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CAPITOLO I - CONCETTI PRELIMINARI

NECESSITA' DI UNA APPROPRIATA TUTELA PER IL SOFTWARE. IL SOFTWARE COME CREAZIONE INTELLETTUALE

La dottrina, come spesso accade per qualsiasi risultato della ricerca e del progresso tecnologico, non ha potuto sottrarsi all'indagine sulla protezione e sulla natura giuridica del software al fine di classificarlo nell'ambito della tipologia dei "beni giuridici" per assicurargli una tutela più efficace e specifica di quella offerta dalle norme generali dell'ordinamento (soprattutto quando si tratta di tutelare diritti come quello morale od economico dell'autore del software).

Il problema della tutela del software è piuttosto recente ed è collegato alla vertiginosa espansione e applicazione delle nuove tecnologie informatiche a praticamente tutti i settori della organizzazione sociale.

La crescita dell'industria del software e la sua autonomia rispetto alla crescita dell'industria dell'hardware, l'enorme dimensione economico-sociale degli interessi coinvolti e la notevole entità di investimenti destinati al settore della ricerca e della formulazione dei programmi, sono tutti elementi che giustificano di per sé la necessità di un adeguato inquadramento giuridico del software nonché di un'adeguata tutela. E questo anche perché l'inesistenza di un'efficace forma di tutela giuridica non può non influire, scoraggiandola, sulla stessa attività di ricerca e di programmazione, e ciò a detrimento di un rapido sviluppo tecnologico.

Il progresso tecnico e scientifico, come si diceva, pone spesso l'interprete di fronte a categorie ed istituti del tutto nuovi, sia dal punto di vista di un loro inquadramento giuridico (più o meno difficoltoso) nell'ambito di istituti e categorie già noti, sia dal punto di vista dell'individuazione di una natura autonoma degli stessi tale da prospettare la necessità di una disciplina ad hoc.

Se si volesse dare una definizione di uso corrente si direbbe che il software, o programma per elaboratore, è l'insieme di informazioni o istruzioni che il programmatore dà all'elaboratore al fine di ottenere una funzione o un risultato pratico.

Pur essendo la dottrina e la giurisprudenza orientate per l'appartenenza del software ai beni giuridici, e in particolare alla categoria delle creazioni intellettuali, gli interpreti si sono interrogati, nell'ambito di un sistema normativo già codificato, su quale potesse essere l'approccio migliore: proteggibilità come invenzione suscettibile di brevetto ai sensi dell'art. 2585 c.c.; ricorso al diritto d'autore sotto forma di tutela di opera dell'ingegno di carattere creativo; applicazione delle norme in tema di concorrenza sleale contenute negli artt.2598 ss del c.c.; tutela contrattuale (5) attraverso l'inserimento di clausole che regolino o limitino l'uso da parte degli utenti (6).

Altre volte le stesse aziende produttrici (software house) per tutelarsi contro utilizzazioni e riproduzioni non autorizzate, e quindi contro gli inevitabili danni economici che ne conseguono, hanno escogitato accorgimenti (difese) tecnici all'interno degli stessi programmi che ne limitassero o escludessero la riproduzione abusiva (7).

Ma le difese di ordine tecnico (8) [come l'inserimento di "trappole logiche" (9), di misure difensive di carattere elettronico o sistemi di protezione fisica del programma (10)], così come la tutela negoziale, (che è quella con cui i produttori di software cercano di autotutelarsi adottando specifiche clausole da apporrre ai contratti stipulati tanto con gli utenti del software che con i propri dipendenti), si sono subito rivelati insufficienti (11).

Inoltre, il ricorso alle norme sulla concorrenza sleale (artt. 2598 ss. c.c.), ha dato luogo a discordanti valutazioni fra dottrina e giurisprudenza. Mentre la prima è orientata verso la esclusione o la limitazione del ricorso all'art. 2598 c.c., la seconda vi fa più frequente e spesso decisivo affidamento riconducendo alcune attività vietate ora sotto il profilo dell'imitazione servile, ora dell'attività confusoria, ora della correttezza professionale per farne dichiarare la illiceità nonché la inibizione della continuazione delle stesse (12).

La dottrina ha sottolineato i limiti soggettivi della disciplina in esame, che è rivolta a soggetti che rivestono la qualifica di imprenditori che siano legati da un rapporto, appunto, concorrenziale, e non a professionisti che imitino il software altrui (né ai loro clienti) o all'utente che compia occasionalmente atti di diffusione di software copiato (13).

Di fronte ai limiti intrinseci alla tutela negoziale ed allo scarso aiuto dato dalle norme sulla concorrenza sleale si è ben presto indirizzata l'analisi del problema della tutela del software verso forme di tutela assoluta (erga omnes): la disciplina brevettuale e quella del diritto d'autore.

In questa sede, infatti, l'analisi sarà portata su questi due aspetti della tutela essendo quella contrattuale e quella collegata alla normativa sulla concorrenza sleale, esterne rispetto alla qualificazione giuridica del programma.

Se l'hardware non pone problemi di classificazione nell'ambito della categoria dei beni giuridici: in quanto prodotto industriale, infatti, è un bene materiale e, pertanto, possono applicarsi le norme comuni (ad es. quella in tema di vendita o di locazione, oppure quella dettata in materia di concorrenza tra imprese o di tutela dei segreti scientifici ed industriali) senza necessità di adattamenti consistenti, diverse sono le cose per il software. Le innovazioni tecniche nel campo dell'hardware, poi, se soddisfano i requisiti di brevettabilità, possono essere tutelate efficacemente mediante il deposito di domande di brevetto per invenzione o modello industriale.

Il software, invece, presenta già una prima complessità quanto alla sua definizione. Secondo la formulazione effettuata dall'OMPI (Organizzazione Mondiale della Proprietà Intellettuale) durante la riunione del Comitato di Esperti, tenutasi a Canberra dal 2 al 6 aprile 1984, il software è "l'espressione di un insieme organizzato e strutturato di istruzioni (o simboli) contenuti in qualsiasi forma o supporto (nastro, film, circuito, disco), capace direttamente o indirettamente, di fare eseguire o fare ottenere una funzione, un compito o un risultato particolare per mezzo di un sistema di elaborazione elettronica dell'informazione".

Fondandosi sulla distinzione tra hardware e software (descritta da esperti e tecnici del settore) e appellandosi alla classificazione dei beni giuridici in "materiali" e "immateriali", la dottrina ha ritenuto che il software fosse ricondotto al concetto di "bene immateriale" tradizionalmente utilizzato per indicare quelle creazioni intellettuali (invenzioni, modelli industriali, opere dell'ingegno) che si presentano come beni autonomi in grado di assicurare tanto il diritto ad essere riconosciuti autori dell'atto di creazione che quello di utilizzazione o di sfruttamento economico dell'opera stessa.

I diritti così attribuiti sono di carattere assoluto in quanto possono essere fatti valere nei confronti di chiunque (erga omnes).

L'importanza che le creazioni intellettuali rivestono all'interno dell'ordinamento giuridico emerge non solo dalla rilevanza che esse assumono per l'individuo che le ha create (si pensi alla concessione del cosiddetto diritto di privativa) ma anche dal loro valore sociale: promuovono lo sviluppo tecnologico incentivando l'attività creativa dei privati; consentono nel contempo che tutti possano fruire del progresso raggiunto evitando che si creino stabili posizioni di monopolio culturale e tecnologico (14).

Sempre dal punto di vista sociale, le creazioni intellettuali costituiscono il mondo della cultura e della tecnica, il comune patrimonio su cui è fondata la civiltà, quel "mondo ideale che si riporta all'uomo nel suo sforzo di intendere il cosmo e di dar forma alle sue fantasie, come di asservire le forze della natura per aumentare il proprio benessere" (15).

Se l'esigenza di un'appropriata tutela era da tempo sentita, per essere il software una creazione intellettuale particolarmente adatta ad essere utilizzata e sfruttata abusivamente, tuttavia l'intervento del legislatore non è stato così repentino. Forse per lo scarso interesse e le scarse pressioni originarie delle case produttrici di hardware (inizialmente detentrici anche del monopolio sul software) che vedevano nel riconoscimento di diritti assoluti di esclusiva un freno per l'utilizzabilità e la vendita dei loro prodotti; forse la mancata o incompleta cognizione da parte del giudice della reale natura del software (16); ma tant'è.

L'espandersi del mercato dell'informatica e gli enormi interessi economici connessi agli alti profitti derivanti dalla commercializzazione di massa del software, la facilità con la quale è possibile riprodurre un programma (17), la presa di coscienza, da parte delle case produttrici di software, degli incalcolabili danni economici derivanti dalla circolazione abusiva di programmi copiati, sono tutti elementi che hanno fatto pressione sul futuro intervento del legislatore.

Il problema della riproduzione illecita, poi, non riguarda solo il cosiddetto software applicativo standardizzato (cioè pronto per essere utilizzato da utenti con esigenze comuni), che è il più esposto a simili atti di "pirateria", o il software personalizzato (18)(cioè studiato e sviluppato per le specifiche esigenze di un singolo cliente), ma anche il software di base od operativo.

Più difficile sarà riprodurre una ROM che, essendo costituita da una piastrina di silicio (chip) sulla quale sono fissati i microcircuiti già programmati dal costruttore (in modo inalterabile) per svolgere determinate funzioni, richiederebbe una organizzazione industriale sicuramente fuori dalla portata della maggior parte degli utenti di elaboratori.

Tutto questo ha portato i giuristi a privilegiare, nella ricerca di una soluzione adeguata, l'area dei diritti di privativa sulle creazioni intellettuali, la sola in grado di garantire una tutela erga omnes, cioè nei confronti della generalità dei consociati. In conseguenza di tale impostazione, il dibattito sulla protezione del software, nazionale ed internazionale, ha oscillato tra i due poli della disciplina brevettuale da un lato e del diritto d'autore dall'altro quali classiche forme di tutele della proprietà intellettuale.

Tale dibattito, frutto del contributo tanto della dottrina che della giurisprudenza, sarà oggetto dell'analisi del prossimo capitolo.


[ Indice | Capitolo I - Hardware e Software | Capitolo I - Brevetto e diritto d'autore: cenni sull'oggetto della loro tutela ]




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