazione massiccia,
della durata di quattro-cinque mesi, nell'area aspromontana.
E' in atto uno studio per la realizzazione di un presidio
permanente in questa zona al fine di combattere il fenomeno
non solo della malavita organizzata, ma anche e soprattutto
dei sequestri.
   Consegno agli atti della Commissione un quadro prospettico
in cui vengono parametrati i risultati della lotta contro la
criminalità organizzata con riferimento
                        Pag. 3522
agli anni 1991-1992-1993, ossia confrontando il 1992 rispetto
al 1991 e il 1993 rispetto al 1992.
   Anche nell'area calabrese si registra una notevole
diminuzione del tasso di delittuosità calcolato su 100 mila
abitanti: nel 1992 abbiamo una diminuzione rispetto al 1991
del 9,27 per cento dei delitti in generale, del 42 per cento
degli omicidi, del 22 per cento dei sequestri di persona, del
21 per cento delle estorsioni denunciate. Se poi parametriamo
il 1993 al 1992, che pure aveva fatto registrare queste
notevoli flessioni, verifichiamo una diminuzione - sempre su
100 mila abitanti - dei delitti in generale pari al 6,37 per
cento, degli omicidi volontari del 44 per cento, delle rapine
del 18 per cento, degli attentati dinamitardi del 4 per cento,
degli scippi dell'8,76 per cento.
   Naturalmente, l'offensiva nei confronti della criminalità
organizzata in Calabria deve continuare. A tal fine non
dobbiamo soltanto utilizzare la presenza delle forze
dell'ordine per assicurare un migliore controllo del
territorio poiché credo che anche la distribuzione di
magistrati in quell'area potrà servire allo scopo. Saranno
elementi di prima esperienza, ma anche dalle dichiarazioni
dell'associazione nazionale dei magistrati risulta che la
presenza di questi giovani ha dato un apporto notevole nella
lotta contro la criminalità organizzata.
   Sono a disposizione della Commissione per tutti i rilievi
che mi verranno mossi.
   Vorrei rassicurare il senatore Frasca che ha evidenziato
con interrogazioni e con ripetuti interventi in questa
Commissione una questione riguardante alcuni consiglieri
comunali dell'area di Cassano Ionio. Siamo in presenza di una
documentazione incompleta, pur essendovi un rapporto del
prefetto di Cosenza che mi affida il compito di rimuoverli e
tuttavia ritiene non urgente la questione al punto da non
procedere alla loro sospensione, così come normalmente
avviene.
   Si tratta di due consiglieri comunali, entrambi avvocati,
i quali si trovano proprio in quanto tali a contatto con gente
che appartiene alla criminalità organizzata. Vi sarebbe stata
l'intercettazione di un cellulare ma, dalle informazioni
assunte risulta che il numero di quell'apparecchio non
appartiene all'avvocato che è consigliere comunale. Per
l'altro soggetto, sono in corso indagini da parte della
procura generale e si assicura che le attività investigative
continueranno.
   Rispetto al diritto politico dell'elettorato passivo - che
a mio giudizio in una democrazia rappresenta il massimo dei
diritti soggettivi tutelati dalla Carta costituzionale -
nonostante il parere del prefetto di Cosenza nutro qualche
perplessità. Questo mio atteggiamento non deriva tanto dalla
previsione di una possibile denuncia - ne ho avute tante sia
quando ho sciolto, sia quando ho omesso lo scioglimento -
quanto dal doveroso rispetto degli atti documentali. Se tali
atti non sono oggettivi, non mi sento di adottare il massimo
provvedimento della rimozione; assicuro tuttavia al senatore
Frasca che nello spazio di una decina di giorni dovrò venire a
capo di questa vicenda in senso positivo o negativo, dandone
tempestiva comunicazione.
   Chiederei di fare una telefonata essendo in corso una
riunione a Palazzo Chigi.
  PRESIDENTE. Prego. Nel frattempo informo i colleghi di
alcune questioni.
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. E' giunta una richiesta dell'onorevole
Leccese diretta a sensibilizzare l'attenzione della
Commissione su fenomeni di riciclaggio a Bari, in relazione a
notizie di stampa circa una sospetta trattativa finanziaria
tra un imprenditore barese e persone legate ad ambienti
dell'alta finanza.
   Vorrei comunicarvi che, in relazione alla particolare
situazione in cui ci troviamo - caratterizzata dallo
svolgimento di funzioni molto attenuate nell'attuale fase di
scioglimento delle Camere -, riterrei opportuno segnalare al
collega Leccese che stante la situazione sembra davvero
difficile prendere in esame la
                        Pag. 3523
questione, certamente meritevole di notevole attenzione, da
lui segnalata.
   In secondo luogo la commissione difesa e sicurezza del
Parlamento della Repubblica ceca ha chiesto un colloquio con
la Commissione antimafia in particolare sulle questioni
relative al riciclaggio. Avendo letto il documento elaborato
da questa Commissione su economia e criminalità, considera di
notevole interesse il problema perché la Repubblica ceca è un
terreno di passaggio tra la criminalità russa e quella
occidentale. Avendo interpellato le Presidenze della Camera e
del Senato, abbiamo ricevuto l'autorizzazione a procedere a
questo incontro. Se dunque non vi sono opinioni contrarie,
cercheremo di fissare, compatibilmente con gli impegni dei
colleghi, una data.
   Infine, se vi fosse intesa, potremmo inviare al prefetto
di Reggio Calabria, dopo la questione delle "vacche sacre" di
cui ci siamo occupati, una lettera del seguente tenore:
"Signor prefetto, la ringrazio ancora per l'utilissimo
contributo fornito alla Commissione nel corso della sua
audizione del 10 gennaio scorso. A seguito di tale audizione e
di quelle del questore, del comandante provinciale dei
carabinieri di Reggio Calabria e dei sindaci dei comuni
interessati dal problema delle cosiddette "vacche sacre", la
Commissione parlamentare anfimafia ha maturato il
convincimento della necessità di impostare una soluzione
articolata su due linee di intervento. Sarà necessario
adottare provvedimenti, eventualmente di carattere
legislativo, che consentano interventi continui e protratti
nel tempo nei confronti dei capi di bestiame (...)" - e
tuttavia questo problema dovrà essere affrontato dal
Parlamento - "Ma è necessario anche adottare sin d'ora" -
questo è il punto - "provvedimenti per quei bovini che,
transitando senza vigilanza su strade e binari ferroviari,
causano con grande frequenza incidenti, con danni alle
persone. Non Le sfuggirà inoltre, signor prefetto, che tale
bestiame allo stato brado, appartenente notoriamente a cosche
mafiose, tra le quali quella dei Raso-Albanese, è segno di una
vera e propria occupazione del territorio da parte delle
stesse cosche, che si traduce in una continua lesione dei
diritti di cittadini e dell'autorevolezza dello Stato. La
prego, pertanto, di valutare l'opportunità di disporre servizi
di pattugliamento delle strade, al fine di tenere sotto
costante controllo il fenomeno e di eliminare, con l'urgenza
che il caso richiede, le situazioni di pericolo per la
circolazione. (...)."
   Ci sono obiezioni su questo testo? Se non vi sono
obiezioni, rimane stabilito di inviarlo anche ai sindaci che
abbiamo incontrato nel corso di una recente seduta della
nostra Commissione.
   (Così rimane stabilito).
  Vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi sulle
tabelle sugli organici dei magistrati e delle forze
dell'ordine, preparate dagli uffici. Desidero segnalarvi un
errore nell'ultima colonna a destra di quella piccola, nel
senso che non si tratta del rapporto forze di
polizia-affiliati, ma affiliati-forze di polizia, per cui va
rovesciata; pertanto, in Calabria abbiamo un mafioso ogni due
poliziotti. Mentre in Campania si registra un rapporto del 27
per cento e in Sicilia del 19 per cento, in Calabria è del 50
per cento! Se a questo aggiungiamo che in Calabria sono
presenti solo 8 magistrati nelle direzioni distrettuali
rispetto ai 52 della Sicilia, ci rendiamo conto della
situazione.
               Si riprende la discussione.
  PRESIDENTE. Riprendiamo l'audizione del ministro
Mancino.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Ringrazio il ministro per la
relazione molto puntuale, che può sembrare sotto molti aspetti
tranquillizzante. In realtà essa contrasta a mio avviso con
una situazione di estremo pericolo creatasi in questi ultimi
tempi per due ordini di ragioni.
   Anzitutto alcuni episodi verificatisi ultimamente
dimostrano come la 'ndrangheta in particolare abbia un
potenziale straordinariamente forte ed una capacità
                        Pag. 3524
di aggressione impressionante rispetto a quello che sapevamo.
Ci sono altri episodi che riguardano in particolare la
preparazione di attentati ad alcuni magistrati. Tutto questo
dimostra come la 'ndragheta, al pari della mafia, abbia la
ferma determinazione di portare avanti la propria strategia di
attacco contro i magistrati maggiormente esposti nella lotta
al crimine organizzato.
   Voglio qui ricordare l'accurata preparazione
dell'attentato contro Agostino Cordova. Se si pone questo
episodio accanto agli altri due attentati falliti, certamente
per merito delle forze dell'ordine ma anche per circostanze
particolari che hanno favorito la scoperta della preparazione
degli attentati (mi riferisco a quelli in danno dei magistrati
Luca Pistorelli e Pietro Grasso), ci si renderà conto del
fatto che i tre attentati preparati dalla criminalità
organizzata di tipo mafioso che è rappresentata nella sua
interezza da Cosa nostra, dati i collegamenti tra 'ndragheta e
mafia che ci sono stati riferiti recentemente dal dottor De
Gennaro, rispondono ad una strategia stragista che non è
assolutamente venuta meno, nonostante i notevoli successi
ottenuti dalle forze dell'ordine.
   D'altra parte dobbiamo anche riconoscere che la situazione
della magistratura, che a mio giudizio rappresenta un punto
importante nella lotta alla criminalità organizzata, nelle
zone a più alto tasso di presenza criminale si è ulteriormente
indebolita. Infatti gli uffici giudiziari nei quali prima
c'erano magistrati impegnati in prima persona nel portare
avanti e concludere certe inchieste, che giudico centrali
poiché riguardano i rapporti tra mafia e massoneria, si sono
indeboliti e non hanno più la possibilità di completare queste
indagini che servirebbero certamente ad individuare gli autori
di moltissimi delitti.
   Di recente ho parlato anche con alcuni magistrati, i quali
hanno lamentato il fatto che essi non riescono a sviluppare le
indagini riguardanti almeno il novanta per cento delle
dichiarazioni dei pentiti. Vero è che alcune di queste
osservazioni riguardano il ministro della giustizia ma è
altrettanto vero che dobbiamo fare un discorso unitario senza
fare distinzioni tra ministro dell'interno e ministro della
giustizia e dobbiamo reclamare dal Governo una più incisiva
presenza ed una maggiore attenzione rispetto ai gravi problemi
che si stanno ponendo negli ultimi tempi.
   Desidero anche ricordare che un altro magistrato calabrese
che era stato fatto oggetto di attenzione da parte della
'ndragheta è Lombardi. Ciò dimostra ancora una volta che è in
atto una strategia offensiva che riguarda soprattutto alcuni
magistrati e che non può non essere tenuta presente come fatto
che deve provocare una ferma reazione da parte dello Stato.
Sappiamo bene quello che è accaduto per Giovanni Falcone; la
scoperta dell'attentato dell'Addaura non ha impedito agli
autori del disegno criminoso di consumare l'attentato a
distanza di tre anni.
   Se consideriamo che molti di questi magistrati stanno
indagando sia su processi di criminalità organizzata e
soprattutto su processi che riguardano i rapporti tra mafia e
massoneria, come Luca Pistorelli, Agostino Cordova e altri, ci
rendiamo conto anche leggendo i giornali che vi è una
riduzione dell'attenzione e dell'allarme sociale rispetto ad
un'espansione dei fenomeni criminali. Pertanto le osservazioni
svolte dal ministro non ci tranquillizzano affatto; dobbiamo
richiamare l'attenzione su questo problema notevole, sul fatto
cioè che, nonostante questi episodi gravissimi che si sono
succeduti nel tempo a distanza di poche settimane, non vediamo
un'azione che porti alla cattura degli autori non delle stragi
consumate ma degli attentati riguardanti i magistrati
calabresi e siciliani.
   Nel denunciare in maniera forte questa situazione,
dobbiamo anche fare un cenno alla vicenda della centrale di
Gioia Tauro e all'incriminazione del presidente dell'ENEL
Viezzoli. Voglio ricordare che la Commissione antimafia svolse
un'istruttoria approfondita nel corso della
                        Pag. 3525
quale chiamò ripetutamente in causa Viezzoli. Si discuteva se
egli dovesse essere confermato alla guida dell'ENEL (lo ha
ricordato il senatore Frasca nel suo intervento); c'erano
elementi gravissimi nei confronti del presidente dell'ENEL,
elementi che avrebbero dovuto indurre Viezzoli ad essere più
attento nell'aggiudicazione degli appalti. Mi riferisco ai
rapporti dei carabinieri e della polizia, alla relazione dei
prefetti, alle richieste della magistratura inquirente,
all'implicazione di alcuni componenti del consiglio di
amministrazione dell'ENEL in processi per reati contro la
pubblica amministrazione, quindi alla presenza delle cosche
dei Piromalli nelle gare per l'aggiudicazione degli appalti
per la centrale di Gioia Tauro; nonostante tutto questo il
Governo non ritenne di revocare o almeno di non confermare la
nomina di Viezzoli. E' una situazione allarmante che dimostra
come la presenza delle cosche mafiose negli appalti
rappresenti soltanto uno degli aspetti del problema della
penetrazione della criminalità organizzata nel mondo economico
in Calabria e in Sicilia e che di fronte a fatti gravissimi vi
è un'ostinazione da parte di alcuni rappresentanti del Governo
(non ricordo chi fosse il ministro dell'industria all'epoca
della conferma di Viezzoli al vertice dell'ENEL). Certo è che
tutti questi episodi uniti fra di loro stanno a dimostrare
come le denunce fatte dal procuratore Cordova in una recente
intervista al Corriere della sera siano fondate.
   Per concludere vorrei ricordare che lo stesso procuratore
Cordova afferma che vi è stata un'erronea impostazione delle
misure di prevenzione che hanno consentito la ramificazione
della 'ndragheta in molte regioni di Italia e che vi è stato
un inquinamento delle istituzioni in cui tale organizzazione
si è inserita riuscendo a condizionarle. La conclusione tratta
da Cordova, che certamente ha un'esperienza notevolissima, è
drammatica anche perché mette in evidenza come vi sia una
sottovalutazione del fenomeno da parte del Governo e delle
forze che avrebbero il dovere di reprimerlo con la massima
determinazione.
  ALTERO MATTEOLI. Desidero anch'io ringraziare il
ministro Mancino per la relazione e soprattutto per i dati
forniti che vanno certamente oltre il fenomeno della
criminalità organizzata in Calabria, cui è dedicata la seduta
odierna. Le conclusioni della relazione sembrano far apparire
una situazione ottimistica, soprattutto se paragonata ad
altre; ma non è così.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Non era
nella mia intenzione!
  SALVATORE FRASCA. Rientra nella vecchia tradizione del
ministro dell'interno!
  ALTERO MATTEOLI. Si ha l'impressione che siano diminuiti
alcuni reati ma, di fronte ad un aumento così consistente
delle rapine, che è uno dei reati peggiori, evidentemente... I
dati che ci ha fornito sono veri ma proprio per questo vorrei
rivolgerle alcune domande alle quali penso che non possa
rispondere in questa sede ma alle quali la prego di rispondere
in una fase successiva.
   E' stato appurato che l'attuale numero dei magistrati è
assolutamente insufficiente per la regione Calabria, e su
questo non vi sono obiezioni di sorta da parte di alcuno, né
da parte sua né da parte della Commissione né, ritengo, da
parte del ministro di grazia e giustizia; però l'organico di
polizia in Calabria si può definire un megaorganico e quindi
nessuno può accusare il ministro dell'interno di non avere
inviato in Calabria un numero sufficiente di uomini
(l'organico è coperto e per ogni mafioso ci sono due
poliziotti).
   Mi domando se sia sufficiente avere un organico completo.
C'è da chiedersi anche da quanti anni questi agenti siano in
servizio in Calabria. Avere una risposta al riguardo ci
consentirebbe di capire meglio la situazione. Inoltre, quanti
sono i
                        Pag. 3526
calabresi in servizio in Calabria? Infine, quanti sono gli
agenti preparati all'azione di contrasto alla criminalità
organizzata?
   Nel corso dei due anni di lavoro della Commissione
antimafia abbiamo verificato che in alcune zone d'Italia il
numero degli agenti è sufficiente; quando poi abbiamo
approfondito la questione, ci siamo resi conto che si tratta
di agenti in servizio da molti anni e che si dedicano a
pratiche di ordine burocratico. Gli organi di polizia hanno
pensato di creare una specie di scuola per preparare gli
agenti all'azione di lotta alla criminalità, ma questo
progetto è rimasto sulla carta e non si è tradotto in realtà.
In sostanza, vorremmo capire meglio la situazione attraverso
la risposta del ministro.
  PRESIDENTE. Vorrei precisare che, secondo i dati forniti
dalle forze di polizia relativamente al numero degli
appartenenti alle organizzazioni mafiose, in Calabria vi è un
mafioso ogni due poliziotti, in Sicilia un mafioso ogni cinque
e in Campania uno ogni quattro. Quindi, la Calabria è la
regione nella quale vi è una minore presenza delle forze
dell'ordine in relazione al numero di mafiosi.
  ALTERO MATTEOLI. Come ho detto all'inizio del mio
intervento, la seduta odierna è dedicata alla Calabria e il
dato fornito mi è sembrato, visto che non sono un tecnico,
sufficiente.
  SALVATORE FRASCA. Signor presidente, siamo a legislatura
sciolta, quindi...
  PRESIDENTE. A Camere sciolte perché la legislatura dura
fino...
  SALVATORE FRASCA. A quando? E' una disquisizione
dottrinaria che non ha rilievo rispetto a quello che sto per
dire.
  PRESIDENTE. Altrimenti non saremmo qui.
  SALVATORE FRASCA. E' anche discutibile che noi possiamo
continuare a fare questo lavoro; credo che al riguardo ci
siano forti dubbi. Vorrei sollecitare il presidente a non
convocare più la Commissione man mano che ci inoltriamo
nell'agone elettorale perché, qualunque siano le decisioni
della Commissione...
  MASSIMO BRUTTI. Abbiamo chiesto noi queste audizioni!
  SALVATORE FRASCA. Sì, sto parlando per l'avvenire.
  PRESIDENTE. Questa riunione è stata chiesta da lei,
senatore Frasca.
  SALVATORE FRASCA. Il mio dolce idioma è di stampo
calabrese e porta con sé molte commistioni con la lingua
greca. Tuttavia, ritengo che in questa circostanza si stia
parlando in italiano. Non ho fatto riferimento alla seduta
odierna, ma sto parlando per l'avvenire e sto dicendo che
forse sarebbe inopportuno convocare ancora la Commissione
perché qualsiasi decisione e qualsiasi discussione potrebbero
essere strumentalizzate dal punto di vista politico. E' questo
un rischio di cui mi sono sempre preoccupato, lottando contro
certe strutture e procedure ed invitando me stesso e la
Commissione a conservare sempre l'obiettività.
   Poiché le Camere sono sciolte, ci si affida al laisser
faire, ma non so fino a che punto queste discussioni siano
utili. Ho avuto la sensazione, signor presidente, che quella
del ministro sia stata una relazione di polizia, cioè una
relazione che può essere resa dal capo della polizia ma non da
un ministro dell'interno della Repubblica italiana, il quale
ha il dovere di dire quali siano le condizioni obiettive e
reali in cui opera e prospera la delinquenza organizzata
compiendo ogni giorno salti di qualità. Non mi pare che ci sia
stato un riferimento a questa situazione.
   Penso che la mafia non sia una qualsiasi organizzazione
delinquenziale; se fosse così, basterebbe il codice penale per
sconfiggerla. La mafia è tutt'altra cosa, tant'è che abbiamo
dovuto creare l'articolo
                        Pag. 3527
416-bis, varare leggi eccezionali, istituire
Commissioni, proprio per i suoi collegamenti con le
istituzioni, a volte con le forze di Governo, con le questure,
con l'ordinamento giudiziario e quindi con alcune procure. Si
ha perciò la sensazione che non si voglia indagare su questo
terreno e soprattutto che non si vogliano attuare quelle norme
in virtù delle quali siamo qui. Questa Commissione ha infatti
anche compiti di controllo e quindi abbiamo il dovere di
verificare se i meccanismi dello Stato impegnati nella lotta
alla mafia funzionino o meno.
   Signor ministro, ho gradito l'invio dell'esercito in
Calabria ma non ho gradito la motivazione che, almeno
nell'annuncio del decreto, ne è stata data: perché lo Stato
deve rioccupare il territorio. Mi sono domandato quale Stato
debba rioccupare il territorio, se in Calabria non è mai
esistito, né prima del fascismo, né durante, né oggi. Esiste
solo un'approssimazione dello Stato.
   Se esaminiamo il modo in cui operano le prefetture, le
questure, i comandi dell'Arma dei carabinieri, i
provveditorati agli studi, le intendenze di finanza e in
generale tutte le articolazioni dello Stato e ci accorgiamo
che i prefetti, i questori, i comandanti dei carabinieri, i
provveditori agli studi, gli intendenti di finanza sono ad
immagine e somiglianza del gruppo di potere che da anni
governa la Calabria, dobbiamo domandarci se queste
articolazioni rappresentino lo Stato democratico. Da questo
punto di vista vorrei delle assicurazioni che non ho avuto
finora.
   Se poi andiamo a vedere come funzionano le istituzioni
locali, dobbiamo ammettere che non funzionano affatto o
funzionano poco e che proprio per questo c'è l'inframittenza
di stampo mafioso.
   Signor ministro, il consiglio regionale della Calabria è
composto da 40 persone. Di queste, più di 25 sono in parte in
stato di detenzione, in parte rinviate a giudizio, in altra
parte ancora sottoposte ad iniziative giudiziarie.
  PRESIDENTE. Quanti sono i consiglieri?
  SALVATORE FRASCA. Per ora hanno problemi 25 consiglieri
su 40. Da qui a qualche giorno, man mano che la magistratura
andrà avanti nel procedimento relativo alla centrale di Gioia
Tauro, il numero crescerà.
  PRESIDENTE. Rappresentano la maggioranza!
  SALVATORE FRASCA. Il ministro si è chiesto se quel
consiglio regionale possa funzionare? Non è forse il caso di
scioglierlo? Sono state sciolte le Camere, non capisco perché
ciò non possa accadere per quel consiglio regionale,
considerando che è composto da così brave persone! Si tratta
di interrogativi politici di grande rilevanza perché da
quell'organo continuano ad affluire fondi e approvvigionamenti
vari verso la delinquenza organizzata, come dimostrano alcune
interrogazioni presentate al Governo, che non hanno mai avuto
risposta.
   Lo stesso discorso vale per alcuni comuni, per alcune
amministrazioni provinciali, per alcuni enti pubblici e
sub-regionali. Non ne funziona nessuno, lo Stato non esiste e
la gente si rende conto che se c'è una forza fortemente
organizzata è quella della mafia. Su questo terreno andrebbe
compiuta una riflessione.
   Dai dati statistici emerge che 5 mila cittadini calabresi
farebbero parte dell'esercito della mafia. Mi permetto di non
essere d'accordo: altro che 5 mila!
  PRESIDENTE. Per la precisione, si tratta di oltre 5.600.
  SALVATORE FRASCA. Ognuno di questi soggetti considerati
mafiosi o delinquenti porta con sé altre tre o quattro
persone. Quindi, bisogna moltiplicare quel numero per tre o
quattro volte. I prefetti ed i questori affermano queste cose
ma non le scrivono nelle relazioni;
                        Pag. 3528
non capisco il perché di tanta ipocrisia nei confronti dello
Stato.
   Il primo problema che abbiamo innanzi è perciò quello del
buon funzionamento delle istituzioni. Lo Stato centrale deve
aiutare la Calabria a far funzionare le istituzioni, anche se
ciò significa confliggere con la classe dirigente calabrese.
   Ho fatto riferimento alle autonomie locali, quindi alle
regioni, ai comuni, alle amministrazioni provinciali. Vorrei
ricordare al ministro di aver presentato un'interrogazione,
rimasta lettera morta, con la quale denunciavo che i CORECO
della Calabria, a cominciare da quello di Cosenza, sono stati
costituiti in gran parte in dispregio della legge, la quale
stabilisce quale debba essere la qualificazione professionale
dei membri. Ebbene, il consiglio regionale, e per esso la
giunta esistente in quel periodo, formata da DC e PDS, ha
compiuto atti fortemente illegittimi. Infatti, il presidente
del CORECO di Cosenza è un ex segretario comunale che
nell'anno antecedente alla nomina era subcommissario al comune
di Praia a Mare e un consigliere di quel CORECO nell'anno
precedente era sindaco di un comune della provincia, cioè
ricopriva una carica che ne avrebbe impedito la nomina. Il
consiglio regionale non ha tenuto conto di tutto questo: ho
denunciato la situazione al commissario di Governo ed ai vari
prefetti e mi è stato detto che avrebbero verificato. Ho
presentato un'interrogazione e la macchina dello Stato non si
è mossa.
   Pertanto, ciò vuol dire che lo Stato centrale è connivente
con questa situazione di illegalità esistente in Calabria.
Rilevo quindi una contraddizione nel comportamento dello Stato
perché, mentre da una parte giustamente invia l'esercito e
schiera la polizia, dall'altra consente una situazione del
genere. Rispetto alla mia denuncia lei, signor ministro, deve
compiere una scelta che io potrò anche contestare, così come
dovrà compierla il presidente Violante, il quale ha il dovere
di richiamare la sua attenzione e quella del Governo su fatti
di gravità eccezionale che vengono pubblicamente e per
iscritto denunciati.
  ANTONINO BUTTITTA. Vorrei comprendere in cosa consiste
il richiamo al presidente: cosa dovrebbe fare?
  SALVATORE FRASCA. Lo spiego subito. Sin dal luglio 1993
ho denunciato la presenza nel consiglio comunale di Cassano
Ionio di uomini conniventi con la malavita organizzata. La mia
interrogazione non ha avuto risposta, anche se l'ho più volte
sollecitata; alla fine mi sono deciso a rivolgermi per
iscritto al sonnolento prefetto di Cosenza per denunciare
tutto ciò ed ho inviato la lettera per conoscenza anche al
ministro dell'interno ed al presidente della Commissione
parlamentare antimafia. Il ministro mi ha ufficialmente
risposto poco fa; il presidente non mi ha degnato neppure di
una riga di risposta.
   Non vorrei che i due consiglieri di cui mi interesso,
appartenenti ad un probabile nuovo compromesso storico,
possano avere una copertura da parte dello Stato. E' questo il
rischio che temo quale spirito libertario, quale voglio essere
in questa Commissione.
   Signor ministro, non ho rimproverato l'avvocato Falvo di
essere avvocato della mafia. Si imporrebbe una deontologia
professionale anche per chi è impegnato in politica. Ricordo
che il vecchio Pietro Mancini ed il vecchio Fausto Gullo, che
pure erano valorosi avvocati, non difendevano mai proprietari
terrieri perché si erano schierati dalla parte dei contadini e
volevano essere coerenti con la scelta ideologica compiuta.
Erano altri tempi; oggi alcuni componenti di questa
Commissione sono coinvolti in processi di mafia. Il problema
dunque è di deontologia professionale ed io, richiamandomi al
rapporto dei carabinieri recepito dalla Commissione, ho detto
che uno di questi due consiglieri (uno era capogruppo della DC
ed ora ha lasciato quel partito e quindi è più libero) è
definito il referente della mafia, non l'avvocato, al punto di
mettere a disposizione di una cosca mafiosa,
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 i cui telefoni sono sotto controllo, il suo telefono
cellulare. E' stato detto che il numero è sbagliato, ma si
tratta solo di un'errata trascrizione di un numero: questo
signore ha messo il proprio telefonino a disposizione di una
cosca mafiosa.
   Da altre registrazioni risulta che costui ha comunicato
alla madre di uno spacciatore di droga di aver corrotto un
medico di Cosenza, facendogli certificare che la droga anziché
pesante fosse leggera. Ci sono altre decine di trascrizioni
che riguardano questo signore, eppure non si dice niente.
   C'è poi l'altro versante, quello del PDS. Da parte dei
colleghi del PDS era stato assunto un impegno che poi non è
stato mantenuto. Vengono riportate trascrizioni dalle quali
emerge una richiesta di voti. Anche in questo caso viene meno
la deontologia professionale.
   Signor ministro, in questa Commissione, nello Stato
italiano, nel Parlamento sono stati messi sotto accusa uomini
politici di rilievo nazionale per questioni di infimo livello.
Per questi casi non si interviene, anche se risultano fatti
gravissimi.
   Poiché non si era mosso lo Stato, sono andato dal prefetto
il quale, allargando le braccia, mi ha risposto di non sapere
che cosa fare. Ricevuta la lettera, e non potendo più far
finta di niente, finalmente ha richiesto alla Superprocura la
copia del fascicolo, che è stato inviato. Una volta letto il
fascicolo, però, come Ponzio Pilato se ne è lavato le mani,
rimettendole la "patata bollente".
   Signor ministro, so che i suoi uffici stavano preparando
il decreto di rimozione di questi due signori; poi però si
sono registrati interventi "deputatizi" che hanno bloccato
l'iter del provvedimento. Mi sono recato dal direttore
generale, il prefetto Sorge, il quale mi ha intrattenuto con
una disquisizione di carattere teorico, sostenendo che il
prefetto aveva sbagliato a farsi trasmettere il fascicolo dal
procuratore antimafia e che non l'avrebbe dovuto fare. Io non
lo posso richiedere; dato che la documentazione inviata dal
prefetto di Cosenza è incompleta, ho chiesto di poterla
completare ricevendo una risposta: "Questo non lo posso fare".
Ergo questi due signori devono rimanere al loro posto,
mentre nel consiglio comunale di quella città siedono alcune
vittime di tentativi di strage o comunque destinatari di
minacce serie - non quelle ipotizzate dagli organi di stampa -
senza avere alcuna scorta, senza niente! Altri invece possono
fare le cose che hanno fatto! E' un caso di una gravità
eccezionale che riguarda sia la responsabilità del presidente
della nostra Commissione, il quale deve dimostrare la sua
obiettività e la sua capacità di intervento anche se si tratta
di compagni del suo partito, sia la responsabilità del
ministro dell'interno che non può chiedere ancora
approfondimenti dopo otto mesi!
   Questo è il fascicolo, signor ministro! Se vuole, lo può
esaminare. Il fascicolo parla chiaro e non l'ho scritto io,
bensì i carabinieri, i magistrati e vi sono anche degli avvisi
di garanzia. Non mi si venga a dire che ancora non vi è una
sentenza di condanna, perché non è questo il caso.
   Signor ministro, il dottor Cesareo di Cetraro è stato
sospeso dalla prefettura di Cosenza, dalla carica di
consigliere provinciale e comunale del suo comune perché un
suo fratello apparteneva alla cosca del signor Muto, senza che
a suo carico emergesse qualcosa! Si vogliono fare queste
valutazioni? Si vuole tener presente che il vicesindaco firma
per conto del sindaco, in qualità di ufficiale del Governo?
Questa è la gravità della situazione che non può essere
compresa dal direttore generale del suo ministero, ma da lei,
onorevole Mancino, come ministro dell'interno. La invito
perciò ad adottare i provvedimenti necessari perché la
situazione non può più durare.
   Passo ora alla centrale: signor presidente, abbiamo
perduto l'autobus?
  PRESIDENTE. Mi pare l'abbiano preso altri.
  SALVATORE FRASCA. Certo, l'hanno preso altri.
Personalmente sostengo, in Calabria, che resta un mistero da
sciogliere
                        Pag. 3530
 la mancata convocazione di Viezzoli, prima della sua
riconferma a presidente. Ora tutti gridiamo allo scandalo,
rilasciando interviste ai soliti giornali - più o meno
interessati - ma di questi fatti non se ne parla, perché ci
deve essere il silenzio stampa! Noi avevamo chiesto
l'acquisizione del fascicolo in quanto su Gioia Tauro va fatta
chiarezza, respingendo certe tesi che non stanno né in cielo
né in terra, come quella del procuratore Boemi, secondo il
quale il quinto centro siderurgico è stato voluto dalla mafia.
Affermazioni più inesatte di queste, dal punto di vista
storico, non ne esistono! Qui tutto è mafia? Non è possibile!
Dunque deve essere chiarito il ruolo che l'ENEL ha svolto a
Gioia Tauro, così come deve essere chiarito il ruolo che
determinate forze politiche, determinati deputati e senatori
hanno avuto con riferimento alla piana di Gioia Tauro,
opponendosi ad alcuni, come Olivo il quale, nella sua qualità
di presidente della giunta regionale, si opponeva alla
realizzazione della centrale a carbone.
   Non voglio andare oltre, altrimenti da calabrese mi
appassiono. La lotta contro la mafia però richiede passione,
capacità di intervento, di denuncia, spregiudicatezza se
vogliamo.
   Signor ministro, da parecchi anni si chiede nella piana di
Sibari, dove opera questa delinquenza, l'istituzione di un
commissariato di pubblica sicurezza o una compagnia di
carabinieri. Nella piana di Sibari, a Rossano e a Corigliano
vi sono la polizia e i carabinieri, ma da Sibari in poi, ossia
per altri venti comuni, esiste solo qualche sgangherata
caserma dei carabinieri, nient'altro! Non ricordo quanti
ministri dell'interno hanno riconosciuto la legittimità di
questa richiesta, ma nessuno ha fatto niente! A Cassano Ionio
vi sono due caserme dei carabinieri, l'una dipende dalla
compagnia di Castrovillari, l'altra da quella di Corigliano
Calabro: lo Stato non può essere più ridicolo di così
mantenendo una situazione del genere!
   Questo è l'ultimo intervento che svolgo nella Commissione
antimafia e avrei voluto utilizzare un tono diverso, ma il mio
spirito si ribella dinanzi ai comportamenti omissivi dello
Stato e del Parlamento dinnanzi a situazioni di tale gravità.
Troverò il modo affinché la Repubblica e il Corriere
della Sera, diversamente mi rivolgerò a
l'Indipendente, si interessino di questo e, insieme con
me, chiedano al presidente Violante e al ministro dell'interno
perché ancora a Cassano Ionio si mantiene una situazione del
genere.
   Le persone a cui sono stati chiesti i voti e che hanno
votato per questi personaggi, sono in galera perché hanno
consumato decine e decine di delitti. Non sono responsabili di
furti, né di pascolo abusivo o di vacche sacre, problema
quest'ultimo che può essere risolto con facilità, signor
presidente. Quando ero sindaco nel mio comune, mi trovai con
una mandria ...
  PRESIDENTE. Sta finendo, vero, senatore Frasca?
  SALVATORE FRASCA. Ascolti signor presidente, perché
dobbiamo dirle queste cose. Settecento vacche circolavano nei
centri abitati, invadevano i campi, giravano dappertutto, ma
con una semplice ordinanza, in qualità di sindaco ed
assumendomi tutte le responsabilità...
  GIROLAMO TRIPODI. Vuol dire che la mafia non c'era.
  SALVATORE FRASCA. Determinando un tentativo di strage
nei confronti del mio capogruppo, ho impedito che le vacche
potessero pascolare. Bisogna dire ai sindaci di assumersi le
proprie responsabilità, così come bisogna dirlo ai prefetti,
d'intesa con i sindaci, se vogliono essere prefetti della
Repubblica italiana, non dei prefetti della democrazia
cristiana.
  PRESIDENTE. Senatore Frasca, sa bene che la Commissione
antimafia non ha alcuna competenza in ordine a poteri
amministrativi nei confronti dei consiglieri comunali.
                        Pag. 3531
  SALVATORE FRASCA. Ha però il potere di controllare il
funzionamento dei meccanismi dello Stato.
  GIROLAMO TRIPODI. Oltre alla situazione, che conosciamo,
in relazione agli organici, agli interventi e alla cattura dei
latitanti, mi sarei aspettato un quadro aggiornato della
realtà della 'ndrangheta calabrese alla luce di alcuni
avvenimenti accaduti che hanno richiamato l'attenzione del
paese, turbando la gente onesta della Calabria e i cittadini
italiani. Mi riferisco al recente assassinio degli appuntati
dei carabinieri, feroce e consumato con freddezza, rispetto al
quale mi aspettavo una risposta. Dagli organi di stampa
abbiamo saputo che quell'assassinio si è perpetrato perché era
stato preparato un attentato a cinque magistrati che
interrogavano un pentito di Messina, tale Sparacio.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Questo è
stato scritto.
  GIROLAMO TRIPODI. Sì, i giornali lo hanno scritto, così
come si è saputo del piano preparato per l'assassinio di
Cordova, Verzera, Boemi, Lombardi e così via, secondo quanto
affermano i magistrati che hanno denunziato i fatti.
   Se avessimo avuto un aggiornamento della situazione, anche
in ordine al maggior livello di pericolosità registrato
rispetto al passato, avremmo avuto dinanzi una realtà diversa.
Del resto, relativamente alla eccezionale pericolosità della
'ndrangheta vi sono responsabilità politiche su cui mi
soffermerò più avanti.
   In Calabria registriamo un'organizzazione criminale e
mafiosa più pericolosa e più potente per molti aspetti (ivi
compreso quello organizzativo) di quello di altre
organizzazioni mafiose, la quale agisce sul piano locale,
nazionale e internazionale.
   Lei, signor ministro, ha fatto alcuni riferimenti, ma la
'ndrangheta è non solo l'organizzazione più ramificata a
livello nazionale, ma mantiene collegamenti con altri paesi,
soprattutto l'Est e l'ex Unione Sovietica specie negli ultimi
tempi. La 'ndrangheta calabrese - è mafia anche questa - non
soltanto è riuscita ad instaurare un rapporto ferreo con Cosa
nostra (abbiamo notizie che si è identificata) ma riesce anche
a controllare quasi tutto il territorio nella provincia di
Reggio Calabria ed in altre zone, egemonizzando l'economia
povera ed aumentando il degrado sociale e produttivo.
   L'organizzazione risulta potente anche nei traffici di
droga di livello internazionale. Secondo notizie ottenute, la
'ndrangheta gestisce circa il 70 per cento del traffico di
stupefacenti, riuscendo anche ad amministrare il traffico di
armi sofisticate: in Calabria è stato utilizzato per la prima
volta il bazooka per compiere un atto criminale e nel
piano per l'assassinio dei magistrati dovevano essere
utilizzate moderne e potenti armi da guerra, ossia i missili,
non soltanto il kalashnikov.
   Se la realtà è questa, caro ministro, non può dire che
siano stati raggiunti dei risultati, anche se le devo
riconoscere l'assenza di toni trionfalistici. Si deve
riconoscere che siamo di fronte ad una situazione di
eccezionale emergenza, perché abbiamo uno Stato vero.
   Lei, signor ministro, ha indicato dodici consigli comunali
che sono stati sciolti in passato; negli ultimi tempi
provvedimenti di questo genere non ne sono stati assunti,
anzi, non so se sia vero ma pare che siano state impartite
disposizioni perché si valuti più attentamente la situazione
prima di emanare provvedimenti di scioglimento. Né possiamo
dire che sia rassicurante il dato relativo alla diminuzione
del numero degli omicidi, che quest'anno sono stati 123
(quindi in incremento rispetto allo scorso anno), perché, come
lei sa, signor ministro, ciò è stato determinato da un
intervento mafioso e non da un intervento dello Stato. C'è
stata, infatti, quella famosa pax mafiosa alla quale si
è tante volte fatto riferimento e che è stata decisa
dall'intervento di Cosa nostra e dagli esponenti della mafia a
livello internazionale (americani, calabresi ed altri ancora).
Certamente, dal momento che le cosche non si
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sparavano più tra loro, è diminuito il numero degli omicidi
ma è aumentato il potere di controllo esercitato dalle cosche,
soprattutto a Reggio Calabria, dove la pax mafiosa era
stata imposta.
   Se ci troviamo di fronte a questo problema, è evidente che
dobbiamo stare attenti a non farci ingannare da dati
statistici che possono dimostrare che il fenomeno potrebbe
essere in via di indebolimento. Questo non è assolutamente
vero, perché, come dicevo, nella provincia di Reggio Calabria
come in altre zone della regione non si fa niente se le cosche
mafiose non lo vogliono. Anzi, mi pare che dal 1982 - non
ricordo se lei abbia parlato del 1987 - il numero delle cosche
organizzate è in aumento ed anche questo deve preoccupare.
   Certo, il Governo ha assunto alcune misure, sono stati
istituiti nuovi commissariati, però bisogna anche verificare
come questi funzionino e come siano stati utilizzati al fine
della prevenzione e della repressione della criminalità
organizzata. Va poi detto - anche se di questo parleremo tra
poco con il ministro Conso - che in Calabria mancano i
magistrati. Come ha affermato anche ieri sera in televisione
il presidente Violante, di fronte ad un numero di affiliati
delle dimensioni di un esercito - sono infatti 5.600 quelli
scoperti, ma poi vi sono molti comuni della piana, della
ionica e anche del reggino, nei quali l'illegalità è diffusa -
non si può portare avanti una battaglia di contrasto con
quattro magistrati nella procura distrettuale di Reggio
Calabria ed altri quattro a Catanzaro. Né, certamente, si può
combattere la mafia calabrese con un rapporto tra affiliati e
forze dell'ordine che è inferiore al 50 per cento, secondo i
dati che abbiamo avuto in visione proprio oggi.
   Altro elemento negativo, come dicevo prima, è dato dal
fatto che l'azione di controllo sulla gestione dei comuni si è
affievolita; sia per quanto riguarda la provincia di Reggio
Calabria sia per quanto riguarda la regione, e ormai non si
registrano più scioglimenti di consigli comunali. Ma sono
state fatte richieste - anche da parte del sottoscritto - per
interventi mirati ad individuare eventuali penetrazioni o
altri tipi di irregolarità permanenti e di violazioni di
legge. E' vero che a Palmi è stato sciolto il consiglio
comunale, ma questo è avvenuto a seguito delle dimissioni di
15 consiglieri. Non si è invece fatto niente - ed in proposito
abbiamo anche presentato interrogazioni - riguardo al comune
di Polistena, a proposito del quale sappiamo che sono stati
presentati cinque o sei rapporti da parte delle forze
dell'ordine (polizia e carabinieri); rapporti che sono a
conoscenza anche del prefetto di Reggio Calabria ma che non
sono stati ancora presi in considerazione, per cui non è stato
ancora emanato il decreto di accesso. Ho indicato Polistena,
ma potrei indicare anche altri comuni e sono a disposizione
per farlo.
   A proposito della questione del consiglio regionale della
Calabria, voglio dire che si tratta di uno scandalo e ripetere
che è un anno e mezzo che ci battiamo per il suo scioglimento.
Come può essere combattuta la mafia, quando abbiamo un
consiglio regionale così squalificato, nel quale alcuni
consiglieri non possono esercitare il loro diritto essendo
stati sospesi, mentre altri sono implicati nella vicenda di
tangentopoli o in altri reati ed altri ancora sono persino
stati mandati al soggiorno obbligato (come nel caso di
Lavorato)? Perché non si interviene? Come è possibile avere
credibilità e trovare fiducia tra la gente perché possa
battersi accanto alle forze che vogliono contribuire a
liquidare questo terribile fenomeno? Ci sono, dunque, grandi
responsabilità da parte dello Stato.
   Non mi piace sollevare polveroni, come fanno altri, e
voglio soltanto dare un mio contributo. Non confondo
responsabilità o indicazioni di indagini che non hanno niente
a che vedere con la mafia, perché in questo modo si rischia di
non combatterla mentre la mafia stessa si combatte come deve
essere combattuta. Rilevo soltanto che, oltre a quanto ha
esposto nella sua relazione, lei avrebbe dovuto indicare quali
responsabilità vi
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siano state anche per quanto riguarda le coperture, gli
intrecci, i collegamenti politici che si sono verificati. La
mafia, la 'ndrangheta calabrese non è cresciuta da sola, è
cresciuta e si è saldata con il potere politico dominante,
caro ministro. Questa è la verità.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Questo l'ho
scritto e l'ho letto!
  GIROLAMO TRIPODI. Allora vuol dire che non l'ho seguita!
Però ci sono personaggi che facevano parte del Parlamento e
che sono stati indagati. Ci sono stati sindaci e così via. Ma
dico di più: dico che il Governo ha anche responsabilità e mi
soffermo un momento sulla vicenda della centrale a carbone di
Gioia Tauro.
   A questo riguardo il Governo ha grandi responsabilità, ma
non, come diceva il collega Frasca, perché sia stata compiuta
la scelta di insediare a Gioia Tauro, in una logica
tipicamente coloniale, una centrale inquinante e disastrosa,
come ormai è stato riconosciuto scientificamente, sul piano
ambientale. C'è responsabilità perché è stata compiuta una
scelta che è diventata una rivendicazione permanente della
mafia, ed i fatti lo dimostrano. Ricordo che l'ENEL non era
un'azienda privata, era un'azienda di Stato e noi l'abbiamo
denunciato; anche se so quanto abbiamo rischiato in quella
zona e quanto si rischia ancora di fronte ai grandi interessi
- perché di fronte a 6, 7, 8 mila miliardi che possono
arrivare a seguito di questo insediamento la mafia diventerà
potente ai livelli più alti - sono contento di essere stato
tra coloro che hanno preso quell'iniziativa. Dunque, la mafia
della piana di Gioia Tauro è riuscita a collegarsi non
soltanto con l'ENEL ma con la grande imprenditoria nazionale;
si è arrivati persino (non è poca cosa!) ad una società
composta da affiliati della cosca Piromalli e da Gardini, che
se non fosse morto oggi sarebbe anche lui in galera.
   Quali responsabilità, dunque, ha avuto il Governo? Ha
avuto la responsabilità non solo di fare un intervento che era
incompatibile con l'assetto territoriale, ambientale,
sanitario, paesaggistico ed urbanistico e che avveniva
attraverso la violazione di una serie di leggi (urbanistiche,
sull'ambiente, relative all'impatto ambientale, ai rischi
sismici e così via) ma soprattutto ha avuto la responsabilità
di avallare quell'accordo. Il Governo sapeva, infatti, che
l'ENEL faceva accordi con imprese collegate alla mafia,
accordi voluti perché si potesse in tal modo imporre una
scelta non voluta dalla popolazione. Così sono andate le cose
ed io sono fiero di aver combattuto contro quella scelta, che
ha portato a quelle conseguenze che oggi conosciamo. Dichiaro
con fierezza di essere stato uno degli organizzatori dei
sindaci delle popolazioni delle zone interessate ed oggi, pur
senza gioire certo per ciò che è accaduto, devo dire che i
fatti ci hanno dato ragione.
   Aggiungo che vi è stato l'appoggio persino di questo
Governo, che ultimamente, nel mese di novembre, ha stipulato
un accordo, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali, per
realizzare la centrale a carbone. C'era la richiesta di fare
una centrale alimentata a metano, ma non la si è voluta perché
la mafia ritiene che si debba realizzare una megacentrale a
carbone in modo da poter continuare a controllare enormi
risorse finanziarie, ad esempio con il movimento del carbone o
con il trasporto delle ceneri pesanti (si tratta di 800 mila
tonnellate l'anno e ci vogliono 200 autocarri al giorno
soltanto per spostare da un posto all'altro questo materiale).
Ecco perché, signor ministro, c'è stato l'assalto al
municipio, alle 6 di mattina; non si è trattato di un assalto
da parte di scioperanti o di disoccupati che chiedevano lavoro
ma di un assalto fatto da forze che non avevano niente a che
fare con i lavoratori. Nell'ottobre 1991, a Gioia Tauro hanno
anche tentato l'assalto al commissariato di polizia. Hanno
divelto i binari del treno, coprendoli con le foglie degli
alberi, nel tentativo di provocare una strage, e lo hanno
fatto con le ruspe
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dei mafiosi. Con gli automezzi dei mafiosi hanno portato
sull'autostrada il bitume per sbarrare il passaggio. Hanno più
volte fatto minacce nei confronti di chi si opponeva a quelle
scelte. Hanno fatto minacce nei confronti dei giudici persino
con scritte sui muri. Questa è la realtà.
   Nonostante questo, signor ministro, noi abbiamo detto non
solo a lei ma anche ai suoi predecessori di tenere conto di
tale situazione e di affrontare il problema alla luce di
questa realtà, di questo intreccio che si era creato tra mafia
e pubblica amministrazione, tra mafia e politica. Credo che
questa vicenda non si sia conclusa; essa è giunta ad un punto,
ma potrà far registrare ulteriori sviluppi, anche clamorosi,
perché lì c'è tutto: vi sono affari mafiosi ma anche affari di
altro tipo (affarismo politico, malaffare e così via). Questo
è il fatto.
   Perché, allora, nel momento in cui si giungeva a quel tipo
di manifestazioni (non quelle popolari ma quelle che ho
indicato), le stesse forze dell'ordine avevano ricevuto la
disposizione di tollerare? Questo vuol dire copertura,
significa che vi era anche una volontà dello Stato di
consentire che ad ogni costo potesse essere realizzata una
scelta non voluta, respinta dalle popolazioni e non
corrispondente agli interessi di sviluppo di quelle zone,
visto che la centrale non poteva realizzare nulla.
   Su tali questioni, di fronte a questo scenario...
  PRESIDENTE. Lei sta concludendo, vero?
  GIROLAMO TRIPODI. Sì, anche se il senatore Frasca ha
parlato molto di più.
  PRESIDENTE. Però, come lei sa, conta la qualità delle
cose che si dicono.
  GIROLAMO TRIPODI. Può darsi che quanto sto dicendo non
sia di qualità!
  PRESIDENTE. Volevo dire semplicemente che lei non ha
bisogno di parlare molto.
  GIROLAMO TRIPODI. Adesso - dicevo - che si fa? Mi
rivolgo a lei, signor ministro dell'interno: vogliamo
aggravare la situazione dicendo che bisogna fare lo stesso
tutto quello che si fa, oppure quell'accordo stipulato nel
mese di novembre deve essere revocato e l'intera questione va
rivista?
   Si vuole continuare a dire: "Quello che è successo è
successo, stendiamo un velo" per poi eventualmente procedere
agli appalti anziché a trattativa privata, come si è fatto
precedentemente, attraverso l'applicazione della nuova legge
sugli appalti, anche se questa lascia comunque molti spazi?
Oppure si è di fronte ad un'azienda privata ed essa può fare
quello che vuole?
   La prima cosa da fare è revocare quel decreto e rivedere
l'intera questione, chiamando le forze sane della Calabria a
ridiscutere il problema dello sviluppo. Infatti, lo sviluppo
della Calabria e lo sviluppo compatibile, per così dire, con
il controllo del fenomeno mafioso ed anche con l'ambiente non
si può realizzare in questo modo.
   Chiedo quindi ufficialmente, come abbiamo fatto in altre
sedi, che il Governo riveda tutta la posizione ed intanto
revochi quel decreto in virtù del quale si insisteva ancora
nel sostenere di poter realizzare l'impianto in questione, che
é come si suol dire, nell'occhio del ciclone, per cui nessuno
può pensare di dire che il problema è superato e che si può
andare avanti. Quello che è avvenuto dovrebbe rappresentare un
capitolo chiuso, un capitolo vergognoso, scandaloso e
pericoloso per la democrazia, che però - lo ripeto - andrebbe
chiuso.
   Chiederei pertanto qualche risposta anche su tali
problemi, sulle domande che mi sono permesso di formulare,
oltre ad alcune considerazioni che credo siano utili anche
all'arricchimento della discussione.
  MASSIMO BRUTTI. Signor ministro, abbiamo chiesto
l'odierno incontro con una certa urgenza in relazione ai fatti
che
                        Pag. 3535
erano accaduti vicino a Reggio Calabria e, più in generale,
alla situazione di questa regione.
   Vorremmo capire o cercare di capire, da lei e insieme a
lei, che cosa sta accadendo in questo momento nel quadro delle
attività criminali che si svolgono non solo in tutta la
regione ma più specificamente nella provincia di Reggio
Calabria, che è quella interessata dai fenomeni più gravi e
pericolosi. Vorremmo anche sapere da lei che cosa il Governo
sia in grado di fare subito, in tempi brevi, per intervenire
su tale situazione.
   La relazione del ministro enumera una serie di fatti per
quanto riguarda l'analisi del fenomeno quale si presenta oggi,
ma - mi permetto di dirlo - senza alcuna scelta prospettica,
senza mettere in rilievo gli aspetti che in questo momento
possono essere considerati salienti, i punti su cui è
necessario agire: nella relazione che lei ci ha presentato
questa sera vi è un'estrema vaghezza di impegni.
   L'eccidio dei due carabinieri è un fatto che colpisce per
l'assenza di una risposta: mi sembra senza precedenti il fatto
che vi sia stata questa strage e subito dopo si sia verificato
una specie di riassorbimento, in pochi giorni, anche nella
risposta dell'opinione pubblica. E' forse utile sapere quale
interpretazione di questo fatto il Governo sia in grado di
fornire in questo momento. A me pare che nella modalità
dell'attacco ritroviamo alcune caratteristiche proprie delle
azioni terroristiche della mafia calabrese, che si distingue
proprio per il fatto di scegliere bersagli che non sono di
vertice ma si collocano a livelli intermedi o, per così dire,
a livelli medio-bassi degli apparati dello Stato e di coloro
che sono preposti all'azione di contrasto, in ciò realizzando
contemporaneamente due obiettivi: da un lato, la risposta
dell'opinione pubblica, l'allarme, l'irrigidimento dell'azione
di contrasto non è pari a quello che si verifica subito dopo
un attacco terroristico condotto contro bersagli di vertice;
dall'altro lato, l'impatto terroristico è invece molto forte,
perché uccidere due carabinieri qualsiasi, che svolgono delle
funzioni certamente delicatissime ma sono uguali a tanti altri
loro commilitoni, significa realizzare un'intimidazione assai
estesa.
   Sarebbe interessante sapere se vi sia un nesso diretto e
quanto con l'arresto di Sparacio, avvenuto un giorno e mezzo
prima dell'eccidio. Quest'ultimo arresto chiama in causa un
tema generale che nella relazione del ministro viene toccato,
ma molto di sfuggita: siamo in grado di dire quale sia oggi il
livello di integrazione tra 'ndrangheta e Cosa nostra, tra i
gruppi calabresi ed i gruppi mafiosi siciliani? Credo che
un'integrazione vi sia, soprattutto con riferimento alla mafia
del messinese, che è una mafia potente, direttamente legata ai
vertici di Cosa nostra.
   Nella relazione è scritto che il rapporto esiste ma nel
rispetto dell'autonomia operativa; ma che cosa significa
"rispetto dell'autonomia operativa"? In realtà, una serie di
fatti verificatisi negli ultimi anni dimostrano come il
raccordo sia ormai molto stretto, come vi siano state e vi
siano grandi azioni criminali che vengono condotte di comune
accordo, come vi siano attività illecite che si spostano in
direzione della mafia calabrese ma in funzione di un
meccanismo unico: penso alle raffinerie della droga ma anche e
soprattutto al traffico delle armi. Dalle notizie di cui oggi
disponiamo, sembrerebbe che la mafia calabrese si sia
specializzata nel traffico delle armi fino a raggiungere una
posizione di quasi monopolio in questo traffico illecito e
clandestino.
   Sulla base di questi dati che oggi intravediamo e di una
diagnosi, sulla quale credo che possiamo essere d'accordo, di
estrema pericolosità e gravità del fenomeno 'ndranghetista in
Calabria, le pongo, signor ministro, una questione semplice,
sulla quale chiederei oggi, subito, in questi giorni, un
impegno preciso del Governo. Anche se in questo periodo si
possono fare poche cose, su questo sarebbe opportuno ed utile
un impegno chiaro e visibile, insomma una risposta. Stando ai
dati che ci vengono forniti, vi
                        Pag. 3536
sono 11.062 effettivi delle varie forze di polizia impegnati
nella regione Calabria; la popolazione di quest'ultima è
inferiore rispetto a quella di tutte le altre regioni di
tradizionale insediamento mafioso, ma il numero degli
affiliati alle cosche, proprio in relazione a questa
popolazione bassa, è molto alto: si tratta di 5.600 persone,
secondo i calcoli della polizia di Stato. Questo rapporto tra
11.062 effettivi delle forze di polizia e 5.600 affiliati alle
cosche non ha eguali in nessuna delle altre regioni mafiose.
In Sicilia vi sono meno affiliati (sono in tutto 5 mila) e più
del doppio degli effettivi delle forze di polizia (25.888).
Analogamente, in Campania non vi è la medesima situazione
drammatica che si presenta in Calabria, per non parlare poi
della Puglia, dove il rapporto è fortemente vantaggioso.
   Le chiedo allora che cosa si possa fare e che cosa il
Governo sia in grado di fare in tempi brevi per sanare questo
squilibrio, per concentrare un impegno delle forze di polizia
anche numericamente significativo (come, con quali forze,
spostando che cosa). Credo che su questo il Governo debba dare
una risposta ed un segnale preciso.
   Anche la risposta dell'opinione pubblica potrà essere più
vigorosa di fronte ad attentati di tipo stragista come quello
dei due carabinieri se vi sarà una svolta nell'impegno del
Governo. Quest'ultimo è in grado di assumere un impegno del
genere in queste settimane, di fare qualcosa subito? Le pongo
puntualmente tale questione.
   Desidero ora affrontare molto rapidamente un'altra
questione: siamo vicini alle elezioni politiche e ricordo che
nella scorsa legislatura la Commissione antimafia aveva
definito un quadro di impegni, un codice di comportamento da
proporre a tutte le forze politiche per quanto riguarda i
candidati. Credo che sia necessario in qualche modo richiamare
l'impegno assunto allora e penso che ciò possa essere fatto
dal presidente della Commissione parlamentare antimafia ma
anche, per quanto di sua competenza, dal Governo, anche in
riferimento al fatto che è depositario di informazioni
rilevanti. Occorre in sostanza richiamare tutti coloro che
presenteranno candidature per le elezioni politiche a quel
codice di comportamento, anche per essere in grado di
riprovare pubblicamente le forze che presenteranno
candidature, in contrasto con quel codice, di uomini in vario
modo legati alle organizzazioni mafiose o che comunque hanno
sulle spalle precedenti penali che li riconnettono in vario
modo ad attività illecite.
  ANTONIO BARGONE. Intervengo molto brevemente per
chiedere soltanto un'integrazione. Ho letto i dati contenuti
nella relazione, che sono incredibilmente precisi rispetto
alle formazioni mafiose, al numero degli affiliati e così via.
Tuttavia, questa indicazione di dati precisi non dice molto
sul livello di controllo del territorio; non si specifica, in
sostanza, se da parte delle organizzazioni criminali in
Calabria vi sia oppure no controllo del territorio.
   Nella relazione si fa riferimento alla sistematica
applicazione del metodo estorsivo, espressione del controllo
del territorio e di influenza da parte della cosca. Che cosa
significa questo?
   Ricordo che qualche anno fa l'Alto commissario per la
lotta alla mafia ci disse che il territorio calabrese era
completamente sottratto allo Stato e che quest'ultimo doveva
fare uno sforzo per "infiltrarsi" in questo sistema di
controllo del territorio da parte delle organizzazioni
criminali.
   Sicuramente sono stati ottenuti dei successi e la
situazione è cambiata, ma quanto è mutata con riferimento al
controllo del territorio? Rispetto a questo, si pone un
problema soltanto di numero dei poliziotti e dei
rappresentanti delle forze dell'ordine impegnati oppure anche
di qualità e soprattutto di indirizzi da parte del Ministero?
   Un'altra questione che desidero sollevare è che nella
relazione si fa riferimento al rapporto con gli imprenditori,
all'attività economica delle organizzazioni criminali, al
fatto che si utilizzi l'usura
                        Pag. 3537
per subentrare nei confronti di imprese e così via. Si tratta
di un fenomeno abbastanza conosciuto, ma quali dimensioni ha?
In che modo, per esempio, coinvolge istituti di credito? Vi
sono società finanziarie, quante, che tipo di ruolo svolgono?
Quale rapporto vi è con il sistema economico imprenditoriale
calabrese? Non vedo questo nella relazione e mi pare che su
tali aspetti vi sia bisogno di un approfondimento e di una
risposta da parte del ministro, perché questo può anche farci
capire che tipo di strumenti mettere in campo per sconfiggere
il fenomeno criminale, il quale non può essere affrontato
soltanto sul piano militare. La Commissione su questo ha già
detto molte cose ed anche in modo approfondito. Sempre a tale
proposito, nella relazione del ministro si dice che
"considerando l'importanza dei programmi economici delle
cosche, proseguirà con sempre maggiore intensità ed oculatezza
l'attacco ai patrimoni conseguiti illecitamente"; ma in questo
momento, qual è la dimensione dell'iniziativa in tale settore?
Vi sono indagini patrimoniali, misure di prevenzione
patrimoniale? Quali sono gli indirizzi in questo senso? Credo
che tale aspetto sia particolarmente importante, perché mi
pare che possa fornire un quadro più articolato ed
approfondito della presenza criminale nel territorio
calabrese.
   Un'ultima puntualizzazione riguarda Gioia Tauro. Noi non
abbiamo ascoltato Viezzoli perché le Camere sono state
sciolte, ma questi non avrebbe potuto aggiungere nulla
rispetto alle cose che già la Commissione antimafia aveva
compiuto. L'indagine giudiziaria che ha portato ai
provvedimenti assunti nei giorni scorsi è frutto dell'azione
della Commissione antimafia: è opportuno dirlo, perché quando
ciò accade bisogna rivendicarne il merito. La nostra
Commissione individuò i legami esistenti tra la 'ndrangheta e
le imprese che si stavano aggiudicando gli appalti; intervenne
in maniera decisa nei confronti dell'ENEL, furono annullati -
voglio ricordarlo - tutti i contratti...
  GIROLAMO TRIPODI. L'iniziativa giudiziaria era stata già
avviata.
  ANTONIO BARGONE. No, i cantieri sono stati sequestrati
successivamente.
  GIROLAMO TRIPODI. Il sequestro è avvenuto nel mese di
luglio, mentre noi ne abbiamo discusso nei mesi di settembre o
ottobre.
  ANTONIO BARGONE. Sì, però il sequestro dei cantieri
avvenne per altre ragioni. In ogni caso, la nostra Commissione
intervenne ed ottenne anche dall'ENEL un cambiamento del suo
regolamento interno...
  PRESIDENTE. Furono rescissi i contratti di appalto.
  ANTONIO BARGONE. Furono rescissi i contratti e l'ENEL a
seguito di quella vicenda cambiò il suo regolamento interno
per quanto concerne l'aggiudicazione degli appalti, tanto è
vero che quella fu la svolta nei rapporti tra tale ente ed il
territorio. Credo, quindi, che in proposito non abbiamo perso
alcun treno: volevo rimarcare questo aspetto perché, avendo
vissuto in prima persona quella vicenda, posso dichiarare che
la Commissione antimafia ha fatto il suo dovere.
  PRESIDENTE. Do la parola al ministro Mancino per la
replica.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ringrazio
tutti i commissari intervenuti nella discussione per il
contributo fornito, le critiche avanzate, i rilievi mossi, le
manchevolezze sottolineate.
   Vorrei muovere dalla considerazione che ci troviamo in
presenza di un'evoluzione del fenomeno malavitoso in Calabria
rispetto alla quale mi è stata chiesta una relazione anche di
profilo prospettico, ossia che desse conto di cosa avviene, di
quale sia lo stato evolutivo, in che modo la malavita si sia
organizzata e come intenda organizzarsi in futuro, su quali
elementi si basi, quali apporti
                        Pag. 3538
riceva, quali collaborazioni realizzi, quale sia il suo
rapporto con le amministrazioni locali e con la politica. So
che sono già stati ascoltati da questa Commissione il capo
della polizia ed il direttore della DIA, dottor De Gennaro...
  FRANCESCO CAFARELLI. Anche magistrati.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Sì, ma io
mi riferivo ai soggetti rientranti sotto la mia
responsabilità. Probabilmente, avrò fatto sottolineature più
adatte ad un capo della polizia, come ha detto il senatore
Frasca, ma può darsi che io presenti la mia candidatura e
scelga di cambiare ruolo: è possibile che io possa essere più
preciso, senatore Frasca. Credo di aver effettuato analisi che
non sono rituali, né si ritrovano facilmente anche nella
lettura di sentenze di rinvio a giudizio o di sentenze
definitive pronunciate da parte della magistratura.
   Ci troviamo di fronte ad un fenomeno a tutto campo, nel
territorio calabrese, forse sottovalutato ritenendo che
l'organizzazione più sofisticata e più pericolosa della mafia
potesse aver raggiunto il top dell'organizzazione
criminale. Ebbene, vi dico che le mie preoccupazioni sono
uguali alle vostre sia rispetto alla 'ndrangheta ed alla
camorra, sia rispetto ad un fenomeno che viene sottovalutato,
anche sul piano del rapporto con il territorio, esistente in
Puglia, dove si presentano situazioni malavitose in forte
evoluzione. Naturalmente, vi è bisogno di puntuali riscontri e
se vi sarà un intervento organico, anche in termini di
collaborazione tra forze dell'ordine e magistratura, credo che
la Puglia non sfuggirà all'attenzione della Commissione
antimafia e del ministro dell'interno. La malavita di quella
regione è organizzata ancora in maniera fortemente
sotterranea, ma comunque è sottoposta all'attenzione delle
forze dell'ordine e della magistratura.
   Desidero rispondere alla questione sollevata in merito
alle elezioni politiche ed al codice di autoregolamentazione
dei partiti in materia di designazione dei candidati. Voglio
dire al senatore Brutti che è opportuno che ciò avvenga sulla
scorta di indicazioni tassative fornite dalla Commissione
parlamentare antimafia e recepite dai partiti più sensibili
alle problematiche del fenomeno malavitoso. Il codice è un
patto sottoscritto autonomamente dalle forze politiche e
dovrebbe ritenersi, allo stato, limitato alle consultazioni
politiche, tuttavia vi sono anche le elezioni per il
Parlamento europeo ed anche chi viene eletto a rappresentare
il nostro paese in quel consesso non può non tener conto di
questo codice etico.
  ALFREDO GALASSO. C'è qualche esempio.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Da questo
punto di vista assicuro che, contando sulla collaborazione del
presidente Violante, rivolgerò le più ampie sollecitazioni
affinché le forze politiche si facciano carico di questo
problema. Siamo nella fase di preparazione delle candidature,
quindi questo aspetto assume notevole interesse.
  PRESIDENTE. Scusi, signor ministro, se ho compreso bene,
qualora la Commissione lo ritenesse opportuno il codice
potrebbe essere inviato ai segretari dei partiti e dei
movimenti politici, segnalando...
  UMBERTO CAPPUZZO. Una volta c'erano i partiti, adesso
c'è tutto un sistema di raggruppamenti...
  PRESIDENTE. Comunque, dobbiamo deciderlo insieme.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. La
relazione non poteva non sottolineare anche alcuni dati, che
non rispecchiano desideri, ma fatti oggettivi; questi, da una
parte indicano una riduzione del tasso di delittuosità, ma
dall'altra non consentono di esprimere giudizi
complessivamente positivi, nonostante la flessione; anzi,
possiamo dire
                        Pag. 3539
che la riduzione si pone in un rapporto inversamente
proporzionale con il dato della pericolosità della malavita
organizzata, diventata più sofisticata, più potente e che ha
acquisito un controllo del territorio più penetrante. In
rapporto alla popolazione, possiamo dire che rispetto alla
Sicilia il fenomeno della 'ndrangheta in Calabria è un po'
diverso: mentre nella prima vi è un controllo molto penetrante
del territorio, nella seconda vi è un controllo altrettanto
penetrante della popolazione. Rispetto, quindi, all'esplosione
della reazione da parte della popolazione, che si è verificata
in Sicilia, in Calabria vi è invece ancora uno stato di
soggezione della popolazione rispetto al fenomeno malavitoso.
Noi dobbiamo coinvolgere la gente, la pubblica
amministrazione, le forze politiche, le forze sindacali,
sapendo che il rischio esiste e non è facilmente rimovibile
perché la tendenza dell'organizzazione si muove verso una
verticalizzazione del rapporto. In Calabria vi era una
situazione che seguiva linee tendenzialmente orizzontali, ma
oggi andiamo, ripeto, verso una verticalizzazione, che non ha
raggiunto il grado penetrante di vincoli esistenti in Sicilia,
però tende all'imitazione. I dati forniti non sottovalutano il
fenomeno, anzi denunciano l'esistenza di una realtà in forte
crescita, che quindi va seguita attentamente, non solo dalle
forze dell'ordine. Io credo fermamente, infatti, nel grande
contributo della popolazione, che rappresenta la chiave per
una svolta, come abbiamo visto a Palermo e possiamo verificare
anche in altre aree, che non hanno la stessa densità di
popolazione. Mi riferisco a città come Reggio Calabria,
Catanzaro e la stessa Cosenza: non bisogna infatti
sottovalutare il fenomeno della 'ndrina nel Cosentino, che si
manifesta soprattutto in termini di estorsioni, intimidazioni,
spaccio di droga, usura e compravendita di esercizi
commerciali. Si tratta di un fenomeno da seguire: io sto
aspettando, ma constato i ritardi delle amministrazioni,
dovuti però anche ad una non completa "collaborazione" di
tutti i referenti istituzionali. Avevo chiesto ai prefetti di
effettuare un censimento delle compravendite avvenute negli
ultimi cinque anni, anche per stabilire la rilevanza del
fenomeno dell' utilizzazione di forme mascherate di
compravendita collegate proprio al rapporto tra l'usura e le
acquisizioni patrimoniali, soprattutto per quanto riguarda gli
esercizi commerciali e, in alcune aree, anche gli alberghi.
   Non vi è una riduzione dell'allarme sociale, vorrei
rassicurare in proposito l'onorevole Imposimato, che ringrazio
per la puntualità dei rilievi mossi. Certo, vi è una strategia
stragista, anche se, certamente, di livello inferiore rispetto
ai vertici toccati in Sicilia; tuttavia, non posso non
ammettere che la 'ndrangheta si stia organizzando anche in
termini sofisticati, con ricorso ad un terrorismo stragista.
Convengo, quindi, su questo punto, con l'onorevole Imposimato,
anche se non posso accogliere il suo rilievo relativo ad una
nostra supposta sottovalutazione: il fenomeno ci è presente
nella sua gravità.
   Avrei voluto rispondere all'onorevole Matteoli, ma egli
trarrà probabilmente maggiore frutto da una risposta scritta,
anche perché non sarei in grado di fornire con precisione
tutti i dati. Dovrei, infatti, innanzitutto stabilire da
quanti anni le forze dell'ordine (carabinieri, polizia di
Stato, Guardia di finanza) siano presenti in Calabria; poi,
quanti siano i calabresi e quanti siano, analogamente, i
campani ed i siciliani.
   Sull'organico, posso rispondere, ma lo faccio anche ai
rilievi degli altri parlamentari, che è al completo ma questo
non significa che siamo tranquilli: è un organico al completo
che avrebbe bisogno di un incremento. Se la condizione più
generale del paese dal punto di vista economico consentisse
una revisione delle piante organiche, dico che per alcuni anni
avremmo bisogno di una maggiore presenza. Non è stato
possibile ottenere di più e con la presenza dei militari...
Qui non si tratta di militarizzare, si tratta di tener conto
di un alleggerimento dei compiti delle forze di polizia per
poterle meglio utilizzare per fini istituzionali.
                        Pag. 3540
L'apporto di mille militari potrà essere significativo anche
se non esaustivo di una problematica di carattere più
generale.
   Al senatore Frasca vorrei fare questo rilievo. Dirò al
ministro Paladin della situazione del consiglio regionale
della Calabria, perché non è competenza del ministro
dell'interno avanzare rilievi sulla condizione dei consiglieri
regionali calabresi. Però, vorrei anche dire che siamo a fine
legislatura, a Parlamento sciolto ed io ho presentato un
disegno di legge che non ha avuto fasi di avanzamento. L'ho
presentato perché sapevo bene che c'è una disciplina della
condizione, dello status del consigliere regionale
diversa dalla disciplina che abbiamo introdotto per i
consiglieri comunali e provinciali. Certo, la condizione dal
punto di vista istituzionale è diversa ma c'è stata una
insensibilità rispetto a questo problema. Poiché noi possiamo
agire soltanto rispetto a pronunce giurisdizionali, le
pronunce giurisdizionali in Calabria evidentemente non ci
sono. Ho rimosso consiglieri regionali di varie regioni ma non
ho potuto rimuovere consiglieri regionali della Calabria
perché siamo in assenza di pronunce di carattere
giurisdizionale. Parlo in prima persona perché la legge
consente al ministro dell'interno, di concerto con il ministro
per gli affari regionali, di proporre al Consiglio dei
ministri la rimozione di consiglieri regionali in presenza di
pronunce giurisdizionali.
   Così dico anche per il CORECO. Dirò al ministro Paladin di
prestare attenzione alla composizione del CORECO della
Calabria, perché se è vero che ci sono condizioni di
ineleggibilità queste vanno rimosse ma poi l'arma del
sindacato...
  SALVATORE FRASCA. I commissari di Governo, sebbene
informati, perché hanno vistato le delibere del consiglio...?
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Questo non
posso dirlo.
   Vorrei dire però all'onorevole Tripodi, prima di passare
ai rilievi che mi sono stati mossi dal senatore Frasca, che
dal punto di vista dello scioglimento dei consigli comunali
non vi è stata nessuna attenuazione. Non poteva esserci non
solo perché sono saliti a 77 i consigli comunali sciolti per
condizionamento, per infiltrazione...
  GIROLAMO TRIPODI. Parlavo della Calabria.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Ma non
avrei mai dato una direttiva nel senso dell'attenuazione. Ci
sono stati 20 accessi disposti dai prefetti, su mia precisa
indicazione, nei confronti di altrettante amministrazioni: 9
in provincia di Catanzaro, 6 in provincia di Reggio Calabria,
5 in provincia di Cosenza. Devo stare anche ai rapporti
informativi. Probabilmente l'Alto commissariato funzionava più
celermente ma poiché è stato soppresso per legge la delega
delle funzioni ispettive che aveva l'Alto commissariato è
passata ai prefetti ed io non ho avuto segnalazioni. Potrò
tenere - assicurando l'onorevole Tripodi che mi muoverò in
questa direzione - una riunione con i prefetti delle tre
province, chiedendo che utilizzino le ispezioni anche per
commisurare il grado di impenetrabilità del condizionamento
rispetto alle amministrazioni comunali ma da parte mia non c'è
mai stata un'attenuazione, perché non ho interesse. Parto dal
convincimento che più stronchiamo fenomeni di condizionamento
e di infiltrazione migliori potranno essere i risultati dal
punto di vista della trasparenza amministrativa. Del resto, la
Sicilia, che è stata la regione che ha ottenuto i primi
interventi repressivi, con le elezioni del giugno del 1993 ha
registrato amministrazioni elettive di tutto rispetto. Ho
consultato, mi sono venuti incontro, mi hanno dato anche
consigli per come aiutarli, tant'è che pende dinanzi al
Parlamento la conversione in legge di un decreto-legge che è
di sostegno alle gestioni straordinarie e, per i primi quattro
anni successivi alle gestioni straordinarie, a favore delle
amministrazioni che si insediano subito dopo.
   A me dispiace che il senatore Frasca possa, usando un
linguaggio che io spesso
                        Pag. 3541
metto da parte... Io sono iscritto ad un partito politico, ma
credo di aver dato dimostrazione di un'assoluta indipendenza
ed imparzialità sciogliendo un consiglio comunale, capoluogo
della mia regione, con 53 consiglieri di maggioranza su 80
(quindi con una larghissima maggioranza), senza aver avuto mai
nessun rimprovero né dal mio partito né da altri. L'ho sciolto
perché ritenevo in serena coscienza che quel consiglio
comunale consumasse un'offesa progressiva, quotidiana nei
confronti delle esigenze della popolazione.
   Detto questo, non mi si può dire che per un consigliere
comunale eventualmente iscritto alla mia parte politica io
possa ottenere delle censure. A Cassano Ionio io mi trovo - e
lo posso dire perché il rapporto è stato acquisito agli atti
della prefettura - con il procuratore della Repubblica dottor
Mariano Lombardi che mi muove questi rilievi: "Per quanto
attiene alla posizione di candidato che avrebbe controllato la
sua elezione al consiglio comunale, l'avvocato Gaetano Di
Cunto, sono stati richiesti ulteriori approfondimenti e
l'ufficio si riserva di fornire altre notizie". Io non ho
bisogno del rinvio a giudizio ma avrei bisogno di dati
oggettivi che mi mettano in condizione di essere tranquillo
anche con la mia coscienza, perché non discuto l'attività
professionale di questo avvocato però mi rendo anche conto che
un avvocato che ha un cliente appartenente a cosche mafiose ha
un rapporto particolare che io non posso sindacare. Si può
dire: "Ma perché ha quel cliente?", ma questo è un problema
suo.
  SALVATORE FRASCA. Io ho posto questo problema.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. In secondo
luogo, l'episodio relativo all'utilizzazione di un telefono
cellulare dell'avvocato Roberto Falvo da parte di Alfredo
Elia, pregiudicato ucciso in un regolamento di conti tra bande
rivali, è risultato insussistente in quanto frutto di erronea
indicazione del numero di utenza. Di fronte a questi dati,
cosa debbo fare? Debbo soddisfare un desiderio o devo
oggettivamente...
  SALVATORE FRASCA. Questo signore viene qualificato come
referente della mafia.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Sì, ma io
ho questi rapporti. Questo è della procura della Repubblica
presso il tribunale di Catanzaro.
  SALVATORE FRASCA. Si può consultare il fascicolo per
vedere se l'ho inventato io oppure no. Si dice che è referente
della mafia.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Senatore
Frasca, le ho detto che in dieci giorni risolverò questo
problema, però lo debbo risolvere anche avendo la coscienza
tranquilla di aver reso un atto dovuto e non di aver reso una
cortesia perché mi è stata più volte segnalata questa
situazione.
   Sul commissariato di Sibari non so cosa si possa fare ma
certo in quella zona vi siete articolati piuttosto bene:
commissariato da una parte, commissariato da un'altra parte,
presenza dei carabinieri da un'altra parte. Bisogna
riequilibrare il territorio in modo da realizzare un dato
obiettivo; capisco che sono tantissimi 20 comuni scoperti da
presenze di forze dell'ordine.
   Sul piano dei patrimoni ci siamo mossi con sequestri che
hanno raggiunto la non disprezzabile cifra di 790 miliardi e,
in termini di confisca, con una cifra di 260 miliardi.
   Dal punto di vista generale la mia valutazione - ripeto un
concetto già espresso - è che dobbiamo lavorare in termini di
maggiore controllo del territorio. Non possiamo dire che lo
Stato è completamente assente, però lo Stato è fortemente
condizionato da una preminenza di controllo del territorio da
parte delle cosche mafiose.
   Cosa dobbiamo fare? Tener conto che il dato più allarmante
allo stato è Reggio
                        Pag. 3542
Calabria, senza escludere Catanzaro ma tenendo conto di una
diversità nel Cosentino. Ci sono due parlamentari della zona e
dico che questo è un dato allarmante, perché è un tipo di
criminalità diversa da quella di Reggio Calabria ma è una
criminalità che sta progredendo anche in termini di adozione
di mezzi sofisticati.
   Su Reggio Calabria la maggiore attenzione possibile. Nella
prossima primavera i carabinieri assicureranno una presenza di
quattro mesi attraverso la cavalleria, però avremo in
provincia di Reggio Calabria un presidio fisso di
specializzazione, che serve a stabilire anche un maggiore
contatto con il territorio. Speriamo che la maggiore presenza
delle forze dell'ordine possa anche significare una riduzione
del fenomeno malavitoso. Questo abbiamo sottolineato
nell'ultima riunione del comitato nazionale per l'ordine e la
sicurezza pubblica.
   Non ci sfugge né il fenomeno calabrese né quello campano,
che ha problemi rilevanti nelle due maggiori province, quelle
di Napoli e di Caserta, ma non minori in quella di Salerno,
dove sta crescendo una malavita organizzata. In queste due
regioni dobbiamo porre il massimo dell'attenzione,
diversificando le misure e anche le presenze sul territorio.
Ma vi assicuro che da parte nostra la vigilanza è al massimo,
perché questo fenomeno non può essere combattuto in un'area
per poi vederlo riprodotto in altre aree. Dobbiamo combatterlo
complessivamente e sarà la prossima legislatura, a mio avviso,
a porsi i problemi della rilevanza degli organici e della
presenza ed anche, a mio avviso, dell'approfondimento di un
intreccio che c'è tra il fenomeno malavitoso locale ed il
fenomeno internazionale. Per quanto riguarda la 'ndrangheta,
vi dico che gli intrecci a livello internazionale non sono
minori di quelli della mafia e della camorra.
   Vi chiedo scusa per la manchevolezza che avete registrato
ma mi era stata chiesta una riflessione sulla evoluzione del
fenomeno e credo che la descrizione di un fenomeno che ha
registrato questa evoluzione possa trovare anche un vostro
approfondimento e una vostra collaborazione utile per meglio
combattere il fenomeno stesso.
  PRESIDENTE. La ringrazio, ministro. Mi pare che in
relazione alla questione posta da alcuni colleghi del
rafforzamento della presenza, lei dice che in primavera ci
sarà questo rafforzamento, determinato dall'arrivo dei
carabinieri. Questa è la questione.
  GIROLAMO TRIPODI. Non dei carabinieri.
  NICOLA MANCINO, Ministro dell'interno. Prima della
cavalleria dei carabinieri; andrà sul posto, resterà 4-5 mesi
e batterà soprattutto la zona dell'Aspromonte. Poi dobbiamo
fare la scuola.
  PRESIDENTE. C'è questa questione: in Calabria il
controllo del territorio rischia di trasformarsi in controllo
delle persone, perché c'è il più alto numero di comuni nelle
quattro regioni e c'è il più basso numero di abitanti, il che
vuol dire che c'è una popolazione molto frammentata, per cui i
gruppi di comando mafioso - che sono divisi uno per comune,
come sappiamo - rischiano di avere un peso notevole.
   La seconda questione è quella della qualità dei dirigenti
delle varie funzioni pubbliche. C'è un problema, mi pare, di
numero delle persone e c'è anche un problema di qualità delle
persone, cioè di adeguatezza a queste difficoltà. Ci può
essere un ottimo funzionario, magari un po' avanti negli anni,
che sta pensando alla chiusura della sua carriera, che sarebbe
ottimo in un'altra funzione ma che lì, in posti
particolarmente tesi, non riesce a dare più il meglio di se
stesso.
   La ringraziamo molto, signor ministro.
              Comunicazione del Presidente.
  PRESIDENTE. E' stata avanzata la richiesta di inviare il
codice di autoregolamentazione delle candidature ai segretari
dei partiti e ai capi dei movimenti.
                        Pag. 3543
  MASSIMO BRUTTI. Bisognerà procedere subito.
  PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, rimane così
stabilito.
   (Così rimane stabilito).
  Sospendo brevemente la seduta.
La seduta, sospesa alle 18,40, è ripresa alle
18,45.
Audizione del ministro di grazia e giustizia, professor
Giovanni Conso, sullo stato della lotta alla criminalità
mafiosa in Calabria dopo il recente omicidio di due
carabinieri.
  PRESIDENTE. Ringrazio il ministro Conso - sappiamo che
viene da una riunione del Consiglio dei ministri - per la sua
presenza.
   La questione che desideriamo sottoporle - abbiamo già
ascoltato il ministro dell'interno, avendo ricevuto
l'autorizzazione delle Presidenze della Camera e del Senato
relativamente a queste audizioni - è semplice, ma in realtà
complessa: il problema specifico interessa la Calabria, in
particolare la quantità e la qualità della risposta
giudiziaria in questa regione.
   Sulla base dei dati a nostra disposizione il rapporto tra
magistrati e appartenenti alla criminalità organizzata in
questa zona è il più basso tra quelli delle regioni a rischio
e questo ci preoccupa notevolmente.
   Tra l'altro, in Calabria emergono due fenomeni abbastanza
delicati: lunghe carriere giudiziarie fatte nella stessa sede,
il che, come sappiamo, comporta incrostazioni che possono
incidere sull'efficacia dell'azione giudiziaria; un complesso
di parentele tra magistrati nello stesso ufficio o in uffici
diversi, che di per sé non costituisce elemento oggettivamente
positivo.
   Questi due dati non sono determinanti rispetto alla
fragilità di una risposta, ma l'insieme degli elementi - lo
scarso numero dei magistrati, il modestissimo numero degli
appartenenti alle direzioni distrettuali rispetto al peso
complessivo della mafia in Calabria - portano alla necessità
di una riflessione sul modo di irrobustire dal punto di vista
quantitativo e qualitativo la risposta giudiziaria della
regione.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. La
notizia nuova è quella della distribuzione delle 600 unità di
magistrati recate in aumento. Ringraziamo della sollecitazione
a considerare in modo particolare il centro sud, soprattutto
il sud e le isole. Abbiamo riveduto la prima ripartizione,
arrivando ad una impostazione che per quanto riguarda la
Calabria prevede: per Catanzaro 34 posti in più...
  PRESIDENTE. Nella corte d'appello?
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Sì.
  PRESIDENTE. Cioè in tutto il distretto.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Distretto di Catanzaro: 34 unità per gli uffici giudicanti e
16 per i requirenti (salvo poi distinguere tra pretura,
tribunale e corte). Per quanto riguarda Reggio Calabria, sono
assegnati 11 posti per gli uffici giudicanti e 6 per i
requirenti. Sarebbero dunque 50 posti per Catanzaro e 17 per
Reggio Calabria.
  SALVATORE FRASCA. Sono comprese anche le procure
distrettuali?
  PRESIDENTE. Tutto.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Sì. Vanno poi distribuiti all'interno.
  PRESIDENTE. Mi pare che per legge le procure
distrettuali non possono essere superiori ad un quarto.
Ministro, non ricorda la norma?
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Non ricordo esattamente.
                        Pag. 3544
  PRESIDENTE. La quota è stabilita per legge o dal Consiglio
superiore della magistratura (prego gli uffici di verificare
questo aspetto).
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Non so se può essere interessante anche la scomposizione...
  PRESIDENTE. Sì.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Parto dalle corti d'appello: Catanzaro 4 consiglieri, Reggio
Calabria 1 consigliere. Quindi, 5 dei 67 sono in corte
d'appello.
   Procure generali presso le corti d'appello: 2 a Catanzaro
e 1 a Reggio Calabria.
   Tribunali per i minorenni: 1 posto a Catanzaro, mentre la
situazione di Reggio Calabria rimane inalterata.
   Tribunali (qui forse ci sono anche quelli con sede diversa
da Catanzaro e da Reggio): Castrovillari 3 giudici in
Cassazione, Catanzaro 4, Cosenza 3, Crotone 2, Lamezia Terme
2, Locri 1, Palmi 1, Reggio Calabria 4, Vibo Valentia 2.
   Procure della Repubblica presso i tribunali: Castrovillari
1, Cosenza 4, Crotone 1, Locri 1, Palmi 1, Reggio Calabria 2,
Vibo Valentia 1. Per quanto riguarda le preture circondariali,
Castrovillari 2 pretori, Catanzaro 2, Cosenza 1, Crotone 1,
Lamezia 1, Locri 1, Vibo Valentia 1.
  SALVATORE FRASCA. Ha dimenticato Rossano.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Sì, ho dimenticato Rossano ma tra le procure della Repubblica
presso i tribunali avevo saltato Catanzaro, che ha due
procuratori. Tra le procure della Repubblica possiamo
aggiungere due sostituti a Catanzaro.
   Per quanto riguarda Rossano, ho saltato due giudici del
tribunale, un sostituto procuratore della Repubblica presso il
tribunale ed un pretore. Per le procure della Repubblica
presso le preture circondariali, sono previsti un procuratore
a Catanzaro e uno a Reggio Calabria.
   Lascerò questa documentazione a disposizione della
Commissione.
  PRESIDENTE. La ringraziamo, signor ministro, per questa
informazione che è molto utile. I dati raccolti dalla
Commissione tengono conto di questi aumenti e nonostante ciò
la Calabria presenta la più alta scopertura di organico di
tutta Italia, nella misura del 31,52 per cento. L'unica città
che supera questa percentuale è Bolzano, con il 40 per cento,
città che avrà certamente gravissimi problemi ma non di questo
tipo. Nonostante questa eccellente distribuzione ci troviamo
di fronte ad una struttura giudiziaria straordinariamente
debole perché il numero dei mafiosi presenti, 5.600, è
superiore a quello degli aderenti a Cosa nostra, il numero
degli abitanti è molto ridotto, meno della metà della Sicilia,
mentre il numero dei comuni è molto elevato, maggiore rispetto
alla Sicilia. Tutto ciò significa una maggiore frammentazione
della popolazione e quindi maggiore possibilità di controllo
della mafia sulla popolazione. A questo si aggiunga una
particolare debolezza della presenza tanto delle forze
dell'ordine (ne abbiamo ora discusso con il ministro
dell'interno) quanto delle istituzioni giudiziarie. E' questo
il problema politico di fronte al quale si è trovata la
Commissione. Come è stato dichiarato in questa sede dai
procuratori distrettuali antimafia di Reggio Calabria la
situazione è tale che non riescono ad interrogare i pentiti (e
per fortuna sono pochi!).
  SALVATORE FRASCA. Anche Paola, che qui non compare, ha
un solo sostituto alla procura.
  PRESIDENTE. Mi stavo riferendo alle procure
distrettuali. Il problema è di vedere in quali termini
riusciamo a dare una risposta a questo tipo di domanda.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Ho
dimenticato un sostituto
                        Pag. 3545
procuratore alla procura della Repubblica presso il tribunale
di Lamezia Terme.
   Non so se ipotizzare, naturalmente non in questo momento
ma in prospettiva appena possibile, a livello obiettivo
generale che l'aumento di 600 magistrati che sembrava qualcosa
di prezioso non sembra poter rispondere alle tante richieste.
Altro che 600, Calabria a parte, vi sono anche tutte le altre
zone! Non so se si possa ipotizzare, perché il momento
legislativo non lo consente, un ulteriore aumento di organico
proprio per la Calabria per sottolineare la delicatezza, la
gravità, l'importanza del tema che è stato qui efficacemente
evidenziato.
  PRESIDENTE. Mi chiedo se non sia possibile riflettere in
maniera più approfondita sulla distribuzione di questi 600
magistrati in relazione alla situazione particolare in cui si
trova la Calabria. Comprendo le difficoltà perché vi sono
anche altri problemi di cui occorre tener conto.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Una distribuzione diversa significherebbe togliere ad altri.
Aggiungo che la prima distribuzione ha comportato, al momento
di passare alla seconda, parecchie amputazioni. Invece ora il
decreto è stato firmato e trasmesso al CSM. Non è escluso che
si possano fare altre modifiche ma non in misura così
rilevante.
  PRESIDENTE. Non è meglio ricondurre la scopertura nella
media nazionale?
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Bisognerebbe controllare la media di tutti.
  PRESIDENTE. Lei ha ragione ma se è vero che la questione
calabrese assume questa specificità, una riconsiderazione
della distribuzione potrebbe rientrare nell'ambito di un
discorso di solidarietà tra tutte le regioni e tutti gli
uffici giudiziari del paese in ordine a questa situazione. Mi
limito ad esprimere la mia opinione.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. E'
un'ipotesi molto seria.
  ALFREDO GALASSO. Vorrei aggiungere la mia voce a quella
del presidente Violante per sottolineare la situazione in cui
versano gli organici della magistratura in Calabria. Sono
stato al Consiglio superiore della magistratura e so quale
fatica si è dovuta fare per evitare (era l'epoca in cui
sembrava particolarmente emergente, e lo era, il fenomeno
della mafia in Sicilia più che in altre regioni) di volta in
volta che quei dannati numeretti sui quali si basa la
percentuale fossero abbandonati e sostituiti da criteri molto
più diretti, immediati e ragionevoli di valutazione sul vuoto
di organico. So di che si tratta ma so anche che in questa
direzione è assolutamente indispensabile un'inversione di
tendenza: c'è una sfasatura evidente tra le percentuali di
vuoto di organico o tra le stesse valutazioni delle necessità
degli organici in alcune zone rispetto ad altre. L'evidenza
dello stato degli organici che qui ripetutamente abbiamo
verificato non può essere superata attraverso il richiamo alle
solite percentuali che il Consiglio superiore della
magistratura di volta in volta presenta.
   Ciò che noi le chiediamo con molta insistenza e
determinazione è che ci sia l'assunzione di una scelta
politica in questa direzione. Essa potrà articolarsi secondo
varie modalità ma non è vero che le necessità di organico si
registrano dappertutto; o meglio, è vero che vengono
prospettate dappertutto ma è vero che nel compiere una scelta
bisogna verificare le diverse situazioni. In Calabria la
magistratura, forse in maggior misura rispetto alla polizia,
richiede una presenza assidua e capillare perché è il presidio
della visibilità prima ancora che dell'efficienza dello Stato
in queste regioni.
   Mi rifaccio integralmente alle considerazioni del
presidente Violante aggiungendo la necessità di una
valutazione di
                        Pag. 3546
ordine politico che rappresenta il problema prioritario. E'
inutile aggiungere parole, i numeri non bastano, prima ancora
della qualità i numeri non bastano! Vorrei anche riferirmi ad
altri aspetti del problema: per esempio la qualità, la
distribuzione e l'efficienza dei singoli magistrati sono
fortemente condizionate da una longevità nel luogo di questi
magistrati.
  PRESIDENTE. Si potrebbe parlare di una categoria
dell'eternità.
  ALFREDO GALASSO. Sì, la categoria dell'eternità insieme
a quella della parentela.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Questo è un altro problema.
  ALFREDO GALASSO. Non c'è nulla di segreto ma ho voluto
prospettarlo fuori dalla Commissione per non scombinarne i
lavori oltre un certo limite; si tratta di una situazione (che
mi lascia molto perplesso) di mancanza o quanto meno di
apparenza o trasparenza da parte di magistrati che agiscono
contro persone che se la sono presa con il padre. Il guaio è
che vivono nello stesso paese, come nel caso di Crotone. Poi
si scoprirà che la persona è assolutamente indipendente e
limpida e che ha agito benissimo ma rimane un'immagine che non
è certamente positiva.
   Credo anche che il rapporto, così come ci è stato
presentato, tra le procure distrettuali antimafia - il
problema si prospetta particolarmente in Calabria - e le
singole procure, che sono degli avamposti nell'azione di
inchiesta e di contrasto del fenomeno mafioso, non sia sempre
un rapporto coordinato. La vicenda calabrese ha richiamato la
nostra attenzione sul fenomeno più generale. Sono stato tra
coloro che hanno contrastato in sede di Commissione giustizia
la frettolosità con cui si volevano istituire i tribunali
distrettuali, proprio perché sono convinto non che non siano
necessari ma che la materia debba essere riconsiderata e che
non si possa mettere una "pezza" ogni volta che qualcuno
afferma che i pubblici ministeri non possono essere presenti.
   Il problema dell'efficienza complessiva della macchina
giudiziaria deve essere valutato in base all'esperienza fatta,
senza avere né l'atteggiamento di chi vuole difendere per
forza un'istituzione per la semplice ragione che esiste - ciò
è avvenuto per l'alto commissario - né un atteggiamento
aprioristicamente critico. Certo, il problema del
coordinamento in Calabria è emerso con evidenza, così come è
emerso che la qualità dei magistrati non è sufficiente.
   Signor ministro, so bene quali sono i limiti delle sue
competenze, ma mi rendo anche conto che deve essere data
un'indicazione di tipo politico, soprattutto in un momento in
cui desta preoccupazione, rispetto all'efficienza della
macchina giudiziaria, il numero eccessivo di magistrati che
stanno chiedendo al Consiglio superiore della magistratura di
mettersi in congedo per candidarsi alle prossime elezioni
politiche. Desidero affrontare questo tema con franchezza,
anche se non rientra nelle competenze del ministro della
giustizia, poiché stiamo parlando del funzionamento e della
trasparenza di un'istituzione giudiziaria: la cifra
assolutamente esorbitante rispetto alla media degli anni
precedenti non suscita una reazione ed un'immagine positiva
tra la gente, che pure ha posto nella magistratura molte
speranze. Una sorta di self restraint da parte dei
singoli magistrati sarebbe quanto mai opportuno.
   Sono perciò molti i fattori in base ai quali oggi appare
indispensabile, specie in alcune regioni, mantenere alta
l'azione di vigilanza e la funzione di garanzia della
giurisdizione.
   Concludendo il mio intervento e ringraziando il ministro
per essere venuto in questa sede ed aver dimostrato
sensibilità alle questioni che di volta in volta gli sono
state poste, desidero brevemente riassumere le problematiche.
   La prima riguarda i livelli degli organici. La seconda è
relativa alla qualità dei magistrati, nel senso della
longevità e
                        Pag. 3547
dell'eternità, nonché dei rapporti intrecciati di parentela;
non si può nascere, vivere, sposarsi, avere figli e rimanere
sempre nel medesimo ristretto. Il terzo problema riguarda
l'efficienza complessiva dell'attività della procura
distrettuale antimafia, legata alla sperimentazione sul
territorio, così come è stata verificata specialmente con
riferimento a determinate procure; alcune non fanno fino in
fondo quello che dovrebbero fare e non trovano nella procura
distrettuale una sponda; ma neppure altre, che agiscono,
trovano una sponda nella procura distrettuale. Tutto ciò al di
là della qualità dei magistrati che fanno parte della procura
distrettuale. Appare perciò necessario procedere, prima che ad
una riforma, ad una cooptazione di fatto di magistrati capi o
membri di procure di avanguardia rispetto alla procura
distrettuale. Nulla vieta di organizzare conferenze periodiche
che possano essere un'occasione d'incontro e di scambio di
informazione.
  PRESIDENTE. Potrebbero essere integrati nella procura
distrettuale.
  ALFREDO GALASSO. Quest'ipotesi dipende dai numeri. Se i
numeri non ci sono, la situazione non regge.
  SALVATORE FRASCA. Signor Presidente, in base ai dati
esposti dal ministro in modo analitico risulta che nella
distribuzione dei 67 magistrati sono escluse le superprocure.
  PRESIDENTE. Vorrei precisare che la superprocura non
costituisce un ufficio a sé stante; si colloca all'interno
della procura della Repubblica. Sarà il procuratore a decidere
quanti magistrati ne debbano far parte.
  SALVATORE FRASCA. Prendo atto con piacere di questo
chiarimento.
   Vorrei richiamare l'attenzione del ministro sulla procura
di Paola, di cui ci siamo tanto interessati. Al momento c'è un
solo sostituto, pur essendo in corso indagini di una certa
gravità e di notevoli dimensioni. Vi è il rischio che si
blocchi tutta l'attività giudiziaria. Dunque, la procura di
Paola deve essere tenuta presente nella ripartizione di quei
67 magistrati.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Controllo meglio i dati in mio possesso; spero di aver
sbagliato.
   Presso il tribunale c'è un giudice e presso la procura del
tribunale un sostituto; c'è anche un pretore.
  SALVATORE FRASCA. Manca il procuratore, poiché il
magistrato che precedentemente ricopriva l'incarico se ne è
andato. Allo stato, è rimasto uno dei tre sostituti. Dunque,
si tratta di una procura acefala.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Ci
vuole un trasferimento. Si tratta di tre posti in più.
  SALVATORE FRASCA. Bisognerebbe risolvere il problema
relativo alla presenza del procuratore e poi tener presente
che prima, oltre al procuratore capo, c'erano quattro
magistrati; oggi ne resta uno solo e, anche aggiungendone un
altro, mancherebbe sempre un'unità, più il procuratore.
   La situazione è grave e dovrebbe essere risolta. Non
vorrei che, poiché sono in corso inchieste giudiziarie che
intaccano il sistema di potere esistente in Calabria, non si
faccia tutto il possibile.
   Detto questo, signor ministro, vorrei farle presente che
abbiamo avuto un incontro con il Consiglio superiore della
magistratura, nel corso del quale abbiamo parlato delle
condizioni della magistratura in Calabria e sono emersi
problemi di gravità eccezionale. I rappresentanti del
Consiglio superiore della magistratura, con alla testa il
vicepresidente Galloni, hanno riconosciuto che tali problemi
erano fondati. Rispetto ad allora - l'incontro si è svolto il
28 ottobre 1993 - non è stato fatto nulla e la situazione è
rimasta invariata.
                        Pag. 3548
   Ricollegandomi alle considerazioni del collega Galasso,
vorrei richiamare l'attenzione del ministro su alcuni punti.
Premesso che - desidero dirlo proprio perché il mio
ragionamento sia il più obiettivo possibile - finalmente la
magistratura si sta muovendo in Calabria: è uscita dal lungo
sonno massonico grazie ad alcuni procuratori, a parte
"l'eternità" di alcuni magistrati... Mi piace questo termine e
lo userò spesso nel corso della campagna elettorale.
  PRESIDENTE. Sono lieto di aver dato un contributo!
  SALVATORE FRASCA. Come dicevo, a parte l'eternità di
alcuni, esiste una conflittualità enorme tra i magistrati
calabresi, con scambi di querele di cui la stampa dà
quotidianamente notizia e con grave disdoro dell'ordine
giudiziario. Ci sono anche casi di malcostume; ad esempio, uno
dei sostituti procuratori antimafia, in una intervista resa a
Il Giorno ha dichiarato che di casi Curtò in Calabria
non ce n'è uno, ce ne sono tanti. Vorremmo sapere se il
magistrato fosse nel giusto quando ha reso quella
dichiarazione. In tal caso, cosa è stato compiuto per
acclarare i fatti? Qualora invece non fosse stato nel giusto,
potrebbe occupare il posto che occupa?
   Io credo che quel magistrato avesse ragione e vorrei
raccontare al ministro la mia esperienza personale. Ho avuto
tra le mani un fascicolo processuale dal quale ho rilevato una
conversazione telefonica tra un magistrato del tribunale di
Castrovillari ed un fallito; a quest'ultimo veniva data
assicurazione che il curatore fallimentare, ritenuto scomodo,
sarebbe stato sostituito, così come è poi avvenuto. Questa
sostituzione venne determinata da un rapporto incipiente di
parentela tra il magistrato ed il fallito. Ho denunciato il
fatto, ed anche che questo magistrato aggrediva la
magistratura dicendo che quanto affermato dal senatore Frasca
sul tribunale di Castrovillari era troppo poco. Due volte ho
dovuto buttare la toga perché mi vergognavo delle sentenze che
stavano per essere emesse, di carattere familiare e
particolare. Bisogna acclarare se questo magistrato abbia
detto la verità; in proposito, ho presentato interrogazioni
alle quali non ho avuto risposta.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Alcune le ho date.
  SALVATORE FRASCA. Soltanto una o due.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Le
altre arriveranno.
  SALVATORE FRASCA. E' venuto meno il potere del
Parlamento di sindacato sull'azione di Governo. Capisco che
stiamo andando verso un regime illibertario ma, fino a che
sarà possibile, dobbiamo difendere gli spazi della libertà, a
cominciare dalla sovranità del Parlamento.
   Come dicevo, ho presentato un'interrogazione sul tribunale
di Castrovillari ma non c'è mai stata un'inchiesta.
Occorrerebbe invece verificare che cosa sia la giustizia nella
provincia calabrese, perché non esistono soltanto Reggio
Calabria, Catanzaro, Cosenza; ci sono anche Rossano,
Castrovillari, Vibo Valentia, Lamezia Terme.
   Sempre con riferimento alla condizione della magistratura
in Calabria, vorrei ribadire quanto detto dal collega Galasso:
il carattere è sempre familiare. Ribadisco perciò quanto ho
già detto il 28 ottobre, affermando che presso la procura
della corte d'appello di Reggio Calabria - signor ministro,
prenda nota di queste notizie, perché sono interessanti - lo
stesso cognome ricorre cinque volte; un altro cognome ricorre
due volte. Presso il tribunale di Lamezia Terme, il presidente
è cognato del procuratore. Una situazione identica si verifica
presso la corte d'appello di Catanzaro ed in generale presso i
vari tribunali.
   L'onorevole Galloni ha dato una risposta che per molti
aspetti è amena e comunque non degna della sua intelligenza e
della sua preparazione, a meno
                        Pag. 3549
che io non debba fare mio il giudizio espresso nei suoi
confronti, in sede di Commissione stragi, dall'ex Presidente
della Repubblica, senatore Cossiga. Egli ha detto che, allo
stato, non vi è alcuna incompatibilità prevista dalla legge
tra moglie e marito perché, fino a qualche tempo fa, le donne
non potevano accedere alla magistratura.
   Prima obiezione: ci sono norme morali, di costume che il
Consiglio superiore della magistratura dovrebbe far valere.
Esistono norme per le incompatibilità da me denunciate, che si
debbono applicare subito, diversamente la gente non crederà
più nelle indagini. Non solo, l'opinione pubblica non crederà
più nelle indagini, anche se saranno clamorose, se in Calabria
dovesse ripetersi quanto si è verificato durante le recenti
elezioni amministrative, in cui in ogni città interessata
dalle consultazioni elettorali vi erano uno o due magistrati
candidati. E' strano, mentre si sottolinea la mancanza di
magistrati e si invocano decisioni da parte del ministro della
giustizia e del Consiglio superiore della magistratura
affinché vengano assunti altri magistrati, in Calabria gli
stessi magistrati vogliono fare il sindaco o il presidente
della provincia o della regione! E si tratta di titolari di
inchieste giudiziarie che hanno avuto una notevole risonanza.
Allora ha ragione il collega Galasso; diversamente ho il
diritto di ritenere che questi giudici eserciteranno coazioni
e coartazioni nei confronti di eventuali indagati per ottenere
voti. Ecco perché parlo di regime, signor ministro! E'
preoccupante che questi magistrati si candidino per un'unica
area politica. Se non si metterà riparo a tale situazione, si
correrà il rischio - purtroppo fondato - di affermare la
Repubblica dei magistrati, il che non è piacevole. Anzi,
bisogna impedire che ciò si affermi perché il nostro è uno
Stato di diritto fondato sull'equilibrio dei poteri. I signori
magistrati - qualcuno potrà chiedersi perché utilizzo questi
termini nei loro confronti, ma è la mia coscienza pulita,
adamantina a consentirmelo - i signori magistrati, dicevo,
stanno dimostrando di non voler compiere il proprio dovere.
   Signor ministro, le do in omaggio il verbale della seduta
di giovedì 28 ottobre, in cui questi argomenti sono stati
affrontati. Se lei non avrà il tempo di scorrerlo, lo faccia
leggere al suo capo di gabinetto o al suo segretario
particolare: da un uomo onesto e cristallino, alle fonti del
quale si abbeverano centinaia di migliaia di giovani studenti
in Italia, mi aspetto ulteriori manifestazioni di onestà, di
sensibilità democratica e di senso civico.
  GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che le osservazioni del
presidente, integrate con le dichiarazioni del collega
Galasso, siano fondate. Nonostante lo sforzo compiuto - del
quale prendiamo atto, signor ministro - per fronteggiare le
esigenze di organico degli uffici giudiziari calabresi, non mi
pare che queste siano state soddisfatte.
   Ricordo che il 15 gennaio scorso a Reggio Calabria è stato
inaugurato l'anno giudiziario: si è trattato però di una
inaugurazione strana in quanto i magistrati aderenti
all'associazione si sono astenuti dal partecipare, e gli
avvocati, per motivi coincidenti, l'hanno disertata. E'
preoccupante, specie in un distretto giudiziario dove si
profonde il massimo impegno nella lotta alla criminalità
organizzata, che in quella provincia è la più forte d'Italia.
Quindi, la proposta di assegnare 17 unità al distretto di
Reggio Calabria risulta insufficiente e si corre il rischio
non solo di far saltare numerosi processi di mafia per
mancanza di giudici, ma anche di riprodurre situazioni del
passato: mi riferisco alla inchiesta sulla massoneria che,
bloccata a causa della mancanza di magistrati, è ripresa
grazie al suo coraggioso impegno all'atto dell'assunzione
della direzione del dicastero della giustizia. Prevedendo uno
o due giudici a Palmi, due a Locri, qualche pretore e il resto
a Reggio Calabria non si risolve l'emergenza che non va
affrontata dal punto di vista numerico, bensì in rapporto alla
mole dei processi instaurati.
                        Pag. 3550
   Il presidente ha sollecitato delle soluzioni, lei signor
ministro ha risposto che si vedrà in un secondo momento. Credo
che si debba esaminare immediatamente l'intera problematica
perché una cosa è un distretto come Bergamo o Bologna,
un'altra è quello di Reggio Calabria, e quando dico Reggio
Calabria parlo di Palmi, di Locri, di Lamezia Terme, di Vibo
Valentia e Catanzaro (per quanto riguarda quest'ultima città,
si prevedono 50 giudici, nonostante l'articolazione degli
uffici, per un numero di processi inferiore rispetto al
distretto di Reggio Calabria).
   Signor ministro, mi permetto di chiederle una riflessione
per modificare le assegnazioni relativamente a Reggio
Calabria, perché vogliamo combattere la criminalità
organizzata che in quell'area è più forte e potente. Si stanno
facendo enormi sforzi, ma si è bloccati perché mancano i
magistrati. Quindi insisto sulla richiesta per queste sedi
molto impegnate.
   Come lei sa, signor ministro, è stato scoperto un piano in
provincia di Reggio Calabria per assassinare alcuni magistrati
(anche se Cordova è stato trasferito a Napoli, lì lavorano
Boemi, Verzera, Lombardo indicati come bersaglio della mafia).
Il recente omicidio di due appuntati dei carabinieri è
strettamente collegato, poiché quella sera dovevano scortare
nell'attraversamento dello stretto di Messina cinque
magistrati recatisi a Palmi per motivi di lavoro. Le chiedo di
informare la Commissione sulle misure adottate per garantire
la sicurezza dei magistrati, a seguito della scoperta di
questo forsennato piano.
   Concordo con le dichiarazioni dei colleghi circa i
problemi esistenti all'interno degli uffici di Reggio
Calabria. Sappiamo che il Consiglio superiore della
magistratura si è interessato della incompatibilità e della
conflittualità dei magistrati, ma tali questioni vanno
affrontate rapidamente, perché non può esservi incertezza ai
vertici, così come accade a Reggio Calabria; bisogna dare
certezza e sicurezza ai magistrati che debbono operare ed alla
giustizia.
   Concordo altresì con chi ha evidenziato la ricorrenza
delle stesse famiglie in magistratura, in quanto ciò turba la
coscienza della gente che vede in questo un mezzo per
sistemare il congiunto e diminuisce il prestigio della
magistratura.
   Il collega Galasso ed il sottoscritto hanno predisposto
una lettera, che le consegneremo, riguardante un fatto molto
grave verificatosi a Venezia. Un rapporto contenente questioni
importanti e delicate, concernente Cosa nostra, è stato
trasmesso alle autorità competenti da un agente di polizia non
da un magistrato (che indichiamo). Vogliamo che sia fatta
piena luce sulla questione e che siano presi provvedimenti nei
confronti del magistrato, il quale si è permesso di affossare
un documento che poteva dare un contributo alla lotta alla
criminalità organizzata.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Chiedo scusa se lascio come ultimo il punto dal quale si era
partiti e che era stato affrontato dal presidente,
dall'onorevole Galasso e, da ultimo, anche dall'onorevole
Tripodi, cioè quello di come fare a fronteggiare con un
maggior numero di magistrati l'emergenza Calabria, come è
stata definita. Lo lascio per ultimo per sgombrare prima il
terreno da altri problemi che, pur delicati ed importanti,
sono però diversi da quello che ho affrontato all'inizio.
   Per quanto riguarda innanzitutto il problema
dell'"eternità" dei gruppi familiari, mi pare che ci sia stata
una concordanza di voci tale da non essere smentibile ed alla
quale io stesso non posso che aderire. Si tratta di un
problema da affrontare certamente al più presto, ma penso sia
compito soprattutto - per non dire solo - del Consiglio
superiore della magistratura trovare criteri di rotazione. In
fondo, è una linea che viene percorsa anche per quanto
riguarda i tempi dei fuori ruolo, gli incarichi direttivi ed
altro; bisognerà pensare a
                        Pag. 3551
queste rotazioni anche in chiave locale, con riferimento ai
gruppi familiari. Da parte mia potrò sollecitare il Consiglio
superiore della magistratura e caldeggiare, come ho anche
fatto a proposito dei fuori ruolo del Ministero, criteri
precisi e chiari. So, comunque, che tali criteri stanno
arrivando, perché la commissione competente ha già predisposto
un testo che verrà presto sottoposto all'attenzione del
plenum. Tutti questi sono problemi che si collegano e
che sono certamente delicati ed importanti.
   A proposito dei magistrati che chiedono di poter
partecipare a competizioni elettorali, il ministro può fare
ben poco. Certo, da un lato può vedere in questo un effetto
del prestigio che la magistratura ha avuto; dall'altro, al di
là di qualsiasi considerazione di tipo politico, è turbato per
il fatto che perderà molti magistrati ed andranno dunque ad
aumentare i vuoti che sono già tanti. D'altra parte, si tratta
di diritti che finché sono dati è difficile poter contenere,
salvo tutte le considerazioni deontologiche che si possono,
anche giustificatamente, fare.
   Per quanto concerne i problemi indicati in modo
particolare dal senatore Frasca, con riferimento al
procuratore della Repubblica di Paola solleciterò il Consiglio
superiore della magistratura affinché provveda al più presto a
coprire la vacanza.
   A proposito del magistrato che ha affermato che ci sono
molti casi Curtò, mi auguro che questi abbia trasmesso alla
procura della Repubblica competente i dovuti elementi, perché
fare riferimento al caso Curtò vuol dire parlare di reati e
non soltanto di comportamenti deontologicamente discutibili;
se, invece, questo magistrato non manderà gli elementi di cui
ho detto, procederemo eventualmente ad una ispezione.
   Della richiesta di una ispezione a Castrovillari prendo
nota, al fine di inserirla nell'elenco di quelle da effettuare
al termine del periodo elettorale; ritengo infatti che non sia
opportuno aggiungerne altre a quelle già previste. A Paola ne
abbiamo compiute moltissime e forse questo ha fatto un po'
distrarre l'attenzione da Castrovillari; ripareremo
certamente. Ha fatto bene l'onorevole Frasca a sottolineare la
questione e certamente provvederemo.
   Per quanto riguarda le interrogazioni alle quali non è
ancora stata data risposta, posso dire che tali risposte sono
tutte in preparazione, perché è doveroso che esse siano date
prima della fine della legislatura. Risponderò a tutte le
interrogazioni a risposta scritta, così come risponderò per
iscritto anche alle interrogazioni a risposta orale.
   Il problema della presenza all'interno dello stesso
tribunale di moglie e marito, posso dire che è stato superato.
La giusta preoccupazione del senatore Frasca, che già il nuovo
legislatore aveva individuato, ha portato proprio pochi giorni
fa la Corte costituzione a dichiarare illegittima la norma che
non prevedeva questa incompatibilità per il codice precedente,
ancora con riferimento a vecchi processi. Quindi, sia pure con
ritardo ed a tempi lunghi, si è arrivati ad una soluzione
apprezzabile.
   Passando ai problemi evidenziati dall'onorevole Tripodi,
ricordo che per il procedimento lasciato a Palmi dal dottor
Cordova vi è stato per un certo periodo solo un sostituto, poi
un altro; ora ne sono arrivati altri quattro, quindi il
Consiglio superiore ha provveduto, con le applicazioni, in una
misura anche consistente - nei limiti del possibile - a
rafforzare l'organico proprio per quel procedimento.
   Riguardo alla domanda sulla pericolosità del viaggio del
dottor Cordova e degli altri magistrati, posso dire che sono
subito state rafforzate le difese e la vigilanza nel Palazzo
di giustizia e nelle varie sedi interessate e si è allertato
maggiormente il servizio scorte. Credo che la risposta più
importante sia venuta, dopo un momento di incertezza: dopo che
il Governo aveva parlato dell'invio dei militari anche in
Calabria, c'era stata una contro affermazione che io non avevo
condiviso, cioè quella che non vi fossero le coperture
finanziarie; l'emergenza ha
                        Pag. 3552
fatto sì che la copertura sia stata, poi, cercata e trovata e
l'invio - che dovrà avvenire al più presto - in Calabria di
mille militari permetterà alle forze dell'ordine di essere
impegnate esclusivamente sul campo della lotta alla
criminalità, che credo sia la cosa più importante. Approfitto
però della domanda per avviare, con un accenno, la riflessione
su un problema: mi rendo conto che per i magistrati più
esposti, che meritano senza dubbio tutta la nostra
ammirazione, tutela, salvaguardia, sostegno e apprezzamento,
vivere da forzati, sempre nascosti, alla lunga può essere
pesante, per cui può accadere che il coraggio crei altro
coraggio, al punto da portare a sfidare ancora di più il
pericolo; credo, però, che il problema debba essere visto su
un piano più generale, con riferimento anche alle scorte ed
alla protezione di altre persone che vengono esposte. Se di
emergenza si tratta - e credo che sia innegabile -
bisognerebbe forse evitare certi spostamenti non necessari. Ad
un certo momento, il rischio è tale per la persona del
magistrato e per chi gli è di scorta - e quanto più è esposto
il magistrato, tanto più il rischio è grave - che ritengo
sarebbe necessario, con un ulteriore sacrificio, ridurre gli
spostamenti - perché in ogni spostamento il rischio si
presenta concreto - al minimo necessario. Ci sono casi in cui,
forse, ci si sposta più del necessario e questo andrebbe un
po' riveduto. E' chiaro, tuttavia, che la tutela va rafforzata
al massimo.
   La seconda domanda dell'onorevole Tripodi riguarda la
conflittualità tra magistrati, alla quale anche altri
intervenuti hanno fatto riferimento. Certo, questi contrasti
non giovano all'immagine della magistratura ed io ritengo che
questo dovrà diventare un tema di deontologia, magari con
riferimento al famoso articolo 2. In questo caso ci troviamo
nella situazione opposta a quella che vede la presenza in un
tribunale di un gruppo familiare: in quel caso sono tutti
amici, in questo sono tutti nemici (senza contare che i
problemi possono anche essere incrociati, dando luogo ad una
varietà di situazioni). Riguardo alla presenza di gruppi
familiari credo sia più facile trovare un criterio; per i
contrasti l'unica cosa che si può fare è verificarli e per
tutti e due i magistrati o per quello dei due che è più
contrastante... Per il caso Venezia, acquisirò il documento e
vedrò di esaminarlo al più presto.
   Vorrei ora affrontare il problema che mi chiama più
direttamente in causa. Capisco che la distribuzione che è
stata fatta porta a scoperture e ad un rapporto insufficiente
per la Calabria.
  SALVATORE FRASCA. Mi scusi se l'interrompo, ministro, ma
vorrei rilevare che c'è anche un altro caso, di cui si è
interessato anche il presidente, che bisogna prendere in
esame: per i magistrati calabresi la competenza è Messina. C'è
un detto calabrese per cui "tutti i salmi finiscono in
gloria": lì tutti i processi a carico di magistrati finiscono
con sentenza assolutoria. Anche questo è un mistero che
bisognerebbe affrontare.
  PRESIDENTE. Ugualmente, i reati eventualmente commessi
dai giudici di Messina hanno la competenza in Reggio Calabria.
  SALVATORE FRASCA. Questa è una cosa assurda! L'onorevole
Galloni si era impegnato ad intervenire ed a farci conoscere
le risultanze di una certa indagine che aveva assunto
l'impegno di fare. Però questo è un terreno minato.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Bisognerà sicuramente provvedere.
  SALVATORE FRASCA. Si può indagare anche sul Presidente
della Repubblica ma non in queste circostanze!
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Penso che tra le modifiche che vengono messe in cantiere per
il codice di procedura penale quella relativa a questa norma
sia molto importante.
                        Pag. 3553
   Passando, dunque, al problema della insufficienza degli
organici, noto subito che queste tabelle, molto ben fatte,
sono per me preziose e per questo ringrazio, proprio a titolo
informativo. Vedo che da tali tabelle risulta una scopertura
record per quanto riguarda gli attuali organici, cioè il
rapporto organico sulla carta-vacanze (mentre in altre due
colonne sono indicati i rapporti con la popolazione e gli
affiliati).
   Penso, tuttavia, che la critica che viene mossa e
l'auspicio che venga assegnato un maggior numero di unità alla
Calabria riguardino essenzialmente il rapporto tra organico e
popolazione, perché se l'organico è già stato ritoccato, il
rapporto tra la popolazione calabrese e l'organico degli
uffici calabresi è del 23,83 per cento, il più alto fatta
eccezione per Roma.
  PRESIDENTE. Mi scusi, ministro, ma l'osservazione della
Commissione antimafia era che il rapporto va fatto con gli
appartenenti alle organizzazioni mafiose perché noi siamo
partiti dalle direzioni distrettuali. Se guardiamo questo
rapporto, vediamo che è il più basso in assoluto.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Sì, risulta anche questo. Però io vorrei suggerire questa
meditazione, alla quale ho subito pensato dopo la prima
riserva che ho sentito in questa sede: noi dobbiamo anche
tener conto che queste 600 unità di magistrati in aumento sono
un numero che è tra il reale e l'irreale. Mi spiego meglio:
evidentemente l'organico viene aumentato e non appena il
decreto ministeriale sarà pubblicato il Consiglio superiore
della magistratura avrà in mano 600 pedine in più; si tratta
però di un numero irreale, perché questi 600 magistrati
dovranno emergere da due concorsi di là da venire, anche se
sono già programmati per il 1994 (sappiamo infatti quanto
siano lunghi i tempi e soprattutto il secondo dei due
richiederà parecchio impegno). Di conseguenza, direi che,
forse, dobbiamo giocare di più, in questo momento di emergenza
e di carenze, sul rapporto organico-vacanze, prescindendo da
quei 600 posti. Di fronte al fatto che siano state assegnate
17 unità a Reggio Calabria e 50 a Catanzaro, qualcuno può
obiettare che, forse, sarebbe stato meglio assegnarne 30 ed
80, ed anche altre 50 togliendole ad altre sedi; io debbo dire
che mi sembra un po' difficile affrontare un'operazione di
questo genere dopo che questo testo è già stato diffuso ed è
stato trasmesso al Consiglio superiore della magistratura.
  GIROLAMO TRIPODI. Le chiedo scusa, ministro, ma desidero
dare lettura di alcune cifre.
   Ancona: 8 giudicanti e 4 requirenti. Brescia: 16
giudicanti e 4 requirenti. Sassari: 11 più 5. Firenze: 15 più
7. Potenza: 10 più 4. Milano: 34 più 7. Trieste: 7 più 3.
Venezia: 13 più 4. Non possiamo fare i conti in base alla
popolazione, ministro, ma dobbiamo farli sulla base della
realtà che dobbiamo affrontare, come diceva giustamente il
presidente. Se il volume di esigenze che abbiamo a Reggio
Calabria è maggiore...
  PRESIDENTE. La sua osservazione è chiara, onorevole
Tripodi. Prego, ministro, continui.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Mi
permetta di dire che questi numeri non sono certo stati
distribuiti a capriccio: è stata tenuta presente una serie di
criteri. Dobbiamo anche dire che l'emergenza Calabria, se
esisteva già prima, è stata sottolineata con crudezza di cifre
soltanto negli ultimi giorni, dopo che questi dati erano già
stati utilizzati in altro modo. Ad un certo momento, bisogna
anche tenere conto degli altri. Se è stato predisposto un
piano, non possiamo adesso dire che esso non vale e rimandarlo
tutto in aria. Se è l'unica via d'uscita, arriveremo anche a
questo, ma ritengo che ve ne sia un'altra, anche perché i 600
magistrati in più devono diventare effettivamente disponibili.
                        Pag. 3554
   Penserei allora di insistere con il Consiglio superiore
della magistratura affinché provveda al più presto, con
precedenza su tutto il resto, a coprire le vacanze in
Calabria. Laddove, leggendo l'organico, figurano 188
magistrati a Reggio Calabria, se ne dovrebbero prevedere
almeno 200 e a Catanzaro almeno 305 anziché 291. Ma se nella
seconda colonna, quella delle vacanze, i vuoti sono sempre
molti, giochiamo con i numeri ma poi sul territorio non arriva
nessuno.
   Possiamo allora fare un ragionamento realistico in base al
quale il ministro inviterà il Consiglio superiore della
magistratura (tale organismo lo farà certamente anche per
proprio conto, perché la Commissione antimafia ha posto
l'accento sul problema con grande efficacia) a dare la
precedenza alla copertura delle vacanze in Calabria.
Tralasciamo, per esempio, la necessità di coprire i 71 posti
vacanti a Roma, i 27 a Genova e così via, ma copriamo al più
presto possibile i 102 di Catanzaro e i 49 di Reggio Calabria,
facendo arrivare subito i magistrati. Questo mi sembra
possibilissimo.
  PRESIDENTE. Il discorso del ministro, che mi pare
lucidissimo, è il seguente: possiamo portare l'aumento degli
organici fino al livello che vogliamo, ma i magistrati non ci
sono; quindi, sulla carta aumentiamo gli organici ma in
sostanza ciò non avviene. Il ministro potrebbe allora farsi
latore di un'istanza al Consiglio superiore della magistratura
affinché, nel coprire gli organici vacanti, indichi come primi
da coprire quelli calabresi, in modo che di fatto arrivino
subito magistrati in Calabria piuttosto che nel resto del
territorio nazionale. In tal modo raggiungeremmo un risultato
significativo - ringrazierei il ministro per questo - perché,
sulla base del materiale professionale effettivamente
esistente, destineremmo prioritariamente i magistrati che
esistono in Calabria. Non avremmo così il rapporto ottimale,
ma almeno cominceremmo a coprire dei vuoti che oggi ci sono.
  SALVATORE FRASCA. Al di là dei 67?
  PRESIDENTE. All'interno di questi.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Questi restano. Però c'è una scopertura...
  PRESIDENTE. I primi vanno lì.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Svolgerò ora un'altra considerazione: si potrebbe anche dire
al CSM che finché sussiste questa emergenza Calabria, non
tanto nel territorio quanto nei vuoti, è inutile bandire
vacanze in altre parti d'Italia, dove magari il problema è
meno grave. Questo si dovrebbe fare invece in quella realtà,
in Sicilia e in generale nei posti "caldi".
   Credo inoltre che dobbiamo fare molto conto sui bravissimi
"giudici ragazzini", perché quando vi saranno gli uditori...
  PRESIDENTE. Quando arriveranno?
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Gli uditori dovrebbero essere disponibili a settembre; allora
non tutti ma moltissimi potrebbero essere mandati in Calabria.
Escogiteremo poi magari altri spostamenti; anche se non per
50, per un certo numero possiamo trovare il modo di fare
qualche revisione oppure di spostarli dagli organici
preesistenti ai 600 posti, anche se qualcuno potrebbe dire:
"ma come, a Como ne è stato dato uno!". Direi che questa sia
la via da seguire. Domani stesso invierò pertanto una lettera
al Consiglio superiore della magistratura e se l'auspicio
viene anche dalla Commissione antimafia...
  PRESIDENTE. Se volete, possiamo farlo anche noi
direttamente.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Possiamo farlo insieme; in questo modo ci si aiuta.
                        Pag. 3555
  GIROLAMO TRIPODI. Signor ministro, desidero sottoporle una
questione che in precedenza mi era sfuggita: era stata
istituita la procura presso la pretura circondariale di Palmi,
ma poi il ministro Martelli ha sospeso tale istituzione, dopo
che si era già svolto il concorso ed un magistrato l'aveva
vinto.
   Vorrei sapere se lei pensi di rivedere tale questione,
perché certamente l'istituzione del suddetto organismo
porterebbe anche alla riduzione di un impegno che invece deve
essere affrontato dalla procura della Repubblica.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia.
Poiché lei ha richiamato la mia attenzione su tale questione,
la metterò allo studio. Vorrei però dire che in ordine a
questo problema delle procure della Repubblica presso le
preture, è vero che la revisione della geografia giudiziaria
non è cosa che si possa fare a breve termine e si presenta
molto complessa, però si pone la questione del giudice di pace
e delle sezioni distaccate di pretura. Il mio disegno
(purtroppo non è stato possibile attuarlo all'inizio di questo
mese) era quello di far partire l'istituto del giudice di pace
e contemporaneamente sopprimere le sezioni distaccate di
pretura, se non altro laddove non hanno una reale
giustificazione, facendo però capire alle popolazioni che, se
tali sezioni vengono soppresse, vi è però il giudice di pace,
per non dare l'impressione di togliere la giustizia dal
territorio.
   Su questa strada si potrà procedere più tardi e ci vorrà
tempo; in occasione di questa revisione delle preture a
livello di sezioni distaccate, sarebbe stato possibile
introdurre qualche procura presso la pretura in determinate
località dove non solo la sezione distaccata è preziosa, ma si
avverte addirittura il bisogno della procura. Per citare un
esempio sia pure molto diverso ma anch'esso da meditare,
potrei rifarmi al caso di Legnano, dove vi sono un territorio
ed una popolazione enormi e non si comprende perché tutto
questo debba "planare" su Milano. Del resto, è stato
reiteratamente presentato un disegno di legge per alcune di
queste soluzioni.
  ALFREDO GALASSO. La situazione di Alcamo è esattamente
la stessa.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. A
mio avviso, andrebbe predisposto un piano organico. La
questione può essere comunque inserita in un cahier di
precedenze per la nuova legislatura.
  PRESIDENTE. Ringrazio molto il ministro e mi pare che
abbiamo trovato una soluzione di fatto utile. La Commissione
segnalerà subito la questione al Consiglio superiore della
magistratura e le saremmo grati se potesse farlo anche lei.
  GIOVANNI CONSO, Ministro di grazia e giustizia. Lo
farò domani mattina in via formale.
  PRESIDENTE. Ringrazio ancora una volta il ministro.
La seduta termina alle 20.

 


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