Tisia, con il maestro Corace e l'allievo Gorgia, rappresentano la scuola Siciliana cui viene
attribuita l'invenzione, l'elaborazione di norme della retorica. Tisia, nato a Siracusa
nel 480 a.C., di professione logografo, pare che tra i suoi allievi ebbe Isocrate
(436 - 338 ) venuto da Atene - poi divenuto l' oratore favorevole alla guerra contro i
Persiani, che si lasciò perciò morire di inedia dopo la sconfitta di Cheronea - e Lisia
(440 - 380) sempre di Atene, nato di padre siracusano e che ci ha lasciato 34 scritti
giudiziari, tra i quali uno per se stesso e che fu fine oratore, pur se criticato
negativamente da Platone nel Fedro.
Nello stesso, Platone descrive oggettivamente l'opera di Tisia e del suo allievo
Gorgia:
"Essi ( Tisia e Gorgia, n.d.A.) ebbero in realtà la percezione che
più del vero bisogna pregiare il verosimile, inoltre con la potenza delle parole, fanno
apparire grandi le cose piccole e piccole le cose grandi, poi agli argomenti nuovi danno
l'apparenza dell'antico e inversamente ai loro contrari il fascino della novità, e furono
infine gli inventori dei due opposti principi: della concisione dei discorsi e della
prolissità senza limiti, su qualsiasi argomento". (Platone, Fedro, 267; A.
Mondadori, Milano, 1951)
Sempre nel Fedro troviamo conforto alla ipotesi che vuole il Gorgia ispirato
dal malumore che si viene a creare tra una patria ed una terra sede di ex colonie, la
Sicilia, che ha saputo camminare e correre con le sue gambe, distaccandosi anche con
creazioni culturali proprie dalla Grecia. Viene immediato il parallelo contemporaneo tra
Regno Unito e Stati Uniti d'America: non è nascosto il sentimento - sbagliata illusione -
di superiorità culturale avvertito dal cittadino inglese nei confronti di quello
statunitense:
"Ecco, o Tisia, già da tempo, anche prima che tu ti affermassi, noi andavamo
appunto dicendo che questo verosimile è proprio connaturato nell'animo della moltitudine,
in virtù di una sua somiglianza col vero" (273, d).
Cicerone riferisce con sicurezza ciò che sa di Tisia e di Corace,
riportandoci la occasione storica che è servita da ispirazione per la loro ideazione:
"Apprendiamo da Aristotele che quando in Sicilia fu abbattuta
la tirannide, i cittadini ripresero dopo un lungo intervallo, a far valere loro diritti
davanti ai tribunali; e siccome quella gente era per natura ingegnosa e portata ai litigi,
i siculi Corace e Tisia scrissero dei manuali sull'arte del dire: cosa che avveniva per la
prima volta, perché prima di allora nessuno aveva parlato sulla base di norme
teoriche, per quanto parecchi fossero soliti parlare in uno stile chiaro e
ordinato. (...) La stessa cosa fece Gorgia, che scrisse elogi e biasimi su singole
questioni, convinto com'era che è compito precipuo dell'oratore esaltare una tesi con le
lodi e d'altra parte abbassarla con i biasimi". (Bruto 46, 47; a cura di G.
Norcio, UTET, 1976)
L'opera di Tisia consta di un manuale di retorica, il primo composto di questa
disciplina, e delle orazioni giudiziarie: in estrema sintesi la sua tecnica può
descriversi in tre parole: inventio senza elocutio. Nel 427 con altri
allievi accompagnò Gorgia ad Atene, come abbiamo già detto. |