A proposito di cinema di qualità, mi viene in mente quando frequentavo in tempi di scoutismo il cinema parrocchiale.
Un cinemino dal nome pretenzioso, tipo "Reale" o "Maestoso", più onestamente ribattezzato "pidocchietto" dai frequentatori, comunque l'insegna non era più visibile dato che veniva bombardata di sassate due volte al giorno, all'alba ed al tramonto.
Ubicazione: Tufello centrale, il Bronx dei coatti romani.
Sala da un centinaio di posti, panche di legno bello duro, quello delle tradotte di guerra, scricchiolii terribili quando tiravi giù il sedile, pareva fosse entrata la Famiglia Addams ogni volta.
Le ultime file erano sempre le più infelici, due posti dietro la colonna, tre in dirittura dei cessi, l'ultima fila fagocitata dalla mondezza che si accumulava sul fondo, sfollati che vivevano da vent'anni nelle poltrone infrattate dietro gli angoli.
Nei bagni nessuno entrava più da anni, in lontananza si udivano sgocciolii da grotte di Postumia, là dentro si erano perse ben tre cordate di maschere.
L'audio proveniva da enormi armadi appesi ai muri, di inequivocabile provenienza parrocchiale, altoparlanti con diametro di due micron con filtro Vaticano, quello che permette solo di sentire la voce del Papa o del prete (in genere è la stessa) e fa fondere automaticamente il fusibile al secondo "cazzo" del film.
Le luci erano lampadine spaiate, a tortiglione, trasparenti, opache, un burlone una volta mise una di quelle finte candele da altarino e nel buio si vedeva il baluginare della fiammella come un fuoco fatuo, la gente in sala pregava.
La programmazione era varia, da Bambi ai documentari su Stalin, pane et circensem dei proletari, mai film che facessero intravedere più di un ginocchio comunque.
Si pagava il biglietto all'entrata ad un omone unto che stava dietro ad un bancone, qui si potevano comprare dei popcorn di marmo con il timbro "Piano Marshall" sul fondo della busta.
E il tendone? Un classico tendone da entrata di cinema, quello che entri ed immediatamente ti ci perdi. I tendoni dei cinema hanno dei labirinti all'interno che ti costringono a vagare per 300 metri nel tessuto prima di raggiungere l'altra parte, i cinema di lusso hanno percorsi anche di due chilometri.
A Natale e Pasqua si dava una bella passata di lisoformio e almeno nei primi giorni c'era una certa pulizia, poi si formavano rapidamente sul fondo le solite balle di zella.
La cabina di proiezione era una bara abitata da un vecchino di duemila anni, metteva su il film e andava all'osteria, si ripresentava dopo due ore qualsiasi cosa fosse successa nel frattempo, un orologio.
Naturalmente c'erano le maschere, in origine, durarono venti minuti nel primo giorno d'apertura, poi le rapirono i bruti del Tufello, in compenso passava spesso un prete cattivo che menava sganassoni ai bambini coi piedi sulle panche, dal fondo qualcuno bestemmiava sempre fidando nell'omertà da cinema e nell'impenetrabilità delle ultime file.
Un giorno venne il Papa in visita al Tufello, grandi preparativi e grandi pulizie, il Papa avrebbe incontrato i giovani al "pidocchietto"; cancellati le amichevoli scritte "cloro al clero" sui muri del cinema, abbelliti gli interni e verniciate a nuovo le sedie, festoni giallo-bianco appesi al soffitto, vennero affittati, come di consueto nelle visite del Papa, una cinquantina di bambini ebeti pronti da baciare. Il Papa fece la visita e mentre la macchina ripartiva per portarlo al Vaticano, svelto un servo toglieva le bandiere appese sulla strada prima che se le fregassero i ragazzi del Tufello, dopo quindici minuti erano già ricomparsi tre "cloro al clero" e due "a morte il Papa".
Oggi il pidocchietto non c'è più come lo ricordavo io, sono stati spesi 80 milioni per rifare gli interni, un uomo gentile, vestito persino con giacca e cravatta, ti strappa i biglietti all'ingresso, un prete biondo bello come il pane passa di tanto in tanto a salutare gli spettatori, i cartelloni dei film abbondano di tettone; eppure a ben cercare ancora si trova, in qualche angolo inesplorato, una di quelle vecchie sedie di legno duro, e un velo di malinconia cade sul volto di noi vecchi frequentatori del pidocchietto.