Quell'anno a Roma ci fu un inverno freddissimo, uno di quegli inverni che i metereologi definiscono da record, ma loro definiscono "da record" anche tutti gli altri inverni, quindi non c'è da farci molto affidamento: invariabilmente si tratta dell'inverno più freddo degli ultimi cento anni, ma è anche l'inverno piu caldo degli ultimi cento anni, brutta cosa vivere cento anni fa, con quegli inverni.
Comunque quello fu un inverno veramente freddo, le Guardie Svizzere buttarono la divisa di Michelangelo per un più caldo piumino e i Vigili andavano in giro con un casco della NASA perché l'elmetto di ordinanza non bastava più.
Il Tevere, per la prima volta a memoria d'uomo, si ghiacciò e tutti si comprarono subito i pattini da ghiaccio e il colbacco di pelo, credendo di stare a Mosca , finché un bell'assessore pensò di utilizzare il Tevere ghiacciato come via di scorrimento rapido, riuscendo a creare un traffico della Madonna anche lì.
Ogni tanto quando doveva passare un'ambulanza o la Polizia la gente si faceva da parte aspettando le loro sgommate sul ghiaccio, non di rado si levavano scrosci di applausi. Ad orari ben precisi si udiva un brusio : "Passa Otto!", si trattava della Gazzella 11 guidata dal mitico Otto Stuttgert, Carabiniere ausiliario di Brunico, era l'unico che riusciva a fare da Ponte Milvio a Ponte Cavour in derapata di freno a mano.
I polacchi che in tempi normali lavavano i vetri delle macchine ai semafori si erano improvvisati rompighiaccio e giravano muniti di pala e piccone pronti ad intervenire. Qualcuno di loro spesso si sbagliava, e ricordandosi l'usuale mestiere, prendeva a picconate i parabrezza delle macchine creando scompiglio e grandi giramenti, non di motore.
Le moto erano le più penalizzate; per colpa del precario equilibrio causato dal ghiaccio erano diventate dei missili impazziti, Giggi del Quarticciolo, noto ladro di maxi-moto, fu visto sgassare di terza e sparire verso i Colli Albani a 450 chilometri orari.
Gli automobilisti per debellare il freddo trovarono il modo di inventare diavolerie antifreddo degne di un libro del terrore, alcuni compravano una batteria di bistecchiere e le tenevano attaccate simultaneamente per scaldare la carrozzeria, una 500 agghindata in questo modo per poco non si abbrustolì totalmente e un gruppo di tedeschi credendo di vedere un Krapfen gigante quasi la sbranarono. I più snob installarono sofisticati impianti di condizionamento e come d'estate il ricco si distingue dal povero perché rimane in giacca e cravatta in auto con l'aria condizionata accesa, così in quel periodo chi guidava in maglietta veniva invidiato per il suo impianto di riscaldamento, il massimo dello status symbol era il guidare in cannotta e mutande, segno di una macchina ipercalda.
Il massimo del freddo si raggiunse quando i pinguini dello zoo fecero un baccano d'inferno finché non gli avessero dato l'acqua calda, e fu allora che si notò come a Roma ancora non si vedesse una nuvola da mesi mentre nel resto di Italia pioggia e neve imperversavano. Per un certo periodo il cielo fu bellissimo e i romani si poterono permettere di fare le pernacchie ai milanesi, poi improvvisamente il tempo si guastò, il cielo si riempì di strani nuvoloni gracchianti e un pomeriggio nevicò, ma non fu neve.
Dapprima non ci si fece caso perché sembrava neve normale poi, a mano a mano che cadeva, ci si rese conto che non si trattava dei soliti fiocchi bianchi; quelle che stavano scendendo erano lisce e candide mattonelle di terracotta smaltata.
Il bello è che non facevano per nulla rumore, la nevicata di mattonelle fu silenziosa come ogni nevicata, si udiva solo un leggero "clac" quando la mattonella toccava terra e si sistemava al suo posto; sì perché le mattonelle non arrivavano in ordine sparso ammonticchiandosi a casaccio, ma si posizionavano una accanto all'altra coprendo uniformemente tutto: Roma stava diventando una gigantesca stanza da bagno.
Naturalmente non nevicò uguale dovunque, in periferia ci si accorse subito che le mattonelle erano di qualità scadente e poco dopo la nevicata la metà erano già sbeccate o non combaciavano bene, proprio una schifezza di mattonato: oltretutto i colori erano i peggiori in assoluto ed erano un vero pugno nell'occhio, una borgata fu coperta di piastrelle rosa schoking e poco mancò che avvenisse una sollevazione popolare.
In un'altra nevicarono piastrelle piene di buchi e la gente ci inciampava continuamente mentre in un quartiere povero nevicarono addirittura piastrelle già piene di scritte e parolacce.
Il Vaticano fu ricoperto di finissime mattonelle bianco lucido bordate di giallo, mentre il Quirinale assunse la forma di un gigantesco tricolore di piastrelle visibile anche dai satelliti.
I quartieri ricchi ebbero mattonelle pregiate in colori delicati e un riccone ebbe anche l'ardire di protestare perché il giardino così piastrellato mal si accordava con le sue cravatte, una tegola da 1Kg che gli nevicò in testa gli fece cambiare idea.
In una zona particolarmente elegante nevicarono piastrelle firmate Armani, in un'altra arrivarono con radiotelefono e fax incorporato.
Nevicò per un giorno e una notte, e talvolta la nevicata era talmente fitta che per avanzare nelle strade bisognava farsi strada a colpi di mazzettate.
Subito il sindaco e gli assessori rassicurarono la popolazione: "un commissario straordinario sarà eletto, verrà istituita una commissione parlamentare, si aprirà una inchiesta giudiziaria, tutti i provvedimenti del caso verranno adottati."
Scendendo le scale del Campidoglio mattonate di giallo e rosso (i laziali sollevarono una polemica terribile per questa faccenda del colore) il Sindaco sorrideva ai suoi concittadini trattandoli come un papà tratta i suoi figli, "vedrete, si farà quanto necessario", "faremo ordine nella città", "questa non passerà liscia".
Vennero fatte delle interrogazioni parlamentari e i verdi chiesero l'immediata chiusura di ogni azienda lattoniera, a chi gli chiedeva il nesso tra il ferro e le mattonelle rispondevano adirati:" Volete forse che dopo una nevicata di piastrelle ci tocchi una pioggia di tubi Innocenti?".
Il Papa invitò i fedeli a pregare, ma appollaiato sul suo balcone oramai diventato una parete di piscina sembrava un bagnino estivo, e per rispetto alla sua carica furono sospese le omelie dalla finestra.
Il Ministro della protezione civile inviò subito contingenti dell'esercito e reparti di Alpini specializzati (il Ministro della protezione civile invia SEMPRE un reparto di Alpini specializzati) ma sbagliò clamorosamente la loro attrezzatura visto che arrivarono con scarponi pesanti da montagna, scivolosissimi sul liscio: molto più adatti si rivelarono gli uomini-rana, costretti però a girare per Piazza Venezia in pinne e maschera.
Dovunque ci fu un gran parlare del fenomeno, si interrogarono specialisti atmosferici, i paesi della CEE inviarono contributi e tutti solidarizzarono con Roma.
In realtà i romani non sembravano essere presi dal panico, abituati da sempre a far da sé cominciarono ad organizzarsi.
Prima di tutto si pensò alla circolazione, su quella superficie liscia si scivolava che era una bellezza, e urgeva trovare un rimedio.
L'idea geniale venne ad un negoziante di giocattoli, che staccò tutte le ventose dalle sue frecce e le attaccò ai pneumatici dell'auto: così combinata la macchina non scivolava più e avanzava facendo presa come un polipo.
In un baleno tutti comprarono milioni di ventose da attaccare ai pneumatici e subito i prezzi salirono alle stelle, quei vecchi marpioni degli idraulici riuscirono a rifilare le loro ventose da lavandino a prezzi stratosferici e più di un padre fu visto schiaffeggiare il proprio piccolo che non voleva mollare la sua pistola a ventosa.
Il trucco funzionava benissimo ma nacque il problema del rumore: nelle ore di punta per il mattonato del Lungotevere sembrava che si stessero stappando contemporaneamente milioni di bottiglie, tale era il fracasso provocato. Le strade di scorrimento divennero una bolgia caotica dove le auto, sfrecciando a 100 all'ora, provocavano una cagnara spaventosa, tanto che oramai gli aerei in avvicinamento a Fiumicino si orientavano grazie al rumore del Raccordo Anulare.
I camion avevano delle ventose grosse come padelle, e quando passavano loro sembrava si stesse combattendo a colpi di mitra. Un giorno mentre stavano rapinando una Banca un poliziotto equivocando sul rumore degli spari esclamò:" piantatela laggiù con queste sgommate o vi sequestro le ventose".
Si risolse il problema attaccando della gomma americana intorno al pneumatico, questa pur avendo una buona aderenza non provocava eccessivi rumori; fiutato l'affare anche i gioiellieri si misero a vendere cicche masticabili e cambiò anche il modo di parlare: invece di dire "vado a prendermi un caffè" si sentiva sempre più spesso dire "vado al bar a farmi un treno di gomme nuovo". Per i diabetici inventarono i pneumatici senza zucchero e i gay si riconoscevano subito a causa delle gomme rosa alla fragola.
Il secondo grande problema fu la pulizia di tutta quella superfice liscia: la Rapida divenne una holding internazionale con 10.000 dipendenti e il direttore riuscì a comprarsi un grattacielo a Montecarlo in breve tempo, il detersivo per pavimenti venne quotato in Borsa e gli spazzoloni divennero un bene-rifugio più prezioso di una casa.
La gente riscoprì il gusto dei pattini e degli skateboard, la tangenziale venne chiusa al traffico e il suo fondo di piastrelle rosso fuoco divenne una pista per campionati mondiali.
Per le scarpe si risolse adottando universalmente calzature da ginnastica, andavano benissimo le scarpette da ballo e nessuno criticò più il noto Avvocato Prendini, di dubbie tendenze, per la sua mania di portare scarpe rosa da balletto classico.
Gli uccelli furono a lungo penalizzati finché non impararono ad atterrare senza sgommare, nei primi tempi non era infrequente vedere dei bolidi piumati scivolare sui marciapiedi, si trattava di incauti passerotti atterrati troppo velocemente.
Così passarono due mesi e la città si abituò talmente tanto alle piastrelle che oramai anche il traffico e ogni altro guaio di Roma tornò a livelli pre-nevicata. Si ripresero a far buchi dovunque nelle strade senza motivo e al momento di chiuderli anziché chiamare gli stradini si fece ricorso ai piastrellisti, il sindaco continuava a promettere provvedimenti che non arrivavano mai, la gente oramai sapeva come andavano le gestioni politiche della capitale e non se la prese più di tanto, in fondo a Roma era capitato ben di peggio, una nevicata di mattonelle non poteva che essere considerata con sufficienza. Dopo un po' neanche si menzionava più al fatto delle piastrelle e anzi spesso diventava un segno di demerito e di critica, ad esempio quando qualcuno arrivava tardi in ufficio si udiva spesso il capufficio dire: "e adesso non mi dirà mica che è arrivato a questa ora a causa delle mattonelle, vero?". La scusa più banale che nessuno oramai aveva più il coraggio di dire era:" scusa il ritardo, sai ho trovato Via del Corso con delle piastrelle scivolosissime oggi". La vita continuò tranquilla lasciando Roma nella sua proverbiale indifferenza e quando a primavera il sole fece evaporare tutte le piastrelle nessuno ci fece troppo caso, solo qua e là, nei cortili ombreggiati, ancora rimane qualche sbiadita mattonella.