A creare il meraviglioso clima culturale della Sicilia classica ha
contribuito la presenza di grandi nomi d'ogni tempo della letteratura classica, come Eschilo e Pindaro. Pindaro visse anche nelle due maggiori corti
promotrici di arte poetica, quella di Agrigento e quella di Siracusa, ma nacque in Beozia
(a Cinoscefale) nel 518 a.C. e morì ad Argo nel 438. La sua nobile origine da famiglia
dorica, gli Egidi, gli donò una educazione privilegiata, che pare sia stata impartita
dalle poetesse Corinna e Mirtide, comprendente anche l'educazione
musicale, successiva a quella letteraria, ad opera del musicista Laso di Erminione.
La sua vità ebbe una svolta per i legami politici scelti dalla famiglia del poeta, che
si schierò con gli attici Alcmeonidi, dopo la cacciata dei validi Pisistratidi (510 a.
C.) di Ippia.
Il carattere riservato del poeta gli venne dalle sue origini aristocratiche, da
famiglia dorica che propendeva per tutelare i propri privilegi: venne ancora più
rafforzato il suo distacco dall'aver abbracciato il sacerdozio di Delfi,
rivelatosi profondamente assorbito nell'anima con l'amore per il culto di Zeus.
Poi le conseguenze della politica familiare degli Egidi, sostenitrice del potere
spartano assieme agli Alcmeonidi, gli rese difficile la permanenza in Grecia: molte stirpi
greche non parteciparono alle guerre contro la Persia iniziate nel 490 a.C.e tra di loro i
Greci di Delfi e di Tebe (in Beozia, la terra natale di Pindaro). E' un periodo di grandi
epurazioni politiche, si succedono la prigionia e morte di Milziade e l'esilio, non
definitivo, di Aristide da Atene dopo la sconfitta di Maratona. La
neutralità della Beozia nocque all'immagine di Pindaro, e il poeta se ne avvide dopo
l'infuocato 480 a.C., anno di decisivi scontri armati per terra e per mare, dalle
Termopili a Imera in Sicilia, per diverse cause. La vittoriosa Atene non trova facile
conforto alle distruzioni subite; il canto sublime di Pindaro che celebra la alleanza (che
si rivelerà vincente tra Atene e Sparta) frutta comunque al poeta la stima e la
protezione dei governanti ma non la serenità necessaria per decidere di rimanere coi
vincenti. Pindaro decise di lasciare Atene (città in pieno riarmo navale con Temistocle)
nel 476, quarantenne, nel pieno della sua maturità poetica, della quale con raffinata
abitudine godette Terone, a capo della città di Agrigento, udendo epinici e treni a lui dedicati dal poeta. Altri epinici vennero
composti per Gerone, a Siracusa, e per Senocrate
di Agrigento.
Vi fu una lotta a suon di versi per dividere i favori delle corti cogli altri grandi
lirici Bacchilide e Simonide di Ceo.
Si confronti il componimento di Pindaro per Gerone con quello composto da Bacchilide: A Gerone per i cavalli d'Olimpia
"E Pindaro, ammonendo Gerone, il sovrano di Siracusa, dice: 'Non
permettere che la tua gioia sbiadisca mentre che hai vita, poiché
una vita gioiosa, siine certo è di molto la migliore per l'uomo'". (512, c;
Ateneo; op. cit.).
Ne è una conferma anche l' ode pitica VI dedicata a Senocrate di Agrigento, fratello
del futuro re Terone; l'incarico ufficiale era stato dato a Simonide, cosicché Pindaro
dedicò l'epinicio al figlio di Senocrate, Trasibulo. La sua permanenza
nella Trinacria gli risparmiò, è una ipotesi, di assistere all'ostracismo che ad Atene
colpiva Cimone, sostenitore del rafforzamento con l'alleata Sparta - da
Pindaro decantato - nel 461 e ad uno scontro tra gli ex alleati nel 457 proprio nella
patria del poeta, in Beozia (Battaglia di Enofite), preannuncio della lunga guerra del
Peloponneso, esplosa nel 431.
Alla sua tristezza innata, da poeta, Pindaro vi aggiunse così quella dovuta alla
mutevolezza dei rapporti umani e sociali, alterati per interessi di parte, in un panta
rei che tutto impregna e altera. Così al suo ritorno in Grecia Pindaro non
dimenticò l'isola di Vulcano che lo aveva accolto quando temeva di non essere amato nella
sua terra, e continuò a comporre per i due tiranni e mecenati siciliani. E forse non
scordò le dottrine pitagoriche che dovrebbe aver conosciuto e apprezzato, in quanto molto
diffuse nell'isola, e in quanto inerenti la sua fede, offrendo nuovi spunti ed elementi di
riflessione.
Pindaro non fu solo in Sicilia, fu ospitato a Cirene dal re Arcesilao IV,
al quale ricambiò componendo il vasto poema epico-lirico Pitica IV. Nella Atene di
Pericle, aristocratica - venne ucciso nel 462 Efialte riformatore democratico - Pindaro
ritrova i suoi atavici ideali e visse ancora a lungo gustando la sensibilità del proprio
nobile animo. |