clic sul titolo per tornare alla copertina
CON TRE MAZZI DI CARTE
Sissignori, il sullodato Zeus, ci fu un periodo che giuocava con tre
mazzi di carte contemporaneamente: la moglie (Giunone) l'amante (Europa)
e l'amica (Alcmena).
Che pazzie aveva fatte per Europa! Sembrava un toro infuriato:
l'aveva rapita e se l'era portata in una sua villa in campagna e se la
manteneva lì.
Figuratevi la bile di Giunone, ma la poveretta, per evitare scandali,
faceva finta di niente. Quell'impunito di un barone non solo faceva,
così, tranquillamente le corna alla moglie, ma un giorno pensò che,
per giustizia, doveva farle anche all'amante e, siccome aveva conosciuto
la giovane sposa d'un commerciante, un certo don Alfonso Anfitrione,
che, poveretto, per gli affari del suo commercio mancava assai spesso,
pensò di approfittarne.
Non si è potuto sapere con certezza se Alcmena, la bella moglie di
Anfitrione, sia stata sedotta con l'inganno o se, scoperto l'inganno, la
cosa le piacque. Certo è che Zeus si travestì come Anfitrione e
riuscì così a introdursi in casa di Alcmena. La relazione durò un bel
po'.
Gli amici cominciavano già a preoccuparsi per lui, perché tra
moglie, amante, amica, padre dell'amante e marito dell'amica qualcuno
gli avrebbe fatto certo la pelle.
Glielo stava dicendo una sera don Ignazio Nettuno, amico inseparabile
di Zeus. Nettuno era un ricco armatore, padrone di non so quante navi e
detto perciò, alla maniera americana, re del mare.
I due amici si trovavano ogni sera al «Circolo dei Nobili»
denominato «Olimpo».
- Stai attento, Giova', stai attento, guarda che ti finisce male.
Zeus quella sera taceva.
Portaci due vermut al selz - disse a Ganimede.
(A proposito di Ganimede devo fare una parentesi, si trattava del
sedicenne barman del Circolo, un delicato fanciullo, forse un po'
smorfiosetto ed effeminato. Qualche malalingua parlò di un'amicizia non
troppo limpida fra il ragazzo e Zeus e persino si mise in giro la
storiella che Zeus se l'era rapito, ma io non so che cosa ci sia di
vero).
Ma, insomma, - riprese Nettuno - vuoi una buona volta darmi retta?
Spavèntati - disse Zeus sorridendo - l'ho piantata.
- Chi? quale?
- Ma Alcmena, si capisce.
- Bravo, bene, non bisogna farsi schiavo delle donne. E tu...
veramente...
- Io schiavo?
Nettuno sapeva di aver toccato il tasto giusto, perché Zeus si
mettesse a parlare. Bastava dirgli, anche velatamente, che egli era un
debole con le donne, perché sciorinasse tutta la sua eloquenza, per
dimostrare che, egli non si era mai fatto schiavo di nessuna donna, che
sapeva annodare e sciogliere con arte sovrana le relazioni e passare
disinvoltamente sopra agli amori infranti.
- Ieri - precisò Zeus - invece di recarmi all'appuntamento le ho
fatto pervenire una lettera. Di rottura. Un po' di baccano, lei è
accorsa: quattro lacrimucce e tutto è finito.
Veramente Zeus non l'aveva raccontata giusta. La storia si era svolta
diversamente: Europa, quando aveva scoperto la relazione di Zeus con
Alcmena gli aveva detto chiaro e tondo che, se poteva tollerare di
spartirselo a metà con la moglie, non poteva invece assolutamente
concepire questa tripartizione del suo cuore. Perciò lo piantò. Zeus
allora decise di lasciare Alcmena, per riconquistare l'amante perduta.
Altro che lacrimucce, la povera Alcmena non la voleva intendere di
esser lasciata, ma infine dovette rassegnarsi.
Europa però non ne volle più sapere di tornare con lui e così il
barone rimase senza l'una e senza l'altra.
Se ne tornò mogio mogio dalla moglie, che gli concesse ancora una
volta una amnistia generale, previe, probabilmente quattro buone
legnate. Che sarebbero state ben date.
|