Il Manifesto
del Partito Comunista
III
LETTERATURA SOCIALISTA E COMUNISTA
1. Il socialismo reazionario
a) Il socialismo feudale
L'aristocrazia francese e inglese era spinta dalla sua
posizione storica a produrre dei pamphlet contro la moderna
società borghese. Nella rivoluzione francese del luglio 1830 e
nel movimento riformatore inglese l'aristocrazia era stata ancora
una volta sconfitta dall'aborrito nuovo venuto. Non restava più
traccia di un serio conflitto politico. Restava solo il conflitto
letterario. Ma sul terreno letterario i vecchi stereotipi della
restaurazione28 erano
diventati obsoleti. Per conquistarsi delle simpatie,
l'aristocrazia doveva far finta di perdere di vista i propri
interessi per formulare il proprio atto di accusa contro la
borghesia nell'interesse esclusivo dei lavoratori. Si preparava
così la soddisfazione di poter intonare invettive contro il suo
nuovo signore, e di soffiargli nell'orecchio profezie più o meno
disastrose.
Nacque così il socialismo feudale, metà lamentazione, metà
libello; metà eco del passato, metà incombere del futuro;
colpiva la borghesia al cuore con giudizi amari e spiritosamente
laceranti, ma con un effetto curioso, derivante dalla totale
incapacità di capire il corso della storia moderna.
Questi aristocratici sventolavano la proletaria bisaccia da
mendicante come fosse la loro bandiera, cercando di radunare il
popolo dietro le loro parole d'ordine. Ma ogni volta che seguiva
il richiamo degli aristocratici, il popolo scopriva sui loro
posteriori le vecchie insegne feudali e li abbandonava fra acuti e
irrispettosi sghignazzi.
Una parte dei legittimisti francesi29
e la Giovane Inghilterra30
hanno espresso le punte più alte di questa messinscena.
Quando i feudatari dimostrano che il loro sistema di
sfruttamento era strutturato in modo diverso da quello borghese,
dimenticano però che loro sfruttavano in condizioni completamente
diverse e ormai superate. Quando dimostrano che sotto il loro
dominio non esisteva il moderno proletariato, dimenticano però
che proprio la borghesia moderna è un erede necessario del loro
ordine sociale.
D'altronde essi celano così poco il carattere reazionario
della loro critica che la loro accusa principale contro la
borghesia è che sotto il suo regime si sviluppa una classe che
farà saltare in aria tutto il vecchio ordine sociale.
Di più, essi accusano la borghesia di produrre un proletariato
rivoluzionario, non un proletariato tout court.
Nella prassi politica gli aristocratici partecipano dunque a
tutte le misure di forza contro la classe lavoratrice, e nella
vita quotidiana, malgrado i loro torniti stereotipi, si adattano a
cogliere le mele d'oro31,
e a scambiare fedeltà, amore, onore col commercio della lana di
pecora, della barbabietola e della grappa32.
Come il sacerdote è sempre andato d'accordo con il feudatario,
così il socialismo pretesco si accompagna a quello feudale.
Non c'è nulla di più facile che dare all'ascetismo cristiano
un tocco socialistico. Forse che il cristianesimo non si è
mobilitato anch'esso contro la proprietà privata, contro il
matrimonio, contro lo Stato? Non ha forse predicato, al loro
posto, la beneficenza, la carità, il celibato e la mortificazione
della carne, la vita monacale e la Chiesa? Il socialismo sacro33
è solo l'acquasanta con cui il sacerdote benedice l'ira degli
aristocratici.
b) Il socialismo piccolo-borghese
L'aristocrazia feudale non è l'unica classe ad essere stata
rovesciata dalla borghesia e le cui condizioni di vita siano
deperite e poi estinte nella moderna società borghese. La piccola
borghesia medievale e i piccoli contadini sono stati i precursori
della moderna borghesia. Nei paesi meno sviluppati industrialmente
e commercialmente questa classe continua a vegetare accanto alla
borghesia in ascesa.
Nei paesi in cui si è sviluppata la civiltà moderna, si è
formata una nuova piccola borghesia che oscilla fra il
proletariato e la borghesia e che si ricostituisce sempre di nuovo
come complemento della società borghese. Ma i piccoli borghesi
vengono regolarmente risospinti dalla concorrenza verso il
proletariato, anzi, con lo sviluppo della grande industria essi si
avvicinano al punto in cui spariranno del tutto come elemento
autonomo della società moderna e verranno rimpiazzati - nel
commercio, nella manifattura e nell'agricoltura - da sorveglianti
di fabbrica e da servitori.
In paesi come la Francia, dove i contadini sono assai più
della metà della popolazione, era ovvio che gli intellettuali
schieratisi per il proletariato contro la borghesia usassero il
metro del piccolo borghese e del piccolo contadino e prendessero
partito per i lavoratori dal punto di vista piccolo-borghese.
Così si formò il socialismo piccolo-borghese. Il più alto
esponente di questa letteratura è Sismondi34,
non solo in Francia ma anche in Inghilterra.
Questo socialismo ha scandagliato con somma acribia le
contraddizioni dei rapporti di produzione moderni. Ha smascherato
gli ipocriti abbellimenti degli economisti. Ha dimostrato
irrefutabilmente gli effetti distruttivi delle macchine e della
divisione del lavoro, la concentrazione dei capitali e della
proprietà fondiaria, la sovrapproduzione, le crisi, il necessario
tramonto dei piccoli borghesi e dei piccoli contadini, la miseria
del proletariato, l'anarchia della produzione, le stridenti
sproporzioni nella distribuzione della ricchezza, la guerra
industriale di sterminio tra le nazioni, la liquidazione dei
vecchi costumi, dei vecchi rapporti familiari, delle vecchie
nazionalità.
In termini positivi questo socialismo vuole però o
ricostituire gli antichi mezzi di produzione e di scambio e con
essi gli antichi rapporti di proprietà e la vecchia società, o
rinserrare nuovamente, di forza, entro i vincoli dei vecchi
rapporti di proprietà, i moderni mezzi di produzione e di scambio
che liquidano e non potevano non liquidare proprio quei vecchi
rapporti. In entrambi i casi questo socialismo è reazionario e
utopistico.
Corporazioni nella manifattura ed economia patriarcale nelle
campagne: queste sono le sue ultime parole.
Nel suo ulteriore sviluppo questa corrente, dopo tanta
eccitazione, si è spenta in una vile atonia35.
c) Il socialismo tedesco, ovverosia il
"vero" socialismo
La letteratura socialista e comunista francese, sorta sotto la
pressione della borghesia egemone, e che è l'espressione
letteraria della lotta contro questa egemonia, fu importata in
Germania proprio quando la borghesia cominciava la sua lotta
contro l'assolutismo feudale.
Filosofi tedeschi, mezzi filosofi e anime belle si
impadronirono avidamente di quella letteratura, solo dimenticando
che le condizioni di vita francesi non erano immigrate in Germania
insieme a quegli scritti. Nell'impatto con la situazione tedesca
la letteratura francese perse ogni significato pratico immediato e
assunse un aspetto puramente letterario, fino a dover apparire
come oziosa speculazione sulla società vera36,
sulla realizzazione dell'essere umano. Allo stesso modo le
rivendicazioni della prima rivoluzione francese avevano avuto per
il filosofo tedesco del XVIII secolo solo il senso di
rivendicazioni generali della "ragion pratica", e
l'espressione della volontà della borghesia rivoluzionaria
francese aveva per loro il senso di leggi della pura volontà,
della volontà come deve essere, della volontà veramente umana.
Il lavoro dei letterati tedeschi si risolse nell'accordare le
nuove idee francesi con la loro vecchia coscienza filosofica, o
anzi nell'appropriarsi delle idee francesi dal loro punto di vista
filosofico.
Tale appropriazione avvenne nel modo in cui ci si impadronisce
di una lingua straniera, con la traduzione.
È noto come i monaci annotassero con insipide storie
cattoliche di santi i manoscritti che recavano i classici
dell'antico mondo pagano. I letterati tedeschi fecero l'opposto
con la letteratura francese profana. Scrissero le loro sciocchezze
dietro l'originale francese. Per esempio dietro la critica
francese dei rapporti patrimoniali essi scrissero
"alienazione dell'essere umano", dietro la critica
francese dello Stato borghese scrissero "abolizione del
dominio dell'universale astratto", e così via.
Essi battezzarono questa insinuazione delle loro espressioni
filosofiche nel contesto francese come "filosofia
dell'azione", "vero socialismo", "scienza
tedesca del socialismo", "fondazione filosofica del
socialismo", ecc.
La letteratura francese socialista e comunista fu così
perfettamente evirata. E poiché in mano tedesca essa cessava di
esprimere la lotta di una classe contro l'altra, il tedesco era
conscio di aver superato la "unilateralità francese",
d'essersi fatto interprete non dei bisogni veri, ma del bisogno
della verità, non degli interessi proletari, ma di quelli del
genere umano, dell'uomo in assoluto, dell'uomo che non appartiene
ad alcuna classe, meno che mai alla realtà, ma solo al nebuloso
cielo della fantasia filosofica.
Questo socialismo tedesco, che tanto seriamente aveva preso le
sue goffe esercitazioni scolastiche e tanto sguaiatamente le
strombazzava, perdette tuttavia, a poco a poco, la sua pedante
innocenza.
La lotta della borghesia tedesca, in particolare di quella
prussiana, contro i feudatari e contro l'assolutismo regio - in
una parola: il movimento liberale - divenne più seria.
Venne così offerta al "vero" socialismo l'auspicata
possibilità di opporre le rivendicazioni socialiste al movimento
politico, di scagliare i tradizionali anatemi contro il
liberalismo, contro lo Stato rappresentativo, contro la
concorrenza borghese, contro la libertà di stampa borghese, il
diritto borghese, la libertà e l'uguaglianza borghese, e di
predicare alla massa del popolo che essa non aveva nulla da
guadagnare ma tutto da perdere da questo movimento
borghese. Il socialismo tedesco dimenticò per tempo che la
critica francese, di cui esso rappresentava l'ottusa eco,
presuppone la società moderna borghese con le sue proprie
condizioni materiali di esistenza e la corrispondente costituzione
politica, tutti presupposti per la cui conquista in Germania la
lotta era appena cominciata.
Il "vero" socialismo servì ai governi assoluti
tedeschi con il loro codazzo di pretonzoli, maestrucoli,
nobilastri e burocrati come gradito spauracchio contro la
borghesia minacciosamente in marcia.
Esso rappresentò il complemento dolciastro delle aspre
scudisciate e delle schioppettate con cui quegli stessi governi
trattavano le sollevazioni dei lavoratori tedeschi.
Il "vero" socialismo diventava così un'arma nelle
mani dei governi contro la borghesia tedesca, e allo stesso tempo
difendeva anche direttamente un interesse reazionario, l'interesse
della piccola borghesia tedesca37.
In Germania la piccola borghesia rappresenta l'effettivo bastione
sociale della società attuale, una piccola borghesia costituitasi
nel XVI secolo e da allora sempre riaffiorante in forme diverse.
La sua conservazione è la conservazione dell'attuale società
tedesca. Essa teme di essere ineluttabilmente distrutta
dall'egemonia industriale e politica della borghesia, sia per
effetto della concentrazione del capitale che per il sorgere di un
proletariato rivoluzionario. Le parve che il "vero"
socialismo le prendesse due piccioni con una fava. Esso si
diffondeva come un'epidemia.
La veste tessuta di ragnatela speculativa, ornata di fiori
retorici da anime belle, imbevuta di rugiada sentimentale ebbra
d'amore, questa veste di esaltazione nella quale i socialisti
tedeschi avvolgevano un paio di scheletriche "verità
eterne" non fece che moltiplicare lo spaccio della loro merce
presso quel pubblico.
Da parte sua il socialismo tedesco riconobbe sempre più la sua
vocazione di altezzoso rappresentante di questa piccola borghesia.
Esso ha proclamato la nazione tedesca nazione normale, il
borghesuccio38 tedesco
uomo normale. Esso ha conferito a ogni abiezione di costui un
nascosto alto senso socialistico, sicché l'abiezione significava
l'opposto di se stessa. Fino a trarre le estreme conseguenze,
insorgendo direttamente contro la "rozza tendenza
distruttiva" del comunismo e affermando la sua imparziale
superiorità rispetto a tutte le lotte di classe. Con pochissime
eccezioni, quanto circola in Germania di pretesi scritti
socialisti e comunisti appartiene all'ambito di questa sporca
indisponente letteratura39.
2. Il socialismo conservatore, ovverosia
borghese
Una parte della borghesia conta di rimediare alle ingiustizie
sociali per garantire l'esistenza della società borghese.
È il caso di economisti, filantropi, umanitari, miglioratori
della condizione delle classi lavoratrici, benefattori, protettori
degli animali, promotori di associazioni di temperanza,
riformatori di ogni risma e colore. E questo socialismo borghese
è stato elaborato in interi sistemi.
Come esempio prendiamo la Philosophie de la misère di
Proudhon40.
I socialisti borghesi vogliono le condizioni di esistenza della
società moderna ma senza le lotte e i pericoli che pure ne sono
necessaria conseguenza. Vogliono la società attuale ma senza gli
elementi intesi a rivoluzionarla ed eliminarla. Vogliono la
borghesia senza il proletariato. La borghesia si rappresenta il
mondo in cui domina come il migliore dei mondi possibili. Il
socialismo borghese elabora questa rappresentazione consolatoria
sotto forma di un mezzo o di un intero sistema. Quando esorta il
proletariato a realizzare i suoi sistemi per41
irrompere nella nuova Gerusalemme, in fondo non fa che pretendere
dal proletariato di restare confitto nella società attuale
rinunciando però alle odiose idee che se ne è fatto.
Una seconda forma di questo socialismo, meno sistematica e più
pratica, cercava di togliere alla classe lavoratrice ogni
tentazione rivoluzionaria, sostenendo che a giovarle avrebbe
potuto essere non un qualsiasi mutamento politico, ma solo un
mutamento delle condizioni materiali di esistenza, dunque dei
rapporti economici. Per mutamento delle condizioni materiali di
esistenza questo tipo di socialismo non intende però in alcun
modo l'abolizione dei rapporti borghesi di produzione, possibile
solo con la rivoluzione, ma miglioramenti amministrativi che
restino sul terreno di questi rapporti di produzione; che dunque
non tocchino affatto il rapporto tra capitale e lavoro salariato,
ma che semmai nel migliore dei casi alleggeriscano alla borghesia
i costi del suo dominio e semplifichino il bilancio del suo Stato.
Il socialismo borghese corrisponde al suo proprio carattere
solo quando diventa pura figura retorica.
"Libero commercio!" nell'interesse della classe
lavoratrice; "dazi protettivi!" nell'interesse della
classe lavoratrice; "carcere cellulare!" nell'interesse
della classe operaia: questa è l'ultima parola, l'unica detta sul
serio, del socialismo borghese.
Il loro socialismo42
consiste appunto nella tesi che i borghesi sono borghesi
nell'interesse della classe operaia.
3. Il socialismo e comunismo critico-utopistici
Non parliamo qui della letteratura che in tutte le grandi
rivoluzioni moderne ha espresso le rivendicazioni del proletariato
(scritti di Babeuf43 e
così via).
I primi tentativi del proletariato di imporre il suo proprio
interesse di classe in un'epoca di sommovimento generale, nel
periodo della liquidazione del dominio feudale, fallirono
necessariamente a causa della forma immatura del proletariato
stesso, e anche perché mancavano le condizioni materiali per la
sua emancipazione, appunto prodotte solo nell'età borghese. La
letteratura rivoluzionaria che accompagnò queste prime
apparizioni del movimento proletario è per il suo contenuto
inevitabilmente reazionaria. Essa postula un ascetismo generale e
un rozzo egualitarismo.
I sistemi propriamente socialisti e comunisti, i sistemi di
Saint-Simon44, di
Fourier45, di Owen46,
ecc., emergono nella prima e non sviluppata fase della lotta fra
proletariato e borghesia, di cui abbiamo trattato sopra (si veda
"Borghesi e proletari").
I fondatori di quei sistemi colgono certo la contrapposizione
fra le classi, come pure l'efficacia degli elementi dissolventi in
seno alla stessa classe egemone. Ma non colgono affatto l'autonomo
ruolo storico del proletariato, non colgono alcun movimento
politico proprio del proletariato.
Poiché lo sviluppo della contrapposizione fra le classi
procede di pari passo con lo sviluppo dell'industria, essi non
trovano neppure le condizioni materiali per l'emancipazione del
proletariato e si lanciano allora alla ricerca di una scienza
sociale, di leggi sociali utili a creare tali condizioni.
Al posto dell'attività sociale deve subentrare la loro propria
inventiva personale, al posto delle condizioni storiche
dell'emancipazione del proletariato devono subentrare condizioni
immaginarie, al posto della graduale organizzazione del
proletariato in classe deve subentrare un'organizzazione della
società da loro stessi escogitata. Per costoro la storia
universale a venire si dissolve nella propaganda e nella
realizzazione pratica dei loro progetti sociali.
Non che essi non siano consapevoli di sostenere nei loro
progetti anzitutto l'interesse della classe lavoratrice in quanto
classe che soffre. Il proletariato esiste per loro solo sotto
questo aspetto di classe che soffre.
Essi sono però spinti dalla forma non sviluppata della lotta
di classe come pure dalla loro stessa condizione esistenziale a
considerarsi molto superiori a quella contrapposizione di classe.
Essi vogliono migliorare le condizioni di vita di tutti i membri
della società, anche dei più agiati. Fanno perciò continuamente
appello alla società intera, senza distinzioni, anzi
prevalentemente alla classe dominante. Basta solo capire il loro
sistema per riconoscervi il miglior progetto possibile per la
migliore delle società possibili.
Sicché essi rifiutano ogni azione politica, in particolare
ogni azione rivoluzionaria. Puntano a raggiungere il loro
obiettivo per via pacifica e tentano di aprire la strada al nuovo
vangelo sociale con il potere dell'esempio, attraverso piccoli
esperimenti che naturalmente sono destinati a fallire.
Questa rappresentazione fantastica della società futura - in
un'epoca in cui il proletariato è ancora pochissimo sviluppato e
dunque si rappresenta la propria posizione in modo fantasioso -
rispecchia il47 primo
impulso del proletariato che presagisce una trasformazione
complessiva della società.
Gli scritti socialisti e comunisti contengono però anche
elementi critici. Essi attaccano tutte le fondamenta della
società esistente. Hanno perciò offerto materiali molto
apprezzabili per la maturazione dei lavoratori. Le loro
affermazioni positive sulla società futura, cioè l'abolizione
della contrapposizione di48
città e campagna, della famiglia, del guadagno privato, del
lavoro salariato, l'annuncio dell'armonia sociale, la
trasformazione dello Stato in pura amministrazione della
produzione, tutte queste loro affermazioni esprimono semplicemente
la scomparsa della contrapposizione fra le classi che proprio
allora comincia a svilupparsi e che essi conoscono solo nella sua
prima informe indeterminatezza. Sicché queste affermazioni hanno
un senso puramente utopistico.
L'importanza del socialismo e comunismo critico-utopistici è
inversamente proporzionale allo sviluppo storico. Nella stessa
misura in cui la lotta di classe si sviluppa e prende forma, quel
fantasticato elevarsi al di sopra di essa, quella immaginaria
lotta contro di essa perde ogni valore pratico e ogni
giustificazione teorica. Se anche i fondatori di quei sistemi
erano dunque sotto diversi aspetti dei rivoluzionari, i loro
allievi non fanno che formare ogni volta delle sette reazionarie.
Si aggrappano alle vecchie tesi dei maestri contro il progressivo
sviluppo storico del proletariato. Epperciò cercano di smussare
di nuovo la lotta di classe e di mediare fra gli estremi.
Continuano pur sempre a sognare la realizzazione sperimentale
delle loro utopie sociali, l'istituzione di singoli falansteri, la
fondazione di colonie in patria, la creazione di una piccola
Icaria49 - la copia in
dodicesimo della nuova Gerusalemme -, e per l'edificazione di
tutti questi castelli spagnoli debbono appellarsi alla filantropia
dei cuori e dei portafogli borghesi. A poco a poco cadono nella
categoria dei summenzionati socialisti reazionari o conservatori,
differendo da questi solo per una più sistematica pedanteria, per
la fede fanatica e superstiziosa nei meravigliosi effetti della
loro scienza sociale.
Essi dunque si oppongono aspramente a ogni movimento politico
dei lavoratori, che non potrebbe non derivare che da cieca
miscredenza nel nuovo vangelo.
Gli owenisti in Inghilterra, i fourieristi in Francia,
reagiscono lì contro i cartisti, qui contro i riformisti50.
continua...
Note
28 (torna)
Non la restaurazione inglese (1660-89), bensì quella francese
(1814-30).
[Nota di Engels nell'edizione inglese del 1888].
29 (torna) Il
2 agosto del 1830 Carlo x, erede legittimo di Luigi XVI e ultimo
sovrano della Restaurazione postnapoleonica nella discendenza del
casato borbonico, si vide costretto ad abdicare. La Camera dei
Deputati optò per l'offerta del trono di Francia a Luigi Filippo
d'Orleáns, il "re borghese", monarca costituzionale il
cui padre aveva abbracciato esplicitamente la causa della
Rivoluzione francese, cosa che agli occhi di un gruppo di fautori
della monarchia tradizionale di diritto divino lo privava di ogni
legittimità. Di conseguenza questi monarchici
"legittimisti" difesero, e continuarono a difendere
lungo il XIX secolo, il diritto al trono del pretendente meglio
situato nella linea di successione diretta di Luigi XVI, definito
come "legittimo". Luigi Filippo d'Orleáns, membro di un
ramo laterale dei Borboni, venne destituito, d'altro canto, nel
1848. I legittimisti francesi, rappresentanti della grande
proprietà ereditaria della terra e dei suoi interessi, adottarono
spesso una retorica populista combattiva.
30 (torna)
Gruppo (Young England) di politici e letterati appartenente
al partito tory. Formatosi al principio del quarto decennio
del secolo XIX, ebbe tra i suoi più illustri riferimenti
intellettuali Benjamin Disraeli e Thomas Carlyle. I suoi membri,
portavoci del malcontento della vecchia aristocrazia davanti alla
crescente egemonia economica e politica della borghesia
industriale e finanziaria, cercarono di ottenere un certo credito
in ambienti operai allo scopo di rafforzare la propria politica
antiborghese.
31 (torna)
Nell'edizione inglese del 1888 viene qui aggiunto: "che sono
cadute dall'albero dell'industria".
32 (torna)
Ciò vale principalmente per la Germania, dove ampie parti dei
possedimenti dell'aristocrazia fondiaria e della grande proprietà
terriera vengono fatte coltivare da fattori; tali possedimenti
producono inoltre su vasta scala barbabietola da zucchero e grappa
ottenuta da patate. L'aristocrazia britannica più agiata non è
finora caduta così in basso; tuttavia anch'essa sa come
compensare la rendita in calo prestando il proprio nome a
promotori di società anonime più o meno equivoche.
[Nota di Engels nell'edizione inglese del 1888].
33 (torna)
Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece:
"cristiano".
34 (torna)
Jean-Charles-Léonard Simonde de Sismondi (1773-1842), storico ed
economista, nacque a Ginevra. Nel 1800 pubblicò Tableau de
l'agriculture toscane, dopo aver soggiornato in Inghilterra -
paese nel quale la sua famiglia cercò rifugio in seguito agli
eventi scatenati in buona parte dell'Europa continentale dalla
Rivoluzione francese - e in Toscana - dove ebbe modo di studiare i
problemi economici della regione. Nel 1803 pubblicò De la
richesse commerciale, opera che gli valse l'offerta (che
peraltro non accettò) della cattedra di economia politica
all'Università di Vilna (l'odierna Vilnius). Accompagnò Madame
de Staël nel suo viaggio in Italia, insieme a August Wilhelm von
Schlegel e altre celebrità dell'epoca. Durante i Cento giorni
giunse a incontrare Napoleone, di cui difese sempre il programma
costituzionale. Autore di vari studi storici di rilievo, la sua
opera più importante, Nouveaux principes d'économie politique,
vide la luce nel 1819. In questa portò a termine una critica del
libero scambio a oltranza preconizzato da Say, Ricardo e Malthus,
esercitando grande influenza in diversi ambienti, tra cui alcuni
di filiazione socialista.
35 (torna)
Nell'edizione inglese del 1888 al posto di questa frase compare:
"Alla fin dei conti, allorché i persistenti fatti storici
ebbero scacciato ogni entusiasmo derivato dall'autoinganno, questa
forma di socialismo degenerò in una meschina atonia".
36 (torna)
Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 le parole
"sulla società vera" scompaiono.
37 (torna)
Nell'edizione inglese del 1888 compare invece: "dei filistei
tedeschi".
38 (torna)
Nell'edizione inglese del 1888 compare invece: "il piccolo
filisteo".
39 (torna) La
bufera rivoluzionaria del 1848 spazzò via tutta questa gretta
tendenza e guarì i suoi protagonisti del desiderio di dilettarsi
ancora di socialismo. Il maggiore rappresentante e il modello
classico di tale tendenza è Karl Grün.
[Nota di Engels nell'edizione tedesca del 1890].
40 (torna)
Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865), socialista anarchico francese,
nacque nella città di Besançon in una famiglia di artigiani,
piccoli proprietari e commercianti. Intervenuto nella rivoluzione
del 1848, nello stesso anno divenne deputato, e nel marzo 1849 fu
condannato a tre anni di carcere per ingiurie al Capo dello Stato.
Da posizioni anarchiche Proudhon attaccò in numerose
pubblicazioni e interventi pubblici, nei quali fece sfoggio di una
formidabile oratoria, l'intera classe di governo e persino
l'esistenza stessa dello Stato, proclamandosi nel contempo a
favore del federalismo e, con notevole capacità premonitrice, dei
sindacati. Marx polemizzò veementemente con la tesi proudhoniana
esposta in Philosophie de la misére (1846). Come motto
Proudhon scelse destruam et aedificabo: la distruzione
sarebbe l'anarchia, mentre la ricostruzione sarebbe il mutualismo
e il federalismo.
41 (torna)
Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece:
"e".
42 (torna)
Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece:
"Il socialismo della borghesia".
43 (torna)
François-Noël Babeuf (1760-1797), rivoluzionario e comunista
francese, nacque in Piccardia. Svolse un'incessante attività di
agitazione politica, giungendo a dirigere il giornale Le
défenseur de la liberté de la presse, dove firmava i propri
articoli sotto lo pseudonimo di Gracchus, in memoria dei
famosi fratelli romani. Sostenendo, in nome degli interessi del
proletariato, la teoria giacobina di Robespierre, Babeuf, in
collaborazione con Buonarroti e altri compagni, tracciò le linee
maestre di una "cospirazione degli Eguali" volta a
instaurare un sistema "giusto", comunista, secondo una
concezione esplicitamente non utopica. Il governo riuscì a
sventare il piano insurrezionale - precursore, stando ad alcuni
storici, della teoria leninista della rivoluzione diretta da
un'élite rivoluzionaria -, e una trentina di Eguali, tra i quali
Gracco Babeuf, vennero condannati alla pena capitale. Louis Blanc
e Louis-Auguste Blanqui furono suoi discepoli.
44 (torna)
Claude-Henri de Rouvroy, conte di Saint-Simon (1760-1825),
aristocratico francese di presunta stirpe carolingia, veterano
della guerra di indipendenza degli Stati Uniti d'America,
attivista politico e autore di una vasta opera che si trasformò
ben presto in un oggetto di culto per i suoi seguaci, è uno dei
massimi responsabili della diffusione di idee protosocialiste
nell'Europa dell'epoca. Convinto che l'intera società riposi
sull'industria e che questa sia l'unica decisiva fonte di
ricchezza, Saint-Simon divenne l'apostolo della "classe
industriale", il settore laborioso e creativo della società
chiamato a occupare la prima fila di un ordine ricostruito in
chiave sociale egualitaria e di economia pianificata. Saint-Simon
fu il maestro principale di Auguste Comte, cosa che - con l'aver
proposto nel 1813 la creazione di una scienza positiva della
morale, della politica e dell'umanità in generale - lo fa
apparire uno dei "padri fondatori" della sociologia
scientifica. Ad ogni modo, la sua scuola diventò una vera e
propria "chiesa", centrata sulla sua ultima opera, Nouveau
christianisme (1825), nella quale si difende la convenienza
morale del dedicare tutte le energie sociali alla "classe
più numerosa e più povera". In seguito alla disgregazione
della Chiesa sansimoniana, di inequivocabile significato
socialista, alcuni suoi discepoli scelsero di trasformarsi in
intraprendenti e, alla fine, ricchi uomini d'affari, in
"capitani" d'industria.
45 (torna)
François-Marie-Charles Fourier (1772-1837), nato a Besançon, è
passato alla storia come un "socialista utopistico" di
profonda e duratura influenza. Allo stesso modo di Adam Smith,
Fourier si accorse subito degli aspetti disumani del nuovo lavoro
industriale; tuttavia, diversamente da lui, non li considerò
inevitabili, ma superabili mediante una migliore organizzazione
del luogo di lavoro e del lavoro stesso. Immaginò così delle
unità di lavoro, o "falangi", intese a svolgere la loro
attività in speciali luoghi di produzione che battezzò col nome
di "falansteri". Come Rousseau, Fourier fece sua la
credenza nella bontà naturale dell'uomo e nel potere corruttore
della società moderna, anche se, diversamente da lui, non propose
come rimedio ai mali dell'epoca il ritorno allo stato di natura,
bensì l'accettazione delle conquiste tecnologiche
dell'industrialismo, adeguatamente riorganizzate per quanto
riguarda la loro cornice sociale di sviluppo. A proposito della
riorganizzazione sociale da lui proposta, risalta l'idea della
possibilità - per lui effettiva - dell'armonia, dell'eliminazione
della feroce concorrenza industriale, creatrice di operai schiavi
del capitalismo. Fourier propugnò il garantismo - il sistema di
servizi pubblici volti a sostenere l'operaio in caso di necessità
-, il diritto al lavoro e il cooperativismo. In Messico e negli
Stati Uniti venne fondato un discreto numero di falansteri, e la
sua opera del 1829 Nouveau monde industriel et sociétaire
fu molto letta.
46 (torna)
Robert Owen (1771-1858) nacque a Newtown, Montgomeryshire, Galles.
Figlio di un fabbro, autodidatta, ben presto divenne operaio capo
in una fabbrica di filati a Manchester, di cui fu poi
comproprietario. Nel 1800 acquistò a New Lanarck, in Scozia, una
filanda di cotone che ebbe una certa notorietà: la sua azienda
diventò infatti un modello di efficienza e produttività,
nell'ambito di uno spazio urbano riumanizzato da Owen stesso, il
quale costruì alloggi igienici per gli operai, organizzò asili
d'infanzia e scuole per i loro figli e in periodi di crisi
continuava a pagare i salari per intero. Tale impegno, eccezionale
in quell'epoca, suscitò grande ammirazione in persone tanto
dissimili come Bentham, che lo aiutò economicamente, o lo zar
Nicola di Russia. In questa tappa della sua vita Owen propugnò,
in opere quali A New View of Society (1813), entro una
generale cornice riformista, la trasformazione del carattere umano
per mezzo di una riorganizzazione del suo ambiente, l'estensione e
l'approfondimento dell'educazione, il cooperativismo e il pieno
impiego. Col tempo Owen radicalizzò le sue posizioni, accentuando
la critica all'individualismo degli economisti liberali e
sottolineando le conseguenze negative della libera concorrenza.
Allo scopo di corroborare il proprio insegnamento con la forza
dell'esempio concreto, nel 1826 si trasferì nello stato
nordamericano dell'Indiana, dove fondò una colonia, "Nuova
armonia", che tuttavia fallì. Al suo rientro in Inghilterra
Owen si pose a capo del movimento operaio sindacalista e
cooperativista, arrivando a presiedere la Grand National
Consolidated Trade Union, da lui stesso formata e germe delle Trade
Unions britanniche. Le sue idee cooperativiste ebbero al suo
tempo grande influenza, sebbene venissero occasionalmente relegate
in secondo piano dal cartismo, e i suoi sforzi volti a organizzare
la classe operaia stanno alla radice del sindacalismo socialista
britannico.
47 (torna)
Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece:
"scaturisce dal".
48 (torna)
Nelle edizioni tedesche del 1872, 1883 e 1890 compare invece:
"fra".
49 (torna) Phalanstères
erano le colonie socialiste del progetto di Charles Fourier; Icaria
era il nome che Cabet conferì alla sua utopia e, in seguito, alla
sua colonia comunista in America.
[Nota di Engels nell'edizione inglese del 1888].
Owen chiamava home colonies le sue società modello di
stampo comunista. Phalanstères era il nome dei palazzi
pubblici progettati da Fourier. Icaria era il nome dato
all'utopistico paese di fantasia le cui istituzioni comuniste
vennero descritte da Cabet.
[Nota di Engels nell'edizione tedesca del 1890].
50 (torna)
Seguaci del quotidiano parigino "La Réforme", che si
pronunciavano a favore della Repubblica e dell'avviamento di
riforme politiche di carattere democratico e, parimenti, di
riforme sociali. |