Economia e finanza in rete
Internet banking, trading on-line, e-commerce, net
stocks... sono alcuni dei termini (e molti altri se ne
potrebbero aggiungere) entrati nel linguaggio quotidiano e
legati a un settore ormai divenuto strategico per le
istituzioni finanziarie nazionali e internazionali, per i
governi, ma anche per i singoli cittadini risparmiatori e
investitori: quello della new economy, o - ancor più
esplicitamente - della net economy.
In questo capitolo cercheremo di delinearne brevemente
alcune fra le caratteristiche principali, rivolgendo una
particolare attenzione agli sviluppi degli ultimi mesi. Per
farlo, però, è opportuno partire da un interrogativo di
fondo: perché gli sviluppi della telematica - e in
particolare l'esplosione del fenomeno Internet - hanno avuto
conseguenze così dirette e rilevanti anche in campo economico
e finanziario?
Per rispondere a questo interrogativo, occorre per prima
cosa avere ben chiara la caratteristica fondamentale di una
rete telematica: quella di rappresentare uno strumento
estremamente efficiente (in termini di costi, accessibilità,
velocità, semplicità d'uso) per la trasmissione e la
condivisione a distanza di grandi quantità di informazione.
Ora, qualunque transazione economica - dalla vendita di un
bene alla stipula di un contratto, dalla concessione di un
finanziamento all'acquisto di strumenti di investimento, dal
versamento su conto corrente all'emissione di un bonifico - è
anche una transazione informativa, presuppone
l'acquisizione e lo scambio di informazioni.
Il fatto che queste informazioni tendano spesso a
'fissarsi' su un supporto materiale può far talvolta
dimenticare la componente informazionale dell'operazione
svolta. Se acquisto un biglietto di aereo o di treno, posso
pensare in prima istanza - ma solo in prima istanza - che i
soldi che ho speso siano serviti a comprare il rettangolino di
carta che tengo in mano al momento dell'imbarco. Ovviamente
non è così: i soldi sono serviti a pagare il servizio
rappresentato dal trasporto sull'aereo o sul treno. Il
biglietto, tuttavia, ha una sua funzione: informa
l'addetto all'imbarco che il pagamento è stato effettuato e
che ho dunque diritto a ricevere il relativo servizio. Non a
caso, il biglietto è anche chiamato titolo di viaggio.
In maniera analoga, ogni strumento finanziario possiede un
proprio volto informazionale, che ne rappresenta anzi di norma
la componente fondamentale. La banconota che porgiamo al
negoziante non è accettata per il suo valore intrinseco, ma
perché ne è riconosciuta l'efficacia rappresentativa e
informazionale - un riconoscimento che a ben guardare
presuppone un vero e proprio 'accordo linguistico' all'interno
della comunità.
Naturalmente in molti casi lo scambio di beni fisici, di
oggetti, resta fondamentale: se devo comprare qualcosa da
mangiare, o un vestito, alla transazione informativa deve
accompagnarsi una transazione fisica. Anche in questo caso,
tuttavia, la transazione informativa - ovvero lo scambio di
informazioni - conserva un proprio ruolo: perché io possa
portarmi a casa il bene acquistato, occorre che lo abbia
scelto e che lo paghi. Così come occorre che il venditore
conosca la mia intenzione di acquisto, e riconosca la
validità dello strumento di pagamento da me utilizzato.
Riflettendo su queste considerazioni, ci accorgeremo che le
transazioni economiche e commerciali possono dividersi a
grandi linee in due categorie: quelle che possono
integralmente risolversi in uno scambio di informazioni, senza
che quest'ultimo debba essere necessariamente affiancato dal
passaggio di mano di oggetti fisici, e quelle che richiedono sia
uno scambio di informazioni, sia un passaggio di mano
di oggetti fisici.
Nel primo caso, Internet e - più in generale - gli
strumenti informatici e telematici possono costituire il vero
e proprio spazio della transazione. È quanto avviene
ad esempio nel caso dell'Internet banking o del trading
on-line: se desidero consultare un estratto conto,
effettuare un bonifico, acquistare un'azione, posso farlo
'spostando' solo informazione, senza bisogno di spostare
oggetti fisici. Da tempo, del resto, la regolazione di conti
fra banche avviene proprio attraverso uno scambio informativo
di questo genere, ovvero lo scambio di scritture contabili.
Internet allarga lo spazio informativo all'interno del quale
possono svolgersi simili transazioni, da un lato rendendolo
globale, dall'altro arrivando a includervi i singoli
investitori e risparmiatori. Un allargamento per certi versi 'naturale',
ma che porta con sé importanti conseguenze, aprendo nuovi
orizzonti e nuovi problemi.
Prima di soffermarsi su questi aspetti, è bene ricordare
che nel primo dei due casi che abbiamo distinto rientra anche
tutta una serie di transazioni commerciali relative alla
vendita di beni e servizi non finanziari: la vendita di un
biglietto di viaggio, ad esempio, o quella di un programma per
computer, ma anche la vendita di un libro, di un disco o di un
film, nel momento in cui la tecnologia permetta di 'sganciare'
il testo del libro, la musica del disco o le immagini e la
colonna sonora del film dal supporto fisico rappresentato dal
volume a stampa, dal CD o dalla videocassetta. In altri
termini: nell'era - non lontana - del libro elettronico e
dell'audio e video on-demand, anche l'acquisto di un testo, di
un brano musicale o di un filmato potranno essere ricondotti a
un puro scambio informativo, e avvenire dunque integralmente
nello spazio informativo della rete.
Internet, tuttavia, può avere un ruolo importante anche
nel secondo caso, quello rappresentato dalle transazioni
commerciali relative a oggetti fisici, fornendo lo spazio
all'interno del quale può aver luogo lo scambio informativo
che accompagna la transazione fisica. È il caso della
maggior parte di siti per il commercio elettronico, o e-commerce:
la vendita on-line di libri, dischi e videocassette (intesi
come oggetti fisici), di computer ed elettrodomestici di ogni
genere, di vestiti, di prodotti alimentari, e così via. In
questi casi la scelta del bene, l'acquisizione di informazioni
sul suo prezzo, la disposizione d'acquisto, il pagamento,
l'indicazione delle modalità di spedizione e dell'indirizzo
presso il quale recapitare quanto si è acquistato, sono tutte
operazioni possibili via rete; il trasferimento fisico del
bene acquistato, invece, dovrà ovviamente avvenire, per usare
la fortunata metafora suggerita da Nicholas Negroponte, nel
mondo degli atomi e non in quello dei bit.
Abbiamo distinto fra transazioni esclusivamente
informative, e transazioni costituite da una componente fisica
e una componente informativa. Per comprendere meglio le
caratteristiche proprie della rete Internet come strumento per
lo svolgimento di transazioni economiche e commerciali occorre
tuttavia introdurre un'altra differenziazione, e fare
conoscenza con due sigle dall'apparenza un po' criptica: B2B e
B2C.
La sigla B2B abbrevia, utilizzando una convenzione
ormai abituale che vede l'utilizzazione della cifra '2' al
posto dell'inglese 'to', l'espressione 'Business to Business',
che potremmo provare a tradurre come 'dall'impresa
all'impresa'. Appartengono alla sfera del B2B tutte le
transazioni e gli scambi che coinvolgono solo le imprese e non
l'utente finale: ad esempio l'acquisto di materie prime
indispensabili alla produzione, l'acquisto di servizi
specificamente indirizzati al mondo dell'impresa, il commercio
all'ingrosso, e così via.
Con la sigla B2C (abbreviazione di 'Business to
Consumer', ovvero 'dall'impresa al consumatore') si indicano
invece le vendite dall'azienda all'utente finale: commercio al
dettaglio, vendita di beni e servizi indirizzati ai singoli
utenti.
Per capire meglio la differenza, proviamo a fare un esempio
concreto: un'agenzia viaggi vende all'utente finale (il
singolo turista) viaggi organizzati, biglietti, prenotazioni
alberghiere, ecc., ma ha a sua volta bisogno di comprare dagli
operatori del settore pacchetti vacanze da rivendere, servizi
da erogare ai propri clienti, e magari l'accesso a banche dati
specializzate. Nel primo caso, abbiamo a che fare con
transazioni B2C: l'agenzia vende i propri servizi ai singoli
clienti. Nel secondo, con transazioni B2B: l'agenzia acquista
servizi 'all'ingrosso' da altre aziende del settore.
Dato che il valore medio delle transazioni B2B è
ovviamente più alto di quello delle transazioni B2C, e dato
che le aziende dispongono in genere di maggiori mezzi
finanziari e di strumenti informatici più potenti e avanzati
di quanto non avvenga nel caso degli utenti privati, nonché
di un maggiore interesse nell'abbassare i costi
dell'intermediazione, non stupisce la concorde previsione (in
parte già suffragata dai dati) secondo la quale nei prossimi
anni il mercato B2B avrà in rete un valore assai superiore a
quello B2C.
Figura 14 Un portale B2B legato al commercio e alla
lavorazione di tutti i generi di pietra: un esempio curioso -
fra i molti possibili - dei servizi B2B disponibili in rete
Sulla base di queste considerazioni, il numero di portali e
servizi B2B offerti sul Web è cresciuto negli ultimi anni a
un tasso accelerato. Parallelamente, il valore delle azioni
delle compagnie che hanno creato siti o offerto servizi per il
B2B di rete ha conosciuto anch'esso una rapidissima crescita.
È tuttavia legittimo domandarsi in che misura le
prospettive di favolosi guadagni economici collegati al mondo
del B2B su Internet potranno realmente essere soddisfatte.
Intendiamoci: non sono qui in questione né l'immensa
importanza economica del mercato B2B, né l'utilità della
rete come veicolo privilegiato (perché più veloce, versatile
ed economico) per questo tipo di transazioni. Il punto in
questione è quale sia il valore economico specifico della
'intermediazione di rete'.
Per comprendere i termini esatti di questo interrogativo,
ricordiamo che una transazione B2B in rete ha in genere tre
protagonisti: l'azienda che compra, l'azienda che vende e il
servizio o portale che le mette in contatto. I primi due
protagonisti hanno ovviamente interesse a pagare i costi di
intermediazione più bassi possibile (e avrebbero lo stesso
interesse qualunque fosse il canale di comunicazione
utilizzato per concludere l'affare: incontri fisici, telefono,
fax...). A meno che la transazione non sia specificamente una
transazione informativa, per le due aziende che concludono
l'affare Internet rappresenta in primo luogo uno strumento di
comunicazione: la transazione economica riguarda innanzitutto
i beni e i servizi che vengono scambiati, non l'uso della
rete.
Se Internet rappresentasse solo uno strumento di
comunicazione, tuttavia, pensare che i portali B2B in rete
possano sperare in guadagni astronomici come compenso per i
servizi offerti non sarebbe molto più logico dello sperare
che un'azienda telefonica possa arricchirsi facendo pagare una
'tassa' specifica su ogni affare concluso per telefono.
Fortunatamente per le previsioni economiche del settore,
tuttavia, i servizi B2B in rete non offrono solo un canale di
comunicazione fra imprese, ma offrono - o dovrebbero offrire -
anche servizi dotati di un valore aggiunto specificamente
informativo: ad esempio la capacità di aiutare
nell'identificazione dell'azienda più adatta per un certo
tipo di fornitura, la capacità di seguire e garantire le
transazioni finanziarie che accompagnano lo scambio, e così
via. Il valore economico di questi servizi (che vengono
offerti naturalmente all'interno di un mercato competitivo, e
sono dunque soggetti alle dinamiche di prezzi tipiche del
mercato) è difficile da stabilire, sia perché l'esplorazione
delle possibilità aperte in questo campo dalla rete è stata
avviata solo negli ultimissimi anni ed è ancora in fase
embrionale, sia perché, più in generale, i meccanismi
attraverso cui vengono a stabilirsi il valore e il prezzo di
un bene informativo sembrano essere più complessi e di più
difficile analisi di quanto non accada nel caso delle merci
fisiche. Tuttavia, è soprattutto in quest'ambito, relativo
all'offerta di 'valore aggiunto' informativo, che i servizi di
'intermediazione di rete' dovranno muoversi se vorranno
soddisfare almeno in parte le aspettative (in molti casi
probabilmente eccessive) delle schiere di investitori che si
sono lanciati negli ultimi due anni sulle azioni del settore,
e che hanno spesso già pagato il prezzo di un entusiasmo
forse un po' indiscriminato.
Se dovessimo lanciarci in una previsione, suggeriremmo
comunque - soprattutto sul medio-lungo periodo - di guardare
con una certa attenzione anche il campo del B2C, e di non
considerarlo solo (come accade spesso) una sorta di 'parente
povero' del B2B. È nel caso del B2C, infatti, che la rete -
pur se con i tempi necessari a una vera e propria rivoluzione
di molte abitudini d'acquisto - può comportare a nostro
avviso i cambiamenti più radicali. All'utente finale,
infatti, la rete mette a disposizione una libertà di
movimento e di selezione inedita, associata a un taglio deciso
dei costi di intermediazione tradizionalmente associati al
settore della vendita al dettaglio. Per questo motivo,
l'utente finale può sopportare una quota di ricarico sulla
'intermediazione di rete' più alta di quella ipotizzabile in
uno scenario B2B 'evoluto' (ovvero caratterizzato da un
mercato competitivo sviluppato)[ 1
]. Inoltre, è l'utente finale a essere direttamente
coinvolto da molte fra le transazioni puramente informative
(acquisto di testi, audio, video...) alle quali accennavamo
poc'anzi. Infine: è ancora l'utente finale il destinatario
naturale delle campagne pubblicitarie in rete (non
dimentichiamo che il net advertising si sta rivelando
una delle poche fonti di ricavi in un mondo - quello di
Internet - le cui molte promesse di redditività finora sono
state raramente mantenute), campagne associate di norma alla
vendita diretta via Internet di beni e servizi.
Le considerazioni appena svolte suggeriscono che attraverso
la rete non cambi solo il ruolo di chi fornisce beni e
servizi, ma anche (e forse in primo luogo) il ruolo del
consumatore. Non a caso, oltre a modificare profondamente le
caratteristiche di molte tipologie di scambi economici e
commerciali (soprattutto - come abbiamo visto - quando ad
essere coinvolti sono beni e servizi di natura 'informazionale'),
la rete ha riattualizzato su larga scala, e applicato allo
scambio di contenuti digitali, alcuni paradigmi (come il dono
o il baratto) che nel mondo fisico sembravano scomparsi o
relegati a poche situazioni basate su relazioni interpersonali
particolarmente strette. Parlando di libri elettronici e di
protezione dei diritti sui contenuti digitali, avremo
occasione di accennare al fatto che il movimento no
copyright affida proprio a questo tipo di evoluzione la
possibilità di modificare alcuni dei meccanismi di
distribuzione commerciale dell'informazione.
È possibile che questa fiducia negli strumenti di scambio P2P
(un'altra delle molte sigle che stiamo incontrando in questo
capitolo: indica, come il lettore avrà già intuito, gli
scambi diretti da persona a persona) sia eccessiva o mal
riposta. Sicuramente, una rete di scambio di contenuti
digitali basata unicamente su meccanismi P2P presenterebbe
molti problemi. Nonostante la massima solidarietà con le
iniziative miranti a studiare per la rete forme di protezione
dei diritti più flessibili e libertarie (e non già più
rigide e poliziesche) di quelle adottate nel mondo fisico, è
difficile ritenere che i modelli rappresentati dai vari
software di scambio P2P di contenuti digitali (come Napster o
Gnutella, per citare solo due fra gli strumenti più noti[
2 ]) possano salvaguardare efficacemente
l'indipendenza economica degli autori e la funzione di
mediazione - anche culturale - esercitata finora, pur se in
maniera non sempre lungimirante, da soggetti quali gli editori
e i distributori.
D'altro canto, è indubbio che l'interesse e le
potenzialità di questi meccanismi siano enormi, soprattutto
nel facilitare la diffusione di informazioni e contenuti
considerati 'scomodi' o 'marginali' dai potentati economici o
politici di turno. Da questo punto di vista, l'attenzione per
gli scambi P2P e per le possibilità offerte al riguardo dalla
rete ha anche il valore di un richiamo a quella che è una ben
precisa responsabilità collettiva degli utenti di Internet:
salvaguardarne il carattere aperto e orizzontale.
C'è tuttavia una particolare modalità di scambio P2P che
riveste uno specifico interesse economico e commerciale anche
per le giovani 'imprese di rete': si tratta degli scambi C2C,
ovvero da consumatore a consumatore.
I concetti che si nascondono dietro le due sigle P2P e C2C
sono evidentemente assai vicini, ma l'uso dell'espressione C2C
tende a sottolineare la natura di vero e proprio scambio
commerciale (in questo caso, il riferimento è spesso a
transazioni nelle quali vengono scambiati oggetti fisici
anziché puri contenuti informativi) che possono assumere
alcune interazioni dirette fra utenti della rete.
Naturalmente, perché la rete possa funzionare
efficacemente come veicolo per transazioni C2C occorrono
strumenti che mettano in contatto i consumatori e permettano
quello scambio informativo che, come abbiamo sottolineato,
precede e accompagna sempre qualunque scambio fisico.
L'esempio forse più noto - e certo quello di maggior successo
- di strumenti C2C è rappresentato dai siti di aste on-line,
che hanno conosciuto negli ultimi due anni una vera e propria
esplosione e iniziano a diffondersi anche nel nostro paese.
Nel caso delle aste on-line, il rapporto C2C è mediato da
un sito che funge non solo da veicolo di contatto e di scambio
informativo, ma anche da riferimento normativo e
regolamentare, e - in qualche misura - da garante di identità
e affidabilità dei partecipanti allo scambio[
3 ]. I siti di questo genere - il più noto è
sicuramente lo statunitense eBay (www.ebay.com),
che si propone come vera e propria "virtual trading
community" - assumono in rete un ruolo simile a quello
che avevano un tempo le città di mercato: offrire un punto
d'incontro riconosciuto e riconoscibile, permettere a ciascuno
l'esposizione delle merci offerte, fornire una garanzia minima
di 'ordine pubblico'.
Figura 15 eBay, probabilmente il più famoso sito di
aste in rete. Avete mai pensato di acquistare un uovo di
dinosauro?
Consigliamo al lettore interessato all'approfondimento di
queste tematiche la consultazione di quello che è il vero e
proprio 'manifesto programmatico' di eBay, disponibile
all'indirizzo http://pages.ebay.com/community/aboutebay/community/.
Dal canto nostro, interessa sottolineare la duplice e in
qualche misura ambigua natura di questi strumenti: da un lato
quella, quasi eversiva, di meccanismo in grado di superare (e
mettere in crisi) i tradizionali snodi di mediazione
commerciale, sostituendo un meccanismo di scambi reticolare e
decentrato all'oligopolio delle grandi catene di distribuzione
e di vendita. Dall'altro, e contemporaneamente, quello di
specchio estremo del 'consumismo di rete', che trasforma in
merci dotate di uno specifico valore commerciale le mode e i
gadget più improbabili, ma anche beni che dovrebbero essere
ben diversamente salvaguardati. Dagli scheletri di dinosauro
ai voti elettorali, dalle monete romane alle sorprese degli
ovetti Kinder, dal reggiseno di Marylin Monroe (evidentemente,
l'ha usato anche lei!) agli appunti manoscritti del presidente
Lincoln, tutto su eBay diviene oggetto di contrattazione,
tutto acquista uno specifico prezzo (talvolta assolutamente
irragionevole, di norma comunque lontanissimo dalla
considerazione di parametri 'classici' quali i costi di
produzione), tutto viene scambiato in un contesto commerciale
che, per quanto (o proprio perché) autoregolamentato, sfugge
quasi completamente ai parametri, ai controlli, alle normative
vigenti nel mondo del commercio 'reale'.
Nei paragrafi precedenti, abbiamo parlato di diverse
tipologie di scambi commerciali ed economici via rete. Perché
la maggior parte di essi - e in particolare quello in grado di
modificare più radicalmente le nostre abitudini di
consumatori, ovvero il commercio elettronico B2C - possa
mantenere le proprie promesse, tuttavia, occorre siano
individuate soluzioni efficaci a due problemi dei quali è
difficile sottovalutare l'importanza. Ci riferiamo al problema
della sicurezza delle transazioni, percepite ancora da molti
utenti - come vedremo, non sempre a ragione - come associate a
fattori di rischio non accettabili, e a quello degli strumenti
di pagamento, particolarmente importante nel campo delle
microtransazioni.
È dunque su questi problemi che ci soffermeremo brevemente
nei paragrafi che seguono, per passare poi all'esame di due
settori di particolare rilievo per lo sviluppo delle
transazioni economiche e finanziarie in rete: l'Internet
banking e il trading on-line. Due settori nei quali
l'allargamento ai singoli risparmiatori e investitori di
possibilità prima limitate al campo dei grandi operatori -
allargamento reso possibile dall'uso degli strumenti di rete -
comporta conseguenze pratiche di grande rilievo, e apre
problemi per molti versi nuovi.
Internet, abbiamo visto, tende a diventare lo 'spazio' di
elezione per un'infinità di transazioni economiche e
commerciali. In molti casi (ad esempio nell'effettuare un
bonifico via rete, o un'operazione di trading on-line)
Internet funziona come strumento per 'raggiungere' il nostro
conto in banca ed effettuare operazioni utilizzando la valuta
che vi è depositata. È evidentemente indispensabile
garantire che queste operazioni possano essere effettuate solo
dai titolari effettivi del conto, e non da terzi non
autorizzati. Ma anche in molte altre circostanze - ad esempio
quando effettuiamo in rete acquisti pagati con una carta di
credito - attraverso Internet transitano dati (nel nostro
esempio, il numero e i dettagli della carta di credito) la cui
intercettazione da parte di soggetti malintenzionati potrebbe
arrecarci un danno economico non irrilevante. Senza contare
che consideriamo in molti casi importante anche la garanzia di
una certa riservatezza delle transazioni effettuate.
In tutte queste situazioni, la sicurezza delle
procedure informatiche rappresenta dunque per noi una
questione fondamentale.
Soffermiamoci sul caso potenzialmente più problematico
(dato che l'assenza di sicurezza potrebbe avere gli effetti
più gravi): quello delle transazioni bancarie e finanziarie.
L'applicazione delle considerazioni che andremo svolgendo ad
altre situazioni (ad esempio agli acquisti attraverso carta di
credito) dovrebbe risultare abbastanza immediata.
Quali garanzie di sicurezza richiediamo a una transazione
bancaria o finanziaria (ad esempio la disposizione di un
bonifico o un acquisto di azioni) effettuata attraverso la
rete? I punti essenziali sembrano essere i seguenti: dobbiamo
essere sicuri che le operazioni da noi effettuate si svolgano
senza errori (affidabilità e semplicità delle procedure),
garantendo la stessa riservatezza alla quale avremmo diritto
nel caso di un'operazione svolta di persona allo sportello
(protezione delle procedure e criptatura delle transazioni), e
soprattutto con l'assoluta tranquillità che terzi non
autorizzati non possano svolgere operazioni con i nostri soldi
(controllo dell'identità e, ancora una volta, protezione e
criptatura dell'operazione).
Dal punto di vista astratto, i possibili 'punti deboli'
nella sicurezza di una transazione in rete sono quattro:
- il computer di chi effettua l'operazione (ovvero, il mio
computer di casa);
- il canale attraverso cui transitano i dati (la linea
telefonica nel caso di un normale collegamento casalingo,
le linee dati dedicate, ecc.);
- il computer della banca o dell'istituzione finanziaria
al quale mi collego;
- le procedure software utilizzate.
Ebbene: in questo momento le procedure software utilizzate
e i relativi sistemi di criptatura sono ragionevolmente
sicuri, grazie all'adozione di tecniche sofisticate (cifratura
a doppia chiave). In futuro le garanzie di sicurezza e
soprattutto di affidabilità informatica di queste procedure
miglioreranno ulteriormente, ma l'utente può già essere
abbastanza soddisfatto. L'affidabilità delle procedure di
cifratura rende meno importante la questione della sicurezza
del canale di trasmissione: un eventuale malintenzionato in
grado di 'intercettare' la mia comunicazione con la banca ne
ricaverebbe solo un'accozzaglia di bit privi di qualunque
significato per chi non disponga delle relative 'chiavi' di
decrittazione.
Restano, dunque, il computer di origine (il mio) e quello
di destinazione (quello della banca). Nonostante il periodico
interesse dei media per i casi nei quali abili hackers
riescono ad intrufolarsi nei supercomputer di ogni genere di
istituzioni, i computer di una grande banca sono in genere ben
protetti: esistono addetti alla sicurezza dei sistemi
informatici che hanno il compito specifico di garantire questa
protezione, ed esistono procedure (denominate in gergo firewall)
che garantiscono l'impenetrabilità del sistema da parte di
malintenzionati esterni. Inoltre, è assai difficile penetrare
in computer ben controllati senza lasciare tracce, vere e
proprie 'impronte' informatiche che in molti casi possono
permettere di risalire all'autore dell'accesso non
autorizzato.
Paradossalmente, l'anello più debole della catena è il
computer di casa dell'utente. Una volta collegato alla rete,
è questo in genere il computer meno difeso - soprattutto
perché spesso l'utente non ha affatto idea che possa essere
attaccato. E naturalmente il computer di casa può ospitare
informazioni (password, procedure di accesso, numeri di carte
di credito, dati personali...) che dovrebbero restare
strettamente riservate.
Dobbiamo dunque concludere che le transazioni on-line
restano intrinsecamente insicure? In realtà non è così.
Anche se può sembrare una considerazione un po' cinica, i
computer 'casalinghi' sono difesi in primo luogo dalla legge
dei grandi numeri: sono talmente tanti, che la probabilità
che un malintenzionato così abile da poter effettivamente
ricavare informazioni utili a effettuare un 'furto
informatico' riesca effettivamente a penetrare nel mio
computer sono abbastanza basse. Inoltre (e soprattutto), basta
aver consapevolezza del rischio e fare un minimo sforzo di
'protezione informatica' per raggiungere un buon livello di
sicurezza anche sul computer di casa: esistono ormai programmi
firewall adatti ai normali PC, semplici da usare e poco
costosi o addirittura gratuiti. Questi programmi 'si
informano' sugli strumenti di navigazione in rete da noi
utilizzati e ne consentono il regolare funzionamento,
bloccando invece ogni scambio di informazioni 'esterno' e ogni
accesso non autorizzato.
Disporre delle funzionalità di un piccolo programma
firewall - pur se privo delle capacità di controllo totale
proprie dei ben più impegnativi firewall disponibili per i
server di rete aziendali - rappresenta ormai una necessità
per ogni utente interessato a svolgere transazioni commerciali
o finanziarie attraverso la rete. A nostro avviso, anzi, un
programma di questo tipo dovrebbe ormai accompagnare
l'antivirus nella dotazione standard di ogni PC connesso a
Internet, soprattutto se la connessione, come accade nel caso
dei collegamenti ADSL, è permanente o semi-permanente.
Proprio per questo motivo - anche se il contesto rappresentato
dalla discussione degli usi economici e finanziari della rete
può apparire improprio - ci sembra opportuno soffermarci
brevemente su uno di questi programmi, l'ottimo ZoneAlarm
della ZoneLabs, che, essendo gratuito, funzionale e di
semplice utilizzazione, può rappresentare una buona scelta
anche per gli utenti alle prime armi[
4 ].
ZoneAlarm si scarica dal sito della casa produttrice
(all'indirizzo www.zonelabs.com),
e come si accennava è totalmente gratuito: l'utente normale
può infatti rinunciare senza troppi patemi d'animo alle
caratteristiche aggiuntive, pur pregevoli, offerte dalla
versione Pro, in vendita al prezzo comunque non proibitivo di
40 dollari.
Una volta installato, ZoneAlarm si frappone fra il vostro
computer e la rete, e controlla ogni scambio di informazioni
fra voi e l'esterno, nonché ogni tentativo di accesso
dall'esterno verso il vostro computer. Naturalmente, nella
stragrande maggioranza dei casi questi scambi di informazioni
sono perfettamente regolari (ad esempio, il vostro programma
di navigazione ha bisogno di accedere alla rete e di
richiedere le pagine che volete visitare, il vostro programma
di posta elettronica ha bisogno di spedire e ricevere
messaggi, e così via). All'inizio, ZoneAlarm dovrà dunque
essere informato sui programmi che utilizzate in rete, in modo
da consentirne il corretto funzionamento.
Per raccogliere queste informazioni, la prima volta che un
programma cerca di ricevere o spedire informazioni in rete,
ZoneAlarm mostra una finestra di richiesta come quella
rappresentata in figura.
Figura 16 ZoneAlarm si è accorto che un programma sta
cercando di accedere a Internet, e ci chiede se l'operazione
deve essere permessa o no
Di norma, si tratta di programmi che conosciamo bene, e che
abbiamo lanciato noi stessi. In questi casi possiamo
rispondere tranquillamente 'Yes', e spuntare la casellina che
permette a ZoneAlarm di ricordare la nostra autorizzazione:
gli usi successivi di quel programma non provocheranno alcuna
ulteriore richiesta di conferma. In altri casi, si tratta di
programmi che magari non conosciamo direttamente, ma che
costituiscono comunque componenti del sistema operativo o del
nostro ambiente di lavoro. Per verificarlo, possiamo cercare
sul nostro disco rigido il programma che chiede di accedere
alla rete, in modo da capire esattamente di cosa si tratti. In
caso di dubbio, possiamo provare a negare l'autorizzazione, e
vedere cosa succede: se qualcuna delle operazioni che volevamo
svolgere in rete risulta bloccata, vuol dire che l'accesso
alla rete serviva davvero, e alla richiesta successiva potremo
fornire senza problemi a ZoneAlarm la relativa autorizzazione.
Se invece il nostro uso della rete risulta impregiudicato,
abbiamo chiuso un canale verso l'esterno probabilmente
innocuo, ma comunque potenzialmente pericoloso.
Attraverso il meccanismo appena esaminato, ZoneAlarm impara
rapidamente a 'ricordare' i programmi che usiamo abitualmente
per accedere alla rete, in modo da non dover interrompere
continuamente il nostro lavoro con richieste di
autorizzazione.
Il controllo degli accessi alla rete da parte dei programmi
residenti nel nostro computer, ovvero la funzionalità appena
considerata di ZoneAlarm, permette di bloccare e identificare
i cosiddetti Trojans: programmi che, proprio come il
cavallo di Troia, sono stati 'infiltrati' nel nostro disco
rigido con lo scopo di favorire l'accesso di 'nemici' esterni.
In questo caso, nemici probabilmente interessati a estrarre
dal nostro computer alcune delle informazioni che vi si
trovano.
La maggior parte dei Trojans, comunque, viene rilevata
anche da un buon antivirus. Ma la funzionalità nella quale un
firewall come ZoneAlarm dà il meglio di sé è quella
inversa: non già bloccare l'accesso verso l'esterno di un
programma residente sul nostro computer, ma bloccare l'accesso
non autorizzato al nostro computer da parte di un programma
esterno. Per farlo, ZoneAlarm controlla tutte le porte di
accesso al nostro sistema (proprio come una città medievale,
un PC dispone di numerose porte: porte necessarie allo scambio
di dati, ma - se non adeguatamente sorvegliate - anche
possibili varchi per programmi-incursori).
Quando ZoneAlarm intercetta un accesso non autorizzato
dall'esterno, ce ne informa con una apposita finestra di
dialogo, assicurandoci nel contempo di aver bloccato il
tentativo. Anche in questo caso, nel 99% delle volte si
tratterà di falsi allarmi: dati inviati da un sito che
abbiamo appena visitato e il cui server 'non si è accorto'
che nel frattempo ci eravamo spostati altrove, e simili. Ma
talvolta il tentativo di accesso potrebbe essere maligno, e la
garanzia di bloccarlo ci permette una tranquillità assai
maggiore sulla sicurezza dei nostri dati.
Figura 17 ZoneAlarm ci informa di avere appena bloccato
un tentativo di accesso non autorizzato al nostro computer
Per concludere questa breve digressione, osserviamo che
ZoneAlarm lavora in genere in 'background', senza interferire
con il nostro normale lavoro al computer. È comunque sempre
possibile aprirne la colorata interfaccia, che permette di
controllare i programmi autorizzati ad accedere alla rete e di
impostare una serie di parametri d'uso, chiaramente illustrati
dal manuale on-line (che per un utente italiano ha il solo
difetto di essere in inglese).
Figura 18 L'interfaccia di ZoneAlarm permette in ogni
momento di controllare le applicazioni autorizzate ad accedere
alla rete, e di modificare le impostazioni del firewall
Nonostante i periodici allarmi dei media, dunque, la rete
offre a un utente informato e consapevole, fornito dei pochi
strumenti software necessari, ottime garanzie di sicurezza. Il
nemico principale - e il principale fattore di rischio - è
rappresentato in questo come in molti altri casi
dall'ignoranza. Se avete dubbi sulla sicurezza del vostro
sistema, verificatene la vulnerabilità (magari attraverso un
servizio specifico come quello disponibile all'indirizzo www.securityspace.com/smysecure/,
che permette un controllo immediato degli eventuali punti
deboli delle vostre difese informatiche[
5 ]) e dotatelo comunque di un personal firewall e
di un buon antivirus. Non lasciate in giro le vostre password,
soprattutto quelle relative a servizi economici e finanziari,
ed evitate di fornire il numero della vostra carta di credito
attraverso la posta elettronica o attraverso connessioni non
protette (quasi tutti i siti di commercio elettronico offrono
ormai connessioni protette alle pagine nelle quali indicare i
propri dati personali e il numero della propria carta di
credito. Prima di inserire questi dati, verificate comunque
che nella barra di stato di Internet Explorer o Netscape
Navigator sia presente l'icona di un lucchetto chiuso, che
garantisce la presenza di un collegamento sicuro). Seguendo
queste semplici ricette, l'uso di siti e strumenti per il
commercio elettronico, l'Internet banking e il trading
on-line risulterà quasi sempre più sicuro di quanto non
avvenisse tradizionalmente, quando le corrispondenti attività
venivano svolte nel mondo fisico.
Un'operazione bancaria effettuata via Internet, o un
acquisto attraverso l'uso della carta di credito, sono dunque
- una volta prese le opportune precauzioni - ragionevolmente
affidabili. Questa garanzia, tuttavia, non basta a trasformare
la rete in uno strumento realmente efficace per ogni tipo di
transazione economica e finanziaria. Restano infatti aperti
alcuni dei problemi dai quali eravamo partiti: quali strumenti
di pagamento possono essere utilizzati in rete, quale moneta
può essere effettivamente scambiata?
È facile rendersi conto che il bonifico bancario o la
carta di credito, almeno nella situazione attuale, non sono lo
strumento ideale per ogni tipo di transazione. In particolare,
non sono lo strumento ideale per le 'micro-transazioni'.
Sappiamo infatti che le operazioni di bonifico o gli acquisti
attraverso carta di credito hanno un proprio costo. Questo
costo è abbastanza basso da poter essere trascurato quando la
transazione è di una certa entità - diciamo, sopra le 10.000
lire. Ma se volessimo vendere - a prezzo molto basso -
l'accesso a porzioni limitate di informazione (ad esempio una
pagina di un giornale on-line, o una singola immagine digitale
da inserire nel nostro sito), la situazione cambierebbe
radicalmente. E la possibilità di organizzare anche queste
micro-transazioni può essere in certi casi vitale. Un
giornale on-line, ad esempio, può rivelarsi un'impresa
redditizia dal punto di vista della vendita di informazioni
solo a patto di poter gestire molte micro-transazioni di
questo tipo.
La spinta per trovare una soluzione soddisfacente a questo
tipo di problema è fortissima. Internet, infatti, si rivela
lo strumento capace di abbattere più drasticamente i costi
per ogni singola transazione, e dunque probabilmente l'unico
strumento adatto alla gestione redditizia di micro-acquisti
quali quelli appena ipotizzati.
Le soluzioni possibili al problema delle micro-transazioni
in rete sono moltissime, e si tratta di un campo nel quale è
in corso una sperimentazione continua. Una possibilità è
quella di 'raggruppare' i micro-pagamenti in modo che
l'acquirente paghi, ad esempio una volta al mese, il loro
costo complessivo attraverso bonifico o carta di credito. Per
farlo, i micro-acquisti devono essere 'garantiti' attraverso
una società terza, alla quale l'utente possa far capo per
acquisti su una pluralità di siti diversi. Questa società -
che dovrebbe operare in maniera totalmente automatizzata e
attraverso strumenti di rete, in modo da ridurre al minimo i
costi delle transazioni - riscuoterebbe, a fine mese, i
crediti accumulati verso i singoli utenti, e pagherebbe i
debiti verso i siti commerciali, trasformando in entrambi i
casi le molte micro-operazioni in poche macro-operazioni.
Una possibilità ancor più avanzata, che ha suscitato
notevolissimo interesse ma che presenta anche difficoltà non
trascurabili, è quella dell'adozione di una vera e propria
'moneta elettronica', la cui gestione sia possibile attraverso
software capaci di offrire tutte le garanzie di sicurezza del
caso. La prima formulazione del progetto E-cash, una
forma di moneta elettronica inventata dall'olandese David
Chaum, può fornire un esempio delle tecnologie che sono state
proposte in questo settore. Il funzionamento previsto è
semplice: per utilizzare E-cash, è necessario aprire un conto
presso una delle banche autorizzate a coniare questa
particolare 'moneta' elettronica. Una volta aperto un conto
presso una delle banche 'emittenti', è possibile scaricare
sul proprio computer una sorta di portafogli elettronico,
ovvero un programma gratuito capace di gestire le nostre 'cybermonete'.
Ovviamente il versamento iniziale andrà fatto in maniera
tradizionale, attraverso assegni, bonifici, contanti, carta di
credito. In cambio si ottengono monete elettroniche (e cioè
particolari file di dati criptati) che vengono memorizzate,
con opportune misure di sicurezza, sul proprio computer.
Complesse procedure di cifratura dei dati garantiscono che una
moneta elettronica di questo tipo non possa essere
'falsificata' e possa essere spesa - in maniera anonima - solo
dal suo proprietario legittimo.
A questo punto è possibile collegarsi ai negozi
convenzionati, pagare con le monete elettroniche (il nostro
programma-portafoglio e quello del negozio dialogheranno fra
di loro, in maniera criptata e sicura, 'scambiando' la
quantità opportuna di monete) e farsi spedire la merce. I
negozi poi, periodicamente, incasseranno dalla banca
l'equivalente in valuta 'tradizionale', o (nel caso di una
moneta elettronica 'riciclabile' come doveva appunto essere
E-cash) potranno a loro volta fare acquisti, con le monete
elettroniche, presso altri negozi, o grossisti, ecc.
Anche questo sistema permette di ridurre, dal punto di
vista della gestione valutaria 'tradizionale', molte
micro-transazioni a poche macro-transazioni: il nostro
versamento iniziale, che sarà presumibilmente di una certa
entità (lo stesso varrà per quelli successivi eventualmente
necessari per mantenere 'coperto' il conto), e le periodiche
compensazioni fra le banche e i venditori, che riguarderanno
cifre più alte, dato che saranno il risultato
dell'accumularsi di un gran numero di micro-transazioni.
La moneta elettronica, naturalmente, presenta moltissimi
problemi di ordine legislativo, economico, finanziario,
politico e addirittura etico. Per rendersene conto, basta
pensare a poche questioni cruciali: sappiamo che il diritto di
battere moneta è fra quelli che gli Stati controllano più
direttamente, in genere attraverso le banche centrali. Questo
deve valere anche per il diritto di 'battere moneta
elettronica'? La moneta elettronica costituisce o no una forma
di valuta? Come controllarne la circolazione, la
convertibilità in valute nazionali, ed eventualmente i
trasferimenti attraverso i confini, resi così facili dal
carattere 'deterritorializzato' di Internet? Sarà inoltre
necessario da un lato proteggere la privacy del cittadino,
garantendo qualcosa di simile al carattere 'anonimo' della
moneta tradizionale, in modo da impedire che qualcuno possa
facilmente tenere sotto controllo i nostri acquisti (e cioè i
nostri gusti, le nostre disponibilità economiche, le nostre
scelte di spesa, ecc.). Dall'altro lato, questo dovrà essere
fatto senza trasformare la moneta elettronica in un facile
strumento per il riciclaggio del 'denaro sporco', per la
realizzazione di speculazioni illegittime, per l'esportazione
illegale di valuta. Inoltre, nel momento di creare un intero
sistema di circolazione economica basato su valuta elettronica
sarà bene essere molto, ma molto sicuri della effettiva
solidità degli algoritmi di cifratura e della sicurezza delle
procedure di trasferimento usate.
Si tratta insomma, come è facile vedere, di questioni di
estrema complessità, che sono però assolutamente centrali
per lo sviluppo di Internet come strumento per transazioni
commerciali, e attorno alle quali si muovono interessi enormi,
economici ma anche politici e strategici.
In ogni caso, la soluzione 'estrema' rappresentata dal
progetto E-cash, almeno nella sua formulazione originaria,
sembra per il momento difficilmente praticabile. Esistono
tuttavia soluzioni intermedie, che prevedono una versione più
'soft' del concetto di moneta elettronica, e che ne affidano
la gestione più a tecnologie residenti nei sistemi delle
aziende venditrici e delle banche che a software specifici
utilizzati da parte dell'utente finale. Un'occhiata ai siti
citati nella sezione di Yahoo! dedicata a questi temi,
all'indirizzo http://dir.yahoo.com/Business_and_Economy/Business_to_Business/
Financial_Services/Transaction_Clearing/Digital_Money/,
basterà a dare un'idea della ricchezza (e della complessità)
del relativo dibattito, e della varietà delle soluzioni
proposte.
Abbiamo accennato poc'anzi alla possibilità di utilizzare
via Internet alcuni servizi bancari. Ebbene, le possibilità
aperte dal cosiddetto Internet banking meritano un
breve approfondimento. Anche in questo caso, infatti, siamo
davanti a un fenomeno che ha tutte le potenzialità per
cambiare in maniera radicale non solo le nostre abitudini, ma
l'organizzazione stessa di un settore di estremo rilievo
dell'economia mondiale.
Attraverso l'Internet banking, la banca offre agli utenti
la possibilità di svolgere, attraverso la rete, molte delle
operazioni che normalmente effettuiamo presso uno sportello di
agenzia o uno sportello Bancomat. Gli esempi classici sono
rappresentati dalla consultazione da casa del proprio estratto
conto, dalla verifica dell'esito di un assegno, dall'emissione
di un bonifico, dal calcolo dei tassi su prestiti e mutui, e
così via. Il sito della banca si trasforma in sostanza in un
vero e proprio sportello bancario, utilizzabile da casa e in
qualunque momento.
Figura 19 Schermata di emissione bonifico e menu delle
funzionalità di conto corrente offerte dalla Banca 121, una
delle banche italiane specializzate nell'Internet banking
Naturalmente questo tipo di operazioni deve svolgersi in
modo sicuro, e questo almeno da tre punti di vista:
l'identificazione dell'utente deve essere certa, in modo da
garantire che qualcun altro non possa accedere a mio nome a
informazioni che riguardano solo me; il sistema che ospita le
informazioni deve essere protetto da accessi esterni
fraudolenti, e nel loro tragitto telematico dalla banca al mio
computer di casa i dati devono viaggiare in forma cifrata e
sicura, in modo da non poter essere intercettati. Come abbiamo
visto, una volta adottate alcune precauzioni, le tecnologie
attuali consentono in tutti e tre i casi livelli di sicurezza
più che accettabili. Si deve infine considerare che le
transazioni via Internet sono quelle a più basso costo
unitario, e si rivelano più convenienti, sia per la banca sia
per il cliente, non solo delle tradizionali operazioni fisiche
allo sportello, ma anche di quelle svolte per via telefonica (telephone
banking) o attraverso sportelli automatici.
L'Internet banking mostra tutte la sue potenzialità quando
viene associato all'impiego, da parte dell'utente, di un
software specifico di gestione finanziaria e patrimoniale, in
grado non solo di scambiare con la nostra banca informazioni
sulle operazioni che riguardano il nostro conto (a cominciare
dall'estratto conto), ma anche di integrarle con le
informazioni (che saremo noi a fornire) riguardanti le
scadenze di pagamento, i nostri investimenti, l'uso delle
carte di credito, l'eventuale disponibilità di più conti
correnti. È facile prevedere che la diffusione - già avviata
- di strumenti di questo tipo contribuirà all'ulteriore
espansione dei servizi di Internet banking da parte degli
istituti di credito.
Come sarà apparso chiaro anche dalle poche considerazioni
fin qui svolte, è l'intero settore finanziario a essere
interessato dai cambiamenti introdotti dalle autostrade
dell'informazione. E uno dei cambiamenti di maggior portata è
indubbiamente rappresentato dalla possibilità di effettuare
non solo operazioni bancarie ma veri e propri investimenti
attraverso la rete. Già adesso sono disponibili su Internet
diversi servizi di trading on-line, ovvero di acquisto,
gestione e vendita on-line di azioni e partecipazioni
finanziarie. Servizi impegnati in una vera e propria guerra -
combattuta in termini di ribasso dei costi di gestione e delle
soglie minime di investimento - per aggiudicarsi posizioni di
vantaggio in un settore che è evidentemente percepito come
strategico. Ed è significativo che l'espansione rapidissima
di questi servizi negli ultimi mesi - accompagnata da
innumerevoli iniziative editoriali e pubblicitarie - abbia
coinciso non già con una fase di 'euforia' dei mercati
finanziari, ma semmai con un periodo di assestamento e
ripiegamento: sintomo evidente che la finanza on-line non è
solo una moda transitoria legata a una fase di esuberanza
borsistica, ma un fenomeno destinato a ulteriore espansione e
rapido radicamento.
Figura 20 Esempio delle funzionalità di trading
on-line. Funzionalità di questo tipo sono offerte ormai
anche in Italia da moltissimi operatori
In una situazione in cui operazioni finanziarie di questo
tipo possono essere condotte da ciascuno di noi, da casa, a
costi per transazione estremamente bassi, e in cui la
possibilità stessa di seguire le fluttuazioni di mercato è
garantita in tempo reale dalla rete, sembrano prevedibili
alcune conseguenze di un certo rilievo, su alcune delle quali
vorremmo soffermarci brevemente.
Innanzitutto, la velocità e soprattutto la durata degli
investimenti e dei disinvestimenti potrà ridursi
drasticamente. Potrò cercare di sfruttare le fluttuazioni di
mercato comprando ad esempio azioni IBM per venti minuti, per
poi rivenderle e investire magari in azioni Microsoft. E di
norma, non sarò io a occuparmi di scegliere i momenti
migliori per comprare e per vendere: lo farà per me un
programma appositamente addestrato. In secondo luogo,
l'ammontare degli investimenti potrà essere anche assai
basso: potrò investire senza troppi problemi cinquanta o
cento dollari. Tutte le procedure di acquisto saranno infatti
svolte direttamente via computer, e non servirà pagare - a
caro prezzo - intermediari 'umani'. Il terzo elemento che va
sottolineato è quello della globalizzazione dei mercati
finanziari anche a livello di singoli investitori: ciascuno di
noi potrà investire indifferentemente, a costi analoghi e
seguendo le stesse procedure, sulla borsa di New York come su
quella di Tokyo, a Milano come a Francoforte. Infine, un
quarto elemento - collegato evidentemente ai precedenti - è
rappresentato proprio dall'apertura diretta dei mercati ai
singoli investitori, senza mediazioni, e potenzialmente anche
senza controlli. Ciascuno di noi, il singolo individuo, potrà
decidere come e quanto investire - potrà ad esempio speculare
sul cambio delle valute - autonomamente, da casa. Si parla
spesso di 'gioco di borsa': ebbene, i punti di contatto fra
investimenti finanziari di questo tipo e un vero e proprio
gioco d'azzardo sono effettivamente notevoli.
Sarà subito chiaro che queste prospettive non vanno
considerate in termini di mero progresso tecnico. Al
contrario, pongono moltissimi problemi, di estremo rilievo e
di non facile soluzione. Problemi che tuttavia vanno in
qualche modo affrontati. Un esempio? Proprio la velocità
degli scambi e l'accesso senza restrizioni dei singoli
individui al mercato finanziario sembra mettere in crisi il
ruolo delle grandi istituzioni nazionali e internazionali che
avevano tradizionalmente la funzione di controllare ed
'equilibrare' i mercati. Può essere infatti molto più
difficile controllare una grande quantità di piccoli
investitori del tutto liberi nelle loro scelte (ma sicuramente
influenzati da singoli avvenimenti, voci, mode del momento...)
di quanto non lo sia nel caso di pochi e più esperti grandi
investitori 'ufficiali'. Si tratta di temi che non possono
certo essere affrontati in questa sede, ma che danno l'idea
dell'interesse e della portata delle sfide collegate al
settore dell'economia e della finanza on-line.
pagina avanti
[
1 ] |
Una considerazione,
questa, che sembra valida non solo nel caso della
vendita di beni fisici, ma anche - ad esempio - nel
campo dei servizi di intermediazione finanziaria, dei
quali ci occuperemo tra breve parlando di banche in rete
e di trading on-line. |
[
2 ] |
Per maggiori informazioni
si vedano rispettivamente i siti www.napster.com
e gnutella.wego.com. |
[
3 ] |
Non si tratta di norma di
una garanzia esplicita, ma il fatto stesso che questi
siti utilizzino meccanismi abbastanza rigidi di
registrazione dei partecipanti e pubblichino i giudizi
sull'affidabilità da essi mostrata in occasione di
scambi precedenti offre quel minimo di garanzie in grado
di evitare una transazione commerciale del tutto 'alla
cieca'. |
[
4 ] |
Fra i 'personal firewall'
a pagamento segnaliamo quelli - piuttosto economici -
offerti da due case specializzate in antivirus: la
McAfee (www.macafee.com)
e la Symantec (www.symantec.com). |
[
5 ] |
Un utente privato può
benissimo limitarsi al controllo di base, gratuito. Il
sito offre anche controlli e test più avanzati, che
possono interessare i gestori di server e sono in questo
caso a pagamento. Un servizio analogo è offerto, sempre
gratuitamente, dalla Symantec all'indirizzo http://security1.norton.com. |
|