Il grande filosofo greco di Agrigento
IMG nacque nel 492 circa; si atteggiò a profeta e a taumaturgo; come medico (è
ritenuto il fondatore della scuola medica siciliana) pare sua la scoperta del labirinto
dell'orecchio interno; e fu forse maestro di Gorgia l'oratore. E Timeo dice che fu allievo di Pitagora (VI - V secolo
a.C.) . Non sono da trascurare le sue doti di poeta, nell'utilizzo del metro della
tradizione epica, e di fisico.
" (...) coloro che presso i Greci vengono chiamati 'fisici', dovremmo
chiamarli anche poeti, perché il fisico Empedocle scrisse un eccellente poema".
(Cicerone, De Oratore, I, 217; a cura di G.Norcio, UTET, 1976) "Si tramanda che
il rapsodo Cleomene abbia recitato in Olimpia proprio il suo poema, le Purificazioni: lo
attesta anche Favorino nelle sue Memorie". (Diogene Laerzio; VIII, 63).
Di nobile famiglia patteggiò tuttavia per gli esponenti democratici, di cui fece parte
nel governo della città grazie alla scomparsa del tiranno Terone nel 472
ed alla cacciata del di lui figlio Tisandro. In gioventù "vinse una
corsa di cavalli ad Olimpia" (Ateneo, 3, e). Ma parrebbe che Ateneo
confonda tale gesto con quello compiuto dal nonno del poeta, che portava lo stesso nome.
Il padre fu invece Metone, leggiamo in Diogene Laerzio
(VIII, 51).
"Successivamente Empedocle abolì anche l'assemblea dei Mille, costituita per
la durata di tre anni, sì che non solo appartenne ai ricchi, ma anche a quelli che
avevano sentimenti democratici. Anche Timeo nell'undicesimo e nel dodicesimo libro -
spesso infatti fa menzione di lui - dice che Empedocle sembra aver avuto pensieri contrari
al suo atteggiamento politico. E cita quel luogo dove appare vanitoso ed egoista. Dice
infatti: 'Salvete: io tra di voi dio immortale, non più mortale mi aggiro'. Etc. Nel
tempo in cui dimorava in Olimpia, era ritenuto degno di maggiore attenzione, sì che di
nessun altro nelle conversazioni si faceva una menzione pari a quella di Empedocle. In un
tempo posteriore, quando Agrigento era in balìa delle contese civili, si opposero al suo
ritorno i discendenti dei suoi nemici; onde si rifugiò nel Peloponneso ed ivi morì (VIII,
66, 67; op. cit.).
Doveva essere il 432 a.C.; durante la sua permanenza in Elea conobbe Parmenide ed il
poeta di Ceo Simonide.
Ma ad Agrigento circolavano anche le idee di Pitagora e Senofane,
Eraclito e i medici Pausania (suo allievo prediletto) e Acrone; ed Empedocle seppe superare gli influssi di tale scuole con
la sua personalità con la sua visione della realtà dei quattro classici elementi
dell'acqua, dell'aria, del fuoco e della terra.
"Gli uomini non sanno comprendere queste cose né cogli occhi né con le
orecchie e neppure con la mente" (Diogene Laerzio; IX, 73).
"Deboli poteri infatti sono diffusi per le membra; molti mali repentini, che
ottundono i pensieri. Scorgendo una misera parte della vita nella loro vita di breve
destino, come fumo sollevandosi si dileguano, questo solo credendo, in cui ciascuno si
imbatte per tutto sospinti, si vantano di scoprire tutto; così queste cose non sono
vedute, né udite dagli uomini, né abbracciate con la mente. Tu dunque, essendoti qui
straniato, non saprai di più di ciò a cui si solleva la mente umana". (Sesto
Empirico; in I Presocratici, testimonianze e frammenti; Laterza; 1994)
Gli elementi non hanno origine, secondo l'ideale di Parmenide, ma
possono modificare le loro caratteristiche sotto la spinta dell'Amore unificatore, o della
Discordia disgregatrice: "Due forze che reggono la terra, ieri sono state e domani
pur saranno". All'uomo non resta che adeguarsi, e vivere una esperienza dopo l'altra,
per conoscere la realtà fatta dal molteplice, e dall'insieme di innumerevoli singoli
elementi. Vivere le esperienze della natura rende l'uomo sempre più simile ad essa, e
può comprenderla alfine dall'interno: grazie anche alla metempsicosi. Ciò lo apprendiamo
dai frammenti dei suoi lavori giuntici: 111 del poema Della natura,
e pochi del Purificazioni.
"Le sue opere Della natura e le Purificazioni si estendono per cinquemila
versi, il Trattato sulla medicina per seicento righe. Delle tragedie abbiamo già
detto" (VIII, 77).
"Concordando quindi con Empedocle: 'Non vi fu perciò nessuna guerra di dei o
frastuono di battaglia, neppure fu Zeus loro re, né Crono, né Poseidone, solo Cipride
bensì fu loro regina. Essa viene appagata dalla gente, con offerte devote d'animali
dipinti, e balsami riccamente profumati, con sacrifici di pura mirra e fragante incenso,
mentre stendono sul terreno libagioni dal giallo miele di favo'". (Ateneo; 510,
c; op. cit.).
Altri lavori dei quali sappiamo solo i titoli sono Politica, Della medicina, Proemio
ad Apollo, pur se di incerta attribuzione. Un lavoro sulle guerre persiane pare sia
stato distrutto per sua volontà non piacendogli. La sua fede nel valore dell'esperienza -
che ci ricorda l'ideale di secoli a noi più vicini - lo condusse a potersi ritenere
depositario di conoscenze taumaturgiche:
"Uomini e donne mi lodano seguendomi in massa, domandando a me la parola che
sana le numerose malattie che trafiggono ogni ora le carni".
Con disagio lo potremmo definire anche un santone, per le guarigioni fatte che la voce
della leggenda tramanda con altre: una dice che egli si gettò nel cratere dell'Etna IMG, per liberarsi infine del corpo ormai
ingombrante o far credere con la sua sparizione di essere stato assunto tra gli dei. Il
cratere (riferisce Diogene Laerzio, VIII, 69) rigettò uno dei suoi sandali bronzei.
Un'altra leggenda lo vuole sparire in un gran bagliore notturno, dopo aver fatto
resuscitare una donna (Idem, VIII, 68). Di certo abbiamo che egli formulò per primo la
teoria dei 4 elementi, base di tutte le cose, e sottoposti alle due forze che, a periodi,
dominano l'universo o fondendo tutto in un unicum o separando i 4 elementi; consentendo
l'esistenza del mondo come lo vediamo e lo viviamo durante i periodi di lotta tra i due:
Amore e Odio.
Come egli vedeva sé stesso?
"E' scritto nel fato che chiunque macchi il suo corpo di sangue, o sia infame
seguendo l'esempio di Odio, andrà errando diecimila anni lontano dagli uomini felici,
nascendo di volta in volta sotto le sembianze di ogni essere vivente, soffrendo le varie
pene d'ogni diversa specie vivente. La forza dell'aria li lancia nel mare, e il mare li
scaraventa nella terra e la terra li butta nelle fiamme del sole che, a sua volta, li
rimette nell'aria per essere ancora respinti da tutti gli elementi. Uno di costoro sono
io, fuggendo gli dei e vagando a colpa della mia fede per l'Odio".
Ed ancora:"Già un tempo io nacqui fanciullo e fanciulla, arboscello e uccello e
pesce ardente balzante fuori dal mare".
E si narra di qualche miracolo da lui compiuto:
"Scoppiata una pestilenza fra gli abitanti di Selinunte IMG per il fetore derivante dal vicino
fiume, sì che essi stessi perivano e le donne soffrivano nel partorire, Empedocle pensò
allora di portare in quel luogo a proprie spese (le acque di) altri due fiumi di quelli
vicini: con questa mistione le acque divennero dolci. Così cessò la pestilenza e mentre
i Selinuntini banchettavano presso il fiume, apparve Empedocle; essi balzarono, gli si
prostarono e lo pregarono come un dio. Volle poi confermare quest'opinione di sé e si
lanciò nel fuoco". (VIII, 70).
Cioè si lasciò cadere dentro il cratere dell'Etna.
"E questo tutto abbrustolito chi è? - Empedocle. - Si può sapere perché ti
gettasti nel cratere dell'Etna? - Per un eccesso di malinconia. - No: per orgoglio, per
sparire dal mondo e farti credere un dio. Ma il fuoco rigettò una scarpa e il trucco fu
scoperto"; così satireggia Luciano, allievo di Epicuro (I dialoghi, trad.
Mosca; BUR, Rizzoli, 1990).
Altra voce tramanda che egli cadde da un cocchio mentre si recava a Messina, morendo
pel conseguente aggravarsi dell'infezione di una ferita alla gamba. Ed il suo sepolcro
sarebbe nei pressi di Megara Iblea.
Frammenti
SACRIFICI
Non cesserete dall'uccisione che ha un'eco funesta? Non vedete
che vi divorate reciprocamente per la cecità della mente?
Il padre sollevato l'amato figlio, che ha mutato aspetto, lo
immola pregando, grande stolto! e sono in imbarazzo coloro che
sacrificano l'implorante; ma quello, sordo ai clamori dopo averlo
immolato prepara l'infausto banchetto nella casa.
E allo stesso modo il figlio prendendo il padre e i fanciulli e
la madre, dopo averne strappata la vita, mangiano le loro carni.
(I Presocratici, vol.I, Laterza, 1969, Bari)
L'OCCHIO
Come quando taluno pensando al suo cammino si apparecchia lume,
nella notte tempestosa, splendore di ardente fuoco,
adattando la lucerna che tutte le aure trattiene
e disperde il soffio dei venti impetuosi,
e la luce che fuori ne balza, quanto più è sottile,
rifulge nella casa con infaticabili raggi:
così allora il fuoco primevo costretto in membrane
e in tuniche sottili si appiattò nella rotonda pupilla;
ed esse erano traforate da meravigliosi canali
che il gorgo trattenevano dell'acqua intorno fluente,
ma fuori lasciavano passare il fuoco quanto più era sottile.
(Le più belle pagine della let. greca classica, C. Coppola, Nuova Accademia Ed.)
Grazie alla Suida, che commenta la voce 'exanimis', un altro
frammento di Empedocle testimonia della grande considerazione che di sé aveva il poeta e
taumaturgo agrigentino:
"Da me apprenderai tutti i filtri magici, con i quali sono allonta nati i
malanni e la vecchiaia, poiché io solo te ne riferirò Indi le forze placherai degli
sfrenati venti, che irruenti sulla terra coi soffi distruggono i campi. E se vorrai li
desterai, invece, dalla terra.
Agli uomini una siccità tempestiva, causerai dopo la pioggia. E viceversa il fecondo
addurrai dopo la siccità (Traduzione di C. Schiavone)
In Diogene Laerzio (VIII, 59) si trova aggiunto il verso: 'Dall'Ade
tu trarrai alla luce la forza di un uomo morto'. |