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Violante: seduta 89
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        PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LUCIANO VIOLANTE
                          INDICE
                                                        pag.
Comunicazioni del presidente:
Violante Luciano, Presidente .................... 3559, 3560
Ayala Giuseppe Maria .................................. 3560
Bargone Antonio ....................................... 3560
Cabras Paolo .......................................... 3559
Imposimato Ferdinando ................................. 3559
Tripodi Girolamo ...................................... 3559
Discussione e approvazione della relazione conclusiva:
Violante Luciano, Presidente, Relatore ................ 3560
                          3567, 3570, 3571, 3572, 3573, 3574
                          3575, 3576, 3577, 3578, 3580, 3585
Acciaro Giancarlo, Relatore ........................... 3570
Ayala Giuseppe Maria .................................. 3575
Bargone Antonio, Relatore ....................... 3572, 3573
Brutti Massimo .................................. 3578, 3579
Butini Ivo, Relatore ............................ 3571, 3572
Buttitta Antonino ..................................... 3581
Cabras Paolo, Relatore .......................... 3563, 3575
                                                  3577, 3579
Calvi Maurizio, Relatore .............................. 3567
Ferrara Salute Giovanni ......................... 3575, 3582
Florino Michele ................................. 3573, 3574
                                            3576, 3577, 3578
Grasso Gaetano, Relatore .............................. 3570
Imposimato Ferdinando ..................... 3575, 3576, 3577
Montini Walter ........................................ 3579
Robol Alberto ......................................... 3583
Tripodi Girolamo ................................ 3575, 3580
Deliberazione sui criteri di pubblicazione di atti e
documenti formati o acquisiti dalla Commissione:
Violante Luciano, Presidente .......................... 3583
                        Pag. 3558
                        Pag. 3559
  La seduta comincia alle 9,45.
(La Commissione approva il processo verbale della
seduta precedente).
              Comunicazioni del presidente.
  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prima di affrontare i
temi oggi all'ordine del giorno, desidero informare la
Commissione che l'avvocato Martucci mi ha inviato una lettera
della quale vi do lettura: "Caro Presidente, ricevo da
Raffaele Cutolo, da me difeso in passato in alcuni processi,
un telegramma del quale Ti allego copia per le determinazioni
che vorrai prendere. Con l'augurio costante di buon lavoro,
cordiali saluti." A tale lettera è allegato il seguente
telegramma: "Ringraziovi per visita fattomi et pregovi
riferire on. Violante se est possibile desidero un colloquio
privato con lui qui al Carinola. Con stima profonda R.
Cutolo."
   Vorrei conoscere l'orientamento dei colleghi in merito a
tale richiesta.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Credo che questa richiesta sia da
prendere in considerazione perché può essere importante il
contributo di Cutolo alla ricostruzione della verità sulla
camorra ed anche sulla mafia. Fatta salva la necessità di
assumere le dichiarazioni di Cutolo con il beneficio
d'inventario, credo che la Commissione non possa rifiutarsi di
ascoltarlo.
  PRESIDENTE. Vorrei far presente che le Camere sono state
sciolte e che Cutolo ha avuto molto tempo a disposizione per
avanzare questa richiesta (un anno, con riferimento alla
Commissione antimafia), a proposito della quale, in una
situazione che non è delle più trasparenti, credo che oggi si
pongano problemi di opportunità.
  GIROLAMO TRIPODI. Ritengo che questa richiesta non
dovrebbe essere accolta proprio perché viene avanzata nel
momento in cui la Commissione sta concludendo la sua attività,
dato lo scioglimento delle Camere, ed anche perché non si
comprende su cosa dovrebbe incentrarsi questo incontro. Se
Cutolo ha intenzione di fare rivelazioni e di pentirsi, non
credo che debba farlo con il presidente della Commissione
antimafia.
  PRESIDENTE. Presumo che non sia per questo.
  GIROLAMO TRIPODI. Se è per altri motivi, viene meno
l'esigenza dell'incontro. Se è per fare rivelazioni, Cutolo
deve rivolgersi ad altra autorità. Pertanto, sarei contrario
ad accogliere la sua richiesta.
  PAOLO CABRAS. Esprimo parere contrario anche perché temo
l'agitazione pre-elettorale che si sta verificando nel mondo
della camorra e perchè desta in me talune perplessità - pur
dando atto della sua buona fede e della sua intransigente
battaglia contro la camorra - il ruolo che stanno cercando di
far giocare a don Riboldi, vescovo di Acerra. Infatti, le
notizie clamorose relative ai pentimenti sottintendono
richieste di trattative e di rapporti della camorra con altri:
i boss camorristi, da Cutolo ad Alfieri, se intendono
collaborare con la giustizia, possono seguire le leggi e le
                        Pag. 3560
procedure che gli consentano di agire anche con vantaggio
della loro posizione processuale.
   D'altra parte, impegnare la Commissione, tramite il suo
presidente, durante il periodo di scioglimento delle Camere e
coinvolgerla anche soltanto con notizie di informazioni
potrebbe creare altri problemi. Bisognerebbe infatti vagliare
quale dovrebbe essere la sede parlamentare ed istituzionale
per approfondire la vicenda. In questa situazione, la
Commissione non ha tale possibilità e quindi ribadisco il mio
parere contrario.
  ANTONIO BARGONE. Considerando la situazione attuale, il
momento istituzionale nonché la scarsa chiarezza delle
motivazioni, ritengo che la richiesta di Cutolo sia del tutto
inopportuna. Rischiamo di offrire una tribuna nel corso della
campagna elettorale, i cui effetti sono poco prevedibili
tenuto conto anche del fatto che le ragioni del colloquio non
sono state esplicitate. L'incontro non servirebbe a chiarire
alcunché e potrebbe creare ulteriore confusione, dato il
momento storico in cui la richiesta si colloca.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. Richiamandomi a quanto detto dai
colleghi Bargone e Cabras ribadisco l'opinione che la
richiesta avanzata da Cutolo sia del tutto inopportuna, in
primo luogo per la particolare situazione parlamentare, cioè a
Camere sciolte e alla fine dei lavori di questa Commissione, e
poi perché non si dovrebbe trattare di un colloquio con il
presidente ma di un'audizione formale, ipotesi che non è di
fatto possibile nel momento attuale. Al tempo stesso, qualora
accettassimo la richiesta, correremmo il grosso rischio di
offrire una tribuna a Cutolo, non sapendo cosa voglia
raccontare e quanto possa interferire con la campagna
elettorale, nella quale ci sono già troppi veleni e
strumentalizzazioni. Nulla toglie che il prossimo Parlamento
possa valutare l'opportunità di procedere all'incontro.
  PRESIDENTE. Comprendo le ragioni addotte in favore di un
colloquio, ma esiste una ragione fondamentale di tipo
politico-istituzionale. Un colloquio privato del presidente
della Commissione antimafia non avrebbe alcun senso, perché
presupporrebbe una sede alla quale riferire affinché possa
operare. A Camere sciolte e trattandosi dell'ultima seduta
della Commissione, mi pare che tale ipotesi non sia
praticabile.
   Ritengo che la risposta possa essere data in questi
termini. Qualora Cutolo intendesse insistere, la sua richiesta
potrà essere valutata dalle autorità successive.
                       Discussione
                della relazione conclusiva.
  PRESIDENTE. Passiamo ora alla discussione della
relazione conclusiva . Avevamo inizialmente ipotizzato di
compilare una relazione di sintesi sul lavoro compiuto, alla
quale riferire alcune appendici. In realtà, il livello, il
peso e la qualità delle relazioni presentate su specifici
settori dell'attività della Commissione mi hanno convinto
dell'opportunità di una diversa struttura, cioè di dividere la
relazione conclusiva in tre parti.
   La prima, da me elaborata, consiste nel resoconto al
Parlamento dell'attività svolta dalla Commissione nella XI
legislatura. La seconda concerne le relazioni territoriali, in
particolare la situazione della criminalità organizzata a Roma
e nel Lazio, a Caserta e a Salerno (relatore il senatore
Cabras) e ad Avellino e Benevento (relatore il senatore
Calvi). La parte terza, concernente la dimensione patrimoniale
delle organizzazioni mafiose e le misure di contrasto, è
riferita, in particolare, alle frodi comunitarie (relatore
l'onorevole Acciaro), all'estorsione e all'usura (relatore
l'onorevole Grasso), ai sequestri di persona in Calabria
(relatore il senatore Butini), alle misure contro i patrimoni
mafiosi (relatore l'onorevole Bargone).
   Quest'impostazione consente di offrire al Parlamento sia
la classificazione delle singole parti sia un quadro omogeneo
e soprattutto di mettere sullo stesso piano tutti i
contributi, che sono di notevole qualità e rilievo.
                        Pag. 3561
   Ricordo che hanno già svolto le loro relazioni i colleghi
Acciaro e Bargone. I colleghi che hanno presentato relazioni
nuove potrebbero illustrarle con una breve sintesi,
sottolineando i punti di rilevanza politica, affinché possano
essere avanzate le osservazioni di carattere politico. Infine,
dopo la votazione della relazione conclusiva, potrebbe essere
dato mandato all'ufficio di presidenza di tenere conto di tali
osservazioni e di inserirle nel testo definitivo.
   Poiché non rilevo obiezioni a tale impostazione dei
lavori, inizierò io stesso illustrando la parte da me
elaborata, che è divisa in tre capitoli. Il primo consiste in
un resoconto dell'attività svolta dalla Commissione, nel quale
viene messo in luce il rapporto tra le proposte avanzate ed i
risultati ottenuti. In particolare, alle pagine 9 e 10 vengono
descritte le misure legislative adottate ed il contributo
offerto dalla Commissione per ciascuna di esse; alle pagine
11, 12 e 13 la stessa descrizione viene fatta per le misure
amministrative. Un particolare rilievo è stato dato ad un
nuovo filone di lavoro, relativo alle vittime della mafia, che
non è mai venuto alla luce anche per ragioni di riservatezza
nei confronti delle persone che si rivolgevano alla
Commissione ma che, grazie anche all'eccellente attività del
colonnello Palmerini, consulente della Commissione, ha
consentito di attivare uno "sportello" per le vittime della
mafia; da pagina 19 a pagina 21 è delineato il quadro delle
richieste pervenute, di cosa è stato fatto, dei risultati
ottenuti e di quanto deve ancora essere fatto.
   In sostanza la Commissione si è comportata quasi alla
stregua di un difensore civico, nel senso che ha informato i
cittadini in merito ai loro diritti. A volte, è stato
addirittura indicato in che modo i cittadini avrebbero dovuto
predisporre le domande per vedersi riconosciuto il diritto a
benefici, elargizioni e risarcimenti. In particolare, sono
state seguite in modo specifico alcune questioni. Mi
riferisco, per esempio, alla vicenda di Paparcuri, l'autista
del giudice Chinnici rimasto vivo per miracolo, ed a quella di
Costanza, l'autista di Falcone, anch'egli rimasto vivo per
miracolo. Tali questioni hanno avuto uno svolgimento
lunghissimo e molto faticoso, come sa bene il collega Ayala.
Sta di fatto comunque che la vicenda di Paparcuri è stata
risolta e si spera che possa esserlo anche quella di Costanza.
   Nella parte successiva della descrizione dell'attività
della Commissione antimafia nell'XI legislatura è contenuto un
riferimento alle aste giudiziarie. Ricorderete che, tanto a
Milano quanto a Roma ed in altri posti, il problema delle aste
giudiziarie ci è stato continuamente indicato come il terreno
sul quale la mafia mette le mani nello svolgimento della sua
attività di condizionamento. Del resto, lo stesso Galasso ne
aveva parlato nel corso di una delle sue audizioni. Della
questione si fa cenno - come ho già detto - nella bozza di
relazione conclusiva, laddove è tra l'altro contenuto un
riferimento alla misura di revoca disposta nei confronti di un
ente, del quale probabilmente si è occupato anche il senatore
Cabras, al quale era affidata la gestione delle aste
giudiziarie a Roma. Nei confronti di tale ente il Ministero di
grazia e giustizia ha revocato l'autorizzazione in seguito ad
una serie di vicende giudiziarie nelle quali l'ente stesso era
stato coinvolto.
   Nel prosieguo della descrizione dell'attività della
Commissione, si dà atto del lavoro svolto dal volontariato
laico e religioso (cattolico ed evangelico) e,
successivamente, si affronta il problema della massoneria. In
particolare, si fa riferimento ai due incontri che la
presidenza della Commissione antimafia ha avuto con il Grande
Oriente e con la Gran Loggia d'Italia di piazza del
Gesù-palazzo Vitelleschi. I rappresentanti delle due
obbedienze ci hanno chiesto una mano per agevolare la loro
volontà di essere trasparenti. Si è trattato di riunioni
certamente non semplici da affrontare perché in concreto, pur
assumendo un certo orientamento, entrambe le obbedienze hanno
mantenuto una grande riservatezza, l'una sostenendo che
pubblicizzando il nome degli iscritti si sarebbe giunti ad una
                        Pag. 3562
sorta di ostracismo nei confronti degli stessi, l'altra (il
Grande Oriente d'Italia) dichiarando che, trattandosi di
riunioni esoteriche, i nomi dei partecipanti a queste ultime
non potevano essere comunicati.
   Gli uffici della Commissione hanno svolto un lavoro
riferito alla trasparenza ed alla chiarezza di queste logge.
Si tratta di un tema molto delicato, affrontato sulla base di
un'elaborazione statistica basata sostanzialmente sui dati
desunti dall'inchiesta condotta dal dottor Cordova, dalla
quale si evince l'esistenza di molteplici irregolarità nella
composizione delle logge, irregolarità basate sugli stessi
criteri che le obbedienze massoniche hanno dato a se stesse.
In sostanza, si pone anzitutto un problema di chiarezza
interna, di obbedienza alle proprie regole e, solo dopo aver
risolto tale problema, si può affrontare un discorso di
chiarezza esterna. Va considerato infatti che una confusione
organizzativa ed amministrativa produce certamente effetti
indesiderati da parte delle stesse organizzazioni massoniche.
Nel dossier predisposto dagli uffici della Commissione sono
comunque contenuti tutti i dati statistici che dimostrano le
richiamate irregolarità.
   Il secondo capitolo contenuto nella descrizione
dell'attività della Commissione riguarda in particolare la
'ndrangheta, così come i colleghi avevano chiesto. E'
espressamente chiarito che, stante la situazione di
prorogatio nella quale opera la Commissione, non si è
affrontato il problema delle connessioni politiche della
'ndrangheta, questione il cui svolgimento esigerebbe
ovviamente una pienezza di funzioni, in considerazione della
sua delicatezza. Viene pertanto affrontato soltanto il
problema della struttura della 'ndrangheta, delle sue
caratteristiche, del radicamento nel territorio calabrese ed
al di fuori di esso (sia in regioni italiane sia in altre
parti del mondo) ma non si affronta la questione dei rapporti
con la politica. A tale riguardo, mi sono consultato con altri
colleghi e mi è sembrato vi sia un problema di self
restraint degli organismi parlamentari, anche per evitare
interpretazioni strumentali. Sarà la prossima Commissione
antimafia, qualora il Parlamento decidesse di ricostituirla,
che affronterà con pienezza di poteri, ex professo, la
questione.
   Nella terza parte della bozza di relazione che ho curato
sono indicati tre temi strategici per l'immediato futuro. Il
primo è la celebrazione dei dibattimenti penali. Si tratta di
un tema essenziale; ormai abbiamo una macchina messa a posto
abbastanza bene per quanto riguarda l'aspetto delle
investigazioni e delle indagini preliminari, ma continua
ancora a sussistere un intoppo nel momento in cui si giunge al
dibattimento. Tutto questo crea, com'è noto, una
ipervalorizzazione del mandato di cattura, della comunicazione
giudiziaria e del cosiddetto registro e determina addirittura
la pubblicizzazione dell'intenzione o meno di iscrivere
persone in quest'ultimo. E' tutto un meccanismo che si sposta
all'indietro, proprio perché il dibattimento non riesce a
celebrarsi con una certa rapidità, così come invece sarebbe
necessario. Nella bozza in esame sono proposte due misure, tra
l'altro già indicate nella relazione predisposta a suo tempo
dal senatore Brutti. La prima riguarda i tribunali
distrettuali, cioè la competenza per territorio nella sede in
cui agisce la procura distrettuale. La seconda invece concerne
il giudice monocratico di primo grado anche per il settore
penale, così come previsto per quello civile, in modo tale da
riuscire a recuperare 700-800 giudici e da consentire quindi
la fruizione di una consistente disponibilità di risorse.
   La seconda questione che viene affrontata riguarda gli
aspetti patrimoniali, cioè l'aggressione strategica alle
ricchezze della mafia. Con una sentenza emessa ieri dalla
Corte costituzionale è stata dichiarata l'incostituzionalità
dell'articolo 12-quinquies della legge n. 356 del 1992.
Gli effetti di tale pronunciamento, per un verso, possono
anche non essere gravissimi perché, a livello di misure di
prevenzione, è già prevista la possibilità del sequestro dei
beni nei confronti di persone sospettate di appartenere ad
                        Pag. 3563
associazioni mafiose, nonché quella della confisca quando
non sia provata la legittima provenienza dei beni. In
sostanza, anche sul versante delle misure di prevenzione vi
sono strumenti che consentono di conseguire risultati
analoghi. In tale contesto bisognerebbe capire bene il
significato del provvedimento adottato dal Governo. Nella
giornata di ieri, infatti, il Consiglio dei ministri ha
approvato un decreto-legge su questa materia. Ho chiesto al
ministro di grazia e giustizia di trasmettermi il testo; non
appena sarà disponibile, sarebbe opportuno esaminarlo insieme
anche perché, non avendo fatto cenno a tale questione nella
relazione, penso sia opportuno che nella stessa venga
riportato il giudizio che i colleghi intenderanno esprimere.
   La terza questione che viene sottolineata riguarda i
controlli amministrativi. Ricorderete che la Commissione,
quando definì il proprio programma all'inizio della sua
attività, puntò l'attenzione sul problema
dell'amministrazione. In tale ambito, quello dei controlli
amministrativi è senza dubbio uno dei capitoli più delicati.
Ho scritto nella bozza che, se funzionassero i controlli
amministrativi, vi sarebbe una riduzione del penale ed un più
fisiologico andamento delle questioni amministrative. In caso
contrario, si afferma una iperpenalizzazione che rischia di
rappresentare una gabbia per la stessa pubblica
amministrazione.
   Viene infine sottolineata la grande differenza
riscontrabile tra il biennio 1992-1994 ed il periodo
precedente, soprattutto avendo riguardo al movimento antimafia
affermatosi nel paese, che è riuscito a creare un rapporto di
solidarietà e di fiducia tra società civile (più in generale,
il paese) e coloro i quali si occupano di queste questioni
nelle istituzioni e nella politica. Si segnala comunque
l'esigenza di vigilare e di non abbassare la guardia perché è
evidente che la mafia, i suoi alleati, i suoi amici, coloro
che da essa dipendono per tante ragioni, possono comunque
riprendere ad operare - così come hanno fatto in passato - per
l'isolamento di coloro i quali si battono per la legalità e
contro le organizzazioni mafiose. La frase conclusiva
riportata nella bozza è la seguente: "E' necessario che si
comprenda in modo sempre più diffuso che non ci può essere
rinnovamento nel nostro paese senza la sconfitta definitiva
delle organizzazioni mafiose e dei loro alleati". In sostanza,
tale concetto riprende il motivo guida dell'analisi condotta
in questa Commissione relativamente al rapporto tra gli
aspetti meno significativi e più violenti della storia
repubblicana di questi anni ed il peso avuto dalla mafia in
tale storia. Nel momento in cui questo tipo di potere violento
e criminale si ridimensionerà, probabilmente vi saranno più
libertà e democrazia per tutti.
   Nella bozza di relazione non si è presa posizione sulla
vicenda della dissociazione dei camorristi. La mia opinione
personale è che si tratti di un fenomeno interessante, che non
va stroncato. Tuttavia, vediamo tutti come esso si manifesti e
come vada avanti. Ricordiamo come, con riferimento al
terrorismo, il fenomeno sia stato seguito ma non vi sia stata
comunque una risposta immediata ai segni di dissociazione.
Bisogna stare molto attenti, anche perché la camorra ha un
carattere mercenario e un po' imbroglione. Non è che
consegnando dieci fucili e tre giubbotti antiproiettile si
abbia il segno certo della dissociazione! In ogni caso, le
misure per i collaboratori della giustizia sono una cosa,
mentre quelle che eventualmente saranno adottate per i
dissociati sono cosa del tutto diversa, anche perché i due
comportamenti non possono essere paragonati. In definitiva, vi
è non un'azione di sconfessione di un processo importante ma
la disponibilità a seguirlo con attenzione, senza
precipitazione alcuna.
   Do ora la parola al senatore Cabras perché illustri le
relazioni da lui predisposte.
  PAOLO CABRAS, Relatore. Ho curato la redazione
delle proposte di relazione relative alla situazione della
criminalità a Salerno, Caserta, Roma e nel Lazio. Farò
                        Pag. 3564
riferimento in particolare alle considerazioni di carattere
finale perché sono riassuntive del significato e della valenza
più generale degli elementi che abbiamo riscontrato in queste
realtà.
   Salerno, come Caserta, conferma la gravità e lo spessore
criminale (affari, collegamenti, intrecci istituzionali,
politici ed economici) che la camorra assume in queste zone.
La nostra Commissione ha approvato recentemente una relazione
di carattere più generale sulla camorra nella quale venivano
esaminati i tratti distintivi, l'origine, la trasformazione e
l'evoluzione di questa forma di criminalità organizzata. Le
relazioni su Salerno e Caserta, in modo più analitico e
specifico, forniscono un contributo ulteriore, sicuramente non
in contraddizione ma a conferma, chiarimento ed esplicitazione
di quanto già accertato con la relazione di carattere
generale.
   Per quanto riguarda Salerno, le rivelazioni di
collaboratori della giustizia quali Pasquale Galasso e Mario
Pepe hanno messo in evidenza la gravità della diffusione del
fenomeno camorristico in provincia di Salerno, la vastità di
interessi implicati, la presenza nell'economia, la contiguità
con ambienti politici ed istituzionali, non esclusi quelli
della magistratura. Tra i magistrati inquisiti non soltanto
per sospetta benevolenza nella gestione dei processi nei
confronti dei camorristi ma anche per aver determinato
aggiustamenti e favoritismi nei confronti di esponenti della
camorra, ve ne sono alcuni che fanno parte della
circoscrizione giudiziaria di Salerno.
   Anche con riferimento alle realtà considerate, dobbiamo
rilevare un ritardo nell'azione di contrasto, anche se ci
troviamo di fronte ad una situazione che si è andata evolvendo
positivamente. Oggi la magistratura (anche dopo la stesura
della nostra relazione e le nostre visite a Salerno), la
polizia, le forze investigative hanno migliorato molto il
livello di risposta dello Stato. Dobbiamo tuttavia tener
presente che tutto questo avviene dopo aver accumulato
ritardi, che ovviamente non possono non aver influito sulla
vastità del fenomeno, sulla pervasività dell'infiltrazione
camorristica in quella provincia ed in quei territori.
   Analogo discorso si può fare per la vicenda di Caserta. Da
tempo, fin dalla X legislatura, abbiamo seguito, in
particolare, alcune situazioni locali che apparivano già
allora infestate da una presenza camorristica molto forte,
dominante nella vita istituzionale e politica. Contribuimmo
anche, dopo l'approvazione della legge, all'adozione di
provvedimenti di scioglimento di alcune amministrazioni
comunali nel casertano. Ma anche in questo caso c'è stato un
risveglio molto tardivo della consapevolezza nelle
istituzioni. Al riguardo, è sufficiente pensare che, a fronte
dell'ammessa diffusione della camorra nell'hinterland
del capoluogo, allorquando abbiamo interrogato anche esponenti
istituzionali, delle forze dell'ordine, nonché esponenti
politico-amministrativi del capoluogo, la città di Caserta ci
veniva descritta come una specie di isola felice rispetto al
suo retroterra.
   Quegli stessi esponenti - ho voluto citare questo dato
perché mi sembra significativo ed emblematico, non lo dico
certo con soddisfazione ma con amarezza, dello stato di
compenetrazione e di collusione - (il sindaco, i maggiori
esponenti del consiglio comunale), che non facevano altro che
magnificare le sorti democratiche, trasparenti e progressive
della città e dell'amministrazione comunale, dopo alcuni
giorni sono stati sottoposti a provvedimenti di custodia
cautelare per gravissimi fatti di corruzione, collusione,
abuso di ufficio e via dicendo. Inoltre, alcuni di quegli
amministratori, che erano stati così parchi di notizie sulla
malavita nell'incontro con la Commissione antimafia, sono
addirittura diventati collaboratori dei magistrati (a
cominciare dall'ex sindaco). Questo l'ho voluto citare nelle
conclusioni perché quando in maniera talvolta violenta, quasi
sempre ipocrita, la Commissione antimafia è stata accusata di
istruire processi ed esprimere giudizi avventati e di
sostituirsi ai tribunali, c'è da dire che fatti di questo
                        Pag. 3565
genere attengono non ai tribunali ma alla politica, al
funzionamento delle istituzioni, alla loro credibilità, al
loro ruolo nella difesa della legalità. Ebbene, ritengo che
tali elementi debbano essere sottolineati per dire che noi ci
siamo sempre mossi nel rispetto dei fatti anche quando questi
ultimi erano di tale gravità.
   Dobbiamo però dire che provvedimenti di scioglimento di
consigli comunali e di sequestri di patrimoni a Caserta sono
arrivati in maniera tardiva. A questo punto, vorrei fare
un'affermazione anche rispondendo ad una sollecitazione del
presidente. Sono molto preoccupato della sentenza della Corte
costituzionale, qui richiamata, perché mentre lo Stato, le
istituzioni hanno riscosso successi rilevanti nell'opera di
investigazione, di contrasto, di repressione, nella
celebrazione di processi che si sono conclusi con condanne,
con la detenzione dei boss, con regole particolarmente severe
e misure che hanno provocato contrasti, l'ira e la reattività,
addirittura di tipo terroristico, da parte della mafia e della
'ndrangheta, sappiamo però che sul piano della lotta, del
contrasto al potere finanziario-economico della mafia abbiamo
fatto ancora molto poco.
   La mafia trae la sua forza - per fortuna, oggi meno di
prima - sia nell'impunità sul territorio, nell'impunità del
rapporto contiguo con le istituzioni e con la politica, sia
nel potere finanziario ed economico accresciutosi, in questi
anni, a livelli impensabili, i quali investono, così come ha
dimostrato la relazione riguardante la situazione del resto
d'Italia e non delle regioni a rischio, tutto il paese e
consentono una mobilità nazionale e sovranazionale agli
affari, alla finanza mafiosa, all'economia criminale.
   Del resto, abbiamo dedicato un Forum sul punto; abbiamo
sollecitato da parte di esperti, consulenti, autorità di
Governo, e magistrature amministrative un impegno particolare
su questo terreno; adesso torniamo alle possibilità che
avevamo per quanto riguarda la materia dei sequestri e della
confisca dei beni patrimoniali, ma non ci dobbiamo però
dimenticare che molte volte sulla base della vecchia
normativa, ci veniva opposta dai magistrati la difficoltà -
anche culturale e concettuale - di accedere a provvedimenti
che non si basavano sull'evidenza di prove e di fatti ma su
indizi e che comunque, riguardando la presunta qualità di
mafioso, non portavano quasi mai ad "incidere" sulle sostanze
mafiose.
   Con l'articolo 12-quinquies siamo riusciti ad
aggirare questo ostacolo concettuale e culturale e ad indurre
anche la magistratura ad adottare provvedimenti significativi:
si pensi, per esempio, a quelli che tardivamente sono stati
adottati a proposito dei Galasso. In proposito, vi è stata poi
la revoca ed anche una nostra polemica con i magistrati di
Napoli, tuttavia dei passi in avanti sono stati compiuti.
Adesso, la mia paura è che si vada verso un arretramento.
Ritengo che con la nuova legislatura ci si dovrà far carico di
individuare strumenti che consentano di colpire al cuore la
finanza e le ricchezze della mafia, altrimenti la battaglia
sarà molto più lunga ed anche la mafia che è stata sconfitta
sul campo (intesa questa come violenza, intimidazione,
presenza prepotente ed anche omicida sul territorio), potrà
riacquistare spessore, in queste sue manifestazioni,
attraverso il mantenimento dei suoi patrimoni e ricchezze.
   Quanto alla relazione di aggiornamento sulla situazione
della criminalità organizzata a Roma e nel Lazio, debbo dire
che si tratta di una relazione necessariamente costretta dalle
circostanze dello scioglimento anticipato delle Camere; il che
ci ha impedito di estendere i sopralluoghi, di procedere ad
altre audizioni nel resto della regione. Abbiamo acquisito
documenti e relazioni dei prefetti delle varie provincie, ma
con le audizioni ci siamo limitati all'area romana (alla
capitale). Con riferimento a quest'ultima, abbiamo potuto
ascoltare tutte le autorità istituzionali, i magistrati, la
direzione distrettuale antimafia, la procura circondariale
presso la pretura. Ritengo che il lavoro di aggiornamento sia
stato interessante ed utile; penso, anzi, che siano emersi dei
                        Pag. 3566
dati anche nuovi rispetto all'esperienza compiuta nella X
legislatura, nel corso della quale era stato aperto uno
squarcio sulla situazione sconosciuta quale è risultata essere
quella della presenza nella capitale e nel resto della regione
di organizzazioni criminali.
   In particolare, è risultato centrale il ruolo dell'usura.
Di quest'ultima si parla oggi anche nelle cronache con
riferimento ad episodi che hanno commosso l'opinione pubblica:
mi riferisco, ad esempio, a suicidi conseguenti alla pressione
di usurai sulle situazioni patrimoniali di alcuni piccoli
imprenditori e commercianti di Roma e provincia. A seguito di
indagini della magistratura ma anche di recenti operazioni di
contrasto delle forze dell'ordine, abbiamo potuto constatare
che sullo sfondo della gestione dell'usura non c'è più
soltanto la tradizionale corporazione di quelli che vengono
definiti i "cravattari" romani (resi celebri anche dal Belli e
dal Trilussa), ma anche organizzazioni, in particolare di tipo
camorristico: in alcune zone e quartieri della città di Roma
vi è una gestione di stampo camorristico; sono stati arrestati
uomini della camorra, facenti riferimento anche a clan famosi
(cito, per tutti, quelli di Ciro Mariano e di Rea).
   Altri collegamenti importanti sono quelli individuati,
sempre sulla piazza romana, tra queste attività usuraie o
attività creditizie volte al riciclaggio e i residui, diciamo
così, dei grandi gruppi di criminalità comune, che dagli
ultimi anni settanta agli ultimi anni ottanta hanno infestato
la città di Roma. La famosa banda della Magliana era,
praticamente, dedita alla pratica dell'usura, del gioco
d'azzardo, delle scommesse e del toto clandestino. Abbiamo
riscontrato una continuità di legami e di connessioni tra
quegli eventi, quei personaggi, gli ultimi epigoni di quei
gruppi di criminalità comune e l'attuale attività nel settore
del gioco d'azzardo, dell'usura e del riciclaggio da parte di
gruppi di netta affiliazione camorristica o addirittura
mafiosa e 'ndranghetista.
   Un elemento importante che segnala la continuità ma anche
lo spessore di queste attività economiche e finanziarie è
quello della presenza di mediatori (chiamiamoli eccellenti),
che fanno parte della storia della finanza criminale di questi
ultimi decenni, collegati non solo alla criminalità
organizzata. Penso, per esempio, a Flavio Carboni, ad Ernesto
Nicoletti: nomi sui quali ci siamo imbattuti anche in passate
indagini, non soltanto a proposito di Roma e del Lazio. Nomi
che continuano a tornare anche in episodi recenti. Come del
resto voi ricorderete, nell'audizione, dinanzi a questa
Commissione, del collaboratore Pasquale Galasso, si fece
riferimento all'acquisto del Kursaal di Montecatini e al
tentato acquisto delle ex aree degli stabilimenti
cinematografici De Paolis, sulla via Cristoforo Colombo. Da
questa operazione sono emersi interessi camorristici
rappresentati dal clan Alfieri e da Galasso, Nicoletti come
rappresentante e in qualche modo punto di incontro di altri
interessi mafiosi oltre che camorristici, nonché gruppi
epigoni della più tradizionale e importante "mala" romana.
   L'altro elemento di allarme scaturisce anche dal volume di
affari di questo riciclaggio. C'è un procedimento in corso, al
quale doverosamente noi accenniamo con riferimento soltanto
all'entità e parliamo di un riciclaggio e di operazioni in
nero fra Italia e Svizzera per un volume di denaro pari a 2
mila miliardi di lire (si tratta di un'indagine che sta
conducendo la direzione distrettuale antimafia);
evidentemente, non si doveva e non si poteva dire di più, però
ciò ci dà la dimensione del fatto che Roma è divenuta ed è
tuttora usata (qualche segnale c'era già in passato) come sede
di questo tipo di operazioni economiche e finanziarie.
   Vi è una differenza, direi un salto di qualità rispetto
alla precedente relazione. In passato, la mafia sembrava
essere interessata ad investire in attività terziarie: erano
soprattutto i ristoranti, gli esercizi commerciali (anche del
centro storico di Roma), alcune boutique, discoteche,
oreficerie, pelliccerie, l'oggetto dell'investimento, che
poteva anche essere poi un modo indiretto di riciclaggio dei
                        Pag. 3567
capitali illeciti. Oggi, a me sembra che passino per Roma,
come centro di scambio e di interrelazioni mafiose, operazioni
più sofisticate, finanziarie e di riciclaggio, non escludendo
che continuino operazioni di investimento dei capitali
sporchi. A Roma, quindi, ci troviamo dinanzi ad un ruolo
specifico e più importante di questi traffici. A riprova e a
coronamento di questa valutazione possiamo citare (come è
riportato nella parte iniziale della relazione) una presenza
mafiosa quale è quella documentata dagli attentati
terroristici di via Fauro, di San Giovanni in Laterano e di
San Giorgio al Velabro.
   Sulla matrice mafiosa, come voi sapete, concordano sia i
magistrati che gli organi investigativi delle forze
dell'ordine. Si tratta di indagini ancora in corso ma non c'è
dubbio sulla presenza di commando terroristici della mafia in
una città dove la mafia non è stanziale: non esiste più
nemmeno a Roma quella famiglia che i Badalamenti e i Bontate
avevano costituito come emanazione della famiglia di Santa
Maria di Gesù di Palermo. Oggi i magistrati e gli
investigatori concordano nel dire che verosimilmente non c'è
più una famiglia di derivazione palermitana di Cosa Nostra
presente a Roma. Allora, la presenza di una mafia che può
decidere, commissionare e praticare attentati, oltre a far
presupporre un reticolo di supporti tecnico-logistici, di
offerta di "santuari", di ospitalità (così come è dimostrato
dalla stessa presenza di latitanti riscontrata tante volte a
Roma), ci indica anche come vi sia un interscambio non
soltanto per operazioni di carattere finanziario ma anche per
operazioni di più alto livello, che potrebbero toccare - come
suggerisce la recente analisi della DIA - anche livelli di
pubblica amministrazione, di apparati dello Stato, cioè
complicità più ragguardevoli, che potrebbero aver collaborato
e cooperato nell'esecuzione di attentati terroristici e
stragistici, come quelli che abbiamo dovuto lamentare nella
città di Roma ma anche nelle città di Milano e Firenze.
   In questo senso, torna il ricordo di quelle complicità, di
quei legami che, grazie a personaggi come Pippo Calò ed altri,
la mafia ha saputo avere e sviluppare con ambienti
dell'eversione politica, in particolare dell'estrema destra,
che hanno rappresentato una costante nel terrorismo e nella
storia anche della criminalità politica di questa città.
   Per questa somma di motivi, ci è sembrato opportuno in
questo aggiornamento - pur esaltando il ruolo per la mafia
della capitale, come centro di scambio e di decisione per
operazioni che attengono al settore del riciclaggio e a quello
finanziario in modo particolare - sottolineare la necessità di
vigilare e quindi di tenere sotto monitoraggio la capitale,
proprio per queste relazioni nazionali ed internazionali, per
questo ruolo di crocevia di interessi diversi che possono
concorrere a definire obiettivi della nuova strategia mafiosa
anche a fini terroristici.
  PRESIDENTE. Do la parola al senatore Calvi per
illustrare la relazione sulle provincie di Avellino e
Benevento.
  MAURIZIO CALVI, Relatore. Non so se
involontariamente ma ho l'impressione che abbiamo commesso un
errore di carattere metodologico - e di conseguenza politico -
nel presentare singole relazioni sulla realtà campana, nel
senso che sono state presentate separatamente relazioni su
Salerno, su Caserta, su Napoli, su Benevento e su Avellino.
Quindi, abbiamo un quadro puntuale dell'insieme delle
questioni poste all'interno delle singole realtà territoriali
ma alla fine ci può sfuggire un giudizio di sintesi più
generale, che possa far capire meglio l'insieme dei problemi,
che sono dominati da un dato drammatico, soprattutto nelle
aree tradizionalmente a rischio della realtà campana. Sarebbe
stato utile avere un quadro di insieme ed esprimere un
giudizio finale per capire la portata del condizionamento
della criminalità organizzata su tale realtà e per comprendere
                        Pag. 3568
meglio le proposte generali che si potrebbero avanzare quanto
meno per contenere l'aggressione dei fenomeni criminali.
   Aggiungo a questo giudizio di insieme delle questioni
poste nella relazione su camorra e politica, che sono separate
rispetto ai problemi e alle audizioni che abbiamo avviato in
Campania, che sarebbe stato utile, anche in questo contesto,
ricomporre il quadro generale del rapporto camorra-politica e
l'insieme delle questioni poste nelle singole realtà della
Campania. Avremmo potuto, proprio in relazione ai dati
acquisiti, che sono di grande interesse generale, tracciare
uno spaccato per capire l'intreccio tra camorra e politica e
l'insieme dei problemi nella realtà campana.
   Venendo alle questioni poste dalla relazione sulla
situazione della criminalità organizzata nelle provincie di
Avellino e di Benevento, non possiamo esprimere un giudizio su
queste realtà se non guardiamo l'insieme dei problemi che
nascono nella regione campana. Possiamo subito sottolineare
che queste due realtà territoriali costituiscono, sia per la
loro peculiarità sia per la diversità delle questioni che si
rinvengono al loro interno, una enclave tutta
particolare rispetto alla realtà drammatica della provincia di
Caserta, di Napoli e della sua provincia e di Salerno.
Nell'insieme, possiamo ritenere che Avellino e Benevento
costituiscano aree separate, con dati certamente meno marcati
per la presenza dei poteri criminali, per il condizionamento
degli stessi poteri criminali sulla vita economica, sociale,
politica e istituzionale.
   Detto questo, aggiungo questioni che interessano
complessivamente le due provincie, in quanto alla fine
esprimerò un giudizio generale sullo stato della presenza
della criminalità organizzata, sul suo insieme di valori, sul
suo tasso di condizionamento, che è di tutto rilievo e che non
può essere attenuato nel giudizio generale. Commetteremmo un
errore sicuramente grave se dovessimo in qualche modo
sottolineare un'attenuazione del giudizio finale su queste due
realtà, che cominciano ad avvertire un appesantimento del dato
criminale e nelle quali si comincia ad avvertire in maniera
molto forte anche il condizionamento dei poteri criminali
sull'insieme dei problemi connessi alla loro ricchezza e sui
problemi posti dal rapporto tra le istituzioni e la camorra.
   Il quadro che scaturisce da queste due relazioni ci deve
complessivamente preoccupare. Primo motivo di preoccupazione è
la mancata attivazione del livello dei controlli, soprattutto
di carattere politico. Dico politico tra virgolette, perché
parlo soprattutto della carenza del potere di controllo
dell'autorità giudiziaria, che certamente non ha manifestato
in questi anni una forte volontà di intervento sulle
problematiche connesse alla lotta alla criminalità
organizzata. Questo giudizio pesa per le conseguenze che
questa attenuazione del controllo politico dell'autorità
giudiziaria sui problemi connessi alla lotta alla criminalità
organizzata ha prodotto. Essa ha costituito e costituisce non
solo un errore per la scarsa volontà di incidere su questi
fenomeni ma soprattutto ha precostituito le condizioni per un
aggravamento della stessa pressione della criminalità
organizzata, che si è sentita in qualche modo più libera di
penetrare in queste due realtà, essendo molto attenuato il
tasso di controllo. Quindi, scontiamo questo errore dal punto
di vista istituzionale, che ovviamente deve essere recuperato
nel quadro di insieme, perché le provincie di Avellino e
Benevento, pur costituendo una enclave tutta particolare
rispetto al dato drammatico della realtà regionale, tuttavia
rappresentano due territori dove la criminalità organizzata
intravede canali di interesse soprattutto nel settore dei
lavori pubblici e degli appalti ed ha cominciato a svolgere
una forte pressione sui poteri istituzionali.
   Mi riferisco in particolare, come dato politico, come
passaggio da una fase all'altra, alla fase rappresentata dalla
politica del dopoterremoto. Le provincie di Avellino e
Benevento prima del terremoto presentavano un dato diverso dal
punto di vista criminale; la svolta e le implicazioni che il
problema terremoto ha suscitato in queste realtà hanno
                        Pag. 3569
determinato un interesse dei poteri criminali su questi
territori, pur avvertendo che nel loro ambito si manifestano
fenomeni più o meno attenuati, più o meno preoccupanti.
Tuttavia, dobbiamo formulare questo giudizio, cioè che quel
passaggio ha determinato un aggravamento della situazione
delle due provincie, con un insieme di aggressioni dei poteri
criminali, che si sono fatti imprenditori, mettendo sul
mercato proprie imprese, e che hanno condizionato, tramite
quest'ultime, attraverso queste imprese la politica degli
appalti e quindi l'intero sistema politico-istituzionale di
queste due realtà. Da qui tutta una serie di episodi che sono
scaturiti, una serie di analisi e di interventi da parte dei
poteri dello Stato, che hanno cercato di contrastare questo
fenomeno, che non è attenuato ma è anzi assai forte e che è
avanzato ulteriormente in tutta la realtà della provincia,
determinando effetti devastanti sui processi istituzionali.
   La seconda questione da sottolineare come elemento di
fondo è il dilagante fenomeno dell'usura in queste due realtà.
Dico dilagante, perché effettivamente in una realtà dove la
crisi economica si è fatta particolarmente acuta e forte,
probabilmente lo stesso sistema bancario ha determinato una
serie di connessioni (mi riferisco al ruolo delle banche
rispetto alla crisi e ai settori criminali che operano dietro
di essa) che hanno prodotto un aggravamento del fenomeno,
tanto che ormai è difficile debellarlo.
   Bisogna poi rilevare l'aspetto della mancata attivazione
del potere dei controlli. Mi riferisco non solo a quelli
dell'autorità giudiziaria ma anche a tutte le autorità che in
qualche modo hanno sottovalutato il fenomeno della criminalità
organizzata. In questa sottovalutazione, ovviamente, si sono
determinati i cunei attraverso i quali la criminalità è
penetrata e si è consolidata anche in queste due realtà.
Quindi, l'attenuazione dei poteri di controllo di carattere
generale ha determinato un ulteriore e forte radicamento dei
poteri criminali. Soprattutto in questa fase storica di
passaggio, in cui l'azione dello Stato si è fatta più forte
rispetto ai poteri criminali, bisogna recuperare un forte
potere di controllo, di presenza e di autorità dello Stato,
senza il quale diventa difficile contenere la spinta dei
fenomeni in atto.
   Aggiungerei come dato finale il quadro delle presenze
istituzionali che si sono susseguite in queste realtà negli
ultimi anni e che in qualche modo hanno formulato giudizi
sempre assai attenuati sulla presenza e sul condizionamento
dei poteri criminali. Quindi, al termine della relazione
emerge un quadro in base al quale i mancati controlli in
generale hanno determinato conseguenze nefaste nella vita
istituzionale, politica e soprattutto economica di queste
realtà.
   Sarebbe stato utile, signor presidente, approfondire
alcuni aspetti, soprattutto in relazione ai documenti che ci
sono pervenuti durante la fase delle audizioni, in particolare
il documento predisposto da un osservatorio provinciale per
l'analisi della criminalità organizzata, che è stato
presentato in occasione della nostra visita a Benevento. Ci
sono aspetti di quel documento che sarebbe stato utile
approfondire; così come sarebbe stato utile capire l'effetto e
la portata del giudizio contenuto in questo ed in altri
documenti, perché una sottovalutazione potrebbe comportare
conseguenze sull'analisi e soprattutto sulla possibilità di
valutare le proposte migliori per combattere la presenza dei
poteri criminali in queste realtà, che comincia ad allarmare
un po' tutti e che, in assenza di tempestivi rimedi, rischia
di avanzare ulteriormente in una zona che costituisce una
enclave nel territorio regionale. In realtà, l'allarme
non deve cessare, perché un giudizio diverso e più attenuato
non può essere consentito, in quanto anche in queste realtà la
presenza dei poteri criminali ha avuto un forte insediamento e
consolidamento soprattutto negli ultimi anni.
   Concludo, presidente, auspicando, se è possibile, di
recuperare, nel quadro complessivo dei documenti presentati
                        Pag. 3570
che saranno votati dalla Commissione e nell'ambito delle
questioni che si pongono nella realtà campana, un quadro di
insieme di tali documenti, per trarne un dato unico ed alla
fine formulare un giudizio unitario che attualmente manca. Si
esprimono infatti giudizi particolari, anche significativi, su
tali realtà, ma sarebbe utile un giudizio finale sulla
Campania, che invece manca perché abbiamo dato la priorità a
relazioni separate vertenti sulle singole realtà di quella
regione, a partire dalle province di Caserta, Benevento,
Napoli e Avellino, che però non ci offrono un quadro di
insieme della realtà campana. Sarebbe invece utile - lo ripeto
- l'espressione di un giudizio finale.
  PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Acciaro perché
integri sinteticamente la relazione sulle frodi comunitarie
che ha già svolto.
  GIANCARLO ACCIARO, Relatore. Intervengo
rapidamente non tanto per integrare la relazione quanto per
sottolineare che, come abbiamo già constatato, il materiale
raccolto e analizzato purtroppo è quello che è stato possibile
utilizzare compatibilmente con la circostanza dello
scioglimento delle Camere, tant'è vero che ci è pervenuta la
relazione annuale della Corte dei conti e siamo riusciti, con
un inserimento, a portare un contributo maggiore alla
relazione.
   La preghiera che rivolgo è che la relazione, molto
interessante anche perché fornisce una prima analisi basata
sui dati, possa rappresentare in futuro la base di partenza
per un'analisi continua del fenomeno in esame. Manca infatti
tutta la parte di confronto internazionale che purtroppo, a
causa del tempo limitato a disposizione, non è stato possibile
sviluppare.
  PRESIDENTE. Desidero sottolineare che alcune autorità, a
livello di unione europea, ci hanno chiesto copia di questa
relazione proprio perché è di loro interesse. Questo conferma
quanto lei afferma.
  GIANCARLO ACCIARO, Relatore. Avevo già ricevuto
questa informazione e ritengo che il lavoro svolto, che
diventa patrimonio della Commissione antimafia, possa
rappresentare in futuro la base per un contributo ancora
maggiore.
  PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Grasso, che
ha presentato la relazione su usura ed estorsione.
  GAETANO GRASSO, Relatore. E' importante, in primo
luogo, richiamare il ruolo essenziale svolto da questa
Commissione nello sbloccare tutte le vicende relative alla
legge antiracket ed il fatto che la nostra Commissione è stata
interlocutrice essenziale per le associazioni antiracket nate
nel corso dell'ultimo anno. Ora vi é finalmente il nuovo
regolamento di applicazione della legge antiracket, la nuova
legge modificata nello scorso mese di novembre e assistiamo
altresì a un impegno che, al di là dell'aspetto legislativo,
si esprime sul terreno della nascita delle associazioni.
   Mi preme a questo punto sottolineare un fatto e svolgere
una considerazione di carattere generale: purtroppo nel corso
degli ultimi tempi - nella relazione questo aspetto viene
evidenziato - abbiamo assistito ad una verticale
sottovalutazione del fenomeno. Di contro, abbiamo registrato
(perché la nostra Commissione l'ha acquisito direttamente, per
esempio durante le audizione svolte a Catania) il permanere
della diffusione quantitativa e qualitativa del fenomeno
dell'estorsione e come questo fenomeno sia stato toccato molto
superficialmente dai risultati importanti che sono stati
conseguiti sul fronte dell'azione di contrasto. Assistiamo ad
una sottovalutazione e permane ancora l'idea di considerare
questo come un fenomeno di serie B, secondario, non
comprendendo che proprio attraverso l'estorsione si realizza
quel ferreo controllo del territorio che determina l'omertà e
tutto il resto.
   Un altro aspetto della relazione riguarda la questione
dell'usura, un problema che attraversa tutti i lavori della
                        Pag. 3571
Commissione (ne ha parlato poc'anzi il senatore Cabras). Si
tratta di capire che sia sul terreno dell'ordinamento
giudiziario sia su quello della sensibilità culturale l'usura
non viene considerata ancora oggi quel grave reato che
dovrebbe essere, perché, in un certo senso in maniera analoga
rispetto al fenomeno dell'estorsione, attacca direttamente la
libertà imprenditoriale, destabilizza le regole del mercato e
- si tratta ormai di un fatto accertato - non solo nelle aree
meridionali ma soprattutto in esse, nelle regioni a rischio, è
un fenomeno direttamente gestito dalle associazioni mafiose,
tanto che ormai la figura del "cravattaro" non esiste
praticamente più.
   Esprimo pertanto l'auspicio che il nuovo Parlamento
intervenga per adeguare intanto gli aspetti legislativi, nella
consapevolezza che il lavoro svolto dalla nostra Commissione,
finalizzato ad acquisire informazioni, a parlare e così via, è
un importante lavoro di prevenzione che contribuisce al
contrasto di tale fenomeno esattamente come l'azione
legislativa.
  PRESIDENTE. Informo i colleghi che, poiché tra breve
procederemo alla votazione della relazione conclusiva, la
Commissione dovrà essere in numero legale; in caso contrario,
dovremmo procedere ad una nuova convocazione, ma credo si
tratterebbe di un fatto piuttosto complesso. Invito quindi i
colleghi a non allontanarsi dall'aula.
   Do ora la parola al senatore Butini, che ha presentato la
relazione sui sequestri di persona in Calabria.
  IVO BUTINI, Relatore. Nella bozza di relazione che
ho predisposto potrà apparire ai colleghi una sproporzione tra
l'indicazione degli argomenti che fanno parte del progetto di
lavoro di questo gruppo e le informazioni e le valutazioni che
invece sinteticamente la bozza contiene, perché - ripeto
quanto hanno già rilevato altri colleghi - non è stato
possibile realizzare tutto il lavoro che ci eravamo proposti,
a seguito delle circostanze istituzionali che sono note.
   Mi sembra comunque che nei dodici punti che costituiscono
la premessa della relazione siamo riusciti a individuare i
sottofenomeni che, ove completamente esaminati, possono
offrire un quadro sufficientemente chiaro del fenomeno
generale del sequestro.
   Vi sono nella relazione alcune parti di carattere
statistico e di analisi delle cause, tenuto conto che il
territorio nel quale questi fenomeni si manifestano è
relativamente circoscritto e abbastanza individuabile, anche
se si sono verificati spostamenti di sequestrati dal nord al
sud, da cui sono scaturite alcune necessità investigative e di
relazione tra magistrati, forze dell'ordine e così via, che
nella relazione sono state richiamate in rapida sintesi.
   L'aspetto che prima di ogni altro ha interessato il lavoro
del gruppo è stato il fenomeno dei sequestri in Calabria,
tenendo presente in modo particolare la situazione del comune
di Bovalino, perché vi erano stati precedenti rapporti della
Commissione con queste realtà territoriali. Di tutto ciò si dà
contezza, sia pure sinteticamente, accennando anche al
fenomeno dei cosiddetti sequestri silenti, che sono stati
parte della nostra indagine. Le statistiche sulla liberazione
degli ostaggi sono di facile accesso.
   Uno dei punti su cui ci siamo soffermati è stato quello
relativo all'accertamento della qualità dell'investigazione,
al fine di appurare se i gruppi interforze abbiano funzionato,
se il coordinamento si sia realizzato, se l'obbligo di
sequestrare i beni delle famiglie dei sequestrati abbia
aiutato oppure in qualche caso reso più difficili le indagini,
se vi siano interessi antagonisti tra le famiglie che tendono
ad ottenere la liberazione del sequestrato e le forze di
polizia e la magistratura che vogliono anche arrestare i
sequestratori.
   Un altro degli aspetti della nostra attività, il quale ha
preceduto altri problemi che poi non sono stati affrontati,
riguardava le polemiche sui sequestri di serie A e di serie B
                        Pag. 3572
e la questione se lo Stato offra tutela a tutti i cittadini
nella stessa misura. Il giudizio che risulta dalla relazione è
tendenzialmente positivo, anche se debbo dire di non essere
completamente soddisfatto perché avrei voluto procedere ad
alcuni confronti e approfondire determinati aspetti dei
problemi accennati, ma il limitato tempo a disposizione non mi
ha consentito di farlo.
   Particolarmente delicato si è presentato l'aspetto
relativo ai pagamenti agli informatori, che potrebbero essere
apparsi indirettamente come una sorta di pagamento ai
sequestratori da parte di organi istituzionali. Nella
relazione si danno alcune risposte che sono quelle risultanti,
come si suol dire, dallo stato degli atti e nel tempo in cui
abbiamo esaminato tali questioni. Si sviluppa inoltre una
considerazione affermando che sarebbe stata nostra intenzione
procedere oltre, non perché vi sia il sospetto che le cose
dette non siano vere, ma perché personalmente non posso essere
soddisfatto in via assoluta visto che - come ho già rilevato -
mi sarebbe piaciuto poter effettuare alcune verifiche.
   Tuttavia, devo dire, in conclusione, che generalmente mi
sembra di aver colto, da parte sia della magistratura sia
delle forze dell'ordine, un impegno serio nell'attività di
contrasto del fenomeno dei sequestri.
   Vi è poi un elemento che non risulta nella relazione ma
che, se lo si ritiene opportuno, può esservi inserito: con
riferimento al problema del SISDE, sorto a seguito di alcune
dichiarazioni rilasciate e di servizi giornalistici, avverto
l'obbligo di dire ai colleghi che, almeno da parte dei
funzionari ai quali è stato chiesto di fornire le loro verità
su questi fatti, l'apprezzamento dell'attività degli uffici
periferici del SISDE non è stato molto positivo, quasi a voler
sostenere che in qualche caso tale attività è stata superflua.
Dovevo dire questo per quello che potrà servire se in futuro
altri vorranno portare a conclusione l'indagine avviata.
  PRESIDENTE. Mi sembra sia stato detto che non avrebbero
potuto inquinare per mancanza di capacità adeguata!
  IVO BUTINI, Relatore. Questo tipo di giudizio è
stato veramente sorprendente: potrebbe essere anche di
copertura, ma mi è sembrato abbastanza spontaneo da ritenerlo
veritiero.
  PRESIDENTE. Volevo segnalarle, senatore Butini, che a
pagina 8 della relazione vi è un errore materiale.
  IVO BUTINI, Relatore. Certamente, presidente,
quella pagina della relazione va riordinata.
  PRESIDENTE. Do ora la parola all'onorevole Bargone,
autore della relazione sulle misure contro i patrimoni
mafiosi, che egli aveva peraltro già svolto.
  ANTONIO BARGONE, Relatore. Ritengo opportuno
sottolineare la necessità di dare conto nella relazione della
sentenza della Corte costituzionale (sarebbe veramente
inopportuno non farlo), anche perché nella stessa relazione
vengono denunciati ritardi e limiti nell'azione di contrasto
sul versante finanziario, che noi consideriamo la nuova
frontiera della lotta antimafia. Abbiamo denunciato il fatto
che si riscontrano ritardi anche culturali rispetto a questo
tipo di attività, dal punto di vista investigativo e
organizzativo.
   La sentenza che ho richiamato dà un ulteriore colpo a
questa azione e occorre quindi valutare attentamente il
provvedimento adottato dal Governo. Ritengo pertanto che di
ciò si debba dare conto e mi riservo di inserire tale
questione nella relazione, naturalmente se la Commissione mi
darà mandato in tal senso.
   Per quanto riguarda la relazione del senatore Calvi,
avendo fatto parte del gruppo di lavoro, desidero dire che in
essa è forse il caso di insistere di più sul comportamento
omissivo della magistratura.
                        Pag. 3573
   Nella relazione sulla camorra abbiamo, ad esempio,
indicato come punto di svolta per il salto di qualità della
camorra la vicenda del terremoto, ma tutto questo non risulta
e l'azione giudiziaria non è assolutamente corrispondente a
questa valutazione di svolta storica da noi data.
   Inoltre, i risultati cui è giunta l'azione giudiziaria
sono forse addirittura insufficienti anche rispetto alla
relazione Scalfaro.
   La relazione, poi, fa solo cenno, e non si comprende bene
cosa sia successo, al fatto che, a seguito della denuncia del
Presidente della Repubblica (mi riferisco sempre a quella
relazione), l'iniziativa del Consiglio superiore della
magistratura abbia avuto risultati e quali rispetto all'azione
della magistratura. Credo che di ciò si debba dar conto nella
nostra relazione.
   Per quanto riguarda il documento sugli iscritti alla
massoneria, penso vada rilevato che questi elenchi appaiono
assolutamente incompleti. Infatti, in essi non sono indicati
nomi clamorosamente noti, come quelli di Pazienza, Belmonte,
Monti, De Lorenzo, eccetera.
   Per altro vi è un caso clamoroso che lo dimostra... Gli
elenchi sono depositati...
  PRESIDENTE. C'è un equivoco: nel prospetto statistico
sugli iscritti a logge massoniche che è stato distribuito non
sono indicati nomi di persone, ma solo i nomi delle logge...
  MICHELE FLORINO. Quali elenchi, quelli che ha pubblicato
la Voce della Campania?
  PRESIDENTE. Non lo so se li abbia pubblicati la Voce
della Campania!
  MICHELE FLORINO. Noi non ne abbiamo copia; i giornalisti
ne hanno copia!
  PRESIDENTE. Basta studiare!
  MICHELE FLORINO. Basta studiare o prendere le fotocopie,
presidente?
  PRESIDENTE. Non di qui!
  MICHELE FLORINO. Chi le ha prese?
  PRESIDENTE. Di qui nessuno! Non le ha prese nessuno;
nessuno ha fatto fotocopie di quei documenti.
  MICHELE FLORINO. Il caso è emblematico ed è bene
chiarirlo!
  ANTONIO BARGONE, Relatore. Florino, hai chiesto la
parola?
  PRESIDENTE. Prego, onorevole Bargone.
  ANTONIO BARGONE, Relatore. C'è un caso clamoroso
che lo dimostra, ad esempio quello del procuratore della
Repubblica di Reggio Emilia, Bevilacqua, che ha dichiarato di
essere stato iscritto fino al 1981 e poi di essere entrato in
sonno, mentre lo stesso Grande oriente d'Italia, che non
indica Bevilacqua nell'elenco, sostiene invece che egli è
stato iscritto fino al 1987, contraddicendosi abbastanza
clamorosamente. Mi pare questo l'indice di una infedeltà degli
elenchi.
   Inoltre, le pubblicazioni ufficiali delle logge massoniche
indicano alcune logge che qui non sono indicate e viceversa.
Ulteriore conferma dell'infedeltà di cui parlo. Appare altresì
chiaro che alcuni iscritti alla loggia sono tenuti nascosti
agli altri iscritti, in palese violazione della legge Anselmi.
   Ritengo che a questo punto occorra adottare qualche
iniziativa affinché gli elenchi siano integrati e la
valutazione che li riguarda possa essere compiuta.
  PRESIDENTE. Aveva chiesto la parola il senatore Florino.
Le do subito la parola, senatore Florino, vorrei solo
precisare che tanto in questo documento, che è un'analisi
statistica delle logge, quanto nella relazione non si fa mai
riferimento ai nomi degli iscritti per ragioni di correttezza
e riservatezza. Deciderà un altro organismo se pubblicare,
quando, come e così via.
   Non è stata estratta alcuna copia dei nomi degli iscritti
alle logge massoniche di cui noi disponiamo. Quegli elenchi
                        Pag. 3574
sono stati consultati da molti colleghi, certamente; ora, poi,
cosa abbiano fatto i colleghi che li hanno consultati non so,
ma copie non ne sono state fatte da nessuno.
  MICHELE FLORINO. Lei assicura alla Commissione che i
colleghi hanno consultato questi elenchi. Mi rivolgo allora a
lei ed agli onorevoli colleghi per conoscere, sapere se, dopo
la consultazione, previo accordo con terzi, questi elenchi non
siano stati fotocopiati e inviati alla stampa.
  PRESIDENTE. Ho detto che non è stato fotocopiato
alcunché!
  MICHELE FLORINO. Allora, i nomi...
  PRESIDENTE. Non li abbiamo mica soltanto noi quei nomi,
senatore Florino!
  MICHELE FLORINO. Però io quei nomi li ho visti riportati
su un mensile che viene pubblicato a Napoli e che si chiama
la Voce della Campania. Non voglio sbagliarmi!
Evidentemente qualcuno ha trafugato le carte, perché io vi
posso portare... Non l'ho qui con me, altrimenti avrei potuto
far vedere il mensile la Voce della Campania in cui sono
riportati tutti i nomi, che io ho visto così, sommariamente,
perché non mi sono nemmeno fermato in quella stanza, salvo che
per vedere la questione Napoli.
   Due sono le possibilità, non si scappa: o c'è stato un
collega che ha avuto l'opportunità di fotocopiare o c'è stata
qualche fuga da parte delle stanze blindate della
nomenklatura della sinistra vista dall'altra parte!
  PRESIDENTE. Scusi, senatore Florino, mi permetto di
rilevare che hanno questi elenchi la Commissione antimafia,
uffici giudiziari, tutte le logge massoniche ed altri uffici
sparsi per l'Italia. La prego di avere un orizzonte...
  MICHELE FLORINO. Non sono convinto di questa risposta.
  PRESIDENTE. Non è mia intenzione convincere.
  MICHELE FLORINO. No, c'è evidentemente qualcuno che ha
dei favori rispetto agli altri. Comunque, la invito, in
qualità di presidente, ad inserire, con un altro elenco, tutti
i nomi dei componenti delle logge massoniche.
  PRESIDENTE. Passiamo alla fase definitiva.
   Il senatore Florino chiede che venga allegato alla
relazione finale l'elenco dei nomi degli iscritti alle logge
massoniche. E' così, senatore Florino?
  MICHELE FLORINO. Sì, visto che non sono più riservati!
  PRESIDENTE. Il punto è questo: ho una riserva in merito
- farò però naturalmente quello che deciderà la Commissione -
innanzitutto perché non sappiamo quale attendibilità abbiano
quei nomi per le ragioni che sono state qui indicate. E' stato
qui indicato, è stato spiegato sommariamente nella relazione e
spiegato adesso con chiarezza dal collega Bargone che non
sappiamo che attendibilità abbiano quei nomi.
   In secondo luogo, colleghi, io considero un problema di
tipo democratico (questo forse potrà meravigliare qualcuno!):
pubblicare in una relazione dell'antimafia l'elenco dei nomi
degli iscritti ad una associazione che oggi è un'associazione
libera e garantita con le regole di un'associazione... Poi,
sulla massoneria ognuno di noi ha la sua opinione; la mia
credo sia nota. C'è però un problema di garanzia democratica.
   Credo che questo tipo di richiesta non dovrebbe quindi
essere accolta da noi. Quando sarà istituita una Commissione
d'inchiesta sulla massoneria o su altro, sarà essa a valutare
questo tipo di richiesta. Credo che dobbiamo tutelare i
                        Pag. 3575
diritti di tutti i cittadini, compresi quelli dei cittadini
con i quali non siamo d'accordo. Altrimenti, commetteremmo un
abuso molto grave. Questa è la mia opinione sul punto,
prescindendo da questioni formali, in quanto si tratta di un
problema più di sostanza.
   Chiedo quale sia l'opinione dei colleghi in merito.
  GIUSEPPE MARIA AYALA. D'accordo, presidente.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. D'accordo, presidente.
  PRESIDENTE. Sta bene! Così rimane stabilito.
   Ci sono osservazioni di carattere politico
sull'esposizione che i colleghi hanno effettuato delle
relazioni?
  GIROLAMO TRIPODI. Solo alcune considerazioni.
   A pagina 47 della relazione finale è trattato il problema
delle "vacche sacre" e si fa un richiamo all'impegno assunto
dal prefetto di Reggio Calabria in merito. Ebbene, credo si
debba dire che fino a questo momento egli non ha fatto niente.
Anzi, egli ha scaricato su qualche sindaco che coraggiosamente
ha portato avanti la battaglia, dimostrando quasi di volerlo
punire. Forse perché questo sindaco ha disturbato!
  PRESIDENTE. E' giusto questo.
  GIROLAMO TRIPODI. Devo altresì dire che il prefetto di
Reggio Calabria, a fronte di una serie di richieste avanzate
da questa Commissione su altri problemi molto rilevanti, non è
stato un attento e solerte collaboratore della Commissione. Lo
stesso si è comportato il prefetto di Catanzaro. Si tratta di
due prefetti che operano in zone molto a rischio e ritengo che
al riguardo occorrerebbe fare qualche segnalazione al ministro
dell'interno, perché questa situazione non è tollerabile.
   Per quanto riguarda la relazione del senatore Butini,
voglio riferirmi soltanto alla questione riguardante
l'esclusione categorica del coinvolgimento del SISDE nella
liberazione di molti sequestrati. Credo che potremmo togliere
tale riferimento perché ancora non sappiamo come siano andate
le cose. Perché alcuni si sono pronunciati dicendo che non è
vero noi non possiamo escludere che questi avvenimenti possano
venir fuori. Si tratta di cose che circolano, anche se non
abbiamo fino a questo momento prove che siano avvenute. Si
tratta di quanto scritto a pagina 8 della relazione.
  PRESIDENTE. Si dice però "è stato escluso" e non...
  GIROLAMO TRIPODI. E' stato escluso! Ma io toglierei
tutto; non vedo perché dobbiamo richiamare la questione quando
non ci interessa.
  PAOLO CABRAS, Relatore. "Allo stato delle nostre
conoscenze" è però una formulazione...
  GIROLAMO TRIPODI. Questo suggerimento mi pare
accoglibile.
  PRESIDENTE. Sta bene.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Vorrei esprimere innanzitutto il
mio compiacimento ai relatori per le diverse relazioni che
vanno a comporre l'esauriente relazione complessiva.
   Desidero sviluppare soltanto alcune riflessioni
riguardanti la questione della lotta alla criminalità
organizzata relativamente all'organizzazione della giustizia.
   E' stato messo bene in evidenza nelle relazioni in esame
l'aspetto delle collusioni della camorra con le istituzioni e
la necessità di potenziare gli uffici giudiziari. Mi preme
mettere in evidenza soltanto il fatto che, come altre volte è
stato detto, allo scioglimento di numerosi consigli comunali
ed alla successiva rielezione non è purtroppo seguito un
ricambio del personale amministrativo. Questo fatto è molto
preoccupante e serio e mi preoccupa che noi non riusciamo a
proporre qualcosa che corregga queste situazioni patologiche.
                        Pag. 3576
   A Caserta, ad esempio, il capo di un ufficio tecnico,
incriminato e rimosso dal commissario straordinario, è
attualmente tornato a gestire proprio quelle pratiche per cui
era stato incriminato. Si tratta di un esempio emblematico che
potrebbe essere esteso a diversi altri comuni.
   La mia preoccupazione è la seguente: la prossima
Commissione antimafia dovrà farsi carico del problema
drammatico della possibilità di sostituire personale
amministrativo che abbia in qualche modo partecipato a fatti
di corruzione o di collusione o di ingovernabilità dei comuni.
Altrimenti non daremo un segnale preciso della volontà di
innovare in quei comuni che sono infiltrati dalla criminalità
organizzata. Sappiamo che nella sola provincia di Caserta ve
ne sono stati dodici o forse di più, ma la situazione non è
cambiata nonostante l'avvenuta sostituzione delle
amministrazioni colluse con la camorra.
   Per quanto riguarda la magistratura, devo lamentare che
abbiamo avuto modo di ascoltare diversi pentiti. Pur con le
cautele e la prudenza che dobbiamo avere, sappiamo che vi sono
state notizie molto precise che hanno riguardato alcuni
magistrati. Tra le altre notizie mi riferisco al caso Lancuba.
Ultimamente, nel corso di un'intervista, vi sono state delle
prese di posizione molto dure anche da parte di un autorevole
esponente di Unicost in ordine a Lancuba che, benché
ripetutamente accusato con riscontri verificabili, è tutt'ora
procuratore della Repubblica di Melfi. Quindi non vi è stato
nemmeno un inizio di azione disciplinare da parte degli organi
titolari dell'azione medesima.
   Non si tratta di un fatto personale nei confronti di
Lancuba; sui giornali abbiamo letto di contrasti tra
magistrati di Salerno e magistrati di Napoli, di accuse molto
gravi rispetto alle quali la Commissione antimafia, proprio
perché tali magistrati si occupano di processi di mafia e di
camorra, non può fingere di non sapere nulla, ma deve cercare
di rendersi conto di quello che sta accadendo. Il rischio che
si corre è quello di una delegittimazione dei magistrati
impegnati nella lotta alla criminalità organizzata, mentre vi
sono segnali allarmanti di protezione nei confronti di quei
magistrati che invece, per ragioni di cautela, dovrebbero
essere rimossi dal luogo in cui continuano ad esercitare e
quindi anche a dirigere gli uffici di polizia giudiziaria.
  PRESIDENTE. Quindi lei propone alcune integrazioni su
questo punto?
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Esatto.
  MICHELE FLORINO. Voterò contro la relazione finale così
come voterò contro le altre relazioni allegate. Come ho già
detto alla Commissione, la relazione sulla camorra appare come
un'indagine sociologica del fenomeno che non mira ad
individuare le responsabilità che hanno consentito a tale
organizzazione criminale di spiccare quel salto di qualità che
l'ha portata a gestire (e li gestisce tutt'oggi) i poteri in
tutti gli enti pubblici ed istituzionali della città, della
provincia e in altre province della Campania.
   Quando parlo di poteri istituzionali - non sono dolce come
il collega Imposimato - mi riferisco soprattutto alla
magistratura collusa fino alla cima dei capelli con il potere
malavitoso.
  PRESIDENTE. Senatore Florino, la sua è una dichiarazione
di voto?
  MICHELE FLORINO. Sì. Mi rendo conto che gran parte dei
componenti di questa Commissione (magistrati, ex magistrati)
per spirito di corpo cerchino di difendere la categoria.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Ho appena concluso il mio
intervento...
  MICHELE FLORINO. Un intervento alla camomilla, caro
Imposimato, così come la relazione.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Non siamo un tribunale!
                        Pag. 3577
  MICHELE FLORINO. Come si dice a Napoli, tu devi tenere
il carro per la discesa, altrimenti non puoi avvalerti più
delle buone amicizie nell'ambito dei tribunali.
  FERDINANDO IMPOSIMATO. Questa è un'insinuazione che
respingo al mittente!
  MICHELE FLORINO. Io non ci vado in tribunale, per
nessuna ragione. Alcuni politici vi si recano anche per altre
ragioni, come gran parte dei componenti di questa Commissione,
colpiti da provvedimenti giudiziari.
  Una voce. I nomi!
  MICHELE FLORINO. I nomi stanno lì.
  Una voce. Parla per te.
  MICHELE FLORINO. No, io non parlo per me.
  PRESIDENTE. Non accetti provocazioni!
  MICHELE FLORINO. Ho iniziato i lavori in questa
Commissione presentando un emendamento che andava alla ricerca
di coloro che già sapevo sarebbero stati inquisiti prima che
scattassero...
  PRESIDENTE. Erano inquisendi.
  MICHELE FLORINO. ... i provvedimenti della magistratura.
Ritenevo che nel momento in cui fossero stati colpiti
avrebbero dovuto dimettersi. Il presidente disse che rientrava
nei poteri dei Presidenti della Camera e del Senato.
   La collusione, anzi la complicità dei magistrati, ha
consentito tutto ciò. Nelle relazioni al nostro esame
l'omissione è ancora più palese rispetto a provvedimenti cui
faceva riferimento, con la sua dichiarazione dolce, il collega
Imposimato in ordine a magistrati chiamati in causa dai
pentiti.
   Sulla questione dei pentiti voglio svolgere alcune
considerazioni, così come ho già fatto in altre circostanze,
che devono essere chiare alla Commissione. Vorrei sapere
perché le dichiarazioni dei pentiti a volte provocano
l'arresto di centinaia di persone (compreso il caso Contrada,
ancora in galera), mentre ciò non avviene quando si tratta di
magistrati, forse perché abitanti di "santuari" sacri.
   Questo è l'aspetto più sconcertante, e farlo rilevare con
ampiezza e con forza significa dare un impulso a coloro che
verranno dopo di noi affinché il fenomeno della criminalità
venga spazzato via dal nostro paese. In caso contrario ci
troveremo con un sistema, in parte denunciato, di favori
concessi ad alcuni criminali; sistema di favori collegato
direttamente a quello che vige nei tribunali tra avvocati,
magistrati e criminali. E' noto che un patteggiamento, una
semilibertà costa...
  PRESIDENTE. Sono soggetti costretti a stare insieme.
  MICHELE FLORINO. Il collante è rappresentato dai soldi;
dai 300-400 milioni pagati per la libertà, per non agire
giudiziariamente nei confronti dei criminali. Del resto,
alcuni casi eclatanti lo dimostrano, come il caso Alfieri, il
caso Galasso. Oltre ai casi eclatanti, tuttavia, ve ne sono
alcuni che riguardano la criminalità comune, quella che impera
nel centro storico di Napoli e nei paesi della provincia.
   Se prima ho usato il termine "dolce" per definire le
espressioni formulate dal collega Imposimato sulla
magistratura, quelle usate in queste relazioni le ritengo
addirittura al miele. Dalle indagini svolte in ordine alla
realtà casertana è emersa una situazione impressionante ed
ancor più grave rispetto a quella che vive la città di Napoli.
Nella bozza di relazione non si fa riferimento ai politici.
  PAOLO CABRAS, Relatore. L'hai letta?
  MICHELE FLORINO. Sì, l'ho letta. Si fa riferimento a
qualche politico, a qualche sindaco senza indicare
                        Pag. 3578
l'appartenenza politica. E' importante chiarire all'interno
delle relazioni l'appartenenza politica di personaggi collusi
con la criminalità, altrimenti non hanno alcun valore.
   Come ho detto, si tratta di una relazione al miele, che
non contiene neppure riferimenti all'aspetto allucinante
riportato in quella sulla camorra, caro presidente. Mi
riferisco alla costruzione sul suolo demaniale di un'intera
cittadina, che risponde al nome di Fontana Bleu, la cui
responsabilità deve essere imputata ai sindaci che si sono
alternati alla gestione del comune di Castel Volturno.
Evidentemente gli interessi di alcuni partiti hanno
condizionato la Commissione al punto che di questo aspetto
allucinante (mi riferisco all'abusivismo edilizio e alla
costruzione di migliaia di vani su tutto il territorio
casertano) non si fa cenno.
  PRESIDENTE. La prego di concludere perché il tempo a sua
disposizione è terminato.
  MICHELE FLORINO. Ritengo di avere diritto ad alcuni
minuti in più per la mia dichiarazione di voto non essendo
intervenuto in discussione generale, anche per andare incontro
alle esigenze della Commissione a cui faceva riferimento il
collega che non è troppo docile ma impaziente di andare via.
  PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Florino.
  MICHELE FLORINO. Non mi soffermerò sulle relazioni
riguardanti le città di Avellino e di Benevento, in ordine
alle quali ritengo che la Commissione avrebbe dovuto svolgere
un altro tipo di indagini, molto più penetranti. Sembra quasi
che a Benevento non vi siano problemi, al punto che si invita
la futura Commissione a verificare l'evolversi del fenomeno
criminale.
   Non ho portato con me documenti al riguardo per non
stravolgere il lavoro della Commissione ed anche per non far
apparire il mio intervento influenzato dalle prossime
elezioni, scatenando le ire dei miei amici. Sono tra l'altro
in possesso di una denuncia, di un giovane di Benevento, nella
quale chiaramente si indicano le varie componenti criminali
collegate ai partiti. Invierò successivamente tali documenti
alla Commissione.
   Nella relazione che si occupa del Lazio non si è fatto
riferimento agli scandali che hanno visto coinvolti uomini
della democrazia cristiana, così come non si è fatto
riferimento alla responsabilità politica che di fatto si
collega direttamente in un'unica strategia nella gestione del
potere criminale. Dovete togliervi dalla testa che il potere
criminale sia quello delle pistole, degli assalti alle banche;
quello che compie azioni solo nel contesto della criminalità e
non nella rigida osservanza di una strategia che è stata
imposta insieme con il potere politico, cioè la gestione del
paese con la criminalità! Napoli lo dimostra! La Sicilia lo
dimostra! La Calabria lo dimostra!
   Come posso votare queste relazioni che vengono poste alla
mia attenzione per essere digerite? Come ho già detto, voterò
contro queste relazioni che nel loro contesto tendono a non
far agire quei pochi poteri istituzionali che intendono
combattere la criminalità.
  MASSIMO BRUTTI. Soltanto due osservazioni: la prima si
riferisce alla relazione presentata dal senatore Cabras
concernente la città di Roma ed il Lazio, la seconda riguarda
la relazione generale predisposta dal Presidente.
  PRESIDENTE. Il suo intervento vale anche come
dichiarazione di voto?
  MASSIMO BRUTTI. Sì. A conclusione delle osservazioni che
propongo alla Commissione indicherò anche quale sarà il voto
del mio gruppo.
   Sulla relazione concernente Roma e il Lazio esprimo una
valutazione favorevole. Si tratta di un lavoro attento che è
stato compiuto per dare conto di questa prima indagine che la
Commissione antimafia è stata in grado di svolgere. Vorrei
                        Pag. 3579
però che venisse eliminato dal testo della relazione tutto ciò
che può rappresentare o suggerire un'anticipazione di giudizio
su un tema che non abbiamo avuto modo di trattare pienamente e
che rimane un tema cruciale nella analisi dei caratteri della
criminalità organizzata di tipo mafioso a Roma e nel Lazio:
quello dei rapporti con la politica, delle infiltrazioni
nell'establishment politico-economico di questa regione
e nella presenza di emissari dei gruppi criminali anche
all'interno della pubblica amministrazione.
   Si dice (mi riferisco in particolare alle pagine 15-17)
che è oggetto di accertamento, che esiste un problema aperto
al riguardo, il rapporto tra questi gruppi criminali e la
politica; si dice, inoltre, che al momento attuale non vi sono
elementi che facciano ritenere esistente un'infiltrazione
della malavita organizzata nella pubblica amministrazione.
   Vedo in queste formulazioni un'anticipazione di giudizio
su un tema in merito al quale l'indagine non è stata compiuta
a fondo.
  PAOLO CABRAS, Relatore. Queste cose le dicono i
magistrati, noi possiamo solo descrivere la situazione allo
stato attuale!
  MASSIMO BRUTTI. Preferirei però che nella relazione
della Commissione antimafia non vi fosse questa anticipazione
di giudizio. Aggiungo che, per quanto abbiamo potuto
verificare fino ad ora, il problema esiste ed è rilevante.
Galasso nelle dichiarazioni rese alla Commissione ha parlato
del ruolo di Nicoletti indicando una serie di filoni di
indagine che vanno approfonditi. Nicoletti infatti
rappresentava un punto di riferimento comune per tutte le
attività criminali ed anche per quelle di tipo eversivo che a
Roma hanno un loro teatro privilegiato. Sappiamo anche che
negli anni in cui era più potente e titolare di grandi affari,
egli ha intrattenuto a Roma rapporti con
l'establishment, soprattutto democristiano.
   Nonostante le conclusioni alle quali sono giunti i vari
procedimenti penali che al riguardo sono stati aperti in
passato, credo che tutta la vicenda di Tor Vergata e della
seconda università di Roma sia ancora degna di un'analisi più
attenta che probabilmente può dar luogo ad altre acquisizioni
e ad altri risultati, ben diversi da quelli conseguiti in una
fase storica nella quale, come sappiamo, l'iniziativa
giudiziaria della procura di Roma e la capacità di cogliere la
drammaticità dell'insediamento criminale e delle forme di
corruzione in questa città erano davvero minime.
   Vi sono altri aspetti della presenza criminale a Roma che
dovremo ancora analizzare: il ruolo dei servizi segreti, il
sottobosco politico. Ricordo un rapporto della DIA di qualche
mese che faceva riferimento alle vicende legate agli attentati
della primavera scorsa e al tentativo di delegittimazione dei
collaboratori di giustizia che veniva avanti in quei mesi,
guidato probabilmente dalle centrali mafiose, e che era
collegato a questo sottobosco politico, ai rapporti con
l'ambiente dei servizi, al ruolo di un'agenzia di stampa
(Repubblica) legata ad un uomo politico democristiano di
Roma (era l'unico nome di uomo politico contenuto in quel
rapporto) che è stato assai potente e che ora lo è di meno.
  WALTER MONTINI. Chi è?
  MASSIMO BRUTTI. Si tratta dell'onorevole Sbardella. Non
amo in questa sede e in questo momento rivolgere critiche o
accuse nei confronti di un uomo politico che non è più così
forte come era in precedenza, quindi desidero superare
rapidamente questo aspetto. Lo abbiamo combattuto quando era
potentissimo a Roma ma ora non c'è alcun motivo di richiamarlo
in causa.
   Questo non significa che non vi siano problemi aperti sui
quali è necessario ritornare; mi riferisco al ruolo di Gelli a
Roma e ai suoi molteplici collegamenti, ai quali comunque la
relazione fa riferimento. Mi auguro che si affronti ancora il
problema del ruolo di Gelli e quello della sopravvivenza del
sistema piduista, anche perché nel corso dell'audizione
                        Pag. 3580
avvenuta in questa sede la dottoressa Cesqui ha dichiarato che
Gelli ha goduto di una totale libertà di movimento sia quando
era latitante sia quando ha cessato di esserlo.
   Annuncio quindi il mio voto favorevole sulla relazione
presentata dal senatore Cabras chiedendo - torno a ripeterlo -
che vengano soppressi, per renderne più netti i contenuti,
tutti gli elementi che possano far pensare ad un giudizio già
formulato sulla problematica dei rapporti fra criminalità
organizzata e politica e di quelli con la pubblica
amministrazione. Al riguardo non siamo in grado di dire nulla
perché non abbiamo svolto alcuna indagine.
   Per quanto concerne la relazione finale presentata dal
Presidente, ne condivido l'impianto e i singoli argomenti.
Essa dedica una gran parte alla Calabria, anche se risulta
evidente che il lavoro su questa regione è rimasto a metà e
che perciò deve proseguire. Tuttavia la relazione finale
contiene le questioni che la Commissione è riuscita a far
emergere e ne indica di nuove. Desidero soffermarmi sul
paragrafo finale perché ritengo rappresenti una giusta
provvisoria conclusione del nostro lavoro. Quelli appena
trascorsi sono stati due anni intensissimi e molte cose sono
cambiate nel paese; credo che la Commissione parlamentare
antimafia abbia dato un contributo al rinnovamento del sistema
politico. Se osservo oggi gli uomini, gli amici (perché in
gran parte si tratta di amici) impegnati in prima persona e
più esposti e più minacciati nella lotta contro la mafia, ho
la soddisfazione di pensare che non sono più osteggiati così
fortemente dall'interno delle istituzioni come avveniva fino a
due o tre anni fa a coloro che li hanno preceduti. Uomini come
Falcone e Borsellino venivano perseguitati dall'interno delle
istituzioni; si costruivano strategie di cui erano partecipi
uomini politici dei partiti di governo, loro colleghi, uomini
che occupavano posizioni di vertice all'interno delle
istituzioni. Oggi le cose sono cambiate ma credo non in modo
irreversibile. Ritengo che sia un bene che la relazione lo
sottolinei perché questa è probabilmente la parola finale che
diciamo in questa fase del nostro lavoro che rappresenta un
impegno per le prossime settimane e per il futuro immediato a
tener fermo quel poco di nuovo che siamo riusciti a costruire
e ad andare avanti.
  GIROLAMO TRIPODI. Ci limitiamo a prendere atto, perché
non abbiamo il tempo di un approfondimento, delle relazioni
presentate questa mattina che potrebbero anche contenere
elementi degni di un ulteriore approfondimento. Prendere atto
delle relazioni non significa respingere un lavoro già
compiuto ed utile che va senz'altro acquisito. E in
particolare ritengo che si debba aggiornare la relazione
dell'onorevole Bargone in riferimento agli ultimi sviluppi...
  PRESIDENTE. Se si riferisce alla sentenza della Corte,
certamente.
  GIROLAMO TRIPODI. Si tratta del punto centrale
dell'azione di contrasto perché la confisca degli
arricchimenti illeciti è il deterrente principale nella lotta
alla criminalità organizzata.
   Concordiamo con il contenuto della relazione finale ma,
prima di esprimere un giudizio complessivo, vorrei aggiungere
che forse sarebbe stato opportuno richiamare (poiché il
fenomeno ha rilevanza nazionale e quindi maggiore incidenza
nel Mezzogiorno) le responsabilità delle scelte politiche
operate e contemporaneamente sottolineare l'esigenza di una
nuova politica di sviluppo del Mezzogiorno. Certamente questa
non basterebbe perché, com'è avvenuto in passato, la mafia
continuerà ad arricchirsi con i flussi finanziari dirottati
verso quelle zone; riteniamo che quel tipo di intervento sia
stato assolutamente nefasto dal punto di vista della gestione
e per questo ha portato all'espansione dell'organizzazione
mafiosa.
   Forse sarebbe stato opportuno riproporre il problema del
Mezzogiorno come problema centrale di una politica di sviluppo
                        Pag. 3581
del nostro paese perché se le cose stanno in questo modo è
evidente che dove c'è maggiore disoccupazione la mafia ha più
ampie possibilità di reclutamento.
   Inserire nella relazione questi suggerimenti sarebbe un
atto qualificante perché dimostrerebbe che la Commissione non
si è interessata solo di questioni di polizia e di giustizia
ma anche degli aspetti sociali.
   I quattordici mesi di lavoro di questa Commissione sono
stati molto intensi ed hanno portato a grandi risultati sia
perché sono stati svolti i compiti istituzionali, cioè
l'attività di inchiesta, sia perché sono stati raggiunti
alcuni obiettivi fondamentali, cioè l'acquisizione di quello
per cui molti combattenti hanno perduto la vita. Mi riferisco
all'intreccio tra affari e politica che ha maggiormente
determinato la presenza della mafia in certe zone, di cui si
dà conto anche in altre relazioni, sulla Sicilia, sulla
camorra e sulla 'ndrangheta. A proposito di quest'ultima,
forse sarebbe opportuno inserire qualche ulteriore richiamo
sul fatto che sono state coinvolte personalità politiche di
alto livello appartenenti a partiti di Governo che ancora si
presentano a competere in questa campagna elettorale (anche se
mi chiedo come esse possano essere accolte in certe liste).
   Il lavoro di questi mesi ha anche rilevato il rapporto tra
mafia ed istituzioni; mi riferisco alla copertura offerta di
uomini di Governo (Andreotti ed altri ministri ne sono la
dimostrazione). Sono anche emersi fatti di cui si mormorava ma
che sono stati verificati: i rapporti esistenti tra mafia e
apparati dello Stato (polizia, magistratura, servizi segreti),
di cui Contrada è una dimostrazione.
   Un'altra questione che in precedenza sfuggiva, perché era
uno scenario nascosto, riguarda la saldatura tra mafia e
massoneria deviata.
   Nel votare a favore di queste relazioni sottolineo il
contributo importante fornito dal gruppo di rifondazione
comunista al lavoro svolto dalla Commissione. Non tutti i
gruppi hanno partecipato allo stesso modo e, se fossimo stati
tutti impegnati sullo stesso piano, forse avremmo ottenuto di
più nella lotta contro la mafia. Desidero sottolineare che il
nostro contributo ha costretto il Governo e le autorità
preposte ad assumere maggiore impegno nella lotta alla
criminalità organizzata.
  ANTONINO BUTTITTA. Le relazioni offrono il destro per
dare una valutazione conclusiva sul lavoro che la Commissione
ha svolto nei suoi due anni di attività.
   In ordine a questo aspetto distinguerei due livelli: il
livello simbolico e quello della prassi. Per quanto riguarda
la rappresentazione simbolica del fenomeno, mi sovviene quanto
osservava giustamente Pietro Calamandrei a proposito di quello
che egli chiamava il dramma storico del sud, cioè il divorzio
tra società civile e istituzioni. Come ha giustamente
osservato il presidente, negli ultimi anni questa ferita
storica si è sanata e non c'è dubbio (lo ha già osservato un
altro collega) che uno degli unguenti è stato proprio il
lavoro che la nostra Commissione ha svolto. Per quanto
concerne invece il livello della prassi, occorre dire che
relativamente al settore delle indagini sono stati compiuti
grossi passi avanti. E' anche vero però che si sono acquisite
informazioni che vanno prese con le molle; mi riferisco
all'elenco dei sodali, delle famiglie massoniche, o delle
logge massoniche, elenco sicuramente manomesso, comunque
lacunoso.
   Il settore dove le carenze sembrano più palmari, più
evidenti, è quello della conoscenza dei meccanismi e dei
centri di accumulazione mafiosa della ricchezza. Proprio la
mancata conoscenza di tali meccanismi e di tali centri ha
portato a violare principi costituzionali che l'Alta corte non
poteva non ribadire. Da parte nostra, tuttavia, non lamentiamo
certo la sentenza della Corte, il che sarebbe a mio giudizio
sbagliato, bensì l'incapacità delle strutture investigative
dello Stato di perseguire gli illeciti arricchimenti nel
rispetto dei principi del diritto. Da qui, come ha giustamente
                        Pag. 3582
osservato il collega Bargone, l'urgenza di una migliore
attrezzatura culturale degli organi dello Stato al fine di
migliorare la conoscenza di un settore che è essenziale,
fondamentale. Nel caso in cui lo Stato non si fornisse di
questi strumenti adeguati, esso stesso sarebbe costretto a
confrontarsi con le bande criminali in termini tali da
portarlo talora a violare alcuni principi fondamentali del
diritto, cosa appunto che la Corte costituzionale ha fatto
bene a sottolineare.
   Un altro elemento che il presidente ha giustamente notato
riguarda il ritardo nella celebrazione dei processi.
L'onorevole Violante ha giustamente affermato che se non si
celebreranno celermente tali processi si rischierebbe di
vanificare il lavoro fino ad ora compiuto, diffondendo così un
grave fenomeno di entropia che finirebbe con il trasformarsi
in una notte hegeliana.
   Detto questo esprimo, a nome del mio gruppo, una
valutazione positiva sulle relazioni presentate, una
valutazione che si riferisce sia alle ottime analisi
orizzontali che sono state compiute (mi riferisco allo studio
della diffusione territoriale dei fenomeni osservati) sia alle
complete analisi verticali, ossia allo studio della
penetrazione sociale, della stratificazione sociale del paese
tenendo conto dei diversi settori in cui i fenomeni criminali
si sono manifestati. Penso, ad esempio, all'ottima relazione
del collega Grasso.
   Più in generale ritengo che tutti i documenti elaborati
dalla Commissione facciano giustizia di molta inutile
letteratura giornalistica e sociologica che in questo
trentennio si è prodotta nel nostro paese senza alcuna utilità
in ordine alla lotta al fenomeno mafioso. Al contrario, i
materiali prodotti dalla Commissione costituiscono un
contributo a mio giudizio storico in ordine a tale lotta.
  GIOVANNI FERRARA SALUTE. Vorrei confermare in questa
sede il giudizio positivo sul lavoro compiuto dalla nostra
Commissione che si traduce nella stesura delle relazioni al
nostro esame. Mi sembra inutile ora entrare in particolari,
anche perché nel corso degli ultimi due anni abbiamo
lungamente discusso la maggior parte degli aspetti della
questione. E' importante però che in tali relazioni siano
indicate possibili soluzioni dei problemi che restano ancora
irrisolti e dei possibili percorsi per il futuro Parlamento ed
i futuri Governi.
   Per quanto riguarda il punto delicato rappresentato dalla
celebrazione dei processi (in pratica il primo punto dei tre
indicati nella relazione finale) vorrei lasciare nei verbali
una mia considerazione. Per moltissimi anni vi fu latitanza
legislativa e di intervento pratico, un atteggiamento quasi di
indifferenza delle massime istituzioni (Parlamento e Governo)
nei confronti della criminalità organizzata che andava
cambiando e si andava rafforzando e strutturando in maniera
catastroficamente grandiosa. In pratica ci si è resi conto che
questa indifferenza corrispondeva in parte alla latitanza
dello Stato, in parte ad una carenza culturale, ma
quest'ultima non è mai casuale perché se uno ha curiosità di
approfondire qualcosa lo può fare liberamente. Probabilmente
la classe dirigente e il Governo non avevano curiosità per
questo problema e di conseguenza non se ne occupavano, con la
conseguenza che ancor oggi soffriamo alcuni fenomeni.
   Dobbiamo però dire chiaramente che se il futuro Parlamento
e i futuri Governi non si occuperanno subito del problema dei
processi e di quello di riforma del codice, l'osservatore
politico o parlamentare che rimarrà al di fuori di queste cose
avrà diritto di pensare che ciò non si fa perché non lo si
vuole fare o perché manca l'interesse. Abbiamo detto che in
passato è mancato l'interesse (e questo è stato colpevole), ma
se nel prossimo anno non si saranno assunti seri provvedimenti
che permettano di celebrare tutti i processi di mafia, di
camorra, di 'ndrangheta, nonché di Tangentopoli, vorrà dire
che nella vita italiana vi sarà ancora qualcosa che ostacola
l'interesse e quindi la volontà di risolvere questi problemi.
   Da questa relazione e dal complesso del lavoro svolto si
ricava che vi è stata una latitanza che deve assolutamente
                        Pag. 3583
finire. Credo quindi che il messaggio, nonostante appaia
moderato, o evasivo, sia in realtà molto forte per chi vuole
capire queste cose. Non è tale invece per chi non vuole
intendere il messaggio. Sarebbe inutile fare nomi e cognomi,
in quanto la gente resterebbe ugualmente indifferente, anzi lo
sarebbe di più col pretesto che vi sono di mezzo persone, che
non è corretto parlare in un certo modo. Se vogliamo però
indurre gli italiani, la futura classe politica a non
occuparsi di queste cose, diamo alle questioni un accento
molto livido, minaccioso, sinistro, saranno certamente buttate
nel cestino. Solo agendo seriamente potremo sperare di
pervenire in qualche modo alla soluzione dei problemi.
  ALBERTO ROBOL. Credo in questa sede di rappresentare
solo il gruppo DC-partito popolare, quindi a nome di esso
esprimo un giudizio positivo sia sulle relazioni al nostro
esame, sia in ordine al lavoro svolto in questi due anni di
attività della Commissione. Ritengo che la prossima
legislatura sia fondamentale per risolvere i problemi
dell'ordine pubblico, in quanto l'attuale è caduta in una fase
del nostro paese estremamente contraddittoria. Ritengo anzi
che la Commissione antimafia con la sua attività abbia
determinato in qualche misura la fine anticipata delle
istituzioni, avviando un lavoro che dovrà essere continuato
nella prossima legislatura.
   Il collega Cabras ha poc'anzi giustamente sottolineato che
vi è molta carne al fuoco e che il lavoro che ci attende nei
prossimi anni sarà estremamente importante, anche per
garantire credibilità a quanto compiuto in questi anni sia
attraverso gli elementi acquisiti nelle varie procure
nazionali sia attraverso le singole relazioni. Dobbiamo
inoltre riconoscere che si è compiuto un notevole salto di
qualità sul piano della produzione del lavoro e da questo
punto di vista credo sia giusto rilevarne tutta la positività.
Mi auguro che nella prossima legislatura vi sia la stessa
intenzionalità nel portare avanti il lavoro. Personalmente
qualche preoccupazione l'ho avvertita quando mi sono reso
conto che i più ricercati nelle liste sono i magistrati ed i
giornalisti. Mi è venuto quindi il terribile sospetto che
qualcosa forse non quadri. Sta alla prossima legislatura
mantenere aperto in termini reali, veri e democratici il
problema del rapporto magistratura-politica, soprattutto alla
luce della cattiva politica e, mi auguro, della non cattiva
giustizia.
Deliberazione sui criteri di pubblicazione di atti e
documenti formati o acquisiti dalla Commissione.
  PRESIDENTE. Prima di procedere al voto finale, avverto i
colleghi che è stato distribuito lo schema di deliberazione
per la pubblicazione degli atti della Commissione antimafia.
Si tratta di un atto importante in quanto serve a rendere
pubblici i lavori della Commissione. Sostanzialmente segue le
tracce tradizionali di questo tipo di documenti con una
maggiore chiarezza, aggiungendo il meccanismo
dell'informatizzazione degli atti, meccanismo da noi seguito e
che ha dato un risultato estremamente positivo. Do pertanto
lettura di tale documento.
   "La Commissione stabilisce di rendere pubblici:
     a) i resoconti stenografici, ove siano stati redatti,
delle riunioni della Commissione, dell'Ufficio di Presidenza e
dei gruppi di lavoro con la partecipazione di soggetti
esterni, ad eccezione di quelle (o delle parti di quelle)
sottoposte a vincolo di segreto, finché questo permane, o di
cui i soggetti ascoltati abbiano fatto richiesta di uso
riservato;
     b) i resoconti stenografici delle riunioni svolte da
delegazioni della Commissione nel corso di missioni esterne,
ad eccezione di quelle (o delle parti di quelle) sottoposte a
vincolo di segreto, finché questo permane, o di cui i soggetti
ascoltati abbiano fatto richiesta di uso riservato;
                        Pag. 3584
     c) i documenti inviati alla Commissione alla data
dell'ultima seduta, o comunque da essa richiesti, ad eccezione
di:
       1 - atti e documenti attinenti a procedimenti
giudiziari nella fase delle indagini preliminari, finché
permangono le ragioni della segretezza, in relazione allo
stato del procedimento;
       2 - atti formalmente classificati (da riservato in su)
dall'autorità amministrativa o di governo che li ha trasmessi,
finché permane la classificazione, o dei quali l'autorità
originatrice abbia raccomandato l'uso riservato;
       3 - atti su cui la Commissione ha posto il segreto
funzionale;
       4 - documenti anonimi o apocrifi;
       5 - atti provenienti da privati (persone fisiche ed
associazioni) che abbiamo fatto richiesta di uso riservato;
       6 - documenti inviati da soggetti privati (persone
fisiche ed associazioni), il cui contenuto non è direttamente
connesso a settori di indagini condotte dalla Commissione e su
cui la Commissione non abbia assunto alcuna iniziativa.
  La Commissione stabilisce altresì di rendere pubbliche
le registrazioni su nastro magnetico delle riunioni con
soggetti esterni di cui non sia stato redatto resoconto
stenografico, ad eccezione di quelle (o delle parti di quelle)
sottoposte a vincolo di segreto, finché questo permane, o di
cui i soggetti ascoltati abbiano fatto richiesta di uso
riservato.
   La pubblicazione dei resoconti di cui alle lettere a) e
b), degli atti formati dall'autorità giudiziaria, da organi di
polizia giudiziaria, da autorità amministrative o di governo,
nonché delle registrazioni su nastro magnetico, sarà preceduta
in ogni caso da un controllo sull'esistenza o sul permanere di
eventuali vincoli di segretezza o ragioni di riservatezza.
   La Commissione stabilisce che gli uffici di segreteria
diano corso alla presente deliberazione e curino la
pubblicazione degli atti anche con mezzi informatici, secondo
quanto già deliberato dalla Commissione. A tal fine, gli
uffici potranno richiedere ulteriore copia su supporto
magnetico-elettronico degli atti acquisiti ai soggetti che li
hanno trasmessi.
   Fermo restando il regime di pubblicità proprio di ciascun
atto, la Commissione dispone la informatizzazione anche degli
atti e dei documenti non destinati alla pubblicazione, ad
eccezione dei documenti di segreteria.
   La Commissione stabilisce che gli uffici provvedano
altresì a completare l'attività di informatizzazione della
documentazione raccolta dalla Commissione antimafia istituita
nella X legislatura e descritta alla lettera d) della delibera
della stessa Commissione del 15 aprile 1992, nel rispetto
delle determinazioni da essa assunte sulla segretezza di
alcune categorie di atti.
   La Commissione stabilisce che siano in ogni caso
pubblicati a stampa, in appositi fascicoli, i resoconti
stenografici delle sedute della Commissione stessa, le
relazioni al Parlamento, e un indice generale di tutti gli
atti prodotti o acquisiti dalla Commissione, con indicazione
del regime di accesso e delle modalità di pubblicazione di
ciascuno di essi.
   Agli uffici di segreteria resta altresì affidato il
compito della custodia degli atti e dei documenti depositati
nell'archivio della Commissione fino alla completa
pubblicazione e informatizzazione degli stessi.
   La Commissione raccomanda che l'archivio della
Commissione, in forma cartacea o informatica, sia tenuto a
disposizione della Commissione antimafia che potrà essere
eventualmente istituita nella nuova legislatura, affinché essa
sia in grado, ove lo ritenga, di acquisirlo tempestivamente.
   La Commissione raccomanda altresì che per il futuro
l'accesso al proprio archivio, per la parte resa pubblica, da
parte dei parlamentari, giornalisti, studiosi, cittadini, sia
garantito nelle stesse forme e con la stessa ampiezza
assicurate dalla Commissione nel corso dei suoi lavori.
                        Pag. 3585
Auspica anche che sia valutata la possibilità di un
riversamento dell'archivio informatizzato, per la parte resa
pubblica, nelle banche dati delle Camere. Auspica altresì che
sia valutata la possibilità di predisporre raccolte su
supporto informatico di gruppi di atti e documenti pubblici
sugli argomenti oggetto delle sue relazioni al Parlamento,
anche ai fini della distribuzione esterna.
   Fino al compimento dell'attività conseguente
all'esecuzione della presente delibera, e non oltre il 31
dicembre 1994, l'attività stessa sarà svolta con il supporto
dei collaboratori a tempo pieno della Commissione, ai sensi
dell'articolo 25-decies della legge istitutiva".
  Pongo in votazione lo schema di deliberazione di cui ho
testé dato lettura.
(E' approvato).
  Avverto la Commissione che è stato distribuito un
elaborato statistico che non riguarda nomi bensì alcune logge
massoniche. Proporrei di allegarlo alla relazione conclusiva
in quanto rappresenta un dato che prova la necessità della
chiarificazione all'interno delle obbedienze massoniche.
   Pongo in votazione la mia proposta.
(E' approvata).
                Si riprende la discussione
               della relazione conclusiva.
  PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Commissione ha
lavorato per ben sedici mesi e vorrei ringraziarvi molto del
contributo fornito da tutti i gruppi. Il dissenso, anche
quando è violento, in politica è elemento essenziale, serve
per comprendere meglio i limiti di ciascuno di noi. Credo
inoltre che abbiamo tutti il dovere di ringraziare i
funzionari di questa Commissione e gli uffici di segreteria i
quali hanno svolto un lavoro straordinario che non ha eguali
nel lavoro parlamentare per dedizione, spirito di sacrificio,
competenze e qualità professionali. Mi riferisco anche ai
collaboratori della Commissione, dal capitano De Bonis al
tenente Pizzurro, alla signora Torres, al colonnello
Palmerini, ai magistrati Cottone, Di Lello e Pocci, ai
collaboratori del Nucleo della Guardia di finanza a
disposizione delle Commissioni d'inchiesta, a tutti coloro che
hanno collaborato con noi (mi auguro di non essermi
dimenticato di nessuno).   Ricordo poi che è purtroppo mancato
improvvisamente, giorni addietro, il dottor Donato Campagna,
capo dell'Ufficio autorizzazioni a procedere e inchieste
parlamentari, nostro prezioso collaboratore. Proporrei di
inviare, a nome della Commissione, una lettera alla vedova.
Sarebbe non solo un gesto umano, ma anche un segno tangibile
del contributo e del lavoro da lui svolto.
   Per quanto riguarda il merito dei contributi offerti dai
colleghi, con riferimento alla questione della responsabilità
politica per la 'ndrangheta pregherei il collega Tripodi, che
l'ha posta, di riflettere su un punto: proprio la condizione
di prorogatio nella quale ci troviamo ho l'impressione
che ci impedisca di approfondire un tema che pure è
indispensabile, lo so bene, ma che ci porterebbe ad esprimere
giudizi e valutazioni politiche che, pur necessari, non
possiamo fare in questi termini.
   Invece, se i colleghi sono d'accordo, integrerei la
relazione con il passaggio sul Mezzogiorno, che è
importantissimo.
   Sia il collega Imposimato sia, per altro aspetto, il
collega Florino hanno posto il problema dei magistrati e
ritengo che si possa avere il quadro della situazione. Gli
uffici hanno infatti compiuto un lavoro di indagine sulla
permanenza in sede dei magistrati per comprendere come si
svolgano le carriere. Il quadro che ne emerge riguarda
l'Italia in generale, nel senso che non esiste una specificità
meridionale da questo punto di vista, come noi pensavamo, ma è
dato largamente prevalente a livello nazionale che i
magistrati facciano la loro carriera nella loro città. Poiché
                        Pag. 3586
lo avevamo considerato un problema specifico della Calabria,
dobbiamo ora constatare che in realtà non è così ma si tratta
di un problema ampiamente diffuso. Se i colleghi sono
d'accordo, si potrebbe documentare anche questo giudizio: ne
scaturirà per il prossimo Parlamento l'eventuale esigenza di
prevedere la temporaneità degli incarichi e la rotazione al
fine di evitare radicamenti eccessivi nella stessa sede.
   Un punto che non è stato rilevato è che uno dei dati che
hanno qualificato il lavoro della Commissione è costituito
dall'approfondimento della distinzione tra responsabilità
politica e responsabilità penale, che è stato in un certo
senso l'asse sul quale abbiamo lavorato.
   Colleghi, desidero ringraziarvi davvero tutti. Credo che
possiamo farci gli auguri, per noi ma soprattutto per il
paese, per quello che avrà davanti.
   Pongo in votazione la relazione conclusiva, con le
modifiche e le integrazioni accolte nel corso della
discussione.
(E' approvata).
  Rinnovo il ringraziamento a tutti e auguro buon lavoro.
  La seduta termina alle 12,10.

 


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