E' un grande, appassionato, moralista poeta elegiaco, forse contemporaneo
di Solone e Focilide, del secolo VI - V a.C., nato a:
"Megara in Sicilia, durante l'Olimpiade LIX. Scrisse un'elegia su quelli che
si salvarono dei Siracusani nell'assedio, sentenze in forma di elegia in 2800 versi, una
raccolta di sentenze in distici dirette a Cirno suo amato, e altri consigli esortativi, il
tutto in dialetto epico" (Suida).
Che Teognide fosse di Megara Iblea, nato da famiglia aristocratica, lo riporta anche Platone nelle Leggi.
Con i due suddetti il megarese viene definito poeta gnomico per il moraleggiare a volte
aspro della sua poesia, eppur sempre vigorosa e calda nel denunciare i vizi e le
ingiustizie che vedeva sparse nel suo mondo.
Se la terra natia è certa, non lo è l'età che si pregiò delle opere del poeta
megarese: la fonte Suida riferisce una data (544 - 540 a.C.) che
stride con l'altra testimonianza del testo sulle guerre persiane del 492 (spedizione di Mardonio)
e del 480 a.C. con la seconda invasione.
L'opera di Teognide, il Corpus Theognideum, è una silloge elegiaca di 1389
versi raggruppati in 2 libri (che racchiudono uniti ai versi del nostro anche opere
indistinguibili d'altri poeti, come Solone, Tirteo e Focilide).Il primo, contiene 1230
versi di contenuto politico e morale, mentre il secondo coi rimanenti versi è ispirato
alla Musa puerilis. Da Solone e da Alceo molta critica vede una
influenza sull'opera del nostro.
Il nucleo della raccolta è costituito dalle esortazioni a Cirno,
figlio di Polipao, giovinetto caro al poeta. Questi ammonimenti contro la
decadenza dei costumi nella sua città, dalla fine del V secolo costituirono il fondo di
una silloge gnomica utilizzata a fine educativo: evidentemente si
tratta di saggi precetti, sotto forma di elegie, per una vita
felice che Teognide, da sdegnoso oligarca, rivolge a Cirno per comunicargli sia odio di
casta verso la plebe insolente (formata da commercianti neo ricchi) che il culto per le
antiche tradizioni. L'età felice è sempre il passato, possiamo apprendere dalla
tristezza del poeta megarese, e da tutti gli animi sensibili.
Di origine nobile, Teognide è ostile al governo dei tiranni ma anche al regime
democratico istituito nella sua città, che egli dovette giocoforza lasciare per
ritornarvi alla fine di un lungo esilio, perdendo comunque i suoi beni.
Questo lo spinge ad un culto del passato doloroso, che non si può più ovviamente
rivivere, e che lo frastorna per la conseguente, irriducibile e serena concezione
pessimistica della vita. Un famoso detto gli è attribuito:
"Sarebbe stato meglio non esser nato; se lo si è, è bene morire da
piccoli".
L'opera di Teognide nasce quasi come un pedagogico manuale di esemplare etica
aristocratica, e venne per ciò usato nell'insegnamento alle generazioni che lo seguirono.
Nei brani esemplari che proponiamo risalta lucente il
pessimismo "cosmico" del poeta; ma è da tenere di conto che posteriori
teorie pedagogiche saranno in grado di garantire un efficace insegnamento mirante ad
eliminare la parte selvatica dall'animo dell'uomo, più facilmente visibile e sanabile
nella età più verde, tramite l'educazione dell'animo anche con nozioni di musica e di
cultura fisica.
E' uno dei segreti per migliorarsi, riuscire a rimanere sé stessi sempre e comunque,
salvaguardando così la parte buona che ognuno di noi possiede dalla influenza della parte
cattiva degli animi di chi ci sta accanto. Si è dei veri re della propria vita,
riflettendo solo sui nostri difetti innati, e non essere così stolti da accollarci quelli
altrui. Occorre gradire la pioggia - se ci piace sia così - anche, e sopratutto, quando
sentiamo dire ad altri che non giunge gradita. E' questo il senso dell'opera di Teognide,
al di là dei problemi che incontra la critica nell'attribuire al poeta questa o quella
elegia: ci si aiuta rintracciando il nome di Cirno in esse, a sperare che il poeta lo
avesse inserito, con altri personali riferimenti, a garantire i suoi versi dalla
attribuzione di una differente paternità; come visto ne Il sigillo. |