2.1.1 Schema di un sistema interattivo della comunicazione Il modo di risolvere i problemi della comunicazione distingue quindi le macchine banali costruite dall'uomo dagli organismi in generale e dagli uomini in particolare. A questo punto, allora, introduciamo uno schema "corretto" di un sistema della comunicazione (vedi sotto Figura 2-1). Un sistema della comunicazione è composto da una sorgente che, in base alla sua visione del contesto dipendente dalle sue aspettative, codifica un messaggio scegliendolo tra varie possibilità sue interne (informazione) e poi perturba (ovvero manipola nella forma) il medium (che è una parte dell'ambiente o contesto della comunicazione) che ha in comune con un trasmettitore, il quale ricodifica la perturbazione in un medium differente, comune al ricevitore. Il medium normalmente viene perturbato da altri eventi (disturbi), cosicché la perturbazione del medium del ricevitore avrà una forma diversa da quella impostagli dal trasmettitore. Se trasmettitore e ricevitore sono macchine allopoietiche banali ben costruite per funzionare in coppia, se il medium è adeguato alle forme e se il disturbo è probabilisticamente prevedibile, è possibile ridurre il disturbo a una quantità piccola a piacere. Il ricevitore ricodificherà il segnale ricevuto in un medium comune al destinatario, il quale, in base alla sua visione del contesto dipendente dalle sue aspettative, decodificherà un messaggio scegliendolo tra varie possibilità sue interne (informazione). Alcuni dei termini citati nella definizione qui sopra necessitano di maggiori chiarimenti per il particolare significato che assumono in questo schema. Perturbazione, informazione e aspettativeLa perturbazione non coincide col rumore o il disturbo ma li comprende, e con loro comprende anche percezioni e comunicazioni ben formate. Essa è costituita da un substrato mediale o medium (luce, aria, creta e così via) al quale la sorgente ha dato una certa forma (immagine, suono, scultura, parola, scrittura ecc.) [Luhmann e De Giorgi 1992, 61-68]. Il substrato mediale è una qualsiasi cosa che possa essere manipolata (modellata nella forma) dalla sorgente e che il destinatario possa percepire con i suoi organi di senso. La forma è il modo in cui il substrato mediale viene manipolato, o meglio il risultato della manipolazione che la sorgente fa del substrato stesso (creta modellata in una statua, aria modellata in parole, inchiostro modellato in lettere ecc.). La codifica consiste proprio in questo processo di manipolazione della forma. Che cosa può fungere da perturbazione, dunque? Qualsiasi substrato mediale al quale la sorgente possa dare una certa forma e che il destinatario possa percepire con i suoi sensi. Se si escludono i casi di rumore e disturbo (in cui la perturbazione resta percepibile dal sistema senza però che questi vi riconosca una forma precisa, cioè una cosa o un messaggio), perturbazione vuol quindi dire solo che il medium viene modellato dalla sorgente secondo una certa forma (svolta nello spazio, come ad esempio un quadro o una frase scritta; o nel tempo, come per una frase parlata o una musica) riconoscibile dal destinatario: è quindi un termine astratto che il destinatario può specificare, a seconda dei casi, o come segnale (comunicazione) o come esperienza (non comunicazione). Nel caso della comunicazione, se le regole (codice) tramite cui il medium viene modellato dalla sorgente sono a conoscenza del destinatario, e questi le applica per eliminare informazione dal segnale, allora la comunicazione ha successo al livello B (si ha comprensione) [1] . Il termine informazione invece, indica il fatto che, da una parte la sorgente sceglie (codifica) il messaggio da inviare tra più messaggi per lei possibili, e dall'altra il destinatario lo interpreta (decodifica) tra più messaggi per lui possibili. Quanti più sono i messaggi possibili, tanto maggiore è l'informazione (cioè l'incertezza su quale sia effettivamente il messaggio). Quello che è importante notare qui è che l'informazione, sia come quantità che come qualità, è dipendente da sorgente e destinatario separatamente e non esiste (è indeterminata) al di fuori di essi, cioè non si può quantificare né qualificare l'informazione del destinatario conoscendo solo l'informazione della sorgente o viceversa (a meno di non avere conoscenze, cioè fare ipotesi, aggiuntive): e ciò a rigore vale anche per gli apparati ricetrasmittenti [2] . Una comunicazione quindi non "trasmette" informazione (incertezza) dalla sorgente al destinatario, bensì consiste in un'operazione di riduzione compiuta da sorgente e destinatario ognuno sulla propria incertezza (informazione), operata indipendentemente sia dalla sorgente sia dal destinatario e guidata dalle rispettive aspettative sulle aspettative dell'altro (che costituiscono le ipotesi aggiuntive necessarie a eliminare la propria incertezza). Una comunicazione è ben riuscita quando diminuisce l'informazione (incertezza) del destinatario. Una comunicazione è mal riuscita quando aumenta l'informazione (incertezza) del destinatario. Anche qui vediamo come il trattamento inusuale del termine informazione possa aver contribuito a creare confusione: normalmente infatti si dice che una comunicazione è ben riuscita quando aumenta l'informazione del destinatario, ma in questo caso "informazione" ha il significato di "significato", che è esattamente opposto a quello assunto dalla teoria dell'informazione [Shannon e Weaver 1983, 30]. Per il nostro discorso ci interessano comunque di più gli aspetti qualitativi di quelli quantitativi dell'informazione. Essi riguardano in particolare la novità (inaspettatezza) e l'interpretazione (attribuzione di significato) di un messaggio, entrambi dipendenti dalle aspettative di chi lo riceve.Un messaggio non rappresenta una novità e quindi non ha alcun valore informativo, quando non disconferma alcuna aspettativa del destinatario. Rappresenta invece una novità, ovvero ha valore informativo, quando contraddice le aspettative di chi lo riceve [3] . Tale valore sarà azzerato non appena l'effetto di novità (disconferma delle aspettative precedenti) verrà o assorbito dal sistema di aspettative del destinatario o isolato da esso come "caso eccezionale". L'interpretazione è proprio quel processo mediante il quale viene eliminata la novità del messaggio, riportandolo al sistema di aspettative (consolidandole o mutandole) o isolandolo simbolicamente (quando non si vuole mutare il sistema di aspettative o non si riesce a tradurre l'evento in una aspettativa chiara). L'ambiente o contestoIl concetto di ambiente o contesto si è evoluto da elemento oggettivo e indipendente, agente in modo coercitivo sui partecipanti a una comunicazione, a situazione dipendente dagli stessi partecipanti alla comunicazione. Quest'ultima trasformazione è stata operata in modo particolare dall'etnometodologia e dall'interazionismo simbolico. La trasformazione più recente del concetto [vedi ad esempio Mantovani 1995] tenta di evitare le persistenti ambiguità nella sua definizione, derivanti dalle due opposte unilateralità consistenti nel reificare il contesto (variabile indipendente dagli individui) o nel mentalizzarlo (variabile dipendente dagli individui), proponendo che si specifichi di quale sistema di riferimento si tratta quando si parla di un determinato contesto, ovvero si risponda alla domanda: "è il contesto di quale sistema?". Ad ogni sistema di riferimento corrisponde infatti un diverso contesto (ambiente). Per quanto riguarda la comunicazione, i fondamentali sistemi di riferimento sono di due tipi: gli individui che partecipano alla comunicazione e il sistema di comunicazione stesso. Ogni individuo partecipante è quindi nel suo proprio contesto (ogni operatore nel suo proprio sistema), che dipende, a parte gli aspetti fisici e biologici dell'interazione, da ciò che della storia delle sue interazioni col mondo fino a quel momento, compresa la socializzazione, resta come sua organizzazione nel momento attuale: in breve, dipende dalle sue disposizioni psichiche attuali. Il sistema della comunicazione (ciò che di fatto si realizza come comunicazione) a sua volta dipende dalla storia delle sue interazioni (concretizzata come aspettative che si sono realizzate, ad esempio "capitale" nell'economia) e avrà nel proprio ambiente gli individui singoli. Distinguendo bene le referenze, si possono conciliare meglio le opposte affermazioni teoriche secondo le quali da una parte sono gli individui che dipendono dal contesto (condizionamento sociale), mentre dall'altra è il contesto della comunicazione che dipende dagli individui, che possono cambiarlo ridefinendo la situazione [4] . Si tratta in pratica semplicemente di due diversi punti di riferimento dell'osservazione. Nei fatti poi, è facile constatare che entrambe le cose di norma accadono contemporaneamente: è sempre un'individuo che dà inizio a una comunicazione, ma per farlo deve dare per scontate comunicazioni precedenti, e d'altronde non può determinare del tutto come si svilupperà la comunicazione stessa (in particolare nel caso di conversazioni lunghe e a tema libero). Caratterizzato nel modo più chiaro possibile, il contesto di un sistema non è altro che il correlato preciso di tutte le sensibilità del sistema considerato, ovvero di tutto ciò a cui il sistema, date le sue strutture, si sensibilizza (o, al passivo, è sensibilizzato). Inteso nel senso più astratto possibile, esso coincide quindi con ciò che per quel sistema è il mondo. Dentro a questo mondo così costituito, si possono poi ritagliare contesti più particolari ed operativamente più "usabili", per i quali valgono aspettative diverse (la propria casa, il luogo di lavoro, il barbiere, il cinema ecc.). Ma qual è il ruolo del contesto nel processo della comunicazione? Quello di preselezionare le possibilità di comunicazione attuale senza poterle determinare univocamente, ovvero di presentare come preferibili alcune possibilità della comunicazione (soprattutto su cosa è sensato comunicare in quel contesto e in che modo esprimersi), presentando le alternative o come insensate (ad es. non si chiede a un medico come tale di venderci un etto di prosciutto) o (nel caso siano sensate) come sconvenienti (minaccia di sanzioni o pericolo di svantaggi), senza però poter eliminare del tutto la possibilità che vengano scelte. Possibilità che vale in particolare nel caso delle sconvenienti, poiché essendo sensate hanno almeno la chance di potersi ricollegare in un modo comprensibile alle aspettative "ortodosse" negandole puntualmente e permettendo così alla comunicazione di continuare o respingendo la deviazione o accettandola come premessa per future comunicazioni. Le alternative che non riescono a presentarsi come sensate vengono invece eliminate perché comunque non possono essere messe alla base di future comunicazioni (non creano aspettative) [5] . Tutto ciò determina la struttura del sistema della comunicazione e le potenzialità della sua evoluzione futura (dato appunto che le nuove aspettative devianti sono ricollegabili alle vecchie ortodosse). Il ruolo degli individui nella determinazione di tutto ciò è questo: in base alla propria conoscenza del contesto (di che tipo di situazione si tratta, quali sono le caratteristiche degli interlocutori ecc.), si fanno un'idea di che cosa si possono aspettare che in quella situazione gli altri si aspettino da loro, cioè di quali sono le alternative sensate della situazione e quali quelle non sensate, e lo fanno in modo del tutto indipendente tra loro (il che non significa che non facciano uso di eventuali esperienze comuni precedenti). Il sistema della comunicazione, che ha nel suo contesto le aspettative degli individui, da parte sua si realizzerà in base al modo in cui le varie aspettative degli interlocutori saranno man mano soddisfatte o meno (e in modo particolare in base a quali aspettative, devianti o meno, riusciranno ad essere affermate tra tutte quelle dei partecipanti all'interazione; il che dipende da, e contemporaneamente influenza la, struttura momento per momento del sistema della comunicazione), influenzando il successivo sviluppo dell'interazione. Il ruolo del contesto è quindi, in breve, quello di prestrutturare le possibilità di comunicazione che sono date, e in particolare di aumentare (non, rendere certa) la probabilità di scelta di certi messaggi e di certi significati piuttosto che di altri, senza perciò annullare del tutto le probabilità alternative, ma mantenendole nello sfondo dell'interazione attuale [6] . Perché ciò possa avvenire, è necessario da una parte che i contesti siano segnalati in un modo che sia concretamente percepibile e che comunque si possa dare per scontato sia comprensibile, dall'altra che i soggetti posseggano la competenza sociale adeguata a riconoscere le situazioni in cui si trovano [Slama-Cazacu 1973; Ricci Bitti e Zani 1983, 44 ss.; Luhmann e De Giorgi 1992, 37].
[1] Poiché non ci può
essere trasmissione del codice da uno all'altro interlocutore, si può
solo presupporre che sorgente e destinatario adoperino codici uguali,
poiché entrambi devono per forza "passare" per i propri
codici se vogliono comunicare o fare esperienze, non avendo mai accesso
diretto al codice altrui. Il codice della sorgente viene infatti
ricostruito dal destinatario in base alle proprie aspettative e alla
propria visione del contesto. A ciò corrisponde, come già aveva fatto
notare Weaver [Shannon e Weaver 1983, 3],
un problema fondamentale della comunicazione, valido per uomini e
macchine indistintamente. Esso è dato dal fatto che non è teoricamente
possibile dimostrare in un tempo finito che un messaggio inviato dalla
sorgente sia stato compreso dal destinatario. Non è infatti sufficiente
a tal fine che il destinatario, a una richiesta della sorgente, affermi
di avere capito il senso del precedente messaggio. Potrebbe infatti
semplicemente sbagliarsi nel ritenere di aver capito; oppure potrebbe
non aver capito l'ultima richiesta, il che non è altro che la
trasposizione all'istante successivo del medesimo problema fondamentale.
E' proprio questa inevitabile continua trasposizione a far sì che la
comprensione del messaggio da parte del destinatario non sia accertabile
tramite richieste e invii di conferme. Con tale metodo infatti
bisognerebbe sempre chiedere conferma anche della comprensione della (di
volta in volta) ultima richiesta di conferma, all'infinito. La non
accertabilità naturalmente vale nel senso di una certezza assoluta
della comprensione, e non di una certezza che potremmo definire
"pragmatica", altrimenti si dovrebbe avere una sfiducia nelle
possibilità della comunicazione di superare i problemi di livello A e B
molto superiore di quanto sarebbe giustificato avere, data la relativa
esiguità dei casi di effettivo fallimento. Siamo perciò d'accordo con
Weaver nel ritenere che questa difficoltà, pur mai eliminabile, si può
ridurre in termini tollerabili tramite "spiegazioni" che
<<(a) non sono (...) che approssimazioni rispetto alle idee che
vengono esposte, ma che (b) sono comprensibili dal momento che sono
formulate in un linguaggio reso precedentemente chiaro mediante mezzi
operazionali>> [ibidem].
Questa concezione "probabilistica" della comprensione è di
profonda importanza teorica e ha portata interdisciplinare: ad esempio,
nella sociologia riguarda i problemi dell'intersoggettività
(superamento della doppia contingenza), nell'ingegneria il giusto
dimensionamento delle ridondanze dei controlli nei sistemi di
comunicazione. Come nel caso, del tutto analogo, della trasformazione di
ipotesi teoriche in ipotesi operative per la verifica empirica, anche
per la comunicazione vale il fatto che eccessive pretese di verifica
della conformità della comprensione del destinatario a quanto inteso
dalla sorgente sono solo un appesantimento per la comunicazione. Anche
queste verifiche infatti possono essere solo operative. Ci si ferma
quindi di solito a uno o pochi controlli. Anche se la soluzione di
questo problema della comunicazione al livello B (semantica) non è
determinabile con certezza, si possono comunque elaborare tutta una
serie di strategie di verifica operativa, tra cui molto comuni sono
l'osservazione contestuale di indizi non verbali, il controllo
dell'efficacia di un messaggio come indizio della sua comprensione, e in
casi limite, la richiesta al destinatario di ripetere interamente il
messaggio ricevuto. Torna Su
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